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Sommario del 25/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a fine Sinodo: vero difensore dottrina non è chi difende le idee ma l'uomo

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La Chiesa non distribuisce anatemi, ma proclama la misericordia di Dio, al di là di quanti vogliono indottrinare il Vangelo per trasformarlo in pietre morte da scagliare contro gli altri: è quanto ha affermato il Papa, ieri pomeriggio, a conclusione dei lavori del Sinodo sulla famiglia. Il servizio di Sergio Centofanti

Questioni affrontate senza mettere la testa sotto la sabbia
Un discorso intenso e forte. Papa Francesco, dopo aver ringraziato tutti i partecipanti ai lavori, ha passato in rassegna i vari significati di questo Sinodo. Certamente – ha detto -  non sono state trovate “soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia” ma queste sono state messe “sotto la luce della Fede” e affrontate “senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia”. Un Sinodo – ha detto – che ha “sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana”.

Non nascondersi dietro dottrina per scagliare pietre
E’ stato un Sinodo che ha “dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia”. E poi ecco ancora cosa significa questo Sinodo per Papa Francesco:

“Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole 'indottrinarlo' in pietre morte da scagliare contro gli altri. Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”.

Superare ermeneutica cospirativa
Altro significato del sinodo è “aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”:

“Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”.

Libertà di espressione, Chiesa non usa moduli preconfezionati
“Nel cammino di questo Sinodo – ha sottolineato ancora - le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa ‘moduli preconfezionati’, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi.

Inculturazione
Aldilà delle “questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa” – ha detto Papa Francesco – si è vista la diversa sensibilità dei pastori dei vari continenti secondo le loro culture: “L’inculturazione – ha affermato - non indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture.

No a relativismo e a demonizzazione degli altri
“Abbiamo visto, anche attraverso la ricchezza della nostra diversità – ha aggiunto - che la sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa: annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici”:

“E, senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che «TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI» (1 Tm 2,4), per inserire e per vivere questo Sinodo nel contesto dell’Anno Straordinario della Misericordia che la Chiesa è chiamata a vivere”.

Veri difensori dottrina sono quanti difendono non formule ma amore gratuito di Dio
Quindi ha sottolineato:

“L’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia (cfr Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54)”.

Chiesa non distribuisce anatemi ma proclama misericordia di Dio
Il Papa invita a “superare le costanti tentazioni del fratello maggiore (cfr Lc 15,25-32) e degli operai gelosi (cfr Mt 20,1-16)”. Questo “significa valorizzare di più le leggi e i comandamenti creati per l’uomo e non viceversa (cfr Mc 2,27)”:

“Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50)”.

La misericordia in Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
Infine cita tre Papi: il beato Paolo VI laddove dice che “Dio, in Cristo, si rivela infinitamente buono”; san Giovanni Paolo II che affermava: “La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia […] e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice”; e Papa Benedetto XVI: “La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio”.

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Sinodo. Grande consenso su Relazione finale: famiglia, luce del mondo

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Papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione della Relazione finale del 14.mo Sinodo generale ordinario sulla famiglia. Del documento ha parlato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ieri sera, in un briefing conclusivo dei lavori. La Relazione è composta da 94 paragrafi, votati singolarmente dai Padri Sinodali e tutti approvati a maggioranza qualificata, pari a 177 voti su 265. Il servizio di Isabella Piro

Luce nel buio del mondo: così la Relazione finale definisce la famiglia, descrivendone, sì, le tante difficoltà, ma anche la sua grande capacità di affrontarle e di reagire di fronte ad esse. Organico e lineare, il documento conclusivo del Sinodo raccoglie molti dei “modi” (emendamenti) presentati dai Padri Sinodali all’Instrumentum laboris e rispecchia, quindi, la voce dell’Assemblea.

Paragrafi specifici dedicati a situazioni familiari difficili
Due paragrafi in particolare, approvati con 178 ed 180 voti, sono stati al limite della maggioranza qualificata. Ascoltiamo padre Lombardi:

“Sono quelli che riguardavano le situazioni difficili, l’approccio pastorale di famiglie ferite o in situazioni non regolari dal punto di vista canonico e della disciplina della Chiesa. In particolare, le convivenze, i matrimoni civili, i divorziati risposati ed il modo di avvicinarsi pastoralmente a queste situazioni. Però sempre la maggioranza dei due terzi è stata raggiunta”.

Documento con atteggiamento positivo ed accogliente
Un documento dall’atteggiamento positivo ed accogliente, sottolinea ancora padre Lombardi, che ha fatto un lungo percorso rispetto all’Instrumentum laboris:

“Personalmente, ho trovato straordinario il cammino fatto dal documento Istrumentum laboris al documento Relatio finalis, che è straordinariamente ricco denso ed anche ben equilibrato e ben organizzato”.

Il direttore della Sala stampa vaticana ricorda, poi, il Motu proprio del Papa sulla riforma dei processi di nullità matrimoniale che ha dato, così, un contributo efficace e risolutivo alla tematica del Sinodo.

Ribadita dottrina dell’indissolubilità matrimoniale
Nella Relazione finale, si richiama la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio sacramentale, non giogo, ma dono di Dio, verità fondata in Cristo e nel suo legame con la Chiesa. Al contempo, sottolinea che verità e misericordia convergono in Cristo. Di qui, il richiamo all’accoglienza delle famiglie ferite. Senza citare espressamente l’accesso all’Eucaristia per i divorziati risposati, il documento sinodale ricorda che essi non sono scomunicati e rimanda al discernimento dei Pastori l’analisi delle situazioni famiglia complesse.

Discernimento dei Pastori per situazioni complesse
Il discernimento, sottolinea, va applicato secondo l’insegnamento della Chiesa, con la fiducia che la misericordia di Dio non si nega a nessuno. Per i conviventi, si ribadisce che la loro situazione va affrontata in maniera costruttiva, cercando di trasformarla in opportunità di cammino di conversione verso la pienezza del matrimonio e della famiglia, alla luce del Vangelo.

Persone omosessuali non vanno discriminate, ma no a unioni dello stesso sesso
Altri punti salienti della Relazione si soffermano sul tema dell’omosessualità: le persone con tali tendenze non vanno discriminate, si spiega, ma al contempo si ribadisce che la Chiesa è contraria alle unioni tra persone dello stesso sesso e che non sono ammesse pressioni esterne su di essa in relazione a questo punto. Paragrafi speciali vengono poi dedicati a migranti, profughi, perseguitati, le cui famiglie sono disgregate e che possono diventare vittime della tratta. Anche per loro si invoca accoglienza, richiamandone i diritti, ma anche doveri nei confronti dei Paesi che li ospitano.

Valorizzare la donna, tutelare bambini ed anziani
Altre riflessioni specifiche vengono dedicate alla donna, all’uomo, ai bambini, perni della vita familiare: per tutti loro si ribadisce la tutela e la valorizzazione dei rispettivi ruoli. Per le donne, viene auspicato un ruolo più rilevante nei percorsi formativi dei ministri ordinati, mentre per i bambini si sottolinea la bellezza dell’adozione e dell’affido, che ricostruiscono legami familiari interrotti. Il Sinodo, poi, non dimentica i vedovi, i disabili, gli anziani ed i nonni, che permettono la trasmissione della fede in famiglia e che vanno messi al riparo dalla cultura dello scarto. Anche le persone non sposate vengono ricordate per il loro impegno nella Chiesa e nella società.

Fanatismo, individualismo, povertà, precarietà lavorativa, ideologia gender
Tra le ombre dell’epoca contemporanea che spesso incombono sulla famiglia, il Sinodo cita il fanatismo politico-religioso ostile al cristianesimo, l’individualismo crescente, l’ideologia del gender, i conflitti, le persecuzioni, la povertà, la precarietà lavorativa, la corruzione, le coercizioni economiche che escludono la famiglia dall’educazione e dalla cultura, la globalizzazione dell’indifferenza che pone al centro della società il denaro e non l’uomo, la pornografia ed il calo demografico.

