Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 16/10/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: l’ipocrisia è un virus nell’ombra, la preghiera lo vince

◊  

Bisogna pregare tanto per non lasciarsi contagiare dal “virus” dell’ipocrisia, quell’atteggiamento farisaico che seduce con le menzogne stando nell’ombra. È la sollecitazione di Gesù che Papa Francesco ha invitato ad accogliere, commentando il Vangelo del giorno all’omelia della Messa in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Non ha un colore l’ipocrisia, piuttosto gioca con le mezze tinte. Si insinua e seduce in “chiaroscuro”, con “il fascino della menzogna”. Il Papa considera la scena ritratta dal brano del giorno del Vangelo di Luca – Gesù e i discepoli in mezzo a una calca che si calpesta i piedi tanto è fitta – mettendo in luce lo schietto avvertimento di Cristo ai suoi: “Guardatevi dal lievito dei farisei”. “È una cosa piccolissima” il lievito, osserva Francesco, ma per come Gesù ne parla è come se volesse dire “virus”. Come “un medico” che dica “ai suoi collaboratori” di fare attenzione ai rischi di un “contagio”:

“L’ipocrisia è quel modo di vivere, di agire, di parlare che non è chiaro. Forse sorride, forse è serio… Non è luce, non è tenebra… Si muove in una maniera che sembra non minacciare nessuno, come la serpe, ma ha il fascino del chiaroscuro. Ha quel fascino di non avere le cose chiare, di non dire le cose chiaramente; il fascino della menzogna, delle apparenze… Ai farisei ipocriti, Gesù diceva anche che erano pieni di se stessi, di vanità, che a loro piaceva passeggiare nelle piazze facendo vedere che erano importanti, gente colta…”.

Gesù tuttavia rassicura la folla. “Non abbiate paura”, afferma, perché “non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto”. Come a dire, osserva ancora Francesco, che nascondersi “non aiuta”, anche se “il lievito dei farisei” portava e porta “la gente ad amare più le tenebre che la luce”:

“Questo lievito è un virus che ammala e ti farà morire. Guardatevi! Questo lievito ti porta alle tenebre. Guardatevi! Ma c’è uno che è più grande di questo: è il Padre che è nel Cielo. ‘Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure, nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati’. E poi, l’esortazione finale: ‘Non abbiate paura! Valete più di molti passeri!’. Davanti a tutte queste paure che ci mettono di qua e di là e di là, e che ci mette il virus, il lievito dell’ipocrisia farisaica, Gesù ci dice: ‘C’è un Padre. C’è un Padre che vi ama. C’è un Padre che ha cura di voi’”.

E c’è un solo modo per evitare il contagio, sostiene Papa Francesco. È la strada indicata da Gesù: pregare. L’unica soluzione, conclude, per non cadere in quell’“atteggiamento farisaico che non è né luce né tenebre”, ma è “a metà” di un cammino che “mai arriverà alla luce di Dio”:

“Preghiamo. Preghiamo tanto. ‘Signore, custodisci la tua Chiesa, che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quello che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la luce, la luce che viene dal Padre, che viene da Tuo Padre, che ha inviato Te per salvarci. Custodisci il tuo popolo perché non divenga ipocrita, perché non cada nel tepore della vita. Custodisci il tuo popolo perché abbia la gioia di sapere che c’è un Padre che ci ama tanto”.

inizio pagina

Francesco: liberare umanità dalla fame, no a dominio del profitto

◊  

Attuare l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile affinché non resti un insieme di regole. E’ uno dei passaggi del messaggio di Papa Francesco indirizzato al direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, in occasione dell’odierna Giornata Mondiale dell’Alimentazione sul tema “Protezione sociale e agricoltura per spezzare il ciclo della povertà rurale”. Nel messaggio, il Pontefice chiede di moltiplicare gli sforzi affinché l’umanità sia liberta dalla fame e torna a denunciare un sistema economico che favorisce la diseguaglianza. Il servizio di Alessandro Gisotti

“E’ ancora possibile concepire una società in cui le risorse sono nelle mani di pochi e i meno privilegiati sono costretti a raccogliere solo le briciole?”. Papa Francesco pone un interrogativo alle coscienze di tutti e soprattutto dei leader delle nazioni. L’occasione è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione e il messaggio che il Pontefice invia alla Fao. Ancora una volta, il Papa critica l’attuale sistema economico che favorisce “l’iniqua distribuzione dei frutti della terra”. E avverte che “viviamo un’epoca in cui l’affannosa ricerca del profitto, la concentrazione su interessi particolari e gli effetti di politiche ingiuste rallentano le azioni all’interno dei Paesi o impediscono una cooperazione efficace in seno alla comunità internazionale”. Un problema, rammenta drammaticamente, che riguarda due terzi della popolazione mondiale “a cui manca una protezione sociale anche minima”.

L’Agenda Onu per lo Sviluppo non resti insieme di regole
Per questo, esorta il Papa, è necessario attuare l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, recentemente approvata dalle Nazioni Unite. “Auspico – scrive Francesco – che non resti solo un insieme di regole e di possibili accordi”. E confida che tale documento “ispiri un modello diverso di protezione sociale, a livello sia internazionale sia nazionale”. Si eviterà così, è la speranza del Papa, “di utilizzarla a vantaggio di interessi contrari alla dignità umana, o che non rispettano pienamente la vita, o per giustificare atteggiamenti omissivi che lasciano i problemi irrisolti, aggravando in tal modo le situazioni di disuguaglianza”.

Liberare l’umanità dalla fame, non bastano i buoni propositi
Di fronte a questo “doloroso scenario”, Francesco chiede dunque di “trovare i mezzi necessari per liberare l’umanità dalla fame e promuovere un’attività agricola capace di soddisfare le effettive necessità delle diverse aree del pianeta”. E’ un obiettivo “ambizioso”, riconosce il Papa, ma al tempo stesso “improrogabile” per non rimanere “muti e paralizzati” dinnanzi a quella “cultura che scarta ed esclude tanti nostri fratelli e sorelle dalla vita sociale”. La risposta a tutto questo, si legge nel messaggio, “non può limitarsi a buoni propositi, né a un “generico appello alla cooperazione”, ma consiste piuttosto nella pace sociale”. Il messaggio ricorda che gli affamati “sono persone, non numeri” e ribadisce che accoglierne le aspirazioni “significa anzitutto una solidarietà che si traduce in gesti concreti, che richiede condivisione e non solo una migliore gestione dei rischi sociali ed economici”. Il Papa mette l’accento sul ruolo della famiglia nella protezione sociale dei più svantaggiati e chiede il concretizzarsi di “quell’amore sociale che è la chiave di un autentico sviluppo”.

