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Sommario del 18/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Canonizzazioni. Papa: arrivismi e sequela di Cristo sono incompatibili

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Santa Messa presieduta da Papa Francesco questa domenica in Piazza San Pietro per la canonizzazione di 4 nuovi santi: il sacerdote Vincenzo Grossi, fondatore dell’Istituto delle Figlie dell’Oratorio, la religiosa Maria dell’Immacolata Concezione, superiora generale della Congregazione delle Sorelle della Compagnia della Croce e i coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino. Sei i cardinali e cinque i vescovi concelebranti all’altare, numerosi sul sagrato altri vescovi partecipanti al Sinodo in corso in Vaticano. Gremita la piazza di fedeli arrivati, oltre che dall’Italia, anche da Spagna e Francia. “C’è incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo, c’è compatibilità tra Gesù esperto nel patire e la nostra sofferenza”, ha detto il Papa nella sua omelia. Ma sentiamo le sue parole nel servizio di Adriana Masotti

E’ il tema del servizio e la via dell’umiltà e della croce indicata e vissuta da Gesù a dominare le letture di questa domenica e l’omelia di Papa Francesco, al termine del rito di canonizzazione dei nuovi 4 santi, presentati al Papa dal card. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nella prima lettura, il profeta Isaia delinea la figura del Servo di Jahwé, un personaggio, “disprezzato, evitato da tutti, esperto del soffrire”. “La sua missione, infatti, dice Francesco, si realizza mediante la sofferenza, che gli permette di comprendere i sofferenti, di portare il fardello delle colpe altrui e di espiarle”:

"Gesù è il Servo del Signore: la sua vita e la sua morte, interamente nella forma del servizio, sono state causa della nostra salvezza e della riconciliazione dell’umanità con Dio".

Quanto diverso il pensiero degli uomini e degli stessi discepoli: Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù addirittura di sedergli a destra e a sinistra nel suo Regno futuro. Gesù allora dà un primo “scossone” alle convinzioni dei discepoli. Con l’immagine del calice, che anche loro berranno,  assicura ai due la possibilità di essere associati fino in fondo al suo destino di sofferenza, senza tuttavia garantire i posti d’onore ambiti:

"La sua risposta è un invito a seguirlo sulla via dell’amore e del servizio, respingendo la tentazione mondana di voler primeggiare e comandare sugli altri. Di fronte a gente che briga per ottenere il potere e il successo, per farsi vedere, di fronte a gente che cerca che gli siano riconosciuti i propri meriti, i propri lavori,  i discepoli sono chiamati a fare il contrario".

Gesù rovescia il pensare comune indicando “il servizio quale stile dell’autorità nella comunità cristiana”:

"Gesù ci invita a cambiare mentalità e passare dalla bramosia del potere alla gioia di scomparire e servire; a sradicare l’istinto del dominio sugli altri ed esercitare la virtù dell’umiltà".

E offre se stesso come ideale a cui riferirsi. Nella tradizione biblica il Figlio dell’uomo è colui che riceve da Dio «potere, gloria e regno», ma Gesù riempie di nuovo senso questa immagine…

"... e precisa che Egli ha il potere in quanto servo, la gloria in quanto capace di abbassamento, l’autorità regale in quanto disponibile al totale dono della vita. È infatti con la sua passione e morte che Egli conquista l’ultimo posto, raggiunge il massimo di grandezza proprio nel servizio, e ne fa dono alla sua Chiesa".

C’è dunque incompatibilità, afferma il Papa, tra un modo di concepire il potere secondo criteri mondani e l’umile servizio che dovrebbe caratterizzare l’autorità secondo l’esempio di Gesù:

"Incompatibilità tra ambizioni, arrivismi e sequela di Cristo; incompatibilità tra onori, successo, fama, trionfi terreni e la logica di Cristo crocifisso. C’è invece compatibilità tra Gesù “esperto nel patire” e la nostra sofferenza".

Lo ricorda la Lettera agli Ebrei: Gesù esercita essenzialmente un sacerdozio di misericordia e di compassione:

"Egli ha fatto l’esperienza diretta delle nostre difficoltà, conosce dall’interno la nostra condizione umana; il non aver sperimentato il peccato non gli impedisce di capire i peccatori. La sua gloria non è quella dell’ambizione o della sete di dominio, ma è la gloria di amare gli uomini, assumere e condividere la loro debolezza e offrire loro la grazia che risana".

Ognuno di noi, in quanto battezzato, afferma il Papa, partecipa al sacerdozio di Cristo e diventa canale “del suo amore, della sua compassione, specialmente verso quanti sono nel dolore, nell’angoscia, nello scoraggiamento e nella solitudine”. I nuovi Santi ne sono esempio luminoso: San Vincenzo Grossi parroco zelante, sempre attento ai bisogni della sua gente, Santa Maria dell’Immacolata Concezione dedita al servizio in particolare dei figli dei poveri e degli ammalati, i coniugi Martin che hanno saputo costruire giorno per giorno la loro famiglia come luogo pieno di fede e di amore,  ci spronano, conclude Francesco, “ a perseverare sulla strada del servizio gioioso ai fratelli, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione”.

Dopo l'omelia, tra le intenzioni di preghiera in varie lingue, si è pregato in cinese per i cristiani perseguitati, perché “uniti al calice della passione del Signore, siano forti e perseveranti nella tribolazione e il loro sacrificio giovi alla salvezza dell’umanità”.

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Famiglie in Piazza San Pietro per la canonizzazione dei genitori di S. Teresina

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Tante le famiglie presenti in Piazza San Pietro per la canonizzazione dei coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino. Ma come è possibile vivere oggi la santità in famiglia? Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro

R. – Mantenere una famiglia e volersi bene, essere degli esempi e modelli giusti per i nostri figli è già una forma di santità! Poi la fede, le manifestazioni di speranza che si vivono nella famiglia anche di fronte alle difficoltà quotidiane…

R. – Penso che siano i figli la rappresentazione della santità in famiglia. Sono loro che rappresentano il culmine del matrimonio! E poi si cerca di essere se stessi, buoni cristiani innanzitutto.

R. – La famiglia è il fondamento della nostra società. La famiglia è la cosa più importante che c’è. Cercare di allargare la famiglia a tanta gente che ha bisogno: la famiglia non siamo solo io, mia moglie e i miei figli, ma tutti quelli che partecipano alla comunità.

R. – Tutti siamo chiamati ad essere santi. Ogni famiglia deve essere santa. Oggi la famiglia purtroppo è minacciata e solo in Dio c’è la felicità. Ognuno di noi è chiamato ad essere felice, ad essere santo. Ogni battezzato.

