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Sommario del 14/09/2015
- Francesco: seguire via della Croce per vincere seduzioni del male
- Il Papa a Radio Renascenca: "Preferisco una Chiesa incidentata"
- Intervista al Papa di Radio Milenium di Buenos Aires
- Papa nomina mons. De Donatis nuovo ausiliare di Roma
- Tweet Papa: Dio predilige gli umili
- Cortile di Francesco ad Assisi. Card. Ravasi: mettere al centro l'umanità
- Incontro consacrati. Carballo: serve profezia in mondo secolarizzato
- 2012, Benedetto XVI a Cuba: convivano giustizia e libertà
- Riunione di “Cor Unum” sulle crisi siriana e irachena
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Migranti: ripresi i controlli ai confini Ue. Vertice a Bruxelles
- Regno Unito: nuovo leader laburista Corbyn forma governo ombra
- Ccee in Terra Santa: famiglia e secolarismo le sfide della Chiesa in Europa
- Al via l'anno scolastico, spariranno le supplenze?
- Rapporto di Save the Children sulla povertà educativa
- Il metroplita russo Hilarion a Milano tra Expo e musica sacra
- India: presidente incontra vittime pogrom anticristiani in Orissa
- Israele. respinta richiesta risarcimento per incendio chiesa di Tabgha
- Iraq: cristiani di Ninive in processione per festa della Croce
- Vescovi Argentina: malnutrizione e povertà, realtà terribili
Francesco: seguire via della Croce per vincere seduzioni del male
Per andare avanti “sulla strada della vita cristiana” bisogna abbassarsi come ha fatto Gesù sulla Croce. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, alla quale hanno partecipato anche i cardinali del "Consiglio dei Nove" che da oggi sono riuniti con il Papa fino al 16 settembre. Si tratta dell'11.ma riunione dell'organismo voluto dal Papa per aiutarlo nella riforma della Curia. Nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce, il Pontefice ha quindi messo in guardia dal diavolo che ci incanta e poi ci porta alla rovina. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Guardarci dalle tentazioni del male che ci seduce per poi rovinarci. Papa Francesco ha svolto l’omelia partendo dalle Letture del giorno in cui, ha osservato, il protagonista è il serpente. La Genesi, ha detto, ci mostra che il serpente è il più astuto, “è un incantatore, e anche ha la capacità di fascino”, di affascinarti.
Il male seduce e incanta, ma è un cattivo pagatore
La Bibbia, ha proseguito, anche ci dice che “è un bugiardo, è un invidioso, perché per l’invida del diavolo, del serpente, è entrato il peccato nel mondo”. E questa capacità di seduzione ci rovina:
“Ti promette tante cose ma all’ora di pagare paga male, è un cattivo pagatore. Ma ha questa capacità di sedurre, di incantare. Paolo si arrabbia con i cristiani di Galazia che gli hanno dato tanto da fare e gli dice: ‘Ma, stolti Galati, chi vi ha incantati? Voi che siete stati chiamati alla libertà chi vi ha incantati?’. E questi li ha corrotti il serpente. E questa non è una cosa nuova, era nella coscienza del popolo di Israele”.
Il Papa si sofferma poi sul fatto che il Signore dice a Mosè di “fare un serpente di bronzo” e chi lo guardava si sarebbe salvato. Questa, ha soggiunto, è una figura, ma anche “una profezia, è una promessa, una promessa non facile da capire” perché Gesù stesso a Nicodemo spiega che “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”.
Gesù ha preso su di sé tutti i nostri peccati
Dunque, ha rilevato, “quel serpente di bronzo era una figura di Gesù innalzato sulla Croce”:
“Ma perché il Signore ha preso questa figura tanto brutta, tanto cattiva? Semplicemente perché Lui è venuto per prendere su di sé tutti i nostri peccati e Lui è diventato il più grande peccatore senza averne fatto alcuno. E Paolo ci dice: ‘Lui si è fatto peccato per noi’, riprendendo la figura ‘Lui si è fatto serpente’. E’ brutto! Lui si è fatto peccato per salvarci, questo significa il messaggio della liturgia della Parola di oggi, il percorso di Gesù”.
Dio si è fatto uomo e si è addossato il peccato. E Paolo ai Filippesi, “a cui voleva tanto bene”, spiega questo mistero: “Pur essendo nella condizione di Dio, Gesù non ritenne un privilegio di essere come Dio ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini; umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e morte di Croce”.
La strada del cristiano è abbassarsi come Gesù sulla Croce
Gesù, ha detto Francesco, “annientò se stesso, si è fatto peccato per noi, Lui che non conosceva peccato”. Questo, ha commentato, “è il mistero, possiamo dire: ‘Si è fatto come un serpente’, brutto”:
“Quando guardiamo Gesù sulla Croce, ma ci sono bei dipinti, ma la realtà è un’altra: era strappato tutto, insanguinato dai nostri peccati. Questa è la strada che Lui ha preso per vincere il serpente nel suo campo. Guardare la Croce di Gesù, ma non quelle croci artistiche, ben dipinte: guardare la realtà, cosa era la croce in quel tempo. E guardare il suo percorso e a Dio, che annientò se stesso, si abbassò per salvarci. Anche questa è la strada del cristiano. Se un cristiano vuole andare avanti sulla strada della vita cristiana deve abbassarsi, come si è abbassato Gesù. E’ la strada dell’umiltà, sì, ma anche di portare su di sé le umiliazioni come le ha portate Gesù”.
Nella festa della Esaltazione della Santa Croce, il Papa ha quindi chiesto la grazia alla Madonna di “piangere d’amore, di piangere di gratitudine perché il nostro Dio tanto ci ha amato che ha inviato il suo Figlio” ad “abbassarsi e annientarsi per salvarci”.
Il Papa a Radio Renascenca: "Preferisco una Chiesa incidentata"
Immigrazione, accoglienza, una Chiesa aperta anche se incidentata, l’Europa “madre” e non “nonna”: sono solo alcuni dei temi che Papa Francesco ha affrontato nella sua conversazione trasmessa dall’emittente portoghese, “Radio Renascenca”. Ce ne parla Benedetta Capelli:
Un lungo colloquio dal tono confidenziale nel quale Papa Francesco ripercorre i pilastri del suo magistero e allo stesso tempo confessa le emozioni provate appena eletto al soglio pontificio e racconta la quotidianità. E’ densa di argomenti l’intervista rilasciata nei giorni scorsi all’emittente portoghese “Radio Renascenca”, in occasione della visita ad Limina dei vescovi del Portogallo.
Giovani e catechesi
L’intervista, iniziata con il ricordo di Francesco di un collega portoghese del padre – Adelino, “una brava persona” - prende spunto proprio dalle due indicazioni suggerite dal Papa ai presuli lusitani: la cura delle catechesi e l’attenzione ai giovani. “Un giovane va accompagnato con prudenza – afferma il Papa – parlando nel momento opportuno”, va cambiata la metodologia:
“La catequesis es darle doctrina para la vida …”
“La catechesi è la dottrina per la vita e, pertanto, deve avere tre linguaggi, tre idiomi: quello della testa, quello del cuore e quello delle mani” ovvero pensare, sentire e fare ciò che sente”.
Papa Francesco e Fatima
Desiderio di Francesco è visitare Fatima in occasione del centenario delle apparizioni della Madonna. Un appuntamento che i portoghesi attendono con trepidazioni e a loro il Papa raccomanda di pregare come chiede la Vergine, di prendersi cura della famiglia, di osservare i comandamenti:
“Y que se manifiesta a los niños. Es curioso, siempre busca almas muy sencillas, ¿no?, muy sencillas”.
“Si manifesta ai bambini – aggiunge Francesco – è curioso che sempre si manifesta alle anime semplici”.
L’emergenza immigrazione
Immancabile il riferimento alla più stretta attualità con l’emergenza immigrazione sulla rotta balcanica. “E’ la punta di un iceberg”: afferma il Papa, “è povera gente che fugge dalla guerra, che scappa dalla fame:
“Y la causa es un sistema socioeconómico y malo, injusto…”
“La causa dominante è un sistema socioeconomico cattivo, ingiusto perché, parlando anche del problema ecologico, della politica, il centro non è più la persona. Il sistema economico dominante mette al centro il dio denaro, è l’idolo di moda”.
Pertanto è necessario andare alla causa, dove c’è fame bisogna creare lavoro, investire; se è la guerra bisogna cercare la pace e lavorare per la pace. “Oggi il mondo è in guerra contro se stesso – aggiunge il Papa – una guerra a pezzi” che sta distruggendo la terra, “la casa comune”. Forte la denuncia di Francesco delle strumentalizzazioni, dell’interpretazione ideologica rispetto al fenomeno migratorio. Di nuovo il Papa mette in luce la situazione dei Rohingya cacciati dal loro Paese, il Myanmar, e da quello nel quale arrivano, la Malesia.
