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Sommario del 22/09/2015
- Il Papa ad Holguín: la misericordia di Gesù trasforma la storia
- Il Papa benedice la città di Holguín
- Il Papa alla Vergine del Cobre: "Raduna il tuo popolo"
- Lombardi: messaggio del Papa a cubani è invito alla speranza
- Usa in attesa del Papa, apre Congresso mondiale delle famiglie
- Mons. Paglia: se la famiglia è forte lo è anche la società
- I Musei Vaticani sui social network grazie alla App “Patrum”
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Caos Volkswagen per truffa emissioni: inchiesta negli Usa
- Migranti. Oggi Consiglio Ue. Ocse: 1mln i profughi nel 2015
- Siria: rischi di scontri tra fronti anti Is, pro e contro Assad
- Benin, ambasciatore: Europa e Africa, unite nella differenza
- Rifugiati: in Italia ne arriva il 3% di tutta Europa
- Bambin Gesù, inizia l'anno scolastico in ospedale
- Iraq: patriarca Sako chiede a governo rispetto libertà religiosa
- Pakistan: cristiani e musulmani insieme per la tolleranza religiosa
- Israele: indennizzo per l'incendio della chiesa di Tabgha
- Slovacchia: Plenaria dei vescovi su crisi migratoria
- India. L'Andhra Pradesh assicura il sostegno alle Chiese
- Chiesa Burkina Faso su golpe: Dienderè soffoca ogni forma di libertà
- Mons. Paglia prosciolto da ogni accusa. Totale estraneità ai fatti
Il Papa ad Holguín: la misericordia di Gesù trasforma la storia
Lo sguardo misericordioso di Gesù trasforma la storia: è quanto ha detto il Papa nella Messa presieduta ad Holguín, terza città di Cuba e per la prima volta nella storia visitata da un Pontefice. Terra del Nichel e della musica creola, nelle sue acque fu ritrovata nel 1612 l’immagine della Vergine della Carità poi portata nella città del Cobre. Ha assistito anche a questa Messa il presidente Raul Castro. Il servizio del nostro inviato a Cuba Sergio Centofanti:
Un giorno speciale per Papa Francesco
Accoglienza calorosa per il Papa anche ad Holguín, dove alla Messa in Piazza della Rivoluzione abbiamo potuto ascoltare i bellissimi canti in stile tipicamente creolo, che uniscono le antiche sonorità europee ed africane. La liturgia ha proposto il Vangelo della conversione di San Matteo di cui il 21 settembre la Chiesa celebra la festa. E’ un giorno particolare per il Papa perché proprio il 21 settembre di 62 anni fa, era il 1953, il giovane Bergoglio, aveva 17 anni, in seguito ad una confessione sentì nel cuore la misericordia di Dio che teneramente lo chiamava alla vita religiosa. Il suo motto episcopale ricorda proprio la conversione di San Matteo: “Miserando atque eligendo”, ovvero: “Gesù vide un pubblicano e poiché lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: seguimi”.
Lo sguardo di Gesù rende liberi
Ecco, così ha fatto il giovane Bergoglio. E l’omelia ha sviluppato propri questi temi. Il Papa parla di un “gioco di sguardi” che “è in grado di trasformare la storia”. Gesù guarda Matteo, esattore delle imposte per i Romani, considerato un traditore dai suoi connazionali:
“Gesù lo guardò. Che forza di amore ha avuto lo sguardo di Gesù per smuovere Matteo come ha fatto! Che forza devono avere avuto quegli occhi per farlo alzare! (...) Lo guardò con occhi di misericordia; lo guardò come nessuno lo aveva guardato prima. E questo sguardo aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita, come a Zaccheo, a Bartimeo, a Maria Maddalena, a Pietro e anche a ciascuno di noi. Anche se noi non osiamo alzare gli occhi al Signore, Lui sempre ci guarda per primo”.
Gesù cerca chi si sente indegno di Dio
“Il suo amore ci precede – ha affermato il Papa - il suo sguardo anticipa le nostre necessità. Egli sa vedere oltre le apparenze, al di là del peccato, del fallimento o dell’indegnità. Sa vedere oltre la categoria sociale a cui apparteniamo”:
“Egli, andando oltre, vede quella dignità di figlio, che tutti abbiamo, a volte sporcata dal peccato, ma sempre presente nel profondo della nostra anima. E’ la nostra dignità di figlio. Egli è venuto proprio a cercare tutti coloro che si sentono indegni di Dio, indegni degli altri. Lasciamoci guardare da Gesù, lasciamo che il suo sguardo percorra le nostre strade, lasciamo che il suo sguardo ci riporti la gioia, la speranza”.
La misericordia genera la missione e il servizio
Dopo la misericordia, la missione. Matteo segue Gesù:
“L'incontro con Gesù, con il suo amore misericordioso, lo ha trasformato. E si lascia alle spalle il banco delle imposte, il denaro, la sua esclusione. Prima aspettava seduto per riscuotere, per prendere dagli altri; ora con Gesù deve alzarsi per dare, per offrire, per offrirsi agli altri. Gesù lo ha guardato e Matteo ha trovato la gioia nel servizio”.
Matteo, nella sua funzione di esattore, approfittava dei suoi concittadini. Ma se uno serve, “i concittadini non sono quelli di cui si approfitta, si usa e si abusa”. Così “lo sguardo di Gesù genera un’attività missionaria, di servizio, di dedizione. Il suo amore guarisce le nostre miopie e ci stimola a guardare oltre, a non fermarci alle apparenze o al politicamente corretto”.
Un traditore può diventare grazie a Gesù
Il Papa invita a porsi questa domanda:
“Credi che sia possibile che un esattore si trasformi in un servitore? Pensi che sia possibile che un traditore diventi un amico? Pensi che sia possibile che il figlio di un falegname sia il Figlio di Dio? Il suo sguardo trasforma il nostro sguardo, il suo cuore trasforma il nostro cuore. Dio è Padre che vuole la salvezza di tutti i suoi figli”. Lo sguardo di Gesù ci porta a condividere “la sua tenerezza e la sua misericordia con i malati, i carcerati, gli anziani e le famiglie in difficoltà”.
I sacrifici della Chiesa cubana
Papa Francesco ricorda gli sforzi e i sacrifici della Chiesa a Cuba, dove lavora “per portare a tutti, anche nei luoghi più remoti, la parola e la presenza di Cristo”. Menziona le cosiddette “case di missione”, che, vista “la scarsità di chiese e sacerdoti, consentono a molte persone di avere un luogo per la preghiera, l’ascolto della Parola, la catechesi e la vita comunitaria”. Piccoli segni della presenza di Dio nelle nostre città.
Il Papa benedice la città di Holguín
Dopo la Santa Messa di ieri nella Plaza de la Revolucion ad Holguín, Papa Francesco ha pranzato nel vescovado per poi salire sulla collina “Loma de la Cruz” per benedire la città. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La costa di Holguín, che Cristoforo Colombo dopo lo sbarco sull’isola di Cuba nel 1492 definì “il luogo più bello su cui si siano mai posati degli occhi umani”, è dominata dalla collina “Loma de la Cruz”. Dalla cima di questo promontorio, dove un frate nel 1790 piantò una croce di legno, si ammira il panorama di Holguín e di tutta l’isola di Cuba. Su questa collina, meta di pellegrinaggi e uno dei luoghi simbolo della pietà popolare cubana, Papa Francesco si è soffermato in preghiera davanti alla croce e poi ha benedetto la città:
“Que al mirar la Santa Cruz,
elevada en la cima de esta montaña,
y que ilumina la vida de las familias,
de los niños y jóvenes,
de los enfermos
y de todos los que sufren reciban
tu consuelo y tu compañía,
y se sientan invitados al seguimiento de
Tu Hijo, único camino para llegar a ti”.
“Che nel mirare la Santa Croce, innalzata sulla cima di questa montagna, e che illumina la vita delle famiglie, dei bambini e dei giovani, dei malati e di tutti quelli che soffrono – ha detto il Papa – questi ricevano la tua consolazione e la tua vicinanza e si sentano invitati a seguire tuo Figlio, unica via per arrivare a te”.
Alle parole del Papa sono seguiti i canti di un coro di bambini. Holguín, nella parte orientale dell’isola, è la terza città di Cuba per numero di abitanti (oltre 1,5 milioni) ed è capoluogo dell’omonima provincia. Il presidente Raul Castro e suo fratello Fidel sono originari di questa terra, non lontana dalla base militare navale statunitense di Guantanamo.
