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Sommario del 20/09/2015
- Papa Francesco a Cuba: libertà, pace e speranza
- Il Papa sul volo per Cuba: costruire ponti in un mondo assetato di pace
- P. Lombardi: cubani apprezzano entusiasmo e coraggio di Francesco
- Sant’Egidio: costruire un futuro più umano a Cuba
- Cuba: i giovani credono in un Paese migliore
- All'Avana in costruzione chiesa dedicata a Papa Wojtyla, la prima da 50 anni
- Telegramma Francesco a Obama: attendo con gioia visita negli Usa
- Mons. Figueiredo: Usa pronti a lasciarsi sorprendere da Francesco
- Mons. Feroci: apertura Porta Santa della Carità segno di misericordia
- Migranti: tragedia a Lesbo, ancora arrivi da Balcani e Mediterraneo
- Elezioni in Grecia: incertezza sull'esito del voto
- Nasce museo sui migranti dedicato alla famiglia Bergoglio
- Ad Assisi, convegno su atleti non udenti
- Giornata Alzheimer. Porro: attuare subito piano nazionale
- Kerry: Assad lasci dopo negoziato, nuovi violenti scontri ad Aleppo
- Chiesa ceca: massimo aiuto e sostegno per i migranti
- Distrutta ad Aden la chiesa costruita dal cardinal Massaja
- Burkina Faso: proteste contro il golpe durante i negoziati
- Congo: inaugurata Università cattolica a Kasenga
- Regno Unito: 44 teologhe e laiche scrivono libro sulla famiglia
Papa Francesco a Cuba: libertà, pace e speranza
Papa Francesco è giunto a Cuba, prima tappa del suo decimo viaggio internazionale che lo porterà anche negli Stati Uniti. Alle ore 15 di Roma, il Pontefice celebrerà la Santa Messa nella Plaza de la Revolución all'Avana, gremita di fedeli fin dalle prime ore dell'alba. Calorosissima già ieri l’accoglienza dei cubani. All’aeroporto la cerimonia di benvenuto con il presidente Raùl Castro su cui ci riferisce il nostro inviato all’Avana, Sergio Centofanti:
Affetto, gratitudine, entusiasmo, commozione: questi i sentimenti che hanno accompagnato le decine di migliaia di persone, almeno centomila, lungo i 18 chilometri del tragitto percorsi dal Papa dall’aeroporto dell’Avana alla nunziatura. I cubani, credenti e non credenti, sono davvero grati a Francesco per quanto ha fatto per il riavvicinamento con gli Stati Uniti, un disgelo che alimenta la speranza in una società che chiede nuove prospettive. Il Pontefice non ha voluto, come sempre, un’auto blindata, ma un veicolo aperto per poter essere più vicino alla gente.
Alla cerimonia di benvenuto all’aeroporto, dopo l’esecuzione degli inni, il Papa ha rivolto il suo saluto a tutti i cubani, anche quelli “dispersi nel mondo”. Al presidente Raùl Castro ha chiesto di trasmettere i suoi “sentimenti di speciale considerazione e rispetto” per il fratello Fidel. Ha ricordato che proprio questo anno “si celebra l’80.mo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche ininterrotte” tra Cuba e Santa Sede. Francesco vuole seguire “le indelebili orme del cammino aperto dai memorabili viaggi apostolici che hanno compiuto in quest’Isola” san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:
“La Chiesa continui ad accompagnare ed incoraggiare il popolo cubano nelle sue speranze e nelle sue preoccupazioni, con libertà e con tutti i mezzi necessari per far giungere l’annuncio del Regno fino alle periferie esistenziali della società”.
Questo viaggio apostolico coincide con il primo centenario della proclamazione della Vergine della Carità del Cobre come Patrona di Cuba, invocata dai patrioti della guerra d’indipendenza per costruire una “nazione libera e sovrana”. Il Papa spiega che la Madre di Gesù, così presente “nell’anima del popolo cubano”, “custodisce la dignità delle persone nelle situazioni più difficili” e promuove “tutto ciò che conferisce dignità all’essere umano”:
“In questi giorni avrò l’occasione di recarmi al Santuario del Cobre come figlio e pellegrino, a pregare nostra Madre per tutti i suoi figli cubani e per questa amata Nazione, perché percorra sentieri di giustizia, di pace, di libertà e di riconciliazione”.
La “vocazione naturale” di Cuba – afferma – “è quella di essere punto d’incontro perché tutti i popoli si trovino in amicizia”, «oltre le strettoie degli istmi e le barriere dei mari»: è una citazione di José Martí, eroe cubano dell’indipendenza, uomo animato da una profonda spiritualità cristiana. E il Papa ricorda le parole profetiche di San Giovanni Paolo II quando nella storica visita del 1998 lanciò il celebre appello: «Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba»”. E aggiunge:
“Da alcuni mesi, siamo testimoni di un avvenimento che ci riempie di speranza: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. È un processo, è un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del «sistema della valorizzazione universale... sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo» (José Martí)”.
Papa Francesco incoraggia i responsabili politici “a proseguire su questo cammino” a favore “della pace e del benessere dei loro popoli, di tutta l’America, e come esempio di riconciliazione per il mondo intero”. E a braccio aggiunge: “Il mondo ha bisogno di riconciliazione in questa atmosfera di terza guerra mondiale a tappe che stiamo vivendo”.
Da parte sua, il presidente Raùl Castro ha espresso il suo vivo apprezzamento per i pronunciamenti del Papa in tema di giustizia e ambiente. Ha definito ingiusto l’attuale sistema internazionale che ha globalizzato il capitale e ha fatto del denaro il suo idolo, ha rivendicato le conquiste del sistema socialista cubano soprattutto nel campo della sanità e della scuola, ma ha anche segnalato la necessità di una attualizzazione di questo modello economico e sociale. Ha poi ringraziato il Papa per il suo appoggio al dialogo tra Cuba e Stati Uniti. E ha denunciato l’embargo Usa definendolo “crudele, immorale e illegale”, chiedendone la fine. Infine ha rivendicato la base navale di Guantanamo, in territorio cubano ma ancora nelle mani degli Usa.
Dopo la cerimonia di benvenuto, il bagno di folla fino alla nunziatura. Il Papa ha dato il suo primo messaggio a Cuba: i concetti più pronunciati, ricorrono tre volte, sono libertà, pace e speranza.
Il Papa sul volo per Cuba: costruire ponti in un mondo assetato di pace
Il mondo è assetato di pace, servono costruttori di ponti. E’ quanto affermato da Papa Francesco sull’aereo che lo portava a Cuba, nel consueto saluto ai giornalisti sul volo papale. Il Pontefice ha inoltre confidato l’emozione dell’incontro con la famiglia di profughi siriani, ospitata in Vaticano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un mondo assetato di pace. E’ breve il saluto che Papa Francesco rivolge ai 76 giornalisti sul volo papale, ma denso di significato, soprattutto perché il Pontefice in questo viaggio apostolico visita due Paesi, Cuba e Stati Uniti, che hanno ripreso il cammino della riconciliazione dopo decenni di tensioni e inimicizia. Francesco annota che, questo viaggio – il decimo del suo Pontificato – è il più lungo compiuto finora e ringrazia quanti nella comunicazione dovranno lavorare intensamente nei prossimi giorni per raccontare i tanti eventi di un viaggio che, già prima di iniziare, è stato definito storico da più parti.