L’accoglienza
Bisogna accogliere come accadde a lui e alla sua famiglia in Argentina, una nazione che non è scivolata nella xenofobia ma ha aperto le sue porte. La stessa richiesta fatta da Francesco alle parrocchie, ai conventi e monasteri chiamati ad ospitare una famiglia.
“Cuando hablo de que una parroquia acoja una familia, no digo que vayan a vivir a la canónica…”
“Quando dico che una parrocchia deve accogliere una famiglia, non intendo che per forza – aggiunge il Papa - debbano andare a vivere in canonica, ma che la comunità parrocchiale cerchi un posto, un angoletto per fare un piccolo appartamento o, nel peggiore dei casi, si organizzi per affittare un appartamento modesto per quella famiglia, ma che abbiano un tetto, che vengano accolti e vengano inseriti nella comunità”
Per il Papa, che ha chiesto anche alle due parrocchie in Vaticano di accogliere due famiglie, pure le congregazioni religiose devono fare attenzione alla tentazione del dio denaro. Se si guadagna nell’accoglienza – afferma – bisogna pagare le tasse. L’altro invito, dinanzi all’emergenza lavorativa, è di risvegliare la vocazione educativa tipica di alcune congregazioni, creare corsi, “scuole di emergenza” dove i giovani possano imparare un mestiere che consenta di trovare un lavoro anche temporaneo. Centrale in tal senso è la figura di Don Bosco, padre di un innovativo sistema educativo.
L’Europa madre e non nonna
Francesco, nel suo colloquio, punta il dito anche contro la “cultura del benessere”, diffusa soprattutto in Europa, che porta a non fare figli e a lasciare gli anziani soli.
“Creo que el gran desafío de Europa es volver a ser la madre Europa …abuela Europa”
“La grande sfida – afferma – è tornare ad essere la madre Europa e non la nonna Europa”. Esempi incoraggianti sono Paesi come l’Albania e la Bosnia Herzegovina, che lui stesso ha visitato, Paesi usciti dalla guerra e che sono “un segno per l’Europa”. Ed è dalle sue radici cristiane, il cui mancato riconoscimento fu uno sbaglio, che l’Europa deve ripartire perché “capace di riconquistare la sua leadership nel concerto delle nazioni”. ”L’Europa non è ancora morta, ha una cultura eccezionale, può indicare la strada”. Papa Francesco confida soprattutto nelle nuove generazioni di politici ma “c’è un problema globale che è la corruzione a tutti i livelli”.
L’educazione asettica
Sull’ondata di individualismo che ha portato a credere che la libertà è fare ciò che si vuole, che “la felicità è non avere problemi” Francesco suggerisce un’altra strada che si allontana dalla noia di una vita facile per abbracciare l’imprevisto e il rischio.
“El riesgo, siempre proponer metas. Para educar, hace falta usar los dos pies….”
“Il rischio – spiega - è proporre sempre mete. Per educare, bisogna usare tutti e due i piedi: avere un piede ben appoggiato per terra, e con l’altro fare un passo in avanti per cercare di appoggiarlo, e quando l’ho appoggiato, alzare l’altro e così via… questo è educare. È rischiare. Perché? Perché magari inciampo e casco. Ebbene, ti alzi e prosegui”.
Chiesa incidentata
Anche la Chiesa - suggerisce il Papa - deve assumersi dei rischi, uscendo. Se si vive chiusi in se stessi, si rischia di ammalarsi, si può andare incontro ad “una Chiesa rachitica, con norme fisse, senza creatività, assicurata ma non sicura”.
“Entonces, entre una Iglesia enferma y una Iglesia accidentada, prefiero la accidentada porque, por lo menos, salió”
“Quindi tra una Chiesa inferma e una Chiesa incidentata preferisco quella incidentata perché è almeno in uscita”.
L’elezione a Papa
“E’ per questo che è stato eletto Papa”: chiede l’intervistatore. Francesco risponde sorridendo che la questione va girata allo Spirito Santo:
“Eso pregúnteselo al Espíritu Santo”
Giubileo della Misericordia
Grande le attese del Papa per il Giubileo della Misericordia che si aprirà il prossimo 8 dicembre.
“En que vengan todos. Que vengan y sientan el amor, el perdón de Dios” ...
“Che vengano tutti, che vengano e sentano l’amore e il perdono di Dio”
E’ questo il desiderio di Francesco che, riferendosi alla lettera indirizzata a mons. Fisichella, nella quale si raccomandava il perdono anche per peccati come l’aborto, e i due Motu proprio sulle dichiarazioni di nullità matrimoniale, il Papa afferma che sono documenti nati “per semplificare, facilitare la fede alla gente affinché la Chiesa sia madre”. Preghiere vengono poi chieste dal Papa per il prossimo Sinodo sulla famiglia che “è in crisi, i giovani non si sposano” perché domina la cultura del provvisorio e non del "per sempre". Richiamando Benedetto XVI, Francesco ricorda che chi ha contratto un secondo matrimonio non viene scomunicato ma va integrato nella vita della Chiesa.
La vita quotidiana del Papa
Ricordando la sua elezione, Francesco racconta che si preparava alla pensione, che aveva già prenotato il volo di ritorno per celebrare la messa della Domenica delle Palme a Buenos Aires, che già era pronta la sua omelia e l’aveva lasciata nel suo studio.
“No perdí la paz. Es un regalo… la paz es un regalo de Dios…”
“Non ho mai perso la pace – dice il Papa – la pace è un regalo di Dio. E’ un regalo che Dio mi ha dato, qualcosa che nemmeno immaginavo, anche per la mia età”
Francesco confessa che gli manca la libertà di uscire, anche se è andato dall’ottico, come accadeva a Buenos Aires ma il contatto nelle udienze del mercoledì lo aiutano molto. Sulla sua popolarità scherza poi facendo riferimento a Gesù:
“Yo muchas veces me pregunto cómo será mi cruz, cómo es mi cruz…”
“A volte mi chiedo – dice il Santo Padre - come sarà la mia croce, come è la mia croce, perché le croci esistono, non si vedono, ma esistono. E anche Gesù, in un momento, era molto popolare, ma finì come finì. Cioè, nessuno può comprare la felicità mondana. Io, l’unica cosa che chiedo al Signore è che mi conservi la pace del cuore e che mi conservi la Sua grazia, perché fino all’ultimo momento uno è un peccatore e può rinnegare la Sua grazia. Mi consola una cosa: San Pietro commise un peccato molto grave: rinnegare Gesù. Dopo, però, l’hanno fatto Papa”
Infine Francesco ammette di confessarsi ogni 15- 20 giorni, che morirà dove Dio sceglierà che accada, senza indicare una preferenza, di “dormire come un sasso”, che corre solo se c’è molto lavoro da fare e che la sua idea di eternità è cambiata nel tempo:
“Cuando era más joven, la imaginaba muy aburrida…”
“Quando ero più giovane, l’immaginavo più noiosa. Adesso penso che è un Mistero di Incontro. È quasi inimmaginabile, ma deve essere molto bello incontrare il Signore”.
Intervista al Papa di Radio Milenium di Buenos Aires
Nell'intervista rilasciata da Papa Francesco a Marcelo Figueroa, giornalista evangelico protestante e suo amico personale di FM Milenium 106.7, emittente argentina di Buenos Aires, incentrata sull’amicizia, l’incontro, il dialogo e la cura del creato, il Papa ha esordito sottolineando: “Tu evangelico, io cattolico, lavoriamo insieme per Gesù”. Premettendo poi che “un amico non è un conoscente, uno con il quale si trascorre un momento piacevole di conversazione”, il Papa ha detto che “l’amicizia è più profonda”, mettendo in guardia sul “senso utilitaristico dell’amicizia”. “L’amicizia è accompagnare la vita dell’altro”, ha detto Franceso, ricordando che le vere amicizie nascono spontaneamente e che un’altra caratteristica che ci consente di distinguere la buona amicizia “è che con un amico, che magari non vedi da molto tempo, senti come se fosse stato ieri l’ultimo incontro. Questa è una caratteristica molto umana dell’amicizia ”.
Lavorare per una cultura dell'incontro
“L’atteggiamento di Dio verso il Suo popolo è, innanzitutto, pieno di affetto paterno, ma anche di amicizia”, ha detto il Santo Padre. E ricordando le parole di Gesù ai discepoli nell’Ultima Cena: “Non vi chiamo servi, ma amici”, ha spiegato che “ciò significa oggi lasciarsi chiamare amico da Lui, perché dinanzi alla parola di Gesù, che ti chiama amico, o non capisci, o apri il tuo cuore a quel dialogo di amicizia”. In questo senso, parlando poi dell’urgenza dell’incontro, del dialogo e dell’amicizia tra le diverse confessioni religiose, il Papa ha ribadito che, di fronte alla “cultura dell’inimicizia”, bisogna “lavorare per una cultura dell’incontro, cioè, per la fratellanza” e non giudicare, perché “giudice è soltanto Dio”.
