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Sommario del 18/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa alla Specola: la Chiesa promuove autentica scienza

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Nel contesto del dialogo interreligioso, oggi più urgente che mai, la ricerca scientifica sull’universo può offrire una prospettiva condivisa da credenti e non credenti: è quanto ha sottolineato Papa Francesco nel discorso ai partecipanti al Simposio della Specola vaticana, che si conclude oggi. L'istituzione scientifica, che festeggia 80 anni di vita, da oggi ha un nuovo direttore: il gesuita Guy Joseph Consolmagno, membro della Specola e presidente della Vatican Observatory Foundation. Il servizio di Fausta Speranza

“La Chiesa e i suoi pastori abbracciano, incoraggiano e promuovono l’autentica scienza”: questo il messaggio di Papa Francesco, che ribadisce l’importanza del dialogo tra scienza e religione. Francesco ricorda in questo senso l’insegnamento di Leone XIII, per poi far riferimento ai più vicini predecessori: di Giovanni Paolo II riporta la raccomandazione:  

“Ciò che è importante è che il dialogo deve continuare e progredire in profondità e in ampiezza”.

E ancora l’affermazione di Benedetto XVI ai padri dell’ultima Congregazione Generale della Compagnia di Gesù, che da sempre guida la Specola: la Chiesa - diceva Benedetto - ha urgente bisogno di religiosi che dedichino la loro vita a stare proprio sulle frontiere tra la fede e il sapere umano, la fede e la scienza moderna.

Urgente dialogo tra credenti e non credenti
Dunque, Papa Francesco sottolinea innanzitutto l’importanza di tutto questo nel contesto del dialogo interreligioso, “oggi più urgente che mai”:

“La ricerca scientifica sull’universo può offrire una prospettiva unica, condivisa da credenti e non credenti, che aiuti a raggiungere una migliore comprensione religiosa della creazione”.

Il Papa ricorda le Scuole di Astrofisica, che la Specola ha organizzato negli ultimi trent’anni, definendole “una preziosa opportunità in cui giovani astronomi di tutto il mondo dialogano e collaborano nella ricerca della verità”. Una raccomandazione:

“E’ molto importante che voi condividiate il dono della vostra conoscenza scientifica dell’universo con la gente”.  

L'universo è un linguaggio dell'amore di Dio
Raccomandazione che meglio si coglie alla luce della convinzione che papa Francesco stesso ha espresso nell’Enciclica Laudato Sì e ripete oggi alla Specola: “L’universo è qualcosa di più che un problema scientifico da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode”. E ancora: “Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi”.

Francesco ricorda che “con la rifondazione della Specola a Castel Gandolfo, Pio XI stabilì anche che la sua gestione fosse affidata alla Compagnia di Gesù”. “In tutti questi anni - dice - gli astronomi della Specola hanno percorso cammini di ricerca, cammini creativi, seguendo le orme degli astronomi e matematici gesuiti del Collegio Romano, dal padre Cristoph Clavius al padre Angelo Secchi, passando dal padre Matteo Ricci e tanti altri”. E cita le parole con le quali Pio XI iniziava il suo discorso il 29 settembre 1935, quando inaugurò la Nuova Specola: “Deum Creatorem venite adoremus”. Sono parole che restano incise nel marmo sul muro di una delle cupole dei telescopi nella Residenza Papale di Castel Gandolfo. 

La Specola Vaticana continui il suo cammino di scienza e fede
L’omaggio del Papa per l’impegno della Specola:

“In spirito di gratitudine al Signore per la testimonianza di scienza e fede che i membri della Specola hanno reso in questi decenni, vorrei incoraggiarvi a continuare il cammino con i vostri colleghi, e con quanti condividono l’entusiasmo e la fatica dell’esplorazione dell’universo. È un viaggio che fate anche in compagnia degli impiegati della Specola, di benefattori e amici, e di tante persone di buona volontà. Sì, tutti siamo in viaggio verso la casa comune del cielo, dove potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo”.

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Videomessaggio Papa a Cuba: vengo come missionario della tenerezza di Dio

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Grande accoglienza ha ricevuto a Cuba il videomessaggio del Papa trasmesso ieri sera dalle Tv del Paese in occasione del viaggio che inizierà domani nell’isola caraibica. Il video è stato pubblicato sul sito della Conferenza episcopale www.iglesiacubana.net. Tutti i media ufficiali dello Stato cubano hanno dato ampio risalto alle parole del Pontefice che ha detto di compiere questa missione “per condividere la fede e la speranza” in Gesù. Dall’Avana il servizio di Sergio Centofanti: 

I canali della Tv statale cubana hanno trasmesso a reti unificate il videomessaggio del Pontefice.  “Mi fa molto bene e mi aiuta molto – ha affermato Papa Francesco - pensare alla vostra fedeltà al Signore e al coraggio con cui affrontate le difficoltà di ogni giorno, all’amore con cui vi aiutate e sostenete nel cammino della vita. Grazie per questa testimonianza così preziosa”.

Ciò che voglio dire – sottolinea il Papa - è “un messaggio molto semplice”, ma “importante e necessario: Gesù vi ama moltissimo, Gesù vi ama sul serio. Egli vi porta sempre nel suo cuore, Lui sa meglio di chiunque altro ciò che è necessario a ognuno, ciò cui aspira, qual è il suo desiderio più profondo, come è il nostro cuore”. E “quando non ci comportiamo come si aspetta, sempre ci resta accanto, pronto ad accoglierci, a confortarci, a darci una nuova speranza, una nuova possibilità, una nuova vita”, perché “non ci abbandona mai”.

Il Papa ringrazia i fedeli cubani che si stanno preparando con la preghiera per questa visita: “Abbiamo bisogno di pregare” – afferma – di “questo contatto con Gesù e Maria”. La preghiera semplice che stanno ripetendo molte volte al giorno è quella imparata sin da piccoli: “Sacro Cuore di Gesù rendi il mio cuore simile al tuo”. “E' bello – dice il Papa - avere un cuore come quello di Gesù per saper amare come Lui, perdonare, dare speranza, accompagnare”.

Vengo a Cuba – ribadisce il Papa – “come missionario della misericordia” e “della tenerezza di Dio” e per incoraggiarvi “ad essere missionari dell'amore infinito di Dio”. Quindi lancia la sua esortazione: “Che a nessuno manchi la testimonianza della nostra fede, del nostro amore. Che tutto il mondo sappia che Dio perdona sempre, che Dio è sempre accanto a noi, che Dio ci ama”.

Alla fine del videomessaggio il Papa affida questo viaggio e tutti i cubani alla Vergine della Carità del Cobre, Patrona di Cuba. Mi recherò al Santuario che la venera – conclude – “come un bambino che desidera arrivare alla casa della madre”.

