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Sommario del 11/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: clima, questione di giustizia e solidarietà verso i poveri

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I cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e l’aumento degli eventi metereologici estremi indicano che “il clima è un bene comune, oggi gravemente minacciato”. Papa Francesco torna sul tema a lui caro della salvaguarda dell’ambiente, in occasione dell’udienza ai partecipanti all’Incontro della Fondazione per lo sviluppo sostenibile su Giustizia ambientale e cambiamenti climatici. Servizio di Francesca Sabatinelli

Cambiamenti climatici colpiscono soprattutto i più poveri
Quello della salvaguardia dell’ambiente è un tema “la cui importanza e urgenza non possono essere esagerate”. Nel suo discorso Francesco riporta la sua inquietudine nei confronti di quel bene comune che è il clima, “oggi gravemente minacciato”, come dimostrano fenomeni “oggetto di grande attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica, e attorno ai quali sono in corso accesi dibattiti scientifici e politici, da cui è andato emergendo un consenso diffuso, anche se non unanime”. Perché dobbiamo occuparcene? E’ la domanda di Francesco: perché le ricadute dei cambiamenti climatici sono sociali e perché – risponde lui stesso – “sono i più poveri a patirne con maggiore durezza le conseguenze!”:

“La questione del clima è una questione di giustizia; e anche di solidarietà, che dalla giustizia non va mai separata. È in gioco la dignità di ognuno, come popoli, come comunità, come donne e uomini”.

Dovere per le generazioni future
Nelle mani degli uomini c’è un potere senza precedenti dato da scienza e tecnologia, per questo “è nostro dovere, verso l’umanità intera e in particolare verso i più poveri e le generazioni future, utilizzarlo per il bene comune”:

“Pur tra le molte contraddizioni del nostro tempo, abbiamo ragioni sufficienti per alimentare la speranza di riuscire a farlo. E da questa speranza dobbiamo lasciarci guidare. Nell’adempiere questo impegno, auguro a ciascuno di voi di sperimentare il gusto di partecipare ad azioni che trasmettono vita. La gioia del Vangelo dimora anche qui”.

Il grande nemico è l'ipocrisia
“In che modo – chiede ancora il Papa – possiamo esercitare la nostra responsabilità, la nostra solidarietà, la nostra dignità di persone e cittadini del mondo?”:

“Ognuno è chiamato a rispondere personalmente, nella misura che gli compete in base al ruolo che occupa nella famiglia, nel mondo del lavoro, dell’economia e della ricerca, nella società civile e nelle istituzioni. Non sfoderando improbabili ricette: nessuno le ha! Piuttosto offrendo quanto ha capito al dialogo e accettando che il proprio apporto sia messo in discussione: a tutti è richiesto un contributo in vista di un risultato che non può essere che frutto di un lavoro comune. Il grande nemico qui è l’ipocrisia”.

Possano far udire la propria voce i più poveri
Francesco torna sulla sua Enciclica Laudato si’, per riproporre questo dialogo come “unica via” per “cercare soluzioni davvero efficaci”. Un dialogo che dovrà “essere ispirato da una visione tanto trasparente quanto ampia”, che dovrà includere “tutte le parti in causa, anche quelle che più facilmente restano ai margini dei processi istituzionali” e che sia segnato da incontri tra esponenti di “rilievo di mondi diversi”, come la “religione e la politica, l’attività economica e la ricerca scientifica in molteplici settori, le organizzazioni internazionali e quelle impegnate nella lotta alla povertà”:

“Rivolgo a tutti un pressante invito a compiere ogni sforzo perché ai tavoli in cui si cerca il modo per risolvere l’unica e complessa crisi socio-ambientale possano far udire la propria voce i più poveri, tra i Paesi e tra gli esseri umani: è anche questo un dovere di giustizia ambientale. Di fronte all’emergenza dei cambiamenti climatici e con lo sguardo rivolto ai cruciali appuntamenti che nei prossimi mesi li affronteranno – l’approvazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile da parte delle Nazioni Unite alla fine di questo mese e soprattutto la COP 21 di Parigi a inizio dicembre – mi sento di proporre che questo dialogo diventi un’autentica alleanza per arrivare ad accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci”.

Impegno personale del Papa e di tutta la Chiesa
Francesco, in conclusione, garantisce il suo “sostegno personale e di tutta la Chiesa” a partire dalla preghiera, chiedendo a Dio di benedire il comune sforzo, “perché l’umanità sappia finalmente dare ascolto al grido della terra e dei più poveri tra coloro che la abitano, e prendersene cura”:

“Oggi la nostra madre terra è fra i tanti esclusi che gridano al cielo per l’aiuto. La nostra madre terra è una esclusa”.

Soltanto ascoltando questo grido “la creazione si avvicinerà sempre di più alla casa comune che l’unico Padre ha immaginato come dono per la famiglia universale delle sue creature”.

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Francesco ai Clarettiani: aprire frontiere e cercare i peccatori

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Camminare è “aprire frontiere” e porte, uscire e “cercare strade”. Così il Papa, rivolgendosi ‘a braccio’ in spagnolo, ai partecipanti al XXV Capitolo generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, i Clarettiani, guidati dal superiore, padre Matew Vattamattam. L’invito del Pontefice è stato anche ad adorare Dio, che “non ha prezzo”, e ad accompagnare il popolo nei momenti felici e in quelli di dolore. Il servizio di Giada Aquilino

“Adorare, camminare e accompagnare”. Questa la missione di ogni pastore nelle parole di Francesco ai Clarettiani, che hanno dedicato il loro Capitolo generale al tema: ‘Testimoni e messaggeri della gioia del Vangelo’:

“En el mundo de la eficiencia, hemos perdido el sentido de la adoracion...
“Nel mondo dell’efficienza - ha ricordato - abbiamo perso il senso dell’adorazione”, pure nella preghiera: e ciò è una “carenza” anche della Chiesa di oggi. Perché adorare, ha spiegato il Papa, è stare davanti a quell’unico Dio “che non ha prezzo, che non si negozia, che non si cambia”. Quello che è “fuori di Lui” è un’“‘imitazione di cartone’, un idolo”. Il Signore, ha proseguito, “ha voluto camminare”, “non ha voluto stare tranquillo”:

“Y caminar es abrir fronteras, salir, abrir puertas, buscar caminos...
“E camminare è aprire frontiere, uscire, aprire porte e cercare strade”, ha spiegato il Papa che da sempre invita ad andare ‘alle periferie’, come ricordato pure nel discorso ufficiale, consegnato ai presenti nella Sala del Concistoro, circa 120 persone: nel testo ha invitato a mettersi “in ascolto” degli altri, proprio nelle “diverse periferie” del mondo, perché è lì che la voce dello Spirito Santo “risuona in modo più chiaro”. E lo ha ribadito parlando a braccio coi Clarettiani che, oggi presenti in 64 Paesi, sono profondamente missionari, “si incontrano dappertutto”, ha constatato. L’invito del Pontefice è stato ad andare alle “frontiere di tutti i tipi” e a non stare fermi e “tranquilli”, proprio come l'acqua: se è stagnante “si corrompe”, ma se è di un fiume “scorre”. Quindi, camminare come ha camminato Dio, “che si è fatto compagno di viaggio”. Perché camminare soli è “anche noioso”, ha osservato il Pontefice, esortando ad accompagnare il prossimo come fece il Signore con il suo popolo, “facendosi anche carico dei peccati” e perdonando:

“Acompañar lo momentos de alegría...
“Accompagnare i momenti di allegria”, “la felicità delle coppie, delle famiglie”, ma anche i “momenti duri”, “della croce”, “del peccato”. In fondo Gesù, ha riflettuto, non aveva paura dei peccatori: “li cercava”. “Non abbiate paura”, ha infatti incoraggiato il Papa nel discorso consegnato, è il Signore che ci spinge a prestare l’attenzione su “coloro che hanno bisogno della Sua testimonianza” per sentire la “presenza misericordiosa” di Dio nella loro vita. E quando “al centro della nostra vita” c’è Cristo, si legge ancora nel testo, siamo davvero capaci di “testimoniare e comunicare” la gioia del Vangelo.

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Francesco: tutti si guardino dall’essere ipocriti, anche il Papa

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Per essere misericordiosi verso gli altri, dobbiamo avere il coraggio di accusare noi stessi. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che dobbiamo imparare a non giudicare gli altri, altrimenti diventiamo ipocriti. Un rischio, ha avvertito, da cui tutti si devono guardare “dal Papa in giù”. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Generosità del perdono, generosità della misericordia”. Papa Francesco ha sottolineato che, in questi giorni, la Liturgia ci ha fatto riflettere sullo stile cristiano rivestito di sentimenti di tenerezza, bontà, mansuetudine e ci esortava a sopportarci a vicenda.