Rafforzare preparazione al matrimonio
Il documento finale raccoglie quindi i suggerimenti a rafforzare la preparazione al matrimonio, soprattutto per i giovani che ne sembrano intimoriti: per essi si auspica una formazione adeguata all’affettività, seguendo la virtù della castità e del dono di sé. In quest’ottica, si richiama il legame tra atto sessuale ed atto procreativo tra coniugi, i cui figli sono il frutto più prezioso, perché portano in sé la memoria e la speranza di un atto d’amore. Un altro legame ribadito è quello tra vocazione alla famiglia e vocazione alla vita consacrata. Centrale anche l’educazione alla sessualità ed alla corporeità e la promozione della paternità responsabile, secondo gli insegnamenti dell’Enciclica di Paolo VI “Humanae Vitae”, ed il ruolo primario dei genitori all’educazione dei figli alla fede.

Tutelare la vita dal concepimento alla morte naturale
Un appello viene quindi lanciato alle istituzioni affinché promuovano e sostengano politiche familiari, mentre i cattolici impegnati in politica vengono esortati a tutelare la famiglia e la vita, perché una società che le trascura ha perdso la sua apertura al futuro. A tal proposito, il Sinodo ribadisce la sacralità dell’esistenza dal concepimento e fino alla morte naturale e mette in guardia da gravi minacce alla famiglia come aborto ed eutanasia. Ulteriori paragrafi sono dedicati ai matrimoni misti, dei quali si sottolineano gli aspetti positivi per la promozione del dialogo ecumenico ed interreligioso. Viene ribadita poi la necessità di tutelare la libertà religiosa ed il diritto all’obiezione di coscienza all’interno della società.

Chiesa ha bisogno di rinnovare linguaggio per annunciare Vangelo
Un’ampia riflessione viene fatta anche sulla necessità di modificare il linguaggio della Chiesa, rendendolo più significativo affinché l’annuncio del Vangelo della famiglia risponda davvero alle attese più profonde della persona umana. Non si tratta, infatti, solo di presentare una normativa, ma di annunciare la grazia che dona la capacità di vivere i beni della famiglia.

Famiglia, porto sicuro dei sentimenti più profondi
Infine, la Relazione sottolinea la bellezza della famiglia: Chiesa domestica basata sul matrimonio tra uomo e donna, cellula fondamentale della società alla cui crescita contribuisce, porto sicuro dei sentimenti più profondi, unico punto di connessione in un’epoca frammentata, parte integrante dell’ecologia umana, essa va protetta, sostenuta ed incoraggiata, anche da parte delle autorità.

Richiesto al Papa un documento sulla famiglia
Il documento si conclude con la richiesta dei Padri Sinodali al Papa affinché valuti l’opportunità di offrire un documento sulla famiglia. E padre Lombardi spiega:

“I Padri Sinodali non dicono che è tutto finito, ma affermano: ‘Offriamo la Relazione al Santo Padre affinché valuti lui se continuare il cammino con un suo documento che, sulla base di quello sinodale, approfondisca ancora il tema della famiglia secondo la la prospettiva che egli voglia dare’. Rimaniamo in cammino”.

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Papa a Messa chiusura Sinodo: è tempo di misericordia e inclusione

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"E' tempo di misericordia". Il Papa mette in guardia da “una fede che non sa radicarsi nella vita della gente”. Francesco celebra nella Basilica di San Pietro la Messa di chiusura del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia invitando i Padri sinodali a proseguire “il cammino che il Signore desidera" senza "mai farci offuscare dal pessimismo e dal peccato”. Alessandro Guarasci

La parola “misericordia” torna più volte nell’omelia del Papa. E così rimanda al Giubileo che si aprirà l’8 dicembre. Riprendendo il Vangelo del giorno, in cui al cieco Bartimeo Gesù dona la vista, Francesco ricorda che “le situazioni di miseria e di conflitto sono per Dio occasioni di misericordia. Oggi è tempo di misericordia”.

Porre l'uomo a contatto con la Misericordia
Anche oggi, i discepoli di Gesù sono chiamati “a porre l’uomo a contatto con la Misericordia compassionevole che salva. Quando il grido dell’umanità diventa, come in Bartimeo, ancora più forte, non c’è altra risposta che fare nostre le parole di Gesù e soprattutto imitare il suo cuore”. Dunque bisogna vivere sempre con uno spirito orientato verso gli altri, perché il rischio, “di fronte ai continui problemi” è di “ andare avanti, senza lasciarci disturbare”.

Una spiritualità del miraggio
La tentazione - dice il Papa - è “una spiritualità del miraggio”:

“Possiamo camminare attraverso i deserti dell’umanità senza vedere quello che realmente c’è, bensì quello che vorremmo vedere noi; siamo capaci di costruire visioni del mondo, ma non accettiamo quello che il Signore ci mette davanti agli occhi. Una fede che non sa radicarsi nella vita della gente rimane arida e, anziché oasi, crea altri deserti”.

Una fede da tabella
E poi, c’è un’altra tentazione: “una ‘fede da tabella’”, senza guardare diritto nel cuore delle persone:

“Possiamo camminare con il popolo di Dio, ma abbiamo già la nostra tabella di marcia, dove tutto rientra: sappiamo dove andare e quanto tempo metterci; tutti devono rispettare i nostri ritmi e ogni inconveniente ci disturba”.

Gesù vuole includere chi è ai margini
Bisogna invece ricordare che “Gesù vuole includere, soprattutto chi è tenuto ai margini e grida a Lui”. E proprio attorno la parola “inclusione” è ruotato il Sinodo che si è appena concluso. Ai Padri sinodali, il Pontefice ricorda che “noi abbiamo camminato insieme”. Ma ora serve proseguire lungo “il cammino che il Signore desidera”. Chiediamo a Lui uno sguardo guarito e salvato, che sa diffondere luce, perché ricorda lo splendore che lo ha illuminato”. Dunque, la gloria di Dio va cercata e vista nell'uomo vivente "senza farci mai offuscare dal pessimismo e dal peccato".

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Francesco all’Angelus: Chiesa non abbandona famiglie né profughi

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Una “famiglia di famiglie” in cui “chi fa fatica non si trova emarginato”, che sia esso un povero, uno svantaggiato, un profugo. Questo è il popolo di Dio nelle parole di Papa Francesco, all’Angelus in un'affollata Piazza San Pietro, pronunciato subito dopo aver presieduto in Basilica Vaticana la Santa Messa di chiusura del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Il servizio di Giada Aquilino

La Chiesa in cammino con famiglie e profughi
Un popolo “fatto di famiglie”, che porta avanti la vita e non esclude nessuno, né i poveri, né gli svantaggiati, né i profughi “in marcia sulle strade dell’Europa”. È l’immagine che Papa Francesco ripropone all’Angelus, ricordando il Sinodo dei vescovi appena concluso: tre settimane - spiega - di “lavoro intenso”, “faticoso”, ma che “porterà sicuramente molto frutto”, perché “animato dalla preghiera e da uno spirito di vera comunione”. La Chiesa, aggiunge, si è messa in cammino – perché sinodo vuol dire camminare insieme – con le famiglie “del Popolo santo di Dio sparso in tutto il mondo”. Ed è proprio la profezia del popolo in cammino, ricordata questa domenica, che il Papa racconta di aver confrontato anche “con le immagini dei profughi in marcia sulle strade dell’Europa”, che definisce “realtà drammatica dei nostri giorni”.

“Anche queste famiglie più sofferenti, sradicate dalle loro terre, sono state presenti con noi nel Sinodo, nella nostra preghiera e nei nostri lavori, attraverso la voce di alcuni loro Pastori presenti in Assemblea. Queste persone in cerca di dignità, queste famiglie in cerca di pace rimangono ancora con noi, la Chiesa non le abbandona, perché fanno parte del popolo che Dio vuole liberare dalla schiavitù e guidare alla libertà”.

Famiglie che mandano avanti la vita
Al fianco di questo popolo “il nostro Padre”, il cui ‘sogno’ - prosegue Francesco - è appunto quello “di guidarlo verso la terra della libertà e della pace”:

“Questo popolo è fatto di famiglie: ci sono ‘la donna incinta e la partoriente’; è un popolo che mentre cammina manda avanti la vita, con la benedizione di Dio”.

Solo inclusione per poveri e svantaggiati
Ma è anche un popolo “che non esclude i poveri e gli svantaggiati, anzi, li include”:

“E’ una famiglia di famiglie, in cui chi fa fatica non si trova emarginato, lasciato indietro, ma riesce a stare al passo con gli altri, perché questo popolo cammina sul passo degli ultimi; come si fa nelle famiglie, e come ci insegna il Signore, che si è fatto povero con i poveri, piccolo con i piccoli, ultimo con gli ultimi. Non lo ha fatto per escludere i ricchi, i grandi e i primi, ma perché questo è l’unico modo per salvare anche loro, per salvare tutti: andare con i piccoli, con gli esclusi, con gli ultimi”.