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Tweet Papa: pregate per il mio viaggio a Cuba e negli Stati Uniti

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"Vi invito a pregare insieme con me per il mio viaggio a Cuba e negli Stati Uniti. Ho bisogno delle vostre preghiere". E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue.

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Gioia e speranza: il card. Parolin sul viaggio del Papa a Cuba e Usa

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Nell'imminenza del 10.mo viaggio apostolico di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti, cresce l'attesa nei due Paesi per l'arrivo del Pontefice; soprattutto a Filadelfia, dove il Santo Padre incontrerà i partecipanti all'VIII Incontro Mondiale delle Famiglie. Sulle aspettative di questo viaggio in due Paesi che hanno avviato un importante processo di riavvicinamento dopo 50 anni di rottura diplomatica e di duro embargo nei confronti dell'Avana, Alessandro Di Bussolo, del Centro Televisivo Vaticano, ha intervistato il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin

R. - Sì, è ben nota la posizione della Santa Sede su questo tema dell’embargo, che è una posizione contraria, al di là di quelle che possono essere le motivazioni, esiste un dato di fatto, e cioè che l’embargo, questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce. E’ da questo punto che la Santa Sede affronta la questione, e che a livello delle Nazioni Unite, nelle assemblee generali, ha appoggiato sempre le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba. E quindi c’è da sperare, come dicono i vescovi, c’è da augurarsi, c’è da auspicare, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli.

D. - Una tappa importante del viaggio a Cuba sarà la visita al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre…

R. - Mi pare normale che il Papa visiti un santuario mariano e un santuario mariano come quello della Caridad del Cobre di Cuba, perché la devozione mariana è una delle caratteristiche fondamentali della religiosità e della fede cattolica del popolo latino-americano e poi perché la Virgen de La Caridad del Cobre ha sempre accompagnato la storia dei cubani, in tutti i suoi momenti, di gioie e di dolori, di lotte, di sofferenze e di progressi, quindi è un po’ il simbolo della sua storia, il simbolo della stessa popolazione, quindi il Papa, andando al santuario incontrerà un po’ il cuore di questa isola e di questo popolo.

D. - Il Papa ha deciso di entrare negli Stati Uniti da Cuba, come un migrante, dicono i  vescovi americani, “per ricordarci che siamo un paese di immigrati”. Sarà questo uno dei temi principali della visita, visto anche quello che sta succedendo in Europa?

R. - Sì, certamente. Immagino che il Papa tratterà appunto come uno dei temi più importanti della sua visita proprio quello della migrazione. Ed è, come lei ricordava, una preoccupazione costante del Papa, di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni. Sappiamo quanti sono i suoi interventi, direi quasi quotidiani, su questo tema. E nello stesso tempo si trova a rivolgersi ad un Paese che ha una lunga storia di immigrazione e nello stesso tempo anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati. Mi pare che tutto questo può costituire davvero una base, un patrimonio sociale e culturale a partire dal quale affrontare anche le sfide odierne della migrazione e risolvere i casi che sono dolorosamente aperti. Quindi, io spero davvero che questo incontro da parte del Papa che porta questo problema nel suo cuore e un Paese che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista.

D. - A Washington Papa Francesco proclamerà santo fray Junipero Serra, missionario francescano che ha definito “padre fondatore degli Stati Uniti”. E’ un invito a recuperare la memoria ispana e cattolica alle origini del grande Paese?

R. - Sì, io credo che sulla Canonizzazione di padre Junipero Serra ci si deve riferire al discorso che il Papa ha fatto il 2 maggio scorso al collegio americano del Nord, quando è intervenuto in quel convegno che voleva essere una specie di preparazione a questa Canonizzazione. Quando lo ha definito uno dei padri fondatori dell’America, in particolare Junipero Serra è ricordato come il "padre della California". Però poi ha detto “è anche un santo della cattolicità”, ed è un patrono della popolazione ispanica negli Stati Uniti, per quanto egli ha fatto per l’evangelizzazione. Mi piace ricordare quello che il Papa ha detto ad un certo punto: “Di queste grandi figure noi siamo soliti passare sotto attenta osservazione sia i pregi sia anche i limiti e le debolezze”. Ma si domandava “Abbiamo noi la stessa generosità che hanno avuto queste persone, abbiamo noi lo stesso slancio, abbiamo noi lo stesso coraggio?”. Ecco, credo che questa è la lezione fondamentale che ci da’ il padre Junipero Serra, questo entusiasmo, questo coraggio, questo slancio per portare il Vangelo in quelle terre e che diventa anche oggi un invito a saper integrare all’interno della Chiesa degli Stati Uniti anche questa componente ispanica che diventa sempre più importante e sempre più rilevante e che ha un notevole contributo da offrire alla Chiesa degli Stati Uniti.

D. - Il Papa visiterà prima il Congresso degli Stati Uniti, poi le Nazioni Unite. Rilancerà il messaggio dell’Enciclica Laudato Sì?

R. - Sì, certamente. Però io direi in questo senso, nel senso certamente dei cambiamenti climatici e delle preoccupazioni che essi stanno generando per il futuro dell’umanità, ma direi anche nel senso di quell’ecologia integrale di cui lui parla, che prende in considerazione l’uomo all’interno del creato. E in questo senso non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa, e inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del Creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del Creato.

D. - Negli Stati Uniti, però, ci sono state alcune critiche, di chi considera l’Enciclica un attacco troppo forte al sistema capitalistico…

R. - Beh, credo che il Papa tocchi i punti fondamentali. Io so che ci sono state queste critiche, però il Papa credo invita tutti alla riflessione, e credo che è realistico rendersi conto che le cose non stanno andando nel verso giusto, quindi trovare anche delle vie di soluzione. Mi pare che il Papa inviti a questo. Ognuno può dare il suo contributo, ma c’è bisogno di un cambio, c’è bisogno di un cambio.

D. - A Philadelphia, Papa Francesco incontrerà le famiglie di tutto il mondo. Sarà l’ultima tappa del cammino verso il Sinodo di ottobre, in ascolto delle famiglie?

R. - Sì, credo di sì. Il Papa ha visto e vede e vive questo momento proprio come un ultimo momento in preparazione anche al Sinodo che si svolgerà in ottobre. Per mettere in luce, e credo che questo emergerà anche dall’incontro di Philadelphia, soprattutto la bellezza della famiglia e il messaggio che il Vangelo offre alle famiglie, l’aiuto che il Vangelo offre alle famiglie. Quindi questo aspetto positivo senza dimenticare anche le grandi sfide che la famiglia pone al mondo di oggi. Sarà davvero una preparazione immediata all’assemblea del Sinodo dei vescovi, ma credo che ci darà, darà a tutti i partecipanti, darà alla Chiesa intera questo nuovo entusiasmo e questa voglia di proclamare il Vangelo della famiglia e nello stesso tempo di aiutare le famiglie che si trovano in qualsiasi genere di difficoltà a vivere questo Vangelo nella sua pienezza che è fonte di gioia, di pace e di felicità per tutti.

