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Sommario del 10/09/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Équipes Notre-Dame: misericordia per famiglie ferite, no a colonizzazioni ideologiche

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Le famiglie cristiane siano impegnate verso le altre famiglie, abbiano misericordia di quelle ferite o segnate dal fallimento del matrimonio e possano contrastare le colonizzazioni ideologiche. Così il Papa ha anticipato alcuni temi del prossimo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, ricevendo stamane i partecipanti al raduno mondiale delle Équipes Notre-Dame, movimento laicale di spiritualità coniugale, nato in Francia nel 1938. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Famiglie minacciate da un contesto difficile
“Le coppie e le famiglie cristiane sono spesso nelle condizioni migliori per annunciare Gesù Cristo alle altre famiglie, per sostenerle, fortificarle e incoraggiarle”.

Per questo - ha ricordato il Papa - ho voluto riunire a Roma tra qualche settimana il Sinodo dei Vescovi:

“…affinché la Chiesa rifletta con sempre maggiore attenzione su ciò che vivono le famiglie, cellule vitali delle nostre società e della Chiesa, e che si trovano, come sapete, minacciate nell’attuale contesto culturale difficile”.

Protagonismo missionario delle famiglie
Quindi l’invito a “un nuovo protagonismo missionario”, rivolto alle famiglie dell’Équipes Notre-Dame, a testimoniare, annunciare, comunicare ciò che il Signore fa loro sperimentare “nell’intimità domestica tra le gioie e i dolori” e “nella fecondità umana e spirituale”, “perché altri si mettano, a loro volta, su questa strada”:

“Questa missione che è loro affidata è tanto più importante in quanto l’immagine della famiglia - come Dio la vuole, composta da un uomo e una donna in vista del bene dei coniugi ed anche della generazione e dell’educazione dei figli - è deformata mediante potenti progetti contrari sostenuti da colonizzazioni ideologiche”.

Farsi vicino alle famiglie ferite
Il Papa ha chiesto concretezza e “creatività sempre rinnovata” per “accogliere, formare e accompagnare nella fede” “le giovani coppie, prima e dopo il matrimonio. “Ed ha esortato a farsi vicino soprattutto alle “famiglie ferite”, “che sono oggi tanto numerose” per vari motivi: “mancanza di lavoro”, “povertà”,  “un problema di “salute”, “un lutto”, una “preoccupazione causata da un bambino”,  lo “squilibrio provocato da una lontananza o un’assenza”, “un clima di violenza”:

“Dobbiamo avere il coraggio di entrare in contatto con queste famiglie, in maniera discreta ma generosa, materialmente, umanamente o spiritualmente, in quelle circostanze dove esse si trovano vulnerabili”.

Strumenti della misericordia di Cristo
Francesco ha chiesto pure di essere strumenti della “misericordia di Cristo e della Chiesa verso le persone il cui matrimonio è fallito”:

“Una coppia unita e felice può comprendere meglio di chiunque altro, come dall’interno, la ferita e la sofferenza che provocano un abbandono, un tradimento, un fallimento dell’amore”.

Non dimenticare sofferenze dei figli
Senza trascurare le pene dei figli:

“Non dimenticate neppure la sofferenza indicibile dei fanciulli che vivono queste dolorose situazioni familiari: a loro voi potete dare molto”.

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Papa a nuovi vescovi: siate testimoni del Risorto, curate vicini e lontani

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Avere cura anche dei “fratelli lontani” che non conoscono Gesù o l’hanno “sempre rifiutato”. Così il Papa ai nuovi vescovi nominati nel corso dell'anno, che in questi giorni hanno partecipato ad un convegno promosso dalle Congregazioni per i Vescovi e per le Chiese Orientali, guidate dai cardinali Marc Ouellet e Leonardo Sandri. Il servizio di Giada Aquilino: 

Testimoniare la gioia del Vangelo
Raggiunti dalla “presenza” del Risorto, per una missione che non li può “schiacciare”: testimoniare la realtà di Gesù con la “gioia del Vangelo” verso chi già frequenta la comunità, verso chi se ne è allontanato e verso chi è uno dei “fratelli lontani” che “non conosce” Cristo. Sono i vescovi della Chiesa “recentemente chiamati e consacrati” nelle parole del Papa ai presenti in Sala Clementina: 108 vescovi nominati nel corso dell'anno, con 17 di rito orientale, come ha ricordato il cardinale Ouellet nel saluto iniziale. Con loro Francesco è voluto andare oltre un “catalogo di problematiche” per i vescovi:

“Non vorrei concentrarmi su una tale agenda di compiti perché non vorrei spaventarvi e né spaventarmi. Siete ancora in luna di miele!”.

Mondo soffoca domanda su ciò che è definitivo
Eppure, tratteggiando il “primario e insostituibile compito” dei vescovi, quello di essere “testimoni del Risorto”, “sola ricchezza che la Chiesa tramanda sia pur mediante fragili mani”, il Pontefice ha analizzato la realtà di oggi:

“Il mondo è così contento del suo presente, almeno in apparenza, di ciò che è in grado di assicurare quanto gli sembra utile per soffocare la domanda su ciò che è definitivo”.

L'orizzonte dell'eternità
Rivolgendosi ai vescovi con “la pace sia con voi”, saluto che Cristo rivolse ai discepoli con la Risurrezione, la sera del “giorno dopo il sabato”, il Papa ha spiegato che gli uomini sono “dimentichi dell’eternità”, “distratti e assorti”, mentre “amministrano l’esistente, rimandando quanto verrà”. Si naviga “a vista”, si è così “rapiti dal cinico calcolo della propria sopravvivenza” che ormai - ha notato il Papa - si è “indifferenti e, non di rado, impermeabili alla stessa possibilità della vita che non muore”:

“Tuttavia siamo assaliti da domande le cui risposte non possono venire che dal futuro definitivo. Sono, infatti, così impegnative che non sapremmo come rispondere escludendo quel ‘giorno dopo il sabato’, prescindendo dall’orizzonte dell’eternità che esso ci apre, limitandosi alla logica amputata del chiuso presente, nel quale restiamo imprigionati senza la luce di quel giorno”.

I vescovi di fronte alle sfide della contemporaneità
Il pensiero di Francesco è andato quindi “alle sfide drammatiche” della contemporaneità, come la globalizzazione, il “fenomeno epocale delle migrazioni”, il “miope e spesso predatorio” sfruttamento dell’ambiente naturale, la dignità e il futuro del lavoro umano “di cui sono prive generazioni intere, ridotte a statistiche”, le “desertificazioni dei rapporti”, lo smarrimento dei giovani e la solitudine degli anziani. L’invito ai vescovi è stato a gioire, perché “senza la gioia, il Cristianesimo deperisce in fatica”, a consumarsi per le loro “Chiese particolari”, affinché “nessun ambito della vita degli uomini” vada escluso “dall’interesse del cuore del Pastore”. Quindi ha esortato i presuli a prendere “per mano” coloro che già frequentano le loro comunità, facendosi “pedagoghi, guide spirituali e catechisti”:

“Non risparmiate energie per accompagnarli nella salita. Non lasciate che si rassegnino alla pianura. Rimuovete con delicatezza e cura la cera che lentamente si deposita negli orecchi impedendo loro di ascoltare Dio che attesta: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto tutta la mia gioia’”.

Pastori capaci di intercettare cammino di chi è andato via
Quindi la cura dei sacerdoti, ma anche di quelli che “si sono allontanati perché delusi dalle promesse della fede o perché troppo esigente è sembrato il cammino per raggiungerle”:

“Non pochi sono usciti sbattendo la porta, rinfacciandoci le nostre debolezze e cercando, senza riuscire del tutto, di convincersi che si erano lasciati ingannare da speranze alla fine smentite. Siate Vescovi capaci di intercettare il loro cammino”.

No alla superbia dei "figli più grandi"
L’invito del Papa è stato a non lasciarsi scandalizzare dai loro dolori e delusioni, dispensando “parole che rivelino loro ciò che ancora sono incapaci di vedere: le potenzialità nascoste nelle loro stesse delusioni”, perché “già” conoscevano il Signore e ora devono “riscoprirlo”:

“La fede della comunità sarà arricchita e confermata dalla testimonianza del loro rientro. Vegliate perché non s’insinui pericolosamente nelle vostre comunità quella superbia dei ‘figli più grandi’, che rende incapace di rallegrarsi con chi ‘era perduto ed è stato ritrovato’”.

Non si può prescindere dai fratelli lontani
Ai “pastori missionari” Francesco ha pure ricordato di cercare “chi non conosce Gesù o l’ha sempre rifiutato” e andare “nella loro direzione”, “senza paura o soggezione”:

“Non è vero che possiamo prescindere da questi fratelli lontani. Non ci è consentito di rimuovere l’inquietudine per la loro sorte”.

