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Sommario del 27/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: dolore per sisma in Afghanistan-Pakistan, centinaia i morti

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Dolore è stato espresso dal Papa per il drammatico terremoto che ieri ha colpito l’Afghanistan e il Pakistan e ucciso centinaia di persone. Francesco, in un telegramma a firma del Segretario di Stato, card. Parolin, e indirizzato al nunzio apostolico in Pakistan, arcivescovo Ghaleb Moussa Abdalla Bader, esprime la sua solidarietà nei confronti di tutti coloro che sono stati colpiti dal disastro, offrendo inoltre le sue preghiere per le vittime, così come per i feriti e i dispersi. Il Papa invoca quindi la benedizione divina su tutti coloro che hanno perso i propri cari, così come sulle autorità civili e il personale di soccorso impegnato negli sforzi di salvataggio.

E’ salito intanto a quasi 360 morti e oltre 2 mila feriti il bilancio delle vittime. La scossa principale è stata di 7.5 gradi della scala Richter. Distrutti interi villaggi, mentre c' è difficoltà per i soccorsi nel raggiungere le impervie zone montuose colpite dal sisma. Da Kabul, Barbara Schiavulli: 

Siamo nell’ospedale Wazir Akbar Khan, dove il direttore  Najibullah ci ha detto di aver curato 31 feriti, giunti ieri dopo il devastante terremoto che ha colpito il Nord dell’Afghanistan e il Pakistan. Il bilancio delle vittime continua a salire. Wali, 60 anni, è ancora ricoverato con il figlio, entrambi con fratture multiple. Erano nel loro negozio di alimentari quando se lo sono visto crollare addosso. Restano ore vitali per salvare i superstiti. Difficili i soccorsi in entrambi i Paesi. Il Pakistan ha mobilitato i mezzi dell’esercito per raggiungere le aree più remote, mentre il governo afghano ha chiesto l’aiuto internazionale, anche perché alcune zone sono ancora sotto il controllo dei talebani. Ci sono poi le montagne e si rischiano slavine, fa molto freddo e la terra continua a tremare. In mattinata, l’organizzazione per i lavori sul confine è riuscita a liberare 27 dei 45 punti pieni di detriti che bloccano l’autostrada verso la Cina.  

Un sisma spaventoso, dunque, che ha ingoiato centinaia di persone, seminando morte e distruzione in zone già povere, come testimonia da Lahore in Pakistan suor Lilian Rafai, delle Domenicane di santa Caterina da Siena, al microfono di Gabriella Ceraso:

“I morti sono tanti, tanti, tanti,ora piano piano li scoprono anche tra le macerie. Tante case sono cadute, vedo intorno tanta distruzione. A nord ci sono i danni maggiori, ma anche dove siamo noi, in realtà è tutto il paese ad essere stato colpito. La popolazione è subito scappata fuori e tante scuole sono crollate”

In Afghanistan, gran parte delle vittime sono nelle province di Takhar e Nangarhar, tra loro anche 12 alunne minorenni, morte a Taloqan mentre tentavano di uscire da scuola. In Pakistan centinaia le frane e i crolli specie nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Il primo ministro afghano parla di ingenti perdite, l’omologo pakistano di ritorno da Londra ha mobilitato l’esercito, ma l’area è montuosa, priva di infrastrutture e comunicazioni. Tutto è come l’ 8 ottobre 2005 quando l’ultimo sisma uccise 75mila persone. Ancora suor Lilian:

“I soccorsi sono partiti ma non so come si organizzeranno, tante strade sono bloccate. Nessuno era pronto per quanto è accaduto. L’ultimo terremoto c’è stato 10 anni fa e tutto è rimasto come allora”.

Intanto, riferisce la tv pakistana Dunya, il premier indiano Narendra Modi ha telefonato al primo ministro pakistano Nawaz Sharif e ha offerto assistenza per i soccorsi, dopo il messaggio lanciato stamani su Twitter in cui già annunciava la disponibilità ad aiutare il suo eterno rivale, oltre che l'Afghanistan.

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Papa: Dottorato a Bartolomeo I contributo al cammino verso unità

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“Un doveroso riconoscimento che contribuisce al cammino verso la piena e visibile unità alla quale tendiamo con dedizione e perseveranza”. Così il Papa in un messaggio ha salutato il primo Dottorato honoris causa in Cultura dell'unità assegnato ieri al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, a Bartolomeo I, dall’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, cittadella del Movimento dei Focolari. Presenti numerosi rappresentanti delle Chiese ortodosse dell’est Europa e dell’Oriente cristiano, a testimoniare, ha detto la presidente dei focolari Maria Voce, “il desiderio di camminare insieme a tutti i livelli verso l’unità”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

La motivazione riconosce nel Patriarca un pioniere nel cammino ecumenico, nonché un attivo promotore di pace e giustizia ed è anche il Papa a sottolinearlo, esprimendo all’”amato fratello” stima e apprezzamento. Dal canto suo, in un discorso ampio e articolato, il Patriarca Bartolomeo I ha innanzitutto esteso a tutta la “chiesa martire di Costantinopoli ” l’onore del riconoscimento ricevuto. Poi, ripercorrendo la storia dei rapporti tra le due Chiese d’Oriente e d’Occidente, si è soffermato sul doloroso distacco durato secoli e giunto fino al non riconoscimento dell’altro come cristiano. Quindi, il lento cambiamento nel linguaggio e nell’atteggiamento reciproco a partire soprattutto dai rapporti tra Giovanni XXIII e il Patriarca Atenagora, che hanno portato a una "nuova cultura dell’unità", a un desiderio di “andare avanti insieme”. Bartolomeo distingue unità, da unione e unicità, e indica la prospettiva da offrire al mondo perché creda e si salvi: “Quella di formare una cultura di unità nella diversità” sul modello trinitario, proprio come espresso dal carisma di Chiara Lubich.

Sul clima della cerimonia e sulla figura del Patriarca Bartolomeo I, Gabriella Ceraso ha intervistato la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce

R. – Tutti i presenti sono stati veramente molto toccati dal sentire questo affetto fraterno che lega il Santo Padre Francesco a Sua Santità il Patriarca Bartolomeo. Il Papa riconosce l’impegno del Patriarca Bartolomeo in questo cammino di unità, che il Papa definisce comune, non solo, afferma molto coraggiosamente che in questo cammino comune questo riconoscimento costituisce un passo avanti.

D. – Lei stessa conosce molto bene il Patriarca, ha vissuto e vive intensamente questo momento di una lunga storia di vicinanza del Movimento con la Chiesa ortodossa e con i Patriarchi. Qual è il suo punto di vista su questa figura e quindi sul significato di questo riconoscimento?

R. – Il Patriarca Bartolomeo è l’erede del grande Patriarca Athenagoras, che aveva veramente questa passione per l'unità, che in lui era quasi una visione profetica e che lui non è riuscito a realizzare. Ma questa stessa passione si è trasmessa in particolare al Patriarca Bartolomeo. Lui non manca occasione per sollecitare l’unità nel seno delle Chiese ortodosse proprio per poter parlare insieme, con una voce già in un certo senso sinodale, prima di tutto con la Chiesa di Roma per la quale ha un amore e una stima particolare, come anche per Papa Francesco. In tanti modi lui ci tiene a sottolineare quanto è vivo questo cammino insieme. Mi sembra che siamo veramente in un momento felice in questo senso perché c’è una spinta che viene dai due capi delle nostre due Chiese e che non può non portare frutto. Ci saranno anche delle resistenze, come ha detto Papa Francesco alla conclusione del Sinodo, però alla fine c’è lo Spirito Santo che aiuta, lo Spirito Santo spinge sicuramente verso l'unità delle Chiese. Pensiamo che è un momento felice e che questo riconoscimento è un passo importante, concreto, in questo cammino.

D. – Nel suo discorso, il Patriarca ha detto proprio cos’è l’unità che è diversa da unione, che è diversa da unicità, e ha sottolineato quello che un po’ si chiede all’uomo di oggi: formare una cultura dell’unità nella diversità, diversità come ricchezza, che è un concetto molto presente nel carisma vissuto da Chiara. Ci può spiegare un po' meglio come?

R. – Chiara ci ha sempre ricordato che il cammino delle Chiese è guidato dallo Spirito Santo e che quindi lo Spirito Santo ha sicuramente fatto maturare in ogni Chiesa dei doni che servono all’unità delle Chiese e di tutta la cristianità e che servono e possono servire se vengono messe in comune. Questo dono non appiattisce ma rispetta le diversità, proprio perché riconosce in queste diversità una grande ricchezza, una grande ricchezza che non fa altro che rendere più bella la Chiesa, così come Gesù la voleva. Quindi, non un’uniformità, ma una unità nella diversità. E in questo Chiara ci diceva che modello altissimo è l’unità che lega la Santissima Trinità, dove il Padre è tale perché non è il Figlio, il Figlio è tale perché non è il Padre ma l’amore che c’è tra il Padre e il Figlio genera addirittura lo Spirito Santo che è terzo in questa dimensione trinitaria, ma è anche primo perché lega il Padre e il Figlio. E può essere questo se ognuna delle tre Persone della Santissima Trinità si perde completamente nell’altra. Allora, anche nel cammino delle Chiese si richiede proprio questo, cioè che ogni Chiesa sia capace di perdersi completamente nelle altre Chiese che vuol dire donare fino in fondo tutto quello che è la propria ricchezza e di lasciarsi arricchire anche dalla ricchezza degli altri, quindi saper essere amore per costruire quella Chiesa di Cristo in cui ogni cristiano, a qualsiasi comunità ecclesiale appartenga, si senta veramente partecipe del corpo di Cristo.

D. – Da questo riconoscimento ci sono prospettive che nascono, che si possono aprire?

R. – Si parlava proprio con il Patriarca di una eventuale possibilità di istituire a Sofia una cattedra che insieme, da parte cattolica e da parte ortodossa, studi le figure, le grandi figure di Chiara Lubich e del patriarca Atenagoras e cerchi di cogliere quel contributo che queste figure, nell’incontro dei loro rispettivi carismi, hanno apportato e possono apportare in questo cammino di unità.

