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Sommario del 25/09/2015
- Papa, applausi dal Congresso: costruire bene comune, no a ogni violenza
- Papa al Congresso. Fasce: grande impatto su politica americana
- Lombardi: al Congresso Francesco ha toccato il cuore degli americani
- Papa a senzatetto: ingiusto non avere casa, Gesù bussa a nostre porte
- Vespri a New York. Papa: vicino a musulmani per tragedia della Mecca
- Philadelphia. Il sindaco: il Papa nella culla della democrazia
- Meeting Philadelphia: "Dal Vangelo risposte per ogni famiglia"
- Incontro a Philadelphia. Martinez: grande attesa per Francesco
- Un rosario in Piazza S. Pietro ogni giorno del Giubileo
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Tragedia alla Mecca, frate De Francesco: incidente sconcertante
- La Turchia propone a Usa e Ue piano comune per i profughi
- Volkswagen: rinnovati vertici, incognite su futuro azienda
- Bolivia: presentata la Conferenza dei popoli sul clima
- Fondo famiglia lavoro: erogati 7 milioni di euro a disoccupati
- Presentato il nuovo programma della Pastorale Universitaria di Roma
- Svizzera: la Caritas in campo per profughi e rifugiati
- Lussemburgo. Mons. Hollerich: tendere la mano ai rifugiati
Papa, applausi dal Congresso: costruire bene comune, no a ogni violenza
Storico discorso del Papa al Congresso degli Stati Uniti d’America. Francesco, primo Pontefice in questa sede, ha parlato a tutti gli americani di accoglienza e dialogo per la costruzione del bene comune. “Sono un figlio di questo grande continente” ha detto. In un lungo intervento, più volte applaudito, ha esortato all’accoglienza, al rispetto delle libertà, esprimendosi contro ogni violenza, la pena di morte, il commercio di armi e un’economia che prevalga sull’uomo. Migliaia di persone hanno salutato il Papa all'arrivo a Capitol Hill e quando si è affacciato dal "Balcone di saluto dei presidenti", che guarda l’area monumentale del National Mall. Da qui il Papa ha benedetto e salutato la folla. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti:
Il Papa parla alla Plenaria del Congresso degli Stati Uniti dopo il lungo applauso e l’entusiasmo che lo ha accolto. Standing ovation e applausi in molti punti del suo discorso a partire dal saluto: sono contento di essere nella “terra dei liberi e casa dei valorosi”.
Il compito dei parlamentari
“Sono un figlio di questo grande continente”, dice presentando immediatamente le sfide che ha la politica, che hanno i delegati eletti ovvero il perseguimento del bene comune, il favorire l’unità e proteggere chi è vulnerabile. Traccia un parallelismo con Mosè e sottolinea che, come al Patriarca e legislatore del popolo d’Israele, ai parlamentari è richiesto “di proteggere, con gli strumenti della legge, l’immagine e la somiglianza modellate da Dio su ogni volto umano”:
“Today I would like not only to address you, but through you the entire people of the United States...
Oggi vorrei rivolgermi non solo a voi, ma, attraverso di voi, all’intero popolo degli Stati Uniti...".
Il bene condiviso
Uomini e donne - dice il Papa - che “non si preoccupano semplicemente di pagare le tasse”, ma costruiscono, “sostengono”, giorno dopo giorno, “la vita della società”, dando “una mano a chi ha più bisogno”. Poi, guarda alle radici degli Stati Uniti e lega la realtà di oggi ai sacrifici di sempre, anche a costo della vita, per un futuro migliore, per un bene condiviso e cita gli americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton:
“A people with this spirit can live through many crises, tensions and conflicts, while always finding the resources to move forward...
“Un popolo con questo spirito può attraversare molte crisi, tensioni e conflitti, mentre sempre sarà in grado di trovare la forza per andare avanti e farlo con dignità”.
Abraham Lincoln
Nel 150.mo anniversario dell’assassinio del custode della libertà, il presidente Lincoln, il Papa sottolinea che un futuro di libertà “richiede amore per il bene comune e collaborazione in uno spirito di sussidiarietà e solidarietà”. Francesco mostra preoccupazione per quella che definisce l’inquietante odierna situazione sociale e politica del mondo:
“Our world is increasingly a place of violent conflict, hatred and brutal atrocities, committed even in the name of God and of religion....
"Il nostro mondo è sempre più un luogo di violenti conflitti, odi e brutali atrocità, commesse perfino in nome di Dio e della religione. Sappiamo che nessuna religione è immune da forme di inganno individuale o estremismo ideologico".
Centrale per il Papa è salvaguardare la libertà religiosa, la libertà intellettuale e le libertà individuali, ma senza cadere nelle polarizzazioni: “Solo bene solo male”, “giusti e peccatori”. “Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini - rimarca - è il modo migliore di prendere il loro posto e questo - aggiunge - è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate”:
“Our response must instead be one of hope and healing, of peace and justice...
La nostra risposta, invece, dev’essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia, questo “per risolvere le molte crisi economiche e geopolitiche” in atto.
Gli sforzi esorta Francesco devono “puntare a restaurare la pace, rimediare agli errori, mantenere gli impegni e così promuovere il benessere degli individui e dei popoli”. In questa costruzione fondamentale, parte importante è anche la voce della fede “che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni società”. E contribuisce a eliminare le nuove forme globali di schiavitù, “nate da gravi ingiustizie le quali possono essere superate solo grazie a nuove politiche e a nuove forme di consenso sociale”.
Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza. “Politica - dice - è espressione del nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme in unità”.
Pensando alla marcia che Martin Luther King ha guidato da Selma a Montgomery per i pieni diritti civili e politici per gli afroamericani. Parla di un “sogno” che continua ad ispirare milioni di persone che negli ultimi secoli sono giunti in questa terra:
“We, the people of this continent, are not fearful of foreigners, because most of us were once foreigners...
Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati".
“Educhiamo le nuove generazioni a non voltare le spalle al loro “prossimo” – legge – pure sottolineando che i flussi di rifugiati sono di proporzioni che non si vedevano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Una sfida per il Papa che non deve spaventare per dare una risposta che sia umana, giusta e e fraterna”. “Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te”, dice:
“In a word, if we want security, let us give security; if we want life, let us give life; if we want opportunities, let us provide opportunities...
In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità, provvediamo opportunità".
Da qui il "no" netto alla pena di morte:
“Every human person is endowed with an inalienable dignity, and society can only benefit from the rehabilitation of those convicted of crimes...
Ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini".
Poi menzionando la serva di Dio Dorothy Day, che ha fondato il "Catholic Worker Movement", esempio di impegno sociale e giustizia “per far uscire la gente dalla povertà estrema”, Francesco rimarca che in tempi di crisi e “di difficoltà economica non si deve perdere lo spirito di solidarietà globale” e portare la speranza a chi intrappolato nel “cerchio della povertà” e della fame.
Fondamentale per spezzare questa catena “un’economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile”, al “servizio al bene comune” e rispettosa del Creato. Più volte ha citato la sua Enciclica “Laudato si'”:
“Now is the time for courageous actions and strategies, aimed at implementing a ‘culture of care’...
Ora è il momento di azioni coraggiose e strategie dirette a implementare una “cultura della cura”. Il Papa esorta a prendersi cura della natura, a combattere la povertà anche orientando tecnologie e limitando i poteri.
Tratteggiando la figura del monaco cistercense Thomas Merton, uomo di preghiera, un pensatore - precisa - che ha sfidato le certezze del suo tempo promuovendo la “pace tra popoli e religioni”. Ha esortato alla costruzione di ponti riferendosi indirettamente ai rinnovati rapporti Cuba-Usa:
“A good political leader always opts to initiate processes rather than possessing spaces...
Un buon leader politico opta sempre per iniziare processi, più che possedere spazi - continua il Papa tra gli applausi - Essere al servizio del dialogo e della pace significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo".
Ha condannato i profitti derivanti dalla vendita di armi. Un denaro intriso di sangue, spesso innocente:
“In the face of this shameful and culpable silence, it is our duty to confront the problem and to stop the arms trade...
Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi".
Poi, lo sguardo del Papa va al Meeting Mondiale delle famiglie di Filadelfia dove sarà sabato e domenica. Ribadisce la centralità della “famiglia nella costruzione di questo Paese”. "Io posso solo riproporre - aggiunge - l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare". Eppure, non ha nascosto Francesco la preoccupazione per nuove minacce verso questa realtà che “forse come mai in precedenza” la assediano dall’interno e dall’esterno:
“Fundamental relationships are being called into question, as is the very basis of marriage and the family...
Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia".
Volgendosi ai giovani, ha rimarcato che vivono in una cultura che li spinge a non formare una famiglia, “perché mancano loro possibilità per il futuro” o perché disorientati, “intrappolati” a volte “in un labirinto senza speranza, segnato da violenze, abusi e disperazione”. “I loro problemi - dice - sono i nostri problemi”.
Quindi, tornando a citare Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Merton a sottolineare le radici degli Stati Uniti nella grandezza di una nazione che è tale quando difende la libertà, consente alla gente di “sognare” pieni diritti per tutti, quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, il dialogo e semina pace:
“It is my desire that this spirit continue to develop and grow, so that as many young people as possible can inherit and dwell in a land...
Il mio auspicio è che questo spirito continui a svilupparsi e a crescere, in modo che il maggior numero possibile di giovani possa ereditare e dimorare in una terra che ha ispirato così tante persone a sognare. Dio benedica l’America!".
Emozionante poi il saluto in spagnolo alla folla radunata davanti al balcone di Capitol Hill, nell’area monumentale del National Mall. Il Papa si è rivolto ai bambini “i più importanti”, ha detto poi ha benedetto tutti e chiesto sostegno per questo viaggio:
“Y les pido, por favor, a ustedes que recen por mí y, si entre ustedes hay algunos que no creen o no pueden rezar...
“E vi chiedo per favore di pregare per me e se tra di voi c’è qualcuno che non crede o non può pregare, vi chiedo per favore che mi auguri cose buone”.
Papa al Congresso. Fasce: grande impatto su politica americana
Un intervento memorabile che richiama l’autentico spirito americano. E’ in sintesi il giudizio che i media americani hanno dato del discorso di Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti, la prima volta di un Pontefice nel centro del potere legislativo americano. Sul significato di questo evento e le possibili ricadute sulla politica e sulla società statunitense, Alessandro Gisotti ha intervistato l’americanista Ferdinando Fasce, docente di Storia Contemporanea all’Università di Genova:
R. – Mi ha fatto l’effetto di una apertura, di una grande apertura, ovvero mostrare come il mondo abbia una configurazione o possa avere una configurazione davvero globale in termini di ampia partecipazione. Qui avevamo un Papa dell’America Latina e a sua volta è di origine italiana. Quindi mi è sembrato molto bello questo intrecciarsi di tante storie dentro quel grande soggetto internazionale di politica che è il Congresso statunitense.
D. – Papa Francesco effettivamente ha richiamato le sue origini di migrante, di figlio di migranti, come aveva fatto anche alla Casa Bianca. Questo è un qualcosa che chiaramente ha un significato molto forte nel momento in cui proprio il tema dell’immigrazione è tra quelli più animatamente discussi al Congresso…
R. – Sì. Mi è parso che qui veramente ci sia stata una capacità da parte del Papa di far risuonare in un modo rigoroso, al tempo stesso appassionato, il riproporsi della questione migratoria, la necessità di affrontarla in maniere che non ci siano né muri né chiusure.
D. – Dall’abolizione della pena di morte ai cambiamenti climatici, appunto all’accoglienza dei migranti, ma anche la difesa della vita e la famiglia… Papa Francesco ha avuto anche coraggio nell’affrontare tutti i temi che in qualche modo sono all’ordine del giorno proprio della politica americana e del Congresso in particolare…
R. – Assolutamente! C’è stata una capacità mi pare di lavorare su più registri, dalla questione delle armi e della pena di morte all’importanza della libertà di culto, della professione di fede sganciata però dai fondamentalismi.
D. – A Washington si dice “Everything is politics”, "Ogni cosa è politica": questo discorso ovviamente è stato subito analizzato e soppesato anche sotto il profilo della politica, cioè chi favorirà, Democratici o Repubblicani ad un anno delle presidenziali…
R. – Indubbiamente, tenuto conto anche della presenza consistente di cattolici tra l’elettorato statunitense. Leggevo il New York Times qualche ora fa che dice che in realtà sia Democratici che Repubblicani possono trovare elementi di cui nutrire la loro vita politica nel discorso del Papa. Direi che in generale l’invito al confronto e al superamento delle barriere e al superamento di certe chiusure preconcette, ecco credo che questo invito pur posto nella maniera più attenta e più sorvegliata possibile non potrà che avere un impatto sull’elettorato!
D. - In un passaggio del discorso al Congresso, Francesco ha detto: Io sono Pontefice e dunque "costruttore di ponti". In una politica così polarizzata, in realtà anche in una società per alcuni aspetti divisa e frammentata come quella americana, questo viaggio e questo discorso in particolare potranno avere un ruolo proprio nel cercare di "depolarizzare" la politica e la società americana?
R. – Mi è piaciuto molto questo riferimento alla questione della costruzione di ponti. Perché questa è una nozione molto importante delle scienze sociali proprio statunitensi: cioè, il fatto che noi spesso facciamo del “bonding”, ci mettiamo insieme a quelli che già la pensano allo stesso modo. Invece, si dice, bisogna essere sempre più “builder”, cioè costruttori: costruttori di ponti verso chi non la pensa come noi, apertura di dialogo e di confronto. In questo senso davvero c’è da augurarsi che questo discorso influisca sulla vita pubblica e politica statunitense.
Lombardi: al Congresso Francesco ha toccato il cuore degli americani
“Il Papa ha toccato veramente il cuore dei presenti”. Lo ha affermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, parlando del discorso del Pontefice al Congresso Usa. Le parole del portavoce vaticano nell'intervista di Adriana Masotti:
R. – Io sono stato colpito: entrando nella grande Aula dei Rappresentanti, c’era un clima veramente di festa e di attesa interessata e gioiosa. Quindi, le premesse erano molto buone. In fondo, il Papa era stato invitato dallo Speaker della Camera dei Rappresentanti senza avere nessuna obiezione da parte di nessuno dei membri del Congresso, quindi vuol dire che è una persona che viene ritenuta interessante, importante, da ascoltare, anche in questa sede. E il discorso ha ottenuto pienamente la sua risposta alle attese e il fatto che ci siano stati tanti applausi manifestava non solo la cordialità con cui il Papa era ricevuto, ma anche l’apprezzamento per le cose che diceva. Il Papa è stato capacissimo di arrivare agli ascoltatori in un modo positivo, presentandosi come figlio di immigrati, ha lodato per molti aspetti i valori della tradizione della nazione americana e questo ha toccato veramente il cuore dei presenti. Ha anche fatto degli appelli forti, importanti: quello contro la pena di morte e anche quello contro il commercio delle armi, anche per la tutela della vita… Quindi, direi che il Papa è arrivato al cuore con parole che non erano però solo una “captatio benevolentiae” al popolo americano, ma una vera capacità di apprezzamento di ciò che è positivo, proprio per suscitare ulteriormente una presa di responsabilità di fronte ai grandi problemi del mondo di oggi, a cui un popolo come quello americano può dare un contributo di estrema importanza.