I pericoli del fondamentalismo
Puntando il dito sui fondamentalisti, che “cercano di distruggere, perché sono fedeli a un’idea, ma non a una realtà”, Francesco ha messo in guardia sul pericolo rappresentato da “quell’oscurità trasversale che ci toglie l’orizzonte, ci fa chiudere nelle nostre convinzioni e, tra virgolette, ideologie. È un muro e, quindi, non c’è incontro”.
Il sacerdote deve costruire ponti e non isolarsi
A proposito dell’importanza dell’incontro, ricordando i gesti del Papa quando si avvicina ai fedeli per abbracciarli, il giornalista gli ha chiesto come vive quei momenti. “Sento il bisogno di avvicinarmi, della prossimità.”, ha risposto Francesco, sottolineando che quando incontra la gente, sente l’abbraccio di Gesù. “Non sono soltanto io quello che dà, ma anche quello che riceve. Io ho bisogno dei fedeli, i fedeli mi fanno un dono, mi donano la loro vita”, ha aggiunto il Santo Padre. “Il prete - ha detto - deve essere un ponte - perciò, si chiama pontefice -, cioè costruire ponti e non isolarsi e, quando dico prete, intendo anche i vescovi e il Papa”.
"Quel che di buono c’è in me, lo devo a Lui. È un dono di Dio”
Rispondendo alla domanda se si sente di esempio per gli altri leader religiosi, Francesco ha detto: “Non si tratta di esempio, è la mia identità. Mi sento prete, mi viene spontaneo. Altrimenti, sarei un impiegato della Chiesa”. E a proposito dell’essere un punto di riferimento mondiale in favore della pace e dell’incontro, come ha sottolineato il giornalista, ha detto: “Io so di essere un peccatore e, quindi parlo con Gesù, e gli dico: ‘Quanto è buona la gente nei miei confronti’. Ma quel che di buono c’è in me, lo devo a Lui. È un dono di Dio”.
Un Pastore non ha confini
Ricordando che “tanti, anche atei, dicono: ‘Io non sono cattolico, ma questo Papa mi è simpatico’”, il giornalista ha chiesto poi al Santo Padre se vede in ciò una missione anche al di fuori dei confini della Chiesa. “Un pastore, a qualsiasi confessione appartenga, non ha confini. È pastore e basta. E uno deve lottare contro i propri egoismi - che ho anch’io - affinché non cancellino ciò che Gesù ti chiede come pastore, cioè, stare in mezzo al Suo popolo”.
Non siamo amici del creato
Infine, il Papa ha parlato dell’amicizia verso il creato, a proposito della sua Enciclica “Laudati Si’”, la cui importanza è stata sottolineata dal giornalista. “Evidentemente maltrattiamo il creato. Non siamo amici del creato, a volte lo trattiamo come il peggior nemico”. Ecco perché - ha ribadito con forza Francesco - è necessario prendere coscienza e contrastare il sistema dominante oggi, che “ha decentrato l’uomo, mettendo al suo posto il denaro”, e ha portato alla “schiavitù dal lavoro e a non prendersi cura del creato, trascurando -in quel modo- anche il Re del creato”. (A cura di Alvaro Vargas Martino)
Papa nomina mons. De Donatis nuovo ausiliare di Roma
Papa Francesco ha nominato vescovo ausiliare di Roma mons. Angelo De Donatis, sinora parroco di San Marco Evangelista in Campidoglio, assegnandogli la sede titolare di Mottola. Nato nel 1954 a Casarano, in provincia di Lecce, mons. De Donatis è stato ordinato sacerdote nel 1980 e dal 1983 è incardinato nella diocesi di Roma di cui è membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori. Nella Quaresima del 2014 ha tenuto le meditazioni per gli Esercizi Spirituali della Curia Romana.
Tweet Papa: Dio predilige gli umili
"Dio predilige gli umili. Quando viviamo con umiltà, Egli trasforma i nostri piccoli sforzi e fa cose grandi". E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex in 9 lingue.
Cortile di Francesco ad Assisi. Card. Ravasi: mettere al centro l'umanità
Torna ad Assisi dal 23 al 27 settembre il “Cortile di Francesco: Umanità, Dialogo tra credenti e non credenti”, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura. L’evento è stato presentato stamane nella Sala stampa vaticana dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero promotore, insieme a padre Enzo Fortunato del Sacro Convento di Assisi e al fotografo Oliviero Toscani, tra gli ospiti del Cortile. Cinque giorni di incontri con personalità della società civile, della politica e delle arti, in ascolto e dialogo tra loro. Una cinquantina gli appuntamenti in programma, 90 i relatori di fama internazionale, tra questi il sociologo polacco Bauman, l’architetto spagnolo Calatrava, il filosofo Cacciari, il direttore del Museo del Bardo a Tunisi Ben Moussa, il missionario Alex Zanotelli. Il servizio di Roberta Gisotti:
Il Cortile dei Gentili, già impiantato in tante città del mondo, approda per la seconda volta dopo il 2012, ad Assisi, dove diventa il Cortile di Francesco, l’uomo che non ha temuto di dialogare col sultano d’Egitto, ma anche con il lupo, di abbracciare il lebbroso, il diverso e di coinvolgere tutto il Creato. Al centro del dialogo tra credenti e non credenti sarà questa volta l’umanità intesa anzitutto come famiglia umana, ha spiegato il cardinale Gianfranco Ravasi:
“Tutti i membri di questa famiglia che occupa questo piccolo pianeta - 7 miliardi e 300 milioni di persone - sono loro i protagonisti, uomini e donne, con anche tutte le questioni che sollecita ormai l’antropologia contemporanea, con domande anche inedite rispetto al passato …”.
Ma anche umanità come approccio all’altro:
“Vuol dire carità, misericordia, compassione, comprensione, tenerezza, generosità. E questo è l’altro aspetto che diventa particolarmente significativo in questi giorni”.
Si discuterà nel Cortile di dignità umana, di politica - che ad Assisi sarà declinata soprattutto al femminile con la presenza di quattro ministre donne - e di economia:
“Noi vorremmo che proprio l’economia ritrovi ancora il suo vero senso originario, cioè di nomos dell’oikos del mondo, cioè la legge che regola la convivenza, e non soltanto la questione finanziaria, la questione dei mercati”.
E, poi si darà la parola alle arti …
“… che hanno il compito non di rappresentare la realtà, di raffigurare la realtà in sé, ma il senso della realtà, l’invisibile che è nel visibile. Quindi, scavare nella profondità, andare oltre la pelle, oltre il derma, andare oltre la superficie”.
Ed ancora la parola alla filosofia e alla teologia. Ha concluso il cardinale Ravasi con una frase dello statista tedesco del secolo scorso Konrad Adenauer, che racchiude lo spirito del Cortile:
“Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte”.
Uno spazio particolare avrà l’orizzonte dei bambini, con i quali dialogherà il maestro Olivero Toscani, che a sorpresa si è dichiarato credente, forse - ha detto - non con il linguaggio della Chiesa, ma sono credente:
“Monterò uno studio, fotograferò tutti quelli che saranno ad Assisi. E se passerà San Francesco, fotograferò anche lui! Non è detto che non ci sia … Comunque, forse riusciremo a fotografare lo spirito di San Francesco, spero.”
Incontro consacrati. Carballo: serve profezia in mondo secolarizzato
Si apre domani l’Incontro mondiale per giovani Consacrati e Consacrate organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di vita apostolica. Tema scelto: “Svegliate il mondo – Vangelo, profezia, speranza”. Ce ne parla Davide Dionisi:
Vivere un’esperienza di formazione, offrire uno spazio di condivisione, celebrare e testimoniare la bellezza della propria vocazione. Queste le principali finalità della cinque giorni organizzata dalla Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata che si aprirà domani a Roma e che vedrà protagonisti oltre quattromila ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo (tra cui Iran, Filippine, Costa D’Avorio e Zimbawe). Gli incontri e le riflessioni, che ogni mattina si terranno nell’Aula Paolo VI, ruoteranno attorno a tre direttrici: la vocazione, la vita fraterna e la missione. Ma come "abitare" i consigli evangelici di povertà, obbedienza e castità in un contesto sociale come quello attuale? Lo abbiamo chiesto a mons. José Rodriguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica:
R. – Sottolineerei un aspetto: la libertà di cuore, l’obbedienza, la castità e la povertà. Così, come vengono professate da noi, non hanno altra finalità se non un cuore totalmente libero e disponibile per il Signore e per i fratelli; e non è facile in questa società. Ma proprio perchè non è facile, direi che è una scelta profondamente profetica in questa cultura. Ricordiamo quello che dice Francesco: ”Ciò che non può mancare mai nella vita di un consacrato è la profezia”. In questo senso, i consigli evangelici sono vera profezia in un mondo profondamente secolarizzato.