Mondo assetato di pace, costruire ponti
Quindi, riprendendo le parole di padre Federico Lombardi che aveva introdotto il suo saluto, si è soffermato sulla sete di pace che ha il mondo di oggi:
“Padre Lombardi ha detto una parola: pace. Credo che oggi il mondo sia assetato di pace. Ci sono le guerre, i migranti che fuggono, questa ondata migratoria che viene dalle guerre, per fuggire dalla morte, per cercare la vita… Oggi mi sono emozionato tanto perché a salutarmi alla porta di Santa Marta c’era una delle due famiglie che sono nella parrocchia di Sant’Anna, in Vaticano, accolte lì, siriani, profughi… Si vedeva nel volto il dolore di questo! Quella parola: ‘pace’… Io vi ringrazio per tutto quello che voi farete nel vostro lavoro per fare ponti: piccoli ponti, piccoli, ma un piccolo ponte e un altro e un altro e un altro, fanno il grande ponte della pace”.
Il Pontefice, come d’abitudine durante i voli papali, si è poi recato a salutare i singoli giornalisti in un clima di grande cordialità.
P. Lombardi: cubani apprezzano entusiasmo e coraggio di Francesco
Grande accoglienza per Francesco fin dall'arrivo a Cuba. Sui primi momenti del viaggio apostolico, in un clima di grande gioia, si sofferma il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, intervistato dal nostro inviato all'Avana, Sergio Centofanti:
R. – L’accoglienza è stata ottima… C’era tanta gente, lungo la strada! E mi è tornata in mente proprio la partenza di Benedetto XVI che avveniva esattamente lungo quella strada, però sotto una pioggia torrenziale e con tantissima gente. E quindi mi sono detto: “Ecco, la gente che c’era a salutare Papa Benedetto adesso è di nuovo tutta festante a salutare Papa Francesco”. Si vede che il Papa è ormai di casa, qui, all’Avana e la gente è ben contenta di accoglierlo. Credo che sia incominciato molto bene, questo viaggio …
D. – Qual è stato il messaggio principale del primo discorso del Papa a Cuba?
R. – Trovo molto significativo l’aver evocato il tema della vocazione di questo Paese come punto d’incontro. Il Papa dice: “E’ un arcipelago che si trova tra il Nord e il Sud, tra l’Est e l’Ovest: la sua vocazione è essere incontro di popoli”. Ora, pensando a quello che la storia nei decenni passati ha rappresentato con una Cuba isolata, magari anche dall’embargo, con posizioni di conflitto o per lo meno di tensione con il "grande vicino" degli Stati Uniti e con altre parti del mondo, e così via, il fatto di poter parlare chiaramente di una Cuba che è chiamata ad essere luogo d’incontro tra i popoli, mi è sembrato una visione di futuro molto bella, molto incoraggiante, molto piena di speranza, molto ambiziosa – diciamo pure – per questo popolo, perché il processo di avvicinamento con gli Stati Uniti – a cui il Papa ha fatto pure riferimento in modo esplicito, e che in fondo è anche uno dei motivi del suo viaggio – è piuttosto agli inizi. E’ partito piuttosto bene, è stata una grande sorpresa per il mondo, il suo avviarsi, ma è una cosa lunga, non è una cosa che si risolva con il solo fatto che si aprono due ambasciate. Ci sono tanti rapporti da ricostituire, tante ferite da sanare per passare effettivamente a questa cultura dell’incontro e della pace che il Papa si auspica.
D. – Gli Stati Uniti hanno deciso, proprio alla vigilia di questo viaggio, di alleggerire l’embargo: è un’iniziativa significativa, un altro passo in questa direzione …
R. – Sì, certo! Ci sono tanti passi significativi: nei giorni scorsi, le autorità cubane hanno fatto un indulto per 3 mila prigionieri di criminalità comune; gli Stati Uniti hanno – appunto – annunciato misure di alleggerimento dell’embargo, che non significano “togliere l’embargo”, ma sono alcune misure in questa direzione … Ecco, quindi sono dei passi che avvengono e sono nella direzione giusta. Sono passi di un processo che è un processo lungo, un processo difficile: non va ritenuto tutto così facile. Siamo in cammino, ma siamo in cammino sulla strada giusta.
D. – Questo è il viaggio più lungo del pontificato di Papa Francesco. Come sta, Papa Francesco?
R. – Ma … io direi sempre che sta bene, perché se fa le cose che fa, deve star bene: nessuna persona che sta male ha l’energia per fare quello che lui fa! Quindi, io faccio una costatazione molto pedestre, molto semplice e dico che sta bene. Ed effettivamente si vede che riesce ad affrontare con grande energia questi impegni che farebbero timore a chiunque, se fossero visti con criteri di prudenza o di timidità. Invece no: lui li affronta, lui va in un Paese come gli Stati Uniti dove non è mai andato nella sua vita! Anche a Cuba, di per sé, non era mai stato … E va, e parla al Congresso degli Stati Uniti, oltre che all’Assemblea delle Nazioni Unite! Vuol dire che si sente sostenuto dallo spirito della sua missione, sente di avere un aiuto del Signore per dire una parola di speranza, di ragionevolezza, di futuro per le grandi domande dell’umanità di oggi. E ringraziamo il Cielo che questo c’è! E la gente, mi pare che lo apprezzi moltissimo perché ne sente un grandissimo bisogno, e quindi capisce che questa persona – che poi si comporta in un modo molto naturale: ha anche dei limiti nel parlare le lingue … - però ha lo spirito, lo slancio, il coraggio, la forza di annunciare dei messaggi e delle parole che sono attese e che sono fondamentali per l’umanità di oggi.
D. – E sul suo volto si vede tanta gioia …
R. - … tanta gioia e tanta serenità. E questa è la prova del fatto che il Signore lo accompagna, perché effettivamente affrontare queste sfide, questi impegni potrebbe causare preoccupazione, potrebbe causare timore … Invece, lui lo vive con grande gioia con grande semplicità, entusiasmo, con la convinzione di rispondere a una chiamata e di avere poi da dire quella Parola che è la Parola del Vangelo e che è sempre credibile e vera.
Sant’Egidio: costruire un futuro più umano a Cuba
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica agli inizi degli anni ’90, Cuba ha perso il suo principale sostegno economico. E’ iniziata così una grave crisi che continua a perdurare oggi. Grande l’impegno della Chiesa cubana per i poveri. Una delle realtà più coinvolte è la Comunità di Sant’Egidio. Il nostro inviato Sergio Centofanti ha intervistato Rolando Garrido, responsabile di Sant’Egidio a Cuba:
R. – Facciamo un grande lavoro verso i più bisognosi, ma il lavoro decisivo in cui è impegnata la comunità in questi ultimi anni è quello della formazione delle nuove generazioni: quindi la formazione dei bambini, la formazione degli adolescenti e la formazione dei giovani. E questo per poter costruire un domani umano per Cuba.