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Papa: Costituzione "Pastor bonus" è pienamente in vigore

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Assunzioni e trasferimenti all’interno dello Stato vaticano devono essere effettuati secondo le normative vigenti: l’attuale transizione disegnata dal processo di riforma della Curia, tuttora allo studio, non va intesa come una fase di vuoto legislativo.

“Pastor bonus” pienamente in vigore
È quanto afferma in sostanza la lettera inviata dal Papa al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella quale Francesco si sofferma su “alcuni problemi” che, scrive, lo sollecitano a intervenire con prontezza per riaffermare che – stante le riforme all’esame del Consiglio di cardinali – “sono ancora pienamente in vigore la Costituzione Apostolica “Pastor bonus”, con le successive modifiche ad essa apportate, ed il “Regolamento Generale della Curia Romana”.

Rispetto delle norme comuni
Poiché il rispetto delle “norme comuni”, si afferma nella lettera, è necessario “sia per garantire l'ordinato svolgimento del lavoro nella Curia Romana e nelle Istituzioni collegate con la Santa Sede, sia per assicurare un equanime trattamento, anche economico, a tutti i collaboratori e le collaboratrici”, il Papa dispone “che sia osservato scrupolosamente” quanto stabilito nei documenti citati, come pure nel “Regolamento per il personale dirigente laico della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano” e nel “Regolamento della Commissione indipendente di valutazione per le assunzioni di personale laico presso la Sede Apostolica”.

Assunzioni e trasferimenti
Di conseguenza, prosegue Francesco, “anche che le assunzioni ed i trasferimenti del personale dovranno essere effettuati nei limiti delle tabelle organiche, escluso ogni altro criterio, con il nulla osta della Segreteria di Stato e nell'osservanza delle prescritte procedure, compreso il riferimento ai parametri retributivi stabiliti”.

Governatorato e altri enti vaticani
Tutto questo, conclude Francesco, “per quanto compatibile con i Regolamenti propri, vale pure per il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e le Istituzioni dipendenti dalla Sede Apostolica, anche se non espressamente indicate nella Costituzione Apostolica “Pastor bonus”, fatta eccezione per l'Istituto per le Opere di Religione”. (A.D.C.)

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Papa nomina mons. Lorefice a Palermo e mons. Zuppi a Bologna

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In Italia, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Palermo, presentata per raggiunti limiti di età dal cardinale Paolo Romeo,. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Corrado Lorefice, del clero della diocesi di Noto, finora parroco di San Pietro e Vicario episcopale per la Pastorale. Il neo presule è nato a Ispica (Rg) il 12 ottobre 1962. Dopo gli studi basilari nel Seminario, ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale nel 1988. È stato ordinato diacono il 26 settembre 1986 e presbitero il 30 dicembre 1987, incardinandosi alla diocesi di Noto. Nel dicembre 2009 ha conseguito il Dottorato in Teologia. Incarichi pastorali ricoperti: 1988-1989: Economo del Seminario vescovile. 1989-2008: Vicerettore del Seminario. 1988-2009: Docente di Teologia Morale all'Istituto Superiore di Scienze religiose "G. Blandini" di Noto. 1990-1997: Direttore del centro diocesano per le vocazioni. 1997-2007: Direttore del centro regionale per le vocazioni e Membro del Consiglio del centro nazionale per le vocazioni. 1994-2008: Docente di Teologia Morale all'Istituto Superiore di Scienze religiose "Sant' Agostino" di Acireale. 2005-2012: Direttore della formazione dei Diaconi permanenti. 2008-2010: Direttore dell'Ufficio catechistico diocesano. 2009-2010: Amministratore parrocchiale di "San Pietro Apostolo" di Modica. 2010-2014: Vicario episcopale per il clero. 2010-2013: Docente di Teologia Morale all'Istituto Superiore di Scienze religiose "San Metodio" di Siracusa. 2010 ad oggi: Parroco di "San Pietro Apostolo" e Vicario foraneo del Vicariato di Modica. 2010 ad oggi: Docente presso lo Studio Teologico "San Paolo" di Catania. 2014 ad oggi: Vicario episcopale per la Pastorale.

Sempre in Italia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Bologna, presentata per raggiunti limiti di età da l cardinale Carlo Caffarra, nominando al suo posto il vescovo Matteo Maria Zuppi, finora ausiliare di Roma. Mons Zuppi è nato a Roma l’11 ottobre 1955; è entrato nel Seminario di Palestrina e ha seguito i corsi di preparazione al sacerdozio all’Università Lateranense, dove ha conseguito il baccellierato in Teologia. Si è laureato, inoltre, in Lettere e Filosofia all’Università di Roma, con una tesi in Storia del Cristianesimo. È stato ordinato presbitero per la diocesi di Palestrina il 9 maggio 1981 ed incardinato a Roma il 15 novembre 1988 dal Cardinale Ugo Poletti, di v. m. Nel 2006 è stato insignito del titolo di Cappellano di Sua Santità. Ha svolto i seguenti incarichi: Rettore della Chiesa di S. Croce alla Lungara dal 1983 al 2012; Membro del Consiglio Presbiterale dal 1995 al 2012; Vice Parroco di Santa Maria in Trastevere dal 1981 al 2000; dal 2000 al 2010 ne è divenuto Parroco; dal 2005 al 2010 Prefetto della III Prefettura di Roma; dal 2000 al 2012 Assistente Ecclesiastico Generale della Comunità di Sant’Egidio; dal 2010 al 2012 Parroco della parrocchia dei SS. Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela e dal 2011 al 2012 Prefetto della XVII Prefettura di Roma. È, inoltre, autore di alcune pubblicazioni di carattere pastorale. Nominato Vescovo Titolare di Villanova e Ausiliare di Roma il 31 gennaio 2012, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 14 aprile dello stesso anno.

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Papa nomina sottosegretario alla Dottrina della Fede

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Papa Francesco  ha nominato sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. Giacomo Morandi, finora vicario generale dell'arcidiocesi di Modena-Nonantola. Nato a Modena il 24 agosto 1965. Ordinato Sacerdote per l'Arcidiocesi di Modena-Nonantola l'11 aprile 1990. Ha ottenuto la Licenza in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma nel 1992. Ha conseguito la Licenza ed il Dottorato in Teologia dell'Evangelizzazione (Missiologia) presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2008. Dopo aver svolto alcuni incarichi pastorali, è stato nominato Vicario Episcopale per la catechesi, evangelizzazione, cultura e, successivamente, Arciprete del Capitolo della Cattedrale e Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Modena-Nonantola. Docente di Sacra Scrittura presso lo Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia-Modena-Parma-Carpi e presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Modena. Docente di Esegesi Patristica presso l'"Atelier di Teologia Card. T. Spidlìk" di Roma presso il Centro Aletti, collegato con il Pontificio Istituto Orientale.

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Papa, tweet: "Perdere tempo" coi figli è la cosa più importante

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Genitori, sapete “perdere tempo” con i vostri figli? È una delle cose più importanti che potete fare ogni giorno”.

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Il card. Scola: il Papa sarà a Milano il prossimo 7 maggio

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L'arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha annunciato questa mattina la visita pastorale di Papa Francesco nella metropoli lombarda il prossimo 7 maggio. L'annuncio è stato dato nel corso dell'incontro del patriarca dei maroniti Bechara Boutros Rai con i sacerdoti ambrosiani. L'evento, che è "un segno delicato di affetto e di stima del Papa per la Chiesa ambrosiana - ha detto il cardinale Scola - ci aiuta a meglio comprendere e attuare lo scopo della visita pastorale in atto nella nostra Chiesa. La visita del successore di Pietro, si inserisce nell’Anno Giubilare che Papa Francesco ha indetto per documentare la vicinanza della Chiesa, nella verità e nella carità, a ogni uomo e a ogni donna, di qualunque età, censo e cultura. Di questo accompagnamento - ha detto l'arcivescovo di Milano - è stata espressione assai significativa il Sinodo dei vescovi la cui Assemblea si è appena conclusa e ora aspetta l’intervento del Santo Padre". Le parole del cardinale sono state accolte dall'Assemblea con un grande e prolungato applauso.

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Presentato Congresso Eucaristico Internazionale a Cebu

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“Cristo in voi, speranza della gloria”. E’ tratto da una Lettera di S. Paolo ai Colossesi il tema del prossimo 51.mo Congresso Eucaristico Internazionale, che si svolgerà dal 24 al 31 gennaio del 2016 a Cebu nelle Filippine, come annunciato tre anni fa dal Papa emerito Benedetto XVI. Approfondire la devozione all’Eucaristia, rinvigorire l’impegno missionario, avviare le celebrazioni per il quinto centenario (1521-2021) dell’inizio dell’evangelizzazione delle Filippine, sono le motivazioni della scelta di Cebu. Se ne è parlato oggi alla presentazione dell’evento in Sala stampa vaticana. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

“L’evento di Cebu, insieme alle Giornate mondiali della gioventù, della famiglia, ecc… diventa una risorsa straordinaria per testimoniare, attraverso la sua celebrazione, che l’Eucaristia non è solo la fonte della vita della Chiesa ma anche il luogo della sua proiezione nel mondo”

Così padre Vittore Boccardi, del Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali inquadra il prossimo Congresso nelle Filippine, evento che, dice, può sembrare una “reliquia del passato” ma in realtà “ha camminato nella storia contribuendo a ridisegnare il volto della Chiesa uscita dal Vaticano II, riportandola alla sua sorgente eucaristica”.

Sarà uno straordinario evento per tutto l’est asiatico racconta mons. Josè S. Palma, arcivescovo di Cebu, città ospitante. L’Asia uno dei grandi motori della crescita mondiale sul fronte religioso resta da evangelizzare; la Chiesa cattolica è una piccola minoranza, nonostante sia il continente in cui è nato, ha vissuto, è morto ed è risorto Gesù. Il 51.mo Congresso eucaristico, quindi, potrebbe diventare lo specchio della Chiesa asiatica, nel senso che vedrà come la Chiesa cattolica svolge il suo compito di evangelizzazione.