D. – In che modo si educano anche i figli alla santità?

R. – Attraverso la testimonianza della vita … di parole se ne sentono proprio tante! Non servono le parole

R. – Rispettando gli insegnamenti del Vangelo ... magari è più semplice a dirlo, molto più impegnativo metterlo in pratica!

D. – L’esempio dei coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin, quanto può essere attuale oggi?

R. – Molto! Quando la famiglia vive serena o cerca almeno la serenità nella fede e nella luce del Signore, sicuramente va tutto meglio!

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Il Papa all'Angelus: no all'odio e alla vendetta in Terra Santa

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All'Angelus, recitato in Piazza San Pietro al termine della Messa, Papa Francesco ha lanciato un nuovo appello per la Terra Santa. Il servizio di Sergio Centofanti

In Terra Santa continua la cosiddetta Intifadah dei coltelli. Ieri sono stati uccisi 4 giovanissimi palestinesi, tra cui una ragazza, che avevano aggredito all'arma bianca degli israeliani. Ma fonti palestinesi accusano l'esercito israeliano di aver agito in almeno due casi in modo assolutamente sproporzionato. Il Papa ha detto di seguire "con grande preoccupazione la situazione di forte tensione e di violenza che affligge la Terra Santa": 

"In questo momento c’è bisogno di molto coraggio e molta forza d’animo per dire no all’odio e alla vendetta e compiere gesti di pace. Per questo preghiamo, perché Dio rafforzi in tutti, governanti e cittadini, il coraggio di opporsi alla violenza e di fare passi concreti di distensione. Nell’attuale contesto medio-orientale è più che mai decisivo che si faccia la pace nella Terra Santa: questo ci chiedono Dio e il bene dell’umanità".

La scintilla che ha dato il via alle violenze è la questione della Spianata delle Moschee, terzo luogo santo dell’Islam, che si estende sopra il Monte del Tempio, il sito più sacro dell’ebraismo di cui non permane - in basso - che il cosiddetto Muro del pianto. I musulmani accusano le autorità di voler modificare lo ‘status quo’ in base al quale gli ebrei possono entrare sulla Spianata ma non hanno il diritto di pregare. La Francia propone di inviare degli osservatori internazionali sul luogo: iniziativa respinta dal governo israeliano. Al di là di questa vicenda, le tensioni stanno riemergendo con forza perché restano insoluti i gravi problemi sociali ed economici che pesano sulla popolazione palestinese, mentre le trattative di pace sono totalmente bloccate. Intanto, il segretario di Stato Usa John Kerry ha annunciato che in settimana incontrerà in Germania il premier israeliano Benjamin Netanyahu e dopo si recherà in Giordania dove avrà colloqui con il presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Dopo l'appello per la Terra Santa, il Papa ha salutato i fedeli giunti a rendere omaggio ai nuovi Santi:

"L’esempio di san Vincenzo Grossi sostenga l’impegno per l’educazione cristiana delle nuove generazioni. Saluto i pellegrini venuti dalla Spagna, in particolare da Siviglia, e le Suore della Compagnia della Croce. La testimonianza di santa Maria dell’Immacolata Concezione ci aiuti a vivere la solidarietà e la vicinanza con i più bisognosi. Saluto i fedeli provenienti dalla Francia, specialmente da Bayeux, Lisieux e Sées: all’intercessione dei santi coniugi Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin affidiamo le gioie, le attese e le difficoltà delle famiglie francesi e di tutto il mondo".

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Giornata missionaria. Papa: la passione per Gesù è passione per la gente

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"La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente": è quanto scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale che si celebra questa domenica. Il Papa invita ogni battezzato a portare, nella sua situazione, l'annuncio del Vangelo che è "sorgente di gioia, di liberazione e di salvezza" per tutti gli uomini. "Oggi, la missione - scrive - è posta di fronte alal sfida di rispettare il bisogno di tutti i popoli di ripartire dalle proprie radici e di salvaguardare i valori delle rispettive culture. Si tratta di conoscere e rispettare altre tradizioni e sistemi filosofici e riconoscere ad ogni popolo e cultura il diritto di farsi aiutare dalla propria tradizione nell’intelligenza del mistero di Dio e nell’accoglienza del Vangelo di Gesù, che è luce per le culture e forza trasformante delle medesime". Ma cosa vuol dire essere missionario oggi? Ascoltiamo padre Ugo Pozzoli, consigliere generale dei Missionari della Consolata, al microfono di Marina Tomarro

R. – Oggi significa, come lo è sempre stato, essere depositari di un messaggio che si vuole annunciare, e aver fatto un’esperienza – un’esperienza di Cristo – e volerla comunicare. Essere missionari credo che sia essenzialmente questo. E’ chiaro che la Giornata missionaria mondiale rappresenta un campanello: una Chiesa che non è missionaria è una Chiesa che non cresce, che non comunica, che tende a chiudersi e quindi credo che l’importanza stia essenzialmente in questo.

D. – Quali sono i Paesi nei quali oggi c’è maggior bisogno di missionarietà?

R. – Mi verrebbe da rispondere, di getto, l’Asia. Ma penso anche che oggi parlare di territori, parlare di geografia, forse non è così completo, così esatto. Papa Francesco parla piuttosto di “centri” e di “periferie”, perché effettivamente non sempre il messaggio riesce a penetrare. Dove si trovano situazioni di emarginazione e situazioni di desolazione che hanno bisogno di essere vivificate dalla parla di Dio e dal messaggio di Cristo. Credo che siano queste periferie che possiamo trovare dappertutto: oggi il concetto di missione sta cambiando veramente molto. Il mondo è così globalizzato, ma soprattutto così in movimento, sta presentando degli scenari che una volta non erano abituali; l’Europa stessa – alcuni spazi dell’Europa - diventa sempre di più luogo di missione; sono sempre di più le persone non cristiane e quindi sicuramente c’è una spinta missionaria che la Chiesa ha bisogno di dare praticamente ovunque.

D. – Quali sono i bisogni a cui oggi i missionari devono rispondere, secondo lei?

R. – Sono tanti! Un profondo bisogno di umanità, l’accompagnare l’uomo per un tratto del proprio cammino nei percorsi di vita che questa persona sta facendo. Essere lì, essere presente in maniera tale che si possa diventare tutti più umani: questa è la condizione, anche, perché la Parola di Dio possa germinare. Certamente, in molte situazioni – soprattutto di povertà – questo accompagnamento prevede una promozione umana, che tocca l’aspetto della salute, dell’educazione, che cerca di curare le solitudini, che cerca di riconciliare le persone tra loro stesse perché poi, un domani, possano essere riconciliate anche con Dio.

D. – Il Papa nel suo messaggio per questa Giornata sottolinea anche l’importanza della presenza dei fedeli laici nelle missioni. Quanto è importante la loro presenza?