D. – Da una sede così prestigiosa come il Congresso, al Centro caritativo di una parrocchia, a Washington, a visitare i poveri e i senzatetto…
R. – Come sappiamo, sempre nei viaggi del Papa c’è questo momento di incontro con chi soffre o con chi è svantaggiato. Lui questa volta è passato in questa parrocchia dove le attività in favore dei senzatetto sono molto bene organizzate. E poi, uscendo, non solo ha dato la benedizione della mensa per un pranzo di immigrati, di poveri che era stato organizzato nel piazzale, davanti alla chiesa, ma poi, dopo aver dato la benedizione, ha voluto passare in mezzo ai tavoli e per un tempo non tanto breve ha incontrato, ha salutato, ha benedetto, ha abbracciato – come sa fare lui – la gente, in mezzo a un entusiasmo indescrivibile… Quindi, un momento molto bello di incontro con la gente che forse in questi primi giorni, trovandosi a Washington con tante misure di sicurezza, finora era stato un po’ limitato; anche se non era mancato un momento di passaggio con la papamobile aperta in mezzo alla folla dopo l’incontro alla Casa Bianca.
D. – Momenti diversi, ma sempre in continuità: cioè, il Papa è voce dei più poveri, della gente…
R. – Sì, certo. Nel discorso al Congresso questa attenzione alla solidarietà sociale, all’occuparsi di chi è svantaggiato perché possa trovare anche lo sviluppo della dignità della sua persona, è stato molto presente. Però, appunto, il Papa non solo dice delle parole ma poi sa fare anche dei gesti che esprimono molto bene questa sua vicinanza a chi è più povero degli altri.
Papa a senzatetto: ingiusto non avere casa, Gesù bussa a nostre porte
Non c’è giustificazione di fronte all’ingiustizia di essere senza una abitazione. E’ stata questa la forte denuncia di Papa Francesco durante l’incontro con i senzatetto di Washington alla parrocchia di Saint Patrick. Francesco, dopo l'incontro, si è intrattenuto nella mensa, passando tra i tavoli, salutando e impartendo la benedizione. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Come loro fu Gesù: un senzatetto. Sono in 200 riuniti a Saint Patrick, in tutti loro Francesco vede la figura di San Giuseppe: “Una persona a cui voglio bene – dice – che è stata molto importante nella mia vita”, e fonte di sostegno e di ispirazione. Loro, gli ‘homeless’, i poveri di Washington, che la parrocchia accoglie e sostiene, ricordano al Papa il padre putativo di Gesù:
"Es a él a quien recurro cuando estoy medio «apretado». Ustedes me recuerdan a san José. Sus rostros me hablan del suyo".
E’ uno a cui ricorro quando sono un po’ “inguaiato”. Voi mi ricordate san Giuseppe. I vostri volti mi parlano del suo.
Chiedersi perchè ci sono persone senza casa
I loro volti gli parlano dell’uomo Giusto perché come Lui anche loro affrontano situazioni difficili, senza un tetto, senza un alloggio. Perché come Giuseppe anche loro si chiederanno: perché siamo senza casa? Domande che dovrebbero riguardare tutti, sollecita il Papa, tutti dovremmo chiederci: “Perché questi nostri fratelli sono senza casa, perché questi nostri fratelli non hanno un tetto?” Una delle situazioni difficili affrontate da Giuseppe fu quando “Maria stava per dare alla luce Gesù”:
"Me imagino a José, con su esposa a punto de tener a su hijo, sin un techo, sin casa, sin alojamiento".
Immagino Giuseppe, con la sua sposa sul punto di avere il suo figlio, senza un tetto, senza casa, senza alloggio. Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa.Il Figlio di Dio è entrato come un "homless". Il Figlio di Dio ha saputo che cos’è cominciare la vita senza un tetto.
La fede offre la luce nelle situazioni dolorose
“Le domande di Giuseppe rimangono presenti oggi – è la considerazione del Papa - accompagnando tutti coloro che nel corso della storia hanno vissuto e si trovano senza una casa”. A sostenere Giuseppe fu la fede, che permise lui “di trovare la luce in quel momento che sembrava completamente buio; è stata la fede a sostenerlo nelle difficoltà della sua vita. Per la fede Giuseppe ha saputo andare avanti quando tutto sembrava fermarsi”. Ed è la fede che offre la luce che dissipa l’oscurità delle situazioni ingiuste e dolorose. E’ la fede che, come fu per Giuseppe, “apre alla presenza silenziosa di Dio in ogni vita, in ogni persona, in ogni situazione. Egli è presente in ciascuno di voi, in ciascuno di noi”:
"Quiero ser muy claro: no hay ningún motivo de justificación social, moral o del tipo que sea para aceptar la falta de alojamiento".
Voglio essere molto chiaro: non c'è alcun motivo di giustificare socialmente, moralmente, o in altro modo, la mancanza di abitazione. Sono situazioni ingiuste, ma sappiamo che Dio le sta soffrendo insieme con noi, le sta vivendo al nostro fianco. Non ci lascia soli".
Gesù, prosegue Francesco, è stato solidale con ogni persona, non ha voluto che alcuno sentisse o vivesse la “mancanza della sua compagnia, del suo aiuto, del suo amore” ed Egli stesso “si è identificato con tutti quelli che soffrono, che piangono, che patiscono qualche tipo di ingiustizia”. La fede, prosegue il Papa, ci dice che Dio è con voi e in mezzo a noi, la sua presenza “ci spinge alla carità” che “nasce dalla chiamata di un Dio che non cessa di bussare alla nostra porta, la porta di tutti, per invitarci all’amore, alla compassione, a donarci gli uni agli altri” .
Gesù continua a bussare alle nostre porte
"Jesús sigue golpeando nuestras puertas, nuestra vida. No lo hace mágicamente, no lo hace con artilugios, con carteles luminosos o fuegos artificiales".
Gesù continua a bussare alle nostre porte, alla nostra vita. Non lo fa magicamente, non lo fa con trucchi, con cartelli luminosi o fuochi d’artificio. Gesù continua a bussare alla nostra porta nel volto del fratello, nel volto del vicino, nel volto di chi ci sta accanto".
La Chiesa è gremita, nel silenzio risuona il richiamo di Francesco: uno dei modi più efficaci per aiutare “lo troviamo nella preghiera” che unisce, affratella, apre il cuore e “ricorda una verità bella che a volte dimentichiamo”:
Nella preghiera ci scopriamo tutti fratelli
"En la oración, todos aprendemos a decir Padre, papá, y en ella nos encontramos como hermanos. En la oración, no hay ricos y pobres, ...".
Nella preghiera, tutti impariamo a dire Padre, papà, e in essa ci ritroviamo come fratelli. Nella preghiera non ci sono ricchi e poveri, ci sono figli e fratelli. Nella preghiera non ci sono persone di prima o di seconda classe, c’è fraternità. E’ nella preghiera che il nostro cuore trova la forza per non diventare insensibile, freddo davanti alle situazioni di ingiustizia. Nella preghiera Dio continua a chiamarci e a spingerci alla carità".
Fa bene pregare assieme, incontrarsi in quello spazio dove ci si guarda come fratelli e dove ci si riconosce “bisognosi dell’appoggio gli uni degli altri”. E oggi il Papa, lo dice lui stesso, si è unito a chi è lì, ad ascoltarlo in chiesa, chiedendo direttamente appoggio e vicinanza. E invitando tutti a pregare, affinché “Gesù ci aiuti a trovare una soluzione all’ingiustiza che lui ha conosciuto per primo: quella di non avere una casa”.
Vespri a New York. Papa: vicino a musulmani per tragedia della Mecca
Il Papa ha espresso la sua "vicinanza" nella preghiera ai "fratelli musulmani" per la tragedia a La Mecca. Francesco lo ha detto, ieri sera, a New York celebrando i Vespri con il clero e i religiosi nella cattedrale di San Patrizio. Francesco è anche tornato a parlare dello scandalo della pedofilia. Prima di arrivare all’altare il Papa si è avvicinato ad una bambina su una sedia a rotelle, l’ha salutata ed abbracciata. Il servizio di Alessandro Guarasci:
Il Papa arriva tra l’entusiasmo della gente nella cattedrale di San Patrizio. Ad accoglierlo il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, e il sindaco della città, Bill De Blasio. Francesco incoraggia la vocazione di tanti religiosi. E poi, come aveva già fatto mercoledi con i vescovi, parla degli scandali che hanno investito la Chiesa negli Usa:
“So che voi, come corpo sacerdotale, di fronte al popolo di Dio, avete sofferto molto nel non lontano passato sopportando la vergogna a causa di tanti fratelli che hanno ferito e scandalizzato la Chiesa nei suoi figli più indifesi”.