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Vescovo Holguin: Cuba sta cambiando, società più aperta

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A Cuba fervono gli ultimi preparativi per il viaggio di Papa Francesco. La Diocesi di Holguín accoglierà per la prima volta nella storia un Pontefice. Qui il Papa celebrerà la Santa Messa lunedì prossimo. Ma con quali sentimenti i cubani si apprestano ad accogliere il Papa? Il nostro inviato Sergio Centofanti lo ha chiesto al vescovo di Holguín, Emilio Aranguren Echeverría

R. – Bueno. En primer lugar con sentimentos de alegría. ...
Anzitutto con sentimenti di gioia. Ci si attende qualcosa da lui: un gesto, una parola, un segno, che sia un segno buono per tutti. Bisogna tener presente che è il primo Papa che ci parlerà nella nostra lingua e che sin dal momento della sua elezione abbiamo avuto l’opportunità di seguire attraverso i mezzi di comunicazioni qui a Cuba: già i primi momenti del Conclave sono stati trasmessi dalla televisione… Una cosa che non era mai successa in precedenza. L’aspettativa è quindi una aspettativa di felicità, ma anche di speranza.

D. – Qual è il significato di questo viaggio di Francesco a Cuba?

R. - En primer lugar es significativo que tan solo en 17 años hemos recibido la visita de los tres …
Credo che sia anzitutto significativo il fatto che in questi ultimi 17 anni abbiamo ricevuto la visita degli ultimi tre Papi e credo che questo sia stato un gesto di sostegno alla nostra Chiesa, che ha vissuto e testimoniato la sua fede in una situazione particolare. I Papi vengono sempre - Giovanni Paolo II prima, Benedetto XVI poi e ora Francesco – a confermarci nella nostra fede. Papa Francesco viene come missionario della misericordia: quindi la sua presenza per noi rappresenta molto, rappresenta la vicinanza al prossimo, la vicinanza all’altro e ci aiuterà – come egli stesso dice - a metterci in uscita. Ma ha anche un grande significato sociale, come dimostra il fatto che le autorità cubane abbiano deciso di concedere l’indulto a più di 3 mila prigionieri… Una cosa, questa, che era stata sollecitata dalla stessa Conferenza episcopale cubana. Questo evidenzia che stiamo veramente vivendo un momento di cambiamento nel nostro Paese. Un significato molto forte per noi ha il riavvicinamento tra il governo di Cuba e quello degli Stati Uniti. E in questo il Papa ha avuto il suo peso. E’ stato un passo molto importante, ma è ora necessario continuare questo cammino. Sicuramente la visita del Papa a questi due Paesi farà sì che questo processo continui, che non si interrompa, anzi che si sviluppi il più possibile. Credo che tutto questo generi una grande aspettativa, perché tutti noi sappiamo che negli Stati Uniti vivono un gran numero di cubani che sono figli di questo popolo, che qui hanno le loro radici, che qui hanno molti dei loro familiari e dei loro amici. Credo che questo viaggio avrà anche questo significato.

D. – Cuba sta vivendo grandi cambiamenti. Quali sono le sue speranze?

R. – Creo que mi esperanza es que mejora …
La mia speranza è che la situazione migliori e che le cose vadano meglio per tutti i cittadini cubani, che si aprano delle possibilità, anche per la vita quotidiana delle famiglie… Questo è logico. Può immaginare anche le nostre speranze perché non ci sia più la necessità di lasciare il Paese, considerando che l’immigrazione ha così tanto segnato la vita del nostro popolo.

D. – Quali sono le sfide per la Chiesa cubana?

R. – La Iglesia en Cuba siempre ha enfrentado el gran desafío de la evangelización ...
La Chiesa cubana ha dovuto sempre affrontare la grande sfida dell’evangelizzazione. Una sfida particolare riguarda la fede della gente semplice, con la sua grande devozione alla Vergine della Carità. La nostra missione è cercare di avvicinarla sempre più a Gesù e alla Chiesa in un contesto in cui tanti cubani vivono varie forme di sincretismo religioso e dopo tanti anni di indottrinamento ateo che hanno privatizzato l’espressione religiosa. Adesso stiamo affrontando la sfida relativa alla formazione dei fedeli, perché siano testimoni del Vangelo in una società che sta sempre più cambiando: perché senza dubbio Cuba sta cambiando e questo cambiamento porterà ad una società plurale, più aperta ad altre realtà. La sfida è far sì che i cattolici testimonino il Vangelo con la loro fedeltà e con la loro gioia.

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Mons. Auza: visita Francesco all'Onu lascerà orme profonde

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“Una visita storica che lascerà orme profonde” così l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu sulla visita del Papa venerdì prossimo alle Nazioni Unite. Questa settimana al Palazzo di Vetro di New York si è inaugurata la 70.ma Assemblea generale che impegnata, fino ai primi di ottobre, a stabilire il programma dei lavori dei prossimi 15 anni. Francesco, quarto Papa all’Onu, sarà il primo pontefice ad intervenire nel contesto della  programmazione dell’agenda delle Nazioni Unite. Al microfono di Massimiliano Menichetti lo stesso mons. Bernardito Auza

R. – La visita del Papa è proprio storica. Si terrà davanti a molti capi di Stato e di governo e ministri provenienti da tutto il mondo che sono venuti per il Vertice per lo sviluppo sostenibile post 2015, durante il quale sarà adottato il documento contenente 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Sarà la prima volta che le delegazioni ufficiali dei 193 membri dell’Onu e degli osservatori permanenti, capeggiate dalle proprie massime autorità nazionali, saranno sedute nell’aula dell’Assemblea generale per ascoltare Papa Francesco.

D. - Come l’Assemblea delle Nazioni Unite si è preparata a questo evento?

R. - Per far sì che la visita pontificia possa aver luogo l’Assemblea generale ha dovuto spostare l’apertura del vertice dalle ore 9 alle ore 11. Tante altre cose amministrative e logistiche sono state cambiate dall’Assemblea generale e da tutto l’Onu per facilitare la visita fortemente voluta dal segretario generale Ban Ki-moon. Possiamo dire che in questo senso tutto il programma generale è stato ridisegnato in funzione della visita del Santo Padre. Ci sono stati grandi e intensi preparativi per questa visita del Papa. E’ una visita complicata, per così dire, dalla presenza di un grandissimo numero di capi di Stato e di governo e siamo grati all’assemblea generale per questa disponibilità nell’organizzare la visita del Santo Padre.