I saluti ai pellegrini
Pregando la Vergine Maria per una “fraterna comunione”, il Pontefice nei saluti finali ha ricordato e ringraziato la ‘Hermandad del Señor de los Milagros’ di Roma, che ha portato in processione l’Immagine venerata a Lima, in Perù, e “dovunque vi sono emigrati peruviani”. Ha salutato pure i pellegrini musicisti austriaci e svizzeri, l’Associazione volontari ospedalieri ‘San Giovanni’ di Lagonegro e il gruppo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi.

Le voci dei fedeli
E oggi in piazza San Pietro, sono stati decine di migliaia i fedeli festanti e le famiglie arrivati da ogni parte del mondo per ascoltare le parole di Papa Francesco, subito dopo la Messa di chiusura del Sinodo, durante la quale il Pontefice ha sottolineato che oggi "è tempo di misericordia". Ascoltiamo i commenti raccolti in piazza da Marina Tomarro

R. – La misericordia penso sia per tutti … ma la parola “misericordia” vuol dire "dare il cuore ai miseri". E questo è l’atteggiamento che ogni cristiano deve vivere in ogni momento, dentro la famiglia ma anche dentro la famiglia più grande, che è la società e che è l’umanità.

R. – La misericordia bisogna sempre prenderla da Gesù: come Lui era misericordioso. Allora, se si segue il pensiero del Vangelo, si segue anche il pensiero della Chiesa e si entra nel mondo, nella famiglia, in ogni luogo. Tutti dobbiamo essere misericordiosi.

R. – La misericordia è una delle tracce più importanti, chiaramente non soltanto verso la famiglia ma anche – come ha detto il Sinodo – significa entrare nelle situazioni particolari della famiglia, che hanno bisogno di questo sguardo misericordioso, di guardare veramente il bene della famiglia, soprattutto dei bambini che a volte sono dimenticati …

R. – La famiglia è tante cose e bisogna far sì che si dia un rilievo a questa cosa, perché comunque più si è uniti e più l’armonia, anche all’interno delle famiglie, dà benessere ai nostri figli: più ci vedono tranquilli e sereni e più loro, di riflesso, lo sono.

D. – Durante il Sinodo si è parlato molto dell’importanza della forza evangelizzatrice della famiglia. In che modo la famiglia può evangelizzare il mondo?

R. – Anche nelle piccole cose, ma costanti.

D. – In che modo la famiglia può aiutare la Chiesa e, contemporaneamente, la Chiesa aiutare la famiglia?

R. – Ovviamente, è un rapporto reciproco. La famiglia può aiutare la Chiesa trasferendo i valori anche del vivere civile, che nella nostra società molto spesso viene a mancare. La Chiesa, da parte sua, può supportare la famiglia stando accanto alle difficoltà vere e proprie del vivere la famiglia: non sono soltanto le difficoltà economiche, ma sono le difficoltà inerenti proprio alla socialità della famiglia, che è importante: si parla molto poco in famiglia, si discute molto poco e ci si confronta molto poco. Questo è un valore che dovremmo tutti riscoprire. Penso che la Chiesa in ciò possa svolgere un ruolo importante.

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Cosa dice il Sinodo sui divorziati risposati: "discernimento"

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La Relazione finale del Sinodo dedica in modo particolare tre punti, 84, 85 e 86, alla questione dei divorziati risposati: tutti approvati con la maggioranza qualificata dei due terzi, anche se l’85 per un solo voto. Il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha osservato che a questo proposito la parola chiave è “discernimento”: sull’accesso alla Comunione sono stati dati dei criteri fondamentali per discernere le diverse situazioni.

Divorziati risposati devono essere più integrati nelle comunità cristiane
“I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente – afferma il punto 84 della Relazione finale - devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità”.

San Giovanni Paolo II invita al discernimento
Il punto 85  cita la Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II, dove Papa Wojtyla ha offerto "un criterio complessivo, che rimane la base per la valutazione di queste situazioni: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC, 84). È quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno”.

Il Catechismo: la responsabilità non è la medesima in tutti i casi
“Inoltre – si legge ancora nella Relazione finale - non si può negare che in alcune circostanze «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla «imputabilità soggettiva» (Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, 2a). In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi”.

Discernimento nella verità e nella carità
Infine, il punto 86 ricorda che “il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cf. FC, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa”.

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Card. Erdö: dal Sinodo esce rafforzata unità della Chiesa

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Un’esperienza dell’azione dello Spirito Santo. Così il relatore generale del Sinodo sulla famiglia, cardinale Péter Erdö commenta il cammino compiuto dalla Chiesa in questi due ultimi anni prima con l’assemblea straordinaria del 2014, poi con quella ordinaria di quest’anno. “Dall’assemblea dei vescovi - spiega - scaturisce un rinnovato protagonismo delle famiglie e dei laici nella vita della Chiesa”. Ascoltiamo il porporato al microfono del nostro inviato Paolo Ondarza

R. – Durante queste settimane è cresciuta l’esperienza della comunione tra di noi. Incoraggiati dal Santo Padre e dopo aver ascoltato le opinioni e le testimonianze degli altri, siamo diventati anche noi stessi più aperti e più responsabili. La Chiesa non è affatto europea, ma siamo veramente globali! E’ cresciuta l’unione e la convinzione sull’universalità della Chiesa. Penso che sia stata confermata una notevole convergenza su punti molto importanti della vita pastorale circa le famiglie e anche della missione delle famiglie stesse. Per esempio: è stata menzionata come funzione centrale quella delle comunità di famiglie. Certamente al Concilio Vaticano II si sottolineava anche la missione attiva dei laici nella Chiesa, ma adesso sembra che sia in atto un nuovo passo.

D. – Visto alla luce di un cammino, durato due anni, che cosa può dirci di questo itinerario che non senza difficoltà è arrivato fino ad oggi?

R. – C’erano, ci sono e possono esserci diverse posizioni, diversi accenti pastorali, anche la formazione teologica di tutti noi può essere diversa nella stessa ed unica verità cattolica, si intende… Però - diversamente dall’impressione che alcune notizie dei mass media davano -  c’è stata sempre una atmosfera di fraternità. Quindi piuttosto un confronto di idee, di proposte e non lotte o combattimenti. Questa è anche molto edificante e molto positiva come esperienza personale. Spero che sia questo un valido contributo al rafforzamento dell’unità della Chiesa, da una parte e dall’altra, alla presa di coscienza del nostro dovere di aprirci ed entrare maggiormente in dialogo con tutto il mondo.

D. – Invito alla conversione, accompagnamento, coinvolgimento: tutti termini che sono presenti in questa Relazione. Grande protagonista è la misericordia, quasi ad aprire le porte all’Anno Santo che la Chiesa si appresta a proclamare e a vivere tra poco più di un mese…

R. – La misericordia di Dio - la giustizia e la misericordia di Dio - era il punto di partenza dei nostri lavori, già nella preparazione e nella fase preparatoria del Sinodo straordinario; adesso, dopo questo grande percorso, ritorniamo a questa grande verità. Però la vediamo, forse, in modo molto più ricco, molto più concreto. Speriamo che anche nella nostra vista possiamo valorizzarla maggiormente.

D. – Lei accennava al protagonismo della famiglia, protagonismo dei laici che esce fuori dalla Relazione finale di questo Sinodo. E’ immaginabile un futuro in cui la partecipazione dei laici sia più forte all’interno di una Aula come quella del Sinodo?

R. – Certamente! Questo Sinodo, come istituzione, della quale abbiamo celebrato proprio il cinquantesimo anniversario, è stato impostato come Sinodo dei Vescovi, quindi una manifestazione speciale della collegialità episcopale. Ma questo non vuole dire – come ha detto pure Papa Francesco – che tutti i laici non abbiano la missione di contribuire agli affari comuni di tutta la Chiesa. Quindi la missione cristiana è universale. Certamente i vescovi hanno la missione apostolica speciale che va anche oltre i limiti della loro diocesi, però anche essere cristiani significa una missione universale. Quindi tutti torniamo a casa un po’ rinforzati nella nostra missione. Quindi è stata anche un’esperienza dell’azione dello Spirito Santo!