R. – Direi fondamentale! Sono appena rientrato dall’Albania, dove ho condiviso un’esperienza molto bella con un gruppo di persone che lavorano a un progetto di giustizia e pace: sono tutti giovani, tutti laici, tutti ben animati a portare un po’ di pace e un po’ di riconciliazione in una situazione di conflitto che ha bisogno di essere consolata. Nel messaggio, il Papa invita noi religiosi ad aprirci al mondo laico: ecco, forse Papa Francesco ha voluto dire in modo particolare a noi religiosi missionari che svegliare il mondo significa vivere coerentemente determinati valori, significa riscoprire il senso profondo della gente e quindi del dirigersi alle persone che non sono cristiane con una forma di rispetto e di dialogo, ma anche di coraggio, e nello stesso tempo di fare rete, il più possibile, con tutte quelle persone, con tutte quelle forze, valori profondamente umani, per costruire un mondo migliore. Credo che senza un aiuto bello, maturo, del mondo laico tenderemmo a rinsecchirci più velocemente.

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Padre Spadaro: al Sinodo è in gioco il rapporto tra la Chiesa e il mondo

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Inizia domani l'ultima settimana dei lavori del Sinodo sulla famiglia. Domenica 25 ottobre la Messa di chiusura presieduta dal Papa nella Basilica di San Pietro. Partecipa all'importante evento il padre gesuita Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, che sottolinea: stiamo vivendo un processo ecclesiale dalle grandi dimensioni, è in gioco il rapporto tra la Chiesa e il mondo. Ascoltiamo la sua riflessione al microfono di Fabio Colagrande

R. – L’impressione è di un corpo vivo, che sta riflettendo in maniera reale; che quindi si confronta su problemi, su linguaggi e su modi di affrontare la realtà molto diversi. Entrando nell’Aula sinodale ci si rende conto che noi abbiamo davanti tutto il mondo: pastori che vengono da ogni parte della Terra e portano le sfide e i linguaggi propri della loro gente e questo, a volte, provoca dei conflitti: questioni molto calde vengono affrontate in maniera molto differente in Paesi diversi. Quindi direi un momento in cui il confronto è vero, reale, e si pone il problema del linguaggio: come affrontare evangelicamente le sfide che luoghi diversi di questo mondo pongono.

D. – Quindi un lavoro che obbliga a un discernimento anche profondo, anche complesso in molti casi…

R. – Lo stiamo vivendo! Noi stiamo vivendo un processo di discernimento, così come indicato dal Papa. Questo significa che viviamo le gioie dello stare insieme, del parlare, del discutere, ma anche tutte le tensioni tipiche, addirittura le tentazioni che un reale discernimento può portare con sé. Quindi è un momento molto delicato, in cui si comprende che è in gioco il rapporto tra la Chiesa e il mondo. Questo veramente è qui in gioco in questo Sinodo: vedere cioè come la Chiesa debba vivere il suo rapporto con la realtà di oggi, che ha grandi sfide, grandi cambiamenti, ma che – ripeto – è molto diversa nei diversi luoghi della Terra. Quindi direi una grande esperienza, sì.

D. – Richiamandoci ai temi conciliari, potremmo dire una Chiesa che è chiamata a illuminare la realtà, ma anche ad ascoltare il mondo…

R. – Non si può illuminare la realtà senza averla ascoltata. L’uomo non è un elemento estraneo alla predicazione del Vangelo: il Vangelo non è una dottrina astratta che va colpire gli uomini dall’esterno come una pietra. Si deve incarnare in delle vite vissute, in delle esperienze; a volte anche conflittuali, a volte invece serene… Allora, questa dimensione di rapporto con la realtà, con l’esperienza reale, è fondamentale. Il Vangelo deve illuminare le vite nella loro concretezza.

D. – Il rapporto con il prossimo Giubileo della Misericordia qual è? Nei Circoli minori è stato sottolineato che è un rapporto importante…

R. – E’ emerso questo tema nei gruppi… In realtà è il Papa stesso che ha posto questo collegamento forte: lo ha fatto esplicitamente il 6 luglio nella sua omelia a Guayaquil, durante il viaggio apostolico in Ecuador. In fondo quello che stiamo vivendo non è solo un Sinodo, è un processo sinodale, che è stato avviato nel 2013 con il famoso questionario; poi si è compiuta la prima tappa sinodale e adesso viviamo la seconda. Ma questa sfocerà nel Giubileo della Misericordia, e non finirà lì… Bisogna comprendere che stiamo vivendo un processo ecclesiale dalle grandi dimensioni. Per questo non deve stupire che ci siano momenti di stanca, blocchi, difficoltà, tensioni… Ma c’è anche la gioia di costruire insieme la storia.

D. – Qualcuno, a proposito della pastorale familiare, sottolinea però che bisogna anche ritrovare il senso del peccato: qual è il rapporto tra peccato e misericordia?

R. – L’annuncio del Vangelo, cioè che il Signore è morto per noi, è morto per me, non è l’annuncio del peccato. Allora bisogna ben capire la realtà dell’annuncio del Vangelo. L’annuncio del Vangelo è un annuncio di misericordia: alla luce della misericordia del perdono del Signore, io capisco il mio peccato, comprendo il mio peccato, perché il rischio è di cadere in una sorta di grande senso di colpa. Allora, se non c’è la percezione del Dio misericordioso, il senso del peccato è solo un senso di colpa, spesso inutile.

D. – Misericordia e verità: anche quest’anno - come nel Sinodo straordinario - torna questa antitesi. Eppure dai Circoli minori viene il messaggio chiaro: misericordia e verità non sono mai in contraddizione. Cosa significa?

R. – Non solo non sono in contraddizione, ma la misericordia è la verità del Vangelo. Quindi ogni contrapposizione tra dottrina e pastorale, tra misericordia e verità non ha alcun senso. La dottrina del Vangelo, cioè l’insegnamento del Signore, è l’insegnamento della misericordia. Da qui discende poi tutto.

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Il vescovo di Concepción: chiarire rapporto tra misericordia e verità

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Molti padri sinodali evidenziano l’esigenza di mostrare ai divorziati risposati civilmente così come ad altre persone che vivono in situazioni non regolari, che essi sono chiamati a vivere pienamente la vita nella Chiesa pur non potendo accedere al Sacramento dell’Eucarestia. Un esempio positivo di integrazione nella comunità ecclesiale è quello che racconta al microfono di Paolo Ondarza, il vescovo paraguayano di Concepción, mons. Miguel Ángel Cabello Almada

R. – Qui, in questo momento, si sta pensando alle diverse realtà delle famiglie e soprattutto di quelle che si trovano lontane dalla Chiesa, che sono fragili, separate… Nella nostra esperienza queste famiglie sono integrate nella nostra comunità cristiana.