Religiosi non ricerchino comfort mondani
Poi il Santo Padre torna ribadire che il sacerdote deve rifuggire dai “comfort mondani”. “Vedere e valutare le cose dalla prospettiva di Dio ci richiama ad una costante conversione al primo tempo della chiamata e, non c’è bisogno di dirlo, una grande umiltà. La Croce ci mostra un modo diverso nel misurare il successo”. Fare invece troppo affidamento sulle cose terrene “può offuscare la potenza della quotidiana chiamata di Dio alla conversione, all’incontro con Lui. Pian piano ma sicuramente diminuisce il nostro spirito di sacrificio, di rinuncia e di laboriosità”. Dunque “dobbiamo imparare come riposare in maniera che approfondisca il nostro desiderio di servire in modo generoso”:
“La vicinanza ai poveri, ai rifugiati, ai migranti, ai malati, agli sfruttati, agli anziani che soffrono la solitudine, ai carcerati e a tanti altri poveri di Dio ci insegnerà un altro tipo di riposo, più cristiano e generoso”.
Ammirazione per le religiose degli Stati Uniti
Poi un pensiero particolare, ricco di ammirazione, alle religiose degli Stati Uniti. Che cosa sarebbe questa Chiesa senza di voi? – dice il Pontefice - Donne forti, lottatrici; con quello spirito di coraggio che vi pone in prima linea nell’annuncio del Vangelo. A voi, religiose, sorelle e madri di questo popolo, voglio dire “grazie”, un “grazie” grandissimo… e dirvi anche che vi voglio molto bene”.
Ed ancora, il religioso irradia una “permanente soddisfazione” per la “chiamata” che ha ricevuto. Dunque “ci farà bene ripercorrere la nostra vita con la grazia della memoria. Memoria della prima chiamata, memoria del cammino percorso, memoria di tante grazie ricevute…, e soprattutto memoria dell’incontro con Gesù Cristo in tanti momenti lungo il cammino”.
Philadelphia. Il sindaco: il Papa nella culla della democrazia
La città di Philadelphia è in festa per l’imminente arrivo del Papa, che domani abbraccerà le famiglie del Meeting Internazionale 2015. Ma quale città troverà Francesco? Il nostro inviato Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al sindaco di Philadelphia, Michael Nutter:
R. – Philadelphia historically has been a great international city…
Philadelphia è storicamente una grande città internazionale, che molti conoscono come luogo dove sono nate libertà e democrazia per gli Stati Uniti d’America. E’ una grande città di antica tradizione industriale. Abbiamo fatto di tutto: c’è stato un momento in cui eravamo il "laboratorio" del mondo. Siamo una grande città di commercio internazionale. Con il tempo, abbiamo avuto anche noi problemi con l’economia e con il trasporto navale, ma Philadelphia continua a rinascere: è una città che mai interrompe il suo cammino in avanti.
D. – Due grandi eventi: il Papa incontra le Famiglie del World Meeting of Families, cosa vi aspettate?
R. – This is an incredible moment…
Per noi, è un momento incredibile e dà lustro a una grande città con una storia meravigliosa, Philadelphia, ma anche una città che sta vivendo una rinascita nell’arte e nella cultura, nelle opportunità di lavoro, per quanto riguarda le innovazioni, l’istruzione, la medicina, le scienze della vita, i farmaci, la sostenibilità… Ci sono così tante cose da fare, a Philadelphia: in questa nostra grande città c’è veramente tutto per tutti … Quindi, metteremo Philadelphia sotto i riflettori, ci vanteremo della nostra città, daremo il benvenuto al mondo nella città dell’amore fraterno.
D. – Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato nel pianificare l’evento?
R. – Well, maybe not so much difficulties, but certainly some challenges…
Magari non tante difficoltà, ma sicuramente alcune sfide. Prima di tutto, Papa Francesco è assolutamente popolare nel mondo e sicuramente negli Stati Uniti d’America, e quindi ci saranno molte persone. Dobbiamo garantire, ovviamente, prima di tutto, la sua sicurezza. Allo stesso tempo, come sappiamo tutti, Francesco ha genuino piacere al contatto con la gente: vuole essere vicino alla gente e vuole che la gente possa essere intorno a lui, che lo possa toccare e gli possa parlare, vuole stringere le mani… Quindi, il primo pensiero è la sua sicurezza ma al contempo garantire il più ampio accesso possibile alla sua persona. Questa è una bella sfida, ma riusciremo a risolverla. Per la maggior parte del tempo, il Papa sarà libero di fare quello che vorrà.
Meeting Philadelphia: "Dal Vangelo risposte per ogni famiglia"
L'ottavo Incontro mondiale delle famiglie in corso a Philadelphia vive la vigilia dell'arrivo di Papa Francesco, che domani sera, quando in Italia sarà notte fonda, arriverà al "Benjamin Franklin Parkway" e lì – sull'ampio boulevard intitolato a uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, originario della città – presiederà la Veglia di preghiera con le famiglie presenti. Da Philadelphia, don Andrea Ciucci, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, sottolinea l'importanza formativa del Meeting e si sofferma sulle sfide attuali per la famiglia al microfono dell'inviato, Massimiliano Menichetti:
R. – Le famiglie che vivono questa esperienza, questa settimana, tornano a casa davvero fortificate ed entusiaste. E poi è certamente un’occasione di grande riflessione sul tema della famiglia. Questi incontri hanno la capacità di accendere dei riflettori su un tema, su una situazione, e credo che in questo momento le famiglie ne abbiano bisogno.
D. – La Chiesa sostiene le famiglie e le famiglie sostengono la Chiesa. Cosa significa questa espressione?
R. – Significa che le cose sono sempre in relazione, che non si lavora e non si vive a compartimenti stagni. Anche l’immagine che il Concilio offre di questa Chiesa, che è popolo, che è popolo di Dio in cammino nella storia. L’esperienza della famiglia è la relazione per eccellenza che ti costituisce, ti abilita a vivere nella società e nel mondo insieme agli altri, e quindi è un dinamismo. Io spero e mi auguro con tutto il cuore che questo evento sia un dinamismo. Mi sembra che sia proprio questo il modo con cui possiamo stare nella situazione attuale e anche affrontare, ascoltare, rispondere alle questioni attuali, in cammino, in movimento verso il Signore.
D. – Qui sono presenti le famiglie di tutto il mondo e le sfide sono molto diverse: da famiglie che vivono in ambiti estremamente poveri a famiglie che vivono in ambiti ipertecnologici e benestanti. Qual è la sfida della Chiesa?
R. – La sfida della Chiesa è custodire il Vangelo di Gesù e saperlo riannunciare e raccontare, certi che è capace di parlare al cuore di ogni uomo, qualunque sia la sua condizione storico-geografica e culturale. Proprio l’altro giorno, scorrendo la lista di più di cento Paesi presenti, rappresentati, mi dicevo: “E’ incredibile pensare come davvero il Vangelo sia capace di dire la parola buona per ogni uomo e per ogni famiglia”. La sfida della comunità cristiana, quindi, è proprio questa: custodire questo Vangelo e saperlo raccontare a tutti in modo tale che parli al cuore di ciascuno.
Al microfono dell'inviato, Massimiliano Menichetti, la testimonianza di una partecipante al Meeting delle famiglie, la sig.ra Marilena, proveniente da Roma:
R. – Per me è un’esperienza unica. Sono già venuta all’incontro di Milano di tre anni fa e anche lì è stato veramente bello. Trovarmi, infatti, in mezzo a tutte queste persone che sono venute proprio per esprimere la bellezza della famiglia, per dare la loro testimonianza di fede e di coraggio anche al giorno di oggi nell’affrontare i problemi familiari, è veramente molto, molto bello.