D. – La visita del Papa si colloca tra due Sinodi sulla famiglia; più volte Francesco ha ribadito la centralità di questa cellula fondamentale della società…

R. – Certo, la Chiesa cattolica e alcune altre religioni esplicitamente ritengono la famiglia come il cuore della società. Inoltre abbiamo sempre insistito che la famiglia è anche un protagonista, un agente primario dello sviluppo, soprattutto dello sviluppo integrale: cioè, non solo materiale ma anche dello sviluppo umano, della maturazione umana. E questo aspetto lo abbiamo ripreso specialmente in questi ultimi tre anni di dibattiti sull’agenda post 2015, l’agenda per lo sviluppo. Però, anche le Nazioni Unite riconoscono la famiglia come agente principale dello sviluppo.

D. – Però proprio sul come definire la famiglia, l’Onu è molto divisa…

R. - Lo abbiamo anche visto nel voto per quella risoluzione presentata al consiglio per i diritti umani. Si vede ancora che questa divisione è molto presente. C’è un forte gruppo in cui l’Unione europea gioca un ruolo di primo piano che respinge il termine “la famiglia” perché dicono si riferisce solo alla famiglia tradizionale, di uno sposo e di una sposa, con i figli. E insistono sul termine “tutti i tipi di famiglie” o “tutte le forme di famiglie” per comprendere tutti i tipi di unione, le unioni gender. Quindi, diciamo che i Paesi che pensano come noi hanno una grande aspettativa che Papa Francesco ribadisca la centralità della famiglia e il significato della famiglia.

D. – I poveri e i sofferenti sono nel cuore del Papa: che spazio hanno ordinariamente queste realtà nel dibattito delle Nazioni Unite?

R. – E’ un tema predominante, soprattutto in questi ultimi otto mesi, in cui si è lavorato su questo grande documento per lo sviluppo sostenibile. C’è un consenso universale sulla priorità da dare alla lotta contro la povertà. In questo senso gli interventi in Assemblea dei Paesi poveri sono stati ascoltati. E questo è stato importante non solo perché si è presentata una realtà, ma per insistere, proporre e cercare di livellare la povertà. Quest’anno ci sono grandi conferenze: quella sul finanziamento per lo sviluppo che ha avuto luogo in Etiopia, poi abbiamo questo vertice sullo sviluppo e poi a dicembre i cambiamenti climatici. Questi sono tutti i temi che girano attorno alla questione della povertà e degli aiuti che possono arrivare dai Paesi più sviluppati e tecnicamente evoluti.

D. – Anche guardando alla conferenza che ci sarà a dicembre, tra le sfide lanciate dal Papa, quella di un’economia che non prevalga sull’uomo e, nella sua ultima enciclica Laudato si’, il rispetto del Creato. Che eco hanno queste parole del Papa all’Onu ?

R. – L’Enciclica Laudato si’ ha avuto un’eco veramente molto forte qui all’Onu. Tutti, dal segretario generale, fino a tantissime delegazioni, soprattutto in vista della conferenza a Parigi, il dicembre prossimo, hanno messo veramente bene a fuoco il cuore di questo documento che più che sui cambiamenti climatici è proprio un documento sulla giustizia sociale. Per esempio, un grande facilitatore di questi negoziati all’Onu ha aperto gli ultimi interventi del negoziato utilizzando la Laudato si’, quindi invitando tutti, cattolici e non cristiani, a leggere il documento, perché ha detto: “tutto quello che noi trattiamo qui si trova nella Laudato si’”. Quindi in questo senso l’effetto è grande.

D.  – Il terrorismo internazionale ma anche tante guerre ancora in atto deturpano il mondo: l’intervento del Papa potrebbe incidere anche su questo fronte dove sembra che solo le armi possono sconfiggere la violenza?

R.  – Anche su questa questione non ci sono aspettative, ma quasi certezze che il Papa toccherà la questione della sicurezza internazionale e della pace e sicuramente farà riferimento alla questione del Medio Oriente. Tanti pensano già che il Papa parlerà dell’immigrazione. Questa è un’aspettativa molto forte. Poi qui all’Onu c’è anche una grande attesa che il Papa aiuti le Nazioni Unite a vedere più chiaramente la questione della responsabilità, come proteggere le popolazioni dalle grandi atrocità, dai crimini di guerra, dai crimini contro l’umanità, dai genocidi. C’è interesse: si vuole ascoltare cosa dirà il Papa su queste questioni.

D. – Personalmente qual è il suo auspicio per questo viaggio del Papa?

R. – Sicuramente che lasci orme profonde in seno all’Onu sulle grandi questioni di oggi, soprattutto sulla questione della sicurezza internazionale. Se pensiamo alla Siria, all’Iraq, tutte queste persone in movimento attraverso i deserti, i mari pericolosi… Questo è il cuore della questione. L’attesa dell’Assemblea è anche che lasci orme profonde sulla questione dei rapporti tra povertà, giustizia sociale e ambiente, cuore della Laudato si’.

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A nome del Papa, famiglia di profughi siriani ospitata in Vaticano

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Da alcuni giorni, la comunità parrocchiale di Sant’Anna in Vaticano ha accolto una famiglia di profughi, composta da padre, madre e due figli. La famiglia, di nazionalità siriana, arriva dalla città di Damasco da cui è fuggita a causa della guerra. E’ quanto informa l’Elemosineria Apostolica con un comunicato. Il servizio di Alessandro Gisotti

A pochi giorni dall’appello di Papa Francesco all’Angelus del 6 settembre scorso, una famiglia di profughi provenienti dalla Siria è ora accolta in Vaticano. Si tratta di una famiglia di cristiani di rito greco-melchita cattolico, del Patriarcato di Antiochia. Tutti e quattro i componenti della famiglia, informa l’Elemosineria Apostolica, sono stati ospitati in un appartamento del Vaticano, nelle vicinanze di San Pietro. È stata, inoltre, “subito avviata la procedura per la richiesta di protezione internazionale”.

Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano assiste famiglia profughi
In base alla legge, si ricorda nel comunicato, per i primi sei mesi dalla presentazione della domanda d’asilo i richiedenti protezione internazionale non possono lavorare. In questo periodo saranno, dunque, “assistiti e accompagnati dalla comunità parrocchiale di Sant’Anna”. Fino alla decisione italiana di riconoscere o meno lo status di rifugiati, si legge ancora nella nota, “non è possibile fornire altre informazioni che riguardano questa famiglia accolta dalla parrocchia di Sant’Anna in Vaticano”. Pertanto, proprio per tutelarli in questo cammino di riconoscimento, si chiede ai mass media “di rispettare la loro volontà di non essere cercati e intervistati”.

