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Sommario del 19/09/2015
- Papa Francesco in volo verso Cuba come missionario della misericordia
- Il Papa alle “Scholas occurrentes”: siate leader di un mondo migliore
- Papa a Cuba. Card. Ortega: attenuazione embargo, segno straordinario
- Prof. Baggio: visita Francesco svolta importante per Cuba
- Card. Wuerl: negli Usa, il Papa richiamerà a testimonianza Vangelo
- Papa negli Usa. P. Christensen: segno di speranza per tutti
- Telegrammi di Papa Francesco ai Paesi sorvolati
- Francesco incontra la famiglia siriana ospitata in Vaticano
- Papa a consacrati riuniti a Budapest: siate come Buon Samaritano
- A San Miniato la Beatificazione del vescovo Del Corona
- Incontro giovani consacrati: serata di testimonianze e musica
- Rinunce e nomine
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Centinaia di migranti tratti in salvo a largo della Libia
- L'Unione Africana sospende il Burkina Faso per il golpe
- Bambini e beni culturali: le iniziative del Parlamento europeo
- Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della domenica
- Europa. Comece e Kek: procedure di asilo eque per i rifugiati
- Festa San Gennaro. Card. Sepe: basta sangue e violenza
- Canada. Suicidio assistito, il no dei vescovi: uccidere è immorale
- Giappone: no della Chiesa a nuova legge su interventi militari all’estero
- India: suora carmelitana uccisa in Kerala
- Vescovi africani: no alle colonizzazioni ideologiche
Papa Francesco in volo verso Cuba come missionario della misericordia
Papa Francesco è partito questa mattina, alle 10.32, dall'aeroporto di Fiumicino per il suo decimo viaggio internazionale, il più lungo del suo Pontificato: dieci giorni in tutto, tra Cuba e Stati Uniti. Prima tappa è L’Avana. Ieri sera, come di consueto, il Santo Padre si era recato in visita in forma privata, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, per un momento di preghiera. Il servizio del nostro inviato a Cuba Sergio Centofanti:
Cubani grati a Papa Francesco
Ci sono grandi speranze per questa visita di Papa Francesco a Cuba: c’è nella gente il senso di una svolta, di qualcosa che può davvero cambiare. I cubani desiderano esprimere la loro gratitudine al Papa argentino che ha avuto un ruolo determinante nel riavvicinamento agli Stati Uniti. Obama e Raul Castro lo hanno già ringraziato. Cuba si sta aprendo al mondo e il mondo si sta aprendo a Cuba, proprio come aveva auspicato Giovanni Paolo II nel 1998. E’ un cammino graduale: e se ne vedono i segni.
Chiesa più libera
La Chiesa sta acquisendo spazi di libertà in una società che fino agli anni ’90 era ufficialmente atea. Ora sono tollerate, anche se non sono legali, alcune testate giornalistiche cattoliche, così come alcuni centri di formazione ecclesiale. Un tempo non era così. Anni di informazione e di educazione gestite in esclusiva dallo Stato comunista ha avuto i suoi effetti. Tra i cattolici, i praticanti sono appena il 2%, mentre i battezzati sono oltre il 60%. La religiosità popolare è rimasta forte nonostante tutto. Certo, c’è il sincretismo religioso, come il fenomeno della “santeria”, una mescolanza di credenze cristiane e riti ancestrali africani. Ma la Chiesa cubana, poco più di 300 sacerdoti per 11 milioni di abitanti, si fa vicina a questa sete di Dio. E si fa vicina ai poveri, che crescono, perché dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 è venuto a mancare il sostegno economico.
Crisi economica
Ora Cuba dipende dal petrolio del Venezuela, però la crisi di questo Paese non fa ben sperare. Sanità e istruzione sono ancora totalmente gratuite, ma di occupazione vera ce n’è sempre meno, mentre c’è tanto lavoro sommerso e l’ammirevole e creativa arte dell’arrangiarsi. E’ in calo anche il tradizionale export di zucchero, mentre resistono tabacco e nichel. Il turismo resta una delle voci forti dell’economia. Resta il fascino di un Paese meraviglioso per le sue bellezze naturali e per la popolazione ospitale. Caratteristica gradevole per i turisti ma molto inquinante è la presenza di tantissime auto americane degli anni ’50 che hanno fermato il tempo al 1962, anno dell’embargo Usa.
Il fenomeno dell’emigrazione
E Cuba approfitta delle sue bellezze con la doppia moneta: una per i residenti, assolutamente vantaggiosa, l’altra per gli stranieri, totalmente sfavorevole, con euro e dollaro che raggiungono la parità, ma a volte no, con la valuta cubana. Intanto le città sono da ricostruire. I palazzi diroccati da restaurare sono in ogni via, tuttavia mancano i soldi. Così i giovani hanno il sogno di emigrare, soprattutto negli Stati Uniti. In quasi 50 mila hanno lasciato il Paese negli ultimi tre mesi. Anche perché con il disgelo potrebbero finire tutti i sussidi di cui gli immigrati cubani godono negli Stati Uniti. E chi fugge spesso fa vivere chi resta grazie alle rimesse.
Missionario della misericordia
In questa situazione arriva Papa Francesco, come missionario della misericordia. Il Papa vuole incontrare la gente e come al solito ha rifiutato l’auto blindata e percorrerà le strade con un veicolo aperto. Porta la buona notizia dell’amore di Dio che è tenerezza ma è anche giustizia e libertà.
Il Papa alle “Scholas occurrentes”: siate leader di un mondo migliore
Cura dell’ambiente, leadership mondiale, educazione dei giovani e fine dell’embargo a Cuba: questi i temi toccati in un collegamento televisivo trasmesso ieri dalla Cnn con le “Scholas occurrentes” – la rete mondiale di istituti educativi nata su impulso del Papa – in cui Francesco ha risposto alle domande di due gruppi di studenti provenienti da Stati Uniti e Cuba, proprio alla vigilia del suo viaggio in questi due Paesi. Il servizio di Roberta Barbi:
La cura della casa comune
Rendersi conto dei problemi, piccoli e grandi, del proprio prossimo, partendo dal quartiere per poi allargare l’orizzonte alla propria città e alla nazione: è un richiamo alla responsabilità personale, quello che il Papa fa ai giovani delle "Scholas Occurrentes" che gli hanno chiesto cosa fare in tema di cura dell’ambiente. Francesco lo definisce “parte degli esclusi” che, come loro, “sta gridando affinché gli prestiamo attenzione”. Da qui l’invito a trovare indicazioni nell’Enciclica Laudato si' e a dare il proprio contributo, fondamentale anche se piccolo, perché “un poco più un altro poco, più un altro ancora” insieme possono salvare la nostra casa comune.
Essere leader di un mondo migliore
Sul tema della leadership, sollevato da una giovane cubana, il Papa ha ricordato che “un leader è buono se è in grado di far sorgere tra i giovani altri leader. Se un leader vuole essere l’unico leader, allora è un tiranno”. La vera leadership, per il Papa, è feconda, e i semi si trovano in ognuno di noi: “Siate leader in ciò che siete chiamati a essere, leader di pensiero e di azione – ha aggiunto – ma anche di allegria, di speranza, leader nella costruzione di un mondo migliore”. “Io non voglio essere un dittatore – ha precisato il Santo Padre – perciò mi piace seminare”.
La vita porta altra vita, la morte porta altra morte
La fotografia di un uccello posato su un albero morto, è per il Santo Padre l’occasione di parlare della “cura della vita”: “Quell’uccello, da qui a qualche mese, avrà bisogno di fare il nido – ha detto – ma se l’albero è morto, come potrà fare il nido?”. Questo è, dunque, ciò che accade quando non ci si prende cura del creato: “Una morte porta con sé un’altra morte, quindi, invece di seminare crescita, invece di seminare speranza, seminiamo morte – ha detto – la strada è inversa: prendersi cura della vita perché una vita porta con sé un’altra vita. La foto più bella sarebbe quella in cui c’è un albero vivo e un uccello vivo”. Oggi è questa la situazione: “Parte dell’umanità sta morendo, ma muore da sola e fa morire altri, non lascia che altri possano vivere”.