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Mons. Grech: un Sinodo della speranza che apre strade

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E’ stato un Sinodo della speranza che apre tante strade: lo afferma mons. Mario Grech, vescovo di Gozo, presidente della Conferenza episcopale di Malta. Paolo Ondarza gli ha chiesto un commento sul Sinodo: 

R. – Molto positivo, perché c’è un messaggio di speranza, sia per le famiglie ma anche per noi pastori: come ha detto il Santo Padre, mettendo alla luce della fede il dramma dell’uomo nella famiglia, noi non abbiamo nessun motivo per disperare. La luce del Signore può aiutarci a vivere anche il mistero pasquale.

D. – A proposito del “discernimento” che è stato evocato nella relazione, specie in rapporto alle situazioni difficili: come accoglie quanto uscito da questa Relazione?

R. – Sono convinto che abbiamo fatto grandi passi in avanti. Oggi il Sinodo non denunzia nessuno, non condanna nessuno, non dà il suo giudizio contro nessuno. Non dico che oggettivamente non ci siano cose e realtà che dobbiamo anche indirizzare; ma l’uomo è sempre recuperabile, anche la famiglia. Nel documento, nel progetto che abbiamo presentato al Santo Padre, le porte sono aperte e questo significa che da oggi possiamo anche guardare al futuro per trovare altre soluzioni concrete per aiutare l’uomo e la famiglia a gustare la bontà di Cristo Salvatore.

D. – Concludere il Sinodo – ha detto il Papa – significa tornare a camminare insieme: ecco, questo camminare insieme, nell’ottica che lei ha citato?

R. – Ho nella mia mente e nel mio cuore il discorso che il Santo Padre ci ha fatto sabato scorso, nel cinquantesimo del Sinodo, che è un discorso programmatico, per non chiamarlo anche profetico: c’è tutta la Chiesa. E’ in cammino. Non possiamo fermarci, perché una volta che ci fermiamo vuol dire che c’è la morte.

D. – Per chiudere: tantissimi sono stati i temi affrontati, però non si può negare che l’attenzione fosse focalizzata – soprattutto da fuori, dai media – sulla questione dei divorziati risposati, del loro accesso ai Sacramenti. A questo punto, si deciderà caso per caso? Quale sarà l’atteggiamento dopo questo Sinodo?

R. – Il discernimento continuerà. Cioè, il Sinodo ci ha dato anche gli strumenti per poter accompagnare queste persone a trovare la risposta alle domande esistenziali che loro hanno. Allora, io non escludo niente. Il Sinodo non ha escluso niente. Come ho detto, ha lasciato tante strade aperte. Ora chiediamo allo Spirito Santo – che sicuramente è stato con noi in questi giorni – proprio di continuare a spingerci, ad andare in avanti.

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Fisichella: Sinodo, la misericordia di Dio non esclude nessuno

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Per un commento sul Sinodo ascoltiamo mons. Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, al microfono di Fabio Colagrande

R. – Un Sinodo profondamente attento alle situazioni culturali, sociali, religiose del mondo contemporaneo. Quindi, un Sinodo che si incarna ancora una volta nella storia, che legge i segni dei tempi, come già 50 anni fa il Concilio ci aveva insegnato, e cerca davanti a questi segni di dare una risposta che sia coerente con l’annuncio del Vangelo, che siamo sempre chiamati a fare, ma nello stesso tempo anche capace di essere capiti e compresi dal mondo contemporaneo.

D. – Un Sinodo che è riuscito a rilanciare la bellezza del matrimonio cristiano …

R. – … e ancora ne emerge in maniera molto fattiva: ne emerge perché la fede permane viva in mezzo alle nostre comunità e perché diventa ancora, questa bellezza del matrimonio, la testimonianza più grande che noi possiamo dare alla cultura di oggi e al mondo di oggi, senza tuttavia impedirci di vedere anche le oggettive difficoltà che ci sono. Si tratta di capire se dinanzi alle difficoltà dobbiamo arrenderci oppure dobbiamo essere capaci di entrare all’interno delle difficoltà, cercare di capirle e trasformarle in positivo. Dall’altra parte, le situazioni che noi viviamo nel mondo di oggi sono talmente complesse, proprio perché elementi positivi si mescolano con dei limiti. Il nostro sforzo dev’essere quello di far emergere il più possibile gli elementi positivi di scelte che sono ancora parziali, per farle giungere poi alla loro pienezza.

D. – Il Sinodo e il Giubileo della Misericordia che sta per iniziare, c’è un collegamento stretto …

R. – Direi che c’è una forte connessione che è emersa anche da tutti gli interventi dei Padri sinodali, sia in Aula sia nei Circuli minores: è il collegamento che noi desideriamo venga recepito come un’autentica azione della Chiesa nella sua opera missionaria nel mondo contemporaneo. La misericordia è innanzitutto la vicinanza, è la presenza, è la comprensione, è la tenerezza, è una carezza che viene data a tutti e da cui nessuno può essere escluso. E ancora una volta, allora, questa espressione forte della tenerezza di Dio ci deve accompagnare non solo per tutto l’anno giubilare, ma iniziando già da quelle situazioni complesse che il Sinodo ha analizzato.

D. – La Chiesa può aprirsi al mondo senza cedere alle logiche del mondo?

R. – Il Signore ce lo ha detto, che noi siamo nel mondo, ma non siamo del mondo. Se noi dimenticassimo questa dimensione – di essere presenti nel mondo – verremmo meno alla nostra missione: non saremmo più la Chiesa. Diventeremmo inevitabilmente una cerchia di eletti, di santi, di purificati: ma non è quello che il Signore ci ha chiesto. Noi continuiamo a essere presenti all’interno del mondo, con una proposta efficace, forte che è appunto l’annuncio del Vangelo, che – non dimentichiamo – è un annuncio rivolto a tutti, nessuno escluso: è un annuncio che deve essere rivolto a tutti, ci deve impegnare tutti, noi credenti, nell’aprirci verso ogni situazione di vita per poter ancora una volta dare il segno concreto della vicinanza e della salvezza di Dio.

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E’ morto il card. Korec, carcerato e spazzino durante comunismo

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Si è spento ieri, alle 13.30, all’età di 91 anni il cardinale gesuita Ján Chryzostom Korec, vescovo emerito di Nitra, nella Repubblica Slovacca, e figura di primissimo piano della lotta della Chiesa cattolica per la libertà e la democrazia in Cecoslovacchia durante il regime comunista. Ne dà notizia l’Ufficio stampa della Conferenza episcopale slovacca. 

Ordinato vescovo clandestinamente nel 1951 all’età di 27 anni
Il card.  Korec era nato Bosany, nella diocesi di Nitra, il 22 gennaio 1924. Entrato nella Compagnia di Gesù il 15 settembre 1939, interruppe gli studi filosofici nel 1950, in seguito alla soppressione degli Ordini Religiosi ad opera del regime comunista. Ordinato sacerdote il primo ottobre 1950, il 24 agosto 1951, a 27 anni, ricevette clandestinamente l'ordinazione episcopale da mons. Pavel Hnilica. In fabbrica per nove anni consecutivi, svolse clandestinamente la sua missione di sacerdote e di vescovo senza essere scoperto, fino all’arresto e alla condanna, l'11 marzo 1960, a 12 anni di carcere per tradimento.  In carcere incontrò circa 200 sacerdoti e 6 vescovi. 

Condannato a 12 anni di carcere nel 1960 e liberato nel 1968
Fu liberato nel 1968, durante la Primavera di Praga, gravemente malato. In quell'anno, per la prima volta, celebrò la Messa in pubblico. Riabilitato nel 1969, ottenne il passaporto per Roma dove incontrò Papa Paolo VI in una visita da lui definita “commovente”. In quell'occasione ricevette ufficialmente le insegne vescovili, 18 anni dopo la sua ordinazione episcopale, ma le poté indossare pubblicamente solo nel 1989. Dopo la scarcerazione lavorò come spazzino a Bratislava, poi come operaio in un'industria chimica. La sua riabilitazione fu annullata nel 1974 e venne nuovamente condannato a quattro anni di carcere. Scarcerato ancora per motivi di salute, perse l'impiego di spazzino e restò disoccupato, in seguito riprese il lavoro all'industria chimica fino al 1984. Sotto il regime comunista Ján Chryzostom Korec ordinò clandestinamente circa 120 sacerdoti.