Il Papa alla Vergine del Cobre: "Raduna il tuo popolo"
Papa Francesco si è recato ieri sera, insieme con i vescovi cubani, nel Santuario della Vergine della Carità del Cobre, ad una trentina di chilometri da Santiago di Cuba. Qui è conservata l’immagine di Maria col Bambino Gesù che regge il mondo. La Vergine del Cobre è stata proclamata Patrona di Cuba da Benedetto XV nel 1916 ed è venerata da tutti i cubani. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il Papa è rimasto seduto in silenzio per alcuni minuti. Poi ha pregato ai piedi dell’immagine della Vergine della Carità del Cobre. A Maria ha affidato il futuro di Cuba e del suo popolo.
“Virgen de la Caridad del Cobre… Tu nombre y tu imagen están esculpidos
en la mente y en el corazón de todos los cubanos,
dentro y fuera de la Patria,
como signo de esperanza
y centro de comunión fraterna”.
“Vergine della Carità del Cobre, Patrona di Cuba – ha detto il Papa – sei venuta a visitare il nostro popolo e hai voluto rimanere con noi come Madre e Signora di Cuba, durante il suo cammino nella storia. Il tuo nome e la tua immagine sono scolpiti nella mente e nel cuore di tutti i cubani, dentro e fuori della patria, come segno di speranza e centro di comunione fraterna”.
Il Santo Padre ha chiesto a Maria di proteggere le famiglie, i giovani i bambini e di consolare quanti soffrono. E soprattutto ha pregato per la nazione cubana:
“¡Madre de la reconciliación!
Reúne a tu pueblo disperso por el mundo.
Haz de la nación cubana
un hogar de hermanos y hermanas
para que este pueblo abra de par en par
su mente, su corazón y su vida a Cristo,
único Salvador y Redentor”.
“Madre della Riconciliazione, raduna il tuo popolo disperso per il mondo. Fai della nazione cubana – ha detto il Santo Padre – una casa di fratelli e sorelle perché questo popolo spalanchi la sua mente, il suo cuore e la sua vita a Cristo, unico Salvatore e Redentore…”.
Lombardi: messaggio del Papa a cubani è invito alla speranza
Il messaggio che il Papa dà ai cubani è un incoraggiamento alla fiducia e alla speranza anche nelle difficoltà: è quanto afferma padre Federico Lombardi. Il direttore della Sala Stampa vaticana sottolinea che il Pontefice desidera promuovere il dialogo e la riconciliazione e ne ha dato prova offrendo un importante contributo al riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti. Un concetto ribadito anche ieri, durante il briefing di fine giornata a Santiago. Il Papa – ha detto il portavoce vaticano – preferisce parlare di un "processo", quindi di un qualcosa che deve continuare. Rispondendo a una domanda sulla questione dell'Embargo Usa contro Cuba, ha ribadito che la posizione della Chiesa è sempre stata di condanna. Sul problema del rispetto dei diritti umani ha osservato che Papa Francesco in questo viaggio ha parlato con chiarezza delle ideologie che non tengono conto della persona concreta e della dignità umana. La missione del Papa a Cuba - ha quindi affermato - è stata una forte esperienza di Chiesa e un appello alla presenza attiva dei cristiani nella società in vista del bene comune. Francesco, ha poi precisato, è stato davvero molto contento e grato al popolo cubano per l'accoglienza entusiasta e affettuosa che gli ha riservato. Ai nostri microfoni, padre Lombardi si è soffermato in particolare sulla Messa ad Holguín. Ascoltiamolo al microfono di Amedeo Lomonaco:
R. – E’ stata una Messa molto raccolta, ma con grande partecipazione – si pensa ad almeno 150 mila persone – in questa città di Holguin dove i Papi precedenti non erano stati. Quindi, questa città è stata particolarmente lieta di ospitare il Papa. La liturgia era quella di San Matteo e quindi con degli episodi evangelici particolarmente vicini alla sensibilità del Papa e alla sua storia personale. Il Papa ricorda che proprio in occasione della festa di San Matteo ebbe un’esperienza spirituale particolarmente determinante nella sua gioventù, sentendosi chiamato a seguire il Signore da un Gesù che lo chiamava personalmente, che lo guardava negli occhi. Così come dice il Vangelo: “Guardò negli occhi Matteo e ottenne così la sua conversione”. Il Papa, con un riferimento certamente sentito personalmente, ha messo in rilievo il valore della vocazione cristiana come incontro con il Signore, come punto di partenza di una missione, per cui tutti si devono sentire responsabili di un impegno nella Chiesa e nella società. Il Papa ha anche fatto riferimento – e questo è molto interessante – all’esperienza delle case di missione, una delle forme attraverso cui la Chiesa vive a Cuba in modo capillare la sua presenza creativa, con piccole comunità dove si celebra l’Eucaristia, dove si commenta la Parola di Dio e ci si anima vicendevolmente per portare avanti la vita cristiana.
D. – Nell’omelia, il Papa ha ricordato appunto la storia di conversione di Matteo. Ci sono eventi che trasformano la storia. Anche la storia di Cuba è cambiata e può essere trasformata…
R. – Certamente. Il Papa ha dato sempre un invito forte, non solo in questo discorso, ma anche in altri, alla fiducia, al non scoraggiarsi. Quello che dice spesso in particolare ai giovani: non perdere la speranza, “non lasciatevi rubare la speranza”. E questo, in un Paese che ha certamente i suoi problemi, le sue prove, le sue povertà, è un messaggio particolarmente importante.
Usa in attesa del Papa, apre Congresso mondiale delle famiglie
Gli Stati Uniti attendono Papa Francesco che in serata arriverà alla Andrews Air Force di Washington. La seconda tappa del decimo viaggio apostolico internazionale del Papa sarà ricca di eventi. Il Santo Padre visiterà anche New York e Philadelphia dove ad aspettarlo ci saranno le famiglie provenienti da tutto il mondo, venute nella città della Liberty Bell per l’VIII Meeting mondiale, che apre oggi i lavori. E il Papa proprio ai partecipanti dell’incontro 2015 ha inviato un breve videomessaggio. Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:
Il Papa saluta con il cuore le famiglie di Philadelphia che lo abbracceranno sabato prossimo e che oggi iniziano i lavori al Meeting mondiale. “Vengo da voi perché siete lì”, ha ribadito. “Preghiamo per te”, “La fede ci sostiene”, “Dio passa attraverso i tuoi occhi” è la risposta della città “dell’amore fraterno”. Infatti sono migliaia le preghiere scritte su nastri bianchi, a formare un grande igloo, davanti alla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo dove tra quattro giorni pregherà il Papa.
L’arrivo a Washington
Ma l’attesa oggi è a Washington dove Francesco sarà accolto alle 16.00, le 22.00 in Italia, presso la base dell'Aeronautica militare di Andrews, dal presidente, Barack Obama, e dalla "first lady". Domani, alla Casa Bianca, si terrà la cerimonia di benvenuto. Il viaggio apostolico entrerà subito nel vivo con l’incontro e la preghiera con i vescovi degli Stati Uniti nella Cattedrale di San Matteo. Culmine della giornata sarà la Messa di Canonizzazione del Beato padre Junipero Serra, l’evangelizzatore della California, nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione. Giovedì ,l’attesa visita al Congresso degli Stati Uniti. Sarà il primo Papa a parlare al Parlamento bicamerale.
La tappa di New York
Nello stesso giorno il Papa volerà a New York, ma non prima di aver visitato il Centro Caritativo della Parrocchia di San Patrick e incontrato i bisognosi della Federal City. Nella “Grande Mela” reciterà i Vespri con il clero i religiosi e le religiose presso la Cattedrale di San Patrizio. Centrale il giorno dopo, venerdì, sarà il discorso alla sede newyorchese delle Nazioni Unite, il cosiddetto “Palazzo di vetro”. Poi, l’incontro interreligioso al Memorial di "Ground Zero", la visita alla scuola “Nostra Signora Regina degli Angeli” e l’abbraccio con i bambini e le famiglie d’immigrati. La giornata si concluderà con la Santa Messa nel Madison Square Garden.