D. – Lei sta parlando in particolare dei divorziati risposati civilmente, che nella vostra realtà sono ben integrati nella comunità ecclesiale…

R. – Sono ben integrati! Non ci poniamo queste domande, perché sono parte della Chiesa, alcune sono conviventi, molti sono monoparentali… Molte volte agiscono anche meglio e di più nella comunità cristiana.

D. – E non chiedono l’accesso ai Sacramenti, all’Eucaristia?

R. – Sì, lo chiedono. Ma si rendono anche conto della situazione che hanno: non ne fanno una pretesa. Si sa, teologicamente parlando, che un cammino di salvezza consiste anche nell’aiutare i poveri, compiere la carità: questo purifica.

D. – Quindi non viene vissuto come una mancanza o un handicap il fatto di non accedere ai Sacramenti…

R. – Esatto, esatto! Loro sentono questa mancanza dell’Eucaristia, perché i loro figli domandano perché non si avvicinano anche all’Eucaristia… Ma sono molti di più quelli che sono coscienti del fatto che trovandosi in questa situazione, fin quando non viene risolta la situazione, non possono fare la Comunione.

D. – Ritiene nella sua esperienza, che possa essere addirittura una testimonianza quella di un divorziato che non riceve il Sacramento della Comunione?

R. – Può essere, perché nonostante la loro fragilità cercano di vivere il loro impegno nella società, nella Chiesa attraverso la loro presenza, il loro lavoro, il loro contributo. Molti di questi sono bravissimi operatori pastorali.

D. – Ben integrati. Quindi possono anche offrire un esempio alle nostre Chiese in Europa?

R. – Non so se possono offrirlo, ma da noi è veramente una cosa meravigliosa: nonostante la loro situazione di fragilità, molte volte agiscono meglio nella vita parrocchiale e danno un contributo anche più efficace rispetto ad altri…

D. – Quale altra considerazione si sente di fare in vista delle conclusioni di questo Sinodo?

R. – Credo si abbia bisogno di un approfondimento sui temi antropologici e filosofici… In questo Sinodo non lo abbiamo ancora avuto: non ho sentito questo approfondimento antropologico e teologico su quali siano i criteri e i principi. E poi fare anche un chiarimento in senso biblico: abbiamo bisogno di criteri e principi chiari. E poi anche confrontarci con la realtà e la situazione di oggi alla luce della morale cattolica.

D. – Quindi sta chiedendo una maggiore attenzione alla dottrina – potremmo dire – in questo momento, perché poi si possa preparare una prassi ben strutturata?

R. – Sì, esattamente: un approfondimento della dottrina, perché c’è chi vede una antitesi fra misericordia e verità, la verità cristiana, la verità evangelica… Questo desiderio di misericordia: è una richiesta del Signore, ma nella pratica come si fa? Questa è la domanda.

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Sinodo: i laici siano più coinvolti nella pastorale familiare

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Un maggior protagonismo dei laici nella pastorale familiare. E’ quanto chiedono alcuni Padri sinodali intervenuti in questi giorni all’assemblea dei vescovi in Vaticano. Tra le altre sfide c'è anche quella di ascoltare le ricchezze delle Chiese di tutti i continenti: l'unità nella diversità. Ascoltiamo in proposito suor Carmen Sammut, presidente dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali, al microfono di Paolo Ondarza

R. – È questo per me il punto importante del Sinodo: vedere l’universalità della Chiesa nella particolarità delle differenti Chiese. Ciascuno porta il proprio sguardo, e, insieme, tentiamo di avere una visione migliore del tutto.

D. – Pensando alla famiglia, che è il cuore di questa Assemblea sinodale, quale contributo le viene da portare all’Aula?

R. – Prima di tutto credo che andrebbe incoraggiata la partecipazione delle coppie – uomini e donne – ossia dei laici, nel pensiero della Chiesa; non soltanto quindi dei vescovi e dei preti, ma veramente anche dei laici con tutta la loro formazione. Questi ultimi portano la loro pietra nella costruzione di tutta la Chiesa, nelle problematiche che riguardano il matrimonio, la famiglia...

D. – Quindi un maggior protagonismo dei laici e, nello specifico, parlando con una donna, un maggior protagonismo delle donne nella Chiesa…

R. – Sì, ma non soltanto delle donne. Anche gli uomini laici hanno un posto importante: sono missionari per gli altri laici!

D. – E crede che oggi ci sia ancora strada da fare per un coinvolgimento pieno dei laici nella Chiesa?

R. – Sì, per me c’è ancora strada da fare e c’è bisogno di un cambiamento di pensiero per lasciare più posto ai laici. Questo rispecchia un’idea nata con il Concilio Vaticano II: ossia che la Chiesa è il popolo di Dio..

D. – Cosa desidererebbe che venisse fuori da questo Sinodo?

R. – Che possiamo vedere la famiglia come l’unità più importante della Chiesa. E che possiamo anche guardare ai divorziati risposati - e ad altre questioni - come nostri fratelli e sorelle, senza giudicarli, per poter veramente camminare con loro!

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Mons. Chimoio racconta le famiglie cristiane in Mozambico

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Le famiglie africane, esempio di radicamento nella fede nonostante la povertà. E’ la fotografia che scatta mons. Francisco Chimoio, arcivescovo di Maputo, presidente della Commissione episcopale per la famiglia in Mozambico. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – Le sfide principali nella nostra terra riguardano soprattutto la perseveranza nella vita degli sposi, ma anche la formazione permanente: dobbiamo formare quindi le nostre famiglie cosicché possano essere sempre testimoni dell’amore che esiste fra di loro, possano sempre essere in grado di fare di questo loro amore un grande dono anche gli altri, alle altre famiglie. La perseveranza di cui noi parliamo dipende soprattutto dalla disponibilità di questa famiglia all’ascolto della Parola di Dio: essere quindi in grado di riconoscere che il dono che hanno ricevuto non può rimanere forte se loro non si uniscono, giorno dopo giorno, con il Signore. Pertanto la presenza di Dio nella loro vita deve essere coltivata, deve essere cercata, deve essere rinforzata giorno dopo giorno.

D. – Quale testimonianza possono dare le famiglie del Mozambico?

R. – Quella di vivere veramente convinti e forti nella loro fede. E questo contagia, fa sentire che sono veramente uniti. Ho visto una grande forza in queste famiglie veramente unite nel Signore. Tutti quelli che vedono una famiglia del Mozambico dicono sempre: vedi come queste famiglie, seppur nella loro povertà, hanno la gioia; hanno la gioia che viene dall’unione con il Signore Gesù. Ma ci deve essere anche l’interesse che devono avere verso i propri figli, trasmettendo loro i valori della vita. Oggigiorno la globalizzazione porta tante cose buone, ma porta anche tante cose negative che devono essere filtrate. C’è bisogno che le nostre famiglie siano rese capaci di discernere.