Elevato al cardinalato nel 1991
Vescovo di Nitra dal 6 febbraio 1990 al 9 giugno 2005 e presidente della Conferenza Episcopale slovacca dal 1990 al 1993, fu elevato alla dignità cardinalizia da San Giovanni Paolo II nel concistoro del 28 giugno 1991, ricevendo il titolo dei Santi Fabiano e Venanzio a Villa Fiorelli. Autore di numerosi volumi, tra i quali il celebre “La notte dei barbari” tradotto in diverse lingue (“The Night of the Barbarians : Memoirs of the Communist Persecution of the Slovak Cardinal -  “Die Nacht der Barbaren-Als Geheimbischof in der Kirche des Schweigens 1950–1970”), nonostante l’età avanzata e i problemi di salute, il card. Korec ha continuato ad essere considerato come una delle più autorevoli figure e autorità morali della società slovacca. Nel 2014, in occasione del suo 90° compleanno le Poste slovacche gli hanno dedicato uno speciale annullo postale commemorativo.

Scende a 218 il numero dei cardinali, di cui 118 elettori
Con la sua morte il numero dei porporati del Collegio cardinalizio scende a 218,  di cui 118 elettori e 100 non elettori. (A cura di Lisa Zengarini)

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Pellegrinaggio del popolo gitano al Divino Amore

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Un incontro fra culture, per far conoscere la storia dei popoli rom e sinti e l’importanza della fede per la loro identità. Questo uno degli aspetti del “Pellegrinaggio mondiale del popolo gitano”, organizzato in questi giorni dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti e che culminerà domani con l’incontro con Papa Francesco in Aula Paolo VI. Gli oltre cinquemila pellegrini questa mattina hanno partecipato alla Messa domenicale nel santuario del Divino a Roma, cui seguirà in serata un concerto di musica etnica a Santa Maria in Trastevere. Il servizio di Michele Raviart

Portogallo, India, Francia. Sono solo alcuni dei Paesi dai quali provengono i rappresentanti del popolo gitano giunti a Roma per il pellegrinaggio. Tra di loro c’è Sasha, che è tra i tanti che sono arrivati dalla Francia meridionale:

(Parole in francese)
"E’ una festa, una testimonianza per la nostra fede. Noi siamo un popolo e vogliamo mostrare al mondo intero che la nostra fede fa muovere tantissimi gitani. Siamo in più di cinquemila qui a Roma e speriamo che la fede che abbiamo in Cristo ci accompagnerà e proteggerà i nostri figli e i nostri malati".

Questa mattina al Divino Amore, la Messa celebrata dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, che ha ricordato i cinquant’anni dalla visita di Papa Paolo VI al campo nomadi di Pomezia, vicino Roma. “Un giorno indimenticabile”, ha detto Vegliò, che segnò “la nuova avventura dei gitani nella Chiesa”: mai prima di allora avevano incontrato un Pontefice. La fede è infatti uno dei cardini della cultura gitana, come ricorda Margareth, che segue le fiere itineranti nelle città di tutta l’Inghilterra :

(Parole in inglese)
"È molto importante per noi gitani essere qui a Roma per incontrare Papa Francesco perché ci porta indietro alla nostra identità, alla nostra fede cattolica. La fede è centrale nella nostra cultura e questo ci dà la possibilità di mostrare alle altre persone che non siamo cattivi come viene detto. Siamo brava gente, buoni cattolici e mettiamo la famiglia al centro".

Il popolo gitano merita dignità e rispetto, ha infatti ricordato ieri il cardinale vicario Agostino Vallini, in una via crucis al Colosseo dedicata ai martiri cristiani di questo popolo che, ha detto il porporato, “è emarginato in quanto tale, non capito, ucciso”. Esperanza, gitana spagnola:

(Parole in spagnolo)
"E’ un giorno molto importante per i gitani e per le persone che ci sono vicine. Ed è un desiderio che si realizza quello di stare accanto al Papa e qui al Colosseo in un luogo che non avevamo mai visto prima e uno dei più belli di Roma. E’ un occasione unica che non c’è mai stata per il nostro popolo".

Domani mattina i pellegrini saranno ricevuti da Papa Francesco in Aula Paolo VI. E’ la seconda volta per loro in Vaticano, dopo l’incontro con Benedetto XVI nel 2011 ed è un momento attesissimo, come spiega Marian, dalla Slovenia.

(Parole in sloveno)
"Le aspettative sono molto molto alte. Personalmente mi aspetto tanto e conto ogni ora che manca a quel momento. Sono troppo felice di poter incontrare il Papa e non ho veramente parole per descrivere questo mio sentimento".

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Oggi in Primo Piano



Migranti: morti in mare tra Libia e Grecia. Attesa per il vertice Ue

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Ennesima tragedia di migranti in Libia, 40 sono i corpi recuperati dall’acqua dalla Mezzaluna Rossa: 27 nei pressi del porto di Zliten, 160 km a est di Tripoli, gli altri sulla spiaggia di Khoms. Tre morti in mare anche di fronte all’isola greca di Lesbo. C’è attesa per il minivertice convocato oggi a Bruxelles con i Paesi interessati dalla cosiddetta “rotta balcanica” dell’immigrazione. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi: 

Ancora corpi recuperati dall’acqua in questa domenica di fine ottobre in cui non si arrestano i viaggi della speranza via mare: sono 40 quelli rinvenuti dalla Mezzaluna Rossa in Libia, tra il porto di Zliten e le spiagge di Khoms, vittime di un naufragio causato dal maltempo, mentre sono ancora 30 i dispersi le cui ricerche sono in corso. I migranti provenivano da diversi Paesi africani. Una mamma e i suoi due bambini sono invece annegati di fronte all’isola greca di Lesbo, a pochi km dalla Turchia, dove un gommone con a bordo circa 60 migranti si è schiantato sugli scogli a nord di Mitilene. Una decina gli afghani che mancano all’appello, mentre proseguono le ricerche del bimbo di due anni caduto in acqua proprio in questo braccio di mare. Sul fronte della cosiddetta “rotta balcanica”, si registra il record di 11.500 migranti entrati in un giorno solo in Croazia. E proprio il premier croato Milanovic respinge al mittente la bozza di documento in discussione oggi al minivertice sull’immigrazione in programma a Bruxelles e convocato su iniziativa tedesca dal presidente della Commissione Ue, Juncker. Questi i punti chiave: la conferma del principio per cui uno Stato può rifiutare l’ingresso ai migranti che non intendono richiedere l’asilo plitico nel Paese; il rapido rimpatrio attraverso Frontex dei migranti non aventi diritto alla protezione internazionale e il divieto di mandare migranti alle frontiere altrui senza l’accordo con lo Stato in questione. Rafforzato, infine, il controllo alle frontiere esterne con una nuova operazione di Frontex al confine tra Grecia, Macedonia e Albania.

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Amministrative in Colombia, nel contesto del processo di pace

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Colombia al voto questa domenica per le elezioni amministrative. Una tornata che si svolge nel clima di speranza legato all’esito dei negoziati di pace tra il governo e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie (Farc), che hanno appena annunciato di voler restituire i resti di quanti sono morti durante i loro sequestri. Sull’importanza dell’appuntamento elettorale, Eugenio Bonanata ha intervistato Luis Badilla, direttore del sito 'Il Sismografo': 

R. – Pur essendo elezioni amministrative, che sono importanti perché riguardano il governo territoriale e quindi il potere più vicino ai cittadini e alle persone normali, questa volta le elezioni avranno ed hanno una grande importanza, forse anche eccessiva. Questo perché si svolgono nel contesto dei negoziati di pace con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia - le Farc - che stanno per concludersi, auspicando tra l’altro che l’accordo di pace conclusivo si possa veramente firmare il 23 marzo prossimo; e anche in vista delle altre negoziazioni con il secondo gruppo armato, che dovrebbero cominciare da un momento all’altro, per le quali c’è una sorta di accordo preliminare. Allora l'appuntamento nel contesto di questi due negoziati di pace – uno in via di conclusione e l’altro che sta, invece, per cominciare con buone prospettive – fornisce alla consultazione un rilievo notevole. Quindi è prevedibile che vada a votare molta gente e che, in qualche modo, si trasformi in una sorta di sostegno da parte del popolo colombiano, che da oltre mezzo secolo aspetta questa pace, alla politica del presidente Santos, per quanto riguarda specificamente risolvere il problema della violenza con il negoziato e non con la forza.