Poi i primi numeri sull’evento:

“We expect around 20 cardinals,…”
“Ci aspettiamo circa 20 cardinali, 50 vescovi, e tutti i vescovi filippini che verranno per la Plenaria della Conferenza episcopale si riuniranno a Cebu. Non ci sarà nessuna attività a Manila, si svolgerà tutto a Cebu. Al 21 ottobre 2015, abbiamo già 8.345 pellegrini che si sono registrati, in rappresentanza di 57 nazioni; abbiamo anche 5 mila volontari e, finora, 600 famiglie ospitanti che accoglieranno i pellegrini”

L’arcivescovo esprime tutta la sua gratitudine per il supporto e le preghiere che i fedeli stanno dedicando a questo evento e poi rivela i frutti che vorrebbe portasse:

“To promote an awareness of the central place…
“Promuovere la consapevolezza del ruolo centrale che l’Eucarestia occupa nella vita e nella missione della Chiesa cattolica; aiutare a migliorare la nostra comprensione della Liturgia e suscitare attenzione sulla dimensione sociale dell’Eucarestia”

Sarà il Legato Pontificio il card. Charles Maun Bo, a presiedere la Messa di apertura del Congresso domenica 24 gennaio a Cebu, poi una settimana densa di comunione e di solidarietà con la Chiesa locale, ha spiegato mons Piero Marini, presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali:

“Per una settimana intera, migliaia di pellegrini provenienti da tutti i continenti, celebreranno l’Eucaristia, pregheranno insieme, si uniranno in processione, parteciperanno alle Catechesi generali ascolteranno decine e decine di testimonianze, si confronteranno su importanti temi religiosi e potranno vivere un’autentica solidarietà ecclesiale”

Tre i profili che rendono l’appuntamento rilevante ha sottolineato ancora mons Marini: quello geografico, che vede Cebu, nel cuore dell’Asia, facile da raggiungere anche per i cristiani di solito più lontani; quello storico-missionario, perché si parte dalle cattoliche  Filippine, per continuare a diffondere un cristianesimo che oggi, in Asia è ancora «un piccolo resto»; infine quello legato alla moderna evangelizzazione dell’Asia che nelle Filippine, sfidando il sentire comune, mostra una religione innestata sulle culture e religioni tradizionali, e non estranea alla vita del continente.

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Sinodo. Mons. Stankevičs: vicini a famiglie rispettando la fede

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Continuano gli echi dal Sinodo sulla famiglia da poco concluso in Vaticano. Il tema dell’aiuto della Chiesa alle “famiglie ferite” è stato uno dei cardini della riflessione in Aula. Uno dei Padri sinodali, l’arcivescovo di Riga, in Lettonia, mons. Zbigņevs Stankevičs, ne parla al microfono di Paolo Ondarza

R. – All’inizio del Sinodo, è stata fatta veramente una descrizione fenomenologica, sociologica della situazione della famiglia nel mondo, che è molto complessa. Poi abbiamo analizzato cosa dice la Sacra Scrittura sulla famiglia e il magistero della Chiesa e poi abbiamo cercato di mettere tutto insieme: vuol dire quali risposte ci sono per i problemi di oggi? E la prima caratteristica della nostra risposta è realmente questa: apertura, massima apertura e delicatezza verso le situazioni irregolari ma, questo è molto importante, non cedendo sulla dottrina, sul contenuto della fede.

D. – Il Papa ha detto: “Il dovere della Chiesa non è distribuire condanne e anatemi, ma condurre tutti alla salvezza del Signore, perché la misericordia è il nome di Dio”…

R. – Sì, proprio così. Durante il Sinodo, nel mio intervento ho citato le parole dell’"Instrumentum Laboris": la misericordia più grande è dire la verità con amore. Perché qualche volta andiamo incontro agli uomini dimenticando la verità e quando dimentichiamo la verità, la misericordia non è più misericordia. Sì, dobbiamo essere sensibili, ma dobbiamo anche affrontare i problemi e anche la questione del peccato.

D. – Quindi, indicare agli uomini un cammino di conversione?

R. – Sì, sì, proprio così.

D. – La situazione dei divorziati risposati, il loro accesso al Sacramento dell’Eucaristia: da questo Sinodo, che parola esce? Un discernimento che valuterà caso per caso? Cambia qualcosa?

R. – Sì. L’accesso ai Sacramenti sarà possibile solo nei casi specifici, saranno valutati caso per caso, e rimane integro l’insegnamento della Chiesa che c’è stato fino ad oggi e ha delle esigenze chiare: vuol dire che non c’è un’apertura generica, che tutti possono accedere all’Eucarestia. Durante questo Sinodo, una parola che è arrivata forte è “discernimento”: non si può per tutti applicare lo stesso, perché ci sono situazioni particolari e sono da valutare.

D. – Complessivamente, è stata un’esperienza di un “cammino insieme”?

R. – Sì, un cammino insieme. Ambedue le parti si sono abbassate e hanno trovato un linguaggio comune incontrandosi. Questo è stato importante, anche quelli che avevano opinioni contrarie hanno parlato l’uno con l’altro in un clima di amicizia, di apertura.

D. – Il Papa ha detto: “Sinodo significa tornare a camminare insieme”…

R. – C’è il pericolo che le Chiese locali inizino ad applicare diversamente questi principi, ma finora abbiamo camminato insieme e spero che questo continuerà anche fuori dall’Aula sinodale.

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Papa: seguire esempio riconciliazione vescovi polacchi e tedeschi

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Seguire l’esempio di riconciliazione compiuto 50 anni fa dai vescovi polacchi e tedeschi. E’ quanto scrive Papa Francesco, in un messaggio a firma del card. Pietro Parolin, in occasione del 50.mo della lettera dell’episcopato polacco “Perdoniamo e chiediamo perdono” alla quale seguì la risposta dei vescovi della Germania. L’evento è stato celebrato con una serie di momenti religiosi e culturali, culminati nella Messa celebrata ieri al Campo Santo Teutonico in Vaticano, seguito da un convegno all’Istituto Maria Santissima Bambina. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Il coraggioso gesto dei presuli polacchi, compiuto in concomitanza con l’ultima sessione del Concilio Vaticano II, ha aperto una via difficile ma efficace per il processo di riconciliazione tra le due nazioni dopo le tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale”.

Lettera vescovi polacchi, esempio per tutte le nazioni in conflitto
Papa Francesco sottolinea così, in una lettera a firma del card. Parolin, l’importanza del documento dei vescovi della Polonia, tra loro anche mons. Karol Wojtyla, che 50 anni fa aprirono un nuovo capitolo nella storia delle relazioni tra tedeschi e polacchi dopo gli anni terribili della guerra. “Anche oggi – prosegue il Papa – tale gesto può essere modello ed esempio per tutte le nazioni e società che si trovano in difficili situazioni di conflitto”. In occasione del 50.mo dello storico scambio di lettere, le ambasciate di Polonia e di Germania presso la Santa Sede hanno organizzato una serie di eventi, tra cui una celebrazione di riconciliazione nel Campo Santo Teutonico e una conferenza nell’Istituto Maria Santissima Bambina, sotto il patrocinio del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.

Card. Müller: necessaria amicizia fra i popoli
La Messa è stata celebrata dal card. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ed è stata concelebrata dai cardinali polacchi Stanislaw Rylko e Zenon Grocholewski, da nove presuli polacchi, da numerosi sacerdoti, da mons. Duarte da Cunha, segretario generale della Comece (l’organismo che riunisce le conferenze episcopali d’Europa). Presenti anche numerosi ambasciatori presso la Santa Sede, a partire da quello polacco e tedesco. All’inizio della celebrazione, il card. Müller ha rammentato che la Polonia è stata la prima vittima del Patto Molotov-Ribbentrop, che ha condotto alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Come cristiani, ha detto il porporato tedesco, vogliamo concentrarci sul fatto che Dio ha creato tutti come fratelli e sorelle, per questo è necessaria la buona convivenza tra Paesi confinanti e l’amicizia fra i popoli. L’iniziativa dei vescovi polacchi, ha ribadito, ha portato a pronunciare le parole “perdoniamo e chiediamo perdono”.

Mons. Gadecki: l’Europa ha bisogno anche oggi di riconciliazione
Nell’omelia, il presidente dei vescovi polacchi, mons. Stanislaw Gadecki ha innanzitutto sottolineato che, come 50 anni fa, anche oggi l’Europa e il mondo hanno bisogno di riconciliazione. Il presule ha rammentato alcuni passaggi della storica lettera dei vescovi della Polonia: “Dai banchi del Concilio che sta per concludersi – scrivevano – vi tendiamo le nostre mani, accordando perdono e chiedendo perdono”. Con quel gesto coraggioso, osteggiato dal regime comunista di Varsavia, ha detto mons. Gadecki, ci si impegnava a superare le antiche divisioni della Seconda Guerra Mondiale e si evidenziava che “un cristianesimo autentico non può accettare una situazione in cui Paesi cristiani confinanti rimangono in conflitto”. Quella lettera coraggiosa e profetica, prosegue il presidente dell’episcopato di Polonia, “indica la necessità del legame tra l’identità e la memoria, il che sembra particolarmente importante oggi, sia nella prospettiva tedesca e polacca, sia in quella europea”. E spinge tutti, ha concluso, a “perseverare nell’opera di riconciliazione”.

Mons. Muszynski: senza riconciliazione non c’è vera pace
Sulla lettera come esempio, modello per tutte le nazioni e società che si trovano in difficili situazioni di conflitto, è intervenuto alla Conferenza all’Istituto Maria Santissima Bambina anche mons. Henryk Muszynski, primate emerito della Polonia, e testimone delle origini della storica lettera:

“Il problema della riconciliazione è tuttora molto attuale e potrà risolversi soltanto nella piena verità. Giungiamo a questa verità molto lentamente, passo dopo passo, finché nei nostri cuori non si maturi la disponibilità a perdonare, perché senza perdono non c’è riconciliazione, senza riconciliazione non c’è la pace, non c’è la giustizia, e senza la giustizia ci sono le guerre. Giungiamo a ciò lentamente, cercando di raggiungere questo scopo tramite gli incontri della gente di diverse generazioni, che cercano di comprendere e aiutare gli altri”.