D. – E’ possibile mostrare la bellezza della famiglia oggi?
R. – Secondo me sì, si può fare. Poi, nella quotidianità, non c’è bisogno di grandi gesti eclatanti, ma di gesti semplici, di ogni giorno: amandosi, esprimendo il proprio affetto coniugale, mostrandolo anche ai propri figli, in modo che in futuro vedano che la famiglia è l’elemento essenziale nella società.
D. – Papa Francesco ha ribadito: “La famiglia è il cardine della società”. Che cosa si aspetta dal Papa?
R. – Mi aspetto che lui ribadisca ancora questo concetto, perché lui lo esprime in modo forte, energico, ed è quello di cui abbiamo bisogno noi, famiglia: avere un punto di riferimento forte.
Incontro a Philadelphia. Martinez: grande attesa per Francesco
All'Incontro Mondiale delle Famiglie, prende parte anche Salvatore Martinez, presidente in Italia del Rinnovamento nello Spirito, che - al microfono del nostro inviato Massimiliano Menichetti - si sofferma sull’importanza di questo Incontro per le famiglie statunitensi e di tutto il mondo:
R. – Questo è un Paese che sta vivendo negli ultimi anni, intorno a quei temi che noi in Europa definiamo “eticamente sensibili” o “non negoziabili”, sfide profonde e pertanto più che "definire" la famiglia – come qualcuno vorrebbe – Papa Francesco proverà a declinarla in modi ancora più legati ai bisogni del nostro tempo. La definizione rimane la stessa ed è nella natura delle cose, per cui sbaglia chi pensa che Papa Francesco volgerà l’attenzione ad alcuni piuttosto che ad altri. Papa Francesco ribadirà l’importanza di ripartire dalla famiglia e aiuterà gli americani, e non solo, a cogliere le tante declinazioni di questo nostro tempo.
D. – Qui famiglie da tutto il mondo, che si confronteranno, dibatteranno praticamente su tutte le questioni che riguardano la famiglia. In un certo qual modo si guarda anche al Sinodo…
R. – Diciamo che, per molti, questo Congresso mondiale è visto come una sorta di pre-Sinodo, direi soprattutto nella voce che i laici avranno. C’è una forte rappresentanza di tutte quelle pedagogie, di quelle esperienze carismatiche della vita che poi le famiglie esprimono e che movimenti, organizzazioni, fondazioni fortemente interpellano. In questo senso, la ricchezza di contenuti ci dice che la famiglia è come un poliedro – è un’immagine cara a Papa Francesco – più che una sfera. E un poliedro ha più facce: il volto è quello dell’amore, ma le espressioni sono molteplici. Credo che anche qui il lavoro di preparazione del Congresso sia stato particolarmente attento per non trascurare nessuna delle esperienze che da ogni parte del mondo raccontano l’attualità della famiglia e l’attuabilità dell’istituto familiare, al di là delle culture, degli Stati, delle legislazioni, di tutte le sfide che di fatto la famiglia subisce ogni giorno.
Un rosario in Piazza S. Pietro ogni giorno del Giubileo
Ogni giorno dell’Anno Santo della Misericordia verrà recitato il Rosario in Piazza San Pietro. L’appuntamento – si rende noto in un comunicato – si svolgerà quotidianamente alle 18.30, presso la statua di San Pietro nel Colonnato del Bernini. Ad animare il Rosario saranno parrocchie romane, Istituti religiosi e confraternite.
Il pensiero di questo Anno Santo sarà “rivolto, in modo del tutto particolare, alla Madre della Misericordia”, si legge nella nota, che cita nella parte conclusiva il numero 24 della “Misericordiae Vultus”, la Bolla di indizione del Giubileo straordinario: “Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Quattro guide".
Freddo in aula: Giulia Galeotti sulla pena di morte in occidente tra storia e attualità.
Faccia a faccia sulla Siria: lunedì incontro all'Onu tra Obama e Putin.
Sulla buona strada: l'episcopato colombiano dopo l'accordo tra Governo e Farc.
Tragedia alla Mecca, frate De Francesco: incidente sconcertante
E’ di almeno 700 morti il bilancio, ancora parziale, dell’incidente avvenuto ieri alla Mecca in occasione del pellegrinaggio dell’Hajj, al quale partecipano ogni anno milioni di musulmani. In raduni così imponenti anche straordinarie misure di sicurezza non possono scongiurare tragedie dovute alla calca. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’islamologo frate Ignazio De Francesco:
R. – E’ una tragedia che colpisce molto, di grande portata, e anche che si ripete. Non è il primo anno che accade. Le misure di sicurezza sono imponenti ma il numero dei pellegrini supera la capacità anche di contenimento. Molto spesso sappiamo che avvengono incidenti proprio per la calca, per il numero di persone che si incontrano nei luoghi del pellegrinaggio.
D. – Negli ultimi 25 anni, sono stati oltre 2.800 i morti. In questi anni non si è riusciti, proprio per l’alto numero di pellegrini che arrivano alla Mecca, a trovare soluzioni adeguate…
R. – Credo che il numero di milioni di pellegrini renda molto difficile la gestione di un evento di questo genere. Per quello che posso ricordare nel periodo vissuto in Medio Oriente, nel dialogo con guide di pellegrinaggi, credo sia anche un problema di educazione dei pellegrini. Ogni gruppo ha le sue guide. C’è una certa attività di preparazione di questi pellegrinaggi, però rimane il rischio di questi incidenti improvvisi che sono sconcertanti per dimensioni.
D. – La strage è avvenuta nel momento culminante del pellegrinaggio: il rituale della “lapidazione di satana”. Di cosa si tratta?
R. – E’ un rito molto antico, il lancio di sette sassolini contro una delle tre steli che rappresentano il diavolo, il nemico dell’uomo. E’ un rito simbolico, un rito di esorcismo. Il pellegrino compie alcuni passi di corsa, poi lancia i sassi… Questo è un momento di calca, per cui è proprio lì che c’è il rischio che si verifichino incidenti come quello che abbiamo visto.
D. – Quali aspetti caratterizzano il pellegrinaggio dell’Hajj, la festa del sacrificio…
R. – Il pellegrinaggio islamico è una ripresa islamizzata di un antico rito preislamico, dove convergevano le tribù. Una ricorrenza poi di incontri, di rapporti anche commerciali, familiari. Un grande rito sociale, tribale, che l’islam ha assunto e al quale ha dato un valore religioso, facendone uno dei pilastri. E’ un obbligo per il musulmano che ne abbia la possibilità. Ed è un rito spirituale nella vita del musulmano che lo fa molto importante. Il pellegrinaggio è vissuto come un momento di riconciliazione con Dio, quindi un momento di purificazione, di cambiamento di vita. E’ un momento forte nella vita spirituale del pellegrino come individuo ma anche come gruppo, come comunità. Ha un valore profondamente unitivo.
D. – In questo momento di dolore e di tragedia, il Papa ha espresso la propria vicinanza ai “fratelli musulmani”. “In questo momento di preghiera – ha detto il Santo Padre durante i vespri nella cattedrale di San Patrizio a New York – mi unisco e ci uniamo nella supplica a Dio Padre onnipotente e misericordioso”. I cristiani sono vicini ai fratelli musulmani in questo momento di sofferenza…
R. – La condivisione del dolore e della morte è un valore molto importante per la cultura dei popoli che abitano il Medio Oriente. Non dobbiamo mai dimenticarci che il Medio Oriente è stato, fino ad oggi, un grande mosaico di civiltà, con una base comune molto forte, molto condivisa, e quindi in questi momenti – il momento delle condoglianze, il momento di condivisione del dolore, musulmani – cristiani ed anche ebrei possono ritrovarsi.