D. – Quali sono le altre richieste, le altre esigenze del Paese?

R. – Sono un po’ quelle comuni a tutti nel resto dell’America Latina. La Colombia affronta una grave crisi economica e quello che più colpisce è la crescita della iniquità sociale, in cui un piccolo gruppo di colombiani è diventato sempre più ricco, esageratamente ricco, mentre la maggioranza del Paese è diventata sempre più povera. E soprattutto c'è la percezione - che poi si può anche dimostrare con dei dati statistici - che quella povertà ha finanziato o sta finanziando la crescita della ricchezza dei piccoli gruppi. Quindi non solo iniquità sociale, ma anche un meccanismo perverso e diabolico in virtù del quale la ricchezza, lo sviluppo di certe zone o gruppi sociali del Paese, si finanziano a scapito di quella che dovrebbe essere anche ricchezza e sviluppo sociale per la maggioranza del Paese.

D. – Cosa dicono i vescovi colombiani in merito a questa tornata?

R. – Hanno seguito con molta attenzione tutto il processo e la campagna elettorale. E si sono pronunciati in diverse occasioni, sia come episcopati sia come singoli vescovi. Sostanzialmente stanno dicendo tre cose. La prima: di andare a votare, sottolineando molto l’importanza del voto e il dovere civico, nel contesto di una campagna dell’episcopato che dice che la pace la costruiscono i cittadini e non soltanto i negoziati. La seconda cosa che hanno molto sottolineato è quella di discernere, di votare bene, di capire per chi si vota, in modo tale da non doversene pentire dopo, evitando di dare il voto a chi è sospettato di comportamenti politici poco corretti o che possa poi alla fine diventare un danno per gli elettori. La terza cosa che hanno sottolineato è quella di votare i candidati, i partiti, le persone che sostengono il processo di pace.

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Tanzania alle urne. Il futuro nell'istruzione per i giovani

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Tanzania alle urne questa domenica per le elezioni generali. Due i principali candidati alla guida dello Stato: John Magufuli del Ccm, storico e principale partito del Paese, e Edward Lowassa, ex capo del governo, passato con il partito di opposizione Chadema. Massimiliano Menichetti ha parlato della situazione nel Paese, che sta vivendo una straordinaria crescita economica, con padre Angelo Dutto, missionario della Consolata appena rientrato dalla Tanzania, dopo 40 anni di attività nello Stato africano: 

R. - C’è grande interesse per queste elezioni perché, per la prima volta, due partiti si fronteggiano quasi alla pari. Il primo partito è il Ccm, Chama cha Mapinduzi, il partito rivoluzionario e che dal ’77 ha tenuto il suo posto nel governo; l’altro è il Chadema, Chama Democracy, nato in questi ultimi anni, che raggruppa anche altri partiti minori e che adesso ha avuto un grande successo. Quindi, essendo quasi pari, un voto in più o un voto in meno farà la differenza.

D. - Qual è la sfida principale che dovrà affrontare il nuovo presidente?

R. - Quella della sanità e del lavoro. Avendo promesso molto, bisognerà anche mantenere molto.

D. - La Tanzania, in Africa, è uno dei Paesi più floridi: vede un tasso di crescita del 7 per cento…

R. - Siamo nel tempo del boom, veramente. Sono state fatte tante cose: ad esempio le strade; la capitale Dar es Salaam è ormai una selva di grattacieli, cosa che non si vedeva prima…

D. - In questo contesto, comunque, c’è chi denuncia una forte corruzione…

R. - E’ lo stesso governo e anche la Conferenza episcopale che la indicano come uno dei grandi problemi della Tanzania a tutti i livelli…

D. - Rimane il divario tra chi ha risorse e chi no?

R. - Il divario c’è: chi era povero prima, è più povero adesso; chi era già ricco prima, è più ricco adesso. In effetti la vita nei villaggi non è che sia cambiata moltissimo, anche se negli ultimi anni c’è stato un sforzo per portare l’elettricità, per portare l’acqua anche nei centri più sperduti. Però ancora c’è molto, molto lavoro da fare.

D. - In crescita, comunque, anche la scolarizzazione nel Paese?

R. - La scolarizzazione è molto alta. Il numero di universitari sta crescendo: pochi anni fa erano 70-80 mila, adesso sono più di 120 mila. Le università libere sono cresciute: all’inizio c’erano solo 2-3 università di Stato, questo fino a 15 anni fa; poi con la liberalizzazione ne sono nate tante e in questo momento nel Paese ci sono complessivamente 52 università.

D.- Qual è il ruolo della Chiesa in questo contesto?

R. - Contenere i danni e i rischi che ci sono in questo cambiamento in atto. La corruzione è uno dei temi; l’istruzione e la salute sono gli altri. I cristiani sono un terzo della popolazione, come un terzo sono i musulmani e un terzo gli animisti. In questo terzo cristiano, diciamo che il numero dei cattolici non è particolarmente rilevante; però la Chiesa si fa sentire su questi temi e non soltanto la Chiesa cattolica: sono stati firmati documenti assieme alle altre Chiese cristiane.

D. - Qual è l’auspicio per il futuro del Paese?

R. - La Tanzania è il suo futuro. Le industrie minerarie cominciano ad essere importanti. La Tanzania è la settima potenza per l’uranio in Africa; è ricca di carbone, è ricca di gas naturali, è ricca di ferro nella parte meridionale; ci sono anche oro, diamanti e altre pietre preziose. L’istruzione però è ciò che farà la differenza, perché un popolo che abbia una certa massa critica, ben preparata, è anche una sicurezza per l’andamento della vita pubblica.

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Nella Chiesa e nel mondo



Mons. Bertin: a Gibuti una scuola inclusiva per i disabili

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Mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, capitale della Somalia, ha parlato all’agenzia Fides di un programma educativo a favore dei disabili lanciato a Gibuti. “Si tratta di un modello di scuola inclusiva, in un territorio dove la stragrande maggioranza sono musulmani e le persone disabili sono spesso ancora considerate oggetto di vergogna, stigmatizzate, tenute nascoste, prigioniere e fuori da ogni contesto sociale”, ha detto mons. Bertin. 

Esportare il progetto "una scuola per tutti" anche in Somalia
Il vescovo è appena rientrato da Milano dove ha partecipato, dal 19 al 21 ottobre, al Congresso uguaglianze difficili e mondi della disabilità. “Anni addietro a Gibuti venni avvicinato da un gruppo di persone disabili che cercavano aiuto”. ​Obiettivo di mons. Bertin era quello di partire da Gibuti per esportare poi il progetto di una “scuola per tutti” anche in Somalia, devastata dalla guerra e dall’anarchia che continua a causare molte menomazioni tra la popolazione. 

Il servizio è un vera azione missionaria in un Paese musulmano
“Il nostro proposito è quello di unire annuncio e dialogo attraverso questo servizio che è vera azione missionaria in un Paese musulmano. Grazie all’incontro con l’organizzazione guanelliana ‘Mediterraneo Senza Handicap’, che segue le persone con disabilità in diversi Paesi del mondo, siamo riusciti ad aprire due nostre scuole cattoliche, una a Gibuti e una a Ali Sabieh, 100 km a sud della capitale, a bambini disabili: attualmente sono inseriti 22 bambini disabili perfettamente integrati con il resto degli alunni”. “Dopo un sopralluogo e censimento fatto a nord di Gibuti, insieme alle suore di san Luigi Guanella, di cui abbiamo appena celebrato la festa, e ad altri esperti, abbiamo affrontato i problemi dei bambini con handicap e stiamo lavorando alla formazione di insegnanti delle scuole private. Speriamo che presto rispondano anche quelle pubbliche”, conclude mons. Bertin. (A.P.)

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Loppiano: a Bartolomeo I il dottorato in Cultura dell'unità

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Verrà assegnato al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, il primo dottorato honoris causa in Cultura dell’unità da parte dell’Istituto Universitario Sophia, il giovane Centro accademico con sede a Loppiano (Firenze) fondato da Chiara Lubich per affrontare con pertinenza e incisività la transizione culturale in atto. Il conferimento avrà luogo domani alle 17.00, all’Auditorium del Centro internazionale dei Focolari.