Il Meeting mondiale delle Famiglie 2015
Le famiglie dell’VIII meeting internazionale riunite a Philadelphia lo incontreranno sabato e con lui pregheranno, veglieranno, saranno in festa anche ascoltando le note di cantanti come Aretha Franklin e Andrea Bocelli. Il Papa presiederà la Santa Messa con i vescovi della Pennsylvania e parteciperà anche all’incontro per la “libertà religiosa” con la comunità ispanica e altri immigrati.
La proclamazione del prossimo Meeting internazionale
Domenica sarà la giornata conclusiva del decimo viaggio apostolico internazionale di Papa Francesco. Pregherà con i Vescovi dell’Incontro Mondiale delle Famiglie; entrerà e parlerà con i detenuti del carcere di Curran-Fromhold, istituto di massima sicurezza degli Stati Uniti. Prima della cerimonia di congedo che lo riporterà in Vaticano, presiederà la Messa conclusiva dell’VIII Meeting delle famiglie nel "B. Franklin Parway" di Philadelphia, dove sarà annunciata anche la città che ospiterà il Meeting internazionale 2018.
Mons. Paglia: se la famiglia è forte lo è anche la società
Famiglie da tutto il mondo sono a Philadelphia per l’ottavo incontro mondiale “World Meeting of Families”. L’evento voluto da San Giovanni Paolo II che dal 1994 si tiene ogni tre anni. Da oggi al 27 preghiere, dibatti e contronti creerannno ponti e rafforzeranno il sacro vincolo della famiglia. L’arcivescovo di Filadelfia, mons. Charles J. Chaput nel suo saluto ha ribadito il titolo e sfida di questa edizione: “L’amore è la nostra missione. La famiglia pienamente viva”, sottolinenado l’attesa per il Papa che arriverà tra tre giorni. Al microfono del nostro inviato Massimiliano Menichetti, le parole di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, soggetto responsabile dell’organizzazione degli Incontri mondiali:
R. – È una sfida molteplice rispetto alle altre edizioni delle Giornate Mondiali delle Famiglie: una sfida che si chiama anzitutto Papa Francesco, perché è il suo primo Meeting delle Famiglie, nel suo primo viaggio negli Stati Uniti, alla vigilia del Sinodo di ottobre prossimo, dopo che è stato celebrato già un altro Sinodo e con un patrimonio sapienziale che quest’anno ogni mercoledì Papa Francesco ci ha dato.
D. – Lei più volte ha ribadito: “È necessario mettere la famiglia al centro”. In che senso, concretamente, si mette la famiglia al centro?
R. – Quando ci si preoccupa, davvero, per essa e quindi si vive la gioia, la fatica, ma anche la speranza della famiglia, perché nella famiglia si gioca sia la Chiesa che la società, e anche a Philadelphia. La Chiesa cattolica si sta preoccupando non solo delle famiglie cattoliche, non solo delle famiglie cristiane, ma delle famiglie del mondo intero. Ci tengo a sottolineare che il tema qui non è la definizione della famiglia: il tema è come aiutare le famiglie a vivere la loro missione e la loro vocazione nella società contemporanea, sapendo che famiglia debole vuol dire società debole e famiglia forte, società forte.
D. – È anche vero però che la famiglia spesso viene attaccata. Papa Francesco, riferendosi al gender, lo ha definito una “dittatura”: la “colonizzazione ideologica” che vuole distruggere la famiglia…
R. – Il prevalere della cultura individualista ha come scoperto la furbizia di non opporsi alla famiglia, ma di frantumarla, di piegarla, di moltiplicarla… Quello che oggi vedo come il virus più deleterio è proprio questo: che l’individualismo esalta la frammentazione, piega tutto a sé stesso. E in fondo è questa semplificazione – della riduzione a sé – che spiega la paura della molteplicità. La questione del gender è la paura del complesso: per riconoscere la dignità, dobbiamo essere prima tutti omogenei… E invece no, noi abbiamo bisogno, come accadde all’inizio della Creazione, di riconoscere la forza e la bellezza della diversità! Di fronte alla dittatura dell’”Io”, dobbiamo riscoprire la bellezza del “Noi”. E la famiglia è il primo “Noi” che incontriamo.
D. – In questo contesto, qual è la missione della Chiesa?
R. – Quella di dare un’anima o, se si vuole, una qualità all’amore famigliare che il sacramento rafforza, perché questo amore porti a superare tutti i limiti che incontriamo: anzitutto a superare il limite dell’”Io” per unirsi al primo “Noi”, con l’uomo e la donna che si amano; a generare i figli; superare il rischio del familismo. E così, via via, fino ad arrivare all’ultima ondata – potremmo dire – di quest’amore indispensabile, per fare di tutti i popoli un’unica grande famiglia.
D. – Un’unica famiglia dei popoli: dunque la pace, in questo senso, passa anche attraverso le famiglie?
R. – Se la famiglia vive l’amore, si apprende quasi per istinto la solidarietà. Il primo accordo è tra marito, moglie e figli. E se non la si apprende da bambini a 15 anni o a 20 anni sarà tardi! E nella famiglia si ha in qualche modo in miniatura l’esperienza del mondo: perché è ovvio che in famiglia si sperimentano pure i conflitti, ma i conflitti in famiglia si è come obbligati a superarli se si vuole continuare. E devi piegarti, devi rinunciare! Ecco perché famiglia, e famiglia dei popoli, sono fortemente intrecciate.
D. – Qui a Philadelphia l’albero simboleggia la famiglia. Perché questa scelta?
R. – Perché con radici profonde gli anziani, con un tronco robusto, che non è l’amore romantico, ma è un amore che vuole costruire, che dia anche fatica, e che proprio per questo, raccogliendo la linfa dalle radici ed elaborandola lungo il tronco, può produrre frutti che sono figli, nipoti. E se questa è la famiglia, noi pensiamo che il mondo deve essere una foresta di questi alberi, per mostrare che davvero quella casa comune che è il mondo intero è la casa comune della famiglia di tutti i popoli.
I Musei Vaticani sui social network grazie alla App “Patrum”
E’ stata creata poco prima del viaggio negli Stati Uniti di Papa Francesco: è la nuova app dei Musei Vaticani “Patrum”. Nelle ultime settimane, la App conta 4 mila download e la community continua a crescere. Il servizio di Nina Oezelt:
L’idea della App è di Iuliana Biondo, manager delle iniziative digitali nell’ufficio dei “Patrons of the Art”, e potrebbe rappresentare una rivoluzione per i progetti di restauro e un richiamo per le generazioni giovani. Ecco come spiega l’idea che ha portato a questa inedita iniziativa:
“The vision was to create an app both in a content, the design and in a way in which the user experiences
L’idea era quella di creare una App che dal punto di vista del contenuto, del disegno e dell’utilizzo sul telefono cellulare, risultasse ‘social’ ma che anche facilitasse la comprensione della storia della Collezione dell’arte nei Musei Vaticani e dei progetti di restauro. La App è configurata come un news-feed: ogni giorno un contenuto nuovo sarà pubblicato sulla App, e si possono scorrere tutti; ci sono anche aneddoti divertenti che sono stati raccontati dagli stessi restauratori, per esempio sul restauro del Perseo di Canova. O anche la storia della Sistina, di Michelangelo e Raffaello. Puoi commentare, condividere, mettere ‘mi piace’; puoi chattare con altre persone che lasciano i loro commenti; puoi risalire a chi ha lasciato il tale commento e contattarlo direttamente con un messaggio … Credo che sia un’idea veramente interessante …. Ecco, quindi l’idea era creare una comunità e indurre le persone a parlare di arte. E’ una App divertente ma nello stesso tempo intellettuale e molto accurata per quanto riguarda la collezione e i Patrons”.
L’impegno dei Patrons per i Musei Vaticani
I Musei Vaticani incassano 80 milioni di euro l’anno, ma ne rimane ben poco per la sezione dedicata ai restauri delle opere d’arte. Infatti, la maggior parte dei fondi finisce nel sostentamento dello Stato della Città del Vaticano stesso, e nella retribuzione degli 800 collaboratori dei Musei. Da oltre 30 anni i “Patrons for the Arts of The Vatican Museums” hanno, dunque, il compito di colmare questa lacuna. L’associazione si occupa di custodire e curare le collezioni presenti all’interno della storica struttura espositiva – spesso tramite sponsor americani. La quota associativa annuale ammonta a circa 600 dollari. Ancora Iuliana Biondo:
“And in return you obviously get to come to the museums whenever you are free. …
E in cambio, puoi venire ai Musei quando vuoi, ad ammirare i lavoro dei restauratori mentre procede, puoi incontrarli, partecipare a eventi e incontri privati; potrai – in un certo senso – essere dietro le quinte e la App coglie anche questo, perché potrai chattare direttamente attraverso la App e noi risponderemo …”.