D. Il carisma non è una "bottiglia di acqua distillata", ha detto Papa Francesco, bisogna viverlo con energia, rileggendolo anche culturalmente…
R. – Il carisma è un dono che Dio fa alla Chiesa attraverso un fondatore, una fondatrice in un determinato momento; però, lo dà perché si sviluppi nel tempo. Quindi il carisma non è solo il fondatore, ma anche tutto quello che viene dopo. Quindi, ad esempio, il carisma francescano è Francesco certamente, ma anche gli otto secoli di storia di questo carisma nella Chiesa. Così, e soltanto così, rileggendolo alla luce delle sfide del mondo attuale o – se vogliamo – alla luce delle sfide dei segni dei tempi, possiamo dire che i carismi si mantengono attuali, quindi giovani, altrimenti che cosa faremo? Archeologia? Io credo che nessun consacrato sia interessato a diventare pezzo di museo! Noi dobbiamo tornare allo spirito del fondatore per farlo diventare attuale. Qui vorrei dire che forsela domanda più importante per noi consacrati non è “Cosa ha fatto il fondatore?”, ma “Cosa farebbe il fondatore se vivesse in questo momento, qui e adesso, in questa Chiesa concreta, in questa società concreta’?”.
2012, Benedetto XVI a Cuba: convivano giustizia e libertà
Mancano ormai pochi giorni al viaggio di Papa Francesco a Cuba negli Stati Uniti: sarà la visita più lunga del suo Pontificato, in tutto 10 giorni, dal 22 al 28 settembre. E’ il terzo Pontefice a recarsi nell’isola caraibica. Nel 1998 si svolse la prima storica visita di Giovanni Paolo II. Nel 2012, dal 26 al 28 marzo, è stata la volta di Benedetto XVI. Ripercorriamo questo secondo viaggio pontificio a Cuba con il servizio di Sergio Centofanti:
Nel cuore di Benedetto XVI le giuste aspirazioni di tutti i cubani
Benedetto XVI arriva come “pellegrino della carità”, portando nel cuore “le giuste aspirazioni e i legittimi desideri di tutti i cubani, dovunque si trovino, le loro sofferenze e gioie”. Il suo primo pensiero in terra cubana va in particolare ai poveri e ai detenuti. Parla di giustizia, pace, libertà, diritti fondamentali, riconciliazione in un momento segnato dalla “difficoltà economica” e da “una profonda crisi di tipo spirituale e morale, che ha lasciato l’uomo senza valori e indifeso di fronte all’ambizione e all’egoismo di certi poteri che non tengono conto del bene autentico delle persone e delle famiglie”. “Il vero progresso – sottolinea – necessita di un’etica che collochi al centro la persona umana” con la “sua dimensione spirituale e religiosa”. Benedetto XVI ricorda lo storico viaggio di Giovanni Paolo II a Cuba nel 1998: una visita che ha dato “nuovo vigore alla Chiesa” nel Paese “destando in molti una rinnovata coscienza dell’importanza della fede”, soprattutto in una terra dalle “profonde radici cristiane”, e stimolando “il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore”. “Uno dei frutti più importanti di quella visita – afferma Benedetto XVI – fu l’inaugurazione di una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano con uno spirito di maggiore collaborazione e fiducia, benché rimangano ancora molti aspetti nei quali si può e si deve avanzare”.
Se la società estromette Dio diventa luogo inospitale
“Quando Dio è estromesso – afferma durante la Messa in occasione del 400.mo anniversario della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità del Cobre – il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo”. “Allontanarsi da Dio ci allontana da noi stessi e ci precipita nel vuoto. L’obbedienza nella fede è la vera libertà”. Il Papa ricorda che “la famiglia fondata sul matrimonio” ha “l’altissima missione di essere cellula fondamentale della società”, sottolinea la necessità “di accogliere la vita umana, specialmente la più indifesa e bisognosa”. Invoca “le armi della pace, del perdono e della comprensione” per “costruire una società aperta e rinnovata, una società migliore, più degna dell’uomo”. Prega per coloro che sono privi di libertà.
In Gesù si trova la vera libertà
Nella Messa, presieduta nella “emblematica” Plaza de la Revolución all’Avana, annuncia “apertamente il Signore Gesù come Via, Verità e Vita. In Lui – afferma - tutti troveranno la piena libertà”. Il Cristianesimo – spiega – non impone ma propone l’invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi”. “Non esitate – è la sua esortazione – a seguire Gesù Cristo. In Lui troviamo la verità su Dio e sull’uomo”. Quindi parla della libertà religiosa che è “essenziale” e consiste “nel poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede”. Riconosce “con gioia che sono stati fatti passi in Cuba affinché la Chiesa compia la sua ineludibile missione di annunciare pubblicamente e apertamente la sua fede. Tuttavia – nota - è necessario proseguire” su questa strada. Benedetto parla della libertà educativa: “E’ da sperare che presto giunga anche qui il momento in cui la Chiesa possa portare nei vari campi del sapere i benefici della missione” che il Signore le ha affidato. Cuba, come il mondo, ha “bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di interrogarsi sulla verità” liberamente.
A Cuba convivano giustizia e libertà
Nella cerimonia di congedo lancia un accorato appello: “Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà”. “Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore di ogni uomo è imprescindibile per rispondere in modo adeguato alle esigenze fondamentali della sua dignità e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista del futuro della propria vita, della propria famiglia e della propria patria”: “nessuno si senta impedito”, per “limitazione delle proprie libertà fondamentali”, a prendere parte” all’appassionante compito di costruire “una società di ampi orizzonti, rinnovata e riconciliata”. Il Papa ribadisce il no all’embargo statunitense esortando ad “un dialogo paziente” e a eliminare “posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l’intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione”. Quindi, l’appello finale: “Cuba, ravviva in te la fede dei tuoi Padri! Prendi da questa fede la forza per edificare un avvenire migliore, abbi fiducia nelle promesse del Signore, apri il tuo cuore al Vangelo per rinnovare in modo autentico la vita personale e sociale”.
Riunione di “Cor Unum” sulle crisi siriana e irachena
Tracciare un bilancio del lavoro svolto finora dagli organismi caritativi cattolici, individuare le priorità per il futuro e promuovere sinergie: è questo l’obiettivo della riunione sulla crisi umanitaria siriana e irachena che si svolgerà giovedì 17 settembre presso il Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Alla riunione parteciperanno una trentina di organismi di carità cattolici che operano nell’area del Medio Oriente nonché vescovi di quella regione.
Il programma della riunione
Nel corso della mattinata, dopo l’introduzione di mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio, vi saranno le relazioni del card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e del sottosegretario delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, Stephen O’Brien. Successivamente, verrà presentato il Rapporto sull’aiuto umanitario delle entità ecclesiali nel contesto della crisi siriana e irachena (2014-2015), realizzato da “Cor Unum”. Nel pomeriggio, dopo l’intervento di mons. Akasheh Khaled, capo ufficio per l’Islam del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, e gli aggiornamenti dalle Chiese locali da parte di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria e mons. Shelmon Warduni, presidente di Caritas Iraq, l’incontro si concentrerà sugli aspetti concreti della collaborazione tra i diversi soggetti in Siria, Iraq e nei Paesi limitrofi.
I dati della crisi
Dal 2011 ad oggi, in base ai dati disponibili, si calcola che i conflitti in Siria e in Iraq abbiano causato 250 mila vittime e un milione di feriti. Attualmente, inoltre, ci sono almeno 12 milioni di persone bisognose di aiuti in Siria e 8 in Iraq, mentre i rifugiati interni in Siria sono oltre 7 milioni e più di 3 in Iraq. Ben 4, poi, i milioni di rifugiati in tutta l’area del Medio Oriente, disseminati soprattutto in Turchia, Libano e Giordania. La Santa Sede, oltre all'attività diplomatica, partecipa attivamente ai programmi di aiuto e assistenza umanitaria. (R.B.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Sinodo e comunione" a cinquant'anni dall'istituzione del Sinodo dei vescovi.
L'Europa torni a essere madre: il testo integrale di due interviste radiofoniche del Papa.
Netto rifiuto della mondanità: all'Angelus il Ponterfice auspica che i problemi del lavoro siano affrontati tenendo conto della famiglia.
L'Europa chiamata a decidere su profughi e migranti: consiglio dei ministri dell'Interno dell'Ue all'indomani dell'ennesima tragedia nell'Egeo.
A Cor unum il punto sulla situazione in Siria e Iraq.