Bartolomeo I pioniere del dialogo ecumenico
Pioniere del dialogo ecumenico e costruttore di pace, il Patriarca è figura di riferimento nel complesso panorama contemporaneo. D’importanza storica alcune tappe recenti che l’hanno visto protagonista di un cammino d’unità su più fronti: la dichiarazione congiunta con Papa Francesco redatta a conclusione del pellegrinaggio a Gerusalemme, il 25 maggio 2014, in cui hanno sottoscritto l’impegno delle rispettive Chiese “verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, ‘perché siano una sola cosa’”; la sua presenza in Vaticano, l’8 giugno 2014, assieme al presidente Abu Mazen e al presidente Shimon Peres, per pregare con il Papa per la pace in Terra Santa.

Leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente
Bartolomeo I è anche noto come leader spirituale del movimento cristiano per l’ambiente. Il suo pensiero è stato riportato ampiamente da Papa Francesco nell’enciclica 'Laudato Si’'. Il 3 dicembre prossimo, a margine della Conferenza Onu a Parigi sul cambiamento climatico, gli è stata affidata la predicazione nella celebrazione ecumenica per la salvaguardia del Creato presso la cattedrale di Notre-Dame.

La motivazione del Dottorato honoris causa
"Oggi il mondo ha bisogno di figure che cerchino l’unità della famiglia umana – ha spiegato il teologo Piero Coda, preside dell’Istituto universitario – e il patriarca svolge un’azione costante e illuminata a servizio di una cultura che mira a riportare la fraternità al centro della storia dell’umanità". La motivazione specifica che: il patriarca di Costantinopoli "si è accreditato quale convinto e attivo protagonista nel cammino ecumenico verso la piena unità dei cristiani e nel dialogo tra le persone di diverse religioni e convinzioni, distinguendosi nella promozione della giustizia, della pace, del rispetto dell’ambiente e della natura, in conformità alla visione dell’umanità, della storia e del cosmo custodita e attualizzata dalla tradizione spirituale e teologica dell’Oriente cristiano".

Il patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i Focolari 
La storia ha inizio con l’incontro tra il patriarca Athenagoras I e Chiara Lubich. "Era il 13 giugno del 1967 – racconta la Lubich – e mi ha accolto come se mi avesse sempre conosciuta e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani". Sono stati 23 gli incontri, tra il 1967 e il 1972, di Athenagoras I con la fondatrice dei Focolari, che è così diventata messaggera tra Papa Paolo VI e il patriarca. I rapporti sono poi continuati con il suo successore Demetrio I. I contatti con l’attuale patriarca Bartolomeo I sono proseguiti nello stesso spirito di amicizia spirituale. (V.G.)

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Vescovi Usa: 16-19 novembre a Baltimora Plenaria autunnale

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La preparazione del piano di azione pastorale 2017-2020 della Chiesa negli Stati Uniti; l’aggiornamento della dichiarazione quadriennale della Conferenza episcopale (Usccb) per le elezioni presidenziali del 2016; l’approvazione di un documento sulla pornografia; il Giubileo della Misericordia; l’esame di alcune cause di canonizzazione. Sono alcuni dei punti in agenda alla prossima plenaria autunnale dei vescovi statunitensi, prevista dal 16 al 19 novembre a Baltimora.

Tra i punti in agenda l’approvazione di un documento sulla pornografia
In primo piano ci sarà l’approvazione di alcune modifiche alla bozza delle priorità strategiche che saranno inserite nel prossimo piano di azione pastorale quadriennale,  presentata alla scorsa sessione primaverile e l’approvazione della nuova nota introduttiva che accompagnerà la dichiarazione “Forming Consciences for Faithful Citizenship. A Call to Political Responsibility from the Catholic Bishops of the United States” (“Formare le coscienze per una cittadinanza fedele: un appello cattolico alla responsabilità politica”) in vista delle elezioni presidenziali del 2016. Si tratta di un documento approvato nel 2007 e riproposto ogni quattro anni, con il quale si esortano i cittadini a un sano impegno sociale, avendo come guida nelle proprie scelte politiche i principi della fede e i valori morali fondamentali. Un altro importante punto all’ordine del giorno sarà poi l’approvazione di un documento pastorale sulla pornografia dal titolo "Create in Me a Clean Heart: a Pastoral Response to Pornography".

Le iniziative per la celebrazione del Giubileo della Misericordia
Nel corso dei lavori i vescovi americani ascolteranno quindi le relazioni dei responsabili di vari dipartimenti episcopali su alcune iniziative relative alla difesa della vita, della famiglia e del matrimonio e della libertà religiosa e per la celebrazione del Giubileo della Misericordia. I presidenti dei Catholic Relief Services (Crs) illustreranno alcune iniziative ecologiche programmate dall’organismo caritativo alla luce delle indicazioni dell’enciclica “Laudato si’”. Inoltre, i vescovi parteciperanno a una consultazione su tre cause di canonizzazione che riguardano: padre Aloysius Ellacuria, suor Ida Peterfy e Antonio Cuipa e i suoi 81 compagni. Infine, l’Assemblea procederà all’elezione di alcune cariche direttive nella Usccb e all’approvazione del bilancio di previsione 2016. (A cura di Lisa Zengarini)

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Polonia. Assemblea di Gniezno sul tema: Europa dei nuovi inizi

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Come essere presenti cristianamente nel mondo, per proclamare Cristo e mostrare la sua grandezza: saranno i temi della 10.ma Assemblea di Gniezno prevista dall'11 al 13 marzo 2016 nella prima capitale della Polonia cristiana. L'incontro – riferisce l’agenzia Sir – ha per titolo "Europa dei nuovi inizi" ed è stato presentato alla stampa dal primate di Polonia e arcivescovo di Gniezno, mons. Wojciech Polak. L’evento, ha sottolineato il presule, "dovrebbe aiutare a capire che oggi stiamo affrontando sfide importanti per il nostro futuro". Il presule ha rilevato anche che l'Assemblea cercherà di "rileggere la realtà cristiana attraverso la libertà portata da un nuovo inizio" che "nella dimensione personale ma anche quella sociale" scaturisce dal battesimo.

Libertà creativa per costruire insieme vita sociale ed ecclesiale
Tale libertà non va intesa però come "libertà dal peccato e dalle nostre debolezze", bensì come "libertà creativa che rende possibile costruire insieme la nostra vita sociale e anche ecclesiale", ha precisato l'arcivescovo. L'Assemblea si inscrive nell'ambito delle celebrazioni dei 1050 anni del cristianesimo in Polonia. Il primo storico sovrano della Polonia, Mieszko I, ricevette il battesimo nel 966. Nell'anno 1000 invece ebbe luogo la prima Assemblea di Gniezno. L'allora imperatore Ottone III di Sassonia a Gniezno incontrò il successore di Mieszko I, Boleslao il Prode. (I.P.)

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A Roma, inaugurata la Casa d'accoglienza Scalabrini

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È stata inaugurata ieri alla presenza di volontari, numerosi rappresentanti della famiglia scalabriniana e del territorio, autorità e ospiti tra i migranti e i rifugiati, Casa Scalabrini a Roma: una struttura di seconda accoglienza promossa da missionari Scalabriniani, Elemosineria Apostolica, Conferenza episcopale italiana e Fondazione Migrantes.

Gli interventi
Ad aprire la cerimonia d’inaugurazione è stato l’intervento di padre Gianni Borin, superiore dei missionari Scalabriniani in Europa e Africa, che ha illustrato la scelta “profetica” di aprire una casa d’accoglienza a Roma, prendendo esempio da altre esperienze simili già esistenti. A sottolineare lo stile peculiare di Casa Scalabrini, che consente a ogni ospite la libertà di esprimere se stesso e non dimenticare la propria cultura d’origine, ha pensato mons. Guerino Di Tora, presidente della Commissione per le Migrazioni Cei e della Fondazione Migrantes. Mons. Paolo Lojudice, già parroco di San Luca a Largo Preneste (Municipio V di Roma, nello stesso territorio della struttura appena inaugurata), ha evidenziato quanto la rete sia fondamentale per la riuscita di progetti come questo; mons. Pierpaolo Felicolo, direttore dell’ufficio diocesano della Pastorale per le Migrazioni, e mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas romana, hanno ricordato come la Chiesa sia impegnata in prima linea nell’accoglienza dei flussi di migranti.