Soprattutto in vista dell’imminente Anno giubilare della Misericordia, ha concluso, le nostre comunità “saranno arricchite di quanto essi hanno da condividere”.

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Francesco: Gesù è misericordioso, chi non perdona non è cristiano

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Pace e riconciliazione. Papa Francesco ha sviluppato l’omelia nella Messa mattutina a Casa Santa Marta partendo da questo binomio. Il Pontefice ha condannato quanti producono armi per uccidere nelle guerre, ma ha anche messo in guardia dai conflitti all’interno delle comunità cristiane. Dal Papa, inoltre, una nuova esortazione ai sacerdoti ad essere misericordiosi come lo è il Signore. Il servizio di Alessandro Gisotti

Gesù è il principe della pace perché genera pace nei nostri cuori. Papa Francesco ha preso spunto dalle letture del giorno per soffermarsi sul binomio pace-riconciliazione. E subito si è chiesto se “noi ringraziamo tanto” per “questo dono della pace che abbiamo ricevuto in Gesù”. La pace, ha detto, “è stata fatta, ma non è stata accettata”.

Basta produrre armi, la guerra annienta
Anche oggi, tutti i giorni, “sui telegiornali, sui giornali – ha constatato con amarezza – vediamo che ci sono le guerre, le distruzioni, l’odio, l’inimicizia”.

“Anche ci sono uomini e donne che lavorano tanto - ma lavorano tanto! - per fabbricare armi per uccidere, armi che alla fine divengono bagnate nel sangue di tanti innocenti, di tanta gente. Ci sono le guerre! Ci sono le guerre e c’è quella cattiveria di preparare la guerra, di fare le armi contro l’altro, per uccidere! La pace salva, la pace ti fa vivere, ti fa crescere; la guerra ti annienta, ti porta giù”.

Chi non sa perdonare, non è cristiano
Tuttavia, ha soggiunto, la guerra non è solo questa, “è anche nelle nostre comunità cristiane, fra noi”. E questo, ha sottolineato, è il “consiglio” che oggi ci dà la liturgia: “Fate la pace fra voi”. Il perdono, ha aggiunto, è la “parola chiave”: “Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi”.

“Se tu non sai perdonare, tu non sei cristiano. Sarai un buon uomo, una buona donna… Perché non fai quello che ha fatto il Signore. Ma pure: se tu non perdoni, tu non puoi ricevere la pace del Signore, il perdono del Signore. E ogni giorno, quando preghiamo il Padre Nostro: ‘Perdonaci, come noi perdoniamo…’. E’ un ‘condizionale’. Cerchiamo di ‘convincere’ Dio di essere buono, come noi siamo buoni perdonando: al rovescio. Parole, no? Come si cantava quella bella canzone: ‘Parole, parole, parole’, no? Credo che Mina la cantasse… Parole! Perdonatevi! Come il Signore vi ha perdonato, così fate voi”.

La lingua distrugge, fa la guerra
C’è bisogno di “pazienza cristiana”, ha ripreso. “Quante donne eroiche ci sono nel nostro popolo – ha detto – che sopportano per il bene della famiglia, dei figli tante brutalità, tante ingiustizie: sopportano e vanno avanti con la famiglia”. Quanti uomini “eroici ci sono nel nostro popolo cristiano – ha proseguito – che sopportano di alzarsi presto al mattino e andare al lavoro – tante volte un lavoro ingiusto, mal pagato – per tornare in tarda serata, per mantenere la moglie e i figli. Questi sono i giusti”. Ma, ha ammonito, ci sono anche quelli che “fanno lavorare la lingua e fanno la guerra”, perché “la lingua distrugge, fa la guerra!”. C’è un’altra parola chiave, ha poi detto Francesco, “che viene detta da Gesù nel Vangelo”: “misericordia”. E' importante “capire gli altri, non condannarli”.

Sacerdoti siano misericordiosi, non bastonino la gente in confessionale
“Il Signore, il Padre è tanto misericordioso – ha affermato – sempre ci perdona, sempre vuol fare la pace con noi”. Ma “se tu non sei misericordioso – ha avvertito il Papa – rischi che il Signore non sia misericordioso con te, perché noi saremo giudicati con la stessa misura con la quale noi giudichiamo gli altri”:

“Se tu sei prete e non te la senti di essere misericordioso, di’ al tuo vescovo che ti dia un lavoro amministrativo, ma non scendere in confessionale, per favore! Un prete che non è misericordioso fa tanto male nel confessionale! Bastona la gente. ‘No, Padre, io sono misericordioso, ma sono un po’ nervoso…’. ‘E’ vero… Prima di andare in confessionale va dal medico che ti dia una pastiglia contro i nervi! Ma sii misericordioso!’. E anche fra noi misericordiosi. ‘Ma quello ha fatto questo… Io cosa ho fatto?’; ‘Quello è più peccatore di me!’: chi può dire questo, che l’altro sia più peccatore di me? Nessuno di noi può dire questo! Soltanto il Signore sa”.

Come insegna San Paolo, ha dunque evidenziato, bisogna rivestirsi di “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità”. Questo, ha detto Francesco, “è lo stile cristiano”, “lo stile col quale Gesù ha fatto la pace e la riconciliazione”. “Non è la superbia, non è la condanna, non è sparlare degli altri”. Che il Signore, ha concluso, “ci dia a tutti noi la grazia di sopportarci a vicenda, di perdonare, di essere misericordiosi, come il Signore è misericordioso con noi”.

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Il Papa incontra premier del Kuwait: promuovere rispetto tra religioni

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Papa Francesco ha ricevuto il primo ministro del Kuwait, lo sceicco Jaber Mubarak Al-Hamad Al-Sabah, che poi ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato da mons. Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - sono stati passati in rassegna alcuni temi di comune interesse, tra i quali il positivo contributo che la storica minoranza cristiana apporta alla società kuwaitiana. Ci si è anche soffermati sull’importanza dell’educazione per promuovere una cultura di rispetto e coesistenza pacifica fra diversi popoli e religioni”.

In seguito, si è proceduto alla firma di un Memorandum of Understanding tra la Segreteria di Stato e il Ministero degli Affari Esteri dello Stato del Kuwait, sottoscritto rispettivamente da mons. Gallagher e dallo sceicco Sabah Khalid Al-Hamad Al-Sabah, primo vice-primo ministro e ministro degli Affari Esteri. Con tale strumento le Parti si impegnano a consolidare e rafforzare le relazioni bilaterali “specialmente a livello politico e culturale, in favore della pace, della sicurezza e della stabilità regionale e internazionale. Inoltre, esso propone strumenti di consultazione tra le due Parti”. Il Memorandum è entrato in vigore con la firma delle due Parti.

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Papa in Kenya, Uganda e Centrafrica a novembre

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Accogliendo l’invito dei rispettivi capi di Stato e dei vescovi, Papa Francesco compirà un viaggio apostolico in Kenya dal 25 al 27 novembre 2015, in Uganda dal 27 al 29 novembre e nella Repubblica Centrafricana dal 29 al 30 novembre. E' quanto comunicato dalla Sala Stampa della Santa Sede. Il programma del viaggio sarà pubblicato prossimamente.

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Francesco riceve nunzio in Canada

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza mons. Luigi Bonazzi, arcivescovo tit. di Atella, nunzio apostolico in Canada.

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Tweet: “Diciamo ‘grazie’ a Dio ogni giorno?”

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Il Papa ha lanciato un nuovo tweet dall’account @Pontifex in nove lingue: “Diciamo ‘grazie’ a Dio ogni giorno?”.

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Oggi in Primo Piano



Via libera ai treni in Danimarca. Militari ungheresi al confine serbo

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Questione migranti in Europa. Sono ripresi i collegamenti ferroviari con la Danimarca dopo il blocco nella notte del passaggio di migranti dalla Germania. Da parte sua,  l'Ungheria fa sapere che l'esercito ha cominciato operazioni militari per preparare i propri effettivi a una stretta sorveglianza della frontiera meridionale con la Serbia. Nei giorni scorsi lo aveva annunciato il premier Viktor Orban. Intanto il Parlamento Europeo ha approvato il piano della Commissione Europea. Il servizio di Fausta Speranza

Si' dell'Europarlamento a larga maggioranza al nuovo piano vincolante di ricollocazione dei richiedenti asilo proposto dalla Commissione. Lunedì il piano sarà sul tavolo dei Ministri degli Interni dei 28. Juncker, dopo che da luglio si discute di circa 40.000 ricollocamenti tra i profughi arrivati in Italia e Grecia, ha aggiornato la cifra a 160.000 persone da accogliere sul territorio europeo, dopo l'esplosione sulla rotta balcanica e gli arrivi in Ungheria, Germania, Austria. Ma al ricollocamento si oppongono i 4 Paesi del gruppo di Visegrad: Polonia, Ungheria, Slovacchia,  Repubblica Ceca, che vorrebbero contribuire in modo diverso, come ci spiega la deputata del gruppo Alde al Parlamento Europeo, Martina Dlabajovà:

R. – Si tratta soprattutto di un rafforzamento di assistenza bilaterale, di un aiuto, di un supporto, un sostegno per i gruppi più deboli, che sono le madri con i figli, i bambini, gli anziani… E si tratta anche di un aiuto concreto, materiale, finanziario, ai Paesi da cui arriva il maggior numero di immigrati in Europa. Si tratta anche di creare una base di esperti e tecnici che potrebbero essere di aiuto. Quindi, per dare un’informazione concreta, si parlava addirittura di inviare degli esperti in Italia, in Ungheria, dove ci sono in questo momento i più grandi bisogni di aiuto e di lavoro e di offrire questa expertise, questo approccio tecnico esperto. Ovviamente, quello che è molto importante sarebbe agire di forza contro quelli che sono gli smugglers,i trafficanti. Bisogna creare veramente un piano di azione,  come alla fine noi sappiamo fare: lei sa bene che nella storia noi abbiamo affrontato  con successo i pirati della Somalia.