La questione dell’embargo a Cuba
Sulla necessità di porre fine all’embargo a Cuba, Francesco sottolinea l’importanza “di costruire ponti e di comunicare” perché la comunicazione è alla base dell’amicizia sociale. “La comunicazione sociale è una delle cose più belle”, ha sottolineato il Papa.
L’accesso all’educazione: un diritto fondamentale dei bambini
C’è spazio anche per il tema dell’accesso all’educazione: “È uno dei diritti umani”, per il Santo Padre, che evidenzia come i bambini abbiano anche il diritto di sorridere e, soprattutto, di giocare, perché il gioco è esperienza di socialità: “Parte dell’educazione è insegnare ai bambini a giocare perché attraverso il gioco s’impara l’allegria della vita”. Un diritto questo, però, che viene negato a tutti coloro che vivono dove c’è la guerra o in contesti in cui sono stretti dall’angoscia della fame, della solitudine e della strada. “Abbiamo perso la nozione della quantità dei ragazzi che non possono godere dell’allegria del gioco – ha insistito Francesco – questi ragazzi non hanno imparato a comunicare con l’allegria del gioco e sono preda dei trafficanti che li usano per la delinquenza giovanile, la droga, la prostituzione e tante altre cose”.
Il proiettile sotto l’ulivo, segno di pace
Al termine dell’incontro, è stato sotterrato ai piedi di un ulivo un proiettile che Francesco aveva mostrato agli studenti, donatogli da un ragazzo di un Paese in guerra ricevuto la mattina stessa: “Come un segno”, ha specificato il Papa. L’ulivo era stato simbolicamente piantato dai giovani dell'Avana e New York insieme e poi ripiantato a Roma. Nel congedarsi dagli studenti, il Santo Padre li ha benedetti, chiedendo loro di pregare per lui: “Non abbiate paura – ha concluso – la paura paralizza; il futuro è nelle vostre mani”.
Papa a Cuba. Card. Ortega: attenuazione embargo, segno straordinario
Ad accogliere il Papa a Cuba sarà, tra gli altri, il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo dell’Avana. Il porporato compirà in ottobre 79 anni: è stato un vero protagonista della storia della Chiesa cubana. Ha già ricevuto due Papi: nel 1998 Giovanni Paolo II e nel 2012 Benedetto XVI. Ha vissuto anni difficili: come sacerdote è stato internato in un campo di lavoro nel 1966, ma non ha mai rinunciato allo spirito del dialogo, dando il suo contributo al disgelo tra L’Avana e Washington. Adesso, proprio alla vigilia del viaggio di Papa Francesco, gli Stati Uniti hanno annunciato un altro passo verso l’abolizione dell’embargo che dura ormai da oltre 50 anni: sono state alleggerite alcune misure restrittive. Da lunedì prossimo sarà cancellato il tetto di 2000 dollari in tre mesi che gli immigrati cubani negli Usa possono inviare ai loro parenti nell’isola. Una vera boccata d’ossigeno per i tanti che qui fanno fatica a tirare avanti e vivono solo grazie alle rimesse. Saranno poi facilitati i servizi bancari, le transazioni finanziarie e i viaggi a Cuba dei cittadini americani, con la prospettiva di aprire imprese nell’isola. In questo contesto, il Papa si è presentato ai cubani con un videomessaggio semplice e profondo, invitando tutti ad affidarsi al tenero amore di Dio. Le parole del Papa sono state accolte con grande affetto e attenzione, come dice il cardinale Ortega al microfono del nostro inviato Sergio Centofanti:
R. - Tanta gente aspettava questo videomessaggio che è stato accolto con un silenzio rispettoso e profondo perché era un messaggio veramente del Vicario di Cristo che parla dell’amore, che parla dell’amore di Dio, che parla di Gesù. Ha detto ciò che noi aspettavamo. Tante volte si parla del Papa come il Sommo Pontefice, il Santo Padre, il capo della Chiesa cattolica, e la gente conosce l’importanza del Papa che ha una straordinaria autorità morale nel mondo, è ricevuto come nessun altro capo di Stato, ma questo Pontefice ha parlato col linguaggio di un prete, di un sacerdote che parla al popolo per dirgli l’essenziale.
D. – Nel videomessaggio il Papa utilizza una parola che ama molto: tenerezza. Spesso parla della rivoluzione della tenerezza. Come risuona questo appello a Cuba?
R. – Risuona bene perché questo nostro mondo qui ha bisogno di tenerezza e capisce cosa è la tenerezza. Quando si parla della tenerezza, a Cuba sempre si pensa alla madre e si capisce molto bene cosa è. Il fatto di dire che tutti dovremmo essere così, avere questa tenerezza per l’altro, nella famiglia, nella società, è molto importante ed è capito bene dalla gente.
D. - Proprio alla vigilia del viaggio di Papa Francesco a Cuba, gli Stati Uniti hanno deciso un alleggerimento delle sanzioni contro Cuba. Come giudica questa decisione?
R. - Mi sembra un segno straordinario, è una notizia molto gradita e penso che sia in relazione a questa visita perché “capisce” l’intenzione di Papa Francesco di favorire questa nuova relazione e sostiene questo cammino iniziato grazie a Dio e grazie anche al Santo Padre che ha dato il suo contributo nella fase iniziale. E’ vero che lui ha detto di non essere stato un mediatore ma è stato qualcosa di più che un mediatore. Possiamo dire che è stato un animatore: e questa sua capacità di agire nel cuore degli uomini è straordinaria!
D. – Lei cosa auspica da questo viaggio del Papa a Cuba e negli Stati Uniti?
R. – Questo viaggio non ha un significato solo per Cuba e gli Stati Uniti o per il continente americano in generale o per l’America latina in particolare, ma ha un significato mondiale perché credo che l’influsso del Santo Padre potrà fare molto bene al mondo e che il mondo – grazie a Dio e all’influsso del Santo Padre – sarà capace di dare un futuro migliore per l’umanità. Questo viaggio viene a favorire tutto questo in modo speciale perché il Papa ha questa capacità di agire nelle cose piccole, nel “pequeño” come diciamo in spagnolo.
Prof. Baggio: visita Francesco svolta importante per Cuba
Papa Francesco si appresta a ripartire per il continente americano. Dopo il viaggio del luglio scorso in Ecuador, Bolivia e Paraguay, ora il Pontefice argentino unisce in una unica visita pastorale Cuba e Stati Uniti che dopo oltre 50 anni di gelo hanno riallacciato i rapporti diplomatici. Ma che Paese è oggi Cuba? Sergio Centofanti lo ha chiesto al prof. Antonio Maria Baggio, formatore presso il Centro culturale Félix Varela all’Avana:
R. – Cuba, attualmente, è un Paese che avverte fortemente la necessità di cambiare. Ci sono però, all’interno della società, tendenze contrastanti: abbiamo da una parte Raúl Castro che sta tirando Cuba verso un cambiamento, anche se controllato. E dall’altra parte, abbiamo degli apparati che, almeno in parte, sono molto più rigidi. Inoltre abbiamo anche tuttora il fenomeno della volontà di emigrazione dei cubani, cioè di voler lasciare questo Paese e quando troppe persone vogliono lasciare il Paese, e continuano a farlo da tanto tempo, significa che non hanno fiducia nel proprio futuro. E’ cambiata la vita quotidiana perché si vede un proliferare di commerci, di attività quotidiane. Però, fino a che punto questo ha toccato la struttura del Paese? Ancora poco. Quindi, c’è tanta attesa e soprattutto speranza che l’arrivo del Papa segni una svolta ulteriore.
D. – La Chiesa, dalla storica visita di Giovanni Paolo II nel 1998, sta avendo maggiori spazi di libertà. Qual è il suo ruolo, oggi?
R. – Il ruolo della Chiesa è unico, perché è l’unica grande istituzione organizzata e presente in maniera capillare a Cuba, che non sia l’apparato istituzionale, di governo e del partito. Certamente ha maggiori spazi di libertà. E’ da sottolineare che questa maggiore, relativa libertà della Chiesa non si deve misurare soltanto con i metri quadrati delle Chiese che sono state, in un certo numero, restituite, ma con il fatto che c’è una libertà di comunicazione, di pensiero da parte della Chiesa. Questo entra nell’opinione pubblica e quindi diventa una libertà per tutti, non soltanto per la Chiesa.