La Turchia propone a Usa e Ue piano comune per i profughi
La crisi migratoria ancora al centro dell’agenda europea. L’alto rappresentate della Politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, ha annunciato che il 7 ottobre partirà la fase due della missione navale Ue nel Mediterraneo, con interventi contro gli scafisti. Sempre l’Ue ha chiesto alla Croazia "chiarimenti urgenti" sulla chiusura del confine con la Serbia, mentre l’Ungheria ha iniziato la costruzione di una barriera anche al confine con la Slovenia. Intanto, la Turchia lancia l’allarme per il possibile arrivo in Europa di sette milioni di profughi Siriani e propone Stati Uniti e Europa un meccanismo comune per far fronte all’emergenza dei rifugiati. Rispetto gli ultimi provvedimenti dell’Ue in materia di immigrazione Marco Guerra ha raccolto il commento di Olivero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana:
R. – Emerge una situazione che non tranquillizza, per certi versi perché i conflitti in atto continueranno ancora per diversi mesi e quindi si presume che avremo una crescita di flussi verso l’Europa e che evidentemente questo avrà come effetto diretto la necessità di risposte concrete sia in termini di accoglienza sia in termini di tutela di queste persone. Probabilmente la rotta balcanica sarà ancora molto frequentata ma non dimentichiamo che ancora via mare lungo le rotte del mediterraneo stanno giungendo migliaia di persone ogni settimana. E’ un’ Europa che alle porte ha tanti conflitti che producono tanti, molti profughi, i quali evidentemente oggi in Europa non riescono ancora a trovare un luogo sicuro visto quello che sta accadendo e che è sotto gli occhi di tutti a partire dalla costruzione di muri e barriere per l’ingresso nell’Unione.
D. – Il 7 ottobre partirà la fase due della missione navale europea. Il Mediterraneo resta infatti la tratta più mortale per raggiungere l’Europa. Cosa cambierà con l’intervento in acque internazionali per la ricerca degli scafisti?
R. – Su questo siamo stati sempre molto cauti. Sia perché non crediamo che azioni militari o pseudo tali possano in qualche modo disincentivare la propensione alle migrazioni da parte di coloro che comunque in maggioranza oggi fuggono da guerre o da situazioni di grave disagio economico, sociale, politico. Per cui colpire gli scafisti significa solo non dare possibilità ulteriori a queste persone di raggiungere l’Europa. Confermiamo ancora oggi che la vera azione che l’Europa dovrebbe fare e l’unico modo per contrastare gli scafisti sarebbe aprire vie legali di ingresso in Europa perché fino a che non si potrà arrivare nel nostro continente in maniera legale e sicura, chiaramente, l’unica opportunità che rimane è quella dei trafficanti che evidentemente stanno lucrando, come nessuno avrebbe forse mai immaginato prima, sulla disperazione. Oggi, se noi combattiamo gli scafisti ma non diamo alternative sicure per arrivare in Europa, rendiamo prigioniere queste persone in realtà come i campi profughi dove ormai la situazione è ingestibile e invivibile.
D. – Gli "hotspot" possono servire da questo punto di vista? A fine novembre sarà la volta dell’apertura di questi centri di identificazione…
R. – Io richiamo all’attenzione rispetto a questo nuovo strumento di cui molto si parla e noto un particolare interesse da parte dei Paesi nordeuropei, che chiaramente vedono in questa nuova formula un’ulteriore occasione per lasciare a Paesi come l’Italia e la Grecia una gestione che comunque produrrà dei problemi. Questo perché dover decidere, quasi nell’immediato, chi potrà entrare in Europa e chi dovrà essere rimandato al proprio Paese, significa mettere in moto anche una struttura in grado di rimpatriare migliaia di persone che oggi potenzialmente non saranno destinatarie di alcuna forma di protezione. E poi, visti i numeri degli arrivi in Italia e Grecia, e considerate le quote di “relocation”, c’è evidentemente una sproporzione per cui non avremmo oggi posti in Europa disponibili per ricollocare queste persone che comunque rimarrebbero nei Paesi del sud del Mediterraneo. Per cui, credo che a fronte della decisione di ricollocare queste persone, la scelta degli "hotspot" sia molto squilibrata rispetto agli oneri sui Paesi del Sud Europa che non su quelli del nord.
D. – Dopo l’accordo per la redistribuzione dei 120 mila profughi, può dirsi superato l’accordo di Dublino?
R. – Direi che è una prima spallata, anche leggera, non troppo vigorosa, a un Trattato che sono anni che dagli addetti ai lavori viene definito assolutamente inadeguato rispetto al contesto migratorio internazionale. Però, parlare di superamento di Dublino con la previsione di quote peraltro così modeste sarebbe sbagliato. Diciamo che è un primo passo. Noi dobbiamo arrivare a un’Europa che prenda consapevolezza piena che tutti siamo responsabili nella stessa maniera di un fenomeno che ha dimensioni importanti e che durerà probabilmente per molti anni a venire.
Volkswagen: rinnovati vertici, incognite su futuro azienda
Giornata cruciale per il futuro della Volkswagen. I vertici cercano di voltare pagina eleggendo il nuovo amministratore delegato, successore di Martin Winterkorn dimessosi dopo lo scandalo sulle emissioni. Da ridisegnare anche tutto il piano aziendale che dovrà rispondere finanziariamente e dal punto di vista legale alle inchieste per frode aperte nel mondo. Le ultime in Norvegia, Australia e India, mentre la Cina si è tirata fuori garantendo sul proprio mercato. Dunque una prospettiva difficile si apre da oggi per i vertici della Volkswagen: in che direzione muoversi? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Matteo De Angelis, docente di economia e gestione delle imprese internazionali alla Luiss di Roma:
R. – A livello strategico il nuovo amministratore delegato, chiunque sia, dovrebbe essere in grado di diffondere nell’azienda una cultura che miri a tradurre in pratica ciò che si dice dal punto di vista più operativo, come finora non è stato fatto visto ciò che è successo. Invece, lo scandalo sollevato da un dipendente Volkswagen che lavorava in America, mi fa pensare che sia necessario attivare meccanismi anche di incentivazione interna affinche si sorvegli ciò che si fa. Questo si può fare creando delle task force, gruppi interni di lavoro che controllino la messa in opera delle direttive.
D. – Parliamo proprio di lavoratori, Pil e situazione della Germania: ci sarà un contraccolpo forte, visto che si calcola che la Volkswagen rappresenti il 2% del Pil?
R. – Un contraccolpo a mio modo di vedere i cui effetti si vedranno soprattutto nel medio e lungo termine. Avendo un fatturato, un Pil generato dal settore auto in Germania, molto forti, mi aspetto ricadute in termini di vendita, ma ancora di più legati alla vendita in termini di reputazione.
D. - Ma il mercato dell’auto non è quello che da circa un anno si dice che andasse bene e che avrebbe trainato anche la ripresa?
R. – Probabilmente sì, i dati dicono questo, ma si parla adesso di uno choc inatteso nel prossimo anno e ancor di più nei prossimi 3, 5 anni. Quindi non solo ci sarà un problema di consumi e di cambio di idea di auto che i consumatori vogliono, auto ibride o più probabilmente elettriche, ad esempio, ma ci saranno problemi sulla filiera cioè chi fornisce materiale per produrre auto e quindi moltissime aziende italiane e non solo, avranno grandi problemi.
D. – C’è anche da augurarsi che il rimedio a questo danno sia serio, che le inchieste portino a soluzioni ben precise e a chiarezza a livello mondiale…
R. – Bisognerebbe quanto più possibile armonizzare e standardizzare le pratiche di controlli sia in termini di efficacia dei controlli stessi sia in termini di requisiti per superare il test di immissione sul mercato. Non ci nascondiamo che una gran parte del successo delle auto anche auto di lusso, di alto livello nei Paesi emergenti o presunti tali, Paesi che sono già ampiamente emersi, come la Cina, purtroppo in parte è spiegato dai vincoli ambientali un po’ più blandi. Questo vale non solo per il settore automobilistico, ma per tutti gli altri settori.
D. – La Cina oggi annuncerà un piano dal 2017 di forte impegno a livello ambientale. La stampa cinese oggi ha detto che "i leader mondiali dovrebbero condannare questo imbroglio accaduto per la Volkswagen perché ha indebolito il nostro sforzo contro le emissioni", sforzo in campo ambientale. Lei è d’accordo?