D.  – Quindi lei parla di traffico di esseri umani e non fa distinzione tra poveri che fuggono dalla povertà o rifugiati che fuggono dalla guerra?

R. – Non è una questione di fare distinzione. La questione è che qualcuno organizza e poi non si fa più distinzione tra quelli che sono i poveri e quelli che non lo sono, ma c’è qualcuno che organizza il traffico. Quindi lì bisogna essere molto cauti e cercare di agire urgentemente. Poi, una cosa importante, di cui ovviamente si parla spesso in Europa, è che bisognerebbe aumentare anche i fondi di sviluppo per l’aiuto a questi Paesi che ne avrebbero più bisogno, quindi individuare anche i Paesi dove dobbiamo risolvere la situazione al più presto.

D. – Nel caso della Siria non si tratta di sviluppo mancato ma si tratta di un conflitto conclamato…

R. – Ci stavo arrivando, mi ha giusto anticipato. Infatti, ovviamente, ci sono alcune situazioni come la situazione di conflitti di guerra dove l’Unione Europea non può agire e anche per il diritto internazionale non ha possibilità di agire, quindi lì bisogna coinvolgere di più le Nazioni Unite. Questo è un appello che i Paesi del gruppo di Visegrád fanno molto forte: non è solo una questione europea ma è una questione mondiale, dobbiamo quindi far intervenire le Nazioni Unite.

Della posizione del cosiddetto gruppo di Visegrad, abbiamo parlato con Giandomenico Caggiano, docente di diritto dell’Ue all'Univeristà Roma Tre: 

R. – Io penso che si tratti di una ingiustificata paura, perché certamente alcune migliaia di profughi non altererebbero la loro identità nazionale. Si tratta di un atteggiamento troppo diffuso nei Paesi ex-comunisti: hanno sempre paura di perdere la loro sovranità recentemente conquistata. Ma quello che voglio dire è soprattutto che queste regole relative al diritto di asilo e ai rifugiati non sono soltanto diritto dell’Unione Europea - si deve  ricordare almeno l’art.80 del Trattato, da tutti sottoscritto, che parla proprio della solidarietà e del senso di obbligatorietà che lega gli Stati membri all’accoglimento dei rifugiati… - ma sono anche e soprattutto diritto internazionale: oramai è evidente che coloro che fuggono da guerre, dal pericolo per la vita, da situazioni estreme hanno diritto di essere accolti e di avere una chance per il loro futuro. Questo, quindi, assolutamente non può esimere gli Stati ex-comunisti  e membri dell’Unione Europea dal partecipare a questo meccanismo che io credo, tra l’altro, finirà con l’avere la maggioranza:  se si voterà nel Consiglio, questi Stati andranno in minoranza.

D. – Professore, proprio in base al diritto, che cosa possono fare a proposito di misure alternative all’accoglienza?

R. – Io sono – devo dire – molto perplesso rispetto a questa idea di lascarli liberi di rifiutare le quote, la ricollocazione e il reinsediamento e, al tempo stesso, di accettare di introdurre delle penalizzazioni di tipo economico, perché comunque si tratta di decisioni che hanno un contenuto e non soltanto finanziario. Certo, può darsi che questa diventi la mediazione possibile, ma io penso che avrebbe un significato molto più importante il fatto di rispettare un protocollo, uno standard, un sistema comune che attribuisca nel merito delle quote di ricollocazione dei rifugiati, piuttosto che prevedere una quota parte minima, zero virgola qualcosa, del budget dell’Unione Europea,  che si fa su tante altre cose.

D. – Diciamo sempre che l’Europa non si pronuncia con una voce sola: in questo caso lo farebbe se non ci fosse il blocco dei Paesi di Visegrad?

R. – Sì. Io credo che sia successo qualcosa di straordinario negli ultimi giorni, quale che sia l'evoluzione… Non è forse il momento di analizzare le ragioni di questa modifica rivoluzionaria, profonda, che è accaduta nell’ultima settimana ma va sottolineata. Qualcosa di straordinario, perché soltanto a giugno-luglio erano quasi tutti contrari. Quindi, questo trasformare una maggioranza di oppositori in una minoranza di oppositori, molto ben precisa, ideologicamente collegata ai Paesi ex-comunisti, è stato un miracolo, una autentica rivoluzione, che comporta che la materia del diritto di asilo diventi - con le modifiche verosimili e probabili del regolamento di Dublino – una materia di integrazione, una materia di sovranità. Sono molto felice di questo!

Resta da dire che Juncker, chiedendo a tutti il coraggio di essere all'altezza dlla solidarietà necessaria, ha sottolineato che l'Europa può farlo, indicando un dato significativo: gli ingressi sarebbero pari allo 0,11% della popolazione.

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Siria: Mosca ammette supporto militare ma contro l'Is

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La Russia rinforza la sua presenza militare in soccorso del Presidente siriano al Assad. Ne è convinto il Pentagono che segnala navi e soldati di Mosca nel Mediterraneo e nel nord della Siria. Il Cremlino prima non commenta poi il ministro degli Esteri Lavrov ammette: “ i nostri soldati ci sono da molti anni e trasportiamo anche attrezzature militari per evitare a Damasco un altro scenario libico”. Preoccupazione la esprime la Nato come in precedenza anche Germania e Italia contrarie a qualsiasi intervento armato incluso quello promesso da Francia e Regno Unito. Intanto sul terreno le comunità cristiane continuano a chiedere alla popolazione siriana di non abbandonare il Paese. Per una lettura della tensione crescente tra occidente e Russia in Siria, Lucas Duran ha sentito Fulvio Scaglione vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di politica estera: 

R. – Una cosa è certa, che negli ultimi tempi c’è un grande attivismo in Siria, dopo anni di guerra, dopo quasi 300 mila morti e dopo che il cosiddetto Stato Islamico di fatto si è impadronito di un territorio ormai grande quanto l’Italia. Questo attivismo proprio perché così improvviso e generalizzato è, ovviamente, sospetto. Ognuno, secondo me, gioca i suoi interessi. Personalmente ho la sensazione che tutti si preparino al dopo Assad e che tutti cerchino di mettere un piede nella porta per poi sedersi al tavolo delle trattative con qualcosa da dire o da pretendere.

D. – Dal tuo punto di vista, non ci potrà essere una Siria futura con Bashar Al Assad alla sua testa…

R. – Io credo proprio di no. Perché al di là delle questioni diplomatiche è evidente che uno dei protagonisti di una guerra civile così feroce non può pensare poi di essere anche il futuro del Paese; se non fosse altro, politica a parte per la montagna enorme di lutti e rancori che ha lasciato dietro di sé. In realtà, però è che nessuno capisce bene quali dovrebbero essere gli interlocutori di domani, certamente non Al Baghdadi e quelli dello Stato islamico; certamente, non quelle figure di carta pesta che in occidente vengono ancora presentate come Esercito libero siriano e che sul terreno concretamente contano come il due di picche. Tra l’altro va tenuta presente una cosa. Nessuno pensava, soprattutto con quello che è successo, nei primissimi tempi di questa ferocissima guerra civile, che alle spalle di Assad ci fosse comunque un consenso anche popolare così forte. Evidentemente in Siria c’è molta gente che preferisce Assad, sicuramente, allo Stato Islamico e alle altre formazioni islamiste.