D. – Come vede il laicato cattolico?
R. – La società civile a Cuba è sempre stata fortemente controllata. La rivoluzione del ’59 si è strutturata in maniera tale da incanalare tutte le forme sociali, che dovrebbero essere forme spontanee, in strutture ufficiali. E quindi, il problema del laicato è stato che non ha potuto esprimersi nel suo luogo naturale e così si è espresso soprattutto all’interno dei luoghi della Chiesa. Quello che io vedo, però, negli ultimi anni è la disponibilità dei laici a cogliere le occasioni e gli spazi di un impegno sociale, che un po’ alla volta vengono offerti.
D. – Come sono i giovani cubani, oggi? Quali le loro aspirazioni?
R. – La maggiore aspirazione dei giovani cubani – perché ormai è tanto tempo che ho occasione di parlare con loro – è che vogliono lasciare il Paese. E questo comprendiamo tutti che è un aspetto piuttosto triste nel bilancio di quello che è successo a Cuba negli ultimi decenni. La visita del Papa potrebbe essere davvero una svolta: il Papa parlerà ai giovani, ha in programma un dialogo spontaneo con loro e potrebbe essere un momento oserei dire vocazionale, cioè un momento nel quale i giovani capiscano che vale la pena di stare a Cuba, vivere per Cuba e migliorarla.
D. – Il disgelo con gli Stati Uniti è una svolta storica. Quali le prospettive?
R. – Ciò che è già stato realizzato è molto. C’è un’aspettativa importante che questa possibilità – non soltanto di disgelo ma anche di collaborazione – porti benessere per i turisti che arrivano, porti la possibilità di tentare di fare un’esperienza fuori Cuba, negli Stati Uniti, con la possibilità – che adesso esiste – di rientrare: questa è una cosa di grande importanza! E' caduta la rigidità del controllo del passaggio fuori Cuba e dentro Cuba. Togliere l’embargo sarebbe importante, perché l’embargo è più che altro un’arma ideologica: i ricchi, anche a Cuba possono ottenere quello che vogliono … Quello che è necessario fare è superare gli estremismi che ci sono da una parte e dall’altra. Questo potrebbe consentire, se si bloccano i radicali estremi di Miami come certi neo-giacobini che esistono anche a Cuba, di sviluppare la grande possibilità di collaborare tra "cubani di fuori" – che magari hanno fatto fortuna, che hanno capitali, che sono pronti a investire in Cuba - e i "cubani di dentro", e quindi creare uno sviluppo che sia controllato nel senso che non ci sia un nuovo impero McDonald in Cuba, ma che ci sia una libertà di impresa con i cubani stessi protagonisti del loro sviluppo.
D. – Che cosa significa per Cuba il viaggio di Papa Francesco?
R. – Significa moltissimo. E’ difficile dirlo a parole, perché Francesco è americano e viene avvertito come qualcuno che sorge dall’America ma porta una visione universale e una corrispondenza con la fede. Non possiamo immaginarci cosa voglia dire per i cubani, soprattutto per i cattolici, vedere che il capo dei cattolici, il loro punto di riferimento, ha un ruolo internazionale, viene ascoltato non solo dai cattolici ma da tutti. Questa è una cosa fenomenale! Io penso che possa essere importante in maniera strategica, perché Cuba si sta interrogando su quale modello adottare per uscire dalla sua situazione. Si parla del “modello-Cina”, cioè di uno sviluppo capitalistico controllato politicamente dal governo: questo permetterebbe di mantenere la continuità del potere cambiando l’economia. Sono state mandate commissioni di studio addirittura in Vietnam … Quindi, si cercano dei modelli. Ma la domanda che noi potremmo farci, adesso, è questa: Papa Francesco sta sviluppando – e continua a comunicare – una visione di cambiamento di sistema, e lo fa parlando ai Paesi occidentali, ai Paesi ricchi. Quindi il Papa è portatore di una visione sistematica basata sulla dottrina sociale cristiana che assume in sé anche tutte le esigenze di giustizia che avevano caratterizzato la rivoluzione cubana; però, le equilibra, le impianta in un rispetto per l’essere umano. Non potrebbe essere, questa visita di Francesco, l’occasione per prendere in considerazione non soltanto il modello cinese o il modello vietnamita, ma anche – per così dire – il modello umano che Francesco propone?
Card. Wuerl: negli Usa, il Papa richiamerà a testimonianza Vangelo
“Essere testimoni del Vangelo nel quotidiano” così il cardinale Donald William Wuerl arcivescovo di Washington sulle sfide che porta Papa Francesco agli Stati Uniti. Il Pontefice dopo Cuba arriverà martedì 22 nella capitale americana. Dopo l’accoglienza da parte delle massime autorità del Paese, Francesco incontrerà i vescovi degli Stati Uniti d’America nella Cattedrale di San Matteo. Il nostro inviato Chris Altieri ha intervistato lo stesso cardinale Wuerl:
R. – I think we are seeing in Pope Francis the call that we be visible witnesses, true witnesses …
Vediamo in Papa Francesco il richiamo a essere testimoni visibili, veri, autentici in parole e azioni della bellezza di un’immagine ampia di Vangelo. Il Papa esorta esorta alla concretezza: quando si parla di prendersi cura gli uni degli altri, quando parliamo di immigranti, di rifugiati, dei poveri o dei bisognosi, dei programmi per aiutarli, quando parliamo di prenderci cura e utilizziamo le ricchezze del mondo, quando parliamo di sviluppo sostenibile … tutto questo fa parte di un ambito prettamente pratico, la cui visione più ampia e più bella, però dev’essere ancora definita.
D. – C’è quindi una tensione tra l’articolazione di una visione ampia, universale e il fatto di parlare direttamente al cuore e alla mente di ogni singola persona? E cosa Papa Francesco ci insegna sul modo di gestire questa tensione?
R. – It’s not as if the Church speaks in generalities, only; the Church speaks in a beautiful Gospel message …
La Chiesa non parla soltanto in termini generali; la Chiesa parla riferendosi ai bellissimi messaggi evangelici che ogni giorno si articolano in circostanze e situazioni pratiche e reali. Come tratti una persona riflette i tuoi valori più profondi; come ti occupi di un bambino non nato riflette i tuoi valori più profondi; come cerchi di raggiungere chi non ha una casa o chi sta lottando per essere una persona libera, riflette i tuoi valori più profondi. E’ a questo punto che entriamo nel conflitto tra i valori del Vangelo e il mondo secolare. Ma sempre troviamo la possibilità di un’articolazione che si rifletta in situazioni concrete e pratiche … In questo contesto una guida è l’enciclica del Papa “Laudato si’”: vedrai e dirai. Ci sono problemi; è necessario affrontarli. Ma quando lo faremo, è necessario tenere bene a mente che al cuore di ogni impegno c’è la dignità della persona umana, il rispetto dovuto a ogni persona, la cura della nostra casa comune e la necessità di raggiungere uno sviluppo umano sostenibile. Credo che ci muoveremo in questo ambito. Un numero crescente di persone scopre che nella nostra tradizione cristiana e nel Vangelo si trovano le risposte; poi, assimilando questi principi e mettendoli in pratica più si farà meglio sarà...
Papa negli Usa. P. Christensen: segno di speranza per tutti
“Il Papa viene per abbracciare tutti gli Stati Uniti non solo i credenti”. Così padre Brian Christensen, vice Rettore del Pontificio collegio americano del Nord a tre giorni dall’arrivo del Papa. Sulle attese il nostro inviato Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso padre Brian:
R. – Il Papa porta sempre la gioia del Vangelo, spinge ad andare verso le periferie, dove c’è tanta gente, le tante forme di povertà come le molte persone che sono sole. Il Papa, come successore di Pietro, viene per riunire tutti i cattolici degli Stati Uniti, ma ci sono tanti americani che non sono cristiani e che comunque guardano al Papa. Saranno giorni di speranza per tutti.
