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Sommario del 12/09/2015
- Papa: promuovere economia dell'onestà di fronte a corruzione
- Terra Santa. Papa a Ccee: pregare per Sinodo e famiglie
- Papa Francesco il 15 novembre nella Chiesa evangelica di Roma
- Il Papa ai medici cattolici: servire sempre la persona, no a relativismo
- Tweet del Papa: quando facciamo segno della croce, ci avviciniamo a mistero Trinità
- Card. Filoni ai vescovi del Bangladesh: siate seminatori di unità
- Simposio della Biblioteca Vaticana su cristianesimo in Giappone
- Nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo apre la "Galleria dei ritratti"
- Altre udienze e nomine di Papa Francesco
- Parroco Lampedusa: migranti interrogano Europa e sua maturità
- Siria: timori Usa per intervento militare russo
- Vescovo Taranto: monastero diocesi accoglierà rifugiati
- Expo. Card. Turkson: cambiare mentalità per lottare contro povertà
- Il Rinnovamento nello Spirito a Pompei: la famiglia è viva
- Mostra Cinema Venezia: assegnati premi di ispirazione cattolica
- Al Festival della Letteratura di Viaggio, rapporto pellegrinaggi-fede
- Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
- Regno Unito: no del parlamento a suicidio assistito. Plauso vescovi
- Appello Jrs al presidente Tusk per il vertice Ue immigrazione
- Consiglio delle Chiese: azione comune Ue per emergenza profughi
- Vescovi Polonia: fare tutto il possibile per i profughi
- Vescovi Burundi: nel Paese è tornato il clima di divisione
- Chiesa Terra Santa: nessuna 'serrata' dei Luoghi Santi
Papa: promuovere economia dell'onestà di fronte a corruzione
Umanizzare l’economia, unendo l’efficienza con la solidarietà e lottando contro la “corruzione”. È l’esortazione di Papa Francesco ai dirigenti, ai dipendenti, con i familiari, della Banca di Credito Cooperativo di Roma, nel sessantesimo di fondazione dell’istituto. Ai circa 7 mila presenti in Aula Paolo VI, accompagnati dal presidente Francesco Liberati, il Pontefice ha pure parlato di un uso “solidale e sociale del denaro”, perché - ha detto - “non comanda il capitale sugli uomini, ma gli uomini sul capitale”. Il servizio di Giada Aquilino:
Economia dell'onestà
Una “sana e prudente” gestione vale “sempre e per tutti”: l’obiettivo dev’essere “far crescere l’economia dell’onestà”. Papa Francesco parla ai dipendenti della Banca di Credito Cooperativo di Roma, attiva anche nel resto del Lazio e in Abruzzo, la “più grande in Italia”, e sottolinea come il loro lavoro sia “un mestiere delicato”, che richiede “grande rigore”:
“Economia dell’onestà, in questo tempo in cui l’aria della corruzione viene dappertutto. A voi è chiesto non solo di essere onesti - questo è normale - ma di diffondere e radicare l’onestà in tutto l’ambiente. Una lotta contro la corruzione”.
Persona al centro, non Dio denaro
La banca cooperativa, spiega, deve avere “qualcosa in più”: cercare di “umanizzare l’economia, unire l’efficienza con la solidarietà”. Punti di partenza, ricorda, sono il “valore” degli esseri umani e la “vita delle famiglie”, perché al centro dell’impegno dev’esserci sempre “la persona, non il Dio denaro”:
“Non comanda il capitale sugli uomini, ma gli uomini sul capitale”.
Fare insieme e per gli altri
È il Papa dell’enciclica “Laudato si’” ad auspicare un uso “solidale e sociale del denaro” e a ricordare che una cooperativa può diventare anche “una grande impresa”, ma la sua missione è un’altra:
“La sfida più importante è crescere continuando ad essere una vera cooperativa, anzi, diventandolo ancora di più. E’ una vera sfida! Questo significa favorire la partecipazione attiva dei soci. Fare insieme e fare per gli altri”.
Affrontare i problemi con le proprie forze
Un altro carattere di tali realtà è la “sussidiarietà”, messa in pratica - nota il Pontefice - quando sono state affrontate “le difficoltà della crisi”: le cooperative l’hanno fatto con i propri mezzi, “riunendo le forze e non a spese degli altri”.
“Questo è sussidiarietà: non pesare sulle istituzioni e quindi sul Paese quando si possono affrontare i problemi con le proprie forze, con responsabilità”.
Allargare l'orizzonte
L’esortazione di Francesco è dunque ad andare avanti “nel cammino di integrazione delle banche di credito cooperativo in Italia”:
“Non solo perché, come si dice, l’unione fa la forza, ma perché bisogna pensare più in grande, allargare l’orizzonte”.
In tale prospettiva Francesco cita le risorse “importanti” destinate da tali banche alla beneficenza e alla mutualità, una consuetudine - dice - tipica “delle buone cooperative”:
“Vi incoraggio anche a curare come il reddito viene prodotto, con quale attenzione a tenere sempre al centro le persone, i giovani, le famiglie”.
Il lavoro dà dignità
Perché lo spirito delle iniziative di cooperazione, prosegue, rimane sempre “valido”:
“La Bcc può essere il nucleo intorno a cui si costruisce una grande rete per far nascere imprese che diano occupazione: ci sono tanti senza lavoro… Imprese che diano occupazione per sostenere le famiglie, per sperimentare il microcredito e altri modi di umanizzare l’economia e soprattutto per dare l’opportunità che ogni uomo e ogni donna abbiano la dignità, quella dignità che dà il lavoro”!
L'udienza di febbraio
D’altra parte, ricorda Francesco, già in febbraio incontrò i rappresentanti di Confcooperative e Federcasse, incoraggiandoli - tra l’altro - ad essere un “motore” che sviluppa “la parte più debole delle comunità locali e della società civile”, pensando soprattutto ai giovani senza lavoro e puntando alla nascita di nuove imprese cooperative. In quell’occasione il Papa aveva auspicato pure “nuove soluzioni di welfare, a partire dal campo della sanità”, “soluzioni cooperative e mutualistiche per la gestione dei beni comuni, che non possono diventare proprietà di pochi né oggetto di speculazione”, e una “globalizzazione della solidarietà”.
Incoraggiamenti, questi del Papa, dettati dall’esperienza di una Chiesa che “conosce bene il valore delle cooperative”, perché alle origini di molte di esse ci sono dei sacerdoti, dei fedeli laici impegnati, delle comunità animate dallo spirito di solidarietà cristiana: un “movimento” che non si è “mai esaurito”. L’auspicio finale è dunque “esercitare con fedeltà e creatività” la missione del credito cooperativo, con quella coerenza e quella gioia “che viene quando si opera per il bene comune”.
Terra Santa. Papa a Ccee: pregare per Sinodo e famiglie
La realtà della Chiesa nei diversi Paesi europei si intreccia con la realtà della Terra Santa. I due temi procedono paralleli all’inizio dei lavori dell’Assemblea del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, che si svolge oggi nella suggestiva cornice della Domus Galilaeae. Il servizio del nostro inviato da Cafarnao Fabrizio Mastrofini:
Nel suo messaggio all’episcopato europeo, Papa Francesco ha auspicato che “il tempo trascorso insieme” possa essere innanzitutto “un tempo forte di preghiera e solidarietà” e che possa “ravvivare la freschezza del Vangelo, dal quale "spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale". Infine, il Santo Padre ha affidato alle preghiere dei vescovi “il prossimo Sinodo Generale, perché la Chiesa possa rispondere con sempre maggiore urgenza e generosità ai bisogni della famiglia”.