I cristiani chiamati ad impegnarsi contro le ingiustizie
“La Chiesa – ribadisce – non ha la missione di trattare direttamente tali problemi dal punto di vista tecnico”. Tuttavia, aggiunge, “gli aspetti umani di queste situazioni non la lasciano indifferente”. Ciò, prosegue, esige “una ferma volontà per affrontare le ingiustizie che riscontriamo ogni giorno”, specie quelle che “offendono la dignità umana”. Sono fatti, avverte Francesco, “che non consentono ai cristiani di astenersi dal fornire il loro attivo contributo e la loro professionalità, soprattutto mediante diverse forme di organizzazione che tanto bene fanno nelle aree rurali”.

inizio pagina

Papa visita i senzatetto nel nuovo dormitorio vicino il Vaticano

◊  

Al termine dei lavori del Sinodo, ieri, Papa Francesco, verso le 19.00, si è recato a visitare i senzatetto presso il nuovo dormitorio inaugurato nei giorni scorsi dalla Elemosineria apostolica in via dei Penitenzieri, nei locali messi a disposizione dalla Curia generalizia della Compagnia di Gesù. Il servizio di Sergio Centofanti: 

E’ stato un momento di grande commozione. Una visita assolutamente a sorpresa. Il Papa è stato accolto dall’elemosiniere, mons. Konrad Krajewski, dal preposito generale dei Gesuiti padre Adolfo Nicolás e dalle tre suore che svolgono il loro servizio insieme ai volontari. I 30 ospiti del dormitorio hanno accolto con gioia il Papa: in gran parte italiani, lo hanno ringraziato perché finalmente hanno un letto su cui dormire. Hanno voluto raccontare le loro storie, hanno chiesto una benedizione. Papa Francesco li ha salutati con affetto uno per uno e per ognuno ha avuto una parola di simpatia e vicinanza. Ha quindi voluto vedere di persona tutta la struttura del dormitorio. La visita è durata circa 20 minuti.

Il dormitorio, che porta il nome di "Dono di Misericordia", si trova nelle vicinanze dell’Ospedale Santo Spirito ed è stato aperto il 7 Ottobre, nella memoria liturgica della Beata Maria Vergine del Rosario. La Comunità dei Gesuiti ha così voluto rispondere all’appello del Pontefice di destinare dei propri fabbricati alle persone in difficoltà. E Papa Francesco ha ringraziato i Gesuiti per aver preso a cuore così prontamente il suo invito.

La struttura può accogliere per la notte fino a 34 uomini e viene gestita dalle Suore di Madre Teresa di Calcutta come quelle già esistenti a Via Rattazzi, presso la Stazione Termini, e a San Gregorio al Celio. Tutti i lavori sono stati finanziati dalla Elemosineria Apostolica, cioè attraverso le offerte che provengono dalla distribuzione delle pergamene con la Benedizione del Papa e dalla generosità dei cittadini.

inizio pagina

Al Sinodo l'intervento di delegati fraterni e uditori laici

◊  

Unità nella diversità: questo, in sintesi, il clima che si è respirato stamani al Sinodo sulla famiglia, in corso in Vaticano. La 12.ma Congregazione generale ha visto, infatti, l’audizione di dodici delegati fraterni, presenti all’Assemblea in rappresentanza di diverse confessioni cristiane. Sono seguite le testimonianze degli uditori laici. Il servizio di Isabella Piro: 

Diversità di confessioni e di approcci, ma unità nel ritenere la famiglia asse centrale della pastorale della Chiesa e fondamento della società. Così i delegati fraterni si esprimono nell’Aula del Sinodo in cui, spiegano, si respira la ricca diversità della Chiesa di tutto il mondo e la capacità di dialogare gli uni con gli altri.

Matrimoni misti, opportunità per cammino ecumenico
Tanti gli spunti offerti dai loro interventi: dalla questione dei matrimoni misti, di cui si ribadisce l’importanza per il cammino ecumenico, alla riflessione sulle famiglie in crisi che dalla Chiesa attendono conforto ed accoglienza, accompagnamento e non giudizio. Lontana da atteggiamenti censori, la Chiesa racconti, invece, ai fedeli la bellezza del sacramento coniugale.

Famiglia, culla dell’amore di Dio di fronte alle sfide contemporanee
I delegati fraterni ribadiscono poi che la famiglia è culla dell’amore di Dio simile, in un certo qual modo, ad una comunità monastica in cui rispettano i voti di castità, povertà ed obbedienza, ovvero di fedeltà coniugale, condivisione dei beni e affidamento a Dio. Non mancano riferimenti alle problematiche principali contemporanee, come l’omosessualità, le legislazioni che mirano a ridefinire il matrimonio, il dramma della guerra e della migrazioni in Medio Oriente, l’indigenza: tutti elementi – sottolineano i delegati fraterni – che sfidano l’istituzione della famiglia che va, quindi, difesa e tutelata.

Ciò che unisce è più di ciò che divide
Centrale anche l’attenzione per il tema dell’adozione dei bambini e per la rilevanza che la Sacra Scrittura e la preghiera comune possono e devono avere nei nuclei familiari, i quali devono essere testimoni della gioia del Vangelo. Infine, i delegati fraterni esprimono apprezzamento per i lavori sinodali e ribadiscono la loro volontà di percorrere insieme il cammino ecumenico perché – evidenziano – ciò che unisce è molto più di ciò che divide.

Le testimonianze di uditori laici
Dopo l’adizione dei Delegati fraterni, il Sinodo ha lasciato spazio anche agli uditori ed uditrici presenti in Aula: tra loro, numerose coppie di coniugi e molte donne. Dalle loro testimonianze, emerge la bellezza di una vita familiare che parta dal vero amore, ma anche la consapevolezza delle tante sfide che essa deve affrontare oggi. Gli uditori hanno richiamato, ad esempio, il bisogno di un’adeguata preparazione al matrimonio, di uno sguardo capace di vedere “semi di speranza” anche nelle famiglie in crisi, di un’attenzione per le vittime di abusi, perpetrati anche da alcuni membri del clero, affinché il loro dolore venga ascoltato e compreso fino in fondo.

Bambini ed anziani vittime della “cultura dello scarto”
Non mancano, poi, la preoccupazione per gli anziani, colpiti dalla “cultura dello scarto”, e l’allarme per una sorta di rivoluzione ideologica che, ad esempio tramite la teoria del gender, mira a ridefinire la famiglia e la natura umana. Lo stesso – mettono in guardia gli uditori – si può dire per quella cultura “anti-vita” che permette aborto, utero in affitto, crioconservazione degli embrioni, procreazione artificiale. Perplessità vengono poi espresse riguardo ai matrimonio misti tra donne cristiane e uomini musulmani, in particolare per la superficialità con cui, a volte, si rinuncia all’identità cristiana.