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Conferenza Parigi. Turkson: sul clima è tempo di passare ai fatti

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Manca poco più di un mese alla “COP 21”, la conferenza internazionale di Parigi sul cambiamento climatico, che è anche uno dei temi centrali dell’enciclica Laudato Si’. Dopo l’appello di ieri di patriarchi, cardinali e vescovi ad un accordo sul clima “equo, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento”, l’Enciclica è stata presentata anche alla Fao, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il cibo e lo sviluppo agricolo. Il servizio di Michele Raviart: 

Prendere provvedimenti urgenti per arrestare il cambiamento climatico è una condizione necessaria per ridurre la povertà e promuovere uno sviluppo sostenibile del pianeta. Un nesso ben chiarito dall’Enciclica Laudato Si’ sulla custodia della casa comune, accolta con entusiasmo dalla Chiesa e dalla comunità internazionale. L’auspicio è quello che possa essere una delle linee guida per l’imminente Conferenza di Parigi, come spiega il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:

R. - Abbiamo radunato i presidenti delle diverse conferenze episcopali regionali del mondo per lanciare un invito alle loro chiese locali affinché si impegnino a fare qualche gesto, azione per ispirare i politici che si incontrano a Parigi. Quindi in un certo senso l’Enciclica Laudato Si' ha scatenato all’interno e fuori dalla Chiesa cattolica questo impegno per il benessere del mondo, dell’ambiente per poter sostenere la vita delle persone. Ed è proprio di questo che la "Cop 21" a Parigi si occupa; si parla di ambiente, di cambiamenti climatici che sono l’effetto del trattamento abusivo dell’ambiente meno capace di creare un ambiente che sostiene la vita delle persone.

D. - Lei pensa che la politica ha ricevuto lo stesso entusiasmo che ha avuto la Chiesa su questa Enciclica?

R. - Si parla sempre della politica, ma la politica è collegata all’economia. E gran parte di ciò che ho potuto constatare finora è che i politici sono molto toccati da questa Enciclica. Come abbiamo visto con la visita del santo Padre negli Stati Uniti, i politici hanno iniziato a parlare di questo e addirittura anche persone dell’economia lo hanno fatto.  Anche il nostro ufficio ha ricevuto un invito negli Stati Uniti. A New York  alcuni vogliono dialogare, discutere il contenuto dell’Enciclica. Quindi la risonanza è stata positiva.

D. - Nella migliore delle ipotesi, qualora tutto andasse per il meglio, quale sarebbe il suo auspicio più grande?

R. - Come sappiamo a Parigi ci sono politici gli stessi presenti all’Onu, a Ginevra; e lì talvolta vengono dette parole che non sono seguite dall’azione che avevano annunciato. Il mio augurio è che questa volta riusciamo ad impegnarci non soltanto su ciò che diciamo, quanto al contenuto perché se tutto è vero  - ed io ho potuto constatarlo in qualche conferenza -, qualcosa sta cambiando. Vale la pena cominciare ad aprire gli occhi e non andare avanti come pensando come al solito agli affari. Questo tipo di mentalità oggi avrà un effetto molto negativo domani. Allora dobbiamo prestare un po’ di attenzione!

La Laudato Si' si pone in continuità anche con l’azione di alcune istituzioni internazionali. Tra queste la Fao, che celebra proprio in questi giorni i suoi 70 anni. Mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore della Santa Sede presso la Fao:

R. – La Fao si preoccupa di aiutare soprattutto i più poveri, che sono gli affamati. Mi pare, dunque, che Papa Francesco con l’Enciclica e la Fao con le iniziative che porta avanti, siano molto vicini. Credo che la parola di Papa Francesco venga a sostenere, ad illuminare ed anche a stimolare quello che fa la Fao da 70 anni, che è la lotta contro la fame, per lo sviluppo agricolo e, soprattutto, per la preservazione dell’ambiente rurale e naturale. Riguardo all’Enciclica, diversi ambasciatori – anche il direttore generale – mi hanno detto che per loro, per il proprio lavoro, è una cosa meravigliosa.

D. – Nell’Enciclica la cura della casa comune è una responsabilità per tutti: dal livello statale a quello individuale. Come?

R. – Il testo dell’Enciclica papale è un testo assolutamente equilibrato, e questo è un grande pregio. Si focalizza, cioè, non soltanto sui grandi, ma anche sui piccoli, su tutti. Parla di cooperazione internazionale a livello regionale, a livello locale, a livello personale e, per esempio, a livello dei bambini, parla di scuola e di educazione. La visione del Papa è una visione globale e questo mi pare sia molto importante, perché qualsiasi istanza e persona nell’Enciclica ha una parola che possa sostenerla, che possa incoraggiarla, che possa chiamarla anche alla conversione. E questo è il grande pregio dell’Enciclica.

D. – Per quanto riguarda la cooperazione internazionale, l’Enciclica potrà essere utile anche in vista della Conferenza di Parigi sul clima?

R. – Mi pare che il Santo Padre non soltanto nell’Enciclica, ma anche il 16 settembre ai ministri dell’Ambiente dell’Unione Europa e nel viaggio che ha fatto negli Stati Uniti, quando parla della cooperazione internazionale, l’auspicio sia che gli accordi siano veramente efficaci. Molti degli accordi internazionali finora non hanno avuto la forza di calarsi nella realtà. Allora, quello che auspica il Papa per la Conferenza di Parigi è che si prendano accordi che poi possano diventare realtà. E questo è l’importante.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Per un lavoro ordinato nella Curia e nelle istituzioni collegate: lettera del Papa al cardinale segretario di Stato.

In prima pagina, Maurizio Gronchi sul vero protagonista nei lavori sinodali.

Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo "Dalle ultime file": il sinodo raccontato da suor Carmen Sammut.

Ecco il respiro della Chiesa: a cinquant'anni dalla promulgazione del documento "Nostra aetate", l'omelia che Paolo VI tenne in concilio il 28 ottobre 1965;  le relazioni, al convegno internazionale in corso alla Gregoriana, dei cardinali Tauran e Koch, e un articolo di Cristiana Dobner sul rivoluzionario paragrafo 4 della Dichiarazione.

La Parola oltre i confini: la prefazione che il Pontefice ha dedicato al primo volume, a cura di Virginio Pontiggia, dell'"Opera omnia" del cardinale Carlo Maria Martini.

Pastori non tosatori: Diego Fares sulla figura del vescovo secondo Bergoglio.

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Oggi in Primo Piano



Siria. Contatti tra Putin e Al Saud. In migliaia in fuga

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Sempre più drammatica la situazione in Siria. Migliaia le persone in fuga: 350 mila i morti in oltre quattro anni di guerra civile affiancata dalla guerra contro l’Is. E mentre continuano i contatti tra le diplomazie internazionali per disinnescare la crisi, il Paese è alle prese anche con una grave epidemia di Poliomielite. Il servizio Massimiliano Menichetti: 

Centotrentamila persone in fuga sfollate dall'inizio di ottobre nel governatorato di Aleppo, Hama e Idlib. Uomini donne e bambini che fuggono per le bombe di americani e russi – 285 gli obiettivi centrati dal Cremlino in tre giorni – una popolazione in fuga anche dai tiri degli oppositori contro il regime di Assad, ma anche dall’artiglieria dell’esercito e dalle violenze del sedicente Stato Islamico che solo ieri ha decapitato e fatto esplodere prigionieri legati alle colonne del sito di Palmira. Oggi, ad Aleppo si lavora comunque per riparare la Chiesa di San Francesco. Due giorni fa, una bombola di gas è stata lanciata sulla cupola mentre padre Ibrahim Alsabagh, francescano della Custodia di Terra Santa, stava celebrando la Messa. "Non è la prima volta che cercano di colpire la nostra chiesa – spiega ad Aiuto alla Chiesa che soffre – ma finora non ci erano mai riusciti". Fortunatamente, aggiunge, la bombola di gas non è esplosa a contatto con la struttura, ma mentre stava rotolando lungo il tetto e questo ha evitato la strage. Intanto, sul fronte diplomatico continuano i contatti. Ieri, il presidente russo, Vladimir Putin, e il re Salman bin Abdulaziz Al Saud dell'Arabia Saudita hanno avuto una conversazione telefonica. Sul tappeto la crisi siriana e i possibili sbocchi politici. E sulla crisi si abbatte anche una grave epidemia di poliomielite, conseguenza della devastazione e mancanza di vaccinazioni.

Per una una fotografia degli attori che si stanno fronteggiando in Siria, l'opinione di Pietro Batacchi, direttore di Rivista Italiana Difesa: 

R. – Si stanno fronteggiando il regime di Assad e le forze lealiste supportate dall’Iran e dalla Russia e abbiamo un fronte eterogeneo che mette insieme alcuni gruppi di ispirazione apertamente qaedista e islamista, scortati da Turchia, Qatar e Arabia Saudita e Is che rappresenta un po’ la variabile impazzita, il "cavallo pazzo" che a mio avviso però nella crisi siriana ha un’incidenza assolutamente inferiore rispetto alla guerra civile irachena.

D. – In questo contesto, il primo ministro turco Davutoglu ribadisce: “La crisi siriana non può essere risolta senza l’intervento della Turchia” …

R. – La Turchia è un attore importante che ha un ruolo ben preciso in Siria; non dimentichiamoci che è stato il Primo paese nel 2011 a parlare apertamente di cambiamento di regime in Siria. La Turchia ha due diramazioni che combattono Assad in Siria, non ha fatto nulla in questi anni per bloccare l’afflusso di militanti jihadisti di tutte le risme in Siria. Per cui esattamente come l’Iran, l’Arabia Saudita, Stati Uniti e Russia è uno degli attori più importanti della crisi siriana.