D. – Qual è la situazione della povertà oggi a Cuba?
R. – Noi lavoriamo in alcuni quartieri difficili ed è soprattutto una povertà economica, perché si tratta di famiglie e di coppie separate, in cui la mamma deve sostenere la famiglia da sola. C’è poi la situazione dei barboni: sono giovani che arrivano nella capitale dalle provincie per cercare di fare un po’ di soldi, ma che non trovando strutture in cui poter rimanere – perché sono fuori di casa – si ritrovano a vivere in strada. La vita in strada è difficile e quando si entra in questo meccanismo è molto difficile uscirne. Possiamo poi parlare della povertà dei giovani: la mancanza cioè di un ideale, di un ideale per un mondo più giusto. Direi che nei giovani prevale questo egoismo, questo individualismo che rende la vita un po’ grigia. Questa è la missione della Comunità di Sant’Egidio a Cuba: riuscire a dare ai giovani una proposta di una vita piena, affinché ognuno sia protagonista del proprio futuro e protagonista del futuro anche del Paese.
D. – In questa situazione, cosa si aspettano i cubani da questa visita?
R. – C’è una grande attesa. C’è una grande attesa anche per un senso di gratitudine: di gratitudine per questo grande successo del ristabilimento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. La gente vuole ringraziare questo uomo, umile, semplice, che - con la forza dell’amicizia, con la forza del dialogo, con la forza di un uomo senza pregiudizi - vince, vince un grande problema che durava da ormai 50 anni - mezzo secolo! – fra due popoli. La gente è molto contenta e ha grande speranza, la speranza che qualcosa cambierà e che qualcosa dopo la sua visita sarà migliore. Quindi la gente ha grandi aspettative per questa visita.
D. – Tra i cubani c’è il sentimento di una svolta storica che sta avvenendo…
R. – Certamente sì. Nessuno sa cosa sarà, ma tutti sperano che qualcosa cambi, che ci sia un miglioramento economico, che è poi la cosa fondamentale e che rispecchia il desiderio delle persone. Inoltre questo ristabilimento delle relazioni tra i due Paesi potrà garantire un futuro migliore anche per tutte quelle persone che hanno le proprie famiglie negli Stati Uniti, permettendo quindi anche la possibilità di viaggiare e di poter fare tante cose che prima non si potevano fare.
D. – Quindi un momento di speranza per Cuba…
R. – Di speranza. Certo, è un momento di grande speranza e di grande attese.
Cuba: i giovani credono in un Paese migliore
Papa Francesco, questa domenica, si reca a salutare i giovani davanti al Centro culturale Padre Félix Varela all’Avana. L’entusiasmo è grande come ci dice Elena Maria Bertram, giovane studentessa cubana di 24 anni, intervistata dal nostro inviato Sergio Centofanti:
R. – Sinceramente è un momento molto speciale. Come giovane cubana sono molto emozionata di partecipare a questo momento, a questi attimi che saranno unici nella storia del mio Paese.
D. – Come sono i giovani cubani oggi?
R. – Vogliono semplicemente un mondo migliore e una Cuba migliore per loro. Magari alcuni non hanno tanti sogni, perché trovano delle difficoltà per realizzarli qui, nel loro Paese, proprio perché non hanno questa speranza di cambiamento; ma ce sono anche tanti altri che, invece, credono in una Cuba migliore, in una Cuba con un futuro migliore. Penso che la visita di Papa Francesco nel nostro Paese aiuterà molto tutto questo, perché sicuramente porterà tanti messaggi di speranza e di incoraggiamento per il popolo e per la gioventù. In questi giorni, infatti, la Chiesa sta facendo eco a tutte le parole che il Papa dice costantemente ai giovani. Pertanto sento che la gioventù sarà incoraggiata e riceverà un messaggio di speranza.
D. – Qual è il ruolo dei giovani cattolici cubani nella società di oggi?
R. – Sono presenti all’interno delle loro comunità per incoraggiare gli altri giovani che spesso non partecipano alla vita della Chiesa. Svolgono i lavori più comuni, ma anche sono presenti nelle università e in altri settori della società. Durante il fine settimana tanti giovani cattolici visitano le comunità più lontane dai loro paesini, cercando così di andare verso i più lontani.
D. – Cuba sta vivendo grandi cambiamenti in questa fase: quali sono le tue speranze?
R. – Le mie speranze sono nel dialogo, nell’avvicinamento soprattutto con le comunità della diaspora negli Stati Uniti, e nel riavvicinamento tra questi due Paesi che ormai da più di 50 anni si sono allontanati. Le mie speranze sono nell’unità del popolo cubano; le mie speranze sono per un mondo migliore; che il mondo conosca veramente la realtà cubana e che Cuba conosca la realtà del mondo. Già Giovanni Paolo II diceva che il mondo si deve aprire a Cuba e Cuba si deve aprire al mondo. Sì, siamo così pieni di speranza.
All'Avana in costruzione chiesa dedicata a Papa Wojtyla, la prima da 50 anni
All’Avana è in costruzione la prima chiesa autorizzata dal governo cubano dopo oltre 50 anni: sarà una parrocchia dedicata a San Giovanni Paolo II e sorgerà anche grazie alla generosità dei parrocchiani di Palmi in Calabria. Il progetto guardato con favore dal presidente Raul Castro è stato fortemente voluto dall’arcivescovo locale il card. Jaime Lucas Ortega y Alamino. Il porporato ha affidato l’incarico di trovare i fondi al parroco di Palmi don Pasquale Pentimalli, intervistato da Sergio Centofanti:
D. – Lei sta facendo qualcosa di molto particolare qui a Cuba?
R. – Sì, sto collaborando con il cardinale Ortega alla realizzazione della prima chiesa per la quale il governo ha dato la concessione: dopo 50 anni! Questa chiesa sarà parrocchia in una zona periferica de L’Avana, dove vivono oltre 50 mila abitanti, senza chiesa e senza prete… sarà dedicata a Giovanni Paolo II. Sono due anni che lavoriamo per la realizzazione di questa chiesa, in collaborazione con il cardiale, che ci tiene tantissimo. Anche lo Stato ci tiene, lo stesso Raoul Castro ha fornito gratuitamente il terreno, 5 mila metri di terreno… Non hanno voluto che venisse pagato. Tengono molto alla realizzazione di questa chiesa, perché Cuba si è aperta al mondo proprio dopo la venuta di Giovanni Paolo II, quando disse: “Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba”. Da allora qui è cominciata una rivoluzione... E oggi assistiamo ai frutti di questo invito profetico che Giovanni Paolo II ha fatto e che continua ad andare avanti grazie al cardinale Ortega e grazie a Papa Francesco, che a Cuba darà ancora maggiore slancio a questo dialogo tra Cuba, la Chiesa e il mondo.