L’importanza del ruolo della donna nella famiglia e nella Chiesa
Ampia riflessione, poi, viene riservata alle donne: vengono ricordate le pagine amare delle violenze domestiche, ma anche la bellezza del loro spirito di sacrificio per la famiglia, insieme alla loro capacità di donare la vita e di trasmettere la fede. Per questo, dicono uditori ed uditrici, la Chiesa deve ascoltare di più le donne, con l’auspicio che esse possano trovare un ruolo maggiore nella vita della Chiesa. Infine, gli uditori e gli uditrici ricordano il legame tra famiglia e società e ribadiscono: come è la prima, così sarà la seconda.

inizio pagina

Proposta Commissione per affrontare tema divorziati risposati dopo Sinodo

◊  

Al termine di questa nuova mattinata di lavori al Sinodo, dedicata all’Audizione dei delegati fraterni e degli uditori, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha tenuto il consueto briefing. Ampio spazio è stato dato al dibattito generale di ieri sulla terza parte dell’Instrumentum laboris. Poi gli interventi di due delegati fraterni, il primate della Chiesa Ortodossa di Estonia Stephanos e il rev.do Timothy Thornton, vescovo di Truro in Gran Bretagna, della Comunione anglicana. Domani, si è detto, non è previsto briefing, per la solenne commemorazione del 50 anniversario dell’istituzione del Sinodo. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

E’ l’ultimo briefing della settimana e padre Federico Lombardi riassume quanto fatto tra ieri sera e stamattina in aula. 30 gli interventi dei padri sinodali e tre di coppie di uditori ieri, mentre stamani spazio ai 12 delegati fraterni e a tutti i rimanenti 27 interventi di uditori e uditrici. Quindi il punto sulla undicesima congregazione di ieri, che spesso, ha sottolineato il direttore della Sala Stampa, è tornata a mostrare quanto sia importante il ruolo delle coppie cristiane nella guida e nel sostegno alla Chiesa sia sul tema della sessualità coniugale sia nelle situazioni di crisi coniugale:

"Le coppie cristiane, delle famiglie cristiane, che hanno esperienza possono comunicare un’esperienza in modo anche missionario agli altri ed essere i luoghi migliori dell’accoglienza. E in questo contesto sono stati ricordati più volte anche i principali movimenti e associazioni che hanno grande esperienza in questo campo e che sono presenti nella Chiesa”.

Una Commissione sul vincolo matrimoniale
Padre Hagenkord, responsabile della comunicazione in inglese, ha evidenziato il grande spazio che l’Aula ha dato alle testimonianze personali e pastorali. Diverse le tematiche affrontate: il problema complesso della procreazione e della contraccezione, il ruolo importante della famiglia per la pace, ma anche le adozioni, coppie senza figli e nullità del matrimonio. Ci si è soffermati nuovamente sul tema dei divorziati risposati. Si sono delineate le possibilità aperte al Sinodo: o non fare nulla per mancanza di soluzione o scegliere la via penitenziale, che ha voci favorevoli e contrarie, o ancora rimanere fermi nella dottrina, "essere profeti nell’annuciazione del Vangelo e andare contro corrente". Al centro delle discussioni è tornato anche il ruolo del vincolo matrimoniale: sacramento indissolubile la cui natura non può essere modificata, Ogni apertura, si è detto, è cambiamento di dottrina. E poi una novità ha detto padre Bernd Hagenkord:

“E’ stato suggerito in questo campo lo stabilimento di una Commissione per studiare questo argomento dopo il Sinodo, per non prendere una decisione prematura. E’ stata suggerita anche una pastorale adatta ai tempi nostri e alle esigenze attuali, includendo anche un Diritto Canonico adatto”.

Tra gli argomenti emersi negli interventi in lingua inglese, specie dal mondo africano, si è registrata l’esigenza che i bambini siano considerati non solo oggetti ma soggetti protagonisti della promozione delle relazioni familiari e nel terzo mondo siano visti non solo come responsabilità, ma come reale segno di speranza per il futuro.

Chiesa in soccorso di violenza in famiglia e anziani
Centrale nella discussione di ieri il grave problema delle violenze in ambito familiare, specie l'incesto. Ne è emerso l'auspicio che la Chiesa sia voce di quanto coperto, di solito per vergogna, dal silenzio. Spazio anche al problema della cura degli anziani, isolati e considerati inutili e per questo esposti ad alto rischio di suicidio. I padri sinodali hanno trattato anche della dimensione procreativa di coppia, davanti alla quale spesso i presbiteri si trovano impacciati e limitati, e della preparazione al matrimonio sul fronte dell’educazione sessuale, un aspetto sul quale oggi, si è detto, i padri di famiglia delegano ogni responsabilità all
’istruzione pubblica. La Chiesa invece, è stato ribadito, deve entrare in questo ambito in modo chiaro, presentando la buona notizia della sessualità come percorso d’amore e non di peccato.

I delegati fraterni al Sinodo  
Al briefing presenti anche due dei delegati fraterni che stanno seguendo il Sinodo. Nelle loro parole l'esperienza di accoglienza e collaborazione che stanno vivendo, ma anche la comunanza dei problemi. "Le questioni dei padri sinodali accomunano la Chiesa occidentale alle altre Chiese", ha spiegato il primate della Chiesa ortodossa di Estonia Stephanos, sottolinendo che siamo tutti di fronte al problema di una società che legifera sulla famiglia in nome di un diritto alla parità che invece annulla la differenza fondamentale tra uomo e donna, questione non solo dottrinale, ma base per la vita del mondo. Innanzi a questo pericolo, ha detto, la Chiesa tutta ha il dovere di reagire. 

Al Sinodo accoglienza e ascolto fraterno per tutti
Di accoglienza amichevole e paritaria al Sinodo ha parlato anche il reverendo Timothy Thornton vescovo anglicano: "siamo tutti", ha spiegato "in grado di dare il nostro contributo". Circa gli esiti dell'assemblea sinodale infine, ha voluto sottolineare che contrariamente a quanti si aspettano una sorta di "rivelazione", la vera realtà che accomuna i padri sia quella dei “lavori in corso”, ovvero di un comune ascolto e di libertà di parola. Questo, ha affermato può considerarsi "un vero segno di speranza". 
Infine in riferimento alla lettera scritta da alcuni vescovi al Papa in dissenso sulle scelte sinodali, il vescovo anglicano ha voluto ribadire che la diversità di punti di vista è fondamentale per costruire qualcosa, e che se qualcuno esprime le proprie idee non lo fa con un’intenzione distruttiva .