D. – In maniera indiretta si arriva anche alla situazione della popolazione civile, attraverso la tua considerazione. La situazione che vive la popolazione è che certamente viene da un periodo in cui questo conflitto non c’era e in cui si viveva in maniera forse più tranquilla, anche rispetto alle differenti comunità nelle stesse città…

R. – Due sono secondo me i problemi principali a questo proposito. Uno è  più generale ed è ora di ammettere che tutti gli interventi occidentali in Medio Oriente negli ultimi decenni hanno provocato solo ed esclusivamente danni, hanno aggravato qualunque situazione in cui questi interventi si siano svolti. L’altra considerazione, dentro questa prima, è che non c’è stato assolutamente mai una minima considerazione per il destino e la sorte dei cristiani. Ma il destino e la sorte dei cristiani in Medio Oriente sono rivelatori della situazione generale, sono la cartina al tornasole: se i cristiani stanno male, sono perseguitati, sono discriminati, le cose vanno male per tutti. Infatti, pur essendo minoritarie, le comunità cristiane in Medio Oriente hanno una funzione determinante, decisiva, fondamentale, di collante dell’intero tessuto sociale. E questo è un fattore che per ignoranza, per impreparazione, per arroganza politica, non è mai stato tenuto in debita considerazione.

D. – La scelta di Putin di fare un atto di forza in qualche modo, anche attraverso le sue dichiarazioni, cela anche una visione strategica di riposizionamento rispetto anche all’occidente?

R. – Non di riposizionamento in questo momento perlomeno, perché da molto tempo la Russia si è in qualche modo legata alla Mezzaluna fertile, che è la parte sciita del Medio Oriente, come contraltare all’alleanza strategica che da lungo tempo lega in modo esclusivo gli Stati Uniti alle monarchie e in generale ai Paesi musulmani e sunniti. E’ una politica di lungo termine che anche Putin ha rafforzato e che adesso ovviamente ha anche la funzione di un contrappeso in funzione antiamericana nel Medio Oriente.

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Costalli (Mcl): per far ripartire Paese serve patto sociale

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Coesione sociale, lavoro dignitoso, economia più equa. Attorno a questi temi ruota l’annuale seminario di studi del Movimento Cristiano Lavoratori (Mcl) che si svolge da oggi a sabato a Senigallia. Un appuntamento che guarda anche al Convegno ecclesiale della Chiesa italiana di novembre a Firenze. Alessandro Guarasci ha intervistato il presidente del Movimento Carlo Costalli

R. – Noi dobbiamo dire “no” a un’economia dell’esclusione e dell’iniquità, e questo credo sia il problema maggiore che ha il mondo cattolico, non solo quello italiano. Fa difficoltà perché sicuramente negli ultimi anni, con la globalizzazione sfrenata e senza controllo, ha preso campo una finanza che ha sostanzialmente sradicato il lavoro reale. Questo è il punto centrale su cui noi dobbiamo riflettere e soprattutto su cui il Santo Padre ci porta costantemente l’attenzione.

D. – In Italia continuiamo ad avere problemi di occupazione: è anche colpa di una classe imprenditoriale che non sempre riesce a "rischiare", secondo lei?

R. – Certo che ci sono responsabilità anche della classe dirigente imprenditoriale! Spesso “piagnona”, spesso poco coraggiosa, portata a scaricare sugli altri, in particolare sulle organizzazioni sindacali, alcune anche per loro responsabilità.

 D. – Lei parla di organizzazioni sindacali. Renzi, per esempio, è sempre molto critico nei confronti dei sindacati: in qualche modo, vi sentite anche voi coinvolti?

R. – Bè, sicuramente questo è uno dei punti “dolens”. E’ chiaro che le responsabilità ci sono da parte di tutti, rispetto a questa trasformazione necessaria nel Paese; è vero che anche le organizzazioni sociali e i sindacati, in particolare, devono “modernizzare” la loro iniziativa; ma qui dobbiamo essere estremamente chiari: se non facciamo un grande patto sociale tra governo e corpi intermedi, per un vero rilancio anche degli investimenti, non ne usciamo, dalla crisi. Il resto sono dichiarazioni o tamponamenti. Qui ci vuole un grande patto sociale di tutti coloro che vogliono il bene comune, il bene del Paese.

D. – Voi vedete un cambio di passo nelle politiche per il Sud?

R. – Non vedo grandi, grandi passi in avanti; le responsabilità sono sicuramente anche di una classe dirigente del Sud, di tutti i partiti … Io credo che ci voglia una vera cabina di regia nazionale: questo non per togliere autonomia alle regioni; ma serve una vera cabina di regia nazionale per gestire i fondi strutturali europei, che sono tanti, che vengono spesi poco e spesso vengono spesi male. Ci vuole una cabina di regia nazionale che privilegi i progetti che vanno nella direzione della produttività, della ripresa della produttività.

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Diocesi di Milano: al via l'Ufficio per accogliere i separati

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Ha preso il via in questi giorni a Milano l’attività dell’“Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati”, voluto dall’arcivescovo, il card. Angelo Scola per accompagnare quanti vivono la crisi del loro matrimonio. Responsabile dell’Ufficio è don Diego Pirovano, giudice presso il Tribunale ecclesiastico regionale lombardo, affiancato da un altro sacerdote e da una religiosa e con la collaborazione di consulenti ed esperti. L’iniziativa si inserisce nella volontà della Chiesa ambrosiana di farsi più attenta e vicina alle coppie in difficoltà per sostenere la loro vocazione cristiana anche in una situazione problematica. Sentiamo lo stesso don Pirovano al microfono di Adriana Masotti

R. – Si può dire proprio così: l’istituzione di un Ufficio di Curia diocesana, in questo senso, risponde a questa volontà, esprimere la vicinanza del vescovo ai fedeli separati per accoglierli – o meglio: farli sentire accolti – dentro la nostra Chiesa.

D. – Accoglienza e accompagnamento, le due parole che caratterizzano questo Ufficio …

R. – Esattamente. La parola “accoglienza” è sufficientemente ampia proprio per contenere tutte le attività dell’Ufficio, che saranno intanto la risposta alle questioni, alle domande che i fedeli rivolgeranno; e poi l’accompagnamento nelle diverse forme. Preciso che non si tratterà di fare un accompagnamento spirituale ma, nei diversi punti di attività dell’ufficio, la vicinanza della competenza mia e dei miei collaboratori in termini anche giuridici, quando serve, risponderà alle richieste dei fedeli.

D. – Tra gli obiettivi c’è, prima di tutto, il tentativo di una riconciliazione tra marito e moglie; poi, aiutare i fedeli a capire il loro posto nella Chiesa, se separati, e anche accompagnare verso un’eventuale domanda di nullità matrimoniale: mi sembra un po’ questo …

R. –Sì, questi sono, in sintesi, i punti di attività dell’Ufficio: tentare una riconciliazione, ove possibile – e qui si apre la necessità di un rinvio all’attività dei Consultori familiari cattolici presenti in diocesi; e poi, consulenza nella direzione dello scioglimento del matrimonio, che è diverso dalla nullità matrimoniale – lo scioglimento, ad esempio, nel caso della inconsumazione – e consulenza poi in vista della causa di nullità matrimoniale. Per quest’ultimo punto, ribadisco la competenza del Tribunale ecclesiastico. Però, tutta la fase di ascolto, di preparazione, di verifica, anche di raccolta del materiale, potrà essere fatta utilmente anche dal nostro Ufficio.

D. – Quindi venire incontro ai separati o a chi desidera separarsi: ma quanto è vivo questo problema nella diocesi di Milano?

R. – In termini statistici non so rispondere, però certamente la realtà della separazione coniugale è una realtà presente. Questo certamente lo evidenzia anche la vita delle comunità cristiane, lo evidenziano i sacerdoti comunicando le proprie esperienze pastorali … Quindi è una urgenza, una “necessità” anche pastorale che si è espressa e che si sta esprimendo.

D. – E ci sono già state reazioni da parte dei fedeli all’annuncio e all’avvio, ora, di questo Ufficio?

R. – La reazione più significativa è quella che io vedo, delle telefonate e degli appuntamenti che già abbiamo preso: l’Ufficio, infatti, ha aperto la sua segreteria un settimana prima della sua apertura ufficiale. Le informazioni che sono circolate, le notizie, i numeri di telefono, gli indirizzi di posta elettronica hanno favorito questa accessibilità, per cui questa risposta mi sembra la più significativa.

D. – Tre le sedi del nuovo Ufficio: quindi non solo Milano, ma anche Lecco e Varese …

R. – Questa è un’esperienza interessante di vicinanza di un ufficio di Curia ai fedeli separati. Un unico Ufficio, ma con tre sedi; non c’è una competenza territoriale in relazione al domicilio o al luogo dove un fedele si trova. Sono tre sedi in cui lo stesso Ufficio è operativo.