Migranti: ripresi i controlli ai confini Ue. Vertice a Bruxelles
Entro l’anno in Germania potrebbero arrivare un milioni di rifugiati. E’ questa la stima che arriva da Berlino, mentre in Ungheria si è già toccato il record di ingressi dell’anno. E mentre da Bruxelles, all’incontro dei ministri dell’interno europei, ci si aspetta un accordo sulle quote, la Germania ha riavviato il traffico ferroviario. Francesca Sabatinelli:
Ripristinati i controlli alle frontiere, le ferrovie tedesche hanno ripreso a funzionare sin dalle 7 di questa mattina, dopo che il week end a Monaco di Baviera ha portato oltre 19mila migranti. Una misura quella dei controlli, che è temporanea, spiegano i tedeschi, che non vuole chiudere le porte di fronte ai richiedenti asilo, ma soltanto ordinare il flusso e che però è stata subito imitata da Slovacchia e Austria, entrambi i Paesi hanno inoltre inviato ulteriori rinforzi, polizia ed esercito, al confine con l’Ungheria, che a sua volta ha spedito militari e blindati alla frontiera con la Serbia.
Gli arrivi si contano a migliaia: in Macedonia, circa 6mila persone sono entrate in 24 ore, tutte dirette al nord. In Austria si parla di 2.400 ingressi in aggiunta ai 16 mila di ieri. In Ungheria, in un giorno se ne sono contati 5.800, una cifra record. Da Bruxelles, nel giorno in cui i ministri degli interni dei 28 votano il piano per la redistribuzione dei migranti, l’Ue ha dato il via libera all’uso della forza contro gli scafisti nel Mediterraneo. I partner europei chiedono a Italia e Grecia di presentare già domani il programma per il ricollocamento di 40mila profughi, così come deciso a luglio dal Consiglio Ue. In Ungheria intanto a mezzanotte entrano in vigore le nuove norme più restrittive, con chiusura della frontiera e arresto di chi entra illegalmente nel Paese. Non tutti gli ungheresi però seguono le chiusure del loro governo. Come spiega al microfono di Antonella Palermo, mons. Csaba Torok, docente di teologia fondamentale al Seminario di Esztergom e coordinatore per la Conferenza episcopale ungherese dei programmi cattolici sulla televisione pubblica:
R. - Abito vicino Budapest e ho visto la situazione nelle stazioni ferroviarie. ci sono amici, parroci, di Budapest che sono andati lì per aiutare, e che hanno visto che ci sono molte persone che fanno volontariato. Questo è un segno molto importante. Un altro esempio viene dall’Università cattolica di Budapest che ha un dipartimento per l’orientalistica, con studenti che parlano arabo e diverse lingue orientali. Il rettore dell’Università ha chiesto a tutto l’ateneo, in modo particolare a questi studenti e professori, di aiutare il lavoro alle stazioni ferroviarie della città, non solo con il lavoro di traduttori, ma fornendo informazioni, cercando aiuto per i profughi. Dall’altra parte, si deve dire che ci sono molti movimenti laici indipendenti dalla Chiesa o dallo Stato, autorganizzati, che sono arrivati da settimane nelle stazioni ferroviarie di Budapest. C’è un volto che lavora nel silenzio. Penso che i messaggi del Papa ci aiutano a portare alla luce tutte queste iniziative che fino ad ora erano nascoste. Non posso dimenticare, allo stesso tempo, che ci sono delle persone in Ungheria che hanno paura. E proprio questa paura rende le cose un po’ difficili.
D. - Di cosa hanno paura?
R. - C’è una paura che ha radici storiche, perché l’Ungheria ha vissuto per 150 anni sotto il dominio turco. Naturalmente questo è un periodo non molto felice per la storia del nostro Paese. Qui in Ungheria ci sono molte persone che vogliono tornare ai vecchi tempi, quando il Paese contrastava con tutte le forze l’islam che arrivò insieme all’Impero Ottomano. Ma ora, secondo me, la crisi economica è la questione più importante, che ha portato frutti negativi. Adesso c’è questa paura, molto umana, secondo la quale questa nuova situazione potrebbe far aggravare la crisi economica. Penso che non siamo ancora arrivati al punto che queste paure siano oggettivamente fondate, perché il numero dei profughi, il fatto che loro passano attraverso l’Ungheria, non significa che ci sia un pericolo oggettivo. Se la Chiesa, con il messaggio evangelico, può aiutare ad alleviare queste paure psicologiche nella popolazione ungherese, allora questo potrebbe essere un servizio molto importante nell’ambito della ricerca di una soluzione a questa situazione.
D. - Quindi lei dice che il timore ha principalmente a che fare con la situazione economica, oppure c’è anche una paura legata alla contaminazione tra culture e religioni diverse?
R. - Vivendo in Europa centrale si deve ammettere che gli ultimi duecento anni questa regione europea sono stati segnati da guerre tra nazioni, lingue, culture e religioni. La gente che vive in questo angolo d’Europa per questo motivo non è tanto aperta per esempio come le società occidentali.
D. - Ma i musulmani vengono considerati un pericolo?
R. - Direi che la maggior parte degli ungheresi non ha delle esperienze concrete, dirette, con i musulmani. Il 99% della popolazione ungherese pensa solamente secondo stereotipi riguardo l’islam. Se non conosciamo qualcuno o qualcosa, proviamo sempre una forte paura. La Chiesa naturalmente deve aiutare. L’Italia conosce bene l’immigrazione, per l’Ungheria questa è una cosa nuova. La Chiesa ungherese ancora non ha trovato una sua voce chiara e forte, ma spero che la troveremo. La cosa difficile sarà fare un cambiamento nella mentalità, dobbiamo ritrovare un certo senso di cattolicità, che in un certo senso è universalità e apertura verso l’umanità. Questo ci manca, perché la nostra storia, la nostra identità, qui in Europa centrale, è sempre racchiusa per motivi storici. Noi siamo i popoli dai confini fortissimi, popoli che cercano di mantenerli fissi e saldi.
Regno Unito: nuovo leader laburista Corbyn forma governo ombra
Il neo leader dei laburisti britannici, Jeremy Corbyn, sta ultimando la composizione del cosiddetto governo ombra, sebbene un importante membro dell'ala moderata del partito abbia rifiutato l'incarico per la "differenza di vedute". Il malessere della fronda centrista sembra rivolto alla questioni di politica europea. L’elezione di Corbyn alla guida dei ‘labour’ rappresenta infatti una svolta sinistra, osteggiata dalla parte più liberale del movimento, ma salutata con favore, in tutta Europa, da molte formazioni di ispirazione socialista. Per un’analisi del contesto che ha portato alla vittoria di Corbyn e delle possibili ripercussioni sulla politica inglese, Marco Guerra ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti del Ce.S.I. (Centro studi internazionali):
R. – Il sistema britannico negli ultimi anni ha risentito fortemente della crisi economica, e la ricetta economica liberista di Cameron di fatto, forse, non ha dato le risposte che la popolazione, i cittadini britannici attendevano. Ma l’elezione di Corbyn è anche ovviamente un fatto interno al partito laburista, un partito che dopo la dinastia di Blair non ha più ritrovato una propria identità, forse troppo esasperata anche dal ‘blairismo’ e che con l’elezione di Corbyn cerca di ritrovare questa propria identità, anche perché l’elezione di Corbyn è partita proprio dalla base, dagli attivisti, e anche all’interno delle Unions, i sindacati che negli ultimi 30 anni sono stati così bistrattati in Gran Bretagna. Quindi sì, è un simbolo di come la politica all’interno del Regno Unito sta andando avanti.
D. – Corbyn ha parlato di Stato sociale e ambiente, quali sono i punti cardine del suo programma?
R. – Sì, sono proprio questi, cioè andare a combattere punto per punto sia le politiche liberiste di Cameron, sia tutto quello che è stato il blairismo. Una lotta anche, se vogliamo, alle politiche antiausterity, ma non per ricercare le attenzioni della grande finanza della city, bensì per andare incontro ai singoli cittadini e a tutta quella classe operaia che di fatto è sempre stata alla base del partito laburista inglese e che forse negli ultimi anni è stata un po’ messa da parte dallo stesso partito, per cercare i consensi nella city di Londra.
D. – In questa Inghilterra alle prese anche con la crisi migratoria, la linea di Corbyn sull’apertura ai profughi quanto può far presa sull’elettorato al di là del bacino di elettori della sinistra? Corbyn può essere veramente uno sfidante di livello per Cameron?
R. – Indubbiamente la questione degli immigrati si va a mischiare con le dinamiche pro è contro Unione europea all’interno della Gran Bretagna, che sono dinamiche che negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi hanno preso molto piede.Sembra inoltre dai sondaggi in vista del prossimo referendum sulla questione se rimanere o uscire dall’Unione Europea, che i contrari all’Ue stiano prendendo la maggioranza. Diciamo che l’atteggiamento di Corbyn va a sottolineare il tratto umano della politica: punta ad andare al di là dei numeri e fa un discorso più onnicomprensivo, di attenzione al singolo, alla persona, sia dal punto di vista economico che sociale. Cameron e Corbyn sono il sole e la luna, sono diametralmente opposti. Dovremmo vedere, ancora è presto per dirlo, quale sarà l’appeal di Corbyn al di là, come diceva giustamente lei, del bacino di utenza storico del partito laburista e come gli elettori di centro reagiranno a queste due figure.