 

inizio pagina

Ouellet: raggiungere divorziati risposati, ma senza cambiare dottrina

◊  

Al Sinodo si dibatte sull’ammissibilità di una via penitenziale per i divorziati risposati in vista di una loro partecipazione ai Sacramenti. Dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, l’invito a non tradire la dottrina e a considerare con attenzione l’effettiva validità di matrimoni contratti dai divorziati risposati civilmente. Ascoltiamo il porporato al microfono di Paolo Ondarza

R. – Il Santo Padre ci ha detto all’inizio che il Sinodo non cambierà la dottrina, ma cerca una pastorale adeguata. Quindi, per raggiungere i divorziati risposati ci vuole un dialogo, un chiarimento. Si discute su questa via penitenziale. Io penso che si debba chiarire bene la questione del matrimonio valido: se il matrimonio è nullo, si deve chiarire attraverso le procedure giudiziarie; altrimenti, se il vincolo coniugale e sacramentale indissolubile c’è, lì non possiamo – senza cambiare la dottrina – proporre un accesso ai sacramenti, perché è un punto dottrinale. Ma certamente tante persone che sono divorziate e risposate non hanno chiarito bene a loro stessi cosa è accaduto nella loro vita. In questo senso, bisogna condurre un dialogo per ascoltare bene la loro storia, verificare veramente la sacramentalità del vincolo.

D. – E’ importante, dal suo punto di vista, riproporre quanto contenuto nell’Esortazione apostolica “Familiaris consortio”, quando si dice che lo stato di un divorziato risposato contraddice oggettivamente l’unione tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia?

R. – Sì, la posizione di “Familiaris consortio” è la dottrina tradizionale della Chiesa che è stata confermata da San Giovanni Paolo II e anche da Papa Benedetto. Quando ci riferiamo alla dottrina ci riferiamo a questo: questa è la norma che ci permette di costruire e di cercare una pastorale, cioè andare incontro alle persone che si trovano in queste situazioni e offrire loro una riconciliazione; se non sarà totalmente sacramentale, almeno si potranno ricostruire i legami con la comunità ecclesiale. Come il Papa ha ripetuto parecchie volte, non si deve ridurre tutto alla questione “dare o non dare la Comunione”. Questo è un modo sbagliato di presentare questa problematica.

D. – I giornali danno ampio risalto all'episodio, riferito dall’Aula del Sinodo, di un bambino, figlio di divorziati risposati, che all’atto della Comunione ha spezzato l’Eucaristia per condividerla con i genitori: episodio commovente. Che cosa viene a dire alla riflessione sulla misericordia qui, all’Aula del Sinodo?

R. – E’ un fatto bellissimo: il gesto di quel bambino è bellissimo e ci fa toccare il dolore di non poter ricevere la Comunione. Ma non dobbiamo dimenticare che i genitori che sono lì continuano ad essere uniti alla comunità, ad ascoltare insieme la Parola, a offrire il Santo Sacrificio … cioè, c’è tutta una comunione ecclesiale reale che si vive anche da parte delle famiglie che si trovano in situazioni difficili.

D. – Può rappresentare addirittura un esempio di catechesi in famiglia, di come portare la croce, quella di un genitore divorziato e risposato civilmente che non riceve la Comunione? Un esempio per i propri figli?

R. – Certamente. Se la Chiesa non autorizza la Comunione, non è perché pensa che questo peccato non possa mai essere perdonato. Dio perdona il peccato dei divorziati e risposati, lo perdona: su questo non c’è dubbio e la Chiesa lo proclama. Ma la Chiesa celebra e rispetta nel Sacramento dell’Eucaristia Cristo sposo nel suo dono alla Chiesa; allora, la Chiesa chiede ai suoi figli di partecipare a questo rispetto e quando c’è questa contraddizione (nella donazione matrimoniale; ndr) perché c’è un secondo partner, chiede l’astensione dalla Comunione: questa è espressione del rispetto della Chiesa per il suo Sposo divino. Non è che la persona non è mai perdonata o che non sia in comunione con Dio: al contrario. Il sacrificio che deve fare di non ricevere la Comunione e di trovarsi in qualche modo a disagio è anche un modo di essere unito a Cristo crocifisso …

inizio pagina

Mons. Van Looy: al Sinodo visioni diverse, non clima avvelenato

◊  

C'è grande fraternità tra i Padri sinodali nonostante le diverse sensibilità: è quanto afferma mons. Lucas Van Looy, vescovo di Gand in Belgio. L’intervista è del nostro inviato Paolo Ondarza

R. – C’è una svolta: gli interventi in Aula sono diventati più propositivi. Il clima del Sinodo è molto positivo. Certo, ci sono interventi che non sono accettati da tutti, ma, all’interno di un gruppo, non è che per il fatto che una persona dice una cosa e un’altra le risponde che è necessario rivederla, il clima non sia buono… C’è una grandissima fraternità!

D. – Cioè ci sono visioni diverse, ma comunque il clima è positivo…

R. – Ci sono visioni diverse, ma questo deriva dal fatto che ognuno proviene da contesti differenti. Una persona che viene dall’Estremo Oriente può avere un proprio pensiero su una questione riguardante il matrimonio. Dobbiamo accogliere con misericordia: la misericordia è una cosa; un’altra cosa è la pratica di quest’ultima. Ma, proprio in questo senso, ci sono posizioni che non sono opposte, ma c’è una ricerca volta a capire come risolvere certe situazioni secondo la dottrina della Chiesa. Questa è la ricchezza del Sinodo: il fatto che tutti abbiano la libertà di parlare e anche quella di ascoltare. E ciò è veramente molto bello!

D. – A fronte di quanto invece spesso viene descritto da certa stampa, da certi giornali, che vorrebbero un clima avvelenato qui al Sinodo…

R. – Io non ho avuto l’impressione che il clima sia “avvelenato”: ci sono delle persone che hanno opinioni diverse, ma questo per me non crea nessun problema. Non tutti la devono pensare come me: “avvelenato” è un’altra cosa… Per esempio, per quanto riguarda la questione del matrimonio e della comunione per i risposati: questa è una ricerca che si compie e nessuna parola definitiva è stata detta su questo punto. Questa questione è riportata dalla stampa come centrale, ma non è così! Finora pochi hanno fatto riferimento a quel tema.

D. – Posso chiederle: restando su questa questione qual è il suo punto di vista?

R. – La pedagogia: come bisogna aiutare queste persone a diventare cristiani nel senso completo del termine. Io sono un salesiano, quindi per me la pedagogia è la risposta a tutte queste cose. E questa dice che tu puoi partire con qualcuno da una certa posizione, però hai di fronte un lungo cammino da fare. La Chiesa, allora, è lì come pedagogo per accompagnare queste persone. Dunque io mi baso sempre sul criterio della pedagogia.