D. – Ci sono delle sfide particolari per la Chiesa e per le famiglie del Mozambico o delle minacce particolari?

R. – Una minaccia particolare è proprio questa questione del gender, ma anche la questione del consumismo e del materialismo, e tutta questa diffusione di una mentalità che non alimenta le famiglie. Per queste sfide c’è da fare un lavoro veramente capillare, avvertendo anche le famiglie di tutto quello che possono essere gli ostacoli di una vita concreta, sincera, piena dell’amore che viene dal Signore. Non possiamo costruire le nostre famiglie senza la presenza di Dio!

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A Cascia la grande statua di Santa Rita benedetta dal Papa

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Grande festa questa mattina a Cascia per l’inaugurazione della grande statua di Santa Rita, benedetta dal Papa lo scorso 30 settembre in Piazza San Pietro. La scultura alta 6 metri e del peso di 30 tonnellate, in pietra calcarea libanese, è stata realizzata ad Ayto, in Libano, dall'artista libanese Nayef Alwan su commissione del devoto mecenate Sarkis Sarkis. A celebrare la Messa questa mattina nel Santuario di Cascia, il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – I libanesi, quando vengono in Italia, hanno due mete: vedere il Papa e visitare Santa Rita da Cascia, molto venerata in Libano. Ci sono molte chiese a lei dedicate in Libano. E un mecenate libanese che aiuta molto le chiese, ha voluto offrire a questo Santuario la statua di Santa Rita, realizzata da uno scultore libanese, e il vescovo locale ha voluto che io andassi a benedire questa statua e a celebrare la Messa nell’occasione. E venuto un aereo pieno di pellegrini dal Libano per assistere a questa cerimonia.

D. – Santa Rita può essere una Santa a cui le famiglie possono guardare?

R. – Certamente perché Santa Rita è anche una madre, ha sofferto molto per suo marito, per la sua morte e per la morte dei figli. E’ la "Santa degli impossibili" ed è molto venerata dalle famiglie in Libano, perché vedono in lei il proprio volto.

D. – Con questa statua ci sarà una ragione in più che terrà uniti Cascia e il Libano?

R. -  E’ vero, il legame viene consolidato sempre più. Conosco tutti i libanesi che vengono, che vogliono visitare il Vaticano, vedere il Papa e vogliono andare a Cascia! Adesso c’è un motivo più, cioè vedere la statua che è stata fatta in Libano come segno di alleanza.

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Oggi in Primo Piano



Altre donne e bambini morti nell’Egeo. In migliaia in Slovenia

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Nuove tragedie dell’immigrazione delle acque del Mar Egeo. Almeno sei persone, tra le quali tre bambini e due donne, sono morti in due distinte traversate tra le coste della Turchia e le isole greche. Intanto aumenta il flusso dei profughi verso la Slovenia dopo l’ulteriore chiusura dei confini ungheresi. E in Germania è stata accoltellata la candidata sindaco di Colonia, già responsabile dell’accoglienza dei rifugiati nella città tedesca. Alla base del gesto ci sarebbero motivazioni xenofobe. Il servizio di Marco Guerra: 

Nei pressi delle isole elleniche di Farmakonisi e di Kastellorizo sei migranti hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa. Solo ieri altri 16 profughi sono morti nelle acque dell’Egeo, oltre trecento le vittime dall’inizio del 2015. Con i venti di questa stagione si registrano naufragi quasi ogni giorno, tuttavia l’Acnur segnala un aumento delle traversate per evitare un ulteriore peggioramento delle condizioni meteo in vista dell’inverno. Prosegue quindi il flusso di richiedenti asilo lungo la rotta balcanica e aumenta la pressione sulle frontiere slovene, dopo che l’Ungheria ha concluso la barriera anti-migranti lungo il confine con la Croazia. Sola nella giornata di ieri la Slovenia ha accolto circa 3.000 migranti provenienti dal territorio croato. Nella mattinata di oggi è giunto un nuovo gruppo di 1.200 profughi e Lubiana prevede ulteriori arrivi nel pomeriggio. Sono infatti almeno quattromila le persone rimaste nel campo profughi di Opatovac, dove sono parcheggiati circa 50 autobus in attesa di partire per la Slovenia. Intanto, la cancelliera tedesca Merkel è a Istanbul per incontrare il presidente turco Erdogan al fine di promuovere il piano di aiuti dell’Unione Europea alla Turchia, in cambio di misure sul contenimento del flusso di migranti.

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Elezioni in Svizzera: favoriti partiti anti-immigrazione e anti-Ue

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La Svizzera al voto questa domenica per il rinnovo del Parlamento federale. I sondaggi danno per favorito il partito della destra conservatrice e antieuropeista dell'Unione democratica di centro che dovrebbe confermarsi prima formazione politica del Paese al termine di una campagna incentrata sui limiti all'immigrazione e sull'indipendenza della Svizzera dall'Unione Europea. Al microfono di Francesca Di Folco, commenta i temi caldi del confronto elettorale Fabrizio Triulzi, giornalista della radiotelevisione svizzera, responsabile dell'attualità nazionale: 

R. – I sondaggi convergono in una vittoria del centrodestra composta dall’Unione democratica di centro e dal partito liberale radicale. Queste sono le previsioni più accreditate non solo dai sondaggi ma anche dai trend elettorali che sono emersi in parecchi cantoni. Quindi un’affermazione, un rafforzamento del centrodestra a detrimento delle forze di centro e dei verdi.

D. – La campagna elettorale è stata caratterizzata da molti temi caldi, come l’immigrazione e i difficili rapporti con l’Ue, soprattutto dopo che gli svizzeri hanno approvato il referendum contro l’immigrazione di massa, bocciando l’accordo che di fatto consentiva la libera circolazione delle persone in Europa…

R. – Sì, diciamo che il tema dominante della campagna elettorale è stato quello dell’immigrazione e soprattutto quello dell’asilo politico alla luce anche degli eventi delle ultime settimane, degli ultimi mesi, in Europa, con l’arrivo massiccio di profughi provenienti da aree di guerra. La Svizzera ovviamente ha anche conosciuto quest’anno un aumento delle richieste di asilo anche se l’arrivo di profughi non è per nulla paragonabile a quello cui sono state confrontate la Germania e l’Austria. Il tema dei rapporti con l’Europa è stato oggetto di campagna elettorale ma in tono minore. I partiti non hanno voluto mettere questo tema in primo piano anche se sarà uno dei temi, uno dei problemi che dovranno essere affrontati con una certa urgenza all’inizio della prossima legislatura.