Da ieri, dunque, i vescovi, i presidenti delle Conferenze episcopali europee presentano le attività e le problematiche che vivono nei rispettivi Paesi. E, allo stesso tempo, ascoltano dalla viva voce di alcuni dei protagonisti quale sia la realtà della Terra Santa oggi. Il patriarca latino, Fouad Twal, ha illustrato la drammatica realtà dei cristiani che fuggono da Iraq e Siria e si affollano in Giordania, e la realtà dei migranti che dall’Asia, spesso in modo irregolare, arrivano in Israele alla ricerca di lavoro. L’Europa è in difficoltà, è tentata dal costruire nuovi muri, di fronte a drammi che devono vedere anche la Chiesa unita e solidale. Oggi padre Jamal Khader, rettore del Seminario patriarcale di Beit Jala, ha attualizzato la vita di Gesù. Il suo programma di vita è espresso dalle Beatitudini e la sua opzione per i poveri era una vera scelta. Non c’erano equilibri diplomatici nel suo agire o nelle sue parole; e dunque padre Khader ha invitato i vescovi europei alla sollecitudine pastorale, perché la sofferenza della comunità cristiana in Medio Oriente è la sofferenza della Chiesa in Europa e in tutto il mondo. Dopo questa forte testimonianza, tutta l’Assemblea a fine mattinata si è trasferita a Cafarnao per la Messa. Nell’omelia, mons. Angelo Massafra, uno dei vice presidenti del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, ha esortato a nutrirsi dell’atteggiamento di Gesù: andare da Lui, ascoltare le Sue parole, metterle in pratica. Dunque un invito a non cedere alla tentazione e allo sconforto. Ieri, il card. Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, ha esortato a proseguire nell’impegno di pensare agli altri, in riferimento ai flussi migratori del Mediterraneo. Il Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, ha incoraggiato i vescovi a proseguire sulla via della testimonianza. I lavori di stamattina si sono concentrati sulla situazione dei diversi Paesi europei, e sulle aree di crisi. Sua Beatitudine, Sviatoslav Shevchuk, per la Chiesa greco-cattolico-ucraina, ha parlato della sofferenza del suo popolo, con oltre un milione di morti, e del silenzio dei media. Voglio ringraziare le Chiese europee, le Caritas, per il loro aiuto, ed allo stesso tempo sensibilizzare sul conflitto e sulle sofferenze in corso. Stasera verrà presentata ai vescovi l’icona di Maria di Nazareth Madre dell’Europa, un’immagine con forte valenza simbolica come ci spiega padre Pietro Felet, Segretario generale degli Ordinari di Terra Santa:
“Si è cercata un’idea: che cosa fare? Ripetere icone già conosciute; rifare delle immagini venerate in qualche luogo santo o santuario attraverso l’Europa? Con una monaca di vita contemplativa, che è membro di un monastero di vita contemplativa – sono conosciute come monache di Betlemme, dell’Assunzione e di San Bruno - è uscita questa idea: di scrivere – perché si dice “scrivere”, un’icona: “Maria di Nazareth”. Nel nostro immaginario Maria di Nazareth è subito l’Annunciazione. Volevamo evitare gli Angeli e le icone conosciute, ma Maria Madre, una madre che offre il Figlio: non lo chiede, ma lo offre al mondo e a chi lo vuol venerare. Per me questa Madre, oggi, occupa il posto più grande, perché è il centro, l’educatrice del Suo Figlio, lo fa crescere. Quando andiamo all’icona della fine della sua vita è Lui che porterà la Madre in cielo. È il grande, e Lei è diventata la bambina portata in cielo. Ho voluto mettere e scrivere i nomi dei santuari mariani più importanti delle nazioni di cui fanno parte i vescovi che rappresentano le loro Conferenze episcopali”.
Oggi pomeriggio a Nazareth nella Basilica dell’Annunciazione si svolge la Veglia di preghiera per le famiglie e per il Sinodo.
Papa Francesco il 15 novembre nella Chiesa evangelica di Roma
Papa Francesco domenica 15 novembre, alle 16.00, si recherà in visita alla Chiesa Evangelica e Luterana di Roma. E' quanto si legge nel calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa in settembre, ottobre e novembre. Per quanto riguarda gli altri appuntamenti, dal 19 al 28 settembre prossimi c'è il viaggio apostolico a Cuba e negli Stati Uniti. Sabato 3 ottobre presiederà in Piazza San Pietro, alle 19.00, la Veglia di preghiera in preparazione alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema della famiglia. Il giorno dopo, domenica 4 ottobre, nella Basilica Vaticana, alle 10.00, la Messa di apertura del Sinodo. Domenica 18 ottobre, Francesco celebrerà in Piazza San Pietro, alle 10.15, la Messa per la canonizzazione di quattro Beati: Vincenzo Grossi, Maria dell’Immacolata Concezione e i genitori di Santa Teresa di Lisieux, Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin. Domenica 25 ottobre, il Pontefice presiederà nella Basilica Vaticana, alle 10.00, la Messa per la conclusione del Sinodo. Il primo novembre, Solennità di Tutti i Santi, il Papa celebrerà la Messa alle 16.00 nel Cimitero del Verano. Il 2 novembre, per la commemorazione di tutti i fedeli defunti, si recherà alle 18.00 nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera per i Sommi Pontefici defunti. Giovedì 5 novembre alle 11.30, all’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, presiederà la Messa in suffragio dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno. Dal 25 al 30 novembre il viaggio apostolico in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana.
Il Papa ai medici cattolici: servire sempre la persona, no a relativismo
I medici cattolici offrano “alle culture contemporanee, contrassegnate dal secolarismo e dal relativismo l’importante contributo del pensiero cristiano che apre alla dimensione etica e spirituale ed illumina con lo splendore della verità”. E’ quanto scrive Papa Francesco in un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, ai partecipanti all’assemblea dei medici cattolici del Nord Italia, in corso a Vercelli. Il Papa auspica inoltre “sempre nuovi traguardi nel servizio della persona e nel progresso della scienza medica in costante riferimento ai perenni valori umani e cristiani”.
Tra gli interventi all’incontro quelli di mons. Marco Arnolfo, arcivescovo di Vercelli, Marzio Grigolon, Giorgio Bellomo, Alfredo Anzani, del card. Dionigi Tettamanzi e del card. Edoardo Menichelli, assistente ecclesiale nazionale dell’Associazione. Nel corso della giornata, è in programma anche la mostra “L’arte testimone del miracolo della vita” dell'Accademia di Brera di Milano e le premiazioni dei lavori degli studenti vercellesi, sui temi del convegno.
Tweet del Papa: quando facciamo segno della croce, ci avviciniamo a mistero Trinità
"Ogni volta che facciamo il segno della croce, ci avviciniamo al grande mistero della Trinità". E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex.
Card. Filoni ai vescovi del Bangladesh: siate seminatori di unità
L’unità con Cristo e con la comunità dei fedeli, che “hanno il diritto di vedere i loro vescovi vivere in comunione, sia nelle decisioni pastorali da loro adottate che nella loro attuazione”, è stata sottolineata questa mattina dal card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che ha incontrato i vescovi della Conferenza episcopale del Bangladesh a Dhaka, nell’ambito della sua visita pastorale in Asia.
“Seminate l'unità e non la divisione nelle vostre diocesi”
"Anche se il contesto di ogni diocesi può essere diverso, e di conseguenza anche le attività missionarie e i modi di evangelizzare - ha detto il cardinale - tuttavia “la direzione di tutte le diocesi deve sempre essere una e la stessa”. Quindi ha spiegato: “L'unità non implica uniformità… Nessun vescovo può reclamare che una diocesi è sua proprietà personale. La Chiesa appartiene a Cristo e noi siamo i suoi servi, che si sforzano di fare la sua volontà. Tutti i battezzati appartengono alla Chiesa e ai suoi Pastori è affidato il compito di guidare i membri per il giusto cammino. Siamo servi non padroni”.
Elogio per la cura pastorale nelle zone rurali del Paese
Il Prefetto del Dicastero Missionario - riferisce l'agenzia Fides - ha citato con soddisfazione il gran numero di persone che ricevono il battesimo e le tante conversioni, soprattutto nelle zone rurali e fra i gruppi tribali, esortando i vescovi a “continuare questa missione” e a “promuovere l’evangelizzazione di queste persone”, senza comunque trascurare gli impegni pastorali nelle zone urbane. Ha quindi elogiato l’impegno dei vescovi, che si recano spesso a visitare parrocchie, comunità ed altre istituzioni, “questo dimostrerà che siamo servi di tutti, inoltre sapete bene quanto queste persone si sentano riconoscenti e privilegiate quando vengono visitate dal loro Pastore”.
La grande sfida: l'armonia con le altre religioni
“Sono ben consapevole delle difficoltà che incontrate vivendo come minoranza in Bangladesh – ha proseguito il card.Filoni -. La grande sfida è vivere in armonia con quanti professano altre religioni, cercare un terreno comune di dialogo senza compromettere la verità della nostra fede… Vi invito a costruire relazioni armoniose con tutti. Le altre religioni non sono né i nostri rivali, né i nostri concorrenti. Papa Francesco ci ricorda che la fede si propone non solo attraverso la predicazione, ma anche attraverso il contatto personale e la testimonianza… Siamo chiamati a stabilire Chiese locali radicate nella cultura di ogni nazione, ma sempre coerenti con gli insegnamenti e le dottrine della Chiesa cattolica. Col tempo ogni Chiesa locale deve crescere, con il clero diocesano e i vescovi locali, in modo che l'attività missionaria raggiunga ogni zona remota e bisognosa”.
Attenzione alla formazione dei seminaristi e quella permanente dei sacerdoti
Tra le raccomandazioni del card. Filoni ai vescovi del Bangladesh, in primo luogo figura l’attenzione particolare al cammino di formazione che si svolge nei seminari, quindi la cura per la formazione permanente dei sacerdoti, e la partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, all’opera di evangelizzazione ed all’amministrazione delle diocesi. “Il Popolo di Dio ha grandi aspettative da voi come vescovi – ha concluso il porporato -. La vostra gente si aspetta che siate missionari che lavorano duro; promotori di comunione; collaboratori nella Chiesa; tra i primi ad incoraggiare i sacerdoti, i religiosi e i laici”.
Oltre ai vescovi, l'incontro con superiori dei religiosi, sacerdoti e laici
In tarda mattinata il card. Filoni ha poi incontrato sempre a Dhaka, i rappresentanti delle 7 diocesi del Bangladesh: vescovi, superiori dei religiosi, sacerdoti e laici, circa 120 persone. L’ampio discorso del Prefetto del Dicastero Missionario ha avuto per tema “La prospettiva missionaria nella Evangelii gaudium: da una missione della Chiesa a una Chiesa ‘in missione’" e si è articolato sviluppando quattro punti: La novità della Evangelii gaudium; lo scopo di questo documento; la Chiesa come agente di missione; una prospettiva missionaria. (S.L.)