D. – A che punto è la realizzazione di questa chiesa?
R. – Abbiamo dato inizio ai lavori, abbiamo posto la prima pietra ed ora stiamo andando avanti… Il problema a Cuba è un po’ delicato, perché dipende tutto dallo Stato: il materiale, gli operai… Quindi bisogna seguire una trafila burocratica enorme! Per piccole cose, i lavori si fermano e quindi ci vuole una pazienza certosina per poter proseguire, per poter andare nei vari uffici per i permessi. Quindi la costruzione stenta: sono due anni ormai che lavoriamo, ma in questo momento i lavori si sono fermati perché manca una ruspa… In tutta L’Avana hanno tre ruspe, che sono dello Stato: non si trova un momento per mandarle lì, perché devono spianare un po’, muovere un po’ di terra…. E non trovano una ruspa disponibile per fare questo. Le dico questo per spiegarle quanto sia complicato e difficile qui a Cuba lavorare, fare qualche lavoro. Ci stiamo comunque impegnando con tutte le nostre forze per realizzare questa chiesa: il cardinale, la Curia, noi che raccogliamo i soldi, il governo, anche Castro che ha dato il terreno… Il presidente domanda anche al cardinale a che punto siano i lavori di questa Chiesa.
D. – Quindi lei sta imparando a conoscere anche i fedeli cubani, i cattolici cubani…
R. – Ormai sono quattro volte che vengo qui. La prima volta che sono venuto qui sono rimasto molto turbato. Turbato dalla miseria: dalla miseria spirituale di questo popolo, dalla miseria materiale, la fame che vedevo in giro, ma anche dalla miseria morale. Questo non dobbiamo nasconderlo… Quando ho visto questa situazione di miseria presente a Cuba - la prima volta sono venuto per quindici giorni di ferie, era inverno, mi avevano invitato. Qui è sempre estate, il mare è bello… - sono rimasto colpito e ho detto: “Non posso tornare a casa senza aver fatto qualcosa per questo popolo e soprattutto per questa Chiesa che ha tanto bisogno. Sono andato dal cardinale e il cardinale mi ha parlato di questo progetto. Allora io ho detto: “I soldi per la costruzione di questa chiesa te li do io”. Il cardinale è stato felice, perché non aveva soldi per costruirla, ed è rimasto colpito da questo slancio di generosità. Subito è nata un’amicizia e quindi una collaborazione per questa costruzione. Speriamo l’anno prossimo di poterla inaugurare… Bisogna purtroppo usare il condizionale, perché qui per far muovere una cosa ci vuole molto, molto tempo.
D. – E i suoi parrocchiani di Palmi che dicono?
R. – Sono contenti di poter collaborare alla costruzione di una chiesa in una nazione così bisognosa di aiuto. Seguono con interesse questa nostra iniziativa e collaborano per quanto è loro possibile, affinché si realizzi al più presto.
Telegramma Francesco a Obama: attendo con gioia visita negli Usa
Nella parte finale del sorvolo verso Cuba, Papa Francesco ha inviato un telegramma al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. "Anticipando con gioia la mia visita negli Usa - scrive Francesco - prego affinché pace e benessere fioriscano nella nazione americana". Il Pontefice ha inoltre indirizzato un telegramma al governatore generale delle Bahamas-Nassau, la signora Marguerite Pindling, augurando al suo popolo pace e benessere.
Mons. Figueiredo: Usa pronti a lasciarsi sorprendere da Francesco
Negli Stati Uniti cresce l’attesa per l'arrivo di Francesco. Il Papa arriverà martedì 22 settembe a Washington: fitto il calendario degli incontri dal colloquio con il presidente Obama agli interventi al Congresso Usa e alle Nazioni Unite dove è in corso la 70.ma Assemblea Generale che sta programmando l’agenda dei prossimi 15 anni. Il viaggio del Papa terminerà a Philadelphia con l’Incontro mondiale delle famiglie. Tra gli eventi centrali anche quello con i vescovi degli Stati Uniti d’America nella Cattedrale di San Matteo a Washington. Sulle attese per questo viaggio, il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha parlato con mons. Anthony J. Figueiredo direttore spirituale del Pontificio Collegio Americano del Nord:
R. - Penso certamente che il Papa affronterà tanti temi soprattutto la gioia del Vangelo, l’evangelizzazione, andare, uscire verso le periferie specialmente verso i poveri di spirito. Ci saranno alche altri temi come quello sociale, l’immigrazione, la cura del Creato. Ma allo stesso tempo penso che lui lancerà una sfida ai vescovi, ai preti: essere veri pastori che rimangono - secondo la sua famosa espressione – “con l’odore delle loro pecore”.
D. - Essere veri pastori comporta anche la missionarietà, la testimonianza…
R. - La sfida più importante che questo Papa lancia è quella di passare da una pastorale di conservazione dove noi rimaniamo delle nostre chiese, nelle nostre cattedrali e la gente viene da noi, ad una pastorale di evangelizzazione. Noi dobbiamo uscire perché la prima missione della Chiesa, come ha fatto Gesù – stiamo seguendo le sue orme – è di andare dalla pecora perduta e chiamarla per entrare nella Chiesa.
D. – Il Papa andrà a Philadelphia per l’Incontro Mondiale delle Famiglie. Quanto è importante il sostegno alle famiglie negli Stati Uniti in questo momento?
R. - Siamo contentissimi che il Papa andrà a Philadelphia, perché oggi ci sono tante sfide riguardo la famiglia, dal matrimonio, alla composizione della famiglia ... Credo profondamente che la sfida sia quella di incoraggiare la famiglia composta da un padre, da una madre, dai figli, incoraggiare a compiere questa scelta, sostenerla perché è una cellula fondamentale per la società, che dà tanti frutti per tutti anche per la chiesa, come le vocazioni ...
D. - Un’altra realtà è quella dei migranti. Cosa sta facendo la chiesa negli Stati Uniti e cosa vi aspettate su questo tema dal Papa?
R. – Ci sono undici milioni di migranti non regolari negli Stati Uniti ad oggi; ogni anno ne arrivano 300 mila. Che cosa dobbiamo fare? Penso che la prima cosa sia rispettare e accogliere perché ogni persona ha una sua dignità. Loro vengono per cercare lavoro, per sostenere le loro famiglie, tutti vogliamo questo! Allo stesso tempo è vero che lo Stato ha il compito di proteggere le frontiere, ma prima deve venire sempre la persona con la sua dignità, specialmente coloro che sono i più deboli e credo che oggi siano i migranti.
D. - Nella sua ultima Enciclica Laudato si', il Papa parla della cura del Creato. In che modo i vescovi sono impegnati su questo tema negli Stati Uniti?
R. – Questa Enciclica è stata una cosa molto bella, perché ci chiama! Tanti vescovi oggi stanno predicando, stanno scrivendo, hanno partecipato a questa prima giornata del Creato il primo settembre. Anche il presidente della Conferenza episcopale, mons. Kurtz, ha detto di vedere tutto questo come un dono. Questa è la gratuità di Dio. Allora oggi bisogna proteggere questa creazione per contemplare Dio e per i nostri figli e per il loro futuro. Oggi i vescovi fanno questo.