Un modo originale per raccogliere fondi
La App dà vita a un nuovo social network tra i membri, ma non solo. La famiglia degli appassionati di arte crescerà e ciascuno, anche senza essere un “Patron”, può contribuire discutendo o donando da 10 dollari in su per finanziare un restauro e salvare un pezzo di cultura. Questo dovrebbe attirare soprattutto la generazione giovane.
Larry Blanford, da poche settimane membro della famiglia dei “Patrons”, manifesta il suo entusiasmo per la possibilità di seguire da vicino l’attività dei laboratori di restauro e di vedere il “backstage” artistico:
“Not only did we see some magnificent pieces of art that being restored in the lab. …
Non solo abbiamo potuto ammirare alcune delle magnifiche opere d’arte che si restaurano nel laboratorio, ma quello che più ci ha colpito è stata la passione e l’energia dei restauratori. Da un lato sono artisti veri, dall’altro hanno una fede molto radicata. Combinano quindi il loro amore per l’arte con il loro amore per la fede. In quanto nuovo “Patron” dei Musei è stato emozionante vedere la passione e l’energia con cui lavorano”.
Tanti interventi di restauro nei Musei sono stati resi possibili grazie ai finanziamenti dei “Patrons”. Un esempio per eccellenza è, appunto, il Perseo di Canova, acquistato da Papa Pio VII. Adesso, tanti progetti aspettano un supporto finanziario: dalle insegne etrusche (53.680 euro) fino ai Giardini Vaticani, o la necessità delle macchine laser per la pulizia delle opere d’arte (49.500 euro). Nell’ottobre 2016 i “Patrons” pubblicheranno il nuovo “Wishbook”, nel quale tutti i Dipartimenti dei Musei Vaticani indicheranno i lavori di restauro più urgenti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Dinamiche di una conversione"
Speranza e attesa: il viaggio del Papa nella stampa internazionale.
A proposito di un recente articolo, Lucetta Scaraffia sull'invisibilità delle donne.
Un articolo di Paolo Portoghesi dal titolo "Come una conchiglia": nasce la cattedrale di Creteil.
L'ultima notte da schiavi: la guerra civile americana secondo Bruce Levine.
Una casa per Mohammad: da Winterthur, Karina Alarcon tra i profughi siriani in Svizzera.
Caos Volkswagen per truffa emissioni: inchiesta negli Usa
Volkswagen travolta dallo scandalo. Venerdì prossimo, il Consiglio del gruppo auto tedesco, deciderà sul futuro dell’amministratore delegato, dopo la truffa emersa sui diesel venduti negli Usa dal 2009. L’accusa è di aver infranto le leggi installando un software che maschera il volume effettivo delle emissioni inquinanti. Si profila una multa da 18 miliardi e diverse indagini. Anche oggi il titolo crolla in Borsa e l’Ue chiede chiarimenti, ma Volkswagen rassicura e offre piena collaborazione. Per Giuseppe Berta, economista esperto del settore auto, “all’origine dello scandalo c’è un progetto di mercato”. Il suo commento nell’intervista di Gabriella Ceraso:
R. – La Volkswagen aveva fissato davanti a sé l’obiettivo di essere, nel 2018, sul mercato americano con una vendita complessiva pari a un milione di vetture. Ora, i livelli attuali sono alquanto distanti dall’obiettivo e ciò probabilmente è all’origine di quest’uso perverso della tecnologia. Perciò, è la ricerca del successo di mercato a tutti i costi, per volontà del presidente appena uscito di scena, Ferdinand Piech, un uomo centrale nella storia dell’automobile tedesca e non solo, che aveva inteso fare della Volkswagen una sorta di summa dell’industria automobilistica cercando di acquisire tutti i marchi possibili
D. – Però, visto che il rispetto dell’ambiente è sempre stato un “pallino” tipicamente tedesco, risuona un po’ come un autogol?
R. – Non c’è dubbio! E con un danno reputazionale gravissimo. Ora si tratta davvero di pensare uno scenario completamente inedito per la Volkswagen, difficile da raggiungere.
D. – Il fatto che questa frode sia emersa proprio durante la Fiera dell’automobile di Francoforte, risulta, secondo lei, fatto a posta?
R. – Io non credo. Tutti i produttori sono soggetti a un’attenzione estremamente meticolosa. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi dell’amministrazione Obama è quello di pervenire a una conversione ecologica del sistema economico.
D. – Cose del genere – si è scritto – possono accadere solo negli Stati Uniti perché lì l’agenzia federale che fa i controlli è indipendente, mentre in Europa le case automobilistiche pagano per farsi certificare e la maggior parte delle volte le misurazioni avvengono proprio negli stabilimenti. Quindi, significa che in Europa in realtà il rischio è molto più alto, ma non lo sappiamo?
R. – Pare che sia così. E’ chiaro che alla luce di quello che sta avvenendo in America, anche la politica dei controlli in Europa andrà rivista e probabilmente reimpostata su nuove basi. Ma tutto questo riguarda il mondo, cioè si rivolge anche al governo sudcoreano che vuol mettere uno stop alle vendite dei prodotti con i motori diesel tedeschi … Il che significa un danno gravissimo per un’industria esportatrice come quella della Germania che aveva nei mercati asiatici uno dei punti di forza.
D. – Siamo nell’anno dell’Enciclica del Papa sull’ambiente: non posso non farle una domanda anche su questo. Ovviamente, emettere meno CO₂ costa, essere meno inquinanti, costa. E’ un problema secondo lei veramente irrisolvibile?
R. – Il problema è risolvibile; si tratta però a questo punto di andare oltre i vecchi paradigmi tecnologici. Voglio fare un esempio: si parla di “Apple”. Apple si sta impegnando a creare un’auto, ovviamente a forte valenza ecologica, che cambi proprio i parametri dell’automobile, il “concept” progettuale dell’automobile. Sarà possibile? Sappiamo che ci sono già sperimentazioni in corso. Oggi leggevo che addirittura "Apple" potrebbe decidere di entrare sul mercato con questo nuovo prodotto automobilistico nel 2019. Voglio dire che probabilmente ci stiamo avvicinando a frontiere tecnologiche che dovrebbero abbattere i vecchi limiti del passato. Dunque io sono convinto che ci sia un mondo della ricerca scientifica che è in grado di superare tutti i vincoli e di esercitare un’azione di rispetto dell’ambiente molto più importante che nel passato.
D. – E’ un settore tartassato quello dell'auto, ma è un settore che ha una piccola parte nell’inquinamento ambientale?
R. – L’inquinamento non è solo l’emissione, l’inquinamento è – per esempio – concentrazione di mezzi di trasporto, congestione … Perciò, non c’è solo questa dimensione. C’è la dimensione di realizzare delle automobili che siano più maneggevoli, più facilmente integrabili con l’ambiente. E torniamo al discorso di prima.
Migranti. Oggi Consiglio Ue. Ocse: 1mln i profughi nel 2015
Europa ancora divisa sull’immigrazione nel giorno del Consiglio straordinario che convocato per le 14.30 a Bruxelles dovrà decidere il ricollocamento di 120 mila rifugiati. Secondo l’Onu, tuttavia, un eventuale accordo nel merito non sarà sufficiente e “la riunione dei leader Ue di domani potrebbe essere l'ultima occasione di fornire una "risposta coerente" alla crisi. Dall’Ocse, intanto, arriva l’allarme: nel 2015 saranno circa un milione le richieste di asilo in Europa. Il servizio di Paolo Ondarza:
Senza precedenti l’ondata di profughi nel 2015: circa un milione prevede l’Ocse in un rapporto pubblicato nel giorno del consiglio straordinario deI ministri degli Interni Ue e alla vigilia del vertice dei leader europei impegnati a trovare un accordo sul ricollocamento di 120 mila profughi: 15.600 provenienti dall’Italia, 50.400 dalla Grecia. Secondo l’Unhcr, la riunione di domani potrebbe essere l’ultima occasione per fornire una risposta coerente alla crisi che, secondo l’agenzia Onu, va ben oltre il problema dei ricollocamenti. Contrari alle quote Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, ma la Germania spera ancora in un voto favorevole unanime tra i Paesi Ue. L’Italia fa appello alla solidarietà, mentre per la Francia l’Europa non uscirà dalla crisi ristabilendo le frontiere. Ma intanto, dopo quello ungherese, un altro muro sarà eretto questa volta dalla Slovenia al confine croato.