D. – E intravede un’apertura per quanto riguarda la possibilità dell’accesso ai sacramenti per i divorziati-risposati?

R. – Io penso di sì, ma non oggi - non subito - ma attraverso un cammino si può arrivare a certe posizioni che saranno condivise da tutti. Però, se tu mi dici oggi: “Apri la porta”, io rispondo: “Non chiudo nessuna porta”. Ma non è che perché la porta è aperta, io oggi debba concedere ogni cosa: la porta la apro per cominciare a camminare, e questo è il modo più sano, più cristiano…

D. – Senza il correre il rischio di snaturare il Magistero o la Dottrina…

R. – Certo! Non si tratta sempre di un “o…o”, ma è un “e…e” - “una cosa e l’altra” - ed è proprio il cammino pedagogico che può risolvere queste questioni poco per volta.

inizio pagina

Sinodo. I coniugi Diaz: accompagnare con amore le famiglie ferite

◊  

35 anni di matrimonio, 4 figli, da 15 anni sono impegnati con successo nella pastorale familiare in Colombia con la fondazione “Uomini e Donne del futuro”. Parliamo di Isabel e Humberto Diaz Victoria, una coppia di uditori al Sinodo, membri della Commissione per la Famiglia della Conferenza episcopale colombiana. Al microfono del nostro inviato Paolo Ondarza raccontano i percorsi da loro proposti alle coppie in difficoltà: 

R. – (Isabel) Nosotros, primero, aprendimos un poco en nuestra experencia...
Noi abbiamo anzitutto imparato dalla nostra stessa esperienza: al terzo anno di matrimonio abbiamo avuto una crisi... E Dio ci ha aiutato ad affrontare questa crisi e ce l’abbiamo fatta a superarla. Ora, dopo questa esperienza, cerchiamo di aiutare anche le altre famiglie, lavorando con gruppi di uomini, gruppi di donne, con coppie e con famiglie, in cui ci sono anche giovani e bambini. Facciamo degli incontri con un’esperienza profonda di guarigione interiore, vedendo i talenti che ciascuno di noi ha e come si sta vivendo la propria vita di fede.

D. – Per fare un esempio: voi aiutate anche coppie che hanno avuto esperienza di infedeltà…

R. – (Humberto) Es esto un flagelo que hay en el mundo y que necesita mucho apoyo…
Questo è un flagello che c’è nel mondo e che ha bisogno di molto sostegno. Quando viaggiamo e incontriamo coppie, molti ci chiedono proprio riguardo al tema dell’infedeltà. Questo ci ha portato a creare tutto un sistema di ascolto che permette di confrontarsi e trovare vie alternative di riconciliazione tra le coppie che cadono nell’infedeltà.

R. – (Isabel) Tenemos un curso muy especial para las personas que han caído en la infidelidad. ...
Abbiamo dei corsi speciali per le persone che sono cadute nell’infedeltà ed altri per coloro che hanno subito l’infedeltà, perché entrambe hanno bisogno di essere risanati dalle ferite che portano dentro; entrambi hanno bisogno di ricostruirsi, entrambi hanno sofferto e soffrono… E questo cerchiamo di farlo in modi diversi, che Dio ci ha permesso, anche con due libri che abbiamo scritto: “Famiglie vittoriose” e, l’altro, “Dammi la tua mano, prendi la mia”.

D. – “Famiglie vittoriose”, così che le difficoltà, le infedeltà e tutti gli altri problemi non rappresentano la parola definitiva di una via di coppia…

R. – (Humberto) Sì, tenemos testimonios de muchas parejas …
Sì, abbiamo testimonianze di molte coppie che hanno vissuto un momento come il nostro e che in un momento di difficoltà hanno potuto ristabilire le relazioni. Altre coppie sembrava non avessero alcuna  speranza: hanno lottato, hanno compiuto un processo, nel quale è stata analizzata la relazione, la storia personale… E oggi sono coppie che aiutano altre coppie, che stanno anche evangelizzando altre famiglie.

D. – Voi aiutate anche le coppie divorziate?

R. – (Isabel) Sì, tambien. Las escuchamos, ...
Sì, anche. Le ascoltiamo, le guidiamo, affinché compiano il cammino di risanamento, crescendo alla luce del Vangelo e comprendendo anche se possono uscire da questa situazione, anche attraverso il Tribunale ecclesiale. Ogni caso è specifico… Però le ascoltiamo, le consigliamo, le guidiamo e le orientiamo affinché riorganizzino il loro progetto di vita.

D. – Si parla molto di crisi della famiglia e poco, invece, degli aspetti positivi della famiglia…

R. – (Humberto) Gracias por tocar este tema, porque creo que es una misión …
Grazie per affrontare questo tema, perché credo che noi abbiamo, come famiglia e come cattolici questa missione di annunciare la bellezza di essere famiglia. In questo momento ci confrontiamo con il fatto che i giovani non vogliono sposarsi: perché? Perché non hanno modelli che li attiri, che richiami la loro attenzione. Ma esistono! Sono molte le famiglie nel mondo che hanno buone relazioni, che hanno costruito famiglie sane e che possono darne testimonianza. Quindi invitiamo tutte le famiglie a mostrare come sia bella e quale ricchezza abbia la nostra missione: la nostra missione è costruire una casa, formare una famiglia, sposarci ed avere figli …

D. – Sempre più frequentemente la società contemporanea ci mostra un’immagine del conflitto tra uomo e donna. Ma mai si sottolinea che la complementarietà tra uomini e donne è un fondamento del Vangelo…

R. – (Isabel) Sì. Precisamente la complementariedad, la reciprocidad es uno de los elementos del Evangelio …
Sì. La complementarietà, la reciprocità è uno degli elementi del Vangelo. A volte alcuni mezzi di formazione o sistemi economici vogliono rompere la famiglia, sostenendo come sia impossibile che un uomo e una donna possa andare bene insieme… Ma questa complementarietà, questo costruire progetti insieme è una bellezza ed è parte del Vangelo.

D. – Il mondo ha bisogno della buona notizia sul matrimonio, anche parlare di castità prematrimoniale. C’è bisogno di parlare di questo? Il mondo ha bisogno di questo messaggio?

R. – (Humberto) Sì, naturalmente que se necesita …
Sì, certo che c’è bisogno che i giovani prendano anche questo come modello di preparazione, in modo sano, in modo che gli permetta di comunicare. Quando si inizia una relazione e si arriva ad una intimità sessuale prima del matrimonio, questo ostacola anche il processo stesso di conoscenza della persona e impedisce che si conoscano altri aspetti della persona, la sua essenza. E’ molto importante che si affronti anche questo aspetto e che si lavori maggiormente in quella che è la preparazione al matrimonio.