Impegno a tutto campo dell’Elemosineria per i profughi
Per quanto riguarda l’accoglienza della seconda famiglia da parte dell’altra parrocchia vaticana, quella di San Pietro, l’Elemosineria non darà “alcuna notizia fino alla conclusione dei necessari adempimenti”. In questo contesto di carità cristiana verso le persone che fuggono dalla guerra e dalla fame, sottolinea il comunicato, “vale la pena anche sottolineare che da molti anni i Pontefici, attraverso l’Elemosineria Apostolica, hanno contribuito al pagamento delle tasse per il rilascio del primo permesso di soggiorno per i rifugiati per mezzo del Centro Astalli diretto dai Gesuiti (nel 2014 sono stati erogati circa 50 mila euro a tale fine)”. Oltre a questo, l’Elemosineria, sempre a nome del Papa, aiuta quotidianamente numerose persone e famiglie di profughi, oltre a provvedere alle prime necessità, anche sanitarie, per molti centri di accoglienza situati a Roma.

Papa mette a disposizione profughi ambulatorio mobile
Da alcuni giorni, poi, riferisce l’Elemosineria Apostolica, “un moderno ambulatorio mobile, donato alcuni anni fa dalla Baviera al Papa e fino ad oggi riservato solamente agli eventi da Lui presieduti, è stato messo a disposizione alcune volte a settimana per assistere i profughi nei centri di accoglienza, anche non regolari, situati nelle periferie della Città di Roma”. I volontari, conclude il comunicato, sono medici, infermieri e Guardie Svizzere, sono dipendenti dello Stato Vaticano, dell’Università di Tor Vergata e membri dell’Associazione di Istituto di Medicina Solidale Onlus.

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Telefonata tra Papa Francesco e Mahmoud Abbas

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La Sala stampa vaticana conferma che ieri è avvenuta una telefonata tra Papa Francesco e il presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas, ma non ha nulla da dichiarare sui contenuti della conversazione.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Il Papa ha ricevuto oggi la signora Anne Brasseur, presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.

In Islanda, Francesco ha accettato la rinuncia di mons. Peter Bürcher all’ufficio di vescovo di Reykjavik, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Reykjavik, il rev.do padre David Tencer, O.F.M. Cap., finora parroco di S. Þórlákur a Reyðarfjörður.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nuova speranza e nuova opportunità: in un videomessaggio alla vigilia del viaggio il Papa saluta il popolo cubano.

I presidenti delle Conferenze episcopali cubana e statunitense nell’imminenza della visita del Pontefice.

Valori condivisi per un futuro comune: in prima pagina, un editoriale del segretario generale Ban Ki-moon su Francesco alle Nazioni Unite.

Tra i misteri dell’universo: alla Specola Vaticana il Papa indica l’obiettivo di una migliore comprensione religiosa della creazione (con la biografia del nuovo direttore).

Un articolo di Paolo Vian dal titolo “Il medioevo calunniato”: torna un classico di Haskins.

Dante per i più piccoli: Silvia Guidi sulla Divina Commedia in formato tascabile.

Medicina per l’anima: Hermann Geissler su Newman e la fiducia nella Chiesa, a cinque anni dalla Beatificazione.

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Oggi in Primo Piano



Migranti: la Croazia chiude quasi tutti i valichi

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Mentre l’Ungheria sta erigendo barriere al confine con la Croazia, anche quest’ultima ha chiuso sette dei suoi otto valichi per arginare il flusso di migranti proseguito ininterrottamente nella notte. Il governo croato segnala, infatti, l’insostenibilità di un’accoglienza illimitata. Ma intanto si registrano due nuove vittime della disperazione. La cronaca di Paola Simonetti

Il flusso è proseguito in Croazia per tutta la notte fino alle prime ore di questa mattina dalla vicina Serbia. Decine gli autobus carichi di profughi giunti nel Paese, in almeno 13 mila hanno messo piede in suolo croato nelle ultime 48 ore. Ma la Croazia segnala l’insostenibilità di un’accoglienza illimitata e ha deciso di chiudere sette dei suoi otto valichi, lasciando aperto quello di Bajakovo, sull'autostrada tra Belgrado e Zagabria, tratto nel quale è stato invece dato lo stop ai treni.

Flussi profughi si dirigono verso la Slovenia
I flussi dunque ora si dirigono anche verso la Slovenia. E mentre l’Ungheria fortifica le sue barriere estendendole proprio al confine con la Croazia, oggi si registrano altre due vittime della disperazione: un migrante è morto fulminato nell'Eurotunnel, sotto alla Manica, mentre una bambina di quattro anni è annegata nell’ennesima tragedia del mare al largo della Turchia.

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Manzione: hot spot per gli immigrati per lo più in Sicilia

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“Il male non è l’immigrazione, ma l'ingiustizia diffusa nel mondo che la provoca”. Lo ha affermato il presidente della Caritas italiana il cardinale Francesco Montenegro. Intanto, in vista del vertice europeo del 22 per il ricollocamento di 120 mila profughi, l’Italia prepara il proprio piano di accoglienza.  Alessandro Guarasci ha sentito il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione

R. – Il piano nazionale già prevedeva la creazione di alcuni hub, in particolare, uno per regione, che consentissero un  momento di compensazione fra lo sbarco e l’accoglienza diffusa, proprio per evitare grandi concentrazioni che creino una serie di problemi, sia di ordine pubblico sia soprattutto sotto il profilo dell’integrazione. Il piano europeo invece ci chiede un’altra cosa, cioè ci chiede di creare degli hot spot, cioè dei luoghi dove le persone che sbarcano dovrebbero essere anzitutto identificate e quindi inserite in un sistema europeo che si chiama Eurodac e che consente poi l’applicazione delle regole di quello che ormai possiamo definire il famigerato Accordo di Dublino.

D. – Voi avete già identificato questi hot spot?

R. – Vi sono alcune ipotesi sul tappeto e sono ovviamente ipotesi che fanno riferimento a luoghi dove già indirizziamo le imbarcazioni che fanno salvataggio. Sono chiaramente luoghi di sbarco, per lo più collocati in Sicilia, per l’ottima ragione che essendo noi impegnati su un fronte particolare, cioè sul mare, abbiamo bisogno di avere centri di sbarco che siano il più possibile vicini allo scenario dell’operazione, altrimenti l’operazione in mare diventa poi impraticabile.