Uno stile d’accoglienza senza eguali
La giornata è poi proseguita con gli interventi di alcuni ospiti come Mohamed Camara, che ripercorrendo le tappe del suo cammino personale ha espresso gratitudine per quanto ricevuto in questi anni. Al termine dell’evento, prima di scoprire la targa della casa, il superiore generale della Congregazione, padre Sandro Gazzola, ha citato le parole del Beato vescovo Scalabrini che ai tempi della prima emigrazione italiana ebbe l’intuizione di mettere in connessione Chiesa e laicato. (R.B.)

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Spianata Moschee. Netanyahu: resta status quo. Hamas si oppone

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Non si arresta l’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi. Oggi un israeliano di 40 anni è caduto in una vera e propria imboscata nei pressi della colonia cisgiordana di Metzad: sceso dall’auto colpita da una sassaiola, è stato pugnalato al petto e trasferito in un ospedale di Gerusalemme. L’assalitore, raggiunto da colpi d’arma da fuoco, non è stato catturato. È rimasta ferita, invece, una donna palestinese che a Hebron si è scagliata con un coltello contro alcuni poliziotti israeliani. Nella notte, infine, Mustafà Barghouti, segretario generale del partito Palestinian National Initiative, è stato ferito al collo davanti la sua abitazione, a Ramallah, ad opera di due ignoti che lo avrebbero assalito con un’arma affilata, probabilmente un coltello.

“Netanyahu: status quo per al Aqsa”
Il premier israeliano Netanyahu, all’indomani dell’incontro con il segretario americano Kerry e il re di Giordania Abdallah, ha ribadito che non intende variare lo status quo per la Moschea di al Aqsa a Gerusalemme: continuerà ad essere un luogo di preghiera solo per i musulmani. Il premier, che ha chiesto “l’immediato ritorno alla normalità”, ha ribadito l’interesse di Israele che ci siano videocamere di sorveglianza in ogni parte del Monte del Tempio, il nome ebraico per la Spianata delle Moschee di Gerusalemme.

Hamas: “no all’accordo sulla Spianata”
Il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), al-Maliki, e Hamas si sono espressi contro l’accordo raggiunto tra Israele e Giordania sulla Spianata delle Moschee. “Una nuova trappola” è stato definito dal ministro, mentre Hamas fa appello all’Anp e alla Giordania affinché lo respingano. (R.B.)

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Siria. Parlamentari russi: Assad pronto a elezioni e riforme

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Il presidente siriano Bashar al-Assad  sarebbe pronto a nuove elezioni parlamentari e ad avviare una riforma costituzionale nel Paese. Lo avrebbe detto lo stesso Assad a un gruppo di parlamentari russi. Sempre secondo Damasco, la collaborazione militare con Mosca inizierebbe a dare “grandi risultati nello sconfiggere e radicare il terrorismo”.

Lavrov: “Allargare i negoziati sulla Siria”
Intanto, in seguito al vertice svoltosi venerdì a Vienna sul tema del conflitto in Siria - al quale non ha partecipato l’Iran - il ministro degli Esteri russo Lavrov ha auspicato che venga adottato un modello simile a quello dei “5+1” che ha potato al grande successo dell’accordo sul nucleare con Teheran e anche che i negoziati siano allargati ad attori quali la Lega Araba, l’Organizzazione della cooperazione islamica, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e le potenze della regione. Proprio il ministro degli Esteri iraniano Zarif, tornando sulla questione siriana, ha ribadito il ruolo che il popolo deve assumere nella risoluzione della crisi.   

Ucciso leader qaedista
Intanto sul terreno, le truppe siriane hanno ucciso ad Aleppo Abu Suleiman al-Masri, leader del gruppo qaedista al Nusra. L’egiziano era già stato condannato a morte nel suo Paese per aver combattuto al fianco di Hamas nella Striscia di Gaza.

Le scuse di Blair: “Legami tra guerra in Iraq e ascesa Is”
L’ex premier britannico Tony Blair ha chiesto scusa per alcuni errori compiuti nel corso della guerra che in Iraq portò alla caduta di Saddam Hussein nel 2003, ammettendo per la prima volta che ci sono “elementi di verità” nella teoria di un legame tra l’invasione del Paese e l’ascesa del sedicente Stato islamico. Il discorso dell’ex leader laburista, in particolare, si è concentrato su alcuni errori di pianificazione e di valutazione di ciò che sarebbe accaduto una volta rimosso il regime, nonché sulle informazioni errate a proposito della presenza di armi di distruzione di massa. (R.B.)

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Yemen: fallite trattative tra autorità e Al Qaeda

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Sono fallite le trattative tra il governo yemenita e Al Qaeda per convincere i militanti a deporre le armi o lasciare la città portuale di Aden, dove l’amministrazione ha riposizionato la capitale, dopo essere stata scalzata da ribelli Houthi che da un anno occupano la città di Sanaa. Le trattative erano cominciate tre mesi fa, dopo che i governativi avevano spinto via i ribelli sciiti lo scorso luglio, dove approfittando del vuoto di potere, si è insinuata Al Qaeda. E continuano anche gli sforzi dell’inviato delle Nazioni Unite che sembra ottimista su nuovi colloqui di pace, questa volta invece tra sauditi alleati del governo deposto del presidente Hadi e gli Houthi: l’ultima volta non erano riusciti neanche a stare nella stessa stanza. Difficile oggi perfino trovare una data. Sono quasi 8 mesi che la coalizione saudita bombarda il Paese ormai allo stremo, per cercare di dominare gli Houthi. Il risultato è un conflitto che ha devastato la popolazione schiacciata dalla violenza inarrestabile e dal blocco navale imposto dai sauditi che non permette l’arrivo di aiuti in un Paese che importa il 90 per cento del suo fabbisogno. (da Dubai, Barbara Schiavulli)

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Nigeria. Ennesimo attentato a Maiduguri, 3 morti

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Almeno tre persone sono rimaste uccise e molte ferite nell’ennesimo attentato avvenuto ieri a Maiduguri, capitale dello Stato del Borno, nel nordest della Nigeria. Secondo le prime ricostruzioni, i kamikaze erano due donne, una delle quali è stata arrestata prima di farsi esplodere, mentre un altro terrorista è stato fermato con una cintura esplosiva poco lontano, nei pressi di una stazione di servizio.

Le azioni di Boko Haram
L’attentato non è ancora stato rivendicato, ma tutto fa pensare che dietro ci sia il gruppo estremista islamico Boko Haram, di cui Maiduguri è l’ex roccaforte. Proprio in questa città non lontano dal confine con il Camerun – dove spesso i terroristi sconfinano – è nato il gruppo nel 2002 e da qui ha innescato la rivolta del 2009, che ha portato a due milioni e mezzo di sfollati, oltre a provocare 17mila morti.

I precedenti
Si tratta del settimo attentato a Maiduguri dall’inizio di ottobre; solo nella giornata di venerdì, in un attacco, sono morte 28 persone; 55 le vittime e oltre cento i feriti in tutta la Nigeria. Contro Boko Haram, intanto, prosegue l’offensiva dell’esercito nigeriano che ha fatto sapere di ave distrutto 20 campi dei terroristi nella zona di Kerenowa. (R.B.)

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Elezioni in Argentina, si decide il dopo Kirchner

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In una domenica elettorale densa di appuntamenti in varie parti del mondo, seggi aperti oggi anche in Argentina, dove 32 milioni di aventi diritto sono chiamati a scegliere il nuovo presidente. Comunque vada, è destinata a concludersi l’era Kirchner: la presidente uscente Cristina, infatti, non è tra i candidati. Succeduta al marito Nestor nel 2007, dovrà quindi restituire le chiavi della Casa Rosada.

I candidati in lizza
Il grande favorito a queste presidenziali - secondo i sondaggi - è Daniel Scioli, del Frente para la victoria, dato al 40%: è la scelta di chi si pone nella linea della continuità con la presidenza precedente; che potrebbe essere insidiata, però, da Mauricio Macri di Cambiemos, sul quale potrebbe concentrarsi il 30% delle preferenze. Un eventuale turno di ballottaggio tra i due potrebbe effettuarsi il 22 novembre. Quella alla Casa Rosada è, però, una corsa a tre: altro candidato forte è, infatti, il peronista dissidente Sergio Massa, che pur fosse escluso dal ballottaggio sposterebbe voti che potrebbero rivelarsi fondamentali. (R.B.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 298

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.