D. – Considerando la situazione geopolitica attuale, la vittoria della destra porterebbe a un’involuzione, una chiusura sul tema dell’immigrazione?

R. – Tutto dipende da come si vuole applicare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa approvata dal popolo il 9 febbraio 2013. Ci sono vari modelli allo studio. L’Udc vorrebbe applicare questa iniziativa con tanto di tetti alle migrazioni contingenti, priorità alla manodopera indigena, vorrebbe applicare questo testo dell’iniziativa alla lettera, quindi in modo rigoroso; gli altri partiti invece sono per un’applicazione più morbida in modo che non possa essere messa a repentaglio la via bilaterale con l’Unione Europea. Ovviamente l’Unione Europea finora non ha dato segnali di disponibilità a rinegoziare l’accordo sulla libera circolazione delle persone come invece richiede il testo dell’iniziativa approvata un anno e mezzo fa dal popolo.

D.  – Cosa comporterebbe nello scacchiere europeo?

R. - Evidentemente qui in Svizzera si è coscienti del problema nel senso che il 55 per cento delle esportazioni svizzere vanno nell’area dell’Unione Europea, quindi da parte degli ambienti economici, dagli ambienti sindacali, si è consapevoli che bisogna assolutamente trovare un accordo con l’Unione Europea. La Svizzera non potrà permettersi di isolarsi né politicamente, né tantomeno economicamente. Sarà una difficile partita tra Svizzera e Ue, richiederà uno sforzo di inventiva e anche di immaginazione ai diplomatici di entrambe le parti sempre che l’Unione Europea sia disposta a negoziare con la Svizzera una revisione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Gli ultimi segnali che arrivano da Bruxelles sono di questo tenore. Il principio della libera circolazione  non si tocca, è un pilastro fondante l’Unione Europea; si può però discutere della modalità di applicazione di questo principio.

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Giornata europea contro la tratta. Giammarinaro: fare di più

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E’ uno dei reati più odiosi al mondo e colpisce milioni di persone, in gran parte migranti in fuga dai propri Paesi. Parliamo della tratta – trafficking in inglese - vera e propria forma di schiavitù esercitata da organizzazioni criminali ramificate e capaci di intercettare uomini, donne e bambini in situazione di vulnerabilità, constringendoli all’accattonaggio, alla prostituzione o ancora obbligandoli a vendere organi o a lavorare in condizioni disumane. Moltissime le vittime fra i migranti in arrivo in Europa, ricattati dai trafficanti anche una volta giunti a destinazione. In occasione della Giornata Europea contro la tratta, celebrata questa domenica, Giacomo Zandonini ne ha parlato con Maria Grazia Giammarinaro, giudice italiana e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tratta di donne e bambini: 

R. – Sono rapporteur delle Nazioni Unite sul traffico di persone, in particolare donne e minori, da circa un anno. Ho cercato in questo periodo di svolgere ricerche allo scopo di presentare rapporti tematici al Consiglio per i diritti umani e all’Assemblea generale dell’Onu. Sto lavorando anche su un particolare aspetto che non è stato finora molto scandagliato, ovvero il rapporto tra traffico di persone e conflitti. Oggi siamo consapevoli che una parte considerevole delle persone che, trovandosi in condizioni di estrema vulnerabilità sociale, vengono poi sfruttate in un contesto di trafficking, cercano di sfuggire alle guerre. Si tratta di persone che non hanno nemmeno un posto in cui ritornare, e per sopravvivere accettano qualunque condizione di lavoro - per esempio - o vengono sfruttate sessualmente, come accade - ahimè - alle donne e alle ragazze.

D. – Dove operano queste reti criminali che intercettano molti dei migranti in viaggio verso l’Europa?

R. – Le reti criminali si installano laddove trovano la possibilità di fare affari e si tratta delle stesse reti criminali che, in generale, sfruttano sia le persone che fuggono dai conflitti sia i migranti economici. Abbiamo grandi flussi dal Corno d’Africa, dall’Africa subsahariana, che passano poi attraverso la Libia, prevalentemente. Abbiamo poi sulla rotta a est del Mediterraneo, in questo momento, prevalentemente siriani, ma anche molte persone provenienti dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalle zone dove è attivo il sedicente Stato islamico. Sono quindi persone che cercano di sfuggire a persecuzioni terribili, atroci.

D. – I dati raccontano oggi di un fenomeno in continua crescita che non riguarda più solo lo sfruttamento della prostituzione ma diverse altre forme di sfruttamento…

R. – Oggi il traffico è una realtà molto più complessa che include sempre di più lo sfruttamento lavorativo. Quindi anche gli uomini, i giovani uomini, i bambini vengono sfruttati nelle maniere più varie: nell’accattonaggio forzato, in attività criminali, sono obbligati a commettere crimini, a fare furti, a trasportare droga…

D. – Oltre 500 mila persone giunte nell’Unione Europea dall’inizio del 2015 a oggi: é possibile in questo flusso identificare le vittime di tratta?

R. – Si devono identificare le vittime. Questo è un obbligo che deriva da strumenti internazionali che tutti i Paesi europei hanno ratificato, come il Protocollo annesso alla Convenzione sulla criminalità organizzata. Quello che manca, purtroppo, sono procedure di ascolto all’arrivo dei migranti, che possono essere richiedenti asilo, possono essere migranti economici o qualunque altra cosa, ma ci dovrebbero essere procedure di ascolto preferibilmente affidate alle associazioni, che sono meglio attrezzate per una relazione confidenziale e amichevole con la persona interessata, allo scopo di accertare qual è la storia di questa persona. Molte persone hanno già subito violenza e sfruttamento, alcune ne portano i segni sul loro corpo.

D. – L’Unione Europea ha da poco avviato un’operazione militare per combattere gli scafisti nel Mediterraneo, si tratta di misure efficaci per combattere le organizzazioni criminali?

R. – Devo dire che purtroppo l’Unione Europea non ha finora risposto in una maniera plausibile a quella che chiamiamo “crisi” migratoria: non è una crisi, è purtroppo una componente stabile del nostro mondo. I conflitti aumentano dappertutto, diventano sempre più violenti e dunque non è pensabile che l’Europa possa tenersi fuori da tutto questo. Come l’Europa partecipa? La risposta che abbiamo è quella di 120 mila riallocazioni. E’ un passo nella direzione giusta ma siamo seri: 120 mila è un numero neanche lontanamente paragonabile alle esigenze poste soltanto dal conflitto in Siria. E quando si parla di lotta agli scafisti io ancora non so bene cosa voglia dire… La priorità per il mio mandato è salvare vite umane; se poi si riesce - non attraverso operazioni militari, ma attraverso gli strumenti investigativi, gli strumenti di giustizia - a punire gli scafisti, questa è naturalmente una cosa che può dare un colpo decisivo al trafficking. Anche da quel punto di vista devo dire che purtroppo l’attenzione non è ancora al livello giusto, ed è questo quello di cui c’è bisogno. Per dirla in forma sintetica, l’approccio non dovrebbe più essere securitario, perché è ormai chiaro che questo è un approccio prima di tutto inefficace, secondariamente non coerente con un’ottica di diritti umani e che, in terzo luogo, pone l’Europa in una posizione di assurdo isolamento rispetto a tutto quello che succede nel mondo, a cui nessuno può sentirsi estraneo.