D. – In questi quattro anni di conflitto, il ruolo della comunità internazionale nei confronti di Assad è stato diverso. Ora sembra esserci di nuovo una propensione al dialogo rispetto ad una strategia militare…

R. – Assad oggi gode del supporto della Russia per cui oggi non cadrà mai in mano militare. Per cui, bisogna rendersi conto, bisogna capire, l’Occidente prima di tutti deve farlo, che tra questa posizione – cioè abbattere un regime di Assad e di fatto portare la diffusione dell’islamismo in Siria – ci può essere un’alternativa più realistica, quella di un compromesso tra gli attori di cui parlavo in precedenza, che nel breve periodo salvi Assad per poi favorirne l’uscita controllata ed una transizione pilotata.

D. – I ribelli siriani sono gli stessi della prima ora che combattevano la guerra civile?

R. – Oggi, di fatto, la guerriglia anti-Assad, tolta Is, è composta da tre soggetti precisi e molto forti: Al Nusra, la branca di Al Qaeda in Siria, Ahrar Al Sham, Jaish Al Fateh, che sono due gruppi salafiti supportati dall’Arabia Saudita e dalla Fratellanza musulmana saudita, soggetto sostenuto da Turchia e Qatar. Quindi, questo è lo scenario.

D. – Dunque, i ribelli non hanno più il volto di quattro anni fa…

R. – Credo che quel volto lo abbia avuto per pochi mesi, esattamente i mesi che sono stati necessari agli attori esterni per mettere le mani sulla crisi siriana e ai gruppi estremisti e jihadisti di prendere il controllo. È stato veramente un tempo breve, rispetto al quale l‘Occidente non ha fatto sostanzialmente nulla se non osservare con un certo distacco gli eventi, pensando che una sorta di mano invisibile democratica dovesse condurre il processo politico che si stava sviluppando in Siria a un approdo sicuro, che era quello della democrazia. In realtà, come insegnano i maestri del realismo politico, i processi politici vanno guidati, altrimenti diventano improduttivi nei risultati che si prefiggono.

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Kosovo firma l'Asa, importante passo verso l'Unione Europea

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Firma oggi a Strasburgo dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, l’Asa, fra il Kosovo e l’Unione Europea. Un documento molto importante per Pristina e per le sue prospettive di integrazione europea. Il Kosovo, ricordiamo, ha dichiarato la sua indipendenza dalla Serbia nel 2008, ad oggi è riconosciuto da oltre cento nazioni, cinque i Paesi dell’Ue che non l’hanno ancora riconosciuto: Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro. Francesco Martino, giornalista dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, ha vissuto a lungo in Kosovo, Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – Questo accordo ha un carattere soprattutto politico ed è importante, perché segna il primo passo verso un percorso di avvicinamento del Kosovo all’Unione Europea, che si annuncia però molto lungo e tortuoso. E’ importante anche e soprattutto perché è stato sottoscritto dai 5 Paesi dell’Unione Europea che non riconoscono il Kosovo come indipendente dalla Serbia – ricordiamo che la dichiarazione di indipendenza è arrivata nel 2008. Quindi, direi che, almeno all’atto pratico, le conseguenze saranno soprattutto di tipo politico e meno di tipo economico, visto che, ad esempio, l’esportazione kosovara verso i Paesi dell’Unione europea è oggi a livelli estremamente bassi.

D. – Ci sono altre date importanti, perché si dovrà anche stabilire l’adesione di Pristina all’Unesco, la decisione definitiva verrà presa dalla Conferenza generale dell’organizzazione, in programma dal 3 al 18 novembre. Sappiamo che questo ha sollevato molte e forti polemiche da parte della Serbia, che invece non ha protestato così tanto per la firma dell’Asa, per quale motivo?

R. – Sì, sono due partite parallele ma, in qualche modo, diverse. Rispetto all’Unesco, la Serbia fa muso duro, fa muro contro muro, perché vede probabilmente l’accesso del Kosovo nell’Unesco come un passo verso il riconoscimento formale, a livello internazionale, del Kosovo come Stato indipendente. Rispetto alla firma dell’Asa, e alla partita dell’ingresso nell’Unione Europea del Kosovo, ma anche della Serbia, ricordiamo che il percorso di questi due Paesi è stato formalmente legato proprio da Bruxelles. In qualche modo, Belgrado si è rassegnata all’idea di dover camminare fianco a fianco con il Kosovo, spera però sempre di arrivare alla meta finale senza il riconoscimento formale del Kosovo come stato indipendente. Come questo possa avvenire naturalmente oggi non è dato saperlo. Però, c’è questo differente approccio e differente visione di Belgrado rispetto a questi due processi.

D. – Le accuse della Serbia nei confronti del Kosovo circa la tutela del patrimonio artistico sono fortissime. Tra l’altro, Belgrado ha avuto l’appoggio anche di un ex direttore generale dell’Unesco, Federico Mayor. Si sono quindi detti contrari, accusando i kosovari degli immensi danni al patrimonio artistico avvenuti dopo la guerra. Storicamente questo è giusto?

R. – Secondo me, la domanda più giusta da porsi è se l’ingresso del Kosovo nell’Unesco sia comunque un passo positivo o meno verso la salvaguardia del patrimonio dell’umanità, che oggi si trova sul territorio del Kosovo. Certamente, c’è un peso della storia recentissima molto forte, visto che nel 2004 ci fu un "pogrom" antiserbo che coinvolse in modo importante il patrimonio culturale. Ricordiamo che in Kosovo ci sono movimenti di grandissima importanza, che fanno parte del patrimonio culturale e religioso serbo. Quindi, sicuramente motivi di preoccupazione esistono resta il fatto se l’attuale ingresso nell’Unesco, in qualche modo, vada a garantire una maggiore salvaguardia di questi monumenti, oppure no. Quindi, secondo me, questa è la domanda a cui la conferenza generale dell’Unesco deve trovare una risposta.

D. – Il Kosovo si trova, comunque, anche ad affrontare una situazione di forte protesta al suo interno. Gli scontri al parlamento sono soltanto di pochi giorni fa. C’è una delle opposizioni, un movimento nazionalista, che osteggia, anche in modo piuttosto aggressivo, la politica del premier Isa Mustafa di voler continuare nel dialogo con Belgrado. Questo che segnale è?

R. – Questo è un segnale, direi, di lungo termine in Kosovo. Il governo kosovaro è impegnato da anni in questo percorso di dialogo con Belgrado, che è fortemente condizionato dalla volontà dell’Unione Europea. L’opposizione interna, in Kosovo, naturalmente ha buon gioco nel mettere alla corda tutti i limiti di questo tipo di politica. Quindi, è un tipo di atteggiamento di lungo termine, come dicevo la cosa importante ed anche interessante è che ultimamente la violenza, sia politica che simbolica, dell’opposizione è diventata molto più forte e quindi rimane, comunque, un elemento da tenere sott’occhio quando si guarda al processo nel suo complesso.

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Giubileo. L'Unicef per i minori profughi non accompagnati

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“Accoglienza, misericordia e bambini in pericolo nell’Anno del Giubileo”. E’ il tema di un Convegno, promosso - ieri pomeriggio a Roma - dall’Unicef Italia e dall’Associazione Buona cultura. Roberta Gisotti ha intervistato Paolo Rozera, direttore generale in Italia del Fondo Onu per l’infanzia, che in questa occasione ha lanciato una campagna “Non è un viaggio. E’ una fuga. Aiuta i bambini in pericolo”: 

Ce ne sono uno su quattro tra i rifugiati in Europa. Oltre 140 mila i minori, che hanno richiesto asilo tra gennaio e luglio 2015, con una media di circa 20 mila al mese. Paolo Rozera che fare di fonte all’emergenza dei bambini in fuga dai loro Paesi? Quali iniziative sono già in campo?

R. – In modo particolare, noi ci concentriamo sui minori non accompagnati, migranti economici, i più sfortunati in queste migrazioni perché non possono essere riconosciuti come rifugiati, ma che comunque scappano da situazioni di disperazione e desolazione. Per  cui "accoglienza" deve essere la parola d’ordine. Forse si pensa, guardando le immagini, che si tratta di un viaggio ma non è così, è una fuga. Noi abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi e di sensibilizzazione proprio su questo tema, con un focus sui minori non accompagnati. Per questo firmeremo anche un protocollo di collaborazione con l’Assessorato alle politiche sociali, salute, casa ed emergenza abitativa del Comune di Roma.

D. – Ci sono dati su questi bambini e ragazzi soli che arrivano in Italia?

R. – I bambini registrati in Italia sono oltre 9 mila. Parliamo sempre di minorenni non accompagnati. Il fatto drammatico è che ce ne sono quasi 6 mila scomparsi ed è su questi che ci concentreremo, perché dalle analisi e indagini che abbiamo fatto abbiamo visto che ci sono dei problemi enormi di sfruttamento minorile in Italia ed è veramente assurdo che in un Paese civile come il nostro si debba sapere che, ad esempio a Roma, i minorenni egiziani non accompagnati presenti siano vittime dello sfruttamento sessuale maschile e dello spaccio e commercio della droga. Oppure, che altre etnie, come quelle presenti ad esempio nelle campagne siciliane, possano essere utilizzate nello sfruttamento del lavoro minorile nei campi dal cosiddetto "caporalato".

D. – Uno spaccato di emergenza che interpella le coscienze di tutti…

R. – Molti dicono, forse facendo un po’ di demagogia, che dobbiamo pensare ai nostri bambini, ai nostri figli italiani, e non a quelli idei migranti. È veramente una sciocchezza, perché si può fare del bene lavorando sia per i bambini minori non accompagnati migranti sia per gli italiani indigenti, che comunque in alcune zone di Italia vivono anche in estrema povertà.

D. – L’attenzione che si dedica ai bambini è comunque una spia della civiltà di un Paese…

R. – Sì, delle volte mi domando come mai l’Italia, in alcune regioni, stia reagendo così male sul tema dell’accoglienza. Il nostro è un popolo nato sulle migrazioni, abbiamo un’esperienza di migrazione verso altri Paese piena di sofferenza, che dovrebbe invece aiutarci ad accogliere gli altri. Invece, c’è un aumento della paura di quello che è diverso da noi, di quello che è straniero. I migranti economici di cui le parlavo prima non sono quelli di pelle chiara, né con gli occhi azzurri, come possono forse essere i siriani che fanno la via di terra e arrivano nel nord Europa. Quelli che arrivano da noi sono per lo più di colore, non hanno gli occhi azzurri e incontrano maggiori difficoltà ad essere accolti. Quindi, nella tragedia rappresentano la parte più sfortunata.