D. – Una piaga che ha colpito gli Stati Uniti è stata quella della pedofilia. Papa Francesco è stato coraggioso e risoluto …
R. – Coraggioso, Papa Francesco, anche seguendo Papa Benedetto. E’ vero: certamente è una piaga enorme che ha ferito anche la società nel suo insieme; ci sono ancora le conseguenze di queste piaghe. Papa Francesco ha già rimosso due vescovi di diocesi molto, molto importanti: ha dato un segno molto importante in merito al fatto che siamo seri al riguardo.
D. - Che cosa si attendono i vescovi degli Stati uniti dal Papa?
R. - Siamo veramente in grande attesa. È il quarto Papa che si reca in visita negli Stati Uniti e chi viene qui lascia sempre la sua impronta. Questo Papa ci sorprende. Allora, lasciamoci sorprendere da Papa Francesco e non saremo delusi.
Mons. Feroci: apertura Porta Santa della Carità segno di misericordia
Tra gli eventi centrali del Giubileo della Misericordia ci sarà, il prossimo 18 dicembre, anche l’apertura da parte di Papa Francesco della Porta Santa della Carità nell’ostello della Caritas diocesana di Roma. Si tratta di una preziosa struttura accanto alla stazione Termini che offre assistenza a poveri, immigrati e senza fissa dimora. Sulla Porta Santa della Carità, Federico Piana ha intervistato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma:
R. – L’apertura della Porta Santa della Carità mi sembra che faccia comprendere sempre di più quello che significa entrare dentro la Porta Santa della misericordia. E Papa Francesco mi sembra che voglia dirci che la Porta Santa significa porta della disponibilità, della solidarietà, dell’amore, la porta dove i poveri sono accolti e vivono, perché lì si incontra Cristo, si incontra il Signore. E allora è come se volesse dirci: “Guardate, il segno significativo del gesto che si fa nell’entrare nella porta della cattedrale è incontrare il Signore, ma il Signore voi oggi lo avete ancora in mezzo a voi e qualunque cosa farete al più piccolo dei vostri fratelli, l’avrete fatto a me”.
D. – Ci racconta cosa si fa in questo ostello di via Marsala a Roma?
R. – E’ iniziato nel 1987. Lì noi abbiamo, in questi ultimi anni, riqualificato tutta la struttura: c’è un ostello che avrà 188 posti; abbiamo una mensa che normalmente distribuisce 500, 600 pasti al giorno; un centro d’ascolto e un diurno. Accanto a questa realtà, sempre in via Marsala, noi abbiamo il poliambulatorio dove tantissime persone possono accedere.
Migranti: tragedia a Lesbo, ancora arrivi da Balcani e Mediterraneo
Ancora una tragedia di migranti nel mare della Grecia, dove nella notte è affondato un barcone. Intanto, non si arresta il flusso di immigrati via terra attraverso la rotta balcanica, e via mare, nel Mediterraneo. C’è anche il cadavere di una donna tra gli oltre 4 migranti migranti soccorsi, in queste ultime ore, nel Canale di Sicilia. Purtroppo, inoltre, almeno 13 migranti sono morti questa mattina dopo che il barcone sul quale viaggiavano si è scontrato con un traghetto al largo della città portuale turca di Canakkale. La cronaca nel servizio di Elvira Ragosta:
Il barcone affondato la notte scorsa nei pressi dell’isola greca di Lesbo viaggiava con 46 migranti. Circa 30 i dispersi, tra cui ci sarebbero anche dei bambini. La guardia costiera ellenica cerca i sopravvissuti della seconda tragedia avvenuta nelle acque, dove ieri, per l’affondamento di un’altra imbarcazione, ha perso la vita una bimba di 5 anni. Prosegue, intanto, l’afflusso lungo la rotta balcanica. In Ungheria è stato riaperto al traffico, dopo giorni di chiusura, il valico di Horgos 1, alla frontiera con la Serbia, bloccato nei giorni scorsi dal governo di Budapest con ferro e filo spinato. Resta, invece, ancora chiuso il secondo e più piccolo valico, ma le barriere ungheresi ha fatto spostare i flussi verso Croazia e Slovenia.
Secondo i media croati sono centinaia le persone ammassate alla frontiera in attesa di raggiungere la Slovenia, per poi proseguire in Austria, dove, nella sola giornata di ieri, secondo la Croce rossa, sono stati registrati circa 13.000 arrivi e 7.000 sono attesi entro oggi, ma le autorità austriache hanno chiuso nella notte il valico al confine di Spieldelf. Neppure si arresta l’esodo di profughi e migranti via mare dalla Libia verso il Canale di Sicilia: oltre 4300 le persone soccorse da ieri nelle operazioni condotte da navi italiane ed europee sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana. Viaggiavano a bordo di 12 gommoni e 8 barconi. Tra loro ci sarebbe anche una vittima: una donna, probabilmente incinta.
Elezioni in Grecia: incertezza sull'esito del voto
La Grecia alle urne oggi per la terza volta nel 2015. Le elezioni anticipate saranno una sorta di referendum sull’operato del premier uscente, Alexis Tsipras. I sondaggi prevedono un testa a testa tra il partito di Tsipras, Syriza, e i conservatori di Nea Democratia, anche se probabilmente non ci sarà un trionfatore e sarà necessario un governo di coalizione. "Abbiamo molta fiducia in queste elezioni", ha affermato il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, che ha aggiunto: "Da lunedi', non appena si sarà formato il nuovo esecutivo, siamo pronti a collaborare per implementare il programma e riformare l'economia greca". Ma quali sono le principali sfide future del governo che uscirà fuori dalle elezioni e quali le conseguenze sociali della crisi economica e politica nel Paese? Elvira Ragosta lo ha chiesto al giornalista di Atene, Ioannis Chrysafis:
La sfida principale - che ha anche una data, il 15 di ottobre - per il nuovo governo sarà affrontare un grande numero di decisioni legislative che riguardano il memorandum, che è stato anche la causa di queste elezioni: cioè, votare la diminuzione delle pensioni, le tasse anche agli agricoltori, decidere sui nuovi limiti di età per la pensione. Sono misure molto gravi per la popolazione. Il problema è se il governo che verrà eletto avrà la maggioranza assoluta - cosa che non si prevede - per prendere queste decisioni, o se ci sarà un governo di alleanza fra il primo e uno o due partiti minori per formare il governo. Una grande coalizione come quella che c’è in Germania, tra i due grandi partiti, in Grecia non si prevede.
D. – Dal punto di vista sociale, circolano dati sulle difficoltà provocate in Grecia dalla crisi economica, dalla crisi politica. Secondo alcuni dati, dal 2010 al 2014 ci sarebbero stati aumenti del 270 per cento dei casi di depressione e aumenti anche nei casi di suicidi…
R. – Le conseguenze di questa crisi economica si registrano su molti aspetti. La depressione non so a quanto arrivi ma vedo che parecchi miei concittadini la registrano. Per quanto riguarda i suicidi, sì, c’è stato un aumento del 41 per cento dal 2010, cioè prima della crisi, e secondo il Forum per la prevenzione dei suicidi, la crisi si presta a creare queste situazioni ma sono fenomeni che non possono essere legati solo alla crisi...