D. - Lui comunque è un personaggio abbastanza singolare è colpisce per il suo stile di vita. Che cosa si può dire di Corbyn, come è arrivato al vertice?
R. – Sì, anche in questo caso è un po’ l’esempio di un andamento che possiamo riscontrare in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea, cioè la ricerca di figure alternative all’establishment. Corbyn è sicuramente un politico di lungo corso, ma è un politico di lungo corso che non è stai mai legato alle lobbies di potere, all’establishment di potere. Quindi anche in questo rappresenta qualcosa di nuovo: lo dicono le stesse fotografie in pantaloncini corti, il suo essere vegetariano. Comunque rappresenta sicuramente la ricerca da parte degli elettori di qualcosa di nuovo e la disillusione nei confronti di una classe politica che non è più ritenuta in grado di dare risposte accettabili ai problemi che il cittadino comune incontra nella vita quotidiana.
D. –La sua elezione a leader dei labour è stata salutata con grande entusiasmo da molte sinistre antiausterity, Podemos in Spagna, Siryza in Grecia…
R. – Ma non dobbiamo dimenticare che Corbyn viene da una tradizione laburista inglese e di fatto il blairismo fa parte di questa tradizione.E forse la sua vittoria va vista proprio nell’ottica del superamento del blairismo, quindi di politiche liberali di sinistra. Discorso diverso è per quanto riguarda i Paesi della sponda mediterranea, Spagna, Grecia e la stessa Italia, dove queste politiche blairiane di liberismo socialista non sono mai poste in essere. Questi paesi si trovano in un’altra condizione rispetto alla Gran Bretagna, una condizione più di austerity dettata dalla crisi economica. Il tratto comune è la ricerca da parte del cittadino di una politica con un volto più umano.
Ccee in Terra Santa: famiglia e secolarismo le sfide della Chiesa in Europa
Da oggi l’Assemblea dei presidenti delle Conferenze Episcopali Europee fa tappa a Gerusalemme, per la seconda parte dei lavori. Da venerdì scorso in Terrasanta, i presidenti delle Conferenze episcopali hanno affrontato le sfide comuni ai diversi Paesi. Tra queste emergono le questioni dei migranti e della famiglia. Ieri pomeriggio a Miilya, nel nord della Galilea, i vescovi hanno partecipato alla festa dell’Esaltazione della Croce, immergendosi nella realtà locale della Chiesa melchita. Il servizio del nostro inviato Fabrizio Mastrofini:
"Vi abbiamo conosciuto e ora siamo e saremo sempre con voi". Così il cardinale Marc Oullet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, davanti a centinaia di cristiani e alla gerarchia della Chiesa melchita, celebrando la festa dell’Esaltazione della Croce a Miilya, nel nord della Galilea, dove i cristiani sono presenti fin dal Sedicesimo secolo. Qui si sono svolti i Vespri ed il cardinale Peter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali, ha pregato in particolare per la stabilità della famiglia. Il tema della famiglia insieme a quello dei rifugiati e dei migranti, ha dominato in questi giorni nello scambio di esperienze e di problematiche tra i vescovi europei. È un’ Europa segnata da incertezza, inquietudine e, in alcuni Paesi, dalla corruzione finanziaria e culturale – nuovo tema apparso ieri - quella che emerge dai rapporti dei vescovi. Di fronte a questa situazione in cui sembra di assistere ad un collasso del sistema di welfare di numerosi Stati europei, la Chiesa e le famiglie rimangono spesso fra le poche istituzioni capaci di supplire in parte a questa carenza.
Dal punto di vista culturale i vescovi hanno più volte denunciato “l’onda del pensiero unico” che sta invadendo diversi settori della vita pubblica, particolarmente evidente con le ricadute che un’interpretazione rigida della ‘teoria del gender’ porta in ambito educativo, e più specificatamente nelle scuole.
Dal punto di vista ecclesiale, è da notare l’ottima accoglienza della recente enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”. La presenza diaconale, l’accoglienza dei migranti, il dialogo ecumenico e interreligioso, e con i vari settori della società, caratterizzano l’attività della Chiesa in Europa e sono i migliori strumenti per mostrare il viso di Cristo risorto. Tra tante sfide e situazioni problematiche non mancano comunque le luci, come spiega ai nostri microfoni il cardinale Ricardo Blasquez Perez, in riferimento alla situazione della Spagna di cui è presidente della Conferenza episcopale:
R. – Abbiamo tutte e due: abbiamo delle sfide, ma abbiamo anche motivi di speranza e di soddisfazione per cui ringraziamo Dio. Abbiamo certamente delle sfide, ma le sfide della Chiesa non sono separate dalle sfide della società: nella società siamo – diciamo – immersi in una realtà di incertezze, di inquietudine, di mancanza di lavoro... Ma io penso che fino alla fine di quest’anno, dopo aver cioè conosciuto i risultati delle elezioni generali, questo atteggiamento ci continuerà ad accompagnare in tutti questi mesi. Tra le gioie io metterei certamente tutte le celebrazioni per il V centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù, che si sono svolte un po’ ovunque e alle quali i fedeli hanno risposto sempre con grande presenza. Abbiamo compiuto lo scorso aprile ad Avila – ultimo giorno dell’Assemblea - un pellegrinaggio con tutta la Conferenza episcopale, con una generale soddisfazione: ci siamo sentiti pieni di gioia e di speranza, evidentemente anche attraverso la preghiera, che fa parte della nostra vita e della nostra missione. Abbiamo poi convocato ad Avila – dal 5 al 9 agosto - migliaia di giovani, che con il loro atteggiamento, in maniera seria, ordinata, ma anche gioiosa, hanno vissuto insieme, come Santa Teresa ci insegna: pregando insieme, celebrando insieme, ascoltando le catechesi dei vescovi, convivendo e celebrando il sacramento della penitenza e della riconciliazione. Per quelle migliaia di giovani e per la città stessa è stata una occasione di grande soddisfazione.
E degli snodi problematici, ma anche dei motivi di gioia e di speranza che si trova a vivere la Chiesa in Europa ha parlato anche il cardinale Angelo Bagnasco, vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee e presidente dei vescovi italiani:
R. – Come nodi problematici mi pare che ce ne sia uno che unifica tutte le Chiese in Europa e riguarda il “pensiero unico”, di cui il Santo Padre parla spesso, che vorrebbe colonizzare l’Europa e non solo. Vale a dire una diversa concezione dell’umano, della persona, della libertà, della famiglia, come se tutto dovesse continuamente essere ridefinito e l’esperienza universale umana non avesse più valore. Questo è il frutto di una colonizzazione, di una strategia che ha demolito e che vuole demolire l’umano e sostituire qualcos’altro, che si può definire una libertà individualista e liberista a tutto campo. Non è la premessa per una felicità migliore - è la considerazione di tutti i vescovi qui presenti - non è il presupposto di una felicità più grande e di una società più giusta e più umana, ma semmai è il presupposto di una società più individualista e di una solitudine più radicale. Non crediamo che sia questa la strada. Dal punto di vista, poi, più positivo e propositivo, vedo una grande speranza, una grande serenità perché il Signore è con noi, è con la sua Chiesa, con il mondo e quindi vedo la determinazione di aiutarci sempre di più e sostenerci gli uni gli altri proprio in quest’opera di evangelizzazione perché laddove si annuncia Cristo, il Cristo totale, dove viene accolto, anche l’umanità migliora.
D. – Per quanto riguarda anche la Chiesa in Italia: quali i motivi di impegno, le sfide e i motivi di speranza. E una parola anche sul tema dei migranti…
R. – Un motivo di speranza della Chiesa italiana sta nella sua storia. La storia di una grande, grandissima vicinanza, prossimità alla gente: di questo fanno testo le 225 diocesi italiane e le 27 mila parrocchie che sono in Italia. Sono numeri molto grandi per un territorio relativamente piccolo, ma che testimoniano storicamente questa volontà e questo desiderio di essere vicini alla gente, al popolo, secondo la missione che il Signore ci ha dato. Questo certamente continua con grande determinazione, grazie alla generosità, alla dedizione dei nostri sacerdoti. La seconda cosa che constatiamo è che, nonostante il processo di secolarismo che è nato anche nel nostro Paese e che ha diminuito la partecipazione ai sacramenti, notiamo un grande senso di vicinanza della gente al suo clero e all’Episcopato. Noi vescovi, insieme al nostro clero, stiamo accanto alla gente il più possibile e vediamo che la gente è contenta di questo. È un motivo di grande conforto e di grande incoraggiamento ed è anche un indirizzo di dove dobbiamo andare: mai abbandonare, mai lasciare, mai trascurare l’ascolto, l’accoglienza, la condivisione con il nostro popolo. Per quanto riguarda le problematiche, c’è da rinnovare l’annuncio della fede, da rendere il nostro popolo e tutti noi più consapevoli della grazia del Battesimo, una grazia che è una novità di vita. Questo deve essere riscoperto, decisamente. Per quanto riguarda il senso della carità, dell’accoglienza, della fraternità, della carità evangelica, direi che il popolo italiano mantiene la sua tradizione. Lo vediamo anche con la tragedia dei migranti dove l’Italia si è trovata da subito in prima linea per motivi geografici evidenti, ma anche per la generosità.