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Un milione di bambini prega il Rosario per i cristiani perseguitati

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‘Un milione di bambini in preghiera’: è l’iniziativa promossa per questa domenica dalla Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” in favore della pace. In tutto il mondo si pregherà il Rosario, in particolare per i cristiani perseguitati. Federico Piana ne ha parlato con Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre-Italia: 

R. – E’ un’iniziativa che ormai “Aiuto alla Chiesa che soffre” sostiene da 10 anni. E’ nata nel 2005 a Caracas, in Venezuela. C’erano alcuni bambini che recitavano il Rosario e delle donne presenti hanno avvertito come una forte presenza della Vergine; allora, una di queste donne si è ricordata della promessa che aveva fatto padre Pio, quando ha detto: “Se un milione di bambini pregheranno, reciteranno insieme il Rosario, allora il mondo cambierà”. Da quel giorno, “Aiuto alla Chiesa che soffre”, ogni anno, il 18 ottobre promuove questa iniziativa di preghiera invitando, attraverso le 21 sedi che la Fondazione pontificia ha in tutto il mondo, i bambini a recitare il Rosario insieme per l’unità e la pace.

D. – Perché è importante la preghiera, soprattutto quella del Rosario, che forza ha?

R. – Ha una forza incredibile come ha ricordato anche Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica sul Rosario. Ed è quello che ci chiedono anche i rappresentanti anche ad esempio delle Chiese perseguitate di tutto il mondo. Tantissimi ci chiedono: “Continuate a pregare per noi!”, anche in situazioni che possono sembrare disperate, come ad esempio l’Iraq e la Siria.

D. – Qual è la situazione dei cristiani perseguitati in questo momento per i quali bisogna pregare sempre di più?

R. – Noi abbiamo recentemente presentato un aggiornamento del Rapporto sulla libertà religiosa focalizzato solamente sulla condizione dei cristiani nel mondo, che si chiama “Perseguitati e dimenticati”. Il titolo è veramente significativo. Abbiamo riscontrato come in molti Paesi in cui i cristiani già affrontavano persecuzioni e discriminazioni la situazione sia ancora peggiorata e soprattutto come i cristiani continuino ad essere il gruppo maggiormente discriminato e perseguitato. Pensiamo al Medio Oriente, all’Iraq e alla Siria, in particolare, dove lo Stato islamico continua ad infliggere gravi persecuzioni ai cristiani… Ma pensiamo anche all’Africa, dove il fondamentalismo islamico è in crescita. Pensiamo alla Nigeria, dove Boko Haram sta estendendo il suo raggio d’azione anche al Camerun, dove i cristiani hanno sempre più paura. Ma dobbiamo anche indicare altre forme di fondamentalismo come quello indù in India o quello buddista in Sri Lanka. Accanto a queste forme ci sono anche le persecuzioni perpetrate dagli Stati, in molti Paesi dell’Asia come la Cina, la Corea del Nord, il Vietnam, ma anche in Africa, come il caso dell’Eritrea.

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Festival Cinema Roma: presentato il fantasmagorico "Pan"

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Presentato come evento speciale della sezione "Alice nella città" alla Festa del Cinema di Roma il fantasmagorico “Pan” di Joe Wright - che sarà nei cinema dal 12 novembre - un'avventura senza tempo con la quale scopriamo tutti i segreti e i sogni di Peter Pan, l'indimenticabile personaggio delle fiabe, che ha accompagnato la nostra infanzia. Il servizio di Luca Pellegrini

(clip tratta dal film)
“La storia che vado a raccontare parla di un ragazzo che non cresceva mai, di un pirata che voleva catturarlo e di un’isola popolata da fate…”.

Non cresce, Peter, ha sempre dodici anni. Ma ha sempre anche tanto coraggio, perché fin da piccolo è costretto a farne uso, abbandonato in un orfanotrofio negli anni bui della guerra e con il ricordo sfumato della mamma, che spera di rivedere, in questo o "in un altro mondo". Non gli manca certo la paura, come abbiamo tutti, e da bambini specialmente. Figuriamoci quando, nella notte, viene rapito da terribili pirati e portato, a bordo di un galeone volante e insieme a tanti suo amici, su quell'Isola lontana, e che non c'è. Il regista Joe Wright è andato dritto dritto alle origini della fiaba perché a volte, come è spiegato nelle prime immagini del film, "per capire meglio come finiscono le cose, dobbiamo prima sapere come sono iniziate". E così sappiamo perché Peter Pan - che ha lo sguardo sbarazzino dell'esordiente Levi Miller - ha proprio questo strano nome e perché riesce a volare, e chi è il pirata Barbanera - interpretato da un istrionico Hugh Jackman - e cosa cerca insieme alla sua ciurma, come avviene l'incontro con Giglio Tigrato e la sua tribù e con Trilli e le miriadi di fatine. E chi era davvero Uncino prima di trasformarsi - ma non sappiamo ancora come - nel famoso Capitano, pirata pure lui, qui un uomo schiacciato dalla vita, messo in schiavitù, liberato e con l'animo ancora pervaso di generosa bontà.

Con in mente il racconto classico di James Matthew Barrie come fonte primaria d’ispirazione dietro la sua storia, Wright dice di aver abbracciato il “senso di stranezza“ dell’autore. Per lui, infatti, il libro è molto strano. «Non sottovaluta l’intelligenza dei ragazzi, non ci sono ‘buoni’ o ‘cattivi’ - dice -, ognuno ha il proprio difetto, anche Peter».