D. – Un altro problema è quello legato al tasso di disoccupazione e soprattutto alla disoccupazione giovanile. Che tipo di andamento si è verificato?
R. – L’ultimo dato che abbiamo ufficiale del 25 per cento si è duplicato durante il periodo di crisi ma quello che è più preoccupante è che per quanto riguarda i giovani è del 50 per cento. Addirittura tra le ragazze si registra il 55 per cento.
D. - Questi dati portano con sé una serie di altri dati, come il crollo del reddito medio delle famiglie… Soprattutto quanti sono i cittadini che vivono adesso sotto la soglia della povertà in Grecia?
R. – Due milioni circa di greci vivono sotto la soglia della povertà secondo dati provvisori ma anche quelli che lavorano e che prendono la pensione hanno visto dei cali enormi; per le pensioni c’è stato un calo del 40 per cento.
D. – In questo periodo di crisi sono diminuite anche le prestazioni sanitarie a favore della popolazione?
R. - No, per legge in Grecia l’assistenza sanitaria viene data a tutti i cittadini. Quello che è successo è più che altro che c’è un calo della qualità dei servizi non del personale medico.
Nasce museo sui migranti dedicato alla famiglia Bergoglio
E' nato a Portocomaro d'Asti, il paese degli avi del Papa, il Centro studi e ricerche sull'emigrazione intitolato alla famiglia Bergoglio. L’istituto ha raccolto e messo insieme le storie di cinque famiglie, tra le quale quella del nonno del Santo Padre che, tra i primi del Novecento e gli anni Cinquanta, sono partite per il Sud America in cerca di fortuna. Al microfono di Francesca Di Folco ha spiegato in cosa consiste l’allestimento museale, la presidente dell'associazione "Asti ali e radici-Astigiani nel mondo", Manuela Bocco Ghibaudi:
R. – Noi abbiamo fatto da circa due anni una serie di studi su quello che è stato il fenomeno dell’immigrazione piemontese dai primi del ‘900. Così abbiamo riassunto tutti i nostri studi in pannelli che riportano sia una visione storica di quella che è stata l’emigrazione piemontese sia storie vissute di cinque famiglie, con le quali avevamo preso contatti, che ci hanno mandato tutto il loro materiale a disposizione, che possono essere biglietti, lettere, fotografie, quindi documenti cartacei. E poi c’è un piccolo angolo, invece, dedicato agli oggetti usati in quell’epoca, le valigie, la biancheria intima o comunque il corredo che veniva portato durante il viaggio. Il nostro compito, quindi, era proprio quello di rappresentare il viaggio.
D. – Quali sono le finalità del centro?
R. – Il centro parte da un discorso di memoria, quindi di recupero delle radici del passato, per poi aprirsi ad un discorso di proposta e di accoglienza. Noi vorremmo in qualche modo raccontare una storia che è stata vissuta dalle nostre generazioni precedenti: le loro emozioni, le loro sensazioni, le paure, tutto ciò che hanno dovuto vivere, lasciando la propria terra e non sapendo poi cosa avrebbero trovato, per creare una affinità e una proposta di accoglienza verso il problema attuale delle migrazioni, quindi verso tutte quelle persone che attualmente stanno vivendo questa situazione di grande disagio. Ricollegandoci ai luoghi di Papa Bergoglio, perché il piccolo centro è stato creato ai piedi di Bricco Marmorito, la località dove è nata la famiglia Bergoglio - il nonno del Papa è proprio vissuto a Bricco Marmorito, nel Monferrato – e il nostro punto di riferimento è la famiglia Bergoglio, che per noi è stata la prima a darci lo spunto per iniziare questo studio, il nostro obiettivo era quello di fare in modo che turisti e pellegrini, che venissero in visita, di queste zone, potessero trovare un luogo dove fosse possibile incontrare una riflessione su quello che è stata l’emigrazione piemontese e astigiana.
D. – Il Museo ha visto il coinvolgimento dell’Università di Torino…
R. – Abbiamo proposto al dipartimento, alla Facoltà di Scienze dell’Educazione e di Filosofia, di poter collaborare con noi e abbiamo avuto la possibilità di avere una laureanda che ha preparato la sua tesi sul nostro Museo. Infatti, il materiale è stato da lei catalogato, raccolto, analizzato. Continueremo, comunque, il percorso di studi, perché il Museo è stato appena aperto, ma in realtà c’è ancora molto da poter comunicare. Quindi un piccolo spazio, una prima parte, è stata allestita e l’obiettivo è quello di andare avanti nello studio, proprio creando un collegamento con il territorio. E l’Università ha accolto subito questa proposta, perché tra i suoi obiettivi c’è anche quello di essere presenti sul territorio con delle attività concrete.
D. – Una riflessione finale ci consente di aggiungere che il Museo è stato realizzato completamente senza finanziamenti pubblici e quindi soltanto grazie al vostro contributo volontario…
R. – Sì, è proprio così. Infatti, adesso il Museo per poter andare avanti ha bisogno – se riusciamo ad ottenere dei contributi europei - di presentare comunque dei progetti, proprio perché ci sono delle spese vive che dobbiamo assorbire, anche soltanto per mantenerlo aperto, per creare dei progetti di collaborazione con le scuole primarie e secondarie di primo grado sempre in tema di emigrazione. E’ chiaro, quindi, che c’è bisogno, per poter continuare in questa attività, di avere dei piccoli finanziamenti. Finora, comunque, è stato fatto tutto con un gruppo di volontari – una ventina – molto desiderosi di trasmettere un po’ della loro storia, un po’ dei nostri vissuti a chiunque abbia voglia di venirci a trovare.
Ad Assisi, convegno su atleti non udenti
90 anni d’amore e d’impegno verso coloro che pur non avendo il dono dell’udito e della parola, si sono distinti in discipline sportive arrivando anche a livelli molto alti. E’ stato ricordato, ieri pomeriggio, con un convegno all’Istituto Serafico di Assisi l’anniversario della fondazione della Società Sportiva Silenziosa. L’incontro, promosso dal Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, ha avuto come filo conduttore il tema "L’amore è sordo. Il cammino verso l’integrazione sociale". Il servizio di Marina Tomarro:
“Sono 45 anni che mi occupo di atleti sordi, e i nostri ragazzi si sono sempre distinti in tutte le discipline portando a casa ogni volta risultati eccellenti di cui l’Italia deve andare fiera ma che purtroppo conosce poco”: così Giacomo Brambilla, presidente della Società Sportiva Silenziosa, racconta attraverso il linguaggio dei segni l’importanza di questa realtà fondata nel 1925. Una disabilità difficile, quella della sordità, perché porta a un isolamento dal mondo esterno. E l’incontro è stato anche l’occasione di un dono all’Istituto Serafico da parte dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio: il duetto, un tandem speciale perché insieme alla bicicletta c’è una carrozzina per bambini disabili. Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico:
R. – Si tratta di un ausilio speciale, di quelli che consentono di aprire nuove finestre sul mondo e quindi di spalancarne altre. Quando a causa di un limite si chiude inesorabilmente una finestra sulla vita, siamo pronti ad aprirne altre. Questa volta lo abbiamo fatto grazie a questo contributo alla sensibilità.