D. – Non rischiamo però di creare tanti Mineo, cioè alcuni grossi centri che potrebbero poi avere problemi di rapporti con la popolazione locale?

R. – No, no, questo direi di no, anche perché – ripeto – la funzionalità dei centri , almeno per quello che c’è scritto finora nel piano – poi vedremo il 22 se uscirà fuori qualcosa di diverso, ma non mi pare per ora che sia all’orizzonte - dovrebbe essere esclusivamente quella dell’identificazione e dell’inserimento nel sistema Eurodac, dopo avere preso le impronte. Quindi, appena fatto questo, evidentemente dovrebbero essere immediatamente avviati, se sono richiedenti asilo, in centri del tutto ordinari, che sono quelli che abbiamo sparsi sul territorio.

D. – Questo, però, non andrebbe accompagnato anche ad una velocizzazione delle procedure per la richiesta dell’asilo?

R. – La nostra posizione ovviamente è la posizione di chi vorrebbe che il piano diventasse operativo nella sua interezza. Per poterlo fare diventare operativo nella sua interezza, c’è bisogno esattamente anche di quello che diceva lei, cioè di velocizzare il più possibile le procedure che consentono di stabilire se chi è richiedente asilo ha davvero diritto alla protezione internazionale oppure no.

D. – Voi aspettate che nei prossimi giorni il flusso degli immigrati si sposti dalle regioni balcaniche verso le regioni dell’Est dell’Italia, per esempio il Friuli Venezia Giulia? C’è questa ipotesi? Lo state prendendo in considerazione?

R. – Guardi, normalmente i flussi si orientano con riferimento alle reazioni o alle strutture, o alle normative persino, che ogni singolo Stato ha. Quindi non è da escludere niente e da questo punto di vista ovviamente siamo ben guardinghi.

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Iraq. Mons Warduni: situazione gravissima, vogliamo la pace

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E’ la pace il primo e il più importante diritto negato in Iraq. Ad affermarlo mons. Shelmon Warduni, presidente della Caritas irachena intervenendo ieri all’incontro promosso a Roma dal Pontificio Consiglio Cor Unum ed incentrato sulla crisi umanitaria in Iraq e in Siria. Amedeo Lomonaco lo ha intervistato: 

R.- La situazione umanitaria è molto grave perché mancano i diritti fondamentali essenziali: la pace, la sicurezza e l'uscita forzata dai nostri villaggi e dalle nostre case. E’ questo che ci fa male: vedere le nostre case in mano ad altri mentre noi abitiamo nelle tende. La Chiesa chiede e vuole la pace. La Chiesa vuole e cerca la sicurezza. Noi chiediamo a tutto il mondo di darci i nostri diritti umani. Lo chiediamo all’Onu, all’America, all’Europa. E agli arabi specialmente, che devono avere la mente chiara e vivere in pace, aiutandosi gli uni gli altri per la pace, non per la guerra. Cosa c’è di buono nella guerra? Nella guerra tutto è male: tanti orfani, tante vedove, tanti giovani uccisi. E alla fine non ci sono né vincitori né vinti.

D. - Dietro questo male prodotto anche dall’estremismo islamico, più che un’ideologia forse c’è proprio il diavolo…

R. – Il Cielo si è aperto e i diavoli sono scesi sulla terra. Il cuore è duro, la mente pensa al male più che al bene. Ciascuno vuole i suoi interessi. Questo  è il male. Questo non è cristiano. Cristiano è: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. L’amore cristiano è sacrificarsi per l’altro, non per me. E’ questo ciò che ha fatto veramente Cristo: è morto per noi. Non c’è amore più forte di questo: dare la propria vita per gli altri. Noi cristiani abbiamo bisogno di questo.

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Mozambico: completata bonifica del Paese dalle mine

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Il Mozambico è libero dalle mine. Il governo di Maputo ha annunciato la fine delle operazioni di bonifica da 170mila ordigni, disseminati nel Paese sia durante la guerra di indipendenza con gli ex coloni portoghesi, sia durante la successiva guerra civile conclusasi nel 1992. Oltre 10mila le vittime fino a oggi. Su questo importante traguardo per la sicurezza del Paese africano, Elvira Ragosta ha intervistato Giuseppe Schiavello, direttore della onlus “Campagna italiana contro le mine”: 

R. – E’ sicuramente un’ottima notizia, considerando che il Mozambico ha aderito alle convenzioni sulle cluster bombs (bombe a grappolo) e sulle mine antiuomo, e alla convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

D. – L’operazione è durata oltre 20 anni; ha avuto inizio nel ’92, alla fine della guerra civile, ma alcuni ordigni furono disseminati nel Paese anche nel corso della guerra di liberazione dai colonizzatori portoghesi. Come è avvenuta la bonifica? Chi l’ha materialmente condotta e finanziata?

R. – Sono state presenti diverse organizzazioni: da “Handicap International” a “Halo Trust” e poi c’è sempre l’agenzia delle Nazioni Unite "Unmas".Le forze impegnate in questo senso sono state molteplici, tra ong e agenzie delle Nazioni Unite. L’Italia ha contribuito moltissimo attraverso il Fondo 5801, specialmente nei primissimi 10 anni, dal 2001 in poi: ha stanziato diversi fondi a favore del Mozambico.

D. – Si è parlato anche dell’uso di topi giganti addestrati a riconoscere l’odore delle mine anti-uomo: quando è stato determinante l’uso di questi roditori speciali?

R. – Questi roditori normalmente segnalano la presenza di mine; poi, per arrivare a una bonifica definita sicura in termini umanitari bisogna comunque passare attraverso una bonifica manuale molto complessa e sostanzialmente anche pericolosa. Nell’ultimo anno, tra le vittime che ci sono state in Mozambico – credo 11 o 12 – la metà erano sminatori.

D. – Liberare il Mozambico dalle mine significa, certo, mettere in sicurezza la popolazione, ma anche dare nuovo impulso all’economia locale, soprattutto agricola, in un Paese che attrae sempre più investitori internazionali. Quanto gioverà al Pil del Mozambico, questa operazione?

R. – Sicuramente, è sempre un passo avanti: sia per quanto riguarda gli investitori, ma soprattutto per le piccole attività che – lo ricordiamo – in questi Paesi sono spesso a vocazione agricola; ma la stessa raccolta della legna da parte della popolazione può essere un po’ meno pericolosa.

D. – Quante sono state le vittime in Mozambico, e che tipo di mine si trovavano nel Paese?

R. – Credo che ci siano state circa tra le 10 e le 12 mila vittime. Le mine che si trovano in Africa provengono sia dall’Asia sia anche da ex-produttori italiani: gli italiani, oggi famosi per l’impegno contro gli ordigni inesplosi, nel passato ne erano stati grandi produttori. In realtà, il mercato era così vasto, all’epoca, che la circolazione di ordigni di tutti i tipi era veramente all’ordine del giorno.