D. – Di che cosa ha bisogno oggi la famiglia? Cosa chiedere alla Chiesa?

R. – (Humberto) Quiero pedir acompanamiento, ...
Chiedo accompagnamento, che vuol significare avere una pastorale della famiglia nella quale si includano e si portino tutte quelle persone che stanno soffrendo, affinché non si aspetti che siano in crisi per dare loro aiuto.

inizio pagina

Papa ai giovani: non abbiate paura! 37 anni fa l’elezione di Wojtyla

◊  

“Cari giovani, non abbiate paura di dare tutto. Cristo non delude mai”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex. Parole che ricordano immediatamente il celebre “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo” di San Giovanni Paolo II, nella Messa di inizio Pontificato. Proprio oggi, ricorre il 37.mo anniversario dell’elezione alla Cattedra di Pietro di Karol Wojtyla. Per la prima volta dal 1523 veniva eletto un Pontefice non italiano.  

“Gli Eminentissimi Cardinali – disse il futuro Santo, affacciandosi dalla Loggia centrale della Basilica Petrina – hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un Paese lontano... lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana”. “Ho avuto paura nel ricevere questa nomina – confidò Karol Wojtyla sottolineando la sua devozione mariana – ma l’ho fatto nello spirito dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima”.

“Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana – proseguì tra gli applausi dei fedeli in Piazza San Pietro – Se mi sbaglio mi corrigerete. E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l’aiuto di Dio e con l’aiuto degli uomini”. (A.G.)

inizio pagina

Domenica il Papa canonizzerà i genitori di Santa Teresa di Lisieux

◊  

Esempi di santità familiare, vocazione, fede profonda. Sono i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, Louis e Zélie Martin, nel ritratto tracciato al briefing di stamani nella Sala Stampa della Santa Sede, organizzato dalla Conferenza episcopale francese per illustrare le due figure che saranno canonizzate dal Papa domenica prossima, insieme a Vincenzo Grossi e Maria dell’Immacolata Concezione. Il servizio di Giada Aquilino

A novant’anni dalla canonizzazione di Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, domenica prossima anche i suoi genitori diventeranno Santi. Esempi concreti di santità familiare come sposi e genitori, Louis e Zélie Martin saranno canonizzati da Papa Francesco nel pieno dello svolgimento del Sinodo dedicato alla famiglia e nella Giornata missionaria mondiale. Vissuti nel 19.mo secolo, entrambi sentirono il desiderio di entrare in monastero, poi la vita li portò ad essere orologiaio e merlettaia. Dalla loro unione nacquero nove figli, ma solo cinque sopravvissero. Tra loro Marie-Françoise Thérèse, poi divenuta Santa Teresa di Lisieux, e Léonie, il cui processo di Beatificazione è stato aperto nel luglio scorso. Ai figli, Louis e Zélie trasmisero l’esemplarità della loro esistenza. Ne ha parlato padre Romano Gambalunga, postulatore della Causa di Canonizzazione:

“La famiglia e le relazioni familiari funzionano quando i coniugi prima di tutto vivono il loro incontro e la loro storia d’amore come una vocazione. Si ricevono, cioè, l’uno e l’altro dalle mani di Dio e vivono la loro vita, sapendo che c’è un disegno buono da scoprire insieme. Ci sono dei segni che Dio lascia, che lo Spirito suggerisce, attraverso i quali si può camminare insieme, imparando a stimarsi, a rispettarsi, a condividere tutte le situazioni che accadono, trovando nell’altro l’aiuto, il dono. E questo è solo uno sguardo che si può avere, se si ha la fiducia che c’è un Padre buono, che c’è un sostegno, se si fa l’esperienza della grazia, come loro hanno fatto. Vivere, quindi, prima di tutto il matrimonio come vocazione. E poi vivere anche il rapporto tra coniugi, quindi tra uomo e donna, come un’amicizia, dove c’è stima reciproca, dove si è alleati, dove si condivide un progetto comune, dove ci si aiuta anche ad educare i figli. E tutto questo i coniugi Martin lo hanno saputo vivere”.

Prima coppia che verrà canonizzata congiuntamente, i Martin condussero dunque una vita contrassegnata da una profonda fede: lo ha spiegato padre Jean-Marie Simar, rettore del Santuario dei coniugi “Louis et Zélie Martin” di Alençon:

“Une vie très ordinaire, une vie complètement toute simple, que on pourrait comparer avec la vie…
Una vita molto ordinaria, una vita completamente semplice, che possiamo paragonare con la vita della Santa Famiglia di Nazareth. Scelsero di mettere Dio al primo posto, scelsero l’importanza della preghiera personale e in famiglia”.

A Louis e Zélie sono stati riconosciuti due miracoli: per Pietro, bimbo italiano nato nel 2002 con una grave malformazione polmonare, e per Carmen, nata in Spagna nel 2008, prematura e con una grave emorragia cerebrale. I piccoli domenica saranno in piazza e porteranno le reliquie in processione. Le famiglie, con percorsi differenti, per la loro guarigione hanno pregato intensamente i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino. Ad accompagnarli nel loro percorso, religiosi, amici e familiari, come ha sottolineato padre Antonio Sangalli, vice postulatore:

“Quello che ho sempre sotto gli occhi è la riconoscenza grande di queste famiglie. Qualcuno diceva: ‘Ma perché? Non è che abbiamo trovato il Santo migliore; non è che avevamo la preghiera migliore; non è che noi eravamo migliori di tutti gli altri’. E scoprono e capiscono che, attraverso questo grande segno del miracolo, il miracolo più grande - oltre alla guarigione dei figli - è quello di vedere attorno a sé riprendere in mano la vita cristiana di tante persone che si erano impegnate nella preghiera, nell’accompagnare tali famiglie in questo grave, difficile momento della loro vita. Il Signore risponde e questo ci dà il coraggio di affrontare la vita, sapendo che la presenza di Dio non ci abbandona mai in nessuna situazione”.

La prossima Canonizzazione va letta in un’ottica d’amore, proprio come Santa Teresa ha insegnato. Lo ha messo in luce padre Olivier Ruffray, rettore del Santuario di Lisieux:

“Si Thérèse a pu nous parler de l'amour …
Se Teresa ha potuto parlarci dell’amore esattamente come lei ci ha parlato, invitandoci a vivere di amore, possiamo capire che Teresa ci ha parlato dell’amore di Dio, degli altri, quotidianamente, grazie ai suoi genitori che glielo hanno insegnato: sua madre e suo padre le hanno dato la possibilità di vivere di amore”.

inizio pagina

Un convegno celebra gli 800 anni del Concilio Lateranense IV

◊  

Nel 1215 Papa Innocenzo III convocò il Concilio Lateranense IV, un evento eccezionale per i tempi, al quale parteciparono oltre 400 vescovi e un gran numero di abati e rappresentanti secolari. Oggi, a 800 anni di distanza, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha organizzato tre giorni di studi e riflessioni per ricordare il più importante concilio medievale e le sue ripercussioni sulla vita ecclesiale nel corso dei secoli. Il servizio di Michele Raviart

Dall’introduzione del concetto di “transustanziazione”  per identificare il miracolo eucaristico, alla definizione del “precetto pasquale”, che obbliga il cristiano a confessarsi e a comunicarsi almeno una volta l’anno. Dal rafforzamento del primato papale sugli altri vescovi, alla conferma del celibato per i sacerdoti. Molte delle decisioni prese in Laterano nel novembre 1215 sono ancora alla base della vita dei cristiani di oggi, come ci spiega mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Laterenanse, sede del convegno:

“Il Concilio Lateranese IV è stato certamente il Concilio più importante dell’età medievale. L’eredità che ha lasciato è enorme e tocca moltissimi ambiti, praticamente tutti gli ambiti della Chiesa. Io sono molto onorato di ospitare questo convegno proprio accanto a San Giovanni in Laterano, presso la quale Basilica fu celebrato il Concilio stesso, 800 anni fa”.