Avere il coraggio di accusare se stessi
Il Signore, ha proseguito, ci parla della “ricompensa”: “non giudicate, non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati”:

“Ma noi possiamo dire: ‘Ma, questo è bello, eh?’. E ognuno di voi può dire: ‘Ma Padre, è bello, ma come si fa, come si incomincia, questo? E qual è il primo passo per andare su questa strada?’. Il primo passo lo vediamo oggi, sia nella prima Lettura, sia nel Vangelo. Il primo passo è l’accusa di se stessi. Il coraggio di accusare se stessi, prima di accusare gli altri. E Paolo loda il Signore perché lo ha eletto e rende grazie perché ‘mi ha dato fiducia mettendo me al suo servizio, perché io ero’ ‘un bestemmiatore, un persecutore e un violento’. Ma è stata misericordia”.

Guardarsi dall’essere ipocriti, dal Papa in giù
San Paolo, ha soggiunto, “ci insegna ad accusare noi stessi. E il Signore, con quell’immagine della pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e della trave che è nel tuo, ci insegna lo stesso”. Bisogna prima togliere la trave dal proprio occhio, accusare se stessi. “Primo passo – ha ribadito Francesco – accusa te stesso” e non sentirsi “il giudice per togliere la pagliuzza dagli occhi degli altri”:

“E Gesù usa quella parola che soltanto usa con quelli che hanno doppia faccia, doppia anima: ‘Ipocrita!’. Ipocrita. L’uomo e la donna che non imparano ad accusare se stessi diventano ipocriti. Tutti, eh? Tutti. Incominciando dal Papa in giù: tutti. Se uno di noi non ha la capacità di accusare se stesso e poi dire, se è necessario, a chi si devono dire le cose degli altri, non è cristiano, non entra in questa opera tanto bella della riconciliazione, della pacificazione, della tenerezza, della bontà, del perdono, della magnanimità, della misericordia che ci ha portato Gesù Cristo”.

Fermiamoci in tempo quando ci viene di sparlare degli altri
Il primo passo, dunque, ha ribadito è questo: chiedere “la grazia al Signore di una conversione” e “quando mi viene in mente di pensare ai difetti degli altri, fermarsi”:

“Quando mi viene la voglia di dire agli altri i difetti degli altri, fermarsi. E io? E avere il coraggio che ha Paolo, qui: ‘Io ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento’ … Ma quante cose possiamo dire di noi stessi? Risparmiamo i commenti sugli altri e facciamo commenti su noi stessi. E questo è il primo passo su questa strada della magnanimità. Perché quello che sa guardare soltanto le pagliuzze nell’occhio dell’altro, finisce nella meschinità: un’anima meschina, piena di piccolezze, piena di chiacchiere”.

Chiediamo al Signore la grazia, ha detto ancora il Papa, “di seguire il consiglio di Gesù: essere generosi nel perdono, essere generosi nella misericordia”. Per canonizzare “una persona – ha concluso – c’è tutto un processo, c’è bisogno del miracolo, e poi la Chiesa” la proclama santa. “Ma – ha annotato – se si trovasse una persona che mai, mai, mai avesse parlato male dell’altro”, la “si potrebbe canonizzare subito”.

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Papa riceve presidente serbo: in primo piano condizione profughi

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Nella mattinata di oggi, Papa Francesco ha ricevuto nel Palazzo Apostolico, Tomislav Nikolić, presidente della Repubblica di Serbia, che ha successivamente incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Durante l’incontro, informa una nota della Sala Stampa vaticana, sono stati rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di Serbia e sono stati affrontati temi di comune interesse attinenti “alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile, con particolare riferimento al dialogo ecumenico ed al contributo della Chiesa cattolica al bene comune della società serba”.

Nel prosieguo della conversazione, si legge nella nota, “ci si è soffermati sul cammino della Serbia verso la piena integrazione nell’Unione Europea, nonché su alcune situazioni di carattere regionale e internazionale, tra le quali la condizione dei profughi e dei rifugiati siriani e iracheni e l’importanza di privilegiare una soluzione condivisa alla crisi in corso”.

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Ban Ki-moon a Radio Vaticana: grande attesa all'Onu per le parole del Papa

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C’è grande attesa per la visita del Papa all’Onu il prossimo 25 settembre: è quanto afferma il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon nell'intervista rilasciata alla Radio Vaticana, in collaborazione con il quotidiano La Stampa, a poco più di una settimana dal viaggio che riporterà Papa Francesco nel continente americano. Migrazioni, guerra in Siria, cambiamenti climatici, Agenda per lo sviluppo e ruolo del Papa nel mondo, i principali temi toccati dal leader delle Nazioni Unite. Ascoltiamo Ban Ki-moon al microfono di Paolo Mastrolilli

R. – We are looking forward with a great excitement to His Holiness Pope Francis’ visit to …
Aspettiamo con grande entusiasmo la visita di Sua Santità, Papa Francesco. Questo sarà il mio quarto incontro con il Papa, ma la sua prima visita alle Nazioni Unite. Nella storia delle relazioni tra le Nazioni Unite e il Vaticano, penso che questo sia il primo caso in cui un Papa faccia visita all’Assemblea generale, cioè visiti le Nazioni Unite durante i lavori dell’Assemblea generale. E’ un uomo umile con una grande umanità, è un uomo la cui voce ha una grande rilevanza morale. In particolare in questo mondo che sta sperimentando tanti conflitti, tanti profughi e migrazioni, tante violazioni dei diritti umani, il problema del cambiamento climatico, noi abbiamo veramente bisogno di una forte voce che richiami ai valori morali, come lo è quella del Papa. Questo evento vedrà riuniti oltre 150 tra capi di Stato e di governo del mondo: non ci si può immaginare un incontro di leader mondiali, compreso il Papa, più grande, più significativo, più importante di questo. Gli sono grato per la sua guida misericordiosa volta alla pace e in favore dell’umanità.

D. – Nel Mediterraneo è in corso una crisi dell’emigrazione. Recentemente, lei ne ha parlato con diversi leader europei. Pensa che l’Europa dovrebbe fare di più per accogliere i profughi?

R. – I commend the leadership and global solidarity European leaders are showing, but at the same time…
Approvo l’iniziativa e la solidarietà globale che stanno dimostrando i capi di Stato e di governo europei, ma allo stesso tempo in considerazione della gravità e della proporzione di questa crisi, mi aspetterei naturalmente che i leader europei facessero di più. Le persone stanno fuggendo dalle guerre e dalle persecuzioni e per questo devono essere adeguatamente e velocemente protette. Questa è una sfida senza precedenti per il mondo intero, in particolare per l’Europa. Deve essere però notato che anche il continente europeo e i suoi abitanti hanno beneficiato di questo tipo di migrazione e di ricerca della libertà e di migliori opportunità. Ora che i Paesi europei costituiscono le più grandi e ricche economie del mondo, speriamo che mostrino la loro solidarietà globale e la loro guida misericordiosa, prendendosi cura anche di tutte queste situazioni umanitarie.

D. – Molti dei profughi vengono dalla Siria. Secondo Mosca, ora ci sono anche consulenti militari russi che operano sul campo. Lei vede in questo il rischio di un’ulteriore escalation militare in Siria?

R. – There is no military solution. They have been fighting during the last four and a half years. …
Non esiste una soluzione militare. Stanno combattendo da oltre quattro anni e mezzo; sono morte oltre 250 mila persone, ci sono 4 milioni di profughi e 12 milioni di persone sono coinvolte direttamente in questa crisi. Io ho ripetutamente chiesto di risolvere questa situazione con un dialogo politico. Nel mese di giugno 2012 c’è stato un buon accordo, stipulato a Ginevra, sulla scia del quale ho cercato – attraverso il mio inviato speciale Staffan de Mistura – di instaurare gruppi di lavoro in ambito militare e della sicurezza, di tutela e protezione, di riconciliazione e sviluppo delle infrastrutture, in ambito politico e costituzionale. Quello è stato un tentativo di allargare lo spazio politico nell’ambito del quale risolvere il conflitto. Io chiedo con forza ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza di riunirsi e di dimostrare la loro unità di intenti in questo momento difficile.

D. – Spesso i cristiani sono vittime di violenza in Medio Oriente e in diverse altre regioni. Le Nazioni Unite possono contribuire a fermare queste persecuzioni?