D. – Quali le sfide della Chiesa oggi degli Stati Uniti?
R. – Sono molte! Di sicuro le più grandi sono di tipo culturale, famigliare. Importantissimo è affrontare queste sfide attraverso il dialogo, soprattutto la preghiera e gli insegnamenti del Vangelo. Mi sembra che ci siano due importanti elementi al momento che possono aiutarci ad affrontare queste sfide. Il primo è il movimento giovanile che è molto attivo nei vari campus universitari e anche il sensibile incremento della vocazione e ordinazione sacerdotale. L’anno scorso l’incremento di ordinazioni è stato del 25 per cento negli Stati Uniti.
D. - Il Papa insiste molto sulla Chiesa missionaria...
R. - Certamente, è un richiamo forte. Lui ci invita ad avere un atteggiamento missionario e a svolgere questa missione con gioia, uscire fuori della Chiesa, non essere una Chiesa chiusa in se stessa. Inoltre, lui ci invita a testimoniare con la nostra stessa vita invece che con tante parole che cosa sia la vita autentica di Cristo.
D. – La visita del Papa è vissuta con grande attesa anche da tanti seminaristi…
R. - I seminaristi di oggi assistono a tante cose, e vivono tante situazioni e per questo sono immersi in molte sfide che riguardano molti ambiti: quello famigliare, quello sessuale, quello sociale. Vivono tutto con grande speranza, tenendo sempre a mente la promessa di Gesù e guardando al Papa per trovare la strada giusta, per una vita retta e santa e per mettersi totalmente a servizio dei fedeli.
D. – Il Papa pregherà con il clero, religiosi e religiose, nella cattedrale di San Patrizio a New York, la più grande chiesa cattolica degli Stati Uniti. Quali le attese?
R. - Di essere incoraggiati, seguendo il suo esempio, pregando insieme al Papa e di avere la sua testimonianza personale. Che i sacerdoti e i religiosi degli Stati Uniti siano confermati e rinnovati nella loro vocazione.
D. – A San Patrizio sono stati anche San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: qual è il significato della presenza di Papa Francesco?
R. – New York è una mescolanza, un melting pot di etnie, ci sono migranti provenienti da ogni parte del mondo e proprio per questo forse è il posto che meglio rappresenta la Chiesa universale. Papa Francesco è il Papa di tutti. Certamente la sua visita sarà un evento importante, sarà il luogo in cui tutti saranno riuniti in Cristo e nel suo vicario, avendo come obiettivo la gioia, la pace, la speranza.
D. – In questa cattedrale fu celebrata la messa dell’11 settembre, un evento che gli Stati Uniti e il mondo non dimenticheranno mai, un evento drammatico. Però la fede ci porta nella dimensione della speranza…
R. – E’ così e questa è la testimonianza della realtà dell’amore, della carità che vince e trionfa sempre sull’odio, sulla criminalità, sulla morte, sulla violenza: Cristo e la sua misericordia trionfano sempre.
Telegrammi di Papa Francesco ai Paesi sorvolati
Il Papa ha inviato telegrammi di saluto ai capi di Stato dei Paesi sorvolati verso Cuba. “Nel momento in cui mi accingo a compiere la mia visita pastorale a Cuba e negli Stati Uniti, mosso dal desiderio di incontrare i fratelli nella fede e gli abitanti di quelle nazioni – scrive il Santo Padre nel telegramma indirizzato al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella - mi è gradito rivolgere a lei signor presidente e all’intero popolo italiano l’espressione del mio beneaugurante saluto che accompagno con cordiali auspici di pace e di prosperità”. Telegrammi di saluto sono stati inviati, in questa prima parte del viaggio in aereo verso Cuba, anche ai capi di Stato di Francia, Spagna e Portogallo. Il Pontefice prega affinché “Dio benedica tutti con pace e prosperità”.
Francesco incontra la famiglia siriana ospitata in Vaticano
Questa mattina, verso le 9.45, la famiglia di rifugiati siriani, ospitata dalla parrocchia vaticana di Sant’Anna, ha voluto ringraziare il Santo Padre per l’accoglienza loro offerta. Accompagnata dall’Elemosiniere pontificio, mons. Konrad Krajewski - informa la Sala Stampa vaticana - la famiglia si è recata a Casa Santa Marta ed ha potuto salutare il Papa e augurargli buon viaggio a Cuba e negli Stati Uniti, poco prima che Papa Francesco si accingesse a salire sulla vettura che lo portava all’aeroporto di Fiumicino.
Papa a consacrati riuniti a Budapest: siate come Buon Samaritano
“Vicini alle ansie e alle attese della gente, con un cuore capace di compassione”. Sono i consacrati, nelle parole che il Papa in un videomessaggio ha loro indirizzato in occasione dell’iniziativa "La vita consacrata in Piazza“ che si conclude oggi a Budapest. Un centinaio le comunità religiose che vi partecipano aprendosi all’incontro con i cittadini ungheresi, per far conoscere l’esperienza delle comunità dal di dentro. Le parole del Papa nel servizio di Gabriella Ceraso:
Consacrati come il Buon Samaritano
“Penso che il ‘volto’ più bello di un Paese e di una città è quello dei discepoli del Signore che vivono lo stile del Buon Samaritano nel quotidiano e si fanno prossimi alla carne e alle piaghe dei fratelli, in cui riconoscono carne e piaghe di Gesù”. E’ l’invito alla carità con cui il Papa si rivolge ai consacrati pronti a riunirsi a Budapest: li ringrazia del servizio al Vangelo, li conferma nella certezza della presenza al loro fianco del Signore risorto e in pochi tratti indica loro la meta:
“Nelle diverse forme della vita consacrata, vi penso vicini alle ansie e alle attese della gente; vi penso impegnati nei contesti in cui siete inseriti, con le loro difficoltà e i loro segni di speranza. Vi incoraggio a gioire con chi gioisce e a piangere con chi piange; a chiedere a Dio un cuore capace di compassione, per chinarvi sulle ferite del corpo e dello spirito e portare a tante persone la consolazione di Dio”
Carità piena di misericordia e testimonianza gioiosa
La vostra testimonianza gioiosa e limpida sia, è l’incitamento conclusivo del Papa, "profumo di Cristo e del Vangelo", soprattutto per i giovani.
A San Miniato la Beatificazione del vescovo Del Corona
“Pastore di anime secondo il cuore di Cristo, testimone umile del Vangelo”: così Papa Francesco ha definito il vescovo di San Miniato, Pio Alberto Del Corona, beatificato stamani nella cittadina pisana. A presiedere il rito il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi. Ce ne parla Benedetta Capelli:
Il “vescovo bianco”. Era conosciuto così per il suo abito, che lo rendeva simile ad un angelo, il domenicano Pio Alberto del Corona alla guida della diocesi di San Miniato dal 1875 al 1906. Nato a Livorno il 5 luglio 1837 da una famiglia di commercianti, da subito si distinse nello studio prima in una scuola gestita dai Barnabiti poi nel convento fiorentino di San Marco dove completò la sua formazione filosofico-teologica. E’ in questo periodo, frequentando le Conferenze di San Vincenzo, che cresce la sua dedizione ai poveri, con loro sperimenta uno dei tratti della sua vita: l’educazione alla fede. Diventato sacerdote nel 1860, si dedicò alla predicazione e alla confessione, cominciando a pensare alla fondazione di una nuova Congregazione, divenuto poi l’Istituto di suore domenicane, sulla scia dell’esperienza di Santa Paola, discepola di San Girolamo. Fondò l’“Asilo della Pietra” per lo studio della Sacra Scrittura e l’educazione religiosa delle giovani. Nel 1874 fu nominato vescovo coadiutore della diocesi di San Miniato. Il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi:
“Visitava le parrocchie, confessava, predicava, si batteva contro il vizio della bestemmia. Dovunque si recasse suscitava consensi. Vestito di bianco, il santo Vescovo veniva accolto come un angelo. Anche le sue omelie sembravano parole celesti. Talora nella visite pastorali confessava dalle quattro del mattino fino a mezzanotte, con brevi intervalli”.