Il XIII secolo fu un periodo di grandi cambiamenti per il pensiero cristiano. La figura di San Francesco d’Assisi stava rivoluzionando il modo di intendere la vita religiosa e come lui tutti i nascenti ordini dei frati minori. Il Concilio Lateranense IV diede un’organizzazione a queste nuove manifestazioni di fede, imponendo la creazione dei Capitoli Generali sul modello cistercense. Padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche:

“C’erano tante energie nuove. Tutti questi movimenti, come il Movimento francescano, tutti questi poi hanno avuto bisogno di essere incanalati e in questo senso è più che mai attuale il Concilio Lateranense IV. Riforma istituzionale e risveglio spirituale devono camminare di pari passo. La Storia ci insegna che non si può promuovere una vera riforma della vita dei cristiani con una semplice riforma istituzionale. E questo – credo – sono cose che sono state sempre valide, e anche per quest’oggi.”

Le conclusioni del Concilio ebbero alcune ripercussioni storiche nell’Europa del tempo. Dopo il fallimento della quarta Crociata, che finì col saccheggio di Costantinopoli e il peggioramento dei rapporti con la Chiesa ortodossa, Innocenzo III pose, nell’ultima delle 71 costituzioni conciliari, le basi per la quinta Crociata, mentre la repressione delle eresie fu assegnata alla nascente Inquisizione. Il cardinale Walter Brandmüller, presidente emerito del Pontificio comitato di Scienze Storiche.

“Il Concilio Lateranense IV ha dovuto affrontare una situazione della Chiesa pericolosissima, perché in grande parte era pervasa dall’eresia dei catari: fino all’ambiente del clero era pervenuta, questa eresia …”

Al convegno, che durerà tre giorni, parteciperanno 18 relatori provenienti da 8 Paesi.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Risorse per pochi e briciole per troppi: messaggio del Papa per la giornata mondiale dell’alimentazione.

Benvenuti nella vostra casa: visita di Francesco agli ospiti del dormitorio “Dono di misericordia”.

I quattro nuovi santi che il Pontefice proclamerà domenica.

Povera cioè libera: il cardinale Dionigi Tettamanzi su Chiesa e civiltà del benessere temporale nel magistero dell’arcivescovo Montini. 

Saggio realismo: Silvia Guidi a colloquio con Ernesto Galli della Loggia sul tema dello “ius soli”.

Alla fine del viaggio con i giusti rimpianti: Gabriele Nicolò su Arthur Miller a cent’anni dalla nascita.

Scoperta la più antica bozza della Bibbia di Giacomo.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Palestinesi incendiano Tomba di Giuseppe. Faltas: non è Intifadah

◊  

Tensione alle stelle in Terra Santa nel giorno in cui Hamas ha esortato al "Venerdì della collera" contro Israele, invitando alla protesta. Centinaia di giovani palestinesi nella notte hanno incendiato la Tomba di Giuseppe a Nablus, in Cisgiordania. L’assalto, iniziato con il lancio di bottiglie molotov, è durato per ore ed il fuoco ha causato ingenti danni alla sezione per le donne del luogo dove secondo la tradizione è sepolto uno dei 12 figli di Giacobbe. Negli scontri sul confine con Gaza, un giovane palestinese di 20 anni è rimasto ucciso. Sulla situazione Francesca Di Folco ha intervistato padre Ibrahim Faltas, francescano della Custodia di Terra Santa: 

R. – Un gruppo di palestinesi ha bruciato la Tomba di Giuseppe e adesso Abu Mazen, che ha condannato questo fatto, ha creato un comitato per indagare su questa situazione.

D. – Che significato ha questo gesto? Tutto sembra portare verso la nuova Indifadah?

R. – Noi stiamo vivendo una situazione brutta, ma non la chiamerei “nuova Intifadah”. Tutti hanno paura oggi: oggi è venerdì … E’ vero che Hamas ha parlato di un “venerdì di rabbia”, ma io penso che non durerà molto. Adesso si parla di un incontro possibile tra Abu Mazen e Netanyahu e il segretario americano, Kerry, e anche Re Abdallah di Giordania. Se questo incontrò avverrà, penso che la situazione potrà migliorare molto.

D. – Per Peter Lerner, portavoce militare israeliano, si tratta della dissacrazione di un luogo sacro, che comporta a suo dire una lampante violazione della libertà di culto …

R. – Certo, è un luogo sacro, la Tomba di Giuseppe; ma è una reazione a quello che è stato fatto alla moschea di al Aqsa. E’ questo il problema, e noi non vogliamo che diventi una guerra religiosa. Non deve essere mai una guerra religiosa! Quando hanno toccato al Aqsa, abbiamo visto la reazione di tutti i musulmani: e questa è una reazione simile. Un gruppo di giovani palestinesi hanno compiuto questo gesto, ma il governo palestinese l’ha condannato, Abu Mazen stesso l’ha condannato e stanno facendo indagini su questo fatto.