R. – Dalla prospettiva cinese condivido l’appello. Non riesco bene a capire cosa voglia dire "condannare" in questo caso. In due giorni credo sia successo di tutto, dalle dimissioni dell’amministratore delegato alla presa di distanze da parte di diversi capi di governo. Posso dire invece cosa mi aspetto succeda, cioè che si faccia più chiarezza in Germania. Il Paese da tutti considerato come la patria dell’efficienza dell’affidabilità e della sicurezza in questo caso si è dimostrato non solo carente dal lato Volkswagen ma anche ambiguo e ondivago da parte del governo. Quindi a brevissimo mi aspetto chiarimenti e prese di posizioni ufficiali da parte della Merkel che finora se l’è cavata con un “approfondiremo”, “valuteremo”… In generale aiuterebbe una presa diposizione da parte del governo tedesco che magari chiarisca anche il suo coinvolgimento nello scandalo in modo da poter aiutare tutti i Paesi a migliorare i propri sforzi sulla questione.
Bolivia: presentata la Conferenza dei popoli sul clima
Trovare un equilibrio tra protezione della natura e diritto allo sviluppo, tenendo ben presenti gli spunti forniti dall’enciclica Laudato Si’. E’ quanto si propone la seconda “Conferenza mondiale dei popoli sul cambiamento climatico e la difesa della vita”, che si svolgerà in Bolivia dal 10 al 12 ottobre prossimo. L’evento è stato presentato oggi nell’Ambasciata della Bolivia presso la Santa Sede. Il servizio di Michele Raviart:
Difendere la vita e la Madre Terra mettendo in discussione l’attuale assetto economico e geopolitico, affrontando le conseguenze del cambiamento climatico e tutelando le risorse naturali e le conoscenze tradizionali. Di questo si discuterà tra il 10 e il 12 ottobre a Tiquipaya, nella Bolivia centrale, in vista della creazione di un documento comune da presentare alla Conferenza di Parigi sul clima di fine novembre. Dodici i forum di discussione, ai quali sarà possibile partecipare anche online e che saranno aperti a tutti, come spiega Erika Farfan, responsabile Affari Esteri dell’ambasciata della Bolivia presso la Santa Sede:
"Si rivolge al mondo tutto: ai movimenti sociali, agli indigeni, a tutte le nazionalità e a tutte le nazioni del mondo, ai governanti - saranno presenti anche i presidenti. Anche la Chiesa è molto interessata a tutto quello che noi stiamo facendo alla madre terra, la Pachamama, come noi la chiamiamo in Bolivia. Speriamo veramente che quello che si è raccolto a Tiquipaya, sia preso in considerazione anche a Parigi. Noi pensiamo, infatti, e abbiamo proposto, di creare un organismo a livello mondiale, che regoli e si prenda cura della natura”.
Fortemente voluta dal presidente boliviano Evo Morales e rafforzata dal viaggio di Papa Francesco in Bolivia lo scorso luglio, la Conferenza mondiale dei Popoli sarà nel segno delle tematiche affrontate dall’enciclica Laudato Si’, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra degrado dell’ambiente e degrado delle condizioni sociali. Il commento di Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina:
“La Laudato sì’ è stata recepita in America Latina con un grandissimo interesse. E’ il grande patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa che si apre a nuovi problemi, a nuove sfide che sono di ordine di civiltà e chiama ad un nuovo modello di sviluppo integrale e sostenibile. La Provvidenza di Dio ha dato all’America Latina una sinfonia impressionante di risorse, di risorse naturali, risorse umane, che non devono essere sprecate, che non devono continuare ad essere sfruttate irragionevolmente”.
Fondo famiglia lavoro: erogati 7 milioni di euro a disoccupati
Dall'inizio del 2013 a oggi, il Fondo Famiglia Lavoro ha erogato aiuti a più di tremila persone, tra i 35 e i 45 anni, che hanno perso il lavoro, per un importo complessivo tra i sei ed i sette milioni di euro. Obiettivi del Fondo sono la ricollocazione sul mercato del lavoro di quanti ne sono stati tagliati fuori a causa della crisi, la preparazione di giovani attraverso l'istituzione di corsi di formazione professionale specifici e la stima dei settori più redditizzi e per questo meritevoli di investimenti. Luciano Gualzetti, segretario del Fondo, al microfono di Francesca Di Folco ha spiegato l'importanza non solo economica dell'iniziativa, accompagnata dal supporto del personale qualificato dei centri di ascolto:
R. – Il valore più grosso, al di là della raccolta, della distribuzione di fondi, che è doveroso rendicontare, è questa vicinanza capillare, parrocchia per parrocchia, alle persone disoccupate che hanno incontrato degli operatori competenti, che li hanno ascoltati, li hanno accompagnati, hanno fatto anche delle ipotesi per ripartire. Il punto di forza del Fondo Famiglia Lavoro è dare la possibilità di cercare un nuovo lavoro. Quindi, la ricerca attiva del lavoro: insegnare come si fa un curriculum, proporre dei percorsi formativi che possano aumentare le "chance" per trovare questo lavoro, territorio per territorio individuare quali siano le aziende e i settori più ricettivi. Quindi, tutto questo lavoro fatto dagli operatori delle parrocchie è il vero valore del Fondo Famiglia Lavoro, che rimarrà. Questi centri di ascolto stanno vicino alle persone in difficoltà con le modalità, gli strumenti, più idonei.
D. – Qual è l’identikit di coloro i che usufruiscono del Fondo Famiglia Lavoro?
R. – Il Fondo Famiglia Lavoro è previsto per le persone che hanno perso il lavoro. Abbiamo incontrato quindi persone che sono state colpite dalla crisi - gli operai, addetti ai servizi - e abbiamo incontrato, però, anche persone che non si sarebbero mai sognate di rivolgersi alla Caritas: impiegati, dirigenti e molti italiani che non hanno più risorse per pagare le bollette o per andare avanti. La tipologia, dunque, è molto diversificata. L’importante per noi è incontrare le persone in difficoltà, affrontare il loro bisogno con un’analisi congiunta del problema, e insieme cercare la soluzione.
D. – In cosa si traduce l’aiuto concreto in denaro?
R. – In questa seconda fase, abbiamo cercato di orientare i contributi che comunque andavano alle singole persone e insieme fare delle ipotesi progettuali. Ad esempio, il 70% di queste erogazioni sono andate per pagare dei corsi di riqualificazione, delle borse lavoro. Quindi, questo orientamento, o spostamento delle risorse del Fondo, dal pagamento di spese spicciole o comunque di spese vive si è orientato ad esempio sulla formazione e questo ha consentito di fare in modo che le risorse andassero verso un investimento per il futuro.
D. – Quali percorsi di formazione prevedete nello specifico?
R. – Nello specifico, noi abbiamo trovato gli ambiti che erano segnalati come più bisognosi. Per esempio, Expo ha fatto ripartire tutto il settore alberghiero – camerieri, aiuto cuochi, addetti ai piani – quindi nei due anni precedenti ad Expo noi abbiamo preparato e abbiamo orientato persone del Fondo Famiglia Lavoro che potessero inserirsi in questi settori. Mentre nell’hinterland milanese c’erano richieste di patentini per saldatori, per addetti agli elevatori, alle macchine. Quindi, abbiamo cercato di rispondere alle situazioni che ogni territorio proponeva.
Presentato il nuovo programma della Pastorale Universitaria di Roma
Portare la buona notizia del vangelo della misericordia nelle aule delle universitarie è questo l’obiettivo del nuovo programma della pastorale universitaria di Roma presentato ieri sera al Seminario Romano Maggiore. Durante l’incontro è stato distribuito anche il nuovo vademecum dove i ragazzi, potranno trovare oltre agli appuntamenti mese dopo mese anche informazioni utili sulle cappellanie universitarie, residenze per studenti e associazioni studentesche. Il servizio di Marina Tomarro.