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Giornata prevenzione suicidi: oltre 800 mila i casi nel mondo

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Si celebra oggi la 13° Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio (10-11 settembre), sponsorizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e promossa dall’International Association for Suicide Prevention (Iasp). Per l’occasione, oggi e domani, si terrà un convegno scientifico sul tema “La prevenzione del suicidio: avvicinarsi e salvare vite” per riflettere su un fenomeno sempre più drammatico nella società contemporanea: ogni anno, afferma l’Oms, più di 800.000 persone nel mondo si tolgono la vita. Il suicidio è la seconda causa di morte nei ragazzi di 15-29 anni a livello globale. Maria Caterina Bombarda ne ha parlato con il professore di Psichiatria Maurizio Pompili

R. – Il suicidio è circondato da stigma e tabù, cioè da connotati negativi che pongono l’accento sullo starne lontano, non doverne parlare, non doverlo considerare come problema invece grave nella società attuale. Un problema che annovera circa 800mila di suicidi ogni anno nel mondo, oltre 4 mila in Italia dei quali non si vuole parlare. Invece, parlandone, il fenomeno di stigmatizzazione perde notevolmente importanza: cioè, si fa prevenzione per qualsiasi causa di mortalità, si fa pochissima prevenzione per la mortalità per suicidio. Oggi, finalmente, la società civile si sta rendendo conto che invece la salvaguardia della vita, significa anche fare una efficace prevenzione.

D. – Quali sono le principali cause che portano al suicidio?

R. – Ci sono più cause. Sicuramente le perdite, in generale, sono un fattore di rischio importante, affettive come economiche, materiali come simboliche, l’abuso di sostanze… Il ruolo del disturbo psichiatrico è un tassello, non è quello centrale, ma può contribuire. Il non vedere futuro, laddove il soggetto vede la mancanza di aspettative future, lì viene coltivato il rischio di suicidio. E quindi abbiamo visto anche a causa alla crisi economica le perdite sono state notevolissime, perdite sia finanziarie che di immagine, perdite di valori come di prospettive future. E quindi questo ha ridotto nella società odierna proprio la visione per un futuro più roseo e più sicuro.

D. – Stando sempre ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, alcuni dei Paesi stanno cercando di ridurre gli strumenti più usati per togliersi la vita per limitare il tasso di suicidi. Secondo lei questo può bastare, cioè a che punto siamo nella prevenzione del fenomeno?

R. – Quella della riduzione dell’accesso ai metodi letali è un’ottima misura preventiva perché abbiamo studi che ci dicono che laddove è stato ridotto l’acquisto di armi si sono ridotti i suicidi. La campagna che si può fare nelle stazioni, nelle metropolitane, può aiutare a disincentivare il potenziale suicidario. Oppure, in alcuni contesti, si è passato a ridurre la vendita di alcuni farmaci. Quindi, ridurre l’accesso ai metodi letali è una delle misure preventive che si può raccomandare.

D. - In quali Paesi si verifica più frequentemente il suicidio?

R. - Ci sono nazioni a più alto rischio di suicidio, ad esempio l’ex Unione Sovietica che ha dei tassi veramente molto allarmanti; l’Asia, il Giappone, a livello più intermedio gli Stati Uniti, e il Centro Europa che è tradizionalmente quello più colpito, se dovessimo parlare di contesto europeo.

D.  – Che cosa rappresenta per voi questa Giornata?

R.  – La Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio è un emblema in tutto questo che testimonia la volontà di confrontarsi con il tema, di promuovere informazione corretta, di andare sui mass media, di confrontarsi non solo con professionisti ma anche con gente comune, di porre l’accento anche su tutta quella grande popolazione che sono i “survivors”, cioè che sono color che hanno perso un caro per suicidio. Lì il tabù è ancora più grande, lì intere famiglie vengono lasciate a se stesse.

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Fondazione Ente Spettacolo: giovani continuano ad amare il cinema

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Cinema e giovani, cinema e dialogo interreligioso: con due iniziative presentate nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia, la Fondazione Ente dello Spettacolo rinnova il suo servizio alla Chiesa, alla società e al mondo del cinema. Dal nostro inviato a Venezia, Luca Pellegrini

I giovani vanno al cinema. Con la ricerca “Cinema e giovani italiani”, l'Istituto Toniolo di Milano ha scoperto che il 53% di quelli intervistati, in una età compresa tra i 19 e i 30 anni, frequenta la sala. Infatti, si scopre che soprattutto gli under 25, nonostante il costo per loro alto del biglietto, hanno un forte attaccamento nei confronti della sala cinematografica, soprattutto nel Sud dell'Italia, che dà loro la possibilità di fruire di una maggiore socialità e di tecnologie avanzate, di condividere gusti, idee e passioni. Don Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, spiega l'importanza dei dati presentati in questi giorni alla Mostra del Cinema:

“La Fondazione Ente dello Spettacolo, che è emanazione della Conferenza episcopale italiana, si dà come missione proprio questa: quella di stare un mezzo, di stare nel mondo della produzione cinematografica, nel mondo istituzionale della realtà cinematografica, ma di stare anche nel pubblico e per il pubblico. Quindi questa funzione di cerniera non può farci nascere la domanda: ‘Ma chi sarà il pubblico del futuro? Chi è che può accettare la sfida di vivere la realtà della Fondazione cinematografica come esperienza culturale?’. Da qui, allora, la necessità di capire perché e come i giovani potranno ancora andare al cinema. La ricerca ci sorprende, la ricerca che l’Istituto Toniolo ha curato per noi in modo esclusivo; ci sorprende perché si va oltre il luogo comune di un giovane che vuole stare semplicemente davanti a casa a "scaricarsi" un film. Non è così: i dati smentiscono questo luogo comune. Quindi ci diamo questa missione: conoscere un nuovo pubblico e essere al servizio di questa esperienza culturale che, per la società e per la Chiesa, ha molto da dare e da dire”.

Il commento di Rita Bichi, professore di Sociologia alla "Cattolica" di Milano e curatrice di questo Rapporto, conferma l'importanza della ricerca e spiega la sua finalità:

“L’Istituto Toniolo si occupa ovviamente di una vasta gamma di temi e di problemi inerenti la condizione giovanile in Italia, dal lavoro, allo studio, alla formazione, al loro atteggiamento nei confronti della famiglia, dei valori e moltissimo altro. Questo aspetto dei consumi culturali e in particolare dei consumi cinematografici ha comunque un aspetto molto interessante da sondare, che può essere utile come conoscenza per molte e diverse ragioni, per molti e diversi operatori in Italia. Sicuramente è una ricerca che può interessare un più vasto pubblico: i giovani stessi, per esempio, ma anche i loro genitori per sapere qualche cosa di più dei gusti e degli atteggiamenti, dei comportamenti dei propri figli. E poi, un pubblico ancora più vasto che è interessato comunque al mondo del cinema e a quello giovanile”.

Inoltre, sempre don Davide Milani ha presentato la nuova formula del "Tertio Millennio Film Fest", rassegna della Fondazione nata nel 1997 con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e quello delle Comunicazioni Sociali. A partire dalla prossima edizione in autunno il Festival sceglierà film e temi nel segno del dialogo interreligioso e culturale chiamando a collaborare rappresentanti delle comunità cattolica, protestante, ebraica e musulmana. Una prospettiva suggerita dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della Cultura, che don Milani motiva di aver accolto con entusiasmo con queste parole:

R. – In questo momento storico, in cui il mondo bussa alla porta di casa nostra, in cui tutti facciamo esperienza di persone, di culture e soprattutto di religioni differenti, usiamo il cinema come strumento privilegiato per conoscere la realtà e per raccontare la nostra esperienza. Ecco allora che questa gloriosa istituzione – Tertio Millennio Film Fest – vuole interrogare proprio il tema della conoscenza delle altre religioni. Prima di essere un momento di dialogo, questo Festival è un momento di conoscenza. Raccontiamoci: è sbagliata l’idea di dialogo religioso che parta dal nascondere la propria identità; invece il modo migliore per dialogare tra le grandi religioni è quella che ciascuno metta in piazza, racconti la propria identità. E il film, il cinema, l’arte cinematografica sa fare questo in maniera straordinaria.

D. – Quindi avrete corrispondenti legati alle tre religioni monoteistiche e alle Chiese protestanti che vi segnaleranno delle opere?

R. – Esattamente. Funziona proprio così. Utilizziamo l’esperienza, la sensibilità, la conoscenza religiosa di esponenti qualificati, competenti anche in campo cinematografico, delle diverse tradizioni religiose: uomini di fede che sapranno selezionare e segnalarci film adeguati da mostrare poi a Roma durante il Festival.

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Apre la Sagra musicale umbra: 70 anni di musica, fede e bellezza

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Si apre questa sera nella Basilica di S. Pietro di Perugia l’edizione 2015 della Sagra musicale Umbra, che festeggia il 70° anniversario con un programma di 10 concerti dedicati al Libro dei Salmi da cui è tratto anche il titolo “Voglio svegliare l’Aurora”. In rassegna, fino al 20 settembre, nei luoghi più suggestivi della regione, pagine belle e inedite di musica sacra, con interpreti d’eccezione tra cui i Tallis Scholars diretti da Peter Phillips e un omaggio particolare ad Arvo Pärt. Sui 70 anni di vita della Sagra e sui particolari del programma, si sofferma al microfono di Gabriella Ceraso il direttore artistico Alberto Batisti

R. – Nella sua storia, la Sagra ha contribuito a riscoprire innanzi tutto un patrimonio musicale - specialmente quello della misura sacra - dimenticato; inoltre ha contribuito a valorizzare compositori del nostro tempo. L’altro elemento è l’unione della selezione musicale e i luoghi di una Regione davvero unica al mondo.

D. - In questo percorso l’hanno accompagnata temi che sono stati il filo conduttore delle diverse edizioni. Con il tema di quest’anno si va al cuore della preghiera della chiesa cattolica: i salmi. Le chiedo il perché di questa scelta e anche se è stato difficile rintracciare ensemble e lavori musicali su questa materia …

R. - Il Libro dei Salmi è il fondamento di tutta la nostra cultura poetica e della fede. Questi testi nascono con la musica; sono canti che ancora naturalmente appartengono alla Liturgia ebraica e cristiana e tutti i grandi compositori che hanno avuto in sé l’alito della spiritualità si sono misurati con questi testi. Non è stato quindi difficile andare a cercare il materiale, anzi dispiace aver dovuto escluderne tanti! Si va da esempi dell’autentica foggia del canto salmodico, attraverso pagine vertiginose come quella che ho posto in apertura della sagra che è il Dixit Dominus di Hëndel, fino alla grande polifonia con salmi come quello di Gregorio Allegri, una leggenda della storia della musica, che verrà intonato dai Tallis Scholars nella Basilica superiore di Assisi, e si metterà in dialogo con gli affreschi di Giotto. E poi si arriverà  fino ai giorni nostri con Arvo Pärt , c’è un pezzo strumentale che però si chiama Shalom e quindi  va proprio a riprendere il nome autentico di questa forma di canto.

D. – Ecco appunto, ha citato Arvo Pärt. L’11 settembre, un giorno particolare, è anche la data dell’80.mo compleanno di uno dei massimi interpreti della spiritualità contemporanea in musica, Arvo Pärt. La sagra lo festeggia con due appuntamenti. Può spiegare come Arvo Pärt intende la sua spiritualità?

R. - Credo che Arvo Pärt abbia fatto un grande percorso personale per arrivare al suo linguaggio. Vissuto sotto il piede dell’oppressione comunista, ha veramente scavato sotto questa roccia insuperabile, una sua meravigliosa galleria alla ricerca dell’anima stessa della musica, in un processo di depurazione del linguaggio che è andato alle origini stesse della composizione occidentale, cercandone i cardini, senza però fare un’imitazione piuttosto una nuova interpretazione. Tutto questo sempre all’insegna di una profonda adesione personale ai valori dello Spirito. 

D. - Altra tappa emblematica del programma direi è l’appuntamento del 12 settembre. Diversi idiomi che raccontano della fede in un unico Dio …

R. - Il concerto che abbiamo immaginato voleva proprio mettere in evidenza la  stretta parentela, la natura fraterna dell’espressione musicale dei popoli del Mediterraneo: tre donne che cantano secondo le loro diverse tradizioni, un solo Dio, e che rappresentano le tre religioni monoteiste unite in questo concerto simbolico ospitato a S. Bevignate.

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Nella Chiesa e nel mondo



Appello Comece: soluzione comune per la crisi dei rifugiati

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“La crisi dei rifugiati richiede una soluzione europea comune”: è quanto afferma la Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea) in una dichiarazione diffusa ieri, riguardante “la situazione attuale dei rifugiati ed il dibattito sulla politica europea comune relativa ad immigrazione ed asilo”. In primo luogo, la Comece esorta gli europei a “condividere la responsabilità ed a lavorare insieme ad una soluzione” sulla crisi attuale. “Il trattato di Dublino non funziona – sottolineano i presuli, riferendosi al Trattato internazionale multilaterale in tema di diritto di asilo, siglato nella città irlandese nel 1990 – ed è inaccettabile che alcuni Paesi cerchino di sganciarsi completamente dalle loro responsabilità”.

Fili spinati e muri non sono la soluzione
Se, infatti, l’Unione Europea è “fondata sulla solidarietà tra gli europei”, il problema dei rifugiati è “una sfida comune che necessita, di conseguenza, di una soluzione europea comune”. “Non dobbiamo accettare che uomini e donne muoiano annegati o asfissiati alle frontiere d’Europa – affermano i presuli – Impedire ai rifugiati di entrare nel continente con fili spinati e muri non è una soluzione”. E per i cristiani, inoltre, “è un dovere venire in aiuto dei rifugiati, quali che siano la loro origine o la loro religione”.

Condanna degli episodi di ostilità nei confronti di rifugiati
I vescovi europei ricordano, inoltre, l’appello lanciato da Papa Francesco all’Angelus del 6 settembre, quando ha esortato le Chiese del Vecchio continente ad accogliere i rifugiati: “Questo appello obbliga la Chiesa in Europa ad agire – sottolineano i presuli – Dobbiamo sentirci toccati dalla sofferenza di queste donne e questi uomini e siamo commossi dalla solidarietà e dalla disponibilità con cui tanti europei, nelle ultime settimane, hanno accolto i rifugiati”. Di qui, il ringraziamento dei presuli a tutti coloro che “si impegnano a far sì che i rifugiati siano ricevuti con umanità, in uno spirito di compassione e carità cristiana”. Al contempo, la Comece si “oppone fermamente” agli episodi di “molestie ed ostilità” nei confronti di chi chiede asilo.

Trovare soluzione comune, come avviene in campo economico
La nota episcopale si conclude con la richiesta esplicita di “una politica comune, a livello europeo, per l’immigrazione e l’asilo” perché “se si è capaci di risolvere le crisi economiche attraverso summit straordinari, giorno e notte, allora deve essere possibile fare lo stesso nel momento in cui sono in gioco i destini di tanti uomini e tante donne”. In fondo, sottolinea la Comece, la questione dei rifugiati “riguarda direttamente i valori ed il futuro dell’Europa”. (A cura di Isabella Piro)

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Appello Chiesa siro-cattolica di Aleppo: "Aiutateci in Siria"

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«Ai miei fedeli non mi stanco mai di dire: “Rimanete. Abbiamo Bisogno di voi!”. Perché se i cristiani lasciano la Siria per questo Paese non c’è più alcuna speranza». Al telefono con Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) da Aleppo, mons. Denys Antoine Chahda esprime preoccupazione per il massiccio esodo di cristiani dalla città. L’arcivescovo siro-cattolico di Aleppo riferisce come negli ultimi giorni un numero crescente di fedeli abbia richiesto il proprio certificato di battesimo al fine di poter emigrare.  Per il presule tale aumento è legato alla grande accoglienza ricevuta dai siriani nei Paesi europei.  «Dopo quattro anni e migliaia di vite spezzate l’Europa apre le sue porte ai siriani – afferma – ma nessuno ci ha mai dato una ragione per restare in Siria».

Senza acqua nè luce, sotto i bombardamenti
Mons. Chahda descrive la tragica situazione di Aleppo, dove da diverse settimane la fornitura idrica e quella dell’energia elettrica sono state interrotte. «È davvero difficile resistere senz’acqua ed elettricità per 24 ore al giorno, mentre le bombe continuano a cadere sulla città e uccidono persone innocenti. Sono ormai più di quattro anni che viviamo questo stesso calvario. La fine della guerra è l’unica salvezza in cui possiamo sperare».

Più della metà dei siro-cattolici ha abbandonato Aleppo
I bombardamenti non hanno risparmiato la cattedrale, né l’arcivescovado siro-cattolico. Mons. Chahda, racconta ad Acs che più della metà della comunità siro-cattolica di Aleppo – che prima del 2011 contava circa 10mila fedeli – ha abbandonato la città, mentre chi è rimasto si sta preparando a partire. «E come la nostra, anche le altre Chiese cristiane assistono impotenti a questa emorragia di fedeli».

Appello alla comunità internazionale: i siriani hanno il diritto di vivere
​Il presule si rivolge dunque alla comunità internazionale affinché intraprenda azioni atte ad aiutare i siriani nel loro Paese. «Stati Uniti e Unione Europea devono agire in Siria, perché qui ci sono milioni di persone, fedeli di ogni religione, che hanno il diritto di vivere. Non sono abbastanza quattro anni di guerra? Per quanto ancora saremo costretti a soffrire?». (M.P.)

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Vescovi scandinavi: valori cristiani e accoglienza. No a xenofobia

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“Noi, vescovi dei Paesi nordici, vogliamo ricordare a tutti i nostri fedeli che abbiamo l’obbligo di vivere in modo consapevole i valori cristiani dell’amore al prossimo e della misericordia e di opporci a ogni forma di razzismo, xenofobia e discriminazione”: così si legge nella “lettera pastorale sulla situazione attuale dei rifugiati” che la Conferenza episcopale dei Paesi scandinavi ha pubblicato all’indomani della sua plenaria. Verrà letta in tutte le chiese di Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda domenica prossima 13 settembre. 

I vescovi chiedono  tolleranza, rispetto dei diritti dell’uomo e amore al prossimo
Riferendosi alle persone che “dall’estero affluiscono nei nostri Paesi alla ricerca di sicurezza, pace e un luogo in cui poter vivere” - riferisce l'agenzia Sir - i vescovi testimoniano da un lato “la grande disponibilità ad aiutare nei popoli dei nostri Paesi” non solo materialmente, ma con ogni forma di aiuti all’integrazione. Per altro verso “constatano che le tendenze razziste e xenofobe si sono rafforzate nelle nostre società, in particolare nei social media”. Mentre “molti nostri politici cercano le possibilità per aiutare queste persone e ripartire equamente i rifugiati, in modo che tutti i Paesi diano il loro contributo“, per i vescovi in questa situazione è opportuno “dare una forte testimonianza di fede”: ciò significa che per “noi cristiani” il compito è di “impegnarsi per la tolleranza e il rispetto, i diritti dell’uomo e l’amore al prossimo, aldilà dei confini di religione, lingua e razza”. (R.P.)

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Schönborn a Civiltà Cattolica: accompagnare famiglie ferite

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Con il cammino sinodale sulla famiglia, Papa Francesco ha voluto “innanzitutto incoraggiarci a guardare la bellezza e l’importanza vitale del matrimonio e della famiglia con lo sguardo del Buon Pastore che si fa vicino a ognuno”. E’ uno dei passaggi della lunga intervista rilasciata dal card. Christoph Schönborn al direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, e pubblicata sull’ultimo numero della rivista dei gesuiti con il titolo “Matrimonio e conversione pastorale”. L’arcivescovo di Vienna sottolinea che rispetto alla realtà familiare non bisogna avere “uno sguardo critico che sottolinea ogni mancanza, ma uno sguardo benevolo che vede quanta buona volontà e quanti sforzi esistono, pur in mezzo a molte sofferenze”. E questo perché, “nonostante tutte le crisi, tutte le ideologie che occorre denunciare e chiamare in modo chiaro per nome, malgrado tutto ciò, il matrimonio e la famiglia restano la cellula fondamentale della vita umana e della società”.

Accompagnare le famiglie ferite senza paura
“La sfida che ci lancia Papa Francesco – afferma poi il porporato austriaco – è di credere che, dotati di questo coraggio che ci viene dalla semplice vicinanza, dalla realtà quotidiana della gente, noi non ci allontaniamo dalla dottrina. Non rischiamo di diluire la sua chiarezza camminando con le persone, perché noi stessi siamo chiamati a camminare nella fede”. E osserva che troppo spesso teologi e pastori dimenticano che “la vita umana si svolge nelle condizioni poste da una società”, “in un quadro storico”. “In fondo – riprende – ci viene chiesto un atto di fede: avvicinarci, come Gesù, alla folla variegata senza avere paura di essere toccati”.

Anche da famiglie “irregolari” possiamo imparare qualcosa
Riguardo quindi alle famiglie in situazioni irregolari, il card. Schönborn sottolinea che esistono “cammini di guarigione, di approfondimento, cammini in cui la legge è vissuta passo dopo passo”. Papa Francesco, ribadisce il porporato, chiede a tutti i pastori di accompagnare le persone “che sono in situazioni matrimoniali irregolari”. Tanti, osserva, “aspettano soluzioni generali mentre l’atteggiamento del Buon Pastore è innanzitutto quello di accompagnare le persone che vivono un divorzio e un nuovo matrimonio nelle loro situazioni personali”. “Innanzitutto – riprende – bisogna osservare prima di giudicare”. Inoltre, soggiunge, “bisogna sempre vedere anche quello che c’è di positivo, persino nelle situazioni più difficili”. “So di scandalizzare qualcuno dicendo questo – afferma il cardinale Schönborn – ma si può sempre imparare qualche cosa dalle persone che oggettivamente vivono in situazioni irregolari. Papa Francesco vuole educarci a questo”.

No a “matrimoni gay”, ma rispettare persone omosessuali
L’arcivescovo di Vienna risponde infine sulle persone con orientamento omosessuale. Per il card. Schönborn “si può e si deve rispettare la decisione di creare un’unione con una persona dello stesso sesso”, ma “se ci viene chiesto, se si esige che la Chiesa dica che questo è un matrimonio, ebbene dobbiamo dire: non possumus”. Ciò prosegue, “non è una discriminazione delle persone: distinguere non vuol dire discriminare. Questo non impedisce assolutamente di avere un grande rispetto, un’amicizia, o una collaborazione con coppie che vivono questo genere di unione, e soprattutto di non disprezzarle”. (A cura di Alessandro Gisotti)

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Card. Nichols: “grazie” a Elisabetta II per la testimonianza di fede

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Un omaggio alla fede cristiana di Elisabetta II, che ieri pomeriggio è divenuta la più longeva regnante sul trono britannico, superando la sua antenata Vittoria. Lo ha espresso il card. Vincent Nichols, primate di Inghilterra e Galles, in un messaggio di auguri inviato alla regina per i suoi 63 anni di regno. “La vostra vocazione, come regina, è stata generosa in tutti questi anni”, scrive il primate cattolico. “Il peso di questo impegno pubblico cadde sulle vostre spalle a un’età giovane e, tuttavia, attraverso le molte e svariate circostanze del vostro regno, avete dimostrato di tenere soprattutto all’integrità del vostra vocazione e ad essere un esempio per altri capi di Stato e leader di nazioni”. 

Il card. Nichols ringrazia la regina per la sua fede cristiana
Il porporato - riferisce l'agenzia Sir - ringrazia la sovrana per la sua fede cristiana che le ha guadagnato “la grande lealtà e la gratitudine di tutta la comunità cattolica di Inghilterra e Galles”. “Vi ringraziamo per l’incrollabile insistenza con la quale avete sottolineato l’importanza della fede cristiana”, prosegue Nichols, “sia con le parole che con l’esempio, insieme alla valorizzazione del contributo di altre religioni presenti nella nostra ricca e varia società”. E, in conclusione, la speranza, che, grazie alla testimonianza della regina, il cristianesimo “continui a ottenere rispetto in un Paese arricchito dalla presenza di molte fedi e culture”. (R.P.)

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Nigeria: rapito un altro sacerdote, ancora un agguato di religiosi

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Un padre nigeriano spiritano (Congregazione dello Spirito Santo), padre Gabriel Oyaka, è stato rapito il 7 settembre nello Stato di Kogi. Il religioso - riporta l'agenzia Fides - stava percorrendo con la sua automobile la strada Okene-Auchi, mentre si recava dalla capitale federale, Abuja, a Onitsha, nello Stato di Anambra, quando è stato bloccato da alcuni banditi armati. Secondo la stampa nigeriana i rapitori si sarebbero messi in contatto con la famiglia del sacerdote, probabilmente per chiedere un riscatto.

Negli ultimi mesi diversi sacerdoti sono stati rapiti o uccisi in agguati stradali
Il 15 agosto un padre clarettiano (Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria) padre Dennis Osuagwu, era stato assassinato a Nekede. L’8 giugno era stato rapito Emmanuel Akingbade, parroco di San Benedetto d’Ido-Elkit (nel sud-ovest della Nigeria), poi liberato il 16 giugno. Il 1° giugno era stato ucciso, insieme al fratello don Goodwill Onyeka, in una rapina lungo la strada Owo-Oba-Akoko, nello stato di Ondo, nel sud della Nigeria. Il 4 maggio era stato rapito padre Innocent Umor, parroco Ikanepo, nella diocesi di Idah, nello Stato di Kogi, nel centro sud della Nigeria. Il sacerdote è stato liberato due giorni più tardi. (L.M.)

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Nigeria: a Lagos nasce il social network “Catholic Agorà”

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Si chiama “The Catholic Agorà” ed è il primo social media privato cattolico della Nigeria e di tutta l’Africa. A lanciarlo, recentemente, è stata l’arcidiocesi di Lagos, retta da mons. Alfred Adewale Martins. Il mass media è raggiungibile tramite il sito web www.Catholicagora.org ed ha anche una pagina Facebook corrispondente. “Catholic Agorà – si legge sul sito – è uno spazio pubblico nel quale i fedeli cattolici possono condividere, discutere, imparare e diffondere i temi principali relativi alla fede cattolica”.

Social media siano al servizio dell’evangelizzazione
Presentando il social media alla stampa, mons. Martins ne ha evidenziato l’importanza, legandola però ad un suo utilizzo positivo, in favore della missione evangelizzatrice della Chiesa. Di qui, l’esortazione rivolta dal presule alle istituzioni, sia ecclesiali che laiche, affinché collaborino nel campo dell’informazione mediatica, tenendo conto della centralità delle nuove forme tecnologiche della comunicazione.

L’importanza delle università per la creazione dei valori
​Dall’arcivescovo di Lagos il richiamo anche all’importanza della locale Università Sant’Agostino la quale “intende creare valori utili alla società, offrendo programmi educativi di livello superiore, proposti con integrità ed affidabilità”. L’Ateneo “contribuirà a soddisfare le esigenze di sviluppo personale, sociale ed economico dei nigeriani e di tutta la nazione”, ha concluso il presule. L’anno accademico dell’Università verrà inaugurato ufficialmente il prossimo 23 ottobre. (I.P.)

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Myanmar: la Chiesa in campo per gli sfollati

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Governo birmano e rappresentanti delle minoranze etniche riprendono i colloqui in vista della tanto attesa firma per un cessate il fuoco, mentre la situazione dei profughi nelle aree teatro del conflitto - in particolare i territori Kachin e Shan - continua a peggiorare. Preoccupa soprattutto il taglio nei fondi destinati agli sfollati che, da anni ormai, vivono in centri di accoglienza in condizioni disperate. Anche la Chiesa birmana, in prima fila nell’opera di assistenza e aiuto attraverso la Caritas locale, parla di realtà “critica”; attraverso il vescovo di Bhamo mons. Raymond Sumlut Gam, presidente di Caritas Myanmar, lancia appelli per un “aiuto concreto” alle agenzie internazionali, alle persone di buona volontà e ai cattolici di tutto il mondo.

Caritas birmana presta assistenza ad almeno il 75% degli sfollati
Il prolungarsi del conflitto - riferisce l'agenzia Asianews - ha causato una vera e propria emergenza nella regione Kachin e nella parte settentrionale dello Stato Shan. Nelle aree interessate dal conflitto il governo impedisce l’ingresso degli operatori umanitari, in particolare nello Stato Kachin nei settori controllati dalle milizie locali Kia (Kachin Independence Army). Dall’inizio della guerra la Caritas birmana (Kmss) presta assistenza ad almeno il 75% degli sfollati sparse nelle due regioni e fornisce cibo in oltre 40 Centri (e 40mila persone) sotto il controllo del Kachin Independence Organization (Kio).

A rischio sicurezza alimentare per piogge, combattimenti e taglio dei fondi
In un’intervista al quotidiano birmano Irrawaddy del giugno scorso, padre Paul Awng Dang direttore di Kmss Bhamo, spiegava che la stagione delle piogge ha creato gravi ostacoli e ha distrutto molti degli alloggi temporanei usati dai rifugiati. I frequenti combattimenti hanno reso ancor più insicura l’area; da ultimo, il taglio dei fondi stanziati dai Paesi donatori - a causa del prolungarsi del conflitto oltre le previsioni iniziali - hanno portato a una riduzione del 20% delle risorse a disposizione. Sono calate anche le distribuzioni nelle zone controllate dal governo ed è “a rischio”, conclude padre Paul, la “sicurezza alimentare degli sfollati interni”.

E' anche emergenza educativa
All’emergenza alimentare si unisce anche il problema educativo, con circa 15mila bambini e ragazzi con “accesso limitato” alle scuole e alle strutture educative nella regione governata dal Kio. Inoltre, da più di quattro anni gli alunni che escono dagli istituti superiori della zona non possono sostenere gli esami di ingresso nelle università del Paese. Come conseguenza, per quasi 1500 giovani sfollati il sogno di una “istruzione di livello superiore è andata in fumo”.

Programma globale di raccolta fondi di Caritas Internationalis
Come riferisce la signora Rose Mary, responsabile del settore emergenze della Kmss nazionale, fra i primi a rispondere all’appello lanciato dal vescovo di Bhamo vi sono i vertici della Caritas Internationalis con un programma globale di raccolta fondi per i Kachin. Del resto il numero degli sfollati cresce ogni giorno di più, così come proseguono i combattimenti a fuoco fra esercito e milizie ribelli. Se non si raggiunge un accordo di pace, avverte, la situazione è destinata a prolungarsi con effetti devastanti. (L.G.J.)

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Regno Unito: Domenica delle missioni sul tema della misericordia

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Sarà dedicato alla misericordia la prossima  “Home Mission Sunday”, la Domenica per le missioni, che la Chiesa britannica celebra annualmente alla fine di settembre per promuovere  l’evangelizzazione. 'Proclaim God’s Mercy’ (Annunciare la Misericordia di Dio) è infatti il tema scelto per la Giornata, che quest’anno cade il 20 settembre, con lo sguardo rivolto al prossimo Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. 

La centralità dell’annuncio della Misericordia di Dio nell’evangelizzazione
In un messaggio per l’occasione, i vescovi dell’Inghilterra e del Galles ricordano la centralità dell’annuncio della misericordia di Dio nell’evangelizzazione, citando le parole della Bolla di indizione del Giubileo “Misericordiae Vultus”.  “La nostra risposta all’invito di Papa Francesco - scrivono i presuli - è di fare di questo annuncio una priorità nel nostro lavoro, soprattutto durante l’anno giubilare”. La chiave per un annuncio efficace, sottolinea quindi il messaggio, “è essere pronti a vivere costantemente con la presenza di Dio, sapendo che Egli non distoglie mai i suoi occhi da noi, non per cacciarci, ma perché ci ama. La costante consapevolezza del Suo sguardo amorevole e della Sua misericordia ed incoraggiamento ci consente,  infatti, “di guardare gli altri alla stessa maniera”.

Fare sentire la Misericordia di Dio a chi si è allontanato dalla fede
Da questa consapevolezza che costituisce la premessa fondamentale dell’evangelizzazione – proseguono i vescovi inglesi e gallesi – discendono “i passi successivi: la possibilità di parlare della nostra fede; la traduzione di questo amore in opere a favore dei più bisognosi; la cura amorevole di coloro che sono stati feriti dalla vita e nella Chiesa e per i quali il ritorno alla pratica della fede è particolarmente difficile”. Evangelizzare dunque significa “accompagnare gli altri con l’amicizia, la preghiera e il dialogo perché possano sentire attraverso di noi l’accoglienza che Dio rivolge anche a loro”. Questo sforzo evangelizzatore - sottolinea in conclusione il messaggio – non richiede gesti complicati o eroici”, perché “come ci ricorda Maria, attraverso le nostre umili azioni il Signore può fare grandi cose”.

Dal 20 settembre on-line altri materiali sulla nuova evangelizzazione
Come ogni anno, la Conferenza episcopale inglese e gallese (Cbcew) ha messo a disposizione diverso materiale informativo e sussidi liturgici sulla Home Mission  Sunday e ha invitato le parrocchie ad organizzare una speciale colletta per finanziare le iniziative di evangelizzazione. Per l’occasione saranno messi on-line altri materiali sulla nuova evangelizzazione. Tra questi registrazioni degli interventi e dei seminari della prima Conferenza nazionale sulla nuova evangelizzazione, organizzata l’11 luglio scorso a Birmingham nell’ambito “Proclaim 15” (“Annunciare 2015”), il progetto missionario lanciato quest’anno dalla Cbcew per sostenere, ispirare e incoraggiare le parrocchie del Regno Unito ad un’evangelizzazione più “creativa”, come auspicato da Papa Francesco. Articolata in undici workshop, la conferenza ha riflettuto, grazie a numerose testimonianze dirette, su come evangelizzare, con modalità e metodi nuovi, per rendere più efficace la missione della Chiesa  in una delle società più secolarizzate del mondo. (L.Z.)

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Canada: 26-27 settembre colletta per necessità della Chiesa

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Si terrà il 26 e 27 settembre la colletta annuale per le necessità della Chiesa canadese: si tratta di “un’occasione – scrive in una lettera il presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Paul-André Durocher – che permette ai fedeli di contribuire alla causa del Vangelo”, soprattutto in alcuni settori: “Educazione alla fede, dottrina, dialogo ecumenico ed interreligioso, rapporti con i popoli autoctoni, giustizia sociale, sviluppo di una cultura della vita e della famiglia”.

Incontro mondiale delle famiglie e Sinodo, focus della colletta
Ma la colletta 2015 servirà anche ad aiutare le tante famiglie che si recheranno a Philadelphia, negli Stati Uniti, per l’Incontro mondiale loro dedicato e che vedrà la partecipazione di Papa Francesco proprio nei giorni 26 e 27 settembre. Non solo: il 4 ottobre avrà inizio il 14.mo Sinodo generale ordinario sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”: “Questa doppia coincidenza – sottolinea mons. Durocher – ci ricorda l’importanza delle famiglia nella missione della Chiesa e l’impegno della Chiesa stessa con tutte le famiglie”.

Appello ai fedeli: sostenere la Chiesa con generosità
Di qui, l’auspicio affinché tutti i fedeli canadesi “assicurino il successo di questa colletta, attraverso la loro solidarietà”. Infine, il presidente dei vescovi di Ottawa guarda al Giubileo straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco per il periodo 8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016 ed invita i fedeli a sostenere la Chiesa con generosità. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 253

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.