R. – There should be no such discrimination against anybody, …
Non dovrebbero esistere discriminazioni nei riguardi di nessuno, che siano basate sulla religione o sull’appartenenza etnica. E’ assolutamente inaccettabile perseguire e discriminare le persone in base alla loro convinzione religiosa, in base a chi tu ami o in chi tu credi … In particolare quando si tratta di migranti e di rifugiati, questi dovrebbero essere trattati con umanità e responsabilità, sotto la tutela della Convenzione internazionale dei rifugiati, il Diritto umanitario internazionale e i Diritti umani. Per questo, ancora una volta chiedo con urgenza ai leader europei che aprano i confini, che forniscano la necessaria assistenza umanitaria. Dobbiamo avere pietà nei riguardi di queste persone …

D. – L’Enciclica “Laudato si’” del Santo Padre riguarda la cura della nostra casa comune. La Conferenza degli Stati Uniti sul cambiamento climatico si terrà a Parigi alla fine di quest’anno, ma ancora lunedì il presidente francese Hollande ha messo in guardia davanti a un possibile fallimento dei colloqui, soprattutto se non si dovesse risolvere il problema del finanziamento alle nazioni emergenti. Cosa manca ancora per raggiungere un accordo globale, a Parigi, sui cambiamenti climatici?

R. – First of all, I am grateful to His Holiness Pope Francis for his Papal Encyclical which he announced …
Prima di tutto, devo dire che sono riconoscente a Papa Francesco per la sua Enciclica, pubblicata a giugno. Quando sono stato ricevuto in udienza ad aprile, mi disse che si sarebbe impegnato fortemente a lavorare insieme alle Nazioni Unite per affrontare il problema e i fenomeni del cambiamento climatico. Disse che il fatto di non ridurre l’emissione di gas serra è “moralmente indifendibile”. Questo è l’unico posto in cui l’umanità può vivere e le generazioni che seguiranno dovranno poter continuare a beneficiare di una vita in armonia con la natura. Ora, per quanto riguarda questi negoziati, sono preoccupato per la lentezza con cui procedono. Ecco perché comprendo quello che ha detto il presidente francese Hollande. Per quanto riguarda il sostegno finanziario, sono in stretta collaborazione con il presidente Hollande e con il cancelliere tedesco, la signora Angela Merkel, con il presidente del Perú, Humala; insieme collaboriamo strettamente con il presidente della Banca mondiale, con i vertici del Fondo monetario internazionale e anche con il segretario generale dell’Uis, per presentare un impianto politicamente credibile per reperire 100 miliardi di dollari entro il 2020 e poi fornire ai Paesi in via di sviluppo 100 miliardi di dollari all’anno, in particolare a quei Paesi meno sviluppati e agli Stati insulari in via di sviluppo. Quei Paesi non sono storicamente responsabili dei fenomeni climatici e non hanno alcuna possibilità di provvedere a una mitigazione o a un adattamento di questa situazione. Spero che riusciremo a trovare questi denari e fornire assistenza finanziaria e tecnologica, in modo da poter trovare un accordo universale a Parigi, nel prossimo dicembre.

D. – La prossima Assemblea generale adotterà l’Agenda di sviluppo sostenibile post-2015. Quali saranno i punti chiave per affrontare i problemi della povertà e dell’ineguaglianza economica, e per mettere l’economia al servizio della gente, come Papa Francesco ha chiesto nella sua recente visita in Bolivia?

R. – Later this month, leaders of the world will come to the United Nations and will adopt …
Verso la fine del mese, i leader del mondo verranno alle Nazioni Unite e adotteranno l’Agenda per lo sviluppo sostenibile che comprende 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Questi obiettivi rappresentano una visione di cambiamento lungimirante e ad ampio spettro dei leader mondiali, per rendere questo mondo migliore per tutti, un mondo nel quale nessuno sarà lasciato indietro, in modo che tutte le persone che vivono sulla Terra possano farlo con dignità e in armonia con la natura, con il nostro pianeta Terra. Questo è l’unico luogo nel quale viviamo. Essa comprende tutti gli ambiti della nostra vita, con lo sradicamento della povertà. Tutto questo è incentrato sulla persona e rispettoso dell’ambiente. Dobbiamo imparare a vivere in armonia con il nostro pianeta Terra, con la nostra natura. Questo è l’intendimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Io mi aspetto che tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite riflettano su questi 17 obiettivi e li incorporino nelle loro politiche nazionali nel campo dell’economia, del sociale e dell’ambiente, e ne facciano leggi nazionali vincolanti, in modo che nel 2030 potremo vivere in un mondo di prosperità, benessere, eguaglianza e giustizia. Tutto questo prevede anche buon governo e società democratiche e pacifiche. Spero sinceramente che sulla base di questi obiettivi di sviluppo sostenibile, possiamo rendere questo mondo migliore per tutti, un mondo nel quale nessuno sarà lasciato indietro.

D. – Cosa pensa dell’accordo nucleare con l’Iran?

R. – I warmly welcomed this nuclear deal, done among P5+1 and Iran. …
Ho accolto molto favorevolmente questo accordo nucleare, siglato tra il P5+1 e l’Iran. Sono consapevole che in merito ci sono preoccupazioni e critiche. Ma per quanto ne sappia io, in quanto segretario generale delle Nazioni Unite e fondando anche sulla mia esperienza personale di negoziatore – quando ho trattato con la Corea del Nord di questioni nucleari – credo che questo sia un accordo molto migliore, meglio strutturato e molto più rigoroso che potrà trattenere l’Iran dall’acquisire armi nucleari per il futuro prevedibile. Perciò spero veramente che questo accordo sia ratificato da tutte le parti coinvolte; le Nazioni Unite sono pronte a garantire per l’implementazione di questo processo, monitorando e verificando per il tramite dell’Agenzia atomica internazionale. Anche questo sarà un contributo a portare pace e sicurezza in Medio Oriente e anche oltre.

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Arcivescovo di Bangui: Papa in Centrafrica per i poveri e la pace

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Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana: queste le tappe del viaggio che il Papa compirà dal 25 al 30 novembre prossimi. Sarà la prima missione in Africa del Pontificato. Grande l'attesa delle popolazioni cattoliche e non, specialmente in Centrafrica, Paese dilaniato dalle violenze e dove il Papa si recherà gli ultimi due giorni del viaggio apostolico. Antonino Galofaro ha raccolto il commento dell’arcivescovo di Bangui e presidente della Conferenza episcopale centrafricana, mons. Dieudonné Nzapalainga:

R. – Le Saint Père vient pour nous visiter: le pasteur vient visiter les pauvres, pour …
Il Santo Padre viene a farci visita: il pastore viene a trovare i poveri, viene per invitarci al dialogo e alla riconciliazione. Il Santo Padre viene da noi prima di inaugurare il Giubileo della Misericordia: questa è la premessa della nuova alba che noi speriamo per il nostro Paese!

D. – Egli viene in un Paese con una situazione di particolare violenza. Cosa si aspetta lei da questa visita del Papa in Centrafrica, in questo particolare contesto?

R. – Nous espérons que le Pape come Pontife qui vient dans notre Pays, que les uns les autres nous …
Noi speriamo che la venuta del Papa nel nostro Paese ci aiuti affinché riusciamo, gli uni nei riguardi degli altri, a superare i nostri rancori, il nostro odio e le nostre divisioni, che riusciamo a tenderci la mano, che possiamo tutti – nel nome di Dio – darci la mano e riconciliare la Repubblica Centrafricana affinché si possa comprendere che nel nostro Paese ci sono anche persone che amano Dio, che si amano tra di loro e che continuano a lavorare insieme.

D. – I centrafricani – i cattolici ma anche tutti i centrafricani – cosa si aspettano da questa visita e come riceveranno il Papa?

R. – Il y a un grand engouement ici pour nous. C’est d’abord …
C'è un grande entusiasmo. Intanto, dal punto di vista della fede: noi, tutte le Chiese insieme, abbiamo composto una preghiera per la circostanza, recitata e cantata; e ormai, ogni giorno nei nostri media sono riservati degli spazi per parlare della visita del Papa. I centrafricani aspettano il Padre, aspettano di ricevere il messaggio di gioia portato da questo pastore; aspettano di vedere quest’uomo della riconciliazione camminare sulla nostra terra. Dio viene tra di noi attraverso il Santo Padre per toccare i nostri cuori e inoltre abiterà tra di noi: tutti questi sono simboli molto forti per i centrafricani e noi siamo in attesa della venuta del Santo Padre.

D. – Il Papa va in Centrafrica, ma anche in Kenya e in Uganda: una regione – per quanto riguarda soprattutto il Kenya – colpita dal terrorismo. Cosa significa questa visita del Papa per la regione nel senso più ampio?