Simposio della Biblioteca Vaticana su cristianesimo in Giappone
Si intitola “Sulle tracce del cristianesimo nel Giappone della prima età moderna: la Collezione Marega nella Biblioteca Vaticana e il suo valore per la collaborazione internazionale” il simposio di studi in programma oggi in Vaticano, presso la Sala san Pio X di via della Conciliazione. L’evento, preceduto ieri da una presentazione alla stampa nei locali della Biblioteca, è organizzato in collaborazione con il National Institute for the Humanities of Japan. Il servizio di Fabio Colagrande:
Approfondire la sistematica persecuzione e oppressione dei cristiani in Giappone dal 1615 al 1867, attraverso il riordino, l'esame e la digitalizzazione dei circa diecimila documenti raccolti nel '900 dal salesiano Mario Marega e oggi conservati presso la Biblioteca del Papa. E’ questo lo scopo del “Progetto Marega” che dal gennaio scorso vede collaborare la Biblioteca Vaticana con i principali enti governativi e culturali giapponesi. L'incontro odierno, al quale partecipano i maggiori specialisti giapponesi, è un'occasione per far conoscere al pubblico e al mondo accademico le "Carte Marega" e le prospettive di studio che si aprono da questa collaborazione culturale tra Vaticano e Giappone. Sul contenuto del fondo sentiamo Silvio Vita, docente dell’università per gli studi stranieri di Kyoto, tra i partecipanti al convegno:
R. – Si tratta di rapporti amministrativi che venivano inviati dai capi villaggio all’autorità del feudo locale. In questi documenti si registravano periodicamente la composizione delle famiglie e si verificava la presenza di cristiani o discendenti di cristiani, che dovevano essere tenuti sotto controllo per cinque generazioni in modo da far sì che non ci fosse nessuna attività propagandistica o missionaria.
D. – Quindi sono una testimonianza diretta di questa persecuzione sistematica e capillare …
R. – Sicuramente sì. Una testimonianza quantitativamente estremamente consistente, che permetterà di farci capire molte cose che noi conoscevamo o immaginavamo prima soltanto con singoli documenti, non con una messe sistematica di evidenza storica, focalizzata su un’area specifica.
D. – Ecco, siamo nel 1600: le autorità pubbliche giapponesi attuano una severa repressione sistematica del cristianesimo. Come si esplica, questa repressione?
R. – Innanzitutto, con l’espulsione dal Giappone dei missionari e il divieto di farvi rientro, pena la morte. E poi, con l’obbligo di abbandonare la fede cristiana da parte di chiunque e infine, con la creazione di un sistema di controllo che prevedeva una verifica annuale o bi-annuale attraverso la cerimonia dello “e-fumi”, cioè del calpestare una immagina sacra cristiana per verificare che la persona avesse effettivamente abbandonato la sua fede.
D.- Quali erano i motivi di questa persecuzione dei cristiani?
R. – Sono abbastanza evidenti due cose. La prima, è che tutti i rapporti di autorità in Giappone erano legati a promesse solenni o giuramenti che venivano fatti in nome degli dei e dei Buddha, quindi la religione shinto e buddista era strettamente legata al collante della struttura portante della società, da questo punto di vista. E l’altro è il contesto internazionale: cioè, i giapponesi avevano avuto notizia, soprattutto attraverso gli spagnoli, che spesso l’attività di evangelizzazione andava insieme alla conquista militare. E nel 1600 poi entrano i protestanti olandesi – in misura minore inglese – che rafforzano nelle autorità questa convinzione. Quindi, un problema di ordine interno e un problema di pericolo dall’esterno: la paura che il Giappone potesse essere in qualche modo conquistato.
Nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo apre la "Galleria dei ritratti"
Un viaggio nella storia del Papato dal ‘500 ad oggi attraverso ritratti d’epoca e oggetti appartenuti ai Pontefici. E’ quanto aspetta i visitatori che da oggi potranno visitare il nuovo spazio museale inaugurato nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Aperto per la prima volta al pubblico, sarà visitabile ogni sabato anche in treno partendo dalla stazione vaticana. Il servizio di Michele Raviart:
Da Giulio II a Papa Francesco, 51 tele di varie dimensioni saranno esposte nella nuova “Galleria dei ritratti dei Pontefici”. Allestito al primo piano del Palazzo Apostolico, in quelli che erano gli uffici della Specola Vaticana, il percorso si snoda in sette grandi ambienti, costeggiando il terrazzo che domina Castel Gandolfo e il balconcino dal quale il Papa recita, tradizionalmente, l’Angelus quando si trova nella sua residenza estiva. Il commento di Sandro Barbagallo, responsabile delle Collezioni Storiche dei Musei Vaticani:
"L’apertura della Galleria dei ritratti dei Pontefici va a colmare una lacuna che subiscono i visitatori dei Musei Vaticani. Si imbattono spesso lungo le gallerie nei ritratti dei Papa, ma non sanno chi è quel Papa! Oppure si imbattono in uno stemma di un Papa ma non sanno a quale Papa è appartenuto! La Galleria dei ritratti dei Pontefici è quindi un’occasione per far conoscere le gesta, la vita, le virtù di Papi che sono stati grandi capi della Chiesa, che sono stati protettori di artisti, mecenati, talvolta anche Santi".
Tra i marmi policromi delle sale del Palazzo Apostolico, costruito da Urbano VIII Barberini nel 1623 su un progetto di Carlo Maderno, molti anche gli oggetti in mostra. Una sedia gestatoria, che portava i Papi in processione fino all’arrivo della “papamobile” di Giovanni Paolo II e alcuni paramenti liturgici, oltre a una raccolta delle divise storiche dei vari corpi armati pontifici, come la guardia nobile e la guardia palatina. Ancora Sandro Barbagallo:
"La galleria si apre con una serie di parati appartenuti a Paolo V Borghese e davanti a questi parati c’è un tavolo con esposti due servizi da scrittoio perché sì, stiamo parlando di Papi ma stiamo parlando sempre di sacerdoti a capo della Chiesa che hanno una valenza legata alla liturgia, quindi alla celebrazione della messa da un lato e dall’altro al messaggio che loro inviano attraverso le Encicliche".
Fortemente voluta da Papa Francesco, l’apertura progressiva della tenuta di Castel Gandolfo è cominciata lo scorso anno con le visite guidate ai giardini di Villa Barberini e la creazione di uno spaccio per i prodotti delle Fattorie Pontificie. L’obiettivo è quello di condividere quanto più possibile beni artistici e naturali, come spiega il direttore delle Ville Pontificie Osvaldo Gianoli:
"Il desiderio del Santo Padre è stato per noi un piacere immenso poterlo esaudire. Chiaramente la sua generosità nel voler aprire, nel volere condividere questo bene di tutti è innegabile. Dal canto nostro abbiamo fatto il necessario e siamo partiti a marzo dell’anno scorso. L’offerta turistica quindi si arricchisce con l’apertura di Palazzo e con la visita delle Ville Pontificie attraverso un trenino".
Altre udienze e nomine di Papa Francesco
Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi), con il segretario del medesimo dicastero, mons. Angelo Vincenzo Zani, arcivescovo tit. di Volturno; mons. Guido Pozzo, arcivescovo tit. di Bagnoregio, segretario della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”; il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Conferenza Episcopale Italiana; il rev.do Raul Reinaldo Troncoso.
Il Santo Padre Francesco ha nominato il card. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, Arcivescovo di Colombo (Sri Lanka), Suo Inviato Speciale al Congresso Eucaristico Nazionale dell’India, che sarà celebrato a Mumbai dal 12 al 15 novembre 2015.
Parroco Lampedusa: migranti interrogano Europa e sua maturità
Sono arrivati in 140 a Pozzallo, in provincia di Ragusa. I migranti, sbarcati da una nave militare francese, sono ancora da identificare, tra loro vi sarebbero 53 minorenni. E purtroppo si registra un’altra sciagura, al largo dell’isola greca di Samos, dove, per il rovesciamento di una imbarcazione, risultano dispersi quattro bambini e un adulto. In Germania oltre 360 persone sono giunte stamattina, e altri diecimila se ne aspettano nell’arco della giornata di oggi, mentre a Budapest si parla di oltre tremila migranti affluiti in 24 ore, tra loro soprattutto siriani, afghani e pachistani. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Continua incessante il flusso di profughi che attraversano il confine tra Serbia e Ungheria, il cui premier, Viktor Orban, ha chiesto all’Unione europea di dare circa tre milioni di euro ai Paesi confinanti con la Siria, quindi Turchia, Libano e Giordania, perché il problema profughi lo gestiscano loro. Il piano di Orban verrà presentato al prossimo summit dei capi di Stato dell’Unione, con la motivazione che "chi fugge non lo fa per cercare sicurezza, ma solo per una vita migliore".
“Vengono qui per vivere come tedeschi o svedesi”: ha detto Orban in un’intervista, durante la quale ha parlato di migranti arrivati in Europa non da zone di guerra, ma da campi profughi di altri Paesi. Orban ha poi confermato che la frontiera ungherese con la Serbia, a partire dal 15 settembre, verrà chiusa con la barriera metallica e di filo spinato. Quello stesso giorno, inoltre, entreranno in vigore nuove norme più restrittive, che prevedono arresto e carcere fino a tre anni per chi entra illegalmente nel Paese.