“Pan” ci fa volare, “Pan” ci accompagna nei sogni. Le favole non hanno mai trovato al cinema un tripudio simile di colori e fantasia. E' una meraviglia visiva senza pari, con uno dei 3D più spettacolari di sempre. Insieme a Peter e ai suoi compagni si raggiunge l'Isola che non c'è, l'utopia di tutte le avventure possibili, il ritorno felice alla nostra infanzia, per riflettere quanto abbiamo perso diventando adulti incapaci, appunto, di sognare. E di credere ai nostri sogni possibili. “Pan” è la felicità dell'emozione, la sorpresa di scoprire che abbiamo ancora tanto bisogno di una bella favola e di quel cinema che la sa raccontare con così tanto stupore e meraviglia.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: forze di Damasco avanzano con il sostegno di Mosca

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Le forze filo governative siriane, aiutate dagli alleati russi e iraniani, hanno compiuto nuovi progressi avanzando nel nord della Siria. Lo rivela l'Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo il quale le truppe di Assad hanno conquistato nuovi villaggi a sud di Aleppo. Si prosegue a combattere anche nella parte centrale della Siria dove, i militari di Damasco sembrano rafforzare le loro posizioni. Mosca, dal conto suo, fa sapere che negli ultimi raid aerei contro le roccaforti dello Stato Islamico sono stati distrutti centri di comando, un campo di addestramento, veicoli blindati e depositi di munizioni, per un totale di “49 strutture dei terroristi in Siria”. L’Iran ha reso noto, invece, che rafforzerà la presenza dei suoi consiglieri militari per aiutare Damasco. Continua a lavorare anche la diplomazia internazionale: ieri il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier, in vista a Teheran, ha esortato le autorità iraniane ad usare la loro influenza sul presidente Assad per trovare una soluzione politica alla crisi siriana.

Intanto prende corpo la proposta italiana di istituire dei caschi blu della cultura che vadano a difendere il patrimonio culturale siriano dagli attacchi dei miliziani integralisti dello Stato Islamico. Il Consiglio esecutivo dell'Unesco ha approvato per acclamazione la risoluzione co-firmata da altri 53 Stati e sostenuta dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. E sempre sul fronte della lotta all’Is si registra una maxi operazione anti-terrorismo condotta dalla polizia turca, con raid e perquisizioni in 17 siti a Istanbul, durante la quale sono stati tratti in arresto 50 stranieri sospettati di avere legami  con il califfato. 

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Egitto al voto per le parlamentari, favoriti i partiti governativi

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Urne aperte in Egitto per la prima fase delle elezioni parlamentari, indette dopo il rovesciamento, oltre due anni fa, del governo del presidente islamista Mohammed Morsi da parte dei militari. Questa domenica si vota in 14 dei 27 governatorati nei quali è suddiviso il Paese, nel primo turno di un processo elettorale che si concluderà a dicembre. I cittadini chiamati a votare in questa prima tornata sono circa 24,7 milioni; le urne rimarranno aperte fino alle 21 ora locali e i risultati saranno annunciati il 30 ottobre.

Dopo l'adozione di una nuova Costituzione e le elezioni presidenziali, le elezioni parlamentari sono il terzo ed ultimo passaggio del processo di transizione imposto dai militari dopo il rovesciamento della presidenza Morsi nel luglio 2013. In base alla Carta varata lo scorso anno, il Parlamento ha tra l'altro il potere di mettere sotto accusa il presidente in carica ed indire nuove elezioni presidenziali. Tuttavia, la nuova assemblea difficilmente si costituirà come un potere antagonista rispetto a quello del presidente al-Sisi, poiché un gran numero di candidati appoggiano apertamente l'ex generale e la coalizione "Per l'amore dell’Egitto”, considerata vicina al capo dello Stato, è data per favorita. Intanto, per prevenire possibili attentati, sono state rafforzate tutte le misure di sicurezza. (M.G.) 

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Scandalo Volkswagen: azionisti preparano causa da 40 miliardi

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Nuove difficolta si preannunciano per il colosso dell’auto Volkswagen. I grandi azionisti del marchio tedesco sono intenzionati a fare causa, chiedendo 40 miliardi di euro, alla casa automobilistica di Wolfsburg  per il recente scandalo dei dati truccati dei motori diesel.

Il gruppo Bentham - specializzato nel finanziare i costi delle grandi e lunghe cause legali - avrebbe ingaggiato il famoso avvocato, Quin Emanuel, il quale ha già vinto cause per quasi 50 miliardi di euro per clienti e rappresentanti di importanti società multinazionali. La notizia è riportata dal Sunday Telegraph, secondo cui Quinn Emanuel e Bentham stanno contattando i maggiori investitori di VW, compresi i fondi sovrani del Qatar e della Norvegia, per chiedere loro di unirsi all'azione legale.

La casa automobililistica deve inoltre fare i conti con le multe inflitte dai vari governi per i costi del richiamo e della modifica degli 11 milioni di vetture coinvolte nello scandalo.

 

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Al via incontro dei missionari delle comunità portoghesi e lusofone

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“Il ruolo delle missioni nella catechesi e la partecipazione dei migranti con riguardo alle attuali tendenze nelle diocesi di accoglienza”. Attorno a questo tema si svolgerà, da domani al 23 ottobre, l’incontro europeo dei missionari delle comunità portoghesi e lusofone in diaspora. L’evento, ospitato quest’anno a Brescia, è organizzato dall’Opera cattolica portoghese per le Migrazioni (Ocpm), organismo della Conferenza episcopale impegnato da più di 50 anni sostenere il lavoro dei tanti sacerdoti, religiosi e laici nel mondo al seguito delle comunità emigrate lusofone. Cinque gli obiettivi dell’incontro: scambiare informazioni sul lavoro svolto dalle missioni portoghesi nel Continente anche per fare fronte ai bisogni dei nuovi emigranti portoghesi che hanno lasciato il Paese a causa della crisi; valutare il contributo delle missioni cattoliche alla pastorale della mobilità umana in un’Europa in profonda trasformazione; rafforzare il dialogo e la collaborazione concreta tra le strutture della Chiesa portoghese e i Paesi di destinazione degli emigrati; riscoprire il potenziale missionario dei migranti nella nuova evangelizzazione dell’Europa; proseguire il dibattito sull’integrazione alla luce delle indicazioni dell’Istruzione “Erga Migrantes Caritas Christi” (La carità di Cristo verso i migranti), pubblicata nel 2004 dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per aggiornare la pastorale migratoria tenendo conto appunto dei nuovi flussi e delle loro caratteristiche. Tra gli invitati all’evento, mons. António Vitalino, vescovo di Beja e responsabile della pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale portoghese (Cep), Eugénia Costa Quaresma, direttrice nazionale dell'Ocpm, e i delegati dei missionari delle comunità portoghesi in Francia, Germania e Svizzera. Istituita nel 1962, l’Opera assiste oggi più di 5 milioni di portoghesi migranti sparsi nel mondo. Attualmente sono 55 i missionari, tra sacerdoti, religiosi e laici, impegnati nelle missioni cattoliche lusofone in sette Paesi europei: Francia, Germania e Svizzera, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito, Portogallo. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 291

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.