In prima linea contro le ideologie atee e anticristiane fondò, oltre all’Istituto di suore domenicane dello Spirito Santo, anche la “Società di mutuo soccorso” per aiutare gli operai in caso di bisogno e la “Società Cattolica Femminea Promotrice di buone opere” con finalità caritative.
“I testimoni concordano nel dire che il Servo di Dio era ammirevole nell'esercizio delle virtù cristiane, vissute a un grado fuori del comune. Il suo abito virtuoso era noto a tutti. Egli aveva fatto della sua vita un cammino verso la santità, mostrandosi un vero pastore d'anime, degno dei primi secoli del cristianesimo”.
Vissuto in un periodo storico particolarmente travagliato, dalla metà del diciannovesimo secolo all’inizio del ventesimo, fu un testimone fedele del Vangelo. La sua vita fu un costante richiamo all’amore generoso di Dio, sorgente di opere durature, all’insegna della fraternità e della giustizia. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi:
“Il Beato Pio Del Corona fu un pastore, che, come diceva San Gregorio Magno, dialogava con Dio senza dimenticare gli uomini e dialogava con gli uomini senza dimenticare Dio”.
Incontro giovani consacrati: serata di testimonianze e musica
Con la Santa Messa, nella Basilica di San Pietro, si è chiuso stamani l’incontro mondiale per giovani consacrati e consacrate dal titolo "Svegliate il mondo!", apertosi martedì scorso. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal cardinale João Braz de Aviz prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ieri sera momenti di musica, danza e spettacolo si sono alternati a testimonianze di sacerdoti, suore, frati di vari ordini e congregazioni religiose.
La testimonianza di una suora in Afghanistan
Particolarmente toccante, sottolinea il settimanale "Famiglia Cristiana", è stata la testimonianza di una suora indiana missionaria in Afghanistan. “Il nostro è un apostolato del silenzio”, ha raccontato suor Annie Puthemparambil, cottolenghina, originaria del Kerala. “Quando usciamo - ha affermato la religiosa - dobbiamo sempre spostarci in gruppo e il rischio di attentati è elevato”. “Non ci è permesso di indossare abiti da suore, né di parlare del Vangelo o anche solo di nominarlo. Tutto questo però non ci impedisce di far percepire ai fratelli che incontriamo l'amore di Gesù. Grazie a un progetto che riunisce varie congregazioni ci prendiamo cura dei bambini con disabilità psichica. E a volte le famiglie si stupiscono: Solo voi – ci dicono – siete attente ai nostri figli”.
La missione di un cammilliano nella Repubblica Centrafricana
Sulla drammatica situazione nella Repubblica Centrafricana si è soffermato padre Bernard Kinvi, camilliano, che dirige un convento e un ospedale nel Nord-Ovest del Paese, sconvolto dalla guerra civile. In questi anni ha accolto migliaia di profughi e malati, la maggior parte dei quali musulmani. Per questo ha ricevuto gravi minacce: “Gli esponenti delle varie fazioni in conflitto - ha detto padre Bernard Kinvi - non accettano che io dia ricovero ai loro nemici: ecco perché spesso ricevo minacce. Un giorno però ho accolto nel mio ospedale un capo dei ribelli, gravemente ferito. Era proprio tra quelli che volevano uccidermi. Ha ricevuto le cure necessarie e, una volta ristabilito, è diventato un uomo diverso. Tutto questo per me significa incontrare Cristo negli ultimi e nei malati”.
L’incontro con Gesù cambia la vita
E’ una storia segnata da un incontro quella di Adrian Saouadogo, originario del Burkina Faso, della congregazione dei Padri Bianchi. Nato in una famiglia islamica, a 21 anni si è convertito al cristianesimo. “Un giorno - ha detto - mentre tornavo a casa, dopo una lezione di arti marziali, ho sentito qualcuno che mi chiamava. Era un uomo dalle vesti splendenti. Mi ci è voluto del tempo per capire chi fosse, ma alla fine ho compreso: era Gesù in persona. Naturalmente per la mia famiglia la conversione è stata uno shock, anche perché, in quanto figlio maggiore, avrei dovuto educare all'islam i miei fratelli. Per 18 anni sono stato allontanato da casa e alcuni esponenti della comunità musulmana avevano addirittura detto a mio padre di uccidermi. Ma oggi – spiega il sacerdote, che attualmente lavora in un istituto di formazione islamo-cristiana – qualcosa è cambiato, grazie al potere della riconciliazione. Recentemente mio padre mi ha detto: 'Di questa storia non capisco quasi nulla, ma capisco che è una storia guidata dall'alto'”.
Le testimonianze di suor Cristina e di frate Alessandro
Tra le varie testimonianze, anche quelle di consacrati e consacrate che hanno coniugato fede e arte, come suor Cristina Scuccia, divenuta popolare dopo la sua vittoria al programma “The voice”. “Non canto mai per me stessa”. “La mia voce – ha detto la giovane suora orsolina - è solo un modo per far brillare la grande luce che sento dentro. E in tutto questo il mio fondamento è la congregazione: quando tremo e mi sento piccola ho bisogno del calore di una famiglia”. Frate Alessandro Brustenghi, francescano, con una voce da tenore, ha inciso un cd per una prestigiosa etichetta e ha girato il mondo, “Ma continuo ad anelare - ha ricordato - alla vita semplice di un piccolo convento”.
La storia di suor Anna
Singolare, infine, la storia di Anna Nobili, cubista nelle discoteche della riviera romagnola, poi suora nell'ordine delle Operaie della Santa Casa di Nazareth. "Se quando avevo quindici anni mi avessero raccontato il mio futuro probabilmente sarei scoppiata a ridere. Non conoscevo Cristo e sentivo dentro solo una grande solitudine. Poi l'incontro capace di trasfigurare la vita. Appena entrata in convento pensavo che il ballo fosse una cosa sporca e volevo distaccarmene. Invece, nel tempo, le consorelle mi hanno aiutato a capire quale grande dono avessi con me. Oggi vivo e insegno la danza come profondo segno di amore verso Gesù". (A cura di Amedeo Lomonaco)
In Polonia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Koszalin-Kołobrzeg, presentata da mons. Paweł Cieślik, per sopraggiunti limiti d’età.
Il Papa ha nominato il card. Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, Suo Inviato Speciale alla celebrazione conclusiva del V centenario della creazione della diocesi di Lanciano (attualmente Arcidiocesi di Lanciano-Ortona), prevista per il 22 novembre 2015.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Il futuro nelle mani: le aspettative del Papa in un dialogo con i giovani cubani e statunitensi organizzato da "Scholas occurrentes".
Ultimo atto: Luca M. Possati sulla Grecia che torna al voto.
La basilica di San Pietro lungo i secoli in un nuovo volume edito da Utet: i contributi di Christoph Luitpold Frommel, del cardinale Gianfranco Ravasi e di Antonio Paolucci.
L'abbraccio dopo l'esilio: la lettera pastorale dell'arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte.
Centinaia di migranti tratti in salvo a largo della Libia
Emergenza immigrazione sempre più evidenza. Stamani almeno 2 mila migranti, molti di più secondo altre fonti, sono stati tratti in salvo al largo delle coste libiche. Il 23 settembre, a Bruxelles, vertice straordinario sull’immigrazione. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Sono stati i natanti dell’organizzazione non governativa "Medici Senza Frontiere" a prestare soccorso a centinaia di migranti. Lo rende noto la stessa associazione. Le operazioni di salvataggio sono cominciate all’alba. I migranti sono stati trasbordati in altri natanti: sono di diversa nazionalità e sarebbero in buona salute. I migranti, una volta a terra, saranno visitati nei centri dell’ong e poi traferiti in Grecia e in Italia. E purtroppo, in un naufragio al largo dell’isola greca di Lesbo, è morta una bambina di cinque anni. Intanto, il flusso di migranti prosegue anche via terra sulla rotta balcanica. In Croazia, Paese che ha chiuso quasi tutti i varchi di confine con l’Ungheria, nei prossimi giorni sono attesi almeno 40 mila profughi. Inevitabile, secondo Zagabria, il ricorso all’esercito. L’Ungheria, dalla sua, ha completato la costruzione del muro proprio al confine con la Croazia. “La crisi a cui stiamo tutti assistendo – ha detto il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk – è un test per la nostra umanità e responsabilità”.