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Papa invia rosari ai detenuti del carcere di Pordenone

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Con l'invio di settanta rosari da parte di Papa Francesco in dono ai detenuti del carcere di Pordenone, in occasione della rassegna editoriale della libreria Editrice Vaticana, sono stati presentati e donati nei giorni scorsi anche due libri. I volumi, intitolati "Dite ai detenuti che prego per loro" e "Anche il Signore è un carcerato", raccolgono gli interventi di Papa Francesco sulla situazione all’interno delle carceri. Don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri Italiane, racconta al microfono di Francesca Di Folco il significato dei doni: 

R. – Questa cosa fa vedere la vicinanza del Papa alle persone che sono in carcere e che stanno soffrendo la carcerazione. Vuol dire, in ogni caso: guardate che la comunità cristiana, non solo io, non vi abbandona, non vi lascia soli e vuole seguire con voi un cammino di riconciliazione con il Padre e con i fratelli”. Il gesto del Rosario è come dire: “Preghiamo insieme”. Una mamma che possa proteggere tutti. Questo fa vedere questa vicinanza di Papa Francesco ai problemi delle persone, non solo quelle che sono dentro il carcere, ma anche ai loro famigliari. I libri, infatti, che sono stati regalati parlano di perdono, di riconciliazione, di vittime, di reinserimento sociale. Tutti strumenti, quindi, che fanno sì che si prospetti a livello giuridico una giustizia che riconcili, che renda possibili i percorsi di riconciliazione fra tutti, che reinserisca veramente le persone e che faccia sì che davvero anche i luoghi di contenimento sociale ridiventino luoghi in cui la dignità umana sia rispettata.

D. – Il Papa è da sempre vicino ai detenuti. In occasione del Giubileo della Misericordia ha stabilito che la porta della loro cella si trasformi in una vera e propria porta santa…

R. – Ci sono delle persone che non si possono muovere, che non possono fare il cammino giubilare, ma che possono fare un cammino giubilare spirituale. Non possono accedere alle cattedrali, ma hanno un luogo in cui incontrano Dio. Anche nel buio di una cella Dio ti intercetta e ti dice: se vuoi, possiamo camminare verso il bene, qualsiasi cosa tu abbia fatto. Qualsiasi situazione ti rimproveri la tua coscienza, sappi che c’è un papà che ti aspetta. Attraversa la porta della sua casa: dove abiti oggi è il luogo in cui Dio può parlarti e là, dove tu stai vivendo la tua fragilità, Dio dice: ‘Apri il cuore a Dio e Dio ti aprirà la sua casa, ti sta solo aspettando’”.

D. – Queste dichiarazioni del Santo Padre ci portano a riflettere sul significato della pena e a chiederci che cosa ci si aspetta davvero dalla redenzione in un carcere…

R. – Il carcere, come struttura, limita molto la persona. L’attività delle persone è ridotta e si fa difficoltà a responsabilizzarle. Tutto quello, quindi, che serve a coscientizzare rispetto al male che uno ha fatto, a capire che questo male non è tutta la sua vita, ma c’è del bene che il Signore può ancora ricavare dalla persona, e tutto ciò che porta maggiore dignità nelle carceri, favorisce un cambiamento del vissuto in carcere, ma anche della giustizia. La speranza è che le parole del Papa aiutino tutti a coscientizzarsi meglio rispetto al male fatto, a ripararlo e a pensare di se stessi che in ogni caso ci si può rialzare, in ogni situazione si può ridiventare uomini nuovi.

D. – E’ più complesso per un uomo avvicinarsi alla fede dietro alle sbarre?

R. – Non è detto, non è detto che la situazione del carcere diventi quella che ti allontana di più. Può succedere. Noi abbiamo un esempio nella parola di Dio che ci fa vedere molto chiaramente che cosa può capitare. Gesù Cristo è affiancato da due ladroni, uno chiede la salvezza, l’altro chiede a Dio: visto che sei Dio, tiraci giù dalla croce e io crederò che tu sei Dio. Quelli credo che siano i due atteggiamenti simbolo, perché di fronte alla disperazione che si vive in carcere si può rimproverare Dio per il fatto che non intervenga. E altri invece riacquisiscono la capacità di comprendere che Gesù stesso ha subito non tanto la carcerazione, ma la condanna degli uomini, e questo fratello maggiore ci può riaccompagnare da Dio Padre, che ci abbraccia e ci rimette in libertà, a partire dalla libertà personale, che poi diventa anche libertà esterna quando effettivamente nella società si creano tutti i presupposti, perché le persone che escono dal carcere possano avere una capacità migliore di avere lavoro, di avere la casa e di avere affetti. 

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Adolescenti e dipendenze, ciclo di incontri promossi dal Gemelli

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Nuovi adolescenti o nuove dipendenze? Questo il tema di una serie di incontri organizzati dall'Università Cattolica e dal Policlinico Gemelli e ospitati presso il Piccolo teatro Eliseo di Roma. Di abuso di alcol e droga e di cyberbullismo si è parlato ieri, in occasione del primo dibattito. Il servizio di Elvira Ragosta

L’esistenza di nuove droghe diventa quasi secondaria di fronte al nuovo atteggiamento giovanile di ricorrere a sostanze chimiche per programmare le emozioni, che per definizione sono imprevedibili. La tendenza a perdere il controllo negli adolescenti si manifesta anche nell’abuso di Internet che nei casi più gravi li costringe al ritiro sociale. Più che di una vera e propria dipendenza da web - spiega il prof. Federico Tonioni, psichiatra del policlinico Gemelli e autore del libro “Cyberbullismo e adolescenti”- si tratta di un nuovo modo di comunicare che disabitua bambini e adolescenti all’emozione dell’incontro dal vivo e spesso la causa non è Internet ma l’assenza genitoriale:

R. – Internet ha fatto molto più male ai genitori che non ai figli: troppe poche volte riusciamo a frapporci fra il video e gli occhi dei nostri figli. Per cui sono diminuiti concretamente gli sguardi scambiati dal vivo con un genitore, con una babysitter, con una nonna, con un fratellino… Questo inficia il rispecchiamento emotivo, che è un momento molto importante della crescita di ogni bambino e che fa sì che ogni bambino richieda quasi compulsivamente di essere visto, guardato tutte le volte che acquisisce una nuova competenza. Io credo – da quello che ho imparato dagli adolescenti che sono venuti da noi – che questo sia un nuovo vulnus. Secondo me, la domanda che dovremmo porci é: perché i genitori di questi tempi non sentono la mancanza di avere a che fare con i figli? Io non ho mai conosciuto un adolescente che comincia l’adolescenza per morire o per farsi male, ma solo per fare esperienze. La nostra assenza gliele complica.

D. – Secondo lei, questo è un problema essenzialmente dei “nativi digitali”?

R. – Si è acuito, ma c’è sempre stato. Ora i “nativi digitali” hanno aumentato il pregiudizio dei genitori, perché è la prima volta nella storia, nell’evoluzione anche dell’uomo, che gli adolescenti sono realmente più competenti dei genitori in una cosa. Ma il punto non è chi è più competente: dobbiamo ricordarci che anche se sono più competenti in una cosa così importante, gli adolescenti hanno bisogno di noi!

Tra le conseguenze della dipendenza da Internet, soprattutto per i giovanissimi, il cyberbullismo, fenomeno molto diffuso anche in Italia e di cui si occupa il prof. Tonioni, insieme con una équipe di psicologi e psicoterapeuti in un apposito ambulatorio del Policlinico Gemelli, che da novembre diventerà un centro interdipartimentale, coinvolgendo anche i reparti di Pediatria e Neuropsichiatria infantile.

All’incontro anche Alessandra Di Pietro, giornalista e autrice del volume “Il gioco della bottiglia. Alcol e adolescenti, quello che non sappiamo” in cui ha indagato, come madre e come giornalista, sul consumo alcolico da parte di minori:

R. – Ho provato a fare una indagine giornalistica, muovendomi tra storie vere ed esperti. Quello che ho voluto fare è stato fondamentalmente ascoltare: ascoltare le storie dei ragazzi e ascoltare quello che gli esperti hanno da dire. Quello che ne viene fuori è una ricchezza di contenuti, anche da parte dei nostri ragazzi; una grande capacità di riflessione e anche di reazione alle situazioni di disagio in cui si trovano. Credo che se vogliamo avere dei buonissimi risultati, per evitare delle situazioni di disagio, dovremmo proprio partire da quello che loro ci dicono e insieme tirare fuori le migliori soluzioni.

D. – Cosa dicono questi ragazzi?

R. – I ragazzi che ho intervistato chiedono di avere genitori presenti, affettuosi, autorevoli, in grado di dare loro dei limiti, di porre dei confini. Poi magari il loro compito è quello di trasgredirli. Questo non importa… Importante è che i genitori ci siano e che non siano gli amici. Gli amici sono gli amici e i genitori sono un’altra cosa.

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“Dialogare con Dio”. Amirante: un libro sulla gioia di pregare

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Esce oggi in libreria “Dialogare con Dio”, il nuovo libro di Chiara Amirante edito da Piemme, con prefazione del card. Marc Ouellet. Questo volume si propone come un piccolo manuale per imparare l’arte di ascoltare e parlare con Dio. “Oggi – scrive l’autrice, fondatrice di Nuovi Orizzonti – anche chi si dice cristiano, tende troppo spesso a vedere la preghiera come un dovere”, abbiamo dimenticato invece quanto la preghiera "sia fondamentale per vivere la nostra vita in pienezza e per custodire la pace nel cuore”. Su questo ultimo libro e l’importanza del pregare nella vita dei cristiani, Alessandro Gisotti ha intervistato proprio Chiara Amirante

R. – La maggior parte dei miei libri nascono dal desiderio di condividere qualche scoperta meravigliosa che, grazie all’amore di Dio, mi ha dischiuso nuovi orizzonti. In particolare, lo scoprire l’importanza della preghiera del cuore nella mia vita. Ho scelto ormai da tanti anni, infatti, di essere in ascolto del grido dei più disperati. Ho scoperto proprio quanto la preghiera sia fondamentale, quanto la preghiera sia quell’ossigeno dell’anima indispensabile per andare avanti quando la vita si fa veramente difficile, impegnativa. Quando la scalata del “santo viaggio della vita" sembra a volte inaffrontabile, ho sperimentato proprio l’importanza di passare da una preghiera che, a volte, rischia di essere un po’ distratta, sterile, a quella preghiera che è dialogo con Dio.