Gioia e misericordia, sono queste le due parole da cui parte il nuovo anno della Pastorale Universitaria. Un itinerario speciale, perché fatto in un Anno Giubilare, e che inizia dal versetto del Vangelo di Luca "Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel cuore". Il vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi delegato per la Pastorale Universitaria:
“Abbiamo scelto il brano di Luca – “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole, nel suo cuore” – perché vogliamo aiutare i ragazzi a saper fare sintesi tra l’incontro con Cristo e la loro esperienza concreta di vita universitaria. Maria, in questo senso, rappresenta Colei che ha saputo fare sintesi nella propria vita. E’ proprio da questa esperienza di sintesi che il cristiano, impegnato nella vita universitaria, può scoprire che il Signore chiede a lui una testimonianza significativa e qualificata e non solo nella prospettiva della propria formazione professionale, ma anche e soprattutto nel servizio verso gli altri”.
E tanti gli appuntamenti che attendono i ragazzi tra i primi eventi, l’incontro con il cardinal vicario Agostino Vallini, il 27 ottobre e il pellegrinaggio ad Assisi il 7 novembre, e poi la Via Crucis da Piazza Venezia fino alla Basilica di San Giovanni in Laterano il prossimo 18 marzo e il Forum degli universitari il 30 aprile. Padre Giuseppe Daminelli, cappellano presso l’università Luiss Guido Carli:
“Il cammino della pastorale universitaria ha dato alcuni strumenti semplici - niente di particolare - ma sicuramente con grande possibilità di risultati efficaci: un cammino che introduce l’esperienza del Giubileo e che ha dei momenti salienti, come tutti gli anni, che si interpretano in particolare attraverso l’occasione del Giubileo e quindi con un significato tutto particolare, cominciando dal Pellegrinaggio ad Assisi per riappropriarci dell’esperienza del Creato come un dono da conservare, da proteggere e da far crescere. E poi, durante tutto l’anno, avremo l’occasione dell’Adorazione in tutte le cappellanie: daremo uno spazio particolare per l’Adorazione Eucaristica. Daremo sicuramente anche il tempo per l’ascolto e l’accoglienza del Sacramento della Riconciliazione, perché la Misericordia non sia solo un nome, ma sia una esperienza fatta anche nel Sacramento della Penitenza".
E per questo Anno Giubilare la pastorale universitaria ha voluto affiancare ad ognuna delle facoltà la figura di un Santo amico come San Tommaso Moro per il Diritto, San Giuseppe Moscati per la medicina, o Santa Ildegarda di Bingen per le scienze naturali. Ascoltiamo il commento del vescovo Leuzzi:
R. - Abbiamo voluto proporre per ogni disciplina un santo che nella propria vita ha saputo coniugare insieme questa attenzione verso mondi intellettuali, che appartengono alle discipline accademiche e soprattutto poi in riferimento alla propria esperienza di fede che, in alcuni casi, è vera e propria missione.
D. – E il Santo che l’ha guidata nella sua vita, invece?
R. – Moscati è stato quello che mi ha guidato sempre durante l’esperienza della vita universitaria, e poi Pier Giorgio Frassati, come modello di esperienza giovanile.
Svizzera: la Caritas in campo per profughi e rifugiati
La Caritas svizzera porta a un milione di franchi svizzeri - pari a circa 913 mila euro - gli stanziamenti per la crisi dei profughi in Europa, mentre continua la sua opera a favore degli sfollati in Siria e nei Paesi vicini.
L’impegno della Caritas nei Balcani e in Siria
L’organizzazione caritativa cattolica è oggi impegnata su tre fronti. Da un lato, continua a contribuire all’aiuto di emergenza in Serbia, dove sta distribuendo generi di prima necessità e fornendo servizi igienico-sanitari nei campi profughi di Presevo, Kanjiza et Subotica. Insieme alle altre Caritas europee, sta poi sopperendo alle urgenze lungo tutta la rotta balcanica dei profughi. In Croazia, investita dall’ondata migratoria dopo la chiusura delle frontiere ungheresi, i volontari dell’organizzazione sono presenti in particolare in Slavonia a Zagabria e Sisak per distribuire acqua, cibo e assistenza medica. Essa si sta inoltre organizzando per aiutare i profughi ad affrontare il freddo invernale alle porte, già al loro arrivo in Grecia. La priorità resta comunque la Siria e i Paesi vicini, come il Libano, l’Iraq e la Turchia, dove in quattro anni la Caritas svizzera ha portato aiuti per un ammontare totale di 12 milioni di franchi svizzeri, pari a quasi 11 milioni di euro. La situazione degli sfollati nei campi profughi in Giordania e in Libano si sta facendo sempre più pesante, perché gli stanziamenti promessi dalla comunità internazionale all’Onu arrivano a rilento.
L’appello delle Chiese protestanti
Intanto, dopo il recente appello della Conferenza episcopale svizzera, anche la Federazione delle Chiese protestanti svizzere (Feps) esorta tutti i suoi membri ad accogliere i rifugiati nelle proprie strutture, considerato che quelle messe a disposizione dalle autorità elvetiche sono vicine alla saturazione. “La sorte dei centinaia di migliaia di rifugiati sulla via dell’esilio ci tocca”, si legge in un comunicato diffuso ieri, che invita anche i cittadini ad aprire le proprie case ai rifugiati. (L.Z.)
Lussemburgo. Mons. Hollerich: tendere la mano ai rifugiati
Anche l’arcidiocesi del Lussemburgo fa proprio l’appello di Papa Francesco ad accogliere e assistere i profughi che a migliaia cercano di entrare in Europa per fuggire dalla guerra. Lo fa con il progetto “Tendi la mano” (“Reech eng Hand – Reech Deng Hand”), un programma umanitario di accoglienza coordinato da un apposito gruppo di lavoro diocesano che mira a coinvolgere tutte le comunità parrocchiali locali.
La solidarietà ha le sue radici nella fede cristiana
A queste comunità si rivolge una lettera pastorale dell’arcivescovo mons. Jean-Claude Hollerich che esorta i fedeli alla solidarietà verso i rifugiati che giungono nel Principato. “Per i credenti tale slancio di solidarietà” verso chi cerca protezione in Europa a rischio della propria vita, “ha la sua radice nella nostra fede”, sottolinea il presule, ricordando l’invito rivolto da Papa Francesco nella ”Evangelii Gaudium “a prendersi cura “dei più fragili della Terra”, sull’esempio di Gesù, “l’evangelizzatore per eccellenza”.
Dare ospitalità ai rifugiati
Per realizzare il progetto ogni comunità parrocchiale è invitata a creare una squadra di volontari e a designare una persona di contatto con il gruppo di lavoro diocesano che sosterrà le varie iniziative di solidarietà. Il programma – precisa la lettera – si svilupperà su diversi fronti: in primo luogo, l’accoglienza e l’assistenza dei rifugiati per facilitare la loro integrazione nella comunità locale. Occorre poi offrire una sistemazione a queste persone in strutture di accoglienza adeguate. In proposito, mons. Hollerich sollecita le comunità e i privati a mettere a disposizione locali liberi, compresi appartamenti. Il tutto in stretta collaborazione con l’amministrazione locale. Inoltre, l’arcidiocesi si darà da fare presso le autorità politiche lussemburghesi per concordare interventi a favore delle popolazioni civili vittime della guerra, sia nei loro Paesi di origine, sia nei Paesi di accoglienza.
Accoglienza aperta non solo ai profughi cristiani
Un’accoglienza che deve essere aperta a tutti, non solo ai non cristiani: “C’è spesso il timore che l’Europa cristiana possa perdere la sua identità accogliendo rifugiati di altre religioni. Questo timore è “comprensibile”, ma, afferma mons. Hollerich, i Paesi europei rischiano di perderla veramente “se chiudiamo le nostre frontiere e non viviamo i valori del Vangelo”. La lettera conclude quindi con un appello a tutti e cittadini e leader politici a fare il possibile per riportare la pace in Medio Oriente, ma soprattutto all’Unione Europea ad affrontare l’attuale emergenza umanitaria con le stesse energie impiegate per la crisi finanziaria di questi anni. (L.Z.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 268