La tensione è altissima come confermano gli scontri oggi nel villaggio croato di Opatovac, dove la polizia ha vietato l’accesso ad alcuni richiedenti asilo in un centro di accoglienza. Da Budapest, arriva poi un altro provvedimento che evidenzia l’acuirsi della tensione: il parlamento ha approvato l’impiego dell’esercito a sostegno della polizia per la difesa dei confini meridionali. Si tratta di 3.500 militari e potranno far uso delle armi solo in caso di pericolo di vita. In Austria, invece, solo ieri sono arrivati 11 mila profughi. Sospesi fino al 4 ottobre i treni internazionali da e per la Baviera, via Salisburgo.
Siria: rischi di scontri tra fronti anti Is, pro e contro Assad
La crisi in Siria e la lotta ai terroristi del sedicente Stato Islamico sempre più coinvolge gli equilibri di pace oltre i confini del Medio Oriente. Da un lato il fronte anti Is, che vede gli Stati Uniti alla guida della Coalizione internazionale, affiancati da Francia e Gran Bretagna, anche nel richiedere le dimissioni di Assad, dall’altro lato la Russia che sostiene il presidente siriano nella sua battaglia al terrorismo interno e che ha dispiegato 28 aerei da combattimento in Siria, creando allarme in Israele per la sua sicurezza. Roberta Gisotti ha intervistato Stefano Torelli, ricercatore dell’Ispi-Istituto per gli studi di politica internazionale:
D. – Dottor Torelli, con queste forze in campo, quali possibili sbocchi alla crisi? Ora ci sono anche timori di scontri accidentali tra i due fronti…
R. – Eh sì! Non possiamo neanche più dire che vi siano soltanto due fronti, perché in realtà anche le stesse opposizioni sono frastagliate. E’ difficile immaginare una soluzione di breve e medio termine all’orizzonte, anche perché c’è l’intervento di interessi anche esterni che - in un modo o nell’altro - cercano di indirizzare il conflitto verso una possibile soluzione, ma che in realtà non fanno altro che contribuire a complicare la situazione. Questo perché i diversi attori esterni che operano in Siria - che da un lato la Russia e in parte l’Iran, se vogliamo anche con le milizie sciite sia iraniane che di hezbollah libanesi; e dall’altro, invece, le forze sia occidentali e soprattutto Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, sia anche regionali come Arabia Saudita e in parte la Turchia con tutte le sue ambiguità - hanno comunque interessi divergenti. Quindi anche se operano direttamente sul territorio siriano lo fanno appoggiando parti diverse. L’unico nemico in comune sembra essere proprio lo Stato Islamico.
D. – Vorrei sottolineare i timori di Israele: proprio ieri Netanyahu in visita a Mosca ha chiesto rassicurazioni al presidente Putin. Israele cosa teme esattamente?
R. – Il dilemma di Israele è quello di trovarsi di fronte ad un conflitto, in cui le due parti in causa - le due parti principali - sono da un lato le forze jihadiste e estremiste dello Stato Islamico, che - anche se non lo hanno ancora detto in maniera aperta – hanno in Israele un potenziale nemico; e dall’altra Assad, che sulla carta è sempre stato un nemico di Israele; ricordiamo che anche prima del conflitto civile, la Siria era in uno stato tecnicamente di guerra con Israele, però un nemico con cui Israele aveva imparato a convivere. Quindi sarebbe, per Israele, probabilmente il male minore, quello di avere Assad ancora al potere in Siria. I timori quali sono? Che gli alleati di Assad sono, invece, più ostili - apertamente! – ad Israele, soprattutto Hezbollah, che ha combattuto anche diversi conflitti, l’ultimo nel 2006, contro Israele e che indirettamente sarebbe avvantaggiato da una vittoria di Assad e quindi anche dall’appoggio russo ad Assad stesso. L’alleanza tra Israele e Russia, dal punto di vista militare e strategico, è una alleanza di lunga data: Netanyahu vorrebbe però delle garanzie sul fatto che l’appoggio russo al fronte filo-Assad non si trasformi in un vantaggio strategico anche per Hezbollah, che invece ha dichiaratamente in Israele un nemico da combattere.
D. – Tra Usa e Russia sarebbe allo studio un ‘meccanismo di prevenzione’ per evitare scontri tra le forze messe in campo in Siria: ma questo è credibile, sappiamo pure che la Russia ha dispiegato 28 aerei da combattimento in Siria? In una situazione così confusa? Sembrano davvero più parole che ragionamenti seri…
R. – Devo dire purtroppo che penso di sì. Mi sembra abbastanza evidente che in questo momento, cercare soltanto di immaginare come possano limitarsi gli scontri sul campo, quando la situazione è così complicata – come abbiamo appena descritto – e quando gli interessi delle forze in campo sono così tante, risulta veramente difficile. Soprattutto vi sono molti critici della dottrina – diciamo – statunitense o occidentale, che è quella di intervenire, anche se sostanzialmente in maniera abbastanza defilata, con questi raid aerei che possono magari indebolire in maniera contingente le forze islamiste, che però sicuramente non possono cambiare le sorti del conflitto nel lungo termine.
Benin, ambasciatore: Europa e Africa, unite nella differenza
Traffico d’armi e di esseri umani, vecchi e nuovi colonialismi, violenze e sopraffazioni verso il popolo africano. Ci si è interrogati su questi temi nel dibattito “Farsi vicini: Europa e Africa nel Mediterraneo”, organizzato dal movimento dei Focolari. Thèodore Loko, ambasciatore del Benin presso la Santa Sede, ha spiegato al microfono di Francesca Di Folco come l’Europa ha costruito il suo rapporto, spesso conflittuale, con l’Africa, sfociato in epocali migrazioni:
R. – Nelle relazioni bilaterali ogni parte cerca il proprio interesse e così, oggi, dopo 55 anni di indipendenza, non c’è un vero sviluppo in Africa. Migranti ce ne sono stati sempre, in tutte le epoche, costretti a lasciare la propria terra con la speranza di poter sopravvivere ed è vero che gli sbarchi di immigrati riportano l’attenzione sulla situazione del flusso di popolazioni da un continente a un altro. Ma anche sulla questione demografica, gli sbarchi di immigrati: come mai ci sono persone che fuggono? In Africa non c’è un vero sviluppo… La cooperazione tra l’Africa e l’Europa, quale sia il risultato lo dice una frase di Robert Schuman: “Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l’Europa sarà in grado di proseguire la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano". Ci sono in Benin i governi che devono fare il lavoro, ma oggi la cooperazione deve essere canalizzata attraverso la sicurezza umana.
D. – Oltre al mancato rispetto della dichiarazione Schuman, cos’altro ha condotto al quadro geopolitico che conosciamo oggi e alle carenze di cui soffre l’Africa?
R. – E’ bene ricordare l’Enciclica di Papa Paolo VI, la "Popolorum progressio", sullo sviluppo dei popoli, che ha avuto una grande ripercussione nel mondo anche negli ambienti non cristiani, come anche la recente Enciclica "Laudato si’". Questa Enciclica è sempre d’attualità. Paolo VI evidenzia la gravità del problema dello sviluppo e l’urgenza di risolverlo attraverso un’azione solidale. La questione sociale è diventata mondiale, i popoli della fame interpellano oggi i popoli dell’opulenza. La Chiesa chiama ciascuno a rispondere con amore all’appello del suo fratello. Questo significa che noi, per avere un mondo veramente sostenibile, abbiamo bisogno di una fusione tra una forte spiritualità e una coerenza dell’azione laica.
D. – Europa e Africa divise per cultura eppure vicine, sorelle, perché l’una deve soccorrere migranti che provengono dall’altra. L’identità e il futuro di entrambe sembra oggi sempre più legato…
R. - La cultura africana non è la stessa cultura che c’è in Europa, ma il problema qui è che la sicurezza umana ci costringe a interessarci alle minacce che pesano sugli individui, cerchiamo l’unità nella differenza.
D. – In questo periodo, stiamo assistendo a cambi di governo realizzati non con regolari elezioni in alcuni Paesi africani…
R. – E' stato già detto anche dall’Unione Africana che dobbiamo rispettare lo stato di diritto. Adesso ci sono situazioni molto delicate, ma la diplomazia aiuterà a trovare soluzione per i casi più difficili ma la regola è la stessa: lo stato di diritto.
Rifugiati: in Italia ne arriva il 3% di tutta Europa
Sono 59,9 milioni i migranti forzati nel mondo, di questi 8 milioni nel solo 2014, mentre circa 20 milioni sono i rifugiati fuori dal loro Paese d’origine. Sono i dati del secondo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, presentato a Roma da Anci, Caritas, Fondazione Migrante e Sprar, in collaborazione con l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. Francesca Sabatinelli:
Meno del 10% dei rifugiati nel mondo, che in totale sono 19 milioni e mezzo, arrivano in Europa. Di questo 10, meno del 3% giunge in Italia. Cifre irrisorie rispetto all’86% del totale dei rifugiati ospitato da Paesi in via di sviluppo, o al 36%, pari a 5,2 milioni di persone, che si trova in Paesi quali Turchia, Pakistan, Libano e Iran. In Italia, al 31 agosto 2015, sono arrivati 115.500 migranti circa tra eritrei, nigeriani, somali, sudanesi, siriani. E la Siria, alla fine del 2014, con quasi 3,9 milioni di rifugiati presenti in 107 Paesi, ha superato l’Afghanistan che per oltre trent’anni ha detenuto il primato di primo Paese di origine dei rifugiati. Nel 2014, in Italia, circa 65 mila persone hanno presentato domande di protezione internazionale. Mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes:
"Il problema non sono i numeri, il 10% dei rifugiati che arrivano in Europa e il 3% in Italia, ci vuole una volontà politica che aiuti l’Europa a uscire ancora dai suoi nazionalismi, dalle sue chiusure, dalle sue paure. Anche alla luce del voto che c’è stato al Parlamento europeo, speriamo che effettivamente si riesca domani (riunione capi di Stato e di governo Ue - ndr) a fare un salto di qualità nell’accoglienza in Europa e si riesca veramente a collocare molte delle persone all’interno dei 28 Paesi europei, superando queste paure, superando questi muri che tra l’altro mettono a rischio anche l’Unione europea perché mettono a rischio anche Schengen. Questi muri stanno facendo alzare alle frontiere di diversi Paesi delle chiusure e mettono a rischio anche la circolazione, la libera circolazione dei lavoratori in Europa, e questo sarebbe un grave danno anche all’economia non solo dell’Italia ma dell’Europa stessa".
Questo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia, spiega ancora mons Perego, “costituisce uno strumento prezioso per accompagnare le numerose esperienze di accoglienza in atto già in molte parrocchie”:
"Prezioso innanzitutto per le nostre comunità cristiane dopo l’appello del Papa perché ogni parrocchia, ogni casa religiosa, ogni monastero, ogni santuario, accolga una famiglia di migranti, ma prezioso anche per i nostri comuni: soltanto 376 comuni su 8 mila oggi accolgono richiedenti asilo e rifugiati. Si spera che questo rapporto aiuti quell’accoglienza diffusa che anche il Papa ha richiamato, e che potrebbe essere un valore aggiunto nel sistema di accoglienza nel nostro Paese, che superi i grandi centri che hanno creato mafia capitale, che superi la burocrazia, e che non tutela le persone, e si arrivi veramente a un’accoglienza diffusa e famigliare nei diversi territori. Nei nostri comuni purtroppo c’è chi ha paura di perdere consenso e quindi non si apre a questa esperienza e chi invece utilizza il rifiuto, la chiusura, nei confronti dei richiedenti asilo per avere consenso. Questa duplice strumentalizzazione dei richiedenti asilo sta bloccando questa accoglienza diffusa. Ci auguriamo invece che questo rapporto faciliti una consapevolezza politica, una responsabilità sul piano politico nell’accoglienza dei richiedenti asilo, non dimenticando che la democrazia europea e anche la democrazia italiana è poggiata sul riconoscimento di questo diritto".
Il 2014 ha segnato anche un numero di tre volte superiore al 2013 di minori non accompagnati che hanno fatto richiesta di protezione internazionale. Ed è proprio verso di loro che questo rapporto chiede un forte impegno, spiega mons. Perego, perché non si è ancora riusciti a dare a tutti ugualmente una tutela e un accompagnamento personale."Soltanto un minore non accompagnato su cinque è in una struttura dello Sprar mentre la maggioranza èaccolta in strutture di prima accoglienza inadeguate", dice, invitando anche a guardare ai cosiddetti rifugiati ambientali o climatici:
"Tante volte si dimenticano i rifugiati ambientali e anche il Papa nella "Laudato si’" fa un appello a riconoscere il diritto di chi è costretto a lasciare la propria terra per motivi ambientali, terremoti, disastri o anche perché vengono cacciati dalle loro terre: sono tre volte tanto i profughi di guerra. Un profilo che ha bisogno di essere tutelato anche sul piano giuridico attraverso soprattutto un permesso di protezione internazionale come il permesso di protezione umanitaria che è possibile anche in Italia ed è sperimentato già in altri Paesi. Quindi l’invito nel rapporto è ad ampliare questa tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati proprio sul piano ambientale. L’altro profilo è quello dei minori non accompagnati. Ne sono arrivati 22 mila tra lo scorso anno e quest’anno. Abbiamo dato asilo a poco più di 4 mila. Molti sono ancora nelle strutture temporanee quindi con una tutela che non è adeguata per dei minori non accompagnati nonostante lo sforzo che c’è stato di inserire i minori non accompagnati nello Sprar. L’invito è proprio a portare un’attenzione particolare a questi minori e a costruire accoglienze nell’interesse superiore del minore, come prevede la legge, in una dinamica non di grandi centri ma di affidamento famigliare e di case famiglia. Ci auguriamo quindi che il rapporto – ed è una delle raccomandazioni del rapporto - spinga in questa direzione".
“Quella europea è soprattutto una crisi di rifugiati – aggiunge Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr – solo attraverso una risposta unitaria e comune di tutta l'Europa si può affrontare questa situazione":
"Finora a livello europeo è stato fatto veramente troppo poco ed è veramente molto tardi. Questa (la riunione dei ministri degli interni oggi e la riunione dei capi di Stato e di governo domani, a Bruxelles ndr) è l’ultima occasione, quella cruciale per avere un cambio di passo che trovi una concretezza, quindi passare immediatamente alla realizzazione innanzitutto di centri di accoglienza in Grecia, fondamentale perché non ci sono sufficienti posti e all’ampliamento dei posti disponibili in Italia, quindi alla distribuzione di coloro che hanno la possibilità dell’asilo, quindi prevalentemente nazionalità siriane, afghane, irachene, attraverso l’Unione europea. E’ importante che ci sia un accordo su almeno 40 mila e poi subito dopo 120 mila persone. Sappiamo che però questo non sarà sufficiente, quindi siamo anche convinti che immediatamente dopo sarà necessario rivedere queste stime a rialzo e quindi iniziare questa strada e portarla avanti nei prossimi mesi. L’importante è che ci siano questi tre capisaldi, cioè i centri di accoglienza, la redistribuzione e l’accordo sulle quote, altrimenti si continuerà a navigare in questo caos che è l’aspetto peggiore di tutta questa crisi che altrimenti sarebbe assolutamente gestibile. Non ci aspettiamo che gli arrivi diminuiscano soprattutto verso la Grecia, siamo a circa 480 mila persone già arrivate via mare e ci aspettiamo che il flusso non si interrompa, stiamo parlando di un flusso che nell’84% dei casi è composto da persone che provengono da Paesi produttori di rifugiati, quindi non andando efficacemente a incidere sulla soluzione di questi conflitti ci aspettiamo che il flusso continui".
Il Rapporto verrà presentato anche il 24 settembre al Conference Centre di Expo-Milano 2015.
Bambin Gesù, inizia l'anno scolastico in ospedale
A scuola anche se si è costretti su un letto d’ospedale. Da quarant’anni è possibile usufruire in Italia di questo insostituibile servizio e tra le strutture che garantiscono la continuità didattica vi è l’Ospedale pediatrico del Bambin Gesù, che oggi ha inaugurato il nuovo anno scolastico. Francesco Gagliano ne ha parlato con la dott.ssa Lucia Celesti, responsabile dell’accoglienza e dei servizi alla famiglia del Bambin Gesù:
R. – La scuola in realtà in ospedale è presente dal 1975, da quando è iniziata come scuola elementare. Ormai si è strutturata con percorsi che vanno dai bambini piccolissimi fino agli universitari. I pazienti seguiti dalla scuola con percorsi strutturati nelle sedi del nostro Ospedale sono stati nello scorso anno scolastico 2014-2015 quasi 5 mila. Quindi l’Ospedale è un vero e proprio istituto scolastico dove vengono svolti esami regolari: media, maturità, scuola elementare... La scuola in ospedale è sempre stata molto diversa dalla scuola normale. Non c’è la cattedra e i banchi, l’insegnante va a letto del malato, l’orario è flessibile – pomeridiano, festivo, notturno – e i programmi sono personalizzati. Quindi è da sempre una scuola caratterizzata da grandissima flessibilità. Questa flessibilità si va fortunatamente strutturando non soltanto come una flessibilità di struttura ma di “sistema”, di tutto il sistema scolastico ospedaliero. Per cui, la scuola si sta spostando dall’ospedale alle case famiglie, alle case sotto forma di istruzione domiciliare, perché in ospedale oggi, fortunatamente, vengono ricoverati solo pazienti molto gravi e questi pazienti molto gravi fanno un pezzettino del loro percorso in ospedale ma un altro pezzettino lo fanno a casa propria, senza poter andare a scuola, oppure lo fanno nelle nostre case di accoglienza, se sono di fuori Roma. La garanzia di continuità è non solo la garanzia della scuola in ospedale, ma anche la garanzia della scuola fuori ospedale. Una specie di passaggio di testimone tra squadre di insegnanti. Un’altra novità è la telematica, nel senso che noi adesso lavoriamo molto non solo e anche attraverso il rapporto interpersonale, che è sempre importantissimo soprattutto in questi casi, ma anche tramite app e tramite la teledidattica.
D. – Quanto aiuta nell’iter di guarigione il poter continuare ad avere una vita normale, frequentare la scuola, proseguire gli studi universitari, liceali…
R. – Credo sia fondamentale e questa è una delle caratteristiche del nostro ospedale. Il mio servizio è fatto apposta, si chiama “Accoglienza”. Penso fortemente che accanto all’aspetto di cura della malattia in senso stretto, tutto il resto del contesto – quindi avere la garanzia di poter continuare la propria vita con un supporto che ti porti fino al momento in cui non ricominci a camminare con le tue gambe – sia fondamentale. Per i ragazzi non perdere la connessione con la vita, con il lavoro, quello che c’è fuori, significa poter mantenere speranze: potersi arrabbiare perché uno ha preso un brutto voto a scuola ha un connotato negativo per certi versi ma positivo per altri perché è la vita che continua, un aggancio alla vita fondamentale.
Iraq: patriarca Sako chiede a governo rispetto libertà religiosa
Il patriarca della Chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako, ha inviato una lettera al Parlamento iracheno per cambiare la legge secondo la quale un minore nel caso in cui anche solo uno dei due genitori si converte all’islam viene automaticamente registrato come musulmano. Una legge, riferisce Baghdadhope citando il patriarca, contraria all’articolo 37/2 della Costituzione irachena che garantisce “la protezione dell’individuo da ogni forma di coercizione intellettuale, politica e religiosa”. La richiesta avanzata - riporta l'agenzia Sir - è quella di cambiare la legge in modo che sia consentito al minore di conservare la religione di appartenenza fino al compimento della maggiore età (18 anni). La religione, è scritto in conclusione, è una questione privata tra l’Uomo ed il suo Dio, ed il professarne una dovrebbe essere il risultato della convinzione e non della coercizione. I cristiani, scrive Sako, “rispettano la libertà di cambiare la propria religione a patto che ciò non sia il risultato di una forzatura”.
Risposta negativa delle autorità
A qualche giorno di distanza è arrivata la pungente risposta di uno dei membri del Comitato per la sicurezza e la difesa cui la lettera era stata indirizzata. Il parlamentare sciita Ammar Tu’ma ha in sintesi ribattuto che il considerare tale legge riguardante i minori come discriminatoria e persecutoria è in contrasto con il fatto che anche chi è registrato come cristiano lo è durante la minore età.
Posizioni inconciliabili che rimettono al centro un tema non nuovo
Era il 2002, prima quindi che gli Stati Uniti invadessero l’Iraq, a Baghdad regnava ancora il regime di Saddam. Alla domanda se stava diventando sempre più difficile essere cristiani in Iraq, mons. Shleimun Warduni, già da allora vicario patriarcale a Baghdad, rispondeva: “Direi di sì. Un esempio è quello che riguarda i figli minorenni di una coppia in cui uno dei genitori decida di convertirsi all’islam. I figli, che prima potevano attendere il compimento del diciottesimo anno di età per diventare musulmani, ora vengono forzatamente e immediatamente considerati come appartenenti all’Islam. I vescovi hanno chiesto che a questa conversione forzata possa almeno far seguito la libertà di ritorno al cristianesimo alla maggiore età, una richiesta che però è stata respinta dato che dall’islam non si può tornare indietro”. Oggi la situazione si ripropone ancora una volta. (R.P.)
Pakistan: cristiani e musulmani insieme per la tolleranza religiosa
In Pakistan è urgente promuovere la tolleranza e prevenire il settarismo. Il governo deve costituire una task force che metta in atto un piano strategico di azione per garantire la tolleranza religiosa. E’ quanto hanno chiesto, in una pubblica manifestazione, attivisti cristiani e musulmani di varie organizzazioni della società civile a Faisalabad, in occasione della Giornata internazionale per la pace, promossa dall’Onu. Come riferisce l'agenzia Fides, i manifestanti chiedono “una nuova normativa per sconfiggere il settarismo, che preveda azioni severe contro quanti etichettano gli altri come ‘infedeli’ o incitano ad uccidere in nome della religione”.
Condannato l'attacco terroristico a Peshawar
La manifestazione titolata “Pace e dignità per tutti” ha visto la partecipazione di membri di diverse comunità ed è stata promossa da enti come “Associazione delle Donne per la consapevolezza e la motivazione” (Awam), “Fondazione per la Pace e lo Sviluppo Umano” (Phd Foundation), la rete “Pakistan Ngo Network” (Pnn),(Ldo), “Diritti di espressione, riunione, associazione e pensiero” (Reat Network). I partecipanti hanno fortemente condannato il recente attacco terroristico al campo dell’aeronautica militare a Peshawar, ricordando che settarismo e terrorismo vanno mano nella mano. “Urge ogni sforzo possibile per eliminarli dal Paese, trovando i finanziatori e punendo quanti istigano all'odio”.
Chiesto al governo di sconfiggere settarismo ed odio
In una nota ripresa dall'agenzia Fides, il direttore della “Fondazione per la Pace e lo Sviluppo Umano”, Suneel Malik, afferma: “Bisogna mettere in campo iniziative concrete per promuovere la diversità e l'inclusione, per combattere la polarizzazione, l'odio e gli stereotipi, per migliorare comprensione e cooperazione tra persone di culture e comunità differenti”, auspicando che il governo possa “tener fede all’impegno di sconfiggere il settarismo e l’odio religioso”.
Combattere estremismo a partire dall'istruzione
Resta determinante l’istruzione: “Urge un programma più ampio per affrontare le cause alla radice, per combattere l'estremismo, la disuguaglianza e la discriminazione a partire dal settore dell'istruzione” ha ricordato Naseem Anthony dell’Ong Awam, invitando il governo ad attuare il giudizio della Corte Suprema del Pakistan, emesso il 19 giugno 2014, in cui si invitava l’esecutivo a compiere passi concreti per garantire la tolleranza religiosa e tutelare le minoranze religiose. (P.A.-S.M.)
Israele: indennizzo per l'incendio della chiesa di Tabgha
Ieri il Procuratore generale israeliano ha annunciato che lo Stato d'Israele offrirà un indennizzo al santuario del miracolo della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci, a Tabgha, che lo scorso 18 giugno era stato oggetto di un incendio appiccato da terroristi della estrema destra radicale. Lo riferiscono fonti ufficiali del patriarcato latino di Gerusalemme.
La chiesa era stata visitata anche dal Presidente israeliano Rivlin
La chiesa presso il Lago di Tiberiade, che ospita una comunità monastica benedettina, aveva ricevuto molte attestazioni di solidarietà dopo l'incendio vandalico subìto. Lo scorso 27 agosto, la chiesa era stata visitata anche dal Presidente Reuven Rivlin. In quella occasione, il Presidente dello Stato ebraico aveva ricordato che “Israele è un Paese democratico, che garantisce la libertà di culto per tutti, nel quale le comunità cristiane devono poter fiorire in tutta sicurezza”.
Soddisfazione delle Chiese di Terra Santa
La notizia dell'indennizzo disposto dal Procuratore generale è stata accolta positivamente dagli ambienti delle Chiese di Terra Santa. Soltanto pochi giorni fa, i responsabili dell'autorità fiscale israeliana avevano respinto la richiesta di risarcimento presentata dalla Chiesa cattolica per i danni provocati dell'attentato incendiario, sostenendo che la matrice terroristica dell'incendio non era dimostrabile e che il danno provocato dall'incendio non rientrava tra quelli da loro risarciti, in quanto i regolamenti in vigore garantiscono un indennizzo solo per atti di violenza causati dal conflitto arabo israeliano. (G.V.)
Slovacchia: Plenaria dei vescovi su crisi migratoria
La situazione dei migranti e dei rifugiati che arrivano in Europa e l’elezione della nuova presidenza della Conferenza episcopale slovacca sono al centro della sessione plenaria dei vescovi cattolici che si conclude oggi a Marianka, famosa meta di pellegrinaggio. Mons. Stanislav Zvolensky è stato riconfermato alla guida della Conferenza episcopale, mentre l’arcivescovo di Kosice, mons. Bernard Bober, è stato eletto nuovo vice-presidente. Per quanto riguarda la crisi migratoria, i presuli sottolineano che è cruciale per la comunità internazionale individuare i mezzi migliori per aiutare i migranti e i rifugiati, anche trovando i mezzi adeguati per risolvere i problemi nei loro Paesi di origine che portano alle grandi ondate migratorie verso l’Europa.
4 progetti di aiuti per cristiani e rifugiati
I vescovi hanno approvato quattro progetti di aiuti umanitari per i cristiani e i rifugiati, cooperando con Caritas Slovacchia per la loro applicazione concreta. I membri della Conferenza episcopale hanno anche discusso della preparazione della prossima visita “ad limina” in programma per novembre. Durante la Plenaria anche la presentazione delle relazioni sulla Marcia nazionale per la vita che si è svolta il 20 settembre a Bratislava con la “straordinaria partecipazione” di circa 80.000 persone da tutto il Paese e sul Meeting nazionale giovanile di Poprad che ha visto la partecipazione di circa 3.000 persone all’inizio di agosto. (R.P.)
India. L'Andhra Pradesh assicura il sostegno alle Chiese
Il governo dello Stato indiano di Andhra Pradesh assicura servizi e diritti alle minoranze cristiane e la tutela per i beni della Chiesa: è quanto è emerso dal recente incontro in cui i rappresentanti della Federazione delle Chiese cristiane nello stato di Andhra Pradesh hanno incontrato Chandrababu Naidu, Primo Ministro dello stato. Come riferisce l'agenzia Fides che riporta una nota della Federazione delle Chiese cristiane, i leader cristiani hanno consegnato un memorandum in cui si solleva la questione dei diritti delle minoranze e delle proprietà ecclesiali, chiedendo allo Stato di non interferire negli affari amministrativi delle Chiese, delle diocesi e delle istituzioni legate alle Chiese, già regolate dalla costituzione indiana.
Sostegno alle Chiese in caso di occupazione di terreni e beni
Il Primo Ministro ha assicurato alla delegazione dei vescovi la correttezza dell’approccio delle istituzioni civili, assicurando il sostegno alle Chiese soprattutto nei casi in cui vi sia stata l'occupazione dei terreni e dei beni. L’incontro ha confermato i buoni rapporti intercorrenti tra le Chiese e il governo dell’Andra Pradesh, costruiti sui binari del reciproco riconoscimento, della legalità e dello Stato di diritto, presupposti per costruire l’armonia sociale e religiosa in India. (P.A.)
Chiesa Burkina Faso su golpe: Dienderè soffoca ogni forma di libertà
“I burkinabé sono stati umiliati, feriti profondamente da questa ribellione scoppiata per motivi ancora non chiari a nessuno, ma sono decisi a non ammettere più imbrogli e imbroglioni, né repressioni con la forza. Se Dienderè non si piegherà alla ragione ci saranno tempi duri”. Queste le parole di mons. Laurent Dabirè, vescovo di Dorì in Burkina Faso, sul colpo di Stato avvenuto la scorsa settimana nel Paese africano, al seguito del quale Gilbert Dienderé è stato nominato capo del Consiglio di transizione.
Garantire un futuro ai giovani nel Paese
In un’intervista pubblicata da “Vita diocesana pinerolese” e ripresa dall’agenzia Sir, mons. Dabirè racconta: “Mi trovavo a Ouagadougou il giorno stesso del colpo di Stato. Dalla mia stanza ho sentito gli spari dalle 15 del pomeriggio fino alla mattina successiva e ancora giovedì e venerdì senza interruzione”. “Nel tentativo di rientrare a Dorì - aggiunge - mi sono trovato davanti una folla di giovani che, pur avendo sbarrato la strada hanno indicato a me, ai due preti e alla suora che con me viaggiavano, il percorso migliore per raggiungere la città. Li sentivamo gridare frasi contro Dienderè, colui che si erge protettore e portavoce del popolo burkinabé ma che in realtà ne soffoca qualunque forma di libertà e espressione”. “I giovani meritano di essere aiutati - è l’appello di mons. Dabirè - perché cercano il loro futuro in loco. Se, però, perdono fiducia, l’emigrazione diventerà difficile da fermare”.
Rilasciato il primo ministro Isaac Zida
Ufficiali dell’esercito del Burkina Faso stanno trattando a Ouagadougou una resa dei golpisti guidati dal generale Gilbert Diendéré: lo confermano fonti dell'agenzia Misna nella capitale, dopo l’annuncio del rilascio del primo ministro Isaac Zida da parte della giunta costituita giovedì scorso. “Speriamo – dicono da Ouagadougou - che i negoziati possano dare frutti e scongiurare un conflitto armato tra il Reggimento di sicurezza presidenziale di Diendéré e i reparti dell’esercito giunti nella serata di ieri dall’est, dall’ovest e dal nord del Paese”. Finito agli arresti dopo essere entrato più volte in conflitto con Diendéré e il suo corpo di élite, Zida è stato rilasciato questa mattina. Libero anche il presidente, Michel Kafando, che ha già preso le distanze da un’ipotesi di compromesso avanzata dai mediatori dell’Africa occidentale e si trova ora nella sede dell’ambasciata francese. (L.Z.)
Mons. Paglia prosciolto da ogni accusa. Totale estraneità ai fatti
“Ho sempre confidato nel lavoro della magistratura. Quando seppi della chiusura delle indagini che mi riguardavano dissi che credevo anche nella giustizia terrena. Prendo atto con grande soddisfazione della decisione presa dal magistrato inquirente che sancisce la mia totale estraneità ai fatti contestati o a eventuali altri illeciti. Termina così per me un non facile periodo di prova”. Con queste parole mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, commenta la chiusura di un procedimento penale che lo vedeva coinvolto per fatti accaduti quando era vescovo di Terni-Narni-Amelia. Il magistrato inquirente ha formulato la richiesta di proscioglimento per la totale estraneità del vescovo in relazione ai fatti contestati.
Mons. Paglia risulta avere agito sempre nell’espletamento del suo mandato pastorale
Nel decreto di archiviazione del Gip Simona Tordelli - riferisce l'agenzia Sir - definisce “certa la totale estraneità” di mons. Paglia “il quale, anzi, risulta avere agito sempre nell’espletamento del suo mandato pastorale con l’unico meritorio obiettivo di assicurare alla realtà cittadina un riscatto in termini sociali e culturali”. “Ringrazio coloro che hanno contribuito all’emergere della verità e i tanti che mi sono stati vicini in questo tempo con amicizia e fiducia - aggiunge mons. Paglia -. Sono certo che un approccio all’intera vicenda più sereno e disteso aiuterà il popolo cristiano di Terni-Narni-Amelia a continuare il suo impegno evangelico e a vivere con intensità l’anno giubilare della Misericordia”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 265