D. – Quali sono, a oggi, gli altri Stati interessati al problema delle mine?

R. – Alcuni hanno ereditato le mine come la Cambogia, l’Afghanistan, la Colombia che oramai ha anche ratificato il Trattato sulle “cluster bombs” ed è certamente uno dei Paesi con il maggior numero di mine in assoluto …

D. – Uno degli aspetti più tragici di questo problema è che le vittime sono soprattutto civili e in particolare bambini …

R. – Il 95 per cento delle vittime sono civili e di questi, il 25 per cento sono bambini: è un dato sconcertante … Ricordiamo che in tutti questi Paesi che sono in balia di guerre incontrollate, come la Siria e come l’Iraq, c’è un uso anche terroristico di queste armi. Sostanzialmente, i bambini sono le vittime predestinate perché sono molto curiosi …

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Acli: crescono le differenze sociali, come nel Dopoguerra

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In Italia, solo negli anni tra il 1977 e il 1991 i poveri hanno visto un sensibile miglioramento delle loro condizioni di vita. Ed oggi, sul fronte della disuguaglianza, siamo tornati ai livelli del Dopoguerra. E’ quanto emerge dall’annuale convegno di studi delle Acli ad Arezzo in corso fino a sabato. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Le disuguaglianze nella socetà italiana tendono ad aumentare. Su questo fronte il Paese di oggi è simile a quello del 1945-46. Il direttore del centro di ricerca Iref Acli, Marco Livia:

“La diseguaglianza noi la percepiamo soprattutto tra chi ha il lavoro e chi non ha il lavoro. Chi ha il lavoro è in una situazione sicuramente, anche se toccato dalla crisi, di sicurezza e di maggiore robustezza del proprio futuro. Le nuove generazioni hanno difficoltà a costruire il loro futuro, a costruire quella che può essere anche una dimensione di famiglia, una dimensione di vita, a progettare la propria storia di vita: sono bloccati”.

Ne consegue che ci si sposa sempre più tardi ed è sempre più difficile fare figli. E un’altra spia da tenere sott’occhio: si è tornati ad emigrare. Ancora Livia:

“Si torna ad emigrare al settentrione, si torna ad emigrare anche all’estero. Noi abbiamo un saldo negativo in questo momento tra persone che rientrano e persone che escono di meno 32.814. Quindi ogni anno noi perdiamo 32.814 persone funzionalmente - questi sono i dati del saldo migratorio dei cittadini italiani proprio nelle fasce di età giovanile - rispetto al 2002, per esempio, in cui il saldo migratorio era di meno 8”.

Solo negli anni ’80 i più poveri hanno beneficiato dell'aumento del reddito. Negli ultimi dieci anni, poi se mettiamo assieme aumento della povertà e calo della crescita, l’indice della disuguaglianza è cresciuto di oltre sei punti percentuali. L’economista Giovanni Vecchi:

“Gli italiani non hanno neppure una linea ufficiale nella povertà. Quindi, da quando il Regno è nato, nel 1861, gli italiani non hanno mai saputo dotarsi di uno strumento per misurarlo. Direi che questo sia un dato eloquente”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Pakistan: ricordati gli eroi cristiani morti per la fede

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Una celebrazione per gli eroi cristiani al Seminario di Lahore
Ricordare quei pakistani cristiani che hanno sacrificato la loro vita per difendere o costruire la nazione, e tutti coloro che hanno combattuto con coraggio in guerra o contro il terrorismo. Questo lo spirito della celebrazione che si è tenuta nei giorni scorsi al Seminario minore “Santa Maria” di Lahore, a cui hanno preso parte sacerdoti, laici e seminaristi della diocesi, insieme ad autorità civili, militari e accademiche, accolte da padre Inayat Bernard, Rettore del Seminario.

Ricordati  il ministro cattolico Shahbaz Bhatti e il maggiore Sermes Rauf
Durante l’incontro sono stati ricordati il ministro cattolico Shahbaz Bhatti, il maggiore Sermes Rauf, Cecil Chaudry, ed altri magistrati e intellettuali uccisi per la loro sete di giustizia e di verità.“Sappiamo che il Pakistan sta affrontando una sfida contro la discriminazione religiosa e l'estremismo" ha sottolineato il colonnello K.M. Roy che è stato per 34 anni nell’esercito pakistano,"non vi è alcuna differenza religiosa nell’esercito del nostro paese. Tutti i militari, musulmani, indù o cristiani, sono uniti nel difendere la nazione”.

Ricordato anche Singha, presidente cristiano dell’Assemblea parlamentare nel 1947
Durante la cerimonia è stato presentato un documentario sulla vita di Cecil Chaudhary,  ed è stata ricordata anche la figura Seeta Parkash Singha, presidente cristiano dell’Assemblea parlamentare in Punjab nel 1947, il cui ruolo è stato fondamentale nella creazione del Pakistan.Il giornalista Victor Denial ha ricordato tutti quei cristiani che hanno servito o  che oggi ancora servono il Pakistan nei diversi campi della vita pubblica, sottolineando che “Dovremmo trarre ispirazione dai nostri eroi cristiani”.

Elezioni in Punjab: i cristiani dicono no alla discriminazione
Intanto in vista delle elezioni amministrative che si terranno il prossimo 12 ottobre, in cui si eleggeranno le assemblee provinciali in Punjab e Sindh, oggi organismi e associazioni cristiane, leader politici, difensori dei diritti umani, attivisti e intellettuali appartenenti al mondo accademico, hanno chiesto pari opportunità  e cittadinanza per tutti, senza discriminazioni. Infatti forte nella società civile è la preoccupazione per la scarsa rappresentanza delle donne, delle minoranze religiose, di persone provenienti dalle aree rurali, di giovani. Per questo è stato rilanciato questo tema delle pari opportunità per gruppi e comunità emarginate, specie delle minoranze religiose.