D. – In che modo i ragazzi vengono aiutati ad aprirsi verso gli altri?
R. – Sono loro ad insegnarci ad aprirci verso gli altri, perché loro non sopravviverebbero senza la relazione e senza un ‘altro’ vicino. Però, noi lavoriamo con tutti gli strumenti che, al di là della riabilitazione ordinaria, consentono di aprirsi alla comunicazione.
D. – Nel 2013, la visita di Papa Francesco: cosa è rimasto di quella giornata?
R. – E’ rimasto non solo il ricordo nel nostro cuore: ha rinnovato la nostra missione. Lui ha abbracciato ogni ragazzo, e in quell’abbraccio si è verificato qualcosa di straordinario: mentre lui riconosceva il figlio, i nostri ragazzi – che per lo più sono molto gravi: per noi era difficile che potessero comprendere la presenza del Padre – in quell’abbraccio hanno riconosciuto il Padre: ognuno …
Questo convegno è stato promosso nell’ambito del pellegrinaggio internazionale ad Assisi dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio. Ascoltiamo il Gran Maestro, il principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie:
“Per l’Ordine Costantiniano di San Giorgio ha un significato molto importante. Prima di tutto, in questo luogo di spiritualità e di aiuto umanitario ci dà l’occasione di incontrarci a livello internazionale, e devo dire che ritrovarsi ad Assisi fa anche parte degli Statuti del nostro Ordine che parlano della propagazione della fede e del servizio al prossimo”.
Giornata Alzheimer. Porro: attuare subito piano nazionale
Domani scienza e società celebrano la Giornata mondiale dell’Alzheimer, malattia che va di pari passo all’invecchiamento della popolazione e la cui incidenza raddoppia ogni 20 anni. L’ultimo Rapporto Mondiale stima che su circa 47 milioni di persone affette da demenza, il 60 per cento siano colpite da Alzheimer ovvero dalla morte delle cellule cerebrali e delle relative funzioni cognitive. Non c’è ancora una cura, ma la scienza lavora alla prevenzione attraverso markers nel sangue. Intanto, occorre sostenere le famiglie con comunità solidali e reti di servizi, come spiega Gabriella Salvini Porro presidente della Federazione Alzheimer Italia. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
R. – Siamo di fronte ad una malattia veramente devastante, che non può essere solo a carico delle famiglie. E i costi di questa malattia sono impressionanti: attualmente nel mondo sono 818 miliardi di dollari. Costi medici, costi di farmaci, dell’assistenza, della perdita di lavoro…
D. – Che cosa perde un malato quando si ammala, cosa perde la famiglia?
R. – Perde la memoria, perde l’orientamento, perde le capacità di compiere gli atti quotidiani della vita. Quindi ci deve essere di fianco al malato di Alzheimer sempre qualcuno che lo fa per lui.
D. – C’è stato un miglioramento nel tempo riguardo all’assistenza?
R. – Un pochettino… Ma non è sufficiente! Dal punto di vista italiano quello che chiediamo è di mettere in atto quel Piano Nazionale Demenze presentato lo scorso dicembre, ma di metterlo veramente in atto, quindi finanziarlo in modo da poter concretamente aiutare questi malati.
D. – Quali sono i punti forti del Piano?
R. – Uniformare l’assistenza nelle varie regioni, dare un punto di riferimento comune in Italia. Quello che occorrerebbe per i malati non sono tanto e solo delle strutture per ricoverarli, ma una rete di servizi che li possa assistere durante tutto il lungo periodo: ricoveri di sollievo, assistenza domiciliare, centri diurni… Ci sono tante possibilità!
Kerry: Assad lasci dopo negoziato, nuovi violenti scontri ad Aleppo
“Il leader siriano Bashar al Assad deve lasciare, ma non necessariamente subito, piuttosto dopo un negoziato”. Lo ha detto - riporta Al Jazeera - il segretario di Stato statunitense, John Kerry, secondo cui l’uscita di scena del presidente siriano non deve avvenire "in un giorno o mese preciso", ma al termine di "un processo" in cui "tutte le parti in causa" si mettano d'accordo. La Siria, oltre alle violenze e all’occuopazione dei miliziani dell’autoproclamato Stato islamico, è funestata anche da una guerra civile che si protrae ormai da 4 anni.
Negli ultimi scontri avvenuti oggi tra governativi e forze di opposizione ci sarebbero anche 7 bambini tra i 14 civili uccisi a causa dei bombardamenti dei ribelli alla periferia di Aleppo, in una zona controllata dalle forze militari del governo. Le cifre, rese note dall'agenzia di Stato siriana, sono state confermate anche dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong basata a Londra che riceve notizie dagli attivisti sul terreno. Intanto, sempre secondo l’Osservatorio siriano, un gruppo di 75 ribelli addestrati dagli Stati Uniti nell’ambito coalizione in Turchia sono entrati nel Nord della Siria. I ribelli, addestrati in un campo vicino ad Ankara, hanno raggiunto la provincia di Aleppo tra la notte di venerdi' e sabato. (E.R.)
Chiesa ceca: massimo aiuto e sostegno per i migranti
“Siamo pronti ad aiutare i migranti, offrendo il nostro massimo aiuto e sostegno nei limiti delle nostre capacità”: è quanto si legge in una nota diffusa dalla Conferenza episcopale ceca in merito all’attuale flusso di migranti e rifugiati verso il Paese. “Rispettiamo pienamente il ruolo dello Stato e il suo primato nel processo di accoglienza e di integrazione dei rifugiati – sottolineano poi i presuli, citati dall’agenzia Sir - e siamo coscienti del fatto che non è possibile ignorare la legislazione in materia di immigrazione e sicurezza”. Tuttavia, i vescovi ribadiscono di voler offrire il massimo aiuto possibile.
Un sito web interamente dedicato alle questioni migratorie
A tale scopo, l’ufficio nazionale della Caritas ha ricevuto il compito di creare un nuovo sito Internet dedicato alle questioni migratorie che verrà lanciato entro il 24 settembre. “Siamo grati per le preghiere di tutti i cristiani e le persone di buona volontà - scrivono i presuli - e vogliamo esprimere la nostra gratitudine ai fedeli per il loro approccio attivo e positivo, il loro coraggio e la loro volontà di aiutare la gente che si trova in situazioni di crisi”. Di qui, l’invito a fornire sostegno concreto anziché perdersi in “tediosi dibattiti passivi”.