Al via l'anno scolastico, spariranno le supplenze?
Nuovo anno scolastico al via tra oggi e mercoledi per circa 9 milioni di studenti. Per il premier Renzi sulla scuola si “investe e non si taglia". E il ministro dell’Istruzione Giannini afferma che da novembre ogni istituto avrà 6-7 insegnanti in più. Critici però sindacati e opposizione. Alessandro Guarasci:
Ai ragazzi che oggi sono entrati a scuola è arrivato l’”in bocca al lupo” di Renzi, che ha detto loro “siete la più grande risorsa dell'Italia”. Il premier ha assicurato che ora ci sono più soldi per la scuola. Il ministro dell' Istruzione Giannini invece ha inaugurato l’anno scolastico a Isernia. A pochi giorni dalle assegnazioni delle cattedre ai precari, Giannni ha spiegato che gli insegnanti hanno accettato la sfida di una scuola che cambia, e ricorda che solo il 2% ha rinunciato alla proposta di assunzione nella fase B del piano di immissione in ruolo. Dunque mai più supplenze? Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli
“In ogni caso mancheranno docenti perché non ci sono nelle graduatorie di esaurimento per tutte le cose di cui la scuola ha bisogno nell’Anno scolastico 2015 – 2016. Quindi c’è una stima di almeno 50 mila supplenti annuali che dovranno essere pescati fuori dalle graduatorie di esaurimento, quindi dalle graduatorie di istituto, e in futuro da un concorso”
Anche i sindacati sono scettici sul fatto che sia messa la parola fine alle supplenze. Il ministro ha poi chiesto agli studenti di essere collaborativi. E agli insegnanti assicurato che il tema degli stipendi sarà affrontato nel prossimo rinnovo del contratto. Novità di quest’anno è la valutazione dei docenti, da parte dei dirigenti scolastici. Ancora Molina:
“Se di valutazione del singolo insegnante si vuole davvero parlare questo deve essere finalizzato a un ripensamento della carriera dell’insegnante non a un singolo bonus economico. L’altro elemento che volevo segnalare è che la “Buona scuola” ha indotto una contestazione per la prima volta nei confronti delle prove Invalsi, relativamente fallimentari quest’anno dal punto di vista dell’adesione, e questo pone a qualsiasi percorso di valutazione delle scuole italiane un ostacolo oggettivo perché viene a mancare una misurazione confrontabile dei risultati di apprendimento dei ragazzi”.
Rapporto di Save the Children sulla povertà educativa
Sono oltre il 40 per cento gli studenti con carenze di base e, nelle famiglie meno abbienti, un ragazzo su 3 è sotto i livelli minimi di istruzione. È il quadro che emerge dal Rapporto di “Save the Children”, “Illuminiamo il Futuro”, presentato oggi a Roma. Illustrati, inoltre, gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 sui quali l’Ong sollecita l’impegno delle istituzioni. Il servizio di Alessandro Filippelli:
Non c’è solo la povertà economica a rendere problematico, in Italia, il presente e il futuro di molti ragazzi. Esiste anche la "povertà educativa", ovvero la privazione della possibilità di apprendere, sperimentare e sviluppare liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Il Rapporto di “Save the Children” mostra una situazione allarmante: il 48,4 per cento dei minori tra i 6 e i 17 anni non ha letto neanche un libro, il 69,4 per cento non ha visitato un sito archeologico e il 55 per cento un museo. Enrico Giovannini, economista ed ex-presidente Istat:
“Abbiamo bisogno di un fortissimo impegno, non solo del governo ma di tutte le istituzioni, perché la povertà educativa vuol dire povertà non solo oggi, ma in futuro. Ed è per questo che, soprattutto nel momento in cui abbiamo firmato gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per tutto il mondo, con un impegno forte in questa direzione, abbiamo bisogno di istituire uno strumento di lotta contro la povertà universale, abbiamo bisogno di una particolare attenzione verso i bambini”.
Notevoli sono le carenze dei servizi, le opportunità formative, scolastiche ed extra-scolastiche; il 64 per cento dei minori non accede a una serie di attività ricreative, sportive e culturali, con punte estreme al Sud d’Italia. "Maglia nera", infatti, per la Campania – 84 per cento; a seguire Sicilia – 79 – e Calabria, 78 per cento. Un elemento di fiducia in un quadro tanto critico è l’attivazione di un piano nazionale di 13 punti luce in otto regioni d’Italia, ovvero spazi dove bambini e adolescenti studino, giochino e vivano lo sport, l’amore per la letteratura, la musica, la bellezza e la socialità. Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia e Europa di “Save the Children”:
“Sono dei centri socio-educativi che nascono nei quartieri più svantaggiati; sono luoghi in cui viene restituita ai bambini – che vivono in questi quartieri difficili – l’opportunità di crescere in un ambiente ricco di esperienze educative, culturali, formative. E questo lavoro noi lo facciamo con tante associazioni locali: questo è molto importante perché si valorizzano delle realtà territoriali perché – ricordiamolo – l’Italia è un grande Paese dal punto di vista dell’educazione. Abbiamo una tradizione straordinaria, abbiamo ancora oggi tante persone che si danno da fare, proprio concretamente, sul campo. Tuttavia, dobbiamo fare un passo in avanti, un passo in avanti fondamentale. Noi proponiamo questa sorta di obiettivi del Millennio, gli Obiettivi 2030, perché ci rendiamo conto che anche i nostri 'Punti luce' in fondo sono una goccia nel mare, se non si interviene in modo strutturato su tutto il Paese”.
Il metroplita russo Hilarion a Milano tra Expo e musica sacra
Giornata milanese per il metropolita Hilarion Alfeev, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. Prima tappa, in arcivescovado, l’incontro in forma privata con il card. Angelo Scola. Da Milano, il servizio di Fabio Brenna:
Una visita ufficiale che fa seguito al viaggio in Italia effettuato nel giugno scorso dallo stesso Hilarion e che testimonia quanto siano forti e fraterne le relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e l’Italia, dove esistono più di 60 parrocchie e comunità del Patriarcato di Mosca. Nel pomeriggio, al padiglione russo in Expo, Hilarion inaugurerà la mostra fotografica “La missione della Chiesa ortodossa russa nel mondo moderno”, che illustra come la Chiesa operi in una società pluralistica e secolarizzata. Terzo appuntamento pubblico è la lectio accademica del Metropolita che si terrà alle 17.30 presso la Biblioteca Ambrosiana. In questa occasione sarà presentata la prima traduzione bilingue latino-russa dell’opera omnia di S. Ambrogio, opera monumentale in cinque volumi, promossa dall’Università Umanistica Ortodossa di San Tichon di Mosca con la Biblioteca Ambrosiana. La giornata si concluderà con il concerto del Coro sinodale del Patriarcato di Mosca in programma alle ore 21 nella basilica di S. Ambrogio. “La musica sacra russa attraverso cinque secoli” il tema degli 11 brani che saranno eseguiti dai 55 elementi del coro, diretto da Alexey Puzakov, proclamato nel 2009 artista emerito della Federazione Russa.
India: presidente incontra vittime pogrom anticristiani in Orissa
Il Presidente dell’India Pranab Kumar Mukherjee ha incontrato una delegazione del Kandhamal Committee for Justice and Peace (Kandhamal Nyaya Shanti O Sadbhabana Samaj), tra cui alcune vittime dei massacri contro i cristiani perpetrati dai radicali indù nello Stato indiano dell’Orissa nel 2008. Le tre donne presenti all’incontro - di cui una indù, violentata da un gruppo di fondamentalisti solo perché lo zio cristiano aveva rifiutato di convertirsi all’induismo - erano accompagnate da Mani Shankar Aiyar, Brinda Barat e Kavita Krishnan, i rappresentanti politici di partiti all’opposizione che all’inizio di settembre hanno sostenuto la marcia di migliaia di cristiani sopravvissuti che hanno sfilato nel distretto di Kandhamal chiedendo al governo di smettere di proteggere i persecutori e di assicurarli alla giustizia.
A Kandhamal le persecuzioni più violente contro i cristianiin India
Il Kandhamal Committee for Justice and Peace - riporta l'agenzia Asianews - è un’associazione cristiana che raccoglie i sopravvissuti alle violenze settarie divampate nell’agosto del 2008 in Orissa in seguito all’uccisione di Laxamananda Saraswati, leader del Vishwa Hindu Parishad (Vhp, gruppo ultranazionalista indù). Nonostante un gruppo di guerriglieri maoisti rivendichi subito l’omicidio del santone, i fondamentalisti indù scatenano a Kandhamal la persecuzione più violenta mai commessa contro la comunità cristiana in India, di cui il 25 agosto ricorreva l’anniversario. Brinda Barat, attuale deputato e membro del Communist Party of India (Maoist), dichiara: “È scioccante il completo fallimento del sistema giudiziario. Tutti coloro che sono responsabili dei massacri sono fuori su cauzione. Dapprima il governo statale, poi il Bjp (Bharatiya Janata Party, partito nazionalista indù guidato dal premier Narendra Modi) hanno provato a minimizzare la gravità degli attacchi, fisici, morali e alle proprietà dei cristiani. È scioccante sapere che 11mila colpevoli sono fuori di prigione”.
A Orissa almeno 90 vittime, 395 luoghi di culto distrutti, 56mila cristiani in fuga
Gli attivisti hanno consegnato al Presidente Mukherjee un memorandum in cui è presentato in dettaglio il bilancio delle violenze: almeno 90 vittime (anche se solo 35 riconosciute dal governo), tra cui anche disabili, anziani, bambini, donne e uomini; 395 chiese o luoghi di preghiera distrutti; 600 villaggi saccheggiati, 6.500 case distrutte e 56mila persone costrette alla fuga; 35 istituti (conventi, scuole, ostelli e centri di assistenza) danneggiati, bruciati o saccheggiati; 10mila bambini costretti ad abbandonare gli studi.
Chiesto al Presidente il giusto risarcimento per le vittime
Non solo, i membri dell’associazione lamentano che il sistema giudiziario è stato inefficiente e superficiale nell’affrontare le denunce: delle 3.232 pervenute, solo 825 sono state registrate e di queste soltanto in 605 casi sono stati raccolti i dati delle vittime; 302 casi sono stati chiusi in modo arbitrario con la dicitura “nessuna prova”. In conferenza stampa gli attivisti hanno dichiarato di aver chiesto l’intervento del Presidente per assicurare che alle vittime venga accordato il giusto risarcimento e sia permesso loro di ritornare ai propri villaggi di origine. Hanno presentato a Mukherjee le gravi mancanze della giustizia indiana e hanno chiesto che siano riaperti i casi archiviati in maniera arbitraria e le denunce completate con i dati mancanti.
Incontrati in carcere i sette cristiani ingiustamente condannati
Brinta Barat ha anche incontrato in carcere i sette cristiani innocenti condannati dopo una serie di rinvii e processi farsa per l’omicidio del leader indù, malgrado la confessione dei maoisti. “Essi richiedono il suo intervento – ha detto, rivolgendosi al Presidente – per sostenere i diritti di tutti i cittadini dell’India, affinché ognuno sia libero di professare la propria religione senza timore di persecuzioni e coloro che sono perseguitati in nome della religione possano ottenere giustizia”. (R.P.)
Israele. respinta richiesta risarcimento per incendio chiesa di Tabgha
Gli uffici amministrativi dell'autorità fiscale israeliana hanno respinto nei giorni scorsi la richiesta di risarcimento presentata dalla Chiesa cattolica per i danni provocati dell'attentato incendiario che lo scorso giugno aveva devastato il santuario del miracolo della Moltiplicazione dei pani e dei pesci, a Tabgha.
Per le autorità la matrice terroristica del rogo non è dimostrabile
La legislazione israeliana prevede che i danni alle persone e alle proprietà causati da attacchi terroristici siano risarciti con somme di denaro. L'incendio vandalico appiccato alla chiesa di Tabgha era stato definito un “atto atroce” e un “attacco a tutti noi” dallo stesso premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Adesso gli uffici incaricati di erogare i risarcimenti hanno respinto la richiesta avanzata per i danni subiti dal santuario di Tabgha, sostenendo che la matrice terroristica dell'incendio non è dimostrabile. Secondo quanto riportato dai media israeliani, il funzionario dell'autorità fiscale israeliana, Amir Cohen, ha inviato nei giorni scorsi una lettera ai responsabili della chiesa in cui riferisce che il danno provocato dall'incendio non rientra tra quelli risarciti dall'autorità fiscale israeliana, in quanto i regolamenti in vigore garantiscono il risarcimento solo per atti di violenza causati dal conflitto arabo israeliano.
Colletta di un gruppo di leader religiosi ebraici per restaurare la chiesa
L'incendio vandalico della chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci aveva provocato anche il ricovero in ospedale di un monaco benedettino e di una volontaria tedesca, intossicati dal fumo. Dopo l'attentato incendiario contro la chiesa, una pronta condanna era stata espressa anche dall'ambasciata d'Israele presso la Santa Sede. In un comunicato, la rappresentanza diplomatica israeliana aveva deplorato le azioni intimidatorie nei confronti dei luoghi di culto perpetrate in Terra Santa, definendole “in totale contrasto con i valori e le tradizioni di Israele”. Già a giugno, un gruppo di leader religiosi ebraici, guidati dal rabbino Alon Goshen-Gottstein, fondatore e direttore dell'Elijah Interfaith Institute, hanno iniziato una raccolta di fondi destinati al restauro della chiesa vandalizzata. Per l'attentato di Tabgha, a luglio le forze di polizia israeliane hanno arrestato alcuni coloni ebrei estremisti. (G.V.)
Iraq: cristiani di Ninive in processione per festa della Croce
Nella Piana di Ninive, ancora in gran parte sottomessa al controllo dei jihadisti del sedicente Califfato Islamico, nella sera di ieri, circa mille cristiani hanno compiuto una processione tra campi e colline aride per raggiungere un monastero mariano fuori città e celebrare la solennità della Santa Croce. E' accaduto a Alqosh, città della Piana di Ninive mai caduta nelle mani del Califfato Islamico, che pure ha stabilito la sua roccaforte a Mosul, distante meno di 50 chilometri.
Pellegrinaggio annuale al santuario caldeo di Nostra Signora di Alquosh
La moltitudine di pellegrini ha voluto ripetere il gesto di devozione che compie ogni anno, raggiungendo, tra canti e preghiere, il santuario caldeo di Nostra Signora di Alquosh, che dista dal centro abitato più di un chilometro. Al calare della sera, mentre era in corso il pellegrinaggio, la città appariva punteggiata da molte croci luminose accese sui tetti e sulle facciate delle case. Anche la grande croce posta sul fianco della montagna è stata illuminata per tutta la notte, ben visibile anche da molto distante, mentre nel buio sopraggiunto venivano fatti brillare anche i fuochi d'artificio.
Nessuno protegge i cristiani: solo il Signore e Maria sua Madre lo fanno
Nella città di Alquosh – riferisce il website iracheno ankawa.com - hanno trovato rifugio anche centinaia di famiglie cristiane fuggite dagli altri villaggi della piana di Ninive caduti sotto il dominio del Califfato Islamico. “Con questa processione, e coi segni esteriori ben visibili che l'hanno accompagnata” sottolinea all'agenzia Fides il sacerdote iracheno siro cattolico Nizar Seeman, “i cristiani di al Qosh hanno mandato anche un segnale commovente, che ci interpella tutti. Hanno voluto dire: siamo ancora qui, anche se nessuno ci protegge, perché abbiamo fiducia che a proteggerci ci pensa il Signore Gesù, con Maria sua Madre”. (G.V.)
Vescovi Argentina: malnutrizione e povertà, realtà terribili
In un contesto surriscaldato dalla morte per malnutrizione di Oscar Sanchez, un ragazzo di 14 anni di etnia Qom che pesava 11 chili, avvenuta nell’ospedale del Chaco, il giornale “Clarin” ha pubblicato in grande evidenza le parole di tre vescovi: mons. José Slaby, vescovo di Esquel, mons. Pedro Olmedo Rivero, vescovo di Humahuaca, e mons. Damian Bitar, vescovo di Oberá. I presuli hanno lanciato forti ammonimenti circa la "terribile realtà" di malnutrizione infantile e la crescita della povertà in Argentina negli ultimi anni.
950 mila giovani minori di 18 anni a rischio alimentare
La nota pervenuta all'agenzia Fides, segnala le dichiarazioni dei vescovi nelle loro presentazioni della colletta annuale "Mas por Menos" (Più per meno), che si è svolta questo scorso fine settimana in tutto il paese. Alla base dell'intervento dei vescovi, il rapporto pubblicato pochi giorni fa dell'Università Cattolica Argentina (Uca), dove si segnalano cifre preoccupanti: 11 milioni di poveri in Argentina, 2 milioni di persone che soffrono la miseria, e il dato più allarmante è che 950 mila giovani minori di 18 anni sono a rischio alimentare.
La colletta in un contesto di povertà strutturale
Mons. Damián Santiago Bitar, che è anche membro della Commissione episcopale per la Pastorale sociale, aveva detto alla stampa che "la colletta si svolge in un contesto di povertà strutturale che non cede né diminuisce. Faccio appello a tutti gli argentini alla solidarietà, per aiutare le persone indigenti, sole e abbandonate, che abbiamo vicino a noi". (C.E.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 257