D. – Quali saranno, secondo lei, le reazioni della comunità internazionale a questa ennesima spirale di violenza?

R. – La comunità internazionale, da tempo avrebbe dovuto fare qualcosa! Da tempo avrebbe dovuto lavorare! Da tempo avrebbe dovuto cercare di mettere tutti insieme! La comunità internazionale, secondo me, dorme: non ha fatto niente. Sempre l’abbiamo detto: sempre abbiamo detto che la comunità internazionale deve operare, deve fare pressione su tutte e due le parti, deve fare tornare le due parti ai negoziati. Questo che sta succedendo è frutto del non-incontrarsi. Quando Abu Mazen non incontra il primo ministro israeliano, quando il dialogo non c’è, quando il dialogo non esiste, frutto di tutto questo è la violenza, è quello a cui stiamo assistendo in questo momento. La comunità internazionale da tempo, da anni stiamo dicendo che non fa niente. Deve lavorare, deve fare pressione su tutte e due le parti.

inizio pagina

Polizia bulgara uccide afghano, Ungheria chiude frontiera

◊  

Dalla mezzanotte l'Ungheria chiude i confini con la Croazia ai migranti. Finora, caricati subito su autobus ungheresi, venivano condotti alla frontiera con l'Austria, diretti in Germania e altri paesi del nord Europa.  Ieri sera, lungo la frontiera tra Bulgaria e Turchia, un migrante afghano è morto dopo essere stato colpito dalla polizia bulgara. Intanto, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) fa sapere che, dall’inizio dell’anno, oltre 613mila migranti e rifugiati sono giunti in Europa attraversando il Mediterraneo, e  almeno 3.117 persone hanno perso la vita in mare. Il servizio di Fausta Speranza: 

Le guardie di frontiera di Sofia hanno sparato per fermare una cinquantina di persone che cercavano di attraversare illegalmente il confine. Secondo il ministero dell’Interno, il cittadino afghano era armato. Il portavoce dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur), Cheshirkov, ha condannato l’uso della forza contro i migranti e ha fatto appello alla Bulgaria perché indaghi in modo trasparente. La notizia è arrivata in pieno vertice europeo a Bruxelles. Il presidente del Consiglio Ue, Tusk, ha subito assicurato che Sofia può contare sul sostegno dell’Europa per il controllo delle proprie frontiere. Al vertice, è rimbalzato l’accordo con la Turchia proposto dalla Commissione. I leader ne hanno discusso arrivando a una sorta di cauto ‘via libera’, che lega il sì alla liberalizzazione dei visti – prima richiesta di Ankara – ai passi che il governo turco farà “per tenere i migranti nei suo confini ed evitare che si mettano in viaggio verso la Ue”. Resta da dire che il vertice non ha fatto passi avanti in tema di ricollocamenti. E che il governo di Budapest dovrebbe decidere oggi sulla chiusura della frontiera con la Croazia. Ieri in Ungheria sono arrivati 4.808 migranti e profughi, quasi tutti dalla Croazia. Dall'inizio dell'anno, oltre 380 mila.

Della situazione Fausta Speranza ha parlato con mons. Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Cei Migrantes: 

R. – E’ la questione sociale dell’Europa ma al tempo stesso è la questione che l’Europa sta mandando ai margini dei suoi interessi e rimandando in continuazione; e questo è un segnale di una debolezza politica molto forte dei leader, in questo momento, che di fronte a un fatto quale è il fenomeno migratorio, soprattutto dei richiedenti asilo o rifugiati, dovrebbe ripensare alle proprie politiche di immigrazione e di asilo, e invece si ferma ancora una volta a difendere alcuni confini e a dividersi su come sostanzialmente tutelare persone che chiedono asilo e comunque chiedono una protezione internazionale.

D. – La polizia bulgara parla di errore, ma comunque si è sparato contro una sessantina di persone che tentavano di entrare illegalmente al confine tra Turchia e Bulgaria …

R. – E’ un segno di quanto già Papa Francesco aveva sottolineato alcuni mesi fa: se la parola “morte”, la parola “violenza”, la parola “espulsione”, la parola “respingimento” diventano le parole-chiave nella politica migratoria dei nostri Paesi europei, soprattutto al confine dell’Europa, il rischio è che anche se può essere un errore, di fatto questo errore nasce dentro una politica che assolutamente non può leggere in questo momento, con queste categorie, un fenomeno che riguarda la salvaguardia e la tutela di vite di persone umane.

D. – Il passo di oggi è la chiusura, da parte dell’Ungheria, della frontiera con la Croazia, annunciata dal ministro degli Esteri…

R. – Il rischio è questo, che l’Europa si chiuda a catenaccio e anche all’interno dell’Europa, come già avvenuto, laddove sfuggono delle persone, alcuni Paesi riportino in campo il discorso della frontiera come ha fatto in alcuni contesti la Francia con l’Italia o anche l’Austria con l’Italia. E quindi il rischio effettivamente è che il tema della libertà di circolazione, che diventa uno strumento importante per tutelare, oltre che incontrare, le persone migranti, venga fortemente messo in discussione e mettendo in discussione la libera circolazione il rischio è che non si tuteli il diritto alla protezione internazionale.

D. – Si fanno vertici: adesso c’è questo possibile accordo con la Turchia. Va tutto benissimo, ma forse il primo passo da fare per l’Europa sarebbe l’omogeneizzazione di alcune normative, per esempio il diritto d’asilo diverso da un Paese all’altro e altro …

R. – Certamente, la rimessa in discussione del diritto d’asilo così come oggi è previsto nella normativa europea è già un dato di fatto: l’Europa non è stata in grado, con la propria legislazione, di salvaguardare questo diritto e soprattutto di coinvolgere tutti i Paesi in questa protezione internazionale. Lo abbiamo visto anche quando si è trattato di ragionare sulla ricollocazione dei 40mila prima e poi dei 120 mila. E’ chiaro che quindi va ripensato l’Accordo di Dublino e va ripensato con il coinvolgimento effettivo di tutti i 28 Paesi europei, e al tempo stesso con la capacità, grazie alla possibile revisione dell’Accordo di Dublino,  di inserire una serie di impegni importanti e non residuali in ordine proprio al diminuire per un certo verso – cosa che non è avvenuta nell’ultimo accordo – il discorso degli armamenti e aumentare invece l’impegno per un Piano Marshall sostanzialmente per i Paesi da cui fugge la maggior parte delle persone, che ormai sono sempre più i Paesi dell’Africa subsahariana.

inizio pagina

Nigeria: attacchi Boko Haram provocano oltre 30 morti

◊  

Non si arresta l'escalation di violenza che gli estremisti di "Boko Haram" lasciano dietro di sé in Nigeria: dopo l’attentato di ieri nella moschea di Maiduguri – il cui bilancio, ufficiale ma provvisorio, è di almeno 30 morti – stamattina, nei pressi della città, un triplice attentato kamikaze ha ucciso almeno quattro persone e ne ha ferite 17. Intanto si fa strada l’ipotesi che il gruppo terrorista sia in possesso di armi straniere. Roberta Barbi ha intervistato la prof.ssa Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino: 

R. – In Nigeria gli ultimi due attentati sono gli ultimi - appunto - di una serie che si è andata intensificando soprattutto in queste ultime due settimane, subito dopo una dichiarazione trionfale dell’esercito nigeriano secondo la quale entro qualche settimana i terroristi "Boko Haram" sarebbero stati del tutto sconfitti, ed ecco l’intensificarsi degli attentati che va sottolineato nell’ambito di un quadro più generale che vede dal maggio–giugno scorso un netto peggioramento della situazione.

D. – Boko Haram sembra dunque quanto mai vitale nonostante il neo presidente Buhari aveva promesