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Sommario del 31/10/2015
- Francesco: senza lavoro non c'è dignità, tutelare giovani e madri
- Abete (Ucid): etica è fondamentale, altrimenti aziende soffrono
- Il Papa parla con il presidente della Macedonia del dramma dei profughi
- Tweet: la vanità non solo ci porta lontano da Dio, ci rende ridicoli
- Altre udienze e nomine
- Beatificata Madre Teresa Casini, fondò Oblate Sacro Cuore Gesù
- Mons. Auza: diritto alla vita e libertà religiosa sempre più violati
- Santa Sede: garantire esistenza e diritti minoranze nazionali
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Aereo russo precipita nel Sinai: morte 224 persone
- Save the Children: in due mesi 80 bimbi scomparsi nell'Egeo
- Vertice Vienna sulla Siria: Onu per elezioni e nuova Costituzione
- Commissario Tronca a Roma. Giovagnoli: rivitalizzare tessuto sociale
- A Roma la Filarmonica delle Nazioni e il suo messaggio di pace
- Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
- I vescovi francesi: accogliere migranti con spirito d’amore
- Vescovi scozzesi preoccupati per tagli al sistema dei benefit
- 230 Organizzazioni cattoliche mondiali lanciano Mese del clima
- Kenya: “carovana dalla pace” per accogliere Papa Francesco
- Successo della Lev a Pordenone. Lectio magistralis del card. Ravasi
Francesco: senza lavoro non c'è dignità, tutelare giovani e madri
La persona sia sempre al centro dell’economia. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto ai membri dell’Ucid, l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, ricevuti in Vaticano. Il Pontefice ha sottolineato che l’economia ha bisogno dell’etica per un corretto funzionamento e ha chiesto che si favorisca l’armonizzazione tra lavoro e famiglia, con un pensiero particolare alla tutela della maternità. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Anche un’impresa può diventare luogo di “santificazione” impegnandosi a costruire “rapporti fraterni” tra chi lavora. Papa Francesco lo sottolinea parlando agli imprenditori e dirigenti cristiani riuniti nell’Ucid e subito li esorta ad essere “artefici dello sviluppo per il bene comune”.
Favorire armonia tra lavoro e famiglia, tutelare le madri lavoratrici
In particolare, ha detto il Pontefice, siete chiamati ad approfondire il “Magistero sociale della Chiesa” e sviluppare nella vocazione imprenditoriale lo spirito proprio della “missionarietà laicale”:
“È decisivo avere una speciale attenzione per la qualità della vita lavorativa dei dipendenti, che sono la risorsa più preziosa di un’impresa; in particolare per favorire l’armonizzazione tra lavoro e famiglia. Penso in modo particolare alle lavoratrici: la sfida è tutelare al tempo stesso sia il loro diritto ad un lavoro pienamente riconosciuto sia la loro vocazione alla maternità e alla presenza in famiglia. Quante volte, quante volte abbiamo sentito che una donna va dal capo e dice: 'Devo dirle che sono incinta' - 'Dalla fine del mese non lavori più!'. La donna deve essere custodita, aiutata in questo doppio lavoro: il diritto di lavorare e il diritto della maternità".
Qualificante, ha soggiunto, “è anche la responsabilità delle imprese per la difesa e la cura del creato”. Questa chiamata ad essere missionari della “dimensione sociale del Vangelo nel mondo difficile e complesso del lavoro”, ha proseguito, “comporta anche un’apertura e una vicinanza evangelica alle diverse situazioni di povertà e di fragilità”.
Non basta fare assistenza, creare opportunità di lavoro per i giovani
Anche qui, ha detto, si tratta di avere un atteggiamento, uno stile “con cui portare avanti i programmi di promozione e assistenza”. “Ma - ha avvertito - non basta fare assistenza, fare un po’ di beneficenza. È necessario orientare l’attività economica in senso evangelico, cioè al servizio della persona e del bene comune". In questa prospettiva, ha detto, vanno affrontate "insieme le sfide etiche e di mercato, prima fra tutte la sfida di creare buone opportunità" di occupazione. Quindi, a braccio, ha nuovamente espresso la sua preoccupazione per i tanti giovani che non hanno un lavoro:
"Pensate ai giovani, credo che il 40 per cento dei giovani qui oggi sono senza lavoro. In un altro Paese vicino, il 47 per cento in un altro Paese vicino, più del 50. Pensate ai giovani, ma siate creativi nel fare fonti di lavoro che vadano avanti e diano lavoro, perché chi non ha lavoro non solo non porta il pane a casa ma perde la dignità!"
Per funzionare, l'economia ha bisogno dell’etica
L’impresa, ha detto ancora, “è un bene di interesse comune”. Per quanto essa sia un bene di “proprietà e a gestione privata – ha rilevato – per il semplice fatto che persegue obiettivi di interesse” generale, “andrebbe tutelata in quanto bene in sé”:
“L’economia e l’impresa hanno bisogno dell’etica per il loro corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica che ponga al centro la persona e la comunità. Oggi rinnovo a voi il mandato di impegnarvi insieme per questa finalità; e porterete frutti nella misura in cui il Vangelo sarà vivo e presente nei vostri cuori, nella vostra mente e nelle vostre azioni”.
Abete (Ucid): etica è fondamentale, altrimenti aziende soffrono
All’Ucid il Papa ha ricordato che “l'impresa è un bene di interesse comune”. Oggi le aziende vedono la ripresa, ma negli anni della crisi, soprattutto quelle a conduzione familiare, hanno visto un’emorragia di posti di lavoro. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Ucid Giancarlo Abete:
R. – Oggi c’è una ripresa che è data da informazioni e statistiche che sono veritiere. Quindi una certa ripresa occupazionale col Jobs Act, una situazione di recupero di posizioni in termini di competitività imprenditoriale dell’Italia rispetto ad altri Paesi. Ma il percorso è molto lungo perché naturalmente 7 anni hanno lasciato solchi profondi all’interno del tessuto occupazionale e produttivo del nostro Paese.
D. - Il Papa ha chiesto anche più etica. Deve cambiare, secondo lei, anche l’atteggiamento di alcuni imprenditori che forse cercano delle scorciatoie per fare business?
R. – Certamente, perché l’etica è fondamentale, non soltanto come valore in sé ma è funzionale anche allo sviluppo dell’impresa. Oggi siamo di fronte ad imprese che hanno un rapporto con il mercato costante. I consumatori, gli stakeholder, sono necessari per il successo dell’impresa, quindi trasferire dei messaggi di comportamenti impropri, come è avvenuto recentemente in Germania, significa rompere questo patto fiduciario con i consumatori e di fatto generare un danno enorme per l’impresa stessa.
D. – Lei è anche un imprenditore romano. Roma sta vivendo una vera bufera politica, tra poco arriverà il commissario, che cosa si aspetta per i prossimi mesi, fondamentali anche in vista del Giubileo?
R. – Il ceto dirigente della nostra città sembra allontanare il proprio impegno in politica, nel senso che ovviamente al di là delle qualità del sindaco o dell’assessore su cui ognuno di noi può avere posizioni anche differenziate, quello che si nota è che c’è - e peraltro non si nota a Roma ma in generale, in tante realtà del nostro Paese - una discesa sul livello qualitativo sul versante del ceto dirigente politico. Quindi naturalmente c’è quasi da parte di molti una rinuncia a entrare nell’agone politico perché il livello di immagine che oggi la politica ha a livello locale ma anche a livello nazionale è sceso. Quindi bisogna riprendere il percorso di un impegno da cristiani, bisogna capire che la politica è necessaria, è anche utile se fatta in un certo modo, e bisogna recuperare una dimensione di servizio che probabilmente tanti ceti dirigenziali della nostra città hanno perduto.
D. – Dunque professionalità e moralità allo stesso tempo per questa città?
R. – La professionalità è fondamentale in sistemi complessi come quello italiano e una realtà come quella di Roma. Moralità perché naturalmente si è riferimento in termini di leadership e di coesione sociale soltanto se si ha il riconoscimento da parte dei cittadini di un alto livello di moralità.
Il Papa parla con il presidente della Macedonia del dramma dei profughi
Papa Francesco ha ricevuto nel Palazzo Apostolico Vaticano il presidente della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, Gjorge Ivanov, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
“Nel corso dei colloqui, svoltisi in un clima di cordialità - riferisce la Sala Stampa vaticana - è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni bilaterali e l’auspicio che possano realizzarsi le aspirazioni e i crescenti sforzi del Paese per far parte dell’Europa unita. Sono stati presi in considerazione, poi, alcuni temi di politica internazionale, soffermandosi sull’attuale contesto globale, anche in relazione alle persistenti difficoltà di natura economica e sociale, e sulla necessità di un impegno condiviso per offrire assistenza al gran numero di profughi in arrivo nella Regione. Infine, è stata rilevata l’importanza di favorire sempre più il dialogo e la convivenza tra le varie realtà etniche e religiose della ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia”.
Tweet: la vanità non solo ci porta lontano da Dio, ci rende ridicoli
Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet dall’account @Pontifex: “La vanità non solo ci porta lontano da Dio: ci rende ridicoli”.
Papa Francesco ha ricevuto questa mattina il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della diocesi di Elbląg (Polonia), presentata da S.E. Mons. Józef Wysocki, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Il Papa ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia di Nyíregyháza (Ungheria) per i Cattolici di rito bizantino, senza carattere episcopale, ma con deroga al can. 164 CCEO, per la sua partecipazione al Consiglio dei Gerarchi, il Rev. P. Ábel Szocska, OSBM. Il Rev.do P. Ábel Szocska è nato il 21 settembre 1972 a Vinohradiu, Nagyszölös (Ucraina, regione Transcarpatica). Ha compiuto gli studi elementari in Ucraina e quelli teologici a Budapest presso l'Istituto Teologico degli Ordini Religiosi. Entrato nell'Ordine di San Basilio Magno nel 1996, il 30 settembre 2001 è stato ordinato sacerdote; il 16 febbraio 2008 è stato eletto Superiore Provinciale dei Padri Basiliani in Ungheria, poi nominato parroco a Mariapòcs, finora Protosincello dell'Eparchia di Miskolc.
Il Santo Padre ha concesso il Suo Assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Maronita, riunitosi dal 10 al 14 marzo 2015, del Rev.do Joseph Tobji, finora Parroco di Nostra Signora di Kafroun (Siria), ad Arcivescovo di Aleppo dei Maroniti (Siria). Il Rev.do Joseph Tobji è nato il 28 marzo 1971. Dopo aver terminato le scuole primarie e secondarie ad Aleppo, ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Pontificia Università Urbaniana (1990-95). Ha conseguito la licenza in Diritto Canonico nel 1998 presso il Pontificio Istituto Orientale. Ordinato presbitero per l’Arcieparchia di Aleppo il 16 marzo 1996, è stato Cappellano di vari movimenti, Parroco della Cattedrale Sant’Elia di Aleppo e, in seguito, della Chiesa di Nostra Signora di Kafroun nel 2014. Inoltre, ha svolto diversi incarichi nei Tribunali ecclesiastici: Promotore di Giustizia e Difensore del Vincolo presso il Tribunale Ecclesiastico di prima istanza (2002 - 2014); Giudice, Promotore di Giustizia e Difensore del Vincolo del Tribunale d’Appello delle Chiese Melkita, Sira e Armena; Giudice del Tribunale di terza istanza per certe cause della Chiesa Melkita. Attualmente è Segretario dell’Assemblea dei Vescovi Cattolici. Oltre all’arabo, conosce il francese, l’italiano, l’inglese, il siriaco e il latino.
Beatificata Madre Teresa Casini, fondò Oblate Sacro Cuore Gesù
È stata beatificata questa mattina nella Cattedrale di San Pietro Apostolo a Frascati, Madre Maria Teresa Casini, fondatrice delle Oblate del Sacro Cuore di Gesù, dedite all’educazione dei giovani e oggi presenti nei cinque continenti. In rappresentanza di Papa Francesco, c’era il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato. Il servizio di Roberta Barbi:
“Madre, sono entrata con l’idea di farmi Santa, quindi mi metto nelle sue mani”. Così la giovane Teresa si rivolge alla superiora delle Clarisse di San Pietro in Vincoli, abbracciando la vita di clausura. Aveva faticato a realizzare la sua vocazione, perché la madre, alta borghese di origini francesi, voleva indirizzarla verso un buon matrimonio. Era suo padre, morto quando lei aveva appena dieci anni, che l’aveva educata alla fede e l’aveva spinta verso Gesù, come ricorda il cardinale Amato:
“Il genitore, ingegnere, era un uomo pio e devoto alla Chiesa. Il giorno del battesimo della bambina invitò i poveri della città, ai quali elargì una generosa elemosina di denaro. Si adoperò poi a formare cristianamente la fanciulla. L'accompagnava in chiesa a pregare. Le dava in mano dei soldi da consegnare ai poveri. Questo gesto di carità rimase per sempre impresso nella memoria di Teresa, che, crescendo, diventò sempre più generosa verso i bisognosi ai quali dava quanto aveva di suo, in silenzio e con discrezione”.
Il noviziato di Teresa fu particolare: abbandonata la clausura per motivi di salute, il suo padre spirituale, l’abate Pellegrini, le trovò un gruppo di donne in cui poteva vivere momentaneamente da laica consacrata in una casa privata, praticando le preghiere. Obbedì, come sempre faceva, certa che quello che non viene da Dio non dura a lungo, mentre quello che è conforme alla sua volontà presto o tardi emerge con chiarezza. Divenne poi, l’animatrice di un gruppo di donne che scelsero di sottrarsi al mondo e chiamarsi le “Vittime del Sacro Cuore”. Teresa, infatti, meditava sempre più spesso la Passione del Signore, le sofferenze del Suo Cuore trafitto dai peccati degli uomini. Da piccola suora che era, non poteva che pregare e cercare di farsi carico di un po’ di quelle sofferenze, cercando di portare a Lui nuove anime. Così, nel 1910, le religiose abbandonarono la clausura per l’apostolato attivo e divennero le Oblate del Sacro Cuore di Gesù. La loro missione principale fu quella di curare il fiorire delle vocazioni tra i fanciulli, perciò nacquero i Piccoli Amici di Gesù, come sottolinea il cardinale Amato:
“«Dare alla Chiesa santi sacerdoti» fu la ragione del suo apostolato e della sua coraggiosa e profetica pedagogia vocazionale. Da questa sua intuizione nacquero i preseminari e i collegi dei Piccoli Amici di Gesù, con lo scopo di preservare e coltivare la vocazione di quei fanciulli, che il Signore chiamava al suo servizio”.
Oggi le Oblate sono presenti in tutto il mondo, con le loro opere educative in favore dei poveri e delle giovani donne, prestano servizio negli orfanotrofi e nelle parrocchie, si prendono cura dei sacerdoti anziani e malati. Madre Teresa non vide tutto questo; non riuscì neppure a veder diventare sacerdote il primo bambino che preparò al seminario perché morì nel 1937, un anno prima che egli prendesse i voti e celebrasse la sua prima Messa. Ma il suo immenso carisma parla ancora a tutti noi e in modo speciale, proprio come una Madre, alle sue figlie. Cosa direbbe loro oggi? Ci risponde il cardinale Amato:
“Credo che le inviterebbe a perseverare nel loro apostolato di educazione e di formazione dei giovani, per un cammino vocazionale, e a promuovere l'Opera dei Piccoli Amici di Gesù. Le chiamerebbe poi a rinnovare il loro impegno di accoglienza e di assistenza ai sacerdoti nelle parrocchie, nei seminari, negli episcopi. Le solleciterebbe, infine, a fondare il loro apostolato sulla spiritualità oblativa, fatta di santità quotidiana, nutrita di preghiera e di sacrificio”.
Mons. Auza: diritto alla vita e libertà religiosa sempre più violati
Un richiamo al diritto alla vita, quale fondamento dei diritti umani, e un appello all’Onu perché promuova e tuteli sempre di più la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. E’ quanto si legge nell’intervento pronunciato dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, mons. Bernardito Auza, in occasione della 70.ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata alla promozione e alla protezione dei diritti umani. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Occorre rinnovare il quadro dei diritti umani ponendo a fondamento di essi il diritto alla vita, quello che il Papa ha definito diritto all'esistenza stessa della natura umana. In tutto il mondo, infatti, tale diritto continua ad essere messo in discussione, ignorato e persino disprezzato, come dimostrano le situazioni terribili cui sono ridotti i più poveri e i più vulnerabili, i nascituri, gli anziani, i disabili, le vittime della guerra e della tratta, i migranti e i rifugiati. E questa spinta al rinnovamento, afferma mons. Auza, deve partire dalla società e dall’inclusione nel concetto di bene comune della tutela e della promozione del diritto alla vita per tutti, che significa non solo protezione giuridico-politica della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, ma anche protezione dell’ambiente e dei bisogni essenziali delle persone come il cibo, l'alloggio, il lavoro, la salute e l'educazione. E’ sbagliato a livello internazionale, sottolinea mons. Auza, dimenticare l’importanza dei diritti umani universali e fondamentali per avanzare "nuove" categorie e definizioni di "diritti". Una "priorità selettiva dei diritti umani e civili" che "offusca spesso le nostre discussioni" e va a scapito, dice il presule, di coloro i cui diritti fondamentali vengono calpestati.
L’osservatore permanente richiama l’attenzione dell’Assemblea anche sulla violazione sempre più frequente del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, che significa libertà di conversione e di professione. Mons. Auza ricorda che sono in costante aumento sia gli atti di violenza commessi in nome della religione sia i "crimini efferati contro la libertà religiosa", come esecuzioni, conversioni forzate, sequestro di beni, "sanzioni" per professare un'altra religione. E a pagare "in modo sproporzionato" sono le minoranze. La responsabilità non è di istituzioni e autorità statali, spiega il presule, che tuttavia richiama "i frequenti fallimenti dei governi, i ritardi e le inadeguatezze" nella lotta contro "attori", che definisce non statali e violenti, chiaramente intenzionati a "distruggere le diversità religiose, culturali ed etniche".
Santa Sede: garantire esistenza e diritti minoranze nazionali
Il primo e ovvio diritto di ogni minoranza nazionale è quello ad esistere. Il secondo è quello di conservare e sviluppare la propria cultura, compresa la propria lingua. Il terzo diritto è quello alla libertà religiosa, applicata ai singoli come alle comunità, che comporta la libertà di culto. E’ stato questo il richiamo di mons. Janusz Urbanczyk, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, intervenuto giovedì scorso a Vienna al Meeting sulla protezione delle minoranze nazionali, a 25 anni dall’adozione del Documento di Copenaghen.
Mons. Urbanczyk ha sottolineato la necessità di garantire alle minoranze nazionali anche una legittima libertà di scambio e di contatto con gruppi con comuni radici, anche se dislocati in altri Paesi. “Né la marginalizzazione né la violenza – sono state le sue parole – rappresentano il giusto percorso per creare condizioni di vera pace, giustizia e stabilità in una società”, tenendo presente le situazioni di sofferenza e di angoscia in cui si trovano alcune minoranze nazionali, che spesso sono all’origine di passiva rassegnazione o al contrario di disordini e ribellioni.
Urbanczyk ha poi ribadito due fondamentali principi: la dignità intrinseca di ogni essere umano, a prescindere dall’identità etnica, culturale, nazionale o religiosa, e il diritto ad una identità collettiva, nonché la pari dignità di ogni comunità, che sia o meno di maggioranza. Il prelato ha ricordato anche i doveri delle minoranza nazionali nei confronti delle società e degli Stati in cui vivono, come quello di lavorare e di promuovere la libertà e la dignità di ciascun membro della minoranza, anche nel caso decidesse di adottare la cultura di maggioranza. Da Copenaghen ad oggi, ha proseguito, le società hanno compiuto grandi progressi, la protezione e la promozione dei diritti delle minoranze nazionali sono fattori essenziali per la democrazia, la pace, la giustizia e la stabilità degli Stati. Garantire quindi la partecipazione delle minoranze alla vita del Paese è un segnale di grande civiltà. Oggi, ha aggiunto, la sfida più importante è quella di assicurare una maggiore integrazione, nelle varie strutture della società, agli emarginati o alle minoranze escluse, come i nomadi.
La Santa Sede, quindi, si sente particolarmente vicina ai Rom e ai Sinti che da tempo hanno uno stabile rapporto con la Chiesa cattolica, come dimostrato dall’udienza di pochi giorni fa di Papa Francesco a un’ampia delegazione di Rom e Sinti provenienti da 30 Paesi. L’auspicio è che gli Stati dell’Osce proseguano nel cammino di garanzia alle minoranze nazionali del pieno godimento dei loro diritti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Al servizio del bene comune: il Papa all'Unione cristiana imprenditori dirigenti.
Punto di partenza: in prima pagina, un editoriale di Gualtiero Bassetti sul sinodo sulla famiglia.
Un articolo di Marco Bellizi dal titolo "All'altezza di Roma": nominato un commissario straordinario per la città.
La Turchia a un bivio: Giuseppe M. Petrone sulle seconde elezioni politiche in meno di cinque mesi.
Da patriarca a sovrano: da Parigi, Luisa Nieddu su Mosè e l'arte occidentale.
Un articolo di Giuseppe Buffon dal titolo "Una donna tra gli indios": francescani e politica al femminile nel XVII secolo.
Sulla traccia dell'umano: il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, sul processo a Gesù.
"Quando verrà questa benedetta pace?": Giovanni Cerro sul libro - ora ristampato - dello storico Roberto Morozzo della Rocca sui cappellani militari e i preti-soldati nella prima guerra mondiale.
Mai professionisti: il vescovo ortodosso Arkadiy Shatov sul ricorrente rischio di snaturare il comandamento della carità.
Aereo russo precipita nel Sinai: morte 224 persone
Nuova tragedia nei cieli. L'Airbus A320 della compagnia Kogalymavia, decollato da Sharm el-Sheikh si è schiantato a terra nel Sinai centrale: nessun superstite tra i 217 passeggeri a bordo, dei quali 17 bambini, più 7 membri dell'equipaggio. Il volo era diretto a San Pietroburgo. Il presidente russo Putin ha dichiarato lutto nazionale. Poco fa, dal canto suo, l'Is ha rivendicato l'abbattimento del velivolo. Il servizio di Cecilia Seppia:
Paura, giallo per alcuni minuti con notizie contraddittorie, poi l’annuncio dell’agenzia di Mosca Itar Tass e a ruota la conferma del governo egiziano: è precipitato nel Sinai centrale l’aereo russo con 224 passeggeri a bordo, per lo più turisti di ritorno da una vacanza sul Mar Rosso, del quale si erano perse le tracce intorno alle 8 del mattino. Secondo funzionari egiziani non ci sono sopravvissuti come si ipotizzava in un primo momento per le voci di lamenti provenienti dalle lamiere. 100 finora i corpi recuperati, tra cui quelli di 17 bambini. Tra le vittime anche i 7 membri dell’equipaggio. Difficile ricostruire la dinamica: poco dopo il decollo, dalla cabina di pilotaggio era partita una richiesta di atterraggio d’emergenza all’aeroporto di Cipro, poi la perdita di contatti radar che hanno messo in allarme il governo egiziano. Le squadre di ricerca e soccorso subito al lavoro, hanno individuato i resti dell’Airbus A320 della compagnia Kagalymavia, in una zona montuosa, proprio dove l’esercito di Al Sisi combatte contro i miliziani del sedicente Stato Islamico. L’aereo è spezzato in due con la parte posteriore che ha preso fuoco e quella anteriore che si è schiantata contro una roccia. Dal Cairo fonti di sicurezza hanno affermato che il mezzo ha avuto un guasto tecnico, probabilmente un’avaria al motore e hanno escluso qualsiasi tipo di atto terroristico, in attesa di ritrovare la scatola nera.
Save the Children: in due mesi 80 bimbi scomparsi nell'Egeo
Nel dramma senza fine legato all’immigrazione, tra mercoledì scorso ed oggi, le onde del Mar Egeo hanno restituito alle coste greche i corpi di 42 adulti e 27 bambini. Dalla morte del piccolo Aylan Kurdi, due mesi fa, la cui immagine del corpicino sulla spiaggia turca di Bodroum fece il giro del mondo, Save the Children denuncia che sono ben 80 i bambini che sono annegati durante le traversate. Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa della Ong ne ha parlato al microfono di Francesca Di Folco:
R. – Due mesi fa tutto il mondo si è commosso di fronte alle immagini del piccolo Aylan che aveva perso la vita su questa rotta. A due mesi di distanza, questa tragedia continua a ripetersi, e l’arrivo dell’inverno rende la situazione ancora più critica. C'è assolutamente bisogno di un intervento più forte a livello internazionale per scongiurare il ripetersi di queste tragedie.
D. – Per chi riesce a raggiungere incolume le coste c’è comunque “un’emergenza nell’emergenza”: dovrà fronteggiare il problema freddo, non ci sono ripari o cibo a sufficienza…
R. – Noi come “Save the Children” siamo presenti in Grecia, dove cerchiamo di contribuire all'organizzazione dei soccorsi. C’è da dire che la Grecia ha avuto un flusso straordinario di arrivi quest'anno: sono già mezzo milione le persone e i profughi accolti in una realtà che fino allo scorso anno era del tutto impreparata a questo flusso. Quindi, oggi come oggi, anche una volta arrivati in Grecia, questi bambini corrono il rischio di ipotermia perché comincia a fare molto freddo. Hanno difficoltà a ricevere anche gli aiuti primari, quelli fondamentali. Certamente è difficile garantire a tutti i bambini, con un flusso di 800 arrivi al giorno, quella sicurezza che è indispensabile anche una volta che si è arrivati in Europa.
D. – Un’altra crisi riguarda i moltissimi casi di minori non accompagnati: cosa fare per proteggerli?
R. – Noi in Italia abbiamo avuto, e abbiamo, moltissimi minori non accompagnati: minori che fanno il viaggio e arrivano nel nostro Paese senza figure adulte di riferimento. Sono i più vulnerabili – spesso sono adolescenti – si sono indebitati per affrontare un viaggio molto difficile e duro. Quando arrivano in Europa hanno un assoluto bisogno di protezione. Noi, come “Save the Children”, abbiamo chiesto all'Italia una nuova legge sul sistema di accoglienza e protezione, e lo stesso abbiamo fatto a livello europeo. Perché questi ragazzi, poco più che bambini talvolta, che affrontano un viaggio del genere da soli, rischiano una volta giunti in Europa di finire nelle mani dei trafficanti e degli sfruttatori. Quindi è indispensabile avere delle procedure che vanno dall’identificazione all’accoglienza, alla possibilità anche di raggiungere in sicurezza il Paese dove si hanno parenti o familiari. Ancora oggi, purtroppo, una gran parte di questi ragazzi si rende irreperibile e quindi chiaramente preoccupa il fatto che possano facilmente finire in circuiti di sfruttamento.
D. – Le stime parlano chiaro: tra i richiedenti diritto di asilo in Europa, una persona su quattro è un bambino…
R. – Sì, dobbiamo ricordare che interi nuclei familiari si spostano e lasciano il loro Paese costretti dalla guerra e dalle persecuzioni: tra questi ci sono bambini molto piccoli, bambini che nascono anche durante la traversata, perché le famiglie affrontano questi rischi perché ciò che si lasciano alle spalle è ancora più grave e tragico rispetto ai pericoli che pure correranno. Non si tratta di persone che scelgono di partire, ma di persone costrette alla fuga. E di conseguenza i bambini, in queste condizioni, sono sicuramente le prime vittime. Abbiamo bisogno di un’Europa che prenda consapevolezza di tutto questo e che sappia che questi flussi non possono essere gestiti con i muri, con altre chiusure! Bisogna recuperare lo spirito e l’identità europea: che sia un’identità di terra di asilo per persone che fuggono da conflitti e persecuzioni.
Vertice Vienna sulla Siria: Onu per elezioni e nuova Costituzione
Il vertice internazionale che si è tenuto questo venerdì a Vienna sulla Siria chiede l’intervento dell’Onu per nuove elezioni, nessun riferimento esplicito è stato fatto, nel documento finale, sul futuro del presidente Assad. Un testo in nove punti in cui si ribadisce anche che “le istituzioni statali devono rimanere intatte". Massimiliano Menichetti:
"L'Onu convochi il governo siriano e l'opposizione per avviare un processo politico, che porti a una governance credibile e non settaria, seguito da una nuova costituzione e da elezioni”. Lo chiede il documento finale redatto al termine del vertice internazionale che si è tenuto a Vienna tra 17 Paesi, insieme a Onu e Ue, con la partecipazione anche dell’Iran. Un documento in nove punti che vede i siriani primi attori del processo e che non cita mai espressamente il nome del presidente Bashar al Assad, ma sottolinea che “sono fondamentali l'unità della Siria, la sua indipendenza, integrità territoriale e il carattere secolare”. Si ribadisce la necessità che le istituzioni dello Stato restino intatte e che i diritti di tutti i siriani siano protetti senza alcuna distinzione. Imperativo è accelerare gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra e garantire l'accesso umanitario a tutto il territorio e maggior impegno per i rifugiati. Punto nevralgico rimane sconfiggere il terrorismo e individuare le modalità di un cessate il fuoco parallelo al processo politico. Gli attori di Vienna si rivedranno tra sue settimane, sul terreno per ora è ancora violenza: oltre 50 le persone uccise in 24 ore in varie parti del Paese, mentre gli Stati Uniti hanno deciso di inviare un nucleo di forze speciali nel nord della Siria.
Sull'incontro di Vienna e la situazione siriana abbiamo intervistato Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro Studi Internazionali:
R. – Vienna rappresenta un primo passo di dialogo su una questione che ormai va avanti da più di 4 anni, una crisi militare che non vede più solo attori internazionali, milizie dell’insorgenza, ma anche potenze regionali ed ex potenze mondiali impegnate sul campo. Inevitabilmente quindi è necessario un dialogo diplomatico. Tutti gli attori coinvolti vogliono trovare una soluzione, solo che in questo momento tutti partono da posizioni molto distanti.
D. – Sembra che si riparta da zero, che non ci siano state le conferenze di pace Ginevra 1 e Ginevra 2…
R. – Si riparte da zero anche perché Ginevra 1 e Ginevra 2 si sono svolte in un periodo totalmente diverso rispetto all’attuale, dove non vi era un diretto coinvolgimento della Russia, ma anche della stessa Arabia Saudita e se vogliamo c’era un coinvolgimento diverso anche della Turchia, senza parlare degli Stati Uniti. Certo è che quello che già si nota sono le posizioni differenti ad esempio sul futuro di Assad e questo potrebbe essere d’ostacolo al dialogo di pace.
D. – Si chiede all’Onu la convocazione del governo siriano e dell’opposizione per nuove elezioni e la modifica della Costituzione, sarà possibile questa via?
R. – Il problema è sempre qual è l’opposizione siriana. Si era partiti 4, 5 anni fa con il Free syrian army, quindi un’opposizione con caratteri laici forti; adesso ormai la lotta armata al regime è portata avanti soprattutto da gruppi islamisti e jihadisti, senza parlare poi ovviamente dello Stato islamico. Quindi anche la ricerca anche di un dialogo tra le parti siriane è un percorso difficile.
D. – Da una parte si dice: bisogna fermare la guerra; dall’altra parte: bisogna aiutare i profughi e rifugiati. Non si rischia una dichiarazione di intenti difficilmente applicabile sul terreno?
R. – In questo magma diplomatico, la questione dei profughi, la questione umanitaria ne risentono fortemente. Questa emergenza non è nata quest’anno quando abbiamo cominciato a vedere i flussi arrivare in Europa, ma esiste da quattro anni. Il Libano ha al proprio interno più di un milione di profughi siriani. E’ una questione che sta cambiando profondamente anche gli assetti sociali della regione. E come sempre è la popolazione paga queste dinamiche politiche ed in questo contesto è lampante il fatto che a Vienna a parlarne siano state tutte potenze straniere, ma non ci sia stato neanche un soggetto siriano presente.
D. – In questo contesto gli Stati Uniti hanno inviato un nucleo di forze speciali nel nord della Siria e continuano i bombardamenti russi: come si mettono insieme queste due realtà?
R. - La presenza americana è una scelta da parte di Washington di avviare un percorso di presenza sul campo anche per non lasciare troppo spazio alla Russia. Inevitabilmente una presenza americana richiede anche un maggior coordinamento tra Washington e Mosca che finora è totalmente mancato. Dal punto di vista prettamente militare la presenza dei soldati americani è per cercare degli obiettivi da bombardare. Però ripeto politicamente è una presenza significativa perché Washington sottolinea il proprio ruolo nell’area.
Commissario Tronca a Roma. Giovagnoli: rivitalizzare tessuto sociale
All’indomani delle dimissioni dei 26 consiglieri capitolini che hanno fatto decadere il sindaco di Roma, Ignazio Marino, la crisi dell’amministrazione della capitale italiana continua ad essere al centro del dibattito politico. Questa domenica il prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca, entrerà in carica come commissario straordinario del Comune di Roma, mentre nel Pd non si placano le polemiche. Sulla vicenda è intervenuto anche il premier Renzi affermando che “Marino non è vittima di una congiura”. L'ex sindaco afferma: "Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto". Per un commento Marco Guerra ha intervistato Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea alla Cattolica di Milano:
R. – La vicenda Marino certamente si spiega anzitutto con una figura inadeguata, perché estranea, profondamente estranea alla vita della città e che non ha fatto nulla per tutto il suo mandato per recuperare un rapporto vitale con una città che è complessa ma anche ricca di risorse e che certamente lui non ha saputo valorizzare. E intorno a lui c’è stata anche una grande incapacità di tutta una classe dirigente a creare un rapporto vitale tra l’amministrazione pubblica e la città. Quindi c’è questo limite di fondo che mi pare abbia segnato tutta la vicenda.
D. – Ma come si è arrivati a tutto questo?
R. – Io direi che c’è stato un vuoto. Un vuoto anzitutto di presenza nella città, perché è chiaro che c’è una crisi del Partito democratico da cui nasce tutto questo, che è una crisi di assenza di radicamento sul territorio: c’è quindi questo problema di fondo. E poi è mancato, corrispondentemente, un progetto sulla città da parte di una leadership e di una classe dirigente, perché il problema non è solo l’uomo-Marino o il ruolo del sindaco; il problema è “quale” progetto per Roma, una città troppo grande per essere amministrata da un corpo elefantiaco e da una testa che non c’è più! Bisogna ripensare Roma in modo più articolato, dando autonomie ai municipi, rivitalizzando il tessuto sociale di base …
D. – Qual è il problema di questa città che da 20 anni accumula ritardi pesantissimi?
R. – Io non parlerei di ritardi di 20 anni: io direi che i problemi sono emersi in modo più acuto con la giunta Alemanno. Non dimentichiamo che qui sono emersi anche problemi dal punto di vista penale, che poi si riconducono all’inchiesta di “mafia capitale”. Il problema è risolvibile accogliendo l’occasione offerta dalla trasformazione di Roma in città metropolitana, perché questo è il momento per ripensare il futuro di Roma, valorizzando – lo ripeto – tutte le energie di base in un progetto di maggiore articolazione, perché altrimenti questo passaggio diventerà semplicemente un ennesimo passaggio di potere da un gruppo all’altro, una spartizione dei ruoli che non affronta i problemi della città, che non coinvolge la città come invece adesso va fatto per ripensare il suo futuro, coinvolgendo tutte le energie: pubbliche, private, religiose e laiche in un grande sforzo costituente per rilanciare Roma.
D. – Quindi ci vuole un sussulto sia etico che morale, ma anche organizzativo nelle cose pratiche, perché poi abbiamo visto che nella città e nelle periferie il degrado avanza …
R. – Certamente! Un coinvolgimento di risorse morali, ma direi anche di risorse sociali: cioè, in realtà Roma è attraversata da una serie di presenze significative, ma queste presenze non si esprimono per cui è il vuoto che prevale, più che il degrado: il vuoto della periferia in cui poi si innestano strumentalizzazioni come quella che ha fatto CasaPound con gli immigrati e cose di questo genere. Mentre invece rilanciando una presenza sociale, per esempio anche attraverso un impegno delle parrocchie e anche di altri gruppi, questo renderebbe possibile un rilancio di una convivenza operosa e sinergica.
D. – Che prospettive si aprono adesso per Roma?
R. – Io mi auguro che si apra un dibattito, che sia coinvolta la maggior parte non solo delle classi dirigenti ma anche di tutti i gruppi sociali, economici, culturali, religiosi, presenti a Roma, e mi auguro che il clima innestato dal Giubileo della Misericordia faccia guardare avanti, faccia ricordare che Roma resta una grande città, anche dal punto di vista internazionale, che non si tratta di una città qualunque ma di una città speciale che del suo essere speciale, anche per la presenza del Papa, trae energie e possibilità che altre città non hanno.
D. – Ci saranno ripercussioni sull’organizzazione del Giubileo?
R. – Questa crisi potrebbe porre dei problemi nella misura in cui non venga affrontata; ma d’altra parte – ripeto – il Giubileo è un’occasione che dovrebbe servire, dovrebbe essere utilizzata da tutti per rilanciare il futuro della città. Io, comunque, ho fiducia che le autorità – il commissario che è stato nominato, il prefetto – possano affrontare i problemi organizzativi immediati.
A Roma la Filarmonica delle Nazioni e il suo messaggio di pace
Appuntamento speciale questa sera a Roma con la grande musica che crea occasioni di dialogo e pace. A proporlo è il Festival di Musica e Arte sacra con il concerto delle 21 nella Basilica di S. Paolo Fuori le mura. Sul podio il maestro Justus Frantz a dirigere Orchestra e Coro della Filarmonica delle Nazioni, da lui fondata: una formazione che raccoglie musicisti di ogni parte del mondo e di ogni credo politico e religioso. Insieme a loro, il lituano Coro statale di Kaunas, per una serata di beneficenza in favore dei più poveri del mondo. Il servizio di Gabriella Ceraso:
“Vogliamo fare il meglio di quello che sappiamo fare e stiamo lavorando come matti per produrre un concerto meraviglioso…”
A parlare così con noi, mentre finisce di limare il concerto di stasera dedicato a Mahler e a Arvo Pärt, è il maestro Justus Frantz, 71 anni pianista e direttore d’eccezione, ma soprattutto promotore instancabile della musica. La convinzione che fatta insieme, la musica abbia un potere unificante e possa veicolare un messaggio di pace e conoscenza, lo ha portato nel 1995 con l’amico Leonard Bernstein a fondare la Filarmonica delle Nazioni oggi tra le dieci migliori del mondo:
"Il nostro mondo si trova in grande difficoltà e ci troviamo di fronte a possibili catastrofi; proprio ora, dunque pace e comprensione reciproche sono molto importanti. Per questo abbiamo fondato un coro e un’ orchestra che vogliamo siano simboli che arrivano direttamente al cuore, e ci invitano a riflettere.Tra i nostri musicisti ci sono musulmani, ebrei e cristiani; e abbiamo due soliste: una viene dall’Ucraina, l’altra dalla Russia e vogliamo dire che esiste la possibilità, di lavorare insieme e di avere pace, collaborazione, comprensione e armonia tra le Nazioni, tra le religioni".
Emblematico è il programma scelto da Justus Frantz per questa sera: il concerto sarà aperto dall'esecuzione di Fratres di Arvo Pärt nella versione per violino e orchestra, come solista la moglie di Frantz, la violinista russa Ksenia Dubrovskaya. A dominare la serata poi la grandiosa e innovativa seconda sinfonia di Mahler, della Resurrezione, nutrita di lirica popolare e di una spiritualità intensa, che il Maestro spiega così:
“Nella Sinfonia di Mahler è rappresentata l’apocalisse, la fine del mondo, ma anche la salvezza offerta dalla religione, il messaggio sicuro che dopo la morte esiste una possibilità di un’altra vita, di una vita migliore, magari del Paradiso. E questo è esattamente il messaggio della Sinfonia: ci troviamo di fronte a delle catastrofi. Ma se lavoriamo insieme, se viviamo insieme e se ci amiamo, in questo mondo, allora potremo avere un futuro meraviglioso. Mahler – lo sapeva – si convertì al cattolicesimo e volle mostrare il potere della nostra fede, del cristianesimo”.
La serata prevede anche una raccolta fondi grazie alla presenza di Mary's Meals, organizzazione apolitica e aconfessionale il cui obiettivo è offrire ai bambini un pasto completo nelle scuole e nei luoghi di formazione dei paesi più poveri al mondo.
Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
In questa Domenica, solennità di tutti i Santi, la liturgia ci presenta il Vangelo delle Beatitudini. Gesù sale sul monte e così dice ai discepoli:
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”.
Su questa solennità ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:
La Chiesa celebra questa domenica, primo di novembre, la solennità di tutti i Santi, la giornata della santificazione universale. Il grido appassionato di Dio – che risuona già come un ordine dato agli Israeliti: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lev 19,1-2) – attraversa tutta la Scrittura e tutta la storia. La santità di Dio – nella perfetta comunione del Padre, Figlio e Spirito Santo – è racchiusa tutta intera in Gesù di Nazaret. Nel Mistero della sua Pasqua, passione, morte, risurrezione ed ascensione al Cielo, Egli fa dono all’uomo del suo Spirito di Santità che, dalla Pentecoste, rifluisce sulla Chiesa, sull’intero popolo di Dio. Ed in questi venti secoli di storia, la gloria di questa santità costituisce la testimonianza più preziosa, la garanzia più certa della presenza e dell’azione di questo Spirito tra i suoi figli. Se pure tante pagine della sua storia sono state macchiate dalla debolezza, quando non dalla malvagità di figli della Chiesa, a mostrare che il Battesimo non ci strappa magicamente dalla nostra natura umana decaduta, i santi accompagnano ogni giorno di questa storia con la fede, cioè con la fedeltà di Dio, e con la sua carità divina, con la sua “speranza contro ogni speranza”. Ed i poveri in spirito, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace… – delle beatitudini che oggi risuonano nelle parole del Vangelo – sono davvero coloro che, con il loro sangue e spesso nel silenzio più totale, hanno fatto la storia dell’umanità.
I vescovi francesi: accogliere migranti con spirito d’amore
Accogliere i migranti con uno “spirito d’amore”, quale segno di “giustizia” e di “pace”: questo l’appello lanciato ai cattolici dalle 14 organizzazioni caritative riunite nel Consiglio nazionale della solidarietà, organismo appartenente alla Conferenza episcopale francese. L’esortazione è stata diffusa in vista dei 30mila migranti e rifugiati che, secondo gli accordi europei, arriveranno presto in Francia. “Chi non ha nella propria genealogia un antenato proveniente dall’estero? – scrive il Consiglio - Chi può dimenticare che la nazione francese è nata e ancora nasce come frutto di innumerevoli migrazioni?”.
Accompagnare la carità con la promozione della pace e della giustizia
“Dobbiamo accogliere i migranti e i rifugiati - si legge ancora nell’appello - Alcuni di loro continueranno la loro vita in Francia; altri sono abitati dalla speranza di ritornare nel loro Paese. L’accompagnamento che offriamo deve permettere loro di non essere tagliati fuori dalle loro radici e favorire tutte le condizioni che potranno rendere possibile il loro rientro a casa”. Per questo, “la carità deve essere accompagnata da una azione dei governi per ripristinare la giustizia e la pace nei Paesi colpiti da guerra, dittatura o dalla fame”. Nel documento, inoltre, il Consiglio nazionale della solidarietà invita ogni diocesi a promuovere un “coordinamento concordato” delle iniziative per mettere al servizio di ogni famiglia di esuli, una “rete di competenze” che eviti il “sovrapporsi” o la “concorrenza” dei servizi.
Sviluppare maggiore impegno in favore dei migranti e bisognosi
E non solo: le comunità cattoliche vengono esortate a “proseguire e sviluppare il loro impegno al servizio di tutti gli altri migranti e delle persone in situazione di precarietà”. Presieduto da monsignor Jacques Blaquart, vescovo di Orléans, il Consiglio nazionale della solidarietà è composto da presuli, religiosi e laici rappresentanti di organizzazioni attive nel campo della povertà, tra cui Secours catholique, che coordinano l’attività di circa novantamila volontari che quotidianamente operano in favore di quasi due milioni di persone in situazioni di fragilità.
Il 3 novembre, al via Plenaria dei vescovi. In agenda, la crisi dei rifugiati
Da ricordare, infine, che la crisi dei rifugiati e lo “sviluppo di una cultura dell’ospitalità” sarà uno dei temi principali all’esame dell’Assemblea Plenaria dell’episcopato francese, che si riunirà a Lourdes da martedì 3 a domenica 8 novembre. “Siamo pronti ad accogliere i migranti”, ha detto il segretario generale dell’episcopato, monsignor Olivier Ribadeau Dumas, il quale ha reso noto che a seguito dell’appello del Papa, che il 6 settembre scorso ha invitato ogni parrocchia a ospitare almeno una famiglia di profughi, il 95 per cento delle diocesi ha incrementato le attività di accoglienza. (I.P.)
Vescovi scozzesi preoccupati per tagli al sistema dei benefit
“Esorto il governo ad un approccio compassionevole ed umano nella modifica del sistema dei benefit, ricordando sempre che i più vulnerabili della società dipendono molto da essi”: è quanto afferma mons. Philip Tartaglia, arcivescovo di Glasgow e presidente della Conferenza episcopale scozzese. Il presule esprime così la preoccupazione della Chiesa locale per la decisione del governo di tagliare, da aprile 2016, i crediti di imposta.
Aiutare le famiglie a basso reddito
Considerati una sorta di “buono” che il cittadino può vantare nei confronti dello Stato e che quindi può scalare nel momento in cui dovrà pagare le tasse, i crediti di imposta concessi fino ad ora dalle istituzioni locali riguardano il settore lavorativo e quello familiare, in particolare i figli. I crediti di imposta sono stati introdotti dal governo laburista per aiutare le famiglie a basso reddito. Ora, nei progetti del governo conservatore, c’è la riduzione della soglia di accesso a tali benefit, a partire dal prossimo anno. Secondo alcuni economisti, la decisione potrebbe privare i lavoratori di un contributo quantificabile fino a 1.300 sterline l’anno. Di qui, la preoccupazione della Chiesa scozzese. (I.P.)
230 Organizzazioni cattoliche mondiali lanciano Mese del clima
Un mese dedicato al clima ed alla sua tutela: questa l’iniziativa lanciata dal Movimento mondiale cattolico per il clima (Gccm), dal primo al 29 novembre. Fondato nel gennaio 2015, tale organismo raduna 230 organizzazioni cattoliche con l’obiettivo di rispondere all’imperativo morale suscitato dal cambiamento climatico. Il “Mese del clima” si svolge in vista della Cop21, ovvero la 21.ma Conferenza internazionale delle parti sui cambiamenti climatici, che avrà luogo a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre prossimi.