L'Unione Africana sospende il Burkina Faso per il golpe
Grande pressione della comunità internazionale sulle autorità militari del Burkina Faso, che mercoledì scorso hanno deposto il governo di transizione. L’Unione Africana ha sospeso il Paese dall’organizzazione e ieri, dopo la mediazione del presidente senegalese Macky Sall, la giunta militare ha rilasciato il capo di stato Kafando e due ministri sequestrati due giorni. Il generale Diendere, però, ha fatto capire che le prime elezioni libere in programma l’11 ottobre saranno cancellate. Intanto le proteste contro il golpe sono proseguite nella capitale e si sono diffuse anche in altre località. Per un’analisi della situazione, Marco Guerra ha intervistato Massimo Alberizzi, direttore della testa Africa ExPress:
R. – Non è chiarissimo quello che sta succedendo, però è sicuro che i golpisti sono legati a Blaise Compaore, il vecchio presidente al potere da 27 anni, e quindi probabilmente sono i suoi amici. Quindi, non si sa bene dove si possa andare a parare e dove si vada a finire. Sta di fatto che c’è stata una fortissima pressione dell’Unione Africana, delle Nazioni Unite che hanno in qualche modo bloccato il golpe, minacciando sanzioni… E questo, ovviamente, ha fatto in modo che i golpisti ci abbiano ripensato: hanno già liberato il presidente Michel Kafando e il primo ministro. Tuttavia stanno trattando anche loro: non credo che a loro volta vogliano essere deposti così facilemente.
D. – Si è vista una decisa azione dell’Unione Africana: c’è una mediazione in corso. Quali possono essere le ripercussioni regionali da questo golpe? Perché c’è tutto questo interesse?
R. – Anche l’Unione Africana non è un’organizzazione molto, molto trasparente, molto chiara; quindi non è assolutamente facile riuscire a capire – anche qui – dove andrà a parare. Anche sull’Unione Africana ci sono forti pressioni dell’Onu, forti pressioni da parte degli Stati Uniti e delle ex-potenze coloniali – in questo caso la Francia – per ristabilire in qualche modo un ordine democratico. Peccato, perché la transizione che stava compiendo il Burkina Faso, dopo avere deposto Blaise Compaore, era vista come una delle nuove transizioni democratiche come una cosa molto bella per l’Africa. Invece, in questo modo si è interrotta. Speriamo di poterla riprendere …
D. – Infatti, c’era un processo elettorale in corso: si sarebbe dovuto votare l’11 ottobre …
R. – E’ tutto da riscrivere il passaggio elettorale. E sarà con la mediazione dell’Unione Africana, sarà con la mediazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
D. – Quindi una situazione in divenire; però, c’è la speranza che possa volgere al meglio, visto la piega che ha preso la mediazione?
R. – La speranza è riposta nelle pressioni: nelle pressioni che vengono esercitate e che verranno esercitate in misura ancora maggiore sui golpisti. Bisogna vedere poi la forza dei golpisti – intesa come forza militare: sicuramente, sono una minoranza perché in questo periodo il Burkina Faso è stato una fucina di democrazia, proprio perché ci sono stati convegni, incontri, aperture, elaborazioni politico-sociali-economiche, anche, su come andare a governare il Paese. E’ stato molto interessante proprio per questo. Questa interruzione danneggia, anche dal punto di vista regionale, tutti i Paesi intorno, perché speravano che comunque il Burkina potesse emergere come Paese democratico e quindi fare da traino a un processo che riguarda tutta l’area e tutta la regione subsahariana, investendo anche la parte orientale del continente. Questa interruzione getta anche nella paura tutte le forze democratiche che stavano emergendo e che stanno emergendo in quest’area.
Bambini e beni culturali: le iniziative del Parlamento europeo
In attesa delle decisioni dei capi di Stato e di governo al vertice straordinario sull’immigrazione fissato per il 23 settembre, dall’Europarlamento arrivano iniziative concrete a favore dei bambini, che rappresentano il 40% dei migranti, ma anche per contrastare la distruzione e il traffico illegale di beni culturali, un altro aspetto della tragedia che accade nel sedicente Stato islamico da cui fugge la maggior parte delle migliaia di profughi. Nell’intervista di Fausta Speranza, ce ne parla l’eurodeputata Silvia Costa:
R. – Noi abbiamo posto in evidenza il tema dell’interesse prevalente per i diritti dei minori ad avere una particolare forma di protezione, come prevede la Convenzione dell’Onu sull’infanzia e, naturalmente, anche tutte le Carte dei diritti europei. Allora abbiamo chiesto tre cose: per prima cosa, una protezione speciale per loro nei campi profughi – sia in quelli che si trovano in Libano, in Turchia e in Giordania – ma anche nei nostri, che stanno sorgendo in Europa. Questo per far sì che, nell’accoglienza nei vari Stati membri, sia garantita quella che viene chiamata “l’educazione nelle corsie d’emergenza”. Anche attivando le risorse che esistono: molti sono gli insegnanti, tra questi profughi. Come seconda cosa, abbiamo chiesto garanzie in quelle zone, che sono come dei limbi tragici fra i fili spinati, tra le frontiere chiuse anche in Serbia, dove ci sono ormai migliaia di profughi con molti bambini – i bambini sono un quarto dei profughi – e mamme e genitori, che sono in una fase e in un momento di abbandono e che non sanno più da che parte andare. Lì intervengono soltanto le ong: penso alla Caritas, penso alla Croce Rossa internazionale, penso a “Aid for Migration”, Sant’Egidio e altri. Allora chiediamo al ministro Mogherini che in questo momento sia data subito una quota delle risorse del Fondo rifugiati a queste ong, in queste situazioni che sono le emergenze dell’emergenza. Terza cosa: non è accettabile che alcuni Paesi, che, in quanto Nazioni europee hanno sottoscritto Trattati per la tutela dei diritti fondamentali, stiano negando di fatto proprio questi diritti. Chiediamo quindi che la Commissione verifichi quali Paesi stanno violando i diritti fondamentali dei bambini.
D. – Profughi e zone di guerra: moltissimi provengono dalla Siria e dall’Iraq. Il Parlamento europeo si sta occupando di distruzione e traffico illegale di beni culturali: addirittura c’è la proposta di definirli “crimini contro l’umanità”: è così? Profughi e beni culturali, anche questi sono legati?
R. – Certo che sono legati! Recentemente, dopo la risoluzione importante a Strasburgo, in cui abbiamo chiesto cose molto precise su questo, abbiamo invitato anche l’Unesco a dare vita, come si è annunciato, a ottobre, nel prossimo Consiglio dell’organismo, a una “task force” , che potrebbe prefigurare i caschi blu a tutela del patrimonio culturale. Si tratta di una vera e propria emergenza: non possiamo vedere distrutto il patrimonio dell’umanità sotto ai nostri occhi. Irina Bokova, segretario generale dell’Unesco, ha detto che uccidere, distruggere il patrimonio, distruggere le vite umane sono le due facce di uno stesso concetto, di uno stesso tema, perché è in gioco l’umanità, le radici culturali e religiose, l’identità dei popoli. Credo che questo sia un dovere assoluto: garantire e tutelare, prevenire e aiutare anche nella ricostruzione.
D. – Solidarietà e identità diventano davvero due terreni di sfida importanti in questo momento, per l’Unione Europea …
R. – Abbiamo presentato un rapporto – perché questo è un tema che ci sta a cuore da tempo – su come l’educazione possa avere un ruolo strategico nell’educare al rispetto della diversità culturale e a creare le basi per il dialogo interculturale – e io aggiungo – interreligioso; e per questa ragione noi abbiamo fatto un’audizione con esperti, tra cui una teologa tedesca, il responsabile europeo dell’associazione per l’insegnamento interculturale e altri, che vorremmo trasferire in vere e proprie linee guida, anche perché in questo momento noi abbiamo bisogno di capire che l’educazione al dialogo è la base della convivenza pacifica e che quindi le politiche di sicurezza, la politica estera e la politica della cooperazione allo sviluppo, senza questo aspetto educativo, non vanno da nessuna parte.
Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della domenica
Nella 25.ma domenica del tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù parla della sua Passione, mentre i discepoli discutono su chi sia il più grande tra di loro. Il Signore, allora, dice:
«Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:
E’ davvero sorprendente il Vangelo di questa domenica: rivela la distanza abissale tra le vie di Dio e le nostre, tra i pensieri del Signore e i nostri. Tra il “totalmente altro di Dio” e i nostri poveri orizzonti umani. Gesù sta istruendo i suoi discepoli sulla missione che il Padre gli ha affidato: deve essere consegnato agli uomini e passare attraverso la morte per giungere alla Risurrezione. Il Vangelo dice chiaramente che i discepoli “non capivano” e, più terra terra, forse davanti agli eventi che intuiscono, si mettono a discutere su chi è il più grande tra di loro. Gesù, che anche in questo caso mostra di avere un cuore materno, non si scandalizza di questa incomprensione e trasforma il fatto in una catechesi sulla logica divina, sui pensieri di Dio: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». Il Dio cristiano è proprio questo “Mistero di donazione totale all’altro”, questo crocifisso che spalanca le braccia in gesto d’amore. Non c’è doppiezza in lui. Non conosce malizia, non è capace di malizia, come un bimbo innocente. Non la grandezza, non gli onori o la carriera, non i primi posti hanno a che fare con Dio, ma questo farsi dono, questo farsi piccolo. La croce rivela così il cuore di Dio: svuotarsi per riempire l’altro. San Paolo lo dice chiaramente nella Lettera ai Filippesi: Cristo “svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini … umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 5, 7-8).
Europa. Comece e Kek: procedure di asilo eque per i rifugiati
“Chi entra in Europa, non dovrebbe aver paura di annegare o soffocare. E dovrebbe ottenere una procedura di asilo equa. Si tratta di norme minime che devono essere applicate in tutta Europa”. È il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), a parlare così al termine di un incontro con il presidente della Conferenza delle Chiese europee (Kek) rev. Christopher Hill, che si è svolto a Monaco.
Preoccupazione per la situazione critica di rifugiati e richiedenti asilo
I due rappresentanti delle Chiese cristiane nell’Unione europea - si legge in un comunicato diffuso dalla Comece e dalla Kek e ripreso dall’agenzia Sir - si dicono profondamente preoccupati per l’attuale contesto europeo, in particolare per la situazione critica dei rifugiati e richiedenti asilo e il suo importante impatto umanitario nel continente. I due presidenti esprimono quindi, a nome delle Chiese cristiane in Europa, la loro solidarietà a “chi viene in Europa per tentare di trovarvi sicurezza”. “La situazione di tutti coloro che soffrono in Medio Oriente, compresi i cristiani in pericolo in quella regione, resta prioritaria nelle nostre preghiere e nelle nostre discussioni con le istituzioni europee”, ha sottolineato il rev. Hill.
Risolvere danni collaterali della crisi economica europea
Nel corso del loro incontro, il rev. Hill e il cardinale Marx hanno anche parlato della crisi economica in Europa e dello sforzo di trovare una soluzione per risolvere i “danni collaterali” che si registrano a livello sociale, come la disoccupazione dei giovani. Nel colloquio si è affrontata anche la crisi ecologica in Europa e nel mondo e gli sforzi compiuti da Comece e Kek perché “le Chiese siano percepite” dall’Ue come “partner costruttive nella realizzazione del progetto europeo”. (I.P.)
Festa San Gennaro. Card. Sepe: basta sangue e violenza
La Chiesa ricorda oggi San Gennaro, patrono di Napoli. I fedeli presenti nella cattedrale della città partenopea hanno accolto, stamani, con un lungo applauso l'annuncio della liquefazione del sangue del Santo. Nell’omelia per le celebrazioni nella solennità di San Gennaro, nel Duomo di Napoli, l’arcivescovo della città campana, il cardinale Crescenzio Sepe, ha lanciato un accorato appello.
Basta sangue, basta violenze!
“Proprio in questo giorno di festa - ha detto - vogliamo gridare con forza: basta sangue per le nostre strade e in tante case, basta violenza, basta dolore, lutto, basta morti innocenti, basta naufraghi e cadaveri di quanti cercano, coraggiosamente ma troppo spesso tragicamente, libertà, pane e futuro”.
Le molte seti non fanno di Napoli un deserto
A Napoli – ha ricordato il porporato - c’è "sete di lavoro, legalità, accesso ai diritti e ai servizi sociali. Ma 'la sete del ‘necessario' - ha aggiunto - porta taluni a cercare fonti avvelenate, come la violenza e la turpe offerta di un reddito facile con la conseguente caduta di valori per cui la vita diventa arida e priva di senso”. Ma "la delinquenza e la violenza non prevarranno, le molte seti non fanno di Napoli un deserto".
Cristo sia fonte di ogni speranza
“Bisogna essere vigilanti e operosi - ha osservato il cardinale Sepe - perché Napoli faccia onore alla sua storia e sia sempre più bella e accogliente". "La Chiesa di Napoli - ha concluso il porporato - vuole essere sempre più, secondo la bella immagine di San Giovanni XXIII, la vecchia fontana del villaggio presso la quale tutti possono abbeverarsi, sapendo di poter contare sulla sorgente inesauribile del Cristo che toglie la sete e dà la vita. Sia questa la fonte di speranza per quanti amano San Gennaro e Napoli".
Canada. Suicidio assistito, il no dei vescovi: uccidere è immorale
Uccidere una vita innocente è un gesto ritenuto immorale, da tempi immemori: così scrive la Conferenza episcopale canadese in una nota diffusa ieri. In essa, i presuli fanno riferimento alla decisione presa il 6 febbraio scorso dalla Corte suprema del Paese che ha autorizzato il suicidio assistito. In particolare, le toghe canadesi hanno stabilito che i malati incurabili, ma non necessariamente in fase terminale, potranno scegliere volontariamente la morte. La possibilità è estesa anche a chi è affetto da patologie psichiche. La sentenza della Corte ha valore per un anno, il tempo necessario per preparare un’apposita legge attuativa.
Suicidio assistito mette a rischio persone più vulnerabili della società
In vista, dunque, delle elezioni federali che si terranno il prossimo 19 ottobre, i vescovi canadesi chiedono ai futuri eletti di riflettere ancora sulla questione, prima di creare un “nuovo diritto costituzionale, un presunto ‘diritto al suicidio’”. “Non possiamo tacere – scrivono i presuli – la nostra profonda costernazione ed il nostro pieno disaccordo con la decisione della Corte”, tanto più che essa “mette a rischio la vita delle persone vulnerabili, depresse, sofferenti a causa di patologie fisiche o mentali, o portatrici di handicap”.
Incentivare cure palliative. La risposta al dolore è la cura, non la morte
Davanti a tali sofferenze, ribadisce la Chiesa di Ottawa, “la vera risposta umana deve essere quella di curare e non di uccidere, di accompagnare il dolore con le cure palliative e non di causare la morte intenzionalmente”. Per questo, i presuli invocano a gran voce che le istituzioni statali garantiscano a tutti i canadesi “cure domiciliari di lunga durata, a domicilio e di alta qualità”. Stigmatizzando, poi, il silenzio dei candidati alle elezioni federali su questo tema “fondamentale per la società ed il futuro” del Paese, i vescovi esortano i cittadini a “sollevare la questione della vita e della morte nei dibattiti pubblici” , affinché “ci sia il tempo di riflettere e di considerare seriamente le conseguenze” di un cambiamento così radicale nella legislazione nazionale.
Tutelare il diritto all’obiezione di coscienza per medici ed operatori sanitari
Altro punto essenziale, ribadisce la Chiesa di Ottawa, è quello dell’obiezione di coscienza: “Esigere che un medico uccida un paziente è inaccettabile – affermano i presuli – Chiedere agli operatori sanitari di collaborare all’uccisione intenzionale di un malato è un affronto alla loro coscienza ed alla loro vocazione”. Di qui, il richiamo al rispetto della professione medica, ma anche al rispetto “della dignità della persona umana”. Un rispetto che si evince dal comportamento di Gesù di fronte alla sofferenza: “La sua risposta al dolore è stata quella di soffrire con l’altro, non di ucciderlo – ricordano i presuli – di accogliere la sofferenza nella vita come un cammino di generosità e di misericordia. E non serve essere credenti per riconoscere in questo atteggiamento un esempio insigne di umanità”.