Alla continua chiusura nei confronti di chi cerca riparo, risponde l’accoglienza che ai migranti viene riservata dalle popolazioni degli stessi Paesi che non li vogliono aiutare. Don Mimmo Zambito, parroco di Lampedusa:
R. – Quello che ha vissuto Lampedusa, forse in maniera simbolica, ci ha anticipato quello che poi sarebbe successo e quali sono le opportunità, le possibilità e la crisi che si apre. Se il ragionamento dell’Europa è esclusivamente di carattere finanziario, commerciale, governato dal dio-denaro, allora ecco che "l’altro viene a rubarmi, a togliermi, a opprimermi ed è per me un rischio da eliminare". Se invece la percezione dell’altro mi rimanda un’identità, una percezione di me completa, allora questo è cammino di maturità. Io credo che questo sia avvenuto e ancora avvenga a Lampedusa, e credo che questo sia ciò che sta interrogando il continente europeo, le diverse realtà nazionali e le diverse città, che si trovano a vivere questo appello che giunge dalla migrazione, da questa gente che cerca felicità.
D. – L’Europa ha mandato un segnale insperato: l’apertura, rispetto ai muri fisici, materiali, ai muri politici. Un’inversione di tendenza che sembra quasi essere stata sollecitata dai popoli, che, abbiamo visto, hanno manifestato una solidarietà, a dispetto delle politiche dei loro governi …
R. – Sì, è un momento di passaggio anche nel modo di percepire il governo delle nazioni, il governo dell’Europa e, perché no?, il governo del mondo, e non è detto che si debba vivere sempre sotto l’ottica dell’indice di gradimento quotidiano che i mezzi di comunicazione di massa, o gli istituti di sondaggio, o la cultura imperante, economicista e finanziaria, cerca di infondere. In realtà, poi, quando ci si incontra occhi negli occhi con l’altro, allora si scatenano potenzialità direi divine. In questo senso, Lampedusa è stata esemplare anche, e soprattutto, per l’inizio del ministero di Papa Francesco, quando non si è fermato e ha invitato a non fermarsi ai titoli di giornali, a muoversi superficialmente, a commuoversi, e invece ha sollecitato a muoversi, ad andare. In questo senso credo che le popolazioni europee ci stiano ricordando questa necessità, che la realtà è più importante dell’ideologia. Purtroppo viviamo in epoche di ideologie fragili, di ideologie liquide, che coincidono soltanto con la tasca, con i soldi, con l’economia, che ci fanno schiacciare gli altri, a volte, quando in realtà poi schiacciano anche noi stessi sotto questo peso del denaro.
D. – Si dicono tutti pronti ad accogliere, ad aprire le braccia a siriani in fuga dalla guerra, in fuga dalla morte. Però sembra quasi che ci si stia dimenticando che esistono tante e tante altre persone che arrivano da tanti e tanti altri Paesi, alcuni in guerra, altri lo fanno per sfuggire alla fame, mortale quanto le bombe …
R. – Io non so dire a quali riferimenti antropologici e culturali faccia riferimento questo sistema di pensiero che prima dice: “Facciamoli morire tutti”, e poi dice: “Va bene, accogliamo questi e gli altri no”. Certamente, in maniera molto semplice, riconosco il principio del capro espiatorio, cioè, a un certo punto, su qualcuno dobbiamo scaricare la colpa e questa graverà sempre sulla parte più debole e più fragile. E’ un sistema perverso che porta non solo all’annientamento, ripeto, della persona più fragile, ma porta all’annientamento del vivere sociale e dei principi fondamentali sui quali l’Europa non solo si è costituita, ma ancora deve continuare a costituirsi. Percepisco in questo sistema di pensiero un principio diabolico che in ogni caso vuol cercare qualcuno da eliminare, da condannare, da togliere di mezzo perché rallenta la marcia. Per noi cristiani è successo che il capro espiatorio Gesù Cristo si sia rivelato il Salvatore di tutti. Forse proprio in quell’ultimo che si vuole buttare fuori dal consesso civile, ancora una volta lui ama nascondersi e vuole che noi andiamo a cercarlo.
Siria: timori Usa per intervento militare russo
Parlando ieri a tutto campo in occasione del 14.mo anniversario degli attentati dell’11 settembre, il Presidente americano, Barack Obama, è tornato ad accusare la Russia per gli aiuti, anche militari, che Mosca sta offrendo al regime siriano del Presidente Assad. “La strategia della Russia – ha detto – è un grande errore ed è destinata al fallimento”. Sulle scelte fatte da Putin sentiamo il commento di Luigi Geninazzi, del quotidiano Avvenire, intervistato da Giancarlo La Vella:
R. – L’interpretazione più diffusa è quella che Putin sia deciso a fare un passo un po’ più robusto contro il sedicente Stato Islamico, contro i jihadisti. In realtà, la Russia è sempre stata alleata della Siria di Assad; Putin l’ha sempre sostenuto. Di fatto, Assad qualche tempo fa ha ammesso per la prima volta di essere in grave difficoltà dal punto di vista militare, perché l’offensiva dei jihadisti sta diventando sempre più pericolosa. Diciamo che è un intervento di pronto soccorso, quello di Mosca. La mossa di Putin mette in grande imbarazzo Obama, che in effetti ha detto poco o niente perché Obama non ha una posizione precisa: vuole combattere l’Is, dice che Assad se ne deve andare ed è premuto da una situazione internazionale, soprattutto dal problema dei profughi che non lo riguarda direttamente. Ma è diventato il problema numero uno in Europa, per cui qualcuno secondo me in modo semplicistico dice: “Alleiamoci con Assad e sconfiggiamo il califfato”.
Vescovo Taranto: monastero diocesi accoglierà rifugiati
L’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, ha deciso di destinare un monastero della sua diocesi all’accoglienza di un gruppo di famiglie di rifugiati. La decisione risponde all’appello levato da Papa Francesco all’Angelus del 6 settembre scorso. Al microfono di Cristiane Murray, mons. Filippo Santoro si sofferma sull’iniziativa:
R. – Abbiamo subito preparato un piano di accoglienza incontro al quale è arrivata la disponibilità delle suore carmelitane. Qui c’è un monastero di carmelitane scalze. Le suore rimaste sono poche ed anziane; il loro desiderio è stato di rispondere all’appello del Papa. Hanno detto: “Eccellenza, doniamo il nostro monastero alla chiesa di Taranto. Il nostro desiderio è che diventi un centro di accoglienza per rifugiati e profughi oppure un centro di spiritualità”. Vista l’emergenza dei migranti, ho detto alle religiose: “È l’occasione buona proprio per farne un centro di accoglienza per i migranti”. Il monastero conta 24-25 stanze; le suore vanno via a fine settembre, dopo di che faremo i lavori di adeguamento e come diocesi - rispettando il desiderio delle carmelitane, ma anche il nostro di mettere a disposizione di migranti degli spazi - lo adatteremo per questo tipo di accoglienza. Abbiamo iniziato anche un’altra opera: un centro notturno di accoglienza per senzatetto, per senza fissa dimora. Questo per dire che non curiamo solo i migranti che vengono da fuori, ma anche i nostri poveri. Questo palazzo si trova alle spalle della casa del vescovo, il mio episcopio, Palazzo santa Croce; lo adegueremo per i senzatetto e i senza fissa dimora. Questo edificio conta 40 posti per uomini e 20 per donne, due o tre stanze per ragazze madri, le docce, la barberia e la mensa, … Tutto questo proprio per venire incontro a questa domanda di coloro che hanno bisogno, sia migranti che vengono da fuori sia poveri che sono tra di noi.
D. - Per quanto riguarda i migranti, arrivano direttamente, sbarcano a Taranto o vengono trasferiti? Da dove provengono? Quali sono i Paesi di origine?
R. - Qui a Taranto sbarcano quelli che provengono dalla Libia e vengono normalmente dalla Somalia e dall’Eritrea, però anche dalla Siria. Prima che i siriani prendessero la via dei Balcani, della Grecia e dell’Ungheria qui a Taranto ne sbarcavano molti di più. L’anno scorso ne sono arrivati 13 mila; vogliono andare in Germania, in Svezia, in Francia. Sono stati accolti nelle strutture messe a disposizione dalla prefettura, però rimangono poco, due tre giorni poi ripartono. Un altro caso particolare è quello dei minori non accompagnati. Per queste persone abbiamo strutture sia laiche del comune, della prefettura sia una casa famiglia “Villa Serena” che ne accoglie dieci, perché l’idea è di non fare “l’ammucchiata” dei ragazzi, ma di offrire loro una casa! A questi ragazzi non accompagnati, minori, offriamo un luogo dove possono imparare l’italiano, fare dei lavori, curare la casa, insomma, un’esperienza di vita in famiglia.