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Nigeria: oltre 1,4 milioni di bambini in fuga dal conflitto

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Solo negli ultimi 5 mesi oltre 500mila i piccoli costretti a fuggire da Boko Haram
Sono oltre 1,4 milioni i bambini costretti a fuggire verso il nordest della Nigeria e nei paesi vicini a causa degli attacchi del gruppo armato di Boko Haram. E negli ultimi 5 mesi sono stati oltre 500mila i piccoli che hanno dovuto lasciare le proprie case per fuggire. Sono questi alcuni dati allarmanti diffusi dall’ Unicef.Sono 1,2 milioni i bambini  oltre la metà dei quali sotto i 5 anni che sono scappati dal nord della Nigeria, mentre altri 265.000 bambini hanno cercato asilo in Camerun, Ciad e Niger.“Ognuno di questi bambini che fugge per salvare la propria vita è  un’infanzia spezzata” ha spiegato Manuel Fontaine, Direttore Regionale dell’UNICEF per l’Africa Centrale e Occidentale. “E’ veramente preoccupante vedere che i bambini e le donne continuano ad essere uccisi, rapiti e usati per trasportare bombe”

Ampliate le operazioni salvavita dell' Unicef
Fin dall’inizio dell’anno, vista la situazione di forte emergenza, l’Unicef in collaborazione con i governi e i partner nei quattro paesi colpiti, ha ampliato le operazioni salvavita per aiutare sia i piccoli che le loro famiglie. Infatti sono stati oltre 315.000 i bambini vaccinati contro il morbillo; più di 200.000 le persone che hanno ricevuto accesso ad acqua pulita; 65.000 i bambini sfollati e rifugiati che hanno potuto continuare ad studiare grazie alla distribuzione di materiali scolastici; 72.000 i bambini sfollati che hanno ricevuto supporto psicologico; 65.000 i piccoli sotto i 5 anni che sono stati curati per malnutrizione acuta grave.

Ancora emergenza per la regione del lago Ciad
Ancora forte invece, l’emergenza umanitaria  per la regione del lago Ciad, dove servono aiuti finanziari. Infatti dei 50,3 milioni di dollari richiesti, l’Unicef quest’anno ha ricevuto solo il 32%. A causa di questo deficit, oltre 124.000 bambini colpiti dal conflitto devono ancora essere vaccinati contro il morbillo, più di 83.000 non hanno ancora accesso all' acqua potabile e oltre 208.000 non vanno a scuola.

Per sostenere la campagna Unicef
“Con un incremento del numero di rifugiati e con risorse non sufficienti, la nostra possibilità di distribuire aiuti salvavita sul campo è seriamente compromessa” ha continuato Fontaine. “Senza ulteriori aiuti, centinaia di migliaia di bambini che hanno bisogno di aiuto non avranno accesso a cure mediche di base, acqua pulita e istruzione”. E’ possibile sostenere la campagna Unicef “Non è un viaggio. E’ una fuga. Aiuta i bambini in pericolo” sul sito www.unicef.it/bambininpericolo.

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Quattro italiani vincitori del Premio cittadino del Parlamento Ue

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Quattro gli italiani premiati
Si tratta dell'’Istituto di Medicina Solidale Onlus, che si occupa di persone escluse dall' assistenza sanitaria, di don Michele de Paolis, tra i padri fondatori dell’associazione Comunità sulla Strada di Emmaus, di Giulia Ferrara di Viandando, l'associazione sul recupero del relitto F-174, affondato nel 1996 a largo di Porto Palo con quasi 300 migranti a bordo, e infine di Medici con l’Africa Onlus-CUAMM per la promozione e la tutela delle popolazioni. Sono loro i  quattro vincitori italiani fra i 47 premiati dell’edizione 2015 del Premio del Cittadino del Parlamento Europeo.

I vincitori ad ottobre saranno a Bruxelles
La cerimonia che si è svolta nell’ Istituto Europeo di Villa Salviati a Firenze, ha visto la partecipazione straordinaria del cantautore Niccolò Fabi  sostenitore dell’Associazione Medici con l’Africa. I vincitori saranno invitati nel mese di ottobre a Bruxelles per partecipare alla sessione solenne del Parlamento Europeo. La vice presidente del parlamento europeo Sylvie Guillaume e la giuria del premio cittadino, hanno voluto riconoscere gli sforzi  di chi opera quotidianamente in ambiti come l’assistenza sanitaria per i più poveri, gli aiuti ai bisognosi, la solidarietà e il salvataggio dei migranti e dei più deboli.

Donare se stessi per aiutare la comunità
Dal 2008 questo premio viene assegnato a coloro che si sono distinti per rafforzare l’integrazione europea mettendo in pratica i valori della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. “Il messaggio che ci trasmettono i vincitori di questo premio – sottolinea l’eurodeputata Elena Gentile membro della Commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento Europeo – è che si può donare se stessi e la propria passione civile per creare un nuovo modo di stare insieme e di concepire la comunità”.

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Neonata disabile abbandonata, medici le danno cognome Bergoglio

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Marianna Bergoglio sta bene, ha poco più di un mese di vita e cerca una famiglia o una realtà che possa accoglierla. A mettere questo nome con il cognome del Papa alla bambina sono stati i medici dell'ospedale Umberto I di Enna. E’ la storia raccontata dal portale "Redattore Sociale", di una bimba nata con una malformazione, e per questo purtroppo abbandonata dai genitori naturali. Attualmente ancora non si sono trovate strutture preposte ad accoglierla, e medici ed infermieri del reparto di pediatria in tutto questo periodo, si stanno prendendo cura con amore di lei e il direttore sanitario ha già sollecitato il comune affinché trovi una struttura d’accoglienza per la bambina.

La bambina è nata alla 33.ma settimana
Marianna Bergoglio è nata lo scorso 27 luglio; non ha mai avuto un contattato con la madre naturale, una donna che insieme al compagno, dopo il parto l'ha lasciata in ospedale. Secondo alcune informazioni la donna avrebbe scoperto la malformazione della bimba solo con l'ultima ecografia perché durante la gravidanza non si sarebbe rivolta ad alcun ginecologo. La piccola, che è nata prematura, alla 33.ma settimana, oggi pesa quattro chili ed è lunga 57 cm.

Si cerca una famiglia o una struttura adatta che accolga la piccola
"Marianna è assistita da tutto il personale sanitario con grande affetto e attenzione", sottolinea il direttore sanitario del nosocomio, Calogero Vasco. "Abbiamo subito attivato tutte le procedure previste per legge informando il tribunale dei minori e il comune per cercare un centro, una casa famiglia che potrà ospitarla non appena potrà essere dimessa. Fino a questo momento non è stato trovato nulla ma mi auguro che il comune ci aiuti presto a trovare una strutture qualificata. Gli assistenti sociali del comune sono già venuti e seguiranno la piccola in questi giorni per trovare una soluzione più adeguata. Ognuno di noi in questo momento sta facendo la sua parte e adesso aspettiamo che la situazione si risolva al più presto per il bene della bambina. Ringrazio, intanto, tutti i colleghi  sanitari e tutto il personale del reparto che la stanno seguendo con grande dedizione e che continueranno a farlo, garantendo il benessere della piccola fino a quando non verrà trasferita in un centro predisposto ad ospitarla".

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 261

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.