Rispettare vita umana e dignità della persona
Infine, auspicando che il loro appello venga ascoltato con “rispetto, attenzione ed apertura”, i presuli esortano i cittadini canadesi a “costruire una società più compassionevole, più rispettosa della vita umana e della dignità di ogni persona, più giusta e più generosa”. (I.P.)
Giappone: no della Chiesa a nuova legge su interventi militari all’estero
Un atto “assolutamente inaccettabile”: così la Commissione episcopale Giustizia e pace della Chiesa giapponese definisce la decisione del Parlamento nazionale di approvare una nuova legge in materia di sicurezza. Il provvedimento – riferisce l’agenzia Fides – è stato varato ieri ed è promosso dal governo di Shinzo Abe; esso consente al Paese di impiegare le proprie forze armate in missioni militari all'estero, segnando un cambiamento epocale rispetto alla Costituzione giapponese, che vieta espressamente l'uso delle forze armate nipponiche al di fuori dei confini nazionali.
Rinuncia alla guerra, scelta fondamentale
I presuli giapponesi non accettano, quindi, che “un esecutivo decida di mettere in atto una reinterpretazione che va contro un principio fondamentale della Costituzione”, in particolare l’articolo 9 che impone al Giappone di non mantenere un esercito di aggressione, ma soltanto delle “forze di autodifesa”. Giustizia e pace difende, poi, la “rinuncia alla guerra”, scelta fondamentale operata 70 anni fa. Grazie a questa scelta, ricorda i vescovi, “il Giappone non ha causato morti in guerra, sia tra giapponesi o stranieri, nel corso di questi anni, mentre la società internazionale ha subito incessanti conflitti armati”.
Nei mesi scorsi, numerose le manifestazioni di dissenso
Con la nuova legge, invece, il Paese potrebbe partecipare alle missioni Onu che prevedono l'intervento armato, fornire supporto logistico e militare agli Usa e ad altre “nazioni amiche”, così come partecipare alle operazioni antiterrorismo internazionali o intervenire direttamente in caso di una crisi militare con la Corea del Nord. Da ricordare che nei mesi scorsi nel Paese nipponico si sono registrate diverse manifestazioni popolari per protestare contro la nuova legge e difendere l'articolo 9 della Costituzione. (I.P.)
India: suora carmelitana uccisa in Kerala
Omicidio in seguito a una rapina: questa la pista che gli inquirenti stanno seguendo per la morte della carmelitana Suor Amala Valummel, 69enne, trovata morta in un convento di Palai, in Kerala, Stato nel Sud dell’India. Lo riferisce l’agenzia Fides. La Chiesa locale ha espresso dolore e sconcerto per il tragico episodio, auspicando che la polizia possa individuare e portare davanti alla giustizia i colpevoli.
La religiosa aveva diverse ferite alla testa
La religiosa è stata trovata morta nella sua cella dalle consorelle che l’hanno cercata dopo che, la mattina del 17 settembre, non si era presentata alla Messa mattutina. Le suore appartengono alla Congregazione della Madre della Carmelo, iniziata in Kerala da San Ciriaco della Sacra Famiglia. Secondo quanto riferito dalla polizia, la suora aveva diverse ferite alla testa.
Suor Amala era inferma da diversi anni
Gli inquirenti sospettano che la religiosa sia stata uccisa durante un tentativo di rapina. Le suore hanno informato che da una stanza vicina a quella di suor Amala mancano circa 500 rupie. La religiosa era originaria di Ramapuram, nei pressi di Palai, e da alcuni anni era inferma. (P.A.)
Vescovi africani: no alle colonizzazioni ideologiche
No alla colonizzazione ideologica dell’Africa, mascherata da aiuti allo sviluppo: questo, in sintesi, il cuore della dichiarazione dei vescovi dell’Africa e Madagascar, diffusa in vista del summit sul piano di sviluppo post-2015, in programma a New York, presso la sede dell’Onu, dal 25 al 27 settembre. Il documento, siglato da 45 presuli del continente nel mese di giugno ma pubblicato solo ora, lancia “un pressante appello ai dirigenti politici ed ai responsabili di organismi internazionali”: “Abbiate il coraggio – scrivono i vescovi – di impegnarvi a rispettare, amare e servire l’Africa nella verità!”.
Proteggere e difendere i valori secolari africani
Di qui, il richiamo a “proteggere e difendere i valori secolari del continente” ed a “rinunciare alla seduzione del piacere, del denaro e del potere”. I vescovi si dicono, infatti, “feriti dagli attacchi” perpetrati dall’esterno “contro la vita, la famiglia, il sano sviluppo dei giovani e delle donne, il rispetto degli anziani” in Africa. Di qui, la denuncia di “interessi egoistici e perversi che si impongono rapidamente nel continente”, “con aggressività crescente”, “introducendo nella società un individualismo ed un edonismo estraneo” alla natura degli africani.
Allarme per nuovo colonialismo che fa leva su povertà della popolazione
Per questo, i presuli puntano il dito contro “un nuovo, terribile spirito colonialista”, che “dietro parole allettanti come libertà, uguaglianza, diritti, autonomia, democrazia e sviluppo” impone programmi denominati “eufemisticamente ‘Salute e diritti sessuali e riproduttivi’ come condizione per gli aiuti allo sviluppo”. Ma dietro tali denominazioni, ribadiscono i vescovi africani, si nasconde la diffusione di “preservativi, contraccettivi, programmi scolastici di educazione sessuale senza riferimenti morali, aborto”, “prospettive di genere”. Si tratta – si legge nella dichiarazione - di “una civilizzazione della morte” che fa leva “sulla povertà, la debolezza e l’ignoranza della popolazione e dei governi africani”.
No a programmi che uccidono il Continente
Quindi, la Chiesa di Africa e Madagascar invoca, a gran voce, “il rispetto della dignità” della popolazione del continente che “non è un mercato potenziale per le industrie farmaceutiche di contraccettivi e preservativi”. “A cinquant’anni dal colonialismo – chiedono i vescovi – non è tempo di permettere ai popoli africani di autodeterminarsi liberamente?”. Per questo, i presuli condannano il Protocollo di Maputo o la Campagna per la riduzione della mortalità infantile e materna nel continente che, introdotti dietro le pressioni politiche ed economiche internazionali, in realtà hanno “un unico obiettivo: il controllo e la riduzione drastica della popolazione africana e la demolizione pianificata del matrimonio e della famiglia”. “Noi africani – ribadiscono i presuli – dobbiamo categoricamente dire no a questo piano che uccide il nostro continente, facendo attenzione alle nuove colonizzazioni ideologiche”.
Combattere la schiavitù del denaro
E ancora: i presuli puntano il dito contro nuove forme di “schiavità in nome dell’idolatria del denaro” ed invitano “i responsabili politici e religiosi, che hanno l’incarico di guidare e proteggere le popolazioni africane, a studiare ed analizzare con attenzione le strategie ed i programmi di sviluppo della governance mondiale”, poiché essi, anche se parlano di “benessere e prosperità”, in realtà sono “veri programmi di distruzione dei valori umani, di uno sviluppo rispettoso della dignità e della sacralità della persona umana e della famiglia”. Tale appello della Chiesa cattolica si estende anche “alle altre confessioni religiose, ai cristiani, ai musulmani ed alle religioni tradizionali africane”, che condividono le preoccupazioni sulle minacce a “la bellezza ed alla sacralità della vita e della famiglia”.
Lo Stato onori la famiglia fondata su matrimonio tra uomo e donna
Infine, i vescovi esortano gli Stati e gli organismi internazionali ad “onorare la trascendenza, la centralità e la superiorità valoriale della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, della maternità, della vita, della religione”. “Risvegliate le vostre coscienze!”, è l’appello conclusivo dei presuli, che esortano a “non rubare agli africani la loro libertà sovrana e a non tradire la loro fiducia”. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 262