D. – Il libro non guarda solo ai credenti, ma anche a coloro che ambiscono ad affinare la dimensione contemplativa della vita. In che modo?

R. – In comunità naturalmente in questi anni sono tantissimi i giovani molto lontani dalla fede che hanno cercato la felicità in quelle seduzioni che il mondo con tanta prepotenza ci propone, e ho visto quanto la spiritualità sia la risposta anche per chi ha fatto scelte diverse, perché lontano dalla fede. Tante volte, però, non abbiamo avuto nessuno che ci accompagnasse un po' nello scoprire la bellezza e l’importanza della spiritualità della vita di preghiera. Allora, in questo libro ho cercato un pochino di fare sintesi di tutti quei suggerimenti trovati nella Parola di Dio, che ci sono di aiuto anche quando arriviamo da un percorso assolutamente diverso da quello della fede e, passo dopo passo, ho cercato di mettermi in ascolto di Colui che è il grande maestro dell’arte della preghiera, per riuscire a trasmettere la bellezza di quest’arte proprio a ragazzi che non avevano mai pregato in vita loro.

D. – Si è appena concluso il Sinodo sulla famiglia, quanto è importante la dimensione della preghiera nella famiglia, non solo quindi tra famiglie nella comunità, ma proprio all’interno della famiglia?

R. – Per quella che è la mia esperienza è assolutamente fondamentale. Ormai da più di venti anni ho la possibilità di parlare con tanti ragazzi di tante famiglie, sposi feriti, che vivono appunto il dramma di situazioni dolorose in famiglia, e vedo come dopo l’incontro forte e vitale con Cristo Risorto, che li porta a riprendere una vita di preghiera  insieme, in comunione proprio come sposi, come famiglia, questo ossigeno dell’anima dia una nuova vitalità alla vita della famiglia e a tutte quelle ferite spesso accumulate, non risolte negli anni. In questo pregare insieme trovano quel dolce balsamo di guarigione che viene dallo Spirito Santo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Padre Murad: la mia prigionia una nuova nascita

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“Anche quando venivo deportato, con le mani legate e gli occhi bendati, mi sorprendevo a ripetere a me stesso: sto andando verso la libertà. La prigionia è stata per me come una nuova nascita”. Così il sacerdote e monaco siriano Jacques Murad, priore del monastero di Mar Elian, ha riassunto l'esperienza spirituale vissuta nel tempo in cui è stato privato della libertà dai jihadisti dello Stato Islamico. Un periodo di prova - riferisce l'agenzia Fides - iniziato lo scorso 21 maggio, quando uomini armati avevano prelevato il sacerdote dal monastero alla periferia di Qaryatayn insieme ad un suo collaboratore, e conclusosi lo scorso 11 ottobre, quando padre Jacques ha potuto ritrovare la piena libertà.

La Messa in un dormitorio sotterraneo
Nel racconto della sua esperienza di prigionia, offerto all'emittente araba cristiana Noursat TV-Tele Lumiere, padre Jacques ha riferito tra le altre cose di aver celebrato Messa in un dormitorio sotterraneo, dove erano stati reclusi altri 250 cristiani di Qaryatayn sequestrati a loro volta dai jihadisti, con i quali il sacerdote era stato ricongiunto lo scorso 11 agosto.

Nonostante le pressioni dell'Is i cristiani non si convertono all'islam
“I cristiani – ha riferito padre Jacques - erano spesso interrogati sulla loro fede e sulla dottrina cristiana, e non si sono convertiti all'islam, nonostante le pressioni. Erano fedeli alla preghiera del rosario. Questa esperienza di prova - ha aggiunto il monaco siriano - ha fortificato la fede di tutti, e anche la mia fede come sacerdote. E' come se fossi nato di nuovo”.

Padre Murad fa parte della comunità monastica di Deir Mar Musa, fondata dal gesuita romano Paolo Dall'Oglio, scomparso nel nord della Siria il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, roccaforte dei Jihadisti dello Stato Islamico. (G.V.)

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Coree: preti cattolici sudcoreani ad una Messa a Pyongyang

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Una delegazione di 12 preti sudcoreani ha compiuto una visita in Corea del Nord, partecipando alla celebrazione di una santa Messa a Pyongyang. Come riferisce l'agenzia Fides, si tratta di un gruppo di preti della “Associazione dei preti cattolici per la giustizia” (Cpaj) giunta a Pyongyang da Pechino per un soggiorno di cinque giorni. La santa Messa, hanno detto, aveva come intenzione di preghiera la riunificazione tra le due Coree. I preti sono stati invitati dalla Associazione dei cattolici del Nord (controllata dal governo): è la prima visita di una delegazione cattolica dal 2008.

L'evento per promuovere scambi di tipo religioso e non politico
Secondo il governo di Seul, che ha autorizzato la missione, questa mossa potrebbe dare adito a visite di altri gruppi della società civile, “nella logica di promuovere scambi di tipo religioso e non politico”, ha detto un funzionario del governo di Seul.

L'Associazione si batte per l'unità tra le due Coree
L’Associazione dei preti cattolici per la giustizia (Cpaj) è una unione volontaria fondata nel 1974 dal clero sudcoreano, che riunisce circa 500 membri, molto impegnati nella richiesta di unità con il Nord. Attualmente l’Associazione chiede l'abolizione della Legge sulla sicurezza nazionale in Corea del Sud, identificata come il maggiore ostacolo a un reale riavvicinamento e riconciliazione con i fratelli della Nord Corea. (P.A.)

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Vietnam: buddisti e protestanti in difesa di una scuola cattolica

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Leader di tutte le religioni si sono schierati dalla parte della diocesi di Ho Chi Minh City, riuscendo ad evitare che il governo distruggesse la scuola elementare di Thủ Thiêm (quartiere della città), gestita dalle suore Amanti della Santa Croce. Da anni la Chiesa combatte contro gli espropri forzati del governo, e questo è il primo episodio in cui le autorità rinunciano alla demolizione. Qualche settimana fa - riferisce l'agenzia AsiaNews - le autorità avevano avvisato la congregazione, situata nel distretto 2, che avrebbero demolito la scuola per far posto ad altri progetti urbanistici. Il 19 ottobre, le Amanti della Santa Croce hanno inviato una petizione alla Comitato del Popolo di Ho Chi Minh City e all’ufficio episcopale della diocesi, lamentandosi della decisione del governo.

Preghiere, una fiaccolata ed una Veglia contro la demolizione
La petizione non ha ricevuto alcuna risposta da parte delle autorità, che il 22 ottobre ha iniziato i preparativi per la demolizione dell’edificio. “Dopo aver sentito che la scuola di Thủ Thiêm stava per essere distrutta – dice padre Ngô Gia Thế – moltissimi fedeli delle parrocchie sono venuti alla congregazione delle suore per chiedere alle autorità locali di sospendere lo sgombero dell’area”. Circa 3mila persone, cattolici e non, si sono radunate, hanno pregato in chiesa, hanno dato vita ad una fiaccolata all’esterno e sono rimasti tutta la notte sotto la pioggia, esponendo cartelloni con la richiesta di non demolire la scuola.

L'appoggio del Consiglio interreligioso
Il raduno ha ricevuto l’appoggio del Consiglio interreligioso del Vietnam, e membri della religione Cao Đài, buddisti, buddisti Hòa Hảo e protestanti hanno partecipato alla protesta e dichiarato: “Noi sosteniamo con forza il diritto della scuola, le sue richieste ragionevoli e ci aspettiamo giustizia e libertà religiosa per le Amanti della Santa Croce di Thủ Thiêm”. In una dichiarazione scritta, il Consiglio interreligioso afferma: “Le Amanti della Santa Croce di Thủ Thiêm, una comunità cattolica, sono presenti dal 1840. La congregazione ha lavorato con bambini e persone della comunità con attività spirituali, caritatevoli e sociali. Inoltre, la congregazione ha costruito tre scuole elementari situate in un area di quattro km2. Gli istituti educativi hanno portato molti benefici culturali ed etici per le giovani generazioni e la gente che vive nella comunità”.

Sospesa la demolizione
​Il 25 ottobre, le autorità del Distretto 2 di Ho Chi Minh City hanno sospeso la demolizione della scuola, dicendo di aver cambiato “progetto” in merito alla vicenda. (N.H.)

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Congo: opposizione contesta il sì al referendum costituzionale

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Gli elettori congolesi avrebbero votato in massa a favore dell’adozione di una nuova Costituzione che autorizza l’attuale Capo di Stato Denis Sassou Nguesso a candidarsi per un nuovo mandato alla guida del Congo-Brazzaville: lo riportano i risultati ufficiali del referendum costituzionale svoltosi domenica nel Paese. In base ai dati, pubblicati questa mattina, i ‘sì’ al progetto hanno vinto con una maggioranza schiacciante: il 92,26%. L’alto tasso di partecipazione inoltre, attestato al 72% degli aventi diritto - riferisce l'agenzia Misna - metterebbe la parola fine alle speculazioni circa la legittimità della consultazione.