Una risposta all’appello dei vescovi del mondo, lanciato il 26 ottobre
In questo modo – si legge in un comunicato del Gccm – le organizzazioni appartenenti al Movimento intendono rispondere all’appello lanciato il 26 ottobre di cardinali, patriarchi, vescovi e rappresentanti delle Conferenze episcopali continentali delle diverse parti del mondo: rivolto alla Cop21, il documento invita a lavorare per l'approvazione di un accordo sul clima che sia equo, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento.
Stile di vita sia radicato in solidarietà, carità e giustizia
Dalla Conferenza di Parigi “ci aspettiamo e chiediamo azioni appropriate – scrive il Gccm – Uniti in preghiera con i cattolici di tutto il mondo, insistiamo affinché la Cop21 stabilisca politiche climatiche che incoraggino uno stile di vita radicato nella solidarietà, nella carità e nella giustizia, secondo i limiti naturali della nostra terra, ‘casa comune’, ed in base al riconoscimento della necessità di proteggere le risorse essenziali per la vita”.
Lanciata petizione cattolica per impedire aumento del riscaldamento globale
Esprimendo, poi, gratitudine ai vescovi firmatari dell’appello del 26 ottobre, il Movimento informa di volere procedere, durante il “Mese del clima”, con tre iniziative: una petizione cattolica sul clima, siglata già da 200mila persone, e che mira all’adozione di politiche internazionali per impedire l’innalzamento del riscaldamento globale. Il documento sarà consegnato alle autorità francesi, che presiederanno la Cop21, ed ai rappresentanti delle Nazioni Unite, nell’ambito di un evento interconfessionale che si terrà a Parigi il 28 novembre.
29 novembre, a Parigi, la “Marcia per il clima”
La seconda iniziativa è la “Marcia per il clima”, in programma nella capitale francese il 29 novembre: “Questo straordinario evento globale – spiega il Gccm – offrirà alle persone la possibilità di dare voce ai poveri ed al pianeta”. Per i cattolici, inoltre, esso “sarà un’occasione per incoraggiare tutti gli uomini e le donne di buona volontà a costruire buoni rapporti con Dio, con gli altri e con il Creato”. La terza iniziativa, invece, ha un carattere più “social”: si tratta, infatti, di una catena ininterrotta di preghiera che si potrà seguire su Twitter tramite l’hashtag #Pray4Cop21.
Cambiamento climatico, tema morale
“Incoraggiamo tutti – scrive il Movimento – a far sentire la propria voce ed a riflettere sul proprio stile di vita in questo momento vitale della storia umana”. “La nostra fede cattolica – continua Tomás Insua, coordinatore di Gccm – è la base per il nostro lavoro di protezione di tute le persone e di tutte le vite. Crediamo, come ha detto Papa Francesco, che il cambiamento climatico sia un tema morale e per questo vogliamo sollecitare tutte le persone a creare legami tra loro, con il Creato e con Dio”. (I.P.)
Kenya: “carovana dalla pace” per accogliere Papa Francesco
“Vogliamo approfittare della visita del Santo Padre per portare la pace e la coesistenza” afferma mons. Martin Kivuva, arcivescovo di Mombasa, in un video messaggio dedicato alla visita che Papa Francesco effettuerà nel Paese africano a fine novembre. Mons. Kivuva - riferisce l'Agenzia Fides - ha mobilitato i giovani della regione per dare vita alla cosiddetta “Carovana della pace” per andare a Nairobi all’incontro con il Santo Padre: “Il messaggio che porteranno a Papa Francesco è che il Kenya vuole la pace e vuole vivere in armonia tra le sue diverse componenti tribali, religiose ed etniche”.
Mons. Kivuva sottolinea che la regione costiera del Kenya ha visto non tanto conflitti religiosi tra cristiani e musulmani, quanto tensioni che si sono radicalizzate. L’arcivescovo invita non solo i giovani cattolici ma anche i cristiani di altre confessioni e i musulmani, se lo desiderano, ad unirsi per andare a Nairobi ad incontrare Papa Francesco. La carovana della pace prima di raggiungere la capitale keniana farà tappa a Machakos, dove avrà incontri con la locale comunità cristiana e quella musulmana.
Mons. Kivuva nota che il forte tasso di disoccupazione giovanile del Paese rende i giovani vulnerabili alle seduzioni della criminalità, della prostituzione e del radicalismo religioso che può sfociare nel terrorismo: “Ragazzi – è l’appello di mons. Kivuva - non fatevi usare. Siete individui con un potenziale che può fare molto nella vita. Preparatevi, apprendendo un mestiere, in modo che quando si materializzerà una possibilità lavorativa, siate pronti”.
Successo della Lev a Pordenone. Lectio magistralis del card. Ravasi
La rassegna editoriale “La Libreria Editrice Vaticana a Pordenone” si è conclusa giovedì scorso con una Lectio magistralis del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sull'attualità della Bibbia. La rassegna, che ha dato l'avvio al programma con un'antemprima a Venezia lo scorso 6 ottobre dedicata all'Enciclica Laudato si' di Papa Francesco, ha registrato tra il pubblico numerosi consensi. Sono state circa 5 mila le persone che hanno partecipato ai 12 incontri con oltre 50 relatori, alcuni dei quali studiosi stranieri.
A “chiudere” l'edizione di quest'anno è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, che in mattinata ha incontrato gli studenti e sollecitato dalle loro numerose domande ha sottolineato l'importanza del dialogo come base della convivenza. Mentre, nel pomeriggio, nella cattedrale della città ha parlato della Bibbia non solo come libro sacro ma anche come il “grande codice della cultura occidentale”.
La rassegna ha coinvolto nel programma l'intera società civile della città di Pordenone fino a spingersi all'interno del Carcere circondariale, dove ha portato in dono a ognuno dei detenuti una corona del Rosario inviata per l'occasione da Papa Francesco, e per organizzare un incontro nel quale l'ex guardasigilli e presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick ha parlato della dignità umana e dei diritti e dei doveri espressi nella Costituzione.
La Libreria Editrice Vaticana a Pordenone è stata anche motivo di confronto internazionale su una sanità solidale, necessaria specialmente in questo periodo in cui si registra un aumento delle persone che non possono curarsi per motivi economici.
Tra gli appuntamenti molto seguiti e apprezzati dal pubblico è stato quello di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che in un gremitissimo teatro comunale ha tenuto una “lezione” di legalità contro i poteri forti e contro le mafie sulla scia del modello educativo di San Giovanni Bosco, illustrato prima dal vicario del rettor maggiore dei Salesiani, don Francesco Cereda.
“Il buon successo di questa nona edizione della rassegna – ha detto don Giuseppe Costa, direttore della Lev - dimostra che la formula adottata dagli organizzatori è incoraggiante e dà anche una forte motivazione per proseguire il percorso intrapreso”.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 304