Verificare le informazioni e non assecondare posizioni radicali
Dal suo canto, il card. Dominik Duka, presidente della Conferenza episcopale locale, sottolinea la necessità di verificare ogni informazione sul fenomeno delle migrazioni e mette in guardia i cittadini dal rischio di assecondare “posizioni irrazionali dei radicali”. (I.P.)
Distrutta ad Aden la chiesa costruita dal cardinal Massaja
Ad Aden, dove infuria da anni il conflitto tra gli sciiti (huthi) e i sunniti, è stata bruciata la chiesa della Sacra Famiglia fatta costruire dal famoso missionario Guglielmo Massaja allorché quella missione fu annessa al Vicariato Apostolico dei Galla (Etiopia) che gli era stato affidato nel 1846 da Papa Gregorio XVI. Quando il grande missionario arrivò nella città yemenita, la missione era stata aperta da appena cinque anni dallo spagnolo padre Antonio Bonajunta Foguet, dei Servi di Maria, che ve l’aveva trasferita da Gedda, ed era composta da una capanna per il missionario e da una cappella in cui celebravano l’Eucaristia i missionari diretti in Oriente. Poco dopo vi fu costruita una seconda cappella, dedicata alla Madonna Addolorata, dal confratello padre Marco Gradenigo, con il quale finì la presenza dei Servi di Maria ad Aden. Essi furono sostituiti da un sacerdote genovese, don Luigi Sturla, con il quale il Massaja decise di costruire una chiesa più grande, affidandone la direzione a un suo confratello, fra Pasquale da Duno, che in poco più di un anno costruì quella dedicata alla Sacra Famiglia a tre navate, “solida, ma non bella”, scrisse un missionario.
Essa non poté essere consacrata dal Massaja perché indaffarato a trovare un via per penetrare nel suo Vicariato, dove giunse dopo sei anni di tentativi, narrati da lui stesso nell’opera “I miei 35 anni di missione nell’Alta Etiopia”. A causa della guerra, dallo Yemen sono partiti quasi tutti cattolici (gli indiani sono stati richiamati dal governo, compresi i sacerdoti); i pochi rimasti sono assistiti da fr. Thomas A. Kizhake Nellikunnel e da fr. George Muttathuparambil, ambedue salesiani indiani. Sono restate, invece, tutte le suore di Madre Teresa, che sono 22, distribuite in quattro case – Sana’a, Hodeida, Taiz e Aden – per assistere malati mentali. (A cura di padre Egidio Picucci)
Burkina Faso: proteste contro il golpe durante i negoziati
In Burkina Faso, una serie di scontri tra sostenitori e oppositori della giunta golpista sarebbero scoppiati stamattina davanti all’hotel principale della capitale Ouagadougou, dove sono ancora in corso i negoziati tra le parti e i mediatori regionali. La giunta militare che ha preso il potere nel Burkina Faso sarebbe disposta a consentire il ritorno di un governo di transizione. Lo ha annunciato nella tarda serata di ieri il presidente del vicino Benin, Thomas Yayi Boni, al termine dei colloqui di ieri, in qualità di mediatore regionale nella crisi. A fianco del presidente del Benin, durante l'annuncio, è comparso il presidente ad interim del Burkina Faso, Michel Kafando, arrestato dai militari mercoledì e rilasciato due giorni dopo. Non sono ancora chiare le condizioni alle quali la giunta militare, guidata dal generale Gilbert Diendere, vicino all'ex presidente Blaise Compaoré, acconsentirà a riconsegnare il potere nelle mani di un governo civile. Maggiori dettagli sono attesi in una conferenza stampa che potrebbe essere convocata nelle prossime ore dai mediatori.
Resta l’incognita anche sullo svolgimento delle elezioni, previste per il prossimo 11 ottobre e convocate lo scorso anno, dopo che l’ex presidente Blaise Compaoré era stato costretto a lasciare il potere, dopo 27 anni, da una serie di manifestazioni dell’opposizione, mentre Michel Kafando era stato designato presidente ad interim e avrebbe dovuto guidare il Burkina Faso fino alle nuove consultazioni elettorali. (E.R.)
Congo: inaugurata Università cattolica a Kasenga
“Porre l’accento, in particolare, sulla promozione dei valori cristiani”: questa l’esortazione di mons. Fulgence Muteba, vescovo di Kilwa-Kasega, intervenuto nei giorni scorsi all’inaugurazione della nuova Università cattolica locale, nella Repubblica democratica del Congo. L’ateneo, situato nella provincia di Haut-Katanga, è stato intitolato a Katumba Mwanke, famoso politico congolese deceduto nel 2012, mentre mons. Muteba ne è stato nominato cancelliere.
Obiettivo dell’ateneo: formare tecnici nel settore dello sviluppo
Pensata e voluta dalla Chiesa locale, la nuova Università si pone come centro di formazione vicino ai giovani dell’ambiente rurale: l’obiettivo, infatti, è quello di formare tecnici nel settore dello sviluppo, tanto che le prime Facoltà in essa presenti sono il Politecnico e Scienze economiche.
Cappellania affidata ai monaci benedettini
Oltre agli edifici che ospitano gli uffici amministrativi e le aule, il nuovo ateneo comprende una biblioteca, due case per studenti, alloggi per docenti e visitatori ed un “villaggio digitale” con connessione Internet ad alta velocità. Non manca, infine, la cappellania universitaria, affidata ai monaci benedettini. (I.P.)
Regno Unito: 44 teologhe e laiche scrivono libro sulla famiglia
Un contributo al femminile ai dibattiti del prossimo Sinodo sulla famiglia. Questo vuole essere il libro “Catholic Women Speak: Our Gifts to the Table” (“Le donne cattoliche parlano”) che sarà presentato il primo ottobre a un simposio organizzato presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma dall’Università di Roehampton a Londra, in collaborazione con la rivista cattolica inglese “The Tablet” e l’ambasciata del Regno Unito presso la Santa Sede.
Un contributo femminile alle riflessioni sulla famiglia al centro del Sinodo
Il volume è pubblicato dal Catholic Women Speak Network, forum online per il dialogo teologico promosso dal Digby Stuart Research Centre for Religion, Society and Human Flourishing dello stesso ateneo cattolico inglese. Si tratta di una raccolta di saggi e testimonianze di 44 teologhe di fama internazionale e laiche da diversi Paesi del mondo che raccontano le loro storie personali di fede. Tra queste le italiane Cettina Militello, teologa e membro del direttivo della Pontificia Accademia Mariologica Internazionale, e Lucetta Scarafia, storica e giornalista. L’assunto di fondo delle autrici è che le donne possono dare un contributo fondamentale alle riflessioni sulla famiglia al centro del Sinodo di ottobre. I loro approfondimenti teologici e considerazioni personali vogliono quindi offrire uno spunto di riflessione per i Padri sinodali.
Le riflessioni del volume al centro di un simposio il primo ottobre all’Antonianum
Queste riflessioni saranno al centro del simposio all’Antonianum. Oltre alle autrici, all’evento interverranno Mary McAleese, ex presidente della Repubblica d’Irlanda, e Catherine Pepinster, giornalista del Tablet. (L.Z.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 263