Expo. Card. Turkson: cambiare mentalità per lottare contro povertà
Un deciso cambio di prospettive e un impegno in prima persona contro la fame e per l’accoglienza dei migranti: è l’emergenza emersa da una serrata due-giorni di confronto a Expo. Il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha indicato il verso di questo cambio di mentalità: lottare contro la povertà, non contro i poveri; lottare contro la fame, non contro gli affamati. E un impegno in prima persona per superare il paradosso di un cibo distribuito in modo troppo diseguale e ingiusto. Il servizio di Fabio Brenna:
La lotta agli sprechi passa anche attraverso una prassi quotidiana in ciascuna delle nostre case. Un impegno dal basso che si è rivelato decisivo nell’accoglienza dei migranti, come ha suggerito venerdì il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana: “Gli Stati che non volevano aprirsi sono stati superati dai loro cittadini che hanno aperto le porte delle loro case”, ha detto, raccontando poi l’esperienza di Lampedusa, primo punto di approdo per tanti disperati. Gli isolani lasciavano thermos di thé fuori dalle loro case, davano i loro abiti a chi ne era privo. La paura è subentrata solo quando qualcuno cominciò a parlare di “invasione”.
Persone che fuggono da guerre dimenticate: presentando il V Rapporto di Caritas italiana sui conflitti dimenticati, è stato evidenziato come in tre anni il numero di guerre sia aumentato da 388 a 424; la maggior parte dei conflitti si svolge all’interno dei confini degli Stati e per il 90 per cento in Paesi poveri. Il male non è l’immigrazione – ha commentato il cardinale Francesco Montenegro – ma i conflitti che li generano, e ha visto segni di speranza generati anche dalle parole di Papa Francesco:
“Ora la spinta del Papa ci fa cominciare la marcia. Ma il bello è che non è soltanto la Chiesa che si sta muovendo: ci sono segnali positivi anche da parte dei laici, quella gente che non è legata alla Chiesa ma che cammina per conto proprio, ha dimostrato che non sempre ciò che i governi hanno deciso è condiviso dalla gente. E forse questa è un’altra breccia di speranza di cui dobbiamo tener conto”.
E se non si scappa da una guerra, si cerca un futuro migliore affrancandosi da un presente fatto di fame e sottosviluppo. Sempre il Rapporto Caritas spiega che la spesa militare degli Stati Uniti d’America, dal 2010 al 2014, è cresciuta del 36,2%, quella cinese dell’8 per cento e quella dell’Arabia Saudita del 5%: “risorse sottratte allo sviluppo”, ha commentato il cardinale Turkson.
Nel convegno di oggi sono stati illustrati alcuni passi concreti compiuti verso un diritto al cibo garantito per tutti, nell’ambito della legislazione e dell’impegno sociale, della finanza e delle situazioni emergenziali. José Magaleus De Souza, di Caritas Brasile, si è soffermato sulla rilevanza della partecipazione sociale per combattere la povertà in Brasile; Susanna Skalek, di Caritas Internationalis, ha illustrato alcune buone pratiche nella gestione degli aiuti alimentari nei Paesi del Sud del mondo. E infine, l’economista Riccardo Moro ha raccontato i contenuti della campagna “Sulla fame non si specula”, che si propone di togliere il cibo e gli alimenti dalla speculazione finanziaria e dei mercati.
Il Rinnovamento nello Spirito a Pompei: la famiglia è viva
Oggi si svolge l’annuale Pellegrinaggio Nazionale delle Famiglie per la Famiglia promosso a Pompei dal Rinnovamento nello Spirito Santo in collaborazione con la Prelatura del Santuario, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’Ufficio pastorale competente della Cei e il Forum delle Associazioni Familiari. Per l’occasione è giunto ai partecipanti anche il saluto e la vicinanza di Papa Francesco che, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ringrazia per l’iniziativa ed esorta tutti “a pregare per le famiglie provate a causa della mancanza del lavoro, per quelle perseguitate a motivo della fede e per ogni famiglia in situazione di sofferenza”. Sui motivi del Pellegrinaggio a Pompei, Adriana Masotti ha intervistato il presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez:
R. – Per gridare al mondo e al nostro Paese che la famiglia è viva. E’ quanto di più elementare, vorrei dire. E’ sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, eppure sembra la notizia più trascurata. La famiglia è viva perché Dio è vivo e questo amore non si esaurisce. E’ certamente un amore crocifisso, un amore tradito, fortemente osteggiato dalla crisi, dalle difficoltà economiche. Ma la famiglia è viva perché è Dio che la tiene in vita. Ed ecco la necessità di riconsegnarla a Lui. Più che parlare agli uomini della famiglia noi dobbiamo recuperare il dialogo con Dio, perché viene da Lui e a Lui deve ritornare ogni giorno. Ecco perché nonni, genitori e figli si mettono insieme in cammino, in preghiera, per ringraziare Dio delle meraviglie che ancora continua a compiere. La gioia di queste famiglie che si ritrovano ogni anno qui a Pompei è una gioia più grande delle difficoltà, delle sofferenze che ogni giorno la famiglia vive. Questa è grazia e della grazia bisogna poterne fare un racconto e una testimonianza.
D. - Tema del pellegrinaggio è “Non c’è amore più grande. Famiglia, vocazione, comunione e missione”. Ma che cosa è la famiglia per il Rinnovamento nello Spirito, come la vede e la vive?
R. – L’espressione “Non c’è amore più grande” indica già che la famiglia è quanto di più bello, di più naturale, ci sia nel cuore dell’uomo. Del resto Dio già nella Creazione ha deciso di provvedere a quella che è la più grande infamia degli uomini e cioè la solitudine, il costringerci a rimanere soli. Dio non vuole che l’uomo rimanga solo. Ecco perché vengono creati maschio e femmina e insieme in questa alterità riscoprono la bellezza del dono della vita che genera vita. Ecco, questa verità noi la consideriamo fondamentale non soltanto per l’avvenire della Chiesa, ma proprio per la salvaguardia dell’umano e per il bene delle nostre società. Nella famiglia ci sono tutte le risorse necessarie perché uno stato sociale, una città possa rimanere in vita. Ecco perché il rosario, più di ogni altra esperienza, permette di raccontare attraverso i misteri della vita come la famiglia realizza questo mistero grande dell’amore. E’ centrale, allora, nel cammino del Rinnovamento nello Spirito, questa testimonianza e di tutto questo noi vogliamo farne un racconto creativo, una proposta, più che una protesta. Noi non andiamo in piazza per protestare. Noi andiamo lungo le strade che ci portano da Scafati a Pompei per dire il Vangelo della famiglia.
D - Qual è il contributo alla famiglia da parte del Rinnovamento nello Spirito?
R. - Il nostro è un impegno non soltanto formativo ma anche missionario. Questo gesto annuale che cade alla vigilia del Sinodo e soprattutto dell’Incontro mondiale della famiglia vuole segnalare ciò che Papa Francesco continua a ribadire: l’importanza che del Vangelo della famiglia non si faccia una recriminazione ma una offerta, una possibilità concreta di incontro. In fondo sono le stesse famiglie che ci chiedono di promuovere gesti semplici, corali, popolari come questo. E credo che noi abbiamo una grande responsabilità di creare queste occasioni in cui si possa vedere e sentire il Vangelo della famiglia. Papa Francesco ci conferma anche con il messaggio che ci ha fatto arrivare, nel quale ringrazia per questo gesto di comunione e di intercessione, e soprattutto perché ribadiamo il valore della preghiera nella famiglia come incontro tra le generazioni, incontro che sembra fortemente compromesso sul piano sociale. Il Santo Padre sottolinea la bontà di questo assunto che sta a fondamento del nostro gesto.
Mostra Cinema Venezia: assegnati premi di ispirazione cattolica
Si conclude, questa sera, la Mostra del Cinema di Venezia. Mentre si attendono i verdetti delle Giurie per l'assegnazione dei Leoni, sono stati consegnati questa mattina i premi di ispirazione cattolica e interreligiosa. Dal nostro inviato a Venezia Luca Pellegrini:
La Cina del lavoro e dello sfruttamento che aggredisce uomo e natura; l'innocenza che vince l'ipocrisia parlando il linguaggio universale dell'amore; la terza età come momento di coesione sociale. Nei premi di ispirazione cattolica consegnati oggi alla Mostra del Cinema di Venezia si guarda all'umanità: tre film che parlano con forza allo spettatore. La Giuria del Signis ha deciso di assegnare il suo riconoscimento a un film cinese di potente visionarietà e impressionante costruzione cinematografica, "Behemoth" di Zhao Liang, perché - precisa la motivazione - "sgorga come una preghiera dalla profondità dell’anima di un artista che parla delle sofferenze di coloro che sono senza nome". Massimo Giraldi sintetizza la scelta della giuria cui ha partecipato:
R. - Molti film che abbiamo visto in questi 12 giorni di Mostra ci hanno certamente interrogato su molti versanti. Abbiamo visto delle opere interessanti e innovative, che soprattutto ci hanno fatto conoscere luoghi del mondo inediti. Ma sul versante opposto abbiamo anche visto film che ci hanno lasciato molto perplessi perché anche a livello cinematografico mostravano carenze. Certamente quest’anno, come d’altra parte il direttore Barbera aveva detto in sede di conferenza stampa, è un’annata un po’ così, a corrente alternata, come molte annate cinematografiche.
D. – E per quanto riguarda dunque la scelta finale del Signis?
R. – In chiusura di Mostra abbiamo visto il film cinese che è un documentario talmente bello e talmente particolare che alla fine ha indotto la giuria all’unanimità ad assegnare proprio a questo film un premio importante, il premio Signis 2015. E’ un film secco, un film lucido, un film che fotografa una Mongolia per noi e per molti di noi inedita e che sta totalmente dalla parte di questi uomini e donne che lavorano abbandonati a se stessi, dando quasi l’idea di un mondo a parte che viene svelato a poco a poco e che soprattutto sta vicino ai dolori e alle sofferenze di questo gruppo di lavoratori. Però c’è una voce fuori campo che commenta quello che si vede e che poi circonda il film di una dimensione anche poetica, addirittura, finendo per citare anche dei brani della Divina Commedia di Dante Alighieri e poi facendo molti riferimenti anche di tipo religioso al Paradiso, all’Inferno. Quindi un film di grandi contenuti anche filosofici e non solo sociali perché è anche una sorta di denuncia forte contro quei governi che si danno da fare per smembrare, per cambiare la natura. E’ certamente un atteggiamento che si fa un po’ strettamente all’ultima Enciclica del Papa sulla bellezza del Creato, perché noi vediamo veramente questi lavoratori che attraverso le bombe buttano giù una montagna e costruiscono dei palazzoni, dei grattacieli enormi che significano un totale cambiamento che non è solo del panorama in sé ma diventa un cambiamento di chi ci vive e quindi un cambiamento forzato, non naturale. Non è un film ideologico, è un film che sta dalla parte dell’essere umano, dell’uomo, della donna che lavorano abbandonati a se stessi e questo film riesce a riportarli in primo piano, in una dimensione che non può non coinvolgerci tutti, non solo chi è in Cina ma anche nel resto del mondo.
Il Premio Padre Nazareno Taddei, istituito in memoria del gesuita studioso di cinema è andato allo splendido "Marguerite" del francese Xavier Giannoli. E' Anselma Dell'Olio, presidente della giuria, che - ai nostri microfoni - spiega come si è arrivati a questa decisione:
R. – Quest’anno il concorso, in generale, non era di primissima qualità. In particolare ho trovato molto bello “Francofonia” di Aleksandr Sokurov, che è una meditazione sull’arte, sulla conservazione dell’arte, sull’Occidente, sulla cristianità indifesa che a me è piaciuto molto. Mi è piaciuto molto anche “Heart of a dog” di Laurie Anderson, davvero un bellissimo film, di una grandissima artista, diciamo d’avanguardia però mai noiosa. E’ un film impregnato di valori, quelli che stanno a cuore al Premio Taddei. Ma sono stata molto felice per la scelta di “Marguerite” perché ha preso il personaggio e lo ha reinventato, credo… Racconta di una donna molto ricca che adora il bel canto, che pensa di essere un soprano di coloratura e che invece è totalmente stonata, e nessuno ha il coraggio di dirglielo. Però questa donna, che è generosissima, che è stratradita dal marito, che ha amanti, non è mai amareggiata, guarda il mondo sempre con occhi innocenti ed è generosissima. Una donna piena di amore, fino al punto che riconquista il suo stesso marito e questa è proprio la costruzione di Giannoli, del regista, di un personaggio che poteva essere un personaggio molto negativo: una donna molto ricca, che pensa di essere una brava cantante e non lo è… invece no, è sempre una donna che guarda il mondo con occhi innocenti, fino al punto di conquistare anche i cinici e quelli che la vorrebbero deridere. E’ piena di amore.
Poi c'è il Premio “Civitas Vitae" che viene assegnato a un regista o interprete capace di veicolare un'immagine al di fuori degli schemi della longevità. Sui lavori della Giuria e l'assegnazione ce ne parla uno dei giurati, il critico Federico Pontiggia:
R. – Un concorso, quello di Venezia, che quest’anno non ha in realtà offerto tante figure di anziani, tante figure di longevità, in particolar modo una longevità ancora attiva, ancora propositiva. L’unico titolo del concorso in questo senso è stato “Remember”, di Atom Egoyan con uno straordinario Christopher Plummer purtroppo senza però un ruolo all’altezza perché credo che sull’Olocausto veramente bisogna riflettere un po’ di più, non si possa fare un thriller così scanzonato. Proprio per questo motivo, il Premio "Civitas vitae" quest’anno va a “Pecore in erba” di Alberto Caviglia, un titolo in concorso ad Orizzonti, un’opera prima di cui abbiamo apprezzato la fusione, la sincronia e la sinergia tra il mockumentary - un genere poco diffuso in Italia, ovvero il falso documentario - e il paradosso. Il protagonista è un antisemita quasi per elezione, che scompare. Viene costruito un falso documentario su questa falsa scomparsa e questo falso documentario ci aiuta a capire quali siano i falsi problemi. Gli ebrei non sono un problema per la società, per quella italiana, per quella occidentale, e questo schema, questo meccanismo, questo ribaltamento degli stereotipi ci è sembrato anche in sé uno strumento utilissimo affinché il cinema, arte ultracentenaria, possa appropriarsi anche di questi schemi per abbatterne degli altri. Come gli ebrei non sono un problema, così gli anziani non sono un problema. “Pecore in erba” da questo punto di vista è un film che sa osare, un film che fa del cinema, questo ultracentenario, una risorsa di coesione sociale. Il Premio "Civitas vitae" vuole rendere la longevità una coesione sociale, quindi un titolo che si attagliava perfettamente.
Da ricordare, inoltre, il Premio Interfilm assegnato dall'Associazione Internazionale Protestante Cinema al film che meglio riesca a promuovere il dialogo interreligioso e che quest'anno ha scelto l'iraniano "Wednesday, May 9" di Vahid Jalilvand. Recita la motivazione: "Con la sua supplica per la compassione, la carità e l'altruismo sullo sfondo della cultura islamica, il film mostra l'universalità dei valori umani e incoraggia il dialogo interreligioso partendo dalle questioni etiche e non dogmatiche". Mentre a "Non essere cattivo" del compianto Claudio Caligari è andato il Premio Gianni Astrei dell’Associazione Fiuggi Family Festival che lo ha riconosciuto, come è scritto nella motivazione, di essere "un film vero e duro che racconta la periferia con uno sguardo pieno di rispetto senza compiacersi del male e senza abusare della tenerezza che una giovane vita, morente o nascente, può generare". Infine, il Premio Bianchi del Sindacato Giornalisti Cinematografici è stato consegnato a Ermanno Olmi per l'ultimo suo film, "Torneranno i parti". Laura Delli Colli ne ha ricordato la "carriera dedicata con rigore, coerenza, semplicità e grande passione, un regista che più ha saputo raccontare i valori autentici ed essenziali di una poetica come lezione di vita, un poeta del cinema che più arriva al cuore dei suoi spettatori, oltreché alla gioia degli occhi di chi gode della sua semplicità unica".
Al Festival della Letteratura di Viaggio, rapporto pellegrinaggi-fede
Al via in questi giorni l’VIII edizione del Festival della Letteratura di Viaggio. La kermesse, in programma a Roma nella splendida cornice di Villa Celimontana, ospita oggi, sabato 12, un incontro dal titolo “Le vie dello spirito, all’ombra del Giubileo. Benedetto da Norcia vs. Francesco d’Assisi”. Don Giovanni Biallo, dell’Opera Romana Pellegrinaggi, al microfono di Francesca Di Folco spiega come i pellegrinaggi in luoghi di culto rafforzino la fede.
R. - Sono due grandi Santi che si sono mossi nella loro vita, andando da un luogo all’altro proprio con lo scopo di evangelizzare, di portare la parola di Dio. Nella vita di un cristiano, muoversi - muoversi nella vita - portarsi a compiere nuove esperienze, incontrare nuove persone: queste sono le caratteristiche del cristiano, che non può restare chiuso in sé stesso. L’esperienza bellissima dell’amore e della misericordia di Dio va comunicata.
D. – Quali sono le mete dei pellegrinaggi religiosi più seguite dai fedeli?
R. – In tutti i Paesi del mondo ci sono dei santuari rilevanti per la storia, per gli avvenimenti che sono accaduti, apparizioni mariane ecc. Naturalmente, se restiamo nel nostro contesto europeo, in particolare la Terra Santa, che è “Il” pellegrinaggio - con un’accentuazione particolare - essendo anche il luogo dove noi ripercorriamo i passi di Gesù, dove tutte le pietre gli parlano, diventano parola della presenza di Dio in mezzo a noi, dell’Emmanuele di Dio con noi. E poi naturalmente i grandi luoghi di pellegrinaggio mariano, come Lourdes e Fatima, sono molto ricercati: sono luoghi dove si sperimenta pace, gioia e consolazione. Se la Terra Santa è scoprire il volto di Cristo - scoprire anche il suo volto umano, semplice, della quotidianità di Gesù, che utilizza tra l’altro gli esempi della vita quotidiana intorno a lui nel Vangelo - i luoghi di Maria sono i luoghi della Madre, dove c’è l’abbraccio materno di Colei che continua a generarci nella fede.