R. – Donc, ces endroits, comme vous le voyez bien, …
In queste aree, come è noto, molti centrafricani, kenyoti e ugandesi, sono credenti: la religione esiste per consentire all’uomo di incontrare Dio, di incontrare il fratello; la religione non esiste per dividere, separare e distruggere. Credo che questo sia un segnale forte per l’Africa lacerata, affinché possiamo camminare insieme verso il dialogo e la riconciliazione.

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Il Papa ha ricevuto il card. Ouellet

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Il Papa ha ricevuto stamani il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

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Incontro Sinodo. Spadaro: famiglia sfida decisiva per i nostri tempi

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Si terrà domani, sabato 12 settembre, alle ore 18 presso la sede di Civiltà Cattolica la tavola rotonda sul tema “Famiglia: vocazioni e sfide”. Numerosi i relatori, tra cui il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Vincenzo Paglia. Il confronto verrà moderato dal direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sul significato e le aspettative per questa iniziativa: 

R. – La famiglia è un po’ lo specchio della vita: un grande autore cristiano, Chesterton, ha scritto che “la famiglia è bella perché non è armoniosa”, cioè è sana perché contiene discrepanze e diversità. Questo significa che è molto ricca e che costituisce una vocazione per l’essere umano, ma anche una grande sfida. Allora, noi vogliamo affrontare questo tema della famiglia alle soglie del Sinodo con grande apertura: abbiamo chiamato uno psicanalista, come Massimo Recalcati; una sociologa come Chiara Giaccardi; un teologo come Pierangelo Sequeri, a discutere insieme su che cos’è la famiglia e su quanto essa sia decisiva e preziosa ai nostri tempi.

D. – L’incontro avviene a pochi giorni dalla pubblicazione di un libro, “Famiglia, ospedale da campo”, un volume che raccoglie i contributi di “Civiltà Cattolica” sulla famiglia. Cosa offre questo testo ai lettori?

R. – Il nostro volume serve come materia per camminare insieme come il significato della parola “Sinodo”. Le riflessioni che proponiamo hanno in comune una visione, una visione della teologia che è espressione di una Chiesa, come dice Papa Francesco, “ospedale da campo”: cioè che vive la sua missione di salvezza e di guarigione del mondo. Quindi noi abbiamo pubblicato alcuni articoli già apparsi sulla rivista e altri invece nuovi, scritti ad hoc per questo volume, proprio perché vogliamo discutere, vogliamo aprire, continuare ad aprire il dibattito; dove discutere non significa mettere in discussione, ma aprire uno spazio libero di approfondimento, per capire meglio. Del resto il Vangelo non si cambia, ma ci chiediamo: “Abbiamo già scoperto tutto?”.

D. – In un’intervista con lei, il cardinale Cottier ha sottolineato che la misericordia, al centro dell’Anno Giubilare voluto da Francesco, avrà sicuramente un ruolo da protagonista nel Sinodo di ottobre. Cosa ne pensa?

R. – La misericordia è la parola chiave del pontificato di Papa Francesco: quindi confrontarsi sul tema della famiglia e del matrimonio significa affrontare certamente questo grande tema della misericordia, capire qual è il compito della Chiesa oggi. Quindi al di là di tutto questo, di tutte le polemiche che sono state create tra conservatori e progressisti, tra seguaci della dottrina e “adattatori” della dottrina - sono polemiche inutili e, anzi, dannose - direi che invece la misericordia diventa la parola del Vangelo sulla situazione umana, su cui c’è bisogno di un discernimento pastorale, vissuto con prudenza, saggezza, ma anche audacia.

D. – Anche la riforma sulla nullità matrimoniale, secondo lei, può essere iscritta nel solco della misericordia? Molti sono rimasti colpiti dal fatto che l’entrata in vigore sia proprio l’8 dicembre, cioè il giorno dell’inizio del Giubileo…

R. – Il legame a questo punto è proprio palese ed evidente, e questa riforma è una riforma pastorale. Uno dei punti più interessanti che notiamo è la responsabilità data al vescovo come pastore. Il Papa sottolinea che non c’è un cambiamento di norme, come se queste fossero solo delle cose esterne, ma c’è la richiesta ai pastori di essere in prima persona responsabili, di poter dire una parola sul loro gregge. Quindi questa riforma così importante dà una luce su quale deve essere l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di persone che vivono difficoltà molto serie.

 

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In treno dal Vaticano alle Ville Pontificie di Castel Gandolfo

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Visitare il Palazzo apostolico e i Giardini delle Ville Pontificie a Castel Gandolfo, raggiungendoli in treno dalla Stazione ferroviaria della Città del Vaticano. Da domani e per ogni sabato sarà possibile a tutti, grazie ad un’iniziativa fortemente voluta da Papa Francesco e organizzata dai Musei Vaticani. Questa mattina l’inaugurazione del percorso, a bordo del treno utilizzato da Papa Giovanni XXIII nel 1962 per il suo viaggio a Loreto ed Assisi. Il servizio di Michele Raviart

E’ stato lo stesso vagone sul quale aveva viaggiato il “Papa Buono” (Guarda il video) a condurre i visitatori alla prima, storica, apertura al pubblico delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. Era il 4 ottobre 1962 e Giovanni XXII si apprestava e mettere sotto la protezione della Madonna di Loreto e di S.Francesco il Concilio Vaticano II, che sarebbe cominciato la settimana successiva. Per quello che era il primo viaggio di un Pontefice in Italia dal 1870, fu utilizzato un treno “belle époque” degli anni ’30, appartenente ai Savoia e prestato al Papa dal presidente della Repubblica di allora, Antonio Segni. Completamente restaurato dalla Fondazione Ferrovie dello Stato, è ripartito oltre 50 anni dopo dalla Stazione vaticana per raggiungere i 55 ettari della tenuta pontificia di Castel Gandolfo, dall’inizio del Seicento la residenza estiva dei Papi. Un luogo di natura, arte e preghiera, più grande della Citta del Vaticano, finora visitabile solo nella parte dei Giardini di Villa Barberini - con i suoi tesori botanici e archeologici – e, saltuariamente, delle Fattorie Pontificie. Ora, chi si prenota sul sito dei Musei Vaticani potrà aggiungere a questi gioielli anche il Palazzo apostolico, partendo con un treno - questa volta moderno, con 500 posti - dalla stazione vaticana. In occasione di queste visite è stato aperto nel Palazzo, realizzato da Carlo Maderno, uno spazio museale, “la Galleria dei Pontefici”, dove in sei sale sono esposti 51 ritratti dei Papi dal ‘500 ad oggi. In mostra anche la sedia gestatoria di Pio XI, un trono utilizzato per ottant’anni nella Sala del Concistoro e, nel cortile, l'auto che Giovanni Paolo II usava per i suoi spostamenti estivi. Una visita guidata dalla quale sono esclusi solo gli appartamenti papali perché, come spiega il direttore delle Ville Pontificie Osvaldo Gianoli: “Castel Gandolfo è sempre pronta ad ospitare il Papa”.

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Oggi in Primo Piano



Migranti a piedi verso l'Austria: attesa per il vertice di Praga

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L'Europa continua a dividersi sul fronte dell'immigrazione. Si attende l’esito del vertice di Praga sulla quote, mentre la sospensione dei treni austriaci dal confine con l'Ungheria ha provocato la marcia di oltre un migliaio di profughi verso Vienna. Massimiliano Menichetti: 

In marcia ancora una volta, come sette giorni fa, dal confine dell’Ungheria verso l’Austria, dopo che ieri Vienna ha deciso la sospensione dei treni per l’arrivo massiccio di profughi e rifugiati. Uomini donne e bambini, per lo più siriani, in fila lungo l’autostrada chiusa a tratti dalle autorità. Dal confine ungherese a Vienna bisogna percorrere 60 km e anche oggi c’è chi porta acqua e cibo a chi fugge da guerra e violenza. In queste ultime ore secondo l’Onu circa 7.600 persone provenienti dalla “rotta balcanica” sono entrate in Macedonia, ma l'Europa alza muri e proprio la Repubblica sta valutando di costruire una barriera al confine con la Grecia, come Budapest ha già fatto con la Serbia. La Danimarca, dopo la chiusura, sta permettendo il transito verso la Svezia e gli Stati Uniti hanno confermato che accoglieranno 10mila profughi, ma l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati chiede più impegno, anche all’Europa. Oggi l’attenzione del Vecchio Continente è tutta su Praga dove si riunisce il cosiddetto "Gruppo Visegrad", i ministri degli Esteri di Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria, tra i più contrari al "sistema delle quote", ovvero la ripartizione dei profughi e rifugiati per Paese, che l’Europa vuole allargare ipotizzando l'accoglienza per 120mila persone. A mediare il cambiamento, Jean Asselborn, in qualità di rappresentante della presidenza di turno dell'Unione Europea ed il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier.

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Yemen: distrutta Tv di Stato, ma Onu conferma avvio di negoziati

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Nello Yemen, la sede della Televisione di Stato a Sanaa è stata distrutta dai raid aerei della coalizione a guida saudita, avvenuti oggi, contro le postazioni dei ribelli sciiti Houti nella capitale. Intanto, almeno 20 persone sono morte in un mercato affollato a Marib, nell'Est del Paese, bombardato con razzi katyusha dagli Houti. In questo contesto di guerra, l’Onu ha confermato che la prossima settimana si terranno nuovi negoziati di pace tra le parti in conflitto. Ma come valutare questo annuncio? Eugenio Bonanata lo ha chiesto Paolo Lembo, coordinatore delle Nazioni Unite per lo Yemen: 

R. – Non so se possiamo razionalmente definirlo speranzoso; però la realtà è che i nostri tentativi di riportare le parti del conflitto al tavolo delle trattative non si sono mai esauriti e sono diventati meno visibili, per ovvie ragioni tattiche. Ma noi ci aspettavamo un annuncio, a un certo punto, di una ripresa dei negoziati e questo annuncio è venuto. Purtroppo, registro che 40 nuovi veicoli della forza della coalizione sono entrati dal Nord del territorio del Paese, portando nuove truppe nella regione di Marib, della coalizione anti-Houti e quindi questo non è un buon segno, da un punto di vista strategico-militare.

D. – In questi giorni c’è stata una intensificazione della presenza di truppe di terra. Si è parlato addirittura dell’operazione finale contro i ribelli Houti...

R. – Certo, dal punto di vista tattico i movimenti sul terreno delle forze di coalizione non indicano che questo. Abbiamo adesso migliaia di soldati della coalizione che sono stati sbarcati sul terreno o che sono entrati dalla frontiera del Nord; abbiamo anche equipaggiamenti militari molto sofisticati, come gli elicotteri Apache, per esempio, che sono stati sbarcati nel porto di Aden e in altre località. Quindi, ovviamente queste forze hanno raggiunto il territorio per un motivo tattico, e il motivo tattico non può essere che un’offensiva militare. Mi auguro che il negoziato politico riporti un senso di razionalità ed eviti quella che sarebbe una catastrofe: se ci sarà un assalto finale alla città di Sanaa’, è impossibile pensare che questo possa avvenire senza creare vittime civili!

D. – Quali sono i punti chiave del negoziato?

R. – Convincere le parti in conflitto che questa guerra non può avere una soluzione militare: nessuno ha la forza militare per predominare senza creare conseguenze terribilmente negative per la popolazione civile. Secondo, si chiederà alle milizie sciite che hanno occupato Sanaa' e gran parte del Paese, di riconoscere la richiesta del Consiglio di Sicurezza e di ritirarsi; terzo, la riapertura di un negoziato politico sulla configurazione costituzionale e politica del Paese, che dev’essere più inclusiva, dove tutte le componenti etniche e politiche abbiano diritto a giocare un ruolo nel futuro del Paese.

D. – La priorità adesso è il cessate-il-fuoco...

R. – Questa è la priorità immediata. Portare fine a questo conflitto che ha fatto migliaia e migliaia di morti, soprattutto tra la popolazione civile, e ha completamente polverizzato un Paese che – dobbiamo ricordarlo – all’inizio della guerra era già il Paese più povero del mondo arabo.

D. – Pensiamo alle altre potenze regionali: qual è l’auspicio?

R. – Che l’accordo raggiunto sul nucleare iraniano possa avere un’influenza positiva in un rasserenamento dei rapporti tra l’Iran e i Paesi del Golfo, i Paesi sunniti. Questa è la chiave di volta per la soluzione del conflitto in Yemen come in tutti gli altri conflitti in quella parte del mondo arabo: penso all’Iraq, penso alla Siria, naturalmente, e anche penso alla stabilità in Libano. Se, alla fine, non si risolvono con civiltà politica e con successo i grandi interrogativi del rapporto tra l’Iran e le potenze del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita, ci sarà poca speranza per un processo di pace che porti stabilità in Medio Oriente.

D. – Può confermare che queste trattative si svolgeranno in Oman?

R. – No. Però, se penso a quali siano le opzioni concretamente possibili e plausibili e penso dove i negoziati hanno avuto luogo – negoziati non pubblici – negli ultimi mesi, il Paese dell’Oman è il primo che viene in mente.

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"Cibo di guerra": rapporto Caritas sui conflitti dimenticati

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La correlazione tra guerra e fame è il filo conduttore di "Cibo di guerra", il 5° rapporto sui conflitti dimenticati curato da Caritas italiana, in collaborazione con Famiglia Cristiana e Il Regno, e presentato oggi all’Expo di Milano. Un testo che indaga il reciproco condizionamento tra conflitti bellici e beni alimentari. Attualmente, a fronte di oltre 400 conflitti, di cui non si sa nulla, “sono più di 800 milioni le persone nel mondo che soffrono la fame”. La denuncia è del vicedirettore di Caritas Italiana, Paolo Beccegato, intervistato da Maria Caterina Bombarda

R. – Questa relazione è uno dei grandi quesiti insoluti della storia dei fallimenti, se vogliamo chiamarli così, della comunità internazionale e del mondo dell’umanitario organizzato. Purtroppo, ancora oggi, assistiamo ad un legame biunivoco che può condurre dalla povertà estrema fino ai conflitti armati maggiori oppure, al contrario, situazioni di guerra che vanno a peggiorare le condizioni generali delle popolazioni,fino alla povertà estrema e alla fame. Quindi si tratta di legami di causa-effetto concatenati, e dove poi sono frequenti e drammatiche molte altre sfaccettature, come l’uso perverso dei belligeranti nel voler affamare spesso i popoli nemici, e tutte altre dinamiche collegate, lo notiamo dalla Siria a mille altri contesti.

D. – Quanti sono i conflitti dimenticati oggi nel mondo?

R. – Si combattono in tutto più di 400 conflitti: conflitti di bassa, media, alta intensità. Della maggior parte di questi non si parla, non si sa quasi nulla, non si sa neanche che esistono, i sondaggi che abbiamo fatto più volte nella popolazione italiana lo hanno rivelato. Ecco perché, quando poi questi enormi flussi migratori ci sorprendono come se fossero un’emergenza inspiegabile, in realtà non sono tali, ma sono generati da questa enorme turbolenza geopolitica internazionale.

D. – Qual è oggi il punto della situazione sulla povertà alimentare e come poterla contrastare, anche in vista dell’imminente Assemblea generale delle Nazioni Unite sugli Obiettivi del Millennio?

R. – Uno dei grandi obiettivi falliti degli Obiettivi del Millennio è proprio quello della fame. Il numero assoluto resta sostanzialmente uguale: sono più di 800 milioni le persone che soffrono la fame. Sulle possibilità di intervento da parte della comunità internazionale, bisogna fare delle analisi molto approfondite sulle cause della fame. Certamente una riguarda il legame con le dinamiche geopolitiche, con le dinamiche di guerra. Un'altra causa crescente di fame è legata al tema del cambiamento climatico, del degrado ambientale, di quella ecologia integrale che, come ci ricorda Papa Francesco, è una prospettiva purtroppo molto lontana dall’essere raggiunta.

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Regno Unito. Card. Nichols: difendere vita umana, no a suicidio assistito

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Nel Regno Unito, il parlamento discute oggi l’approvazione di un disegno di legge per la legalizzazione del suicidio assistito di malati in stato terminale, sotto supervisione medica. Da più parti nella società britannica si sono levate voci contro questa proposta. Forte l’opposizione dei leader religiosi del Paese. Philippa Hitchen ha intervistato il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster:

R. – The parliamentary debate and to some extent public debate is not impressed by a statement …
Il dibattito in Parlamento e quello pubblico non sono condizionati da alcuna dichiarazione determinata solamente da una credenza religiosa; invece le persone sono condizionate dalla profondità del senso dell’umanità che cerchiamo di esprimere e di acquisire. Credo che sia proprio questo il punto: che molte persone hanno la sensazione che, nella nostra società, si stia banalizzando e minimizzando il senso completo della profondità dell’essere umano. Ed è per questo che sono molto contento del fatto che il Rabbino Capo e io siamo tra i firmatari della lettera scritta da tutti i leader religiosi in Gran Bretagna ai parlamentari, in occasione di questo voto importante che in qualche modo potrebbe “riformulare” la nostra comprensione di noi stessi e suggerirci che la vita sia “usa e getta” e a nostra disposizione. Noi invece vogliamo ribadire il nostro “no”: prendere questa strada è l’inizio di un’ulteriore banalizzazione della vita umana. Noi condividiamo la profonda convinzione del valore della vita umana dai suoi primi istanti alla sua fine naturale.

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Plenaria dei vescovi europei in Terra Santa: vicini agli ultimi

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Su invito del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, si svolge dall’11 al 16 settembre in Terra Santa l’annuale plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, l’assise ecclesiale a cui partecipano i presidenti di tutte le Conferenze episcopali dei 45 Paesi del Vecchio continente. Il servizio del nostro inviato Fabrizio Mastrofini:  

La Chiesa europea si trasferisce in Terra Santa. È la prima volta che un’assemblea plenaria si svolge nei luoghi dove è nato e si è sviluppato il cristianesimo e alle radici stesse della cultura europea. “Da sempre quest’area del mondo è un incrocio di civiltà, pervasa da grande diversità culturale e alle volte da forti tensioni sociali che hanno unito in passato e continuano ancora oggi a legare l’Europa al Medio Oriente”, afferma mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali. 

Due sono i temi centrali della plenaria: la figura di Gesù e la condivisione delle sfide della Chiesa in Europa. Ci sarà una tappa a Betlemme, dove, per i cristiani, Dio si è manifestato e ha abitato la storia dell’uomo. Qui i presuli visiteranno diverse opere di carità per capire meglio come la Chiesa cerca di stare vicino ai più bisognosi. L’Assemblea si conclude mercoledì 16 con la celebrazione nella Basilica del Santo Sepolcro. E’ anche prevista la visita alle autorità d’Israele e di Palestina.

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A Napoli, i funerali di Genny. Don Palmese: serve Piano Marshall

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Oltre duecento persone si sono raccolte nella chiesa di San Vincenzo alla Sanità, nel Rione Sanità di Napoli, per i funerali di Gennaro Cesarano. Il ragazzo di 17 anni è stato ucciso la notte del 5 settembre a colpi di pistola nel rione. Per il cardinale Crescenzio Sepe il problema della criminalità organizzata a Napoli è "talmente grave e profondo che nessuno può pretendere di risolverlo da solo". Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Nonostante l’ora, le 7 di mattina, tanti giovani hanno voluto dare l’addio a ragazzo. Sul sagrato della chiesa un grande striscione con la scritta "Genny vive". All'omelia padre Alex Zanotelli, che ha concelebrato con il parroco don Antonio Loffredo, ha parlato di "una città spaccata, quella della Sanità, del rione Traiano,e quella del Vomero". Don Loffredo si è rivolto a tutti i napoletani: "Esponete nastri viola su ogni balcone e ogni finestra. Resteremo a lutto fino a quando le istituzioni non ci daranno risposta". Per il vicario episcopale per la Carità don Tonino Palmese i giovani dei quartieri più poveri hanno bisogno di un progetto: 

R. - L’emergenza è quella occupazionale, di due spazi: la formazione professionale ed educativa un po’ più in generale. Quando togliamo ai ragazzi queste due possibilità, poi è inutile proporre loro un liceo o uno spazio educativo “asettico”, come potrebbe essere possibile una parrocchia stessa, e lo dico in senso affettuoso e, è chiaro, provocatorio. I ragazzi del Rione Sanità sono ragazzi provati da modelli genitoriali - e non solo - che si riferiscono al furto, al malaffare, al disagio in quanto tale. Avremmo bisogno proprio di questo: di lavoro e di formazione.

D. – Ma anche di più controllo del territorio?

R. – Il controllo del territorio credo che fondamentalmente già ci sia. Quando penso al controllo del territorio, penso sempre a un elemento che non caratterizza il nostro Sud: quello di esigere, almeno, la normalità. Penso alla possibilità proprio di avere un territorio più normale, fatto anche di piccole cose: piante, giardini, strade pulite, fossi riparati e quant’altro.

D. - Dopo quest’omicidio avete visto una reazione delle istituzioni per rendere più vivibile quei quartieri? C’è qualche segnale secondo lei?

R. – Il segnale non può essere semplicemente circoscritto al comune o alla regione: noi abbiamo bisogno di un segnale nazionale e persino europeo. Non possiamo, siamo troppo distratti, lo dico con un’accezione metaforica, da un’Europa che ci chiede di parlare di immigrazione e non ci aiuta ad accompagnare questi nostri territori verso una resurrezione autentica. Qui c’è bisogno davvero di un “Piano Marshall” per il Mezzogiorno d’Italia, perché ha subito un arretramento molto più forte di più rispetto a quanto si possa immaginare negli anni passati. 

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A ottobre la 18.ma edizione del Religion Film Festival

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Per il diciottesimo anno consecutivo torna la kermesse dedicata al rapporto tra cinema e religioni: il Religion Today Film Festival. Oggi, alla Casa del Cinema di Roma, è stato presentato il programma della manifestazione itinerante che si terrà tra il 9 e il 19 ottobre. Per noi c’era Corinna Spirito: 

Il Religion Today Film Festival raggiunge la maggiore età e sceglie un tema attuale e difficile per la sua 18.ma edizione: “Questioning God. Il dubbio e la fede”. La direttrice artistica Katia Malatesta:

“Dubbio e fede: una dialettica antica quanto il pensiero. Ci è sembrato che però fosse anche una dialettica particolarmente viva nell’oggi, che ci sia bisogno della fede e del dubbio: del dubbio come misura, come limite di fronte a certi dogmatismi e a certe terribili certezze che poi vediamo proprio nelle intolleranze e nei conflitti che scuotono il nostro mondo. E, dall’altra parte, ci interessava anche che il nostro Festival diventasse più che mai l’occasione di un dialogo aperto fra credenti, diversamente credenti, laici forti e laici deboli. Ecco, i film che sono arrivati e che abbiamo selezionato ci consentono veramente di affrontare anche questo cammino che troviamo altrettanto urgente”.

Il Religion Today Film Festival mantiene la sua tradizione itinerante. Se l’anima della kermesse resta a Trento, è anche vero che le pellicole in concorso saranno proiettate, tra il 9 e il 19 ottobre 2015, a Merano, Nomadelfia e Roma. I film scelti sono 55 e arrivano da 27 Paesi di tutti i continenti, con una rafforzata presenza dell’Estremo Oriente. Novità di cui è orgogliosa la direttrice artistica, Katia Malatesta:

“Si rafforza decisamente la presenza di titoli dall'Estremo Oriente. Abbiamo soprattutto film, sia cortometraggi sia lungometraggi, che ci arrivano dal mondo buddista, ma in tante declinazioni: da Taiwan, l’India,  Singapore… Per cui, è l’occasione per il nostro pubblico di confrontarsi con una spiritualità che per molti è meno conosciuta e più lontana, sempre attraverso il linguaggio del cinema in tutte le sue sfumature, in tutta la sua varietà, che quest’anno forse si esprime veramente al meglio, non solo nelle tante provenienze nazionali, ma anche nelle scelte diverse che sono state fatte. Tra i 55 film in concorso abbiamo lungometraggi, cortometraggi a soggetto e documentari, ma anche tanti generi diversi: dalla commedia, al film drammatico, al film di animazione. Tante strategie diverse che ci dimostrano come la tematica religiosa, che è così parte del nostro quotidiano, sia diventata interessante e di stimolo per registi che hanno background completamente diversi tra loro”

La diciottesima edizione del Religion Today Film Festival sostiene gli artisti che non hanno paura di porsi domande perché il dubbio, inteso come ricerca, arricchisce sempre. 

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Mostra Cinema Venezia: protagonisti i documentari di Tv2000

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Tv2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana, ha presentato alla Mostra del Cinema di Venezia la nuova produzione di documentari che si legherà in modo particolare al prossimo Giubileo della Misericordia con storie e racconti legati alla realtà sociale e alla dimensione cristiana. Dal nostro inviato a Venezia, Luca Pellegrini: 

La Mostra del Cinema, quest'anno, ha messo in programma numerosi film che prendono spunto dalle dinamiche della realtà che ci circonda. Anche Tv2000 - la televisione della Conferenza episcopale italiana - vuole raccontarla, la realtà, con una serie di documentari che guardano a un orizzonte cristiano e che saranno trasmessi nel corso del prossimo Giubileo. I temi sono quelli dell'accoglienza, della vita consacrata, il senso della felicità, il perdono. C'è dunque un'attenzione al reale, come conferma il direttore di rete Paolo Ruffini, che spiega a Radio Vaticana questi progetti televisivi:

R. – A volte abbiamo bisogno degli occhi e delle orecchie degli altri per vedere cose che noi non vediamo più. Questa è una delle funzioni che può essere del cinema, ma che può essere anche della televisione: a patto, però, di fare una televisione che non guardi solo il proprio ombelico, come spesso purtroppo accade alla televisione dei giorni nostri. Allora noi stiamo cercando - nei limiti delle nostre risorse, della nostra intelligenza e di quello che ci riesce di fare - di provare ad impostare una televisione che – come dice il Papa in generale a tutti i cristiani – sia "in uscita", che non abbia paura di confrontarsi con la realtà e cerchi di guardarla e di interrogarsi su quello che la realtà ci dice e ci sfida anche rispetto alla nostra coscienza, alle nostre coerenze. Questi progetti, che sono molto diversi l’uno dall’altro, vanno in questa in questa direzione. Ce ne è uno che racconta che cosa vuol dire essere religiosi oggi, come si incarna la religiosità nel mondo contemporaneo; un altro racconta che cosa è che la ricerca della felicità dell’uomo di oggi e in che modo ci si può porre di fronte al mistero del dolore e della ricerca della felicità. Il Papa sta per andare negli Stati Uniti e abbiamo un film-documentario sui cattolici negli Stati Uniti. Poi ci sono quattro film sul perdono: sta per cominciare il Giubileo della Misericordia e Alessandro Sortino ha chiesto a quattro registi di provare a raccontare cosa vuol dire perdonare oggi. Ce se sono anche altri su cui stiamo lavorando… Stiamo anche facendo un film su cosa è l’umanesimo cristiano oggi, per esempio, visto che ci sarà il Convegno ecclesiale a Firenze. Siamo stati un mese con i braccianti in Puglia e raccontiamo questo fenomeno del bracciantato; abbiamo seguito dei senza fissa dimora, dei barboni nel loro viaggio quando c’è stata l’Ostensione della Sindone a Torino… Cerchiamo di porci all’inizio di un cammino che faccia una televisione di racconto della realtà.

D. – Direttore, abbiamo citato Papa Francesco e lei ha ricordato anche il prossimo viaggio – Cuba e Stati Uniti – che inizierà tra meno di 10 giorni. Tv2000 come seguirà il Papa?

R. – Lo seguiremo facendo una lunga diretta di tutto quello che sarà il viaggio del Papa, sia a Cuba che negli Stati Uniti, e montando ogni sera di questo lungo viaggio un film sui momenti più belli e più importanti del suo viaggio: facendo come un istant-film tutti i giorni. Cercando, anche lì, di coniugare linguaggi diversi: quindi quello del talk, quello dell’approfondimento e quello del racconto filmato… Praticamente sarà una no-stop che partirà quando il Papa parte dall’Italia e terminerà con la trasmissione della conferenza stampa fatta durante il volo di ritorno, come usualmente lui fa.

Alessandro Sortino, direttore artistico della televisione dei vescovi italiani, ha curato in particolar modo i quattro documentari sul perdono scegliendo quattro giovani registi: Riccardo Cremona riflette su quanto sia importante perdonare e ha raccolto le testimonianze a Romena, in provincia di Arezzo, nella comunità di don Luigi Verdi; Claudia Tosi, invece, segue il ritorno di una donna a Mostar, in Bosnia Erzegovina, per riabbracciare il padre e riconciliarsi con la mamma scomparsa; Pierfrancesco Li Donni mostra l'altra Gomorra, quella della misericordia, di chi perdonando cerca di riprendersi la vita; infine, Anna Recalde Mirada ricostruisce il pentimento di un ex terrorista, Maurice Bignami, che stringe amicizia con un carabiniere di sorveglianza, entrambi convertiti al Vangelo. Un forte legame con la complessità della vita e i suoi imprevedibili sbocchi, come precisa Alessandro Sortino:

R. – Per questo noi abbiamo deciso di raccontare delle storie in cui ci entrasse il perdono e la misericordia, raccontandole però con un linguaggio che non è soltanto quello del reportage giornalistico, ma in cui abbiamo chiesto a dei giovani registi di confrontarsi con la complessità della realtà umana. Tra l’altro lo abbiamo chiesto a giovani registi – nel caso del mio progetto – non credenti o che comunque non vengono da esperienze di fede e di partecipazione attiva alla vita della Chiesa. E’ interessante vedere come questi registi si stiano confrontando con la prospettiva cristiana, che forse - in qualche modo - sta cambiando anche loro.  

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Nella Chiesa e nel mondo



Cuba concede indulto a 3.522 detenuti per la visita di Papa Francesco

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Il Consiglio di Stato della Repubblica di Cuba, in occasione della visita di Papa Francesco dal 19 al 22 settembre prossimi, ha deciso di concedere l’indulto a 3522 detenuti tenendo conto del tipo di reati, del loro comportamento in carcere e per ragioni di salute. Lo rende noto il Granma, organo ufficiale del Partito comunista cubano. Una simile decisione era stata presa in occasione dei viaggi di Giovanni Paolo II nel 1998 e di Benedetto XVI nel 2012.

Tra graziati figurano persone di oltre 60 anni e i minori di 20 anni senza precedenti penali, malati cronici, donne, quanti lavorano in condizioni di semi-libertà e stranieri, a condizione che i Paesi d'origine ne garantiscano il rimpatrio. Salvo poche eccezioni per motivi umanitari, sono stati esclusi dall’indulto i colpevoli di omicidio, stupro, abuso di minori e traffico di droga. Restano in carcere anche quanti sono accusati di delitti contro la sicurezza dello Stato. Il Ministero dell'Interno si coordinerà con i Ministeri del Lavoro e della Previdenza Sociale e Sanità Pubblica, in vista della riabilitazione sociale e dell’assistenza medica per gli amnistiati.

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Filoni porta benedizione del Papa a Chiesa del Bangladesh

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La Chiesa del Bangladesh è “una Chiesa in crescita, non solo in numero, ma anche nel servizio a Dio e alla comunità, nonostante le tensioni e difficoltà diverse”: è quanto ha detto il card.  Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che questa mattina, 11 settembre, ha presieduto la Messa solenne per il Giubileo d’argento della diocesi di Rajshashi. Dal 9 settembre, infatti, il porporato si trova in Asia, per una visita che lo porterà, fino al 19 del mese, anche in India e Nepal. “Siamo come lievito in mezzo a milioni di abitanti non cristiani, di conseguenza, c'è tanto lavoro da fare”, ha sottolineato il card. Filoni, citato dall’agenzia Fides.

I cristiani siano scintille di luce all’interno della società
Prendendo, poi, spunto dal passo del Vangelo di Luca proclamato durante la Messa, ed in cui si narra l’incontro di Gesù con Zaccheo, il prefetto del dicastero vaticano ha spiegato: “Questa storia sembra essere un paradigma della storia della vostra diocesi, che anche se piccola, è cresciuta seguendo Gesù nella proclamazione della Parola di Dio nel corso di questi ultimi anni. Da un piccolo seme, è cresciuta in una grande realtà ecclesiale”. Di qui, l’esortazione rivolta ai fedeli: “Cercate di accendere costantemente il vostro amore per Dio e per il prossimo, in modo che possiate diventare piccole scintille di luce all'interno della società, al fine di guidare gli altri per la strada giusta”.

Condividere la testimonianza di una vita cristiana autentica
Il card. Filoni ha anche ricordato come, 25 anni fa, la diocesi contasse solo 8 parrocchie guidate da 10 sacerdoti diocesani e 9 missionari, mentre oggi le parrocchie sono 19 ed i sacerdoti diocesani 36. “Dopo venticinque anni – ha proseguito - siete ora chiamati a trasmettere ciò che avete ricevuto: la fede in Cristo e l’amore per la vostra Chiesa”. L’invito è stato, quindi, a seguire il modello di Zaccheo che “ha ricevuto Gesù nella sua casa ed ha deciso di cambiare la sua vita con la sua ferma volontà di aiutare gli altri e vivere nella giustizia e nella verità. E così la vostra Chiesa locale, dopo aver accolto Gesù, possa condividere anche la sua gioia di testimoniare una vita cristiana autentica.”

La benedizione di Papa Francesco
A tutta la comunità ecclesiale di Rajshashi il porporato, quindi, ha portato il saluto e la benedizione di Papa Francesco. Infine, a conclusione della sua omelia, il card. Filoni ha invocato l’intercessione di Maria, “Maestra e compagna di viaggio nel cammino verso il cinquantesimo anniversario della Chiesa bengalese”. (I.P.)

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Usa: appello dei vescovi all’accoglienza dei rifugiati

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Anche i vescovi degli Stati Uniti si uniscono all’appello di Papa Francesco per i profughi del Medio Oriente. In una dichiarazione diffusa ieri, il presidente della Conferenza episcopale (Usccb), mons. Joseph Kurtz, esprime piena solidarietà con “il Santo Padre, i vescovi della Siria, del Medio Oriente ed europei e con tutti coloro che hanno risposto alla crisi umanitaria con carità e compassione”, esortando pure i cattolici americani all’accoglienza verso “questi profughi che fuggono da situazioni disperate per sopravvivere”.

Necessari aiuti “più consistenti” dall’amministrazione USA ai rifugiati
“Quale che sia la loro religione o nazionalità  - scrive l’arcivescovo di Louisville - sono tutti esseri umani fatti ad immagine di Dio che meritano il nostro rispetto, cura e protezione legale dalla persecuzione”. Il presidente dei vescovi rivolge quindi un appello alla Casa Bianca affinché assista con aiuti “più consistenti” i Paesi europei e del Medio Oriente “per proteggere e sostenere i rifugiati e aiutare a porre fine a questo spaventoso conflitto, affinché i rifugiati possano rientrare in patria in sicurezza”.

La Chiesa americana in prima linea negli aiuti umanitari
Da parte sua - evidenzia mons. Kurtz - la Chiesa americana si è già attivata attraverso i ‘Catholic Relief Services’ per fornire aiuti umanitari in Medio Oriente e in Europa, mentre centinaia di agenzie cattoliche e parrocchie continuano ad accogliere profughi che giungono negli Stati Uniti. “Preghiamo perché la Sacra Famiglia, famiglia migrante per eccellenza, vegli sulle migliaia di famiglie rifugiate in Europa e nel mondo”, conclude l’arcivescovo. (L.Z.)

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Slovacchia: il 20 settembre, seconda Marcia nazionale per la vita

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Non una semplice marcia, ma una vera e propria testimonianza pubblica in favore della vita: questo l’obiettivo della seconda Marcia nazionale per la vita che si terrà a Bratislava, in Slovacchia, il prossimo 20 settembre. Focus dell’iniziativa sarà l’aiuto concreto a donne incinte, madri, bambini e anziani. Ad progettarla – spiega l’agenzia Sir - sono decine di organizzazioni pro-vita e pro-famiglia e migliaia persone, tutti sostenuti dalla Conferenza episcopale locale. “Avere un rispetto innato per la vita è essenziale”, spiegano gli organizzatori, sottolineando però che “non basta essere a favore della vita soltanto fra le mura domestiche, è necessario che esprimerlo in pubblico”.

Lo Stato non discrimini le organizzazioni pro-vita
Dal suo canto, Tomas Kovacik, portavoce dell’iniziativa, invita i partecipanti a dimostrare la “gioia della vita e per la vita”, mentre Marek Michalčík, coordinatore capo della manifestazione, spiega che, purtroppo, le organizzazioni pro-vita e pro-famiglia in Slovacchia sono spesso discriminate in materia di finanziamenti pubblici, proprio a causa delle loro idee e nonostante l’aiuto concreto che forniscono ai più bisognosi, anche colmando le carenze dello Stato.

I vescovi: la maternità non sia marchiata dal pregiudizio
Intanto, nei giorni scorsi, la Conferenza episcopale slovacca, presieduta da mons. Stanislav Zvolensky, ha diffuso una Lettera pastorale in cui si sottolineano alcune discrasie del mondo contemporaneo: la maternità marchiata dal pregiudizio, anziché vista come un’esigenza naturale; l’educazione dei bambini considerata una perdita di tempo e di energie; la definizione di ‘egoisti’ per coloro che vogliono avere più figli, perché le coppie senza figli sono più “produttive ed efficienti”.

Se non si tutela la vita, si distrugge la civiltà
Ciò che hanno in comune tutti questi atteggiamenti, scrivono i presuli, “è la perdita di speranza, la speranza che dare la vita, fare sacrifici e vivere per gli altri abbia un senso. In quest’ottica, il rispetto profondamente radicato verso una donna intesa come madre è visto come un atteggiamento conservatore e fuori moda”. Tuttavia, mettono in guardia i vescovi, “se non aderiamo ai fondamenti più profondi di ogni singola vita umana stabiliti da Dio, condanniamo questa civiltà alla distruzione”. Di qui, l’invito a tutte le persone di buona volontà ad andare a Bratislava e a “testimoniare il senso della vita come un dono sacro che dobbiamo e vogliamo sviluppare e sostenere”. (I.P.)

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Iraq: inaugurato il museo diocesano di Bassora

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Oltre 200 documenti, manufatti, arredi liturgici e mobili risalenti al XVII secolo: sono questi le opere esposte nel Museo diocesano di Bassora, inaugurato dall'arcieparchia cattolica locale. Si tratta del primo museo cristiano nel Sud dell'Iraq, nato anche su impulso dell'attuale arcivescovo, Habib Alnaufali.

L’importanza della liturgia per la fede
“Gli oggetti raccolti - ha sottolineato l'arcivescovo in alcune dichiarazioni citate dall’agenzia Fides - hanno un valore spirituale e documentano la cura con cui i nostri padri erano attenti anche alle manifestazioni liturgiche della nostra fede”. L’idea di creare un Museo è nata vedendo molte opere, piccole ma significative, giacere inutilizzate nei ripostigli dell’arcivescovato. Di qui, la volontà di renderli visibili al pubblico.

I cristiani di Bassora in drastico calo
Da considerare che a Bassora la popolazione cristiana, un tempo componente significativa della classe mercantile della città irachena, è diminuita drasticamente negli ultimi decenni. Attualmente i battezzati che vivono in città sono poche centinaia, mentre in precedenza vi risiedevano circa 2500 famiglie cristiane. (I.P.)

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Libro su vita consacrata distribuito a udienza generale 16 settembre

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Si intitola “Amare è dare tutto” il libro dedicato alla vita consacrata che all’udienza generale del prossimo 16 settembre verrà distribuito in Piazza San Pietro. “All’origine del progetto – spiega un comunicato della Conferenza episcopale svizzera (Ces) – c’è Daniel Pittet, padre di famiglia che ha deciso di realizzare un libro sulla vita consacrata in Svizzera” per ringraziare tutti i consacrati e le consacrate per il loro operato.

Il volume raccoglie ottanta testimonianze di religiosi e consacrati svizzeri
Per fare ciò, Pittet ha raccolto più di 300 testimonianze di religiosi e consacrati nel Paese elvetico: “alcuni hanno raccontato come è nata la loro vocazione, altri hanno descritto gli eventi forti della loro vita, altri ancora hanno parlato del percorso personale, di scoperte, esitazioni e gioie”. Ottanta testimonianze sono state poi raccolte nel volume che è accompagnato dagli scatti fotografici di Jean-Claude Gadmer ed edito da un team di cui fanno parte le edizioni San Paolo e Sant’Agostino.

Titolo del libro suggerito dal Papa ed ispirato a Santa Teresa di Lisieux
Il titolo dell’opera – sottolinea la Ces - è stato proposto da Papa Francesco in persona: a settembre 2014, infatti, Daniel Pittet è stato ricevuto in udienza dal Pontefice e gli ha consegnato il manoscritto del libro, intitolato provvisoriamente “La vita consacrata”. Dopo averlo letto, Papa Francesco ha proposto di modificare il titolo in “Amare è dare tutto”, ispirato agli insegnamenti di Santa Teresa di Gesù Bambino.

500mila le copie già stampate
Attualmente, il libro è stato stampato in 500mila copie e tradotto in dodici lingue: francese, tedesco, italiano, spagnolo, inglese, portoghese, polacco, russo, ucraino, vietnamita, cinese, arabo. Oltre alla distribuzione in Piazza San Pietro il prossimo 16 settembre, il giorno dopo il volume sarà consegnato ai giovani consacrati del mondo riuniti in Assemblea a Roma, mentre a luglio del prossimo anno verrà dato ai giovani partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù, in programma a Cracovia, in Polonia.

Dalla “Misericordina” a “Custodisci il cuore”: i doni del Papa ai fedeli
Da ricordare che “l’Amore è tutto” non sarà il primo libro ad essere distribuito in Piazza San Pietro. Negli anni scorsi, infatti, Papa Francesco ha donato ai fedeli, durante diversi Angelus domenicali, la “Misericordina”, ovvero una sorta “medicina spirituale” ispirata alla misericordia, il Vangelo tascabile e due volumetti: uno di preghiere e l’altro dedicato ai fondamenti del catechismo della Chiesa cattolica, intitolato “Custodisci il cuore”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 254

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