L'opposizione chiede di invalidare il referendum per mancata partecipazione
La reazione dell’opposizione, che aveva invitato i congolesi a boicottare le urne non si è fatta attendere. Il Frocad (Fronte repubblicano per il rispetto dell’ordine costituzionale e l’alternanza democratica) ha denunciato “uno scandalo” e definito “incredibile” la percentuale affluenza alle urne. “I dati ufficiali rivelano la malafede e la disonestà di questo governo” ha aggiunto, in una nota, il Partito socialdemocratico congolese (Psdc). Ieri, all’indomani del voto, rappresentanti di opposizione avevano parlato di un’affluenza al 10%  e chiesto alle autorità di invalidare il referendum per mancata partecipazione. Anche fonti indipendenti presenti a Brazzaville, Pointe Noire e le altre città del Paese avevano riferito domenica di un elettorato che aveva disertato in massa i seggi.

Il testo deve essere promulgato dallo stesso Sassou Nguesso
Il testo della nuova Carta fondamentale, che non prevede limiti di età e di mandato per il Presidente della Repubblica, è già stato adottato e aspetta ora solo la promulgazione da parte dello stesso Sassou Nguesso. Tornato alla guida del Paese con un colpo di mano nel 1997, l’attuale Presidente – che aveva governato il Congo-Brazzaville dal 1979 al 1992 – è stato più di 31 anni al potere. (A.d.L.)

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Chiesa messicana: la droga è droga e non un medicinale

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"La droga è droga anche qualora venga venduta come leggero balsamo medicinale. I pessimi imitatori messicani provano a seguire le orme dei vicini per mettere sul tavolo della ‘sana democrazia’ un dibattito tetro, assurdo e controproducente": così si legge nell’ editoriale di "Desde la Fe", settimanale dell'arcidiocesi di Mexico, ripreso dall'agenzia Fides.

La Corte Suprema discute  sulla legalizzazione della marijuana
Da domani, 28 ottobre, la Corte Suprema di Giustizia del Messico, discuterà sulla legalizzazione della marijuana, tema che la Chiesa ha proposto venga trattato insieme a un'indagine approfondita sui problemi generati dal consumo di marijuana. Dinanzi alle diverse campagne apparse in questi giorni, l'arcidiocesi della capitale ha proposto un testo molto chiaro sulla posizione dei cattolici al riguardo.

La povertà è un detonatore del traffico e del consumo di droga
L’arcidiocesi invita ad aprire gli occhi sulla situazione: “Ci sono esperti che credono che il passo verso la marijuana libera possa essere fondamentale per il rafforzamento dello Stato libero e democratico, sostenendo che questa pianta è sana come una bottiglia di vitamine ...hanno anche la pretesa di dire che si potrebbero attenuare gli effetti della violenza generata dalla guerra alla droga e creare uno Stato libero e sicuro… La povertà, per esempio, è un detonatore del traffico e del consumo di droga, e ora s'intende spostare questo dibattito sulle grandi questioni di giustizia e di benessere per i presunti benefici della pianta che crea dipendenza".

Quello che è illegale, diventa così normale, e quindi morale
​Alla fine il testo conclude: "La marijuana per divertimento è placebo per placare le lamentele sulla distruzione sociale in cui ci troviamo irrimediabilmente. La Chiesa insegna che questo uso irresponsabile della libertà conduce ad effetti opposti a quelli che si cercano. Si ammette che ciò che è illegale potrebbe essere normale, e quindi morale. Qualora venga autorizzata la droga, non si tratta solo di un prodotto, ma ciò che è in gioco è la vita e il destino delle persone". (C.E.)

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Vescovi Australia: impegno internazionale contro la pena di morte

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Occorre impegnarsi a livello internazionale per abolire la pena di morte: questo, in sintesi, il contenuto della lettera che l’arcivescovo Denis Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana (Acbc), ha inviato al Parlamento nazionale. Nella missiva, il presule offre l’aiuto della Chiesa locale al governo, per una collaborazione comune finalizzata all’abolizione della pena capitale nel mondo.

Difendere dignità umana, fondamento di tutti i diritti
“La dignità umana è fondamento di tutti i diritti umani – scrive mons. Hart – Essa, insieme al diritto alla vita di ciascuno, deve essere rispettata dal concepimento e fino alla morte naturale”. Di qui, la sottolineatura del fatto che “l’imposizione della pena capitale è crudele ed inutile per i colpevoli, le loro famiglie e la società”. Al contrario, “le comunità si arricchiscono quanto possono dimostrare misericordia”.

Cappellani carcerari, una “finestra di speranza” per i detenuti
Quindi, il presidente dell’Acbc si sofferma sulla figura dei cappellani carcerari, evidenziandone “il ruolo vitale” nell’aiutare i detenuti “a trasformare le loro vite”. “I cappellani vivono in prigione, ma non vi appartengono – sottolinea il presule – perché sono segni di quella misericordia che la società non ha donato ai detenuti”. Forieri di “speranza”, i cappellani possono essere “una finestra per l’intera comunità di carcerati”. Per questo, il presule esorta “gli australiani e gli amici internazionali ad impegnarsi per il rispetto e la tutela della dignità di ogni vita umana, anche di coloro che arrecano gravi danni”.

Condannare il crimine, ma dire no alla pena di morte
​Infatti, spiega mons. Hart, “si può riconoscere la gravità delle reati commessi ed opporsi, allo stesso tempo, alla pensa di morte”, anzi: “la preoccupazione della Chiesa per il valore della vita umana motiva la sua opposizione alla pena capitale”. La lettera si conclude con l’affermazione che l’Acbc  “sarebbe lieta di assistere il governo australiano” in questo ambito, “prendendo contatti, dove possibile, con le opportune diplomazie della Santa Sede” e con i rappresentati di altri governi nazionali, attraverso le rispettive Conferenze episcopali. (A cura di Isabella Piro)

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Vescovi India: nella scuola più spazio all'educazione dei valori

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Più spazio all’insegnamento dei valori, del senso civico, dell’inclusione e della tolleranza nei programmi scolastici. E’ quanto chiede la Chiesa indiana in vista della presentazione del nuovo Piano educativo nazionale prevista nelle prossime settimane. La richiesta è contenuta in una serie di proposte presentate nei giorni scorsi al Ministro per lo Sviluppo delle risorse umane  da una delegazione dell’Ufficio per l’educazione e la cultura della Conferenza episcopale indiana (Cbci).

Promuovere un’educazione centrata sui valori iscritti nella Costituzione
Tra le proposte formulate dall’episcopato, quella di contenere le tasse scolastiche, la creazione di un fondo speciale per le borse di studio a favore delle categorie svantaggiate e un sistema di valutazione triennale del docenti. Ma al cuore di queste proposte vi è, appunto, quella di promuovere un’istruzione di qualità centrata sui valori iscritti nella Costituzione indiana, tra i quali il pluralismo. “Di fronte ai sempre più frequenti episodi di intolleranza nel nostro Paese -  ha spiegato all’”Indian Express” padre Joseph Manipadam, Segretario dell’Ufficio per l’educazione e la cultura - è essenziale che il sistema educativo si concentri su un’educazione che promuova l’inclusione”. In questo senso il Governo viene esortato a tutelare la laicità del sistema educativo, oggi minacciata dalle pressioni del radicalismo indù, ma anche a promuovere l’educazione alla legalità e all’etica di cui si sente oggi la mancanza.

Gli istituti cattolici punti di eccellenza dei servizi educativi nazionali
Attualmente la Chiesa indiana gestisce circa 20mila istituti educativi tra asili, primarie, secondarie e college. In tutto il Paese scuole e istituti cattolici sono divenuti centri di eccellenza dei servizi educativi nazionali, tanto che spesso sono frequentati in maggioranza da studenti non cristiani.  Gli istituti cattolici di educazione superiore, già noti per l’alto livello dell’offerta formativa, sono entrati anche nel campo dell’economia, del business, dell’imprenditoria e del management, nella consapevolezza dell’importanza strategica che oggi l’economia riveste nel mondo globalizzato e per lo sviluppo dei popoli. Per l’alta qualità della dell’istruzione impartita, diverse scuole gestite da ordini religiosi hanno ricevuto pubblici riconoscimenti ed elogi.  (L.Z.)

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Irlanda. Mons. Martin: accoglienza degna per i rifugiati

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Preghiere per i rifugiati, per i volontari che li assistono e per una giusta risposta all’attuale crisi umanitaria. E’ quanto chiede mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda, in una lettera pastorale ai fedeli nella quale ribadisce l’urgenza di un’azione coordinata tra la Chiesa e le autorità irlandesi per dare un’accoglienza adeguata a queste persone.

La Chiesa sta facendo la sua parte
“Tra le testimonianze più commoventi al Sinodo sulla famiglia – scrive mons. Martin - vi sono state quelle riguardanti la sorte toccata alle famiglie migranti e rifugiate in tanti Paesi del mondo”, famiglie “separate, in lutto e oppresse dalla guerra e dalla persecuzione”.  Come Gesù con il cieco Bartimeo, “la Chiesa sta facendo la sua parte” per rispondere al loro grido di aiuto. Molto è stato già fatto da singoli, gruppi e parrocchie  dell’arcidiocesi di Armargh.  Mons. Martin ricorda in particolare l’impegno di Trócaire, l’agenzia di aiuto allo sviluppo della Chiesa cattolica irlandese,  della Società di San Vincenzo De Paoli, i consigli pastorali, le scuole e altre agenzie caritative cattoliche operanti nella diocesi. A loro il presule esprime gratitudine per la generosità e la solidarietà  mostrata in questa tragedia.

Fare di più per proteggere i diritti umani dei rifugiati
Quindi mons. Martin si rivolge alle autorità politiche: “Anche se la risistemazione dei rifugiati è una questione complessa, i governi del nord e del sud d’Irlanda devono fare di più per proteggere i loro diritti umani”. “C’è urgente  bisogno – sottolinea – di una immediata azione strategica che concili un piano organico di accoglienza , integrazione e  stanziamenti a favore dei rifugiati”.

Pregare per tutte le famiglie migranti nel mondo
Di qui l’esortazione ai Consigli pastorali delle parrocchie dell’arcidiocesi di Armagh a continuare a coordinarsi con altre agenzie locali accogliere e assistere i rifugiati che arriveranno nell’arcidiocesi.  Infine, l’invito a pregare per le vittime dei conflitti e per tutte le famiglie migranti nel mondo. (A cura di Lisa Zengarini)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 300

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.