D. – Quali sono le motivazioni che nel Giubileo del 2015 spingono a mettersi in cammino per incontrare il Signore?
R. – Il Giubileo è un’occasione molto speciale, perché è un tempo di grazia. Il Papa nel bellissimo documento – la Bolla di Indizione per il Giubileo – parla di “tempo favorevole per la Chiesa”, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei fedeli. Il Giubileo è un’occasione straordinaria, un tempo favorevole, in cui veramente essere bagnati e ricoperti dal suo amore. E il tema della misericordia è un tema che riguarda tutti noi.
D. – Come cambia la vita dei fedeli quando il loro percorso di fede tocca le mete religiose?
R. – Molte persone che partecipano anche ai nostri pellegrinaggi non hanno una vita di fede come noi possiamo immaginare, piena, completa; per cui il pellegrinaggio è semplicemente un’aggiunta, ma molte persone sono proprio alla ricerca. Per noi è un’occasione bellissima di compiere ciò che la Chiesa oggi ci chiede: cioè di essere strumento di evangelizzazione, portare la semplicità del messaggio del Signore, della sua presenza insieme a noi, di comunicare l’amore di Dio. All’interno del pellegrinaggio ci sono delle scoperte bellissime: noi ne abbiamo fatta testimonianza accompagnando i pellegrini in giro per il mondo. Ancora non ho fatto esperienza di un pellegrino che sia ritornato senza qualcosa nel cuore, senza il cuore pieno di una gioia, di una pace nuova che ha cercato, qualche volta anche inconsapevolmente decidendo di partecipare a un pellegrinaggio.
Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella 24.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù chiede ai discepoli: «Voi, chi dite che io sia?». Pietro gli risponde: «Tu sei il Cristo». E il Signore spiega che dovrà soffrire molto, essere ucciso e poi risorgere. Pietro lo rimprovera per queste parole, ma Gesù gli dice:
«Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:
La professione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo”, in risposta alla domanda di Gesù, e la rivelazione che Gesù fa agli apostoli della sua missione: “Cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire... poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”, vengono oggi a destabilizzare la nostra vita di battezzati-pagani, di cristiani che spesso pensano e vivono come il mondo. Gesù pone ai suoi discepoli – e a noi oggi –, una domanda molto personale: “Che dice la gente di me?”, “E voi che dite? Chi sono io, secondo voi?”. Gesù incomincia a sollevare il velo sulla sua identità, sulla sua missione, strappando i discepoli dall’idea – comune al suo tempo –di un Messia politico, vittorioso! Davanti all’annuncio di una vittoria pasquale che passa attraverso la sofferenza e la morte, Pietro – come molti di noi – non ci sta: ne è scandalizzato! E da Gesù riceve una risposta tagliente, dura: “Satana”, che non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini! Il Gesù della croce è uno scandalo. Preferiamo un altro “dio”, più a buon mercato, più adattabile alle nostre esigenze, ai nostri problemi. Il Gesù della croce rivela il “Dio totalmente altro”, “non perché non sia uno di noi, in tutto simile a noi eccetto che nel peccato (cf. Ebr. 4, 15), ma perché, come Messia umile e crocifisso, ha capovolto tutti i progetti umani di salvezza e con le beatitudini ha rivelato una nuova scala di valori, tutta diversa da quella del mondo che continua a rendere infelice la nostra esistenza” (R. Cantalamessa). Resta la domanda: Chi è veramente Gesù per te, oggi?
Regno Unito: no del parlamento a suicidio assistito. Plauso vescovi
Con 330 voti contrari e 118 favorevoli, il Parlamento inglese ha respinto ieri il progetto di legge sulla legalizzazione del suicidio assistito dei malati in stato terminale, sotto la supervisione medica. Un progetto era stato molto dibattuto e molto contrastato all’interno di tutta la società inglese. Soddisfazione è stata quindi espressa dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles.
Suicidio assistito, un rischio per i più vulnerabili
In una nota, mons. Peter Smith, arcivescovo di Southwark e responsabile del Dipartimento per la responsabilità cristiana e la cittadinanza, all’interno della Conferenza episcopale inglese, scrive: “Accolgo con favore il riconoscimento, da parte del Parlamento, dei gravi rischi che questo disegno di legge avrebbe rappresentato per la vita delle persone più vulnerabili della nostra società”.
Valorizzare e promuovere cure palliative
Di qui, l’accento posto dal presule sulle numerose ed “eccellenti cure palliative che vanno valorizzate e diffuse” e la soddisfazione per “la partecipazione di tanti cattolici del Paese a questo importante dibattito”. “Spero – conclude la nota di mons. Smith – che tutti coloro che sono coinvolti nel settore continuino a sostenere gli appelli per una migliore qualità delle cure per chi vede la propria vita avvicinarsi alla fine”.
Anche la Chiesa anglicana d’Inghilterra plaude alla decisione del Parlamento
James Newcome, vescovo di Carlisle, responsabile per la Chiesa d’Inghilterra in materia di assistenza sanitaria, ha dichiarato: “Ci rincuora che i parlamentari hanno deciso di non cambiare la legge sul suicidio assistito. Crediamo che le proposte contenute nel disegno di legge Dying Assisted avrebbero esposto le persone già vulnerabili a un aumento del rischio. Il voto alla Camera dei Comuni manda un segnale forte secondo il quale il giusto approccio verso il sostegno ai malati terminali è quello di offrire sostegno attraverso una migliore pratica delle cure palliative. Crediamo che dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi su questo fronte”. (A cura di Isabella Piro)
Appello Jrs al presidente Tusk per il vertice Ue immigrazione
In vista del vertice straordinario europeo sull’immigrazione convocato il 14 settembre a Bruxelles, il Jesuit Refugee Service (Jrs) ha rivolto un pressante appello al Presidente dell’UE, Donald Tusk, ad adoperarsi in prima persona per il raggiungimento di un accordo sulla crisi dei profughi. In una lettera firmata da 13 sezioni del Jrs e da due organizzazioni associate, il Servizio per i rifugiati dei Gesuiti invoca misure comuni a sostegno dell’ondata di solidarietà di tanti cittadini europei verso i profughi siriani.
Riportare il valore dell’ospitalità in Europa
“Fino a non molto tempo fa, durante la Seconda Guerra Mondiale e i lunghi anni della guerra Fredda - ricorda la missiva - la Polonia era uno dei Paesi da cui uscivano più rifugiati. Oggi i polacchi godono della libertà di movimento in tutta l’Europa come cittadini europei”. Di qui l’esortazione, al Presidente Tusk, primo polacco alla guida dell’UE, a perorare la causa della corresponsabilità degli Stati europei “per salvare vite umane e riportare il valore dell’ospitalità nel Continente”. Il Jrs chiede, in particolare, tre misure urgenti prima dell’arrivo dell’inverno: l’allestimento di strutture di accoglienza adeguate i rifugiati possano essere trattati con umanità e dignità; la creazione di canali umanitari per consentire ai profughi di entrare in Europa in sicurezza, sottraendoli ai trafficanti di uomini; un sistema di ridistribuzione permanente dei richiedenti asilo.
La responsabilità “morale e legale” di proteggere persone in fuga
Infine, il Jrs chiede a Tusk di ricordare a tutti gli Stati membri la responsabilità “morale, ma anche “legale” di proteggere persone che fuggono dalla guerra e dall’oppressione, in virtù della Convenzione di Ginevra, della Convezione europea sui diritti umani e della la Carta dei diritti fondamentali dell’UE: “L’Europa, per la sua storia e le sue tradizioni, non può chiudere gli occhi ai più vulnerabili e bisognosi di protezione – si sottolinea in conclusione nella lettera -. L’ospitalità è una delle più conosciute tradizioni della Polonia e può essere facilmente trasformata in un valore europeo”.
Quasi un milione i rifugiati assistiti dal Jrs
Con più di 1.400 volontari gesuiti, laici e altri religiosi, il Jesuit Relief Service è oggi presente in quasi 50 Paesi nel mondo, dove offre servizi educativi, sanitari e di assistenza a quasi un milione di rifugiati, senza distinzione di etnia o appartenenza religiosa. (L.Z.)
Consiglio delle Chiese: azione comune Ue per emergenza profughi
“La responsabilità dell’accoglienza e del sostegno alle persone in cerca di rifugio, di sicurezza e di un futuro migliore per sé e per le loro famiglie non può essere lasciata agli Stati in cui i rifugiati arrivano”. Anche il Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc) chiede un’azione comune di tutti gli Stati dell’Unione Europea per fare fronte all’emergenza profughi.
Una prova dei valori umani e cristiani dell’Europa
“L’Europa, sia a ovest che a est, sta mettendo alla prova il proprio impegno per la dignità umana e i diritti. Questo è un test dei nostri valori umani e della nostra eredità cristiana”, ha dichiarato il segretario generale dell’organismo ecumenico il pastore Olav Fykse Tveit, durante un incontro a Ginevra dedicato all’attuale emergenza. “Oggi - ha ricordato - i Paesi europei si trovano ad affrontare la peggiore crisi umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma la compassione e l’azione sembrano essere tragicamente insufficienti a soddisfare il bisogno pressante. Purtroppo è così, nonostante i drammi ai quali assistiamo tutti i giorni ai confini dell’Europa, per non parlare dei Paesi da cui queste persone sono costrette a fuggire”.
Aiuti senza discriminazioni su base religiosa
Il rev.do Tveit ha quindi stigmatizzato l’atteggiamento di alcuni Paesi europei che respingono i profughi in base alla loro religione: “Dobbiamo assumerci la responsabilità di aiutare tutti quegli esseri umani che hanno disperato bisogno senza distinzione e senza preclusioni” ha detto, esortando “le Chiese dei Paesi di arrivo o di transito a continuare nei loro sforzi per accogliere gli stranieri e per modellare una risposta compassionevole alle persone in difficoltà. Abbiamo bisogno di una cooperazione ecumenica in questi sforzi, al fine di garantire il maggior contributo possibile e alleviare queste terribili sofferenze”, ha aggiunto. (A cura di Lisa Zengarini)
Vescovi Polonia: fare tutto il possibile per i profughi
“Accogliere i migranti è una grande sfida e una prova per il nostro spirito cristiano”. È quanto afferma l’arcivescovo di Gniezno e primate di Polonia, mons. Wojciech Polak, analizzando le preoccupazioni della popolazione causate soprattutto, a suo parere, delle immagini crudeli del mondo islamico trasmesse dai media. Sono solo il 36% i polacchi che vogliono accogliere, conformemente al sistema delle quote deciso a Bruxelles, i profughi provenienti dal Medio Oriente, mentre il 55% della popolazione è contraria a quella soluzione. Al contempo però - riferisce l'agenzia Sir - il 56% degli abitanti della Polonia accetta di dare ospitalità a immigrati provenienti da altre zone come Ucraina, Armenia o Bielorussia.
Le strutture caritative della Chiesa rispondono positivamente
“Le parrocchie della Chiesa polacca rispondono positivamente all’appello di Papa Francesco e all’invito ad accogliere i profughi lanciato anche dal presidente dei vescovi polacchi mons. Stanislaw Gadecki”, sostiene la Caritas polacca, che tramite una fitta rete di propri Centri si occupa di aiutare i migranti. “Sicuramente coloro che comprendono la cultura cristiana saranno avvantaggiati”, osserva a questo proposito il presidente del Consiglio per gli affari sociali della Conferenza episcopale, mons. Jozef Kupny. “Ciò non significa però che dobbiamo chiudere le porte ai nostri fratelli e sorelle perché hanno una fede diversa dalla nostra”, aggiunge.
La Chiesa farà tutto il possibile per i migranti
“La Chiesa in Polonia chiamata ad aiutare le persone bisognose nell’Anno della Misericordia sicuramente farà per i profughi tutto il possibile portando loro sollievo”, si legge in un messaggio dei vescovi pubblicato l’8 settembre. Il documento sottolinea tuttavia che “lo sforzo principale del mondo intero dovrebbe essere indirizzato allo spegnimento dei conflitti a causa dei quali le persone sono costrette a fuggire dal proprio Paese” e rileva la necessità di portare “aiuto a coloro che soffrono a causa delle guerre nei Paesi di provenienza”.
A Varsavia manifestazione contro gli immigrati
La questione delle quote decise dall’Ue in Polonia, prima delle elezioni politiche del 25 ottobre, assume una valenza particolare anche in considerazione delle riflessioni del Presidente della Repubblica, Andrzej Duda, proveniente dal partito della destra conservatrice Legge e Giustizia (Pis) e contrario alla politica di Bruxelles che “dimostra che chiunque riesca ad arrivare in uno dei Paesi dell’Ue troverà accoglienza e potrà usufruire del welfare”. Oggi a Varsavia è prevista, nonostante il divieto da parte delle autorità cittadine, una manifestazione contro gli immigrati benché il capo del governo Ewa Kopacz abbia proposto di aumentare la quota dei 2mila profughi previsti in Polonia nei prossimi due anni. (R.P.)
Vescovi Burundi: nel Paese è tornato il clima di divisione
“Non uccidere”. Con questo richiamo al quinto comandamento i vescovi del Burundi invitano i burundesi a lavorare per la pace nel Paese che sta vivendo la peggiore crisi dalla fine della guerra civile nel 2003, dopo che il Presidente Pierre Nkurunziza è stato rieletto per un terzo mandato in violazione della Costituzione.
Nel Paese si è creata una divisione nella popolazione
I vescovi si sono espressi sulla situazione del Paese in un comunicato pubblicato al termine della loro Assemblea plenaria all’inizio di settembre. I presuli sottolineano come si sia creata una divisione nella popolazione tra coloro che si sentono al sicuro e quelli invece che temono per la propria vita al punto che in diversi sono stati costretti a fuggire anche all’estero.
La povertà minaccia la popolazione
I vescovi condanno gli atti criminali che si registrano quotidianamente in particolare nella capitale Bujumbura, dove ogni notte si verificano omicidi, e dove diverse persone non dormono nel proprio domicilio per paura di essere rapite o uccise. In alcuni quartieri, denuncia il comunicato, gli abitanti sono consegnati in residenza sorvegliata e, non potendo uscire di casa per andare a lavorare o procurarsi da mangiare, rischiano di morire di fame. “La povertà minaccia la popolazione - scrivono i vescovi - e questa accresce il dramma che stiamo vivendo, dal momento che alcuni membri della comunità internazionale sembrano aver sospeso i loro aiuti al Burundi”.
I presuli chiedono la ripresa del dialogo politico
I vescovi deplorano inoltre il linguaggio utilizzato nel confronto politico sia da parte del governo che dall’opposizione, giudicandolo “minaccioso e teso a denigrare gli altri. Un linguaggio a carattere terroristico volto a provocare il confronto come se fossimo in guerra”. Un linguaggio che serve a risvegliare lo spirito di divisione di un Paese che con gli accordi di pace voleva cambiare pagina e intraprendere la via della riconciliazione nazionale. Dopo aver invitato i fedeli alla preghiera per la pace nel Paese, i vescovi rivolgono un pressante appello ai protagonisti della crisi politica perché si siedano attorno ad un tavolo per “prendere i provvedimenti che permettano al Burundi di ritornare ad essere un Paese vivibile dove ciascuno si senta libero nel rispetto reciproco”. (L.M.)
Chiesa Terra Santa: nessuna 'serrata' dei Luoghi Santi
“Non c'è niente di serio e di attendibile nelle voci che parlano di una possibile chiusura dei Luoghi Santi come iniziativa da intraprendere in appoggio allo sciopero delle scuole cristiane”. Così riferisce all'agenzia Fides il vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele del patriarcato latino di Gerusalemme. L'autorevole e perentoria smentita pone fine alle indiscrezioni su una possibile “serrata” dei Luoghi Santi cristiani che sarebbe stata presa in considerazione dalla Chiese di Terra Santa come misura estrema da mettere in campo nel braccio di ferro in corso tra le scuole cristiane e il governo israeliano. “Questa ipotesi non è stata affatto presa in esame, a nessun livello. Anzi, noi incoraggiamo i pellegrini a venire da tutto il mondo per visitare i Luoghi Santi. Diciamo a tutti: venite in Terra Santa, non c'è nessun motivo di esitare e di avere paura” ribadisce a Fides il vescovo Marcuzzo, che presiede anche il Comitato negoziale delle scuole cristiane, incaricato delle trattative con il governo israeliano.
La voce riportata da alcune agenzie di stampa
Nei giorni scorsi, secondo quanto riportato da alcune agenzie, un portavoce delle scuole cristiane durante una conferenza stampa aveva fatto balenare l'ipotesi di una chiusura dei Luoghi Santi - che ogni anno attirano da tutto il mondo milioni di pellegrini - come strumento di ritorsione per colpire l'economia israeliana e nello stesso tempo sensibilizzare la comunità internazionale sul trattamento – considerato discriminatorio – che il governo israeliano sta riservando alle scuole cristiane. Tale ipotesi è apparsa da subito in contraddizione con i numerosi appelli - lanciati di recente anche dalla Custodia francescana di Terra Santa – che invitavano i pellegrini a tornare senza indugio nella terra di Gesù, dopo il preoccupante calo di pellegrinaggi registrato negli ultimi mesi, e attribuito dagli operatori sia alla crisi economica che all'instabilità di Paesi confinanti con Israele e Palestina.
La protesta delle scuole cristiane proseguirà in altre forme
Proseguirà quindi in altre forme – compresi presidi e manifestazioni pubbliche - la protesta messa in atto dalle scuole cristiane di Terra Santa, che dall'inizio dell'anno scolastico proseguono lo sciopero a oltranza e non hanno ancora riaperto le aule per la ripresa delle ordinarie attività scolastiche. Alla radice della protesta ci sono le restrizioni di bilancio imposte dallo Stato ebraico. In pochi anni, i contributi pubblici alle scuole cristiane sono diminuiti di oltre il 45%, costringendo gli istituti ad aumentare le rette scolastiche a carico delle famiglie, spesso dotate di redditi bassi, sotto la media nazionale. Le 47 scuole cristiane presenti in Israele sono frequentate da 33mila studenti (di cui solo la metà sono battezzati) e impiegano 3mila insegnanti. I sussidi statali, che fino a qualche anno fa coprivano il 65% delle rette, sono stati drasticamente ridotti e adesso non coprono nemmeno il 30% delle spese di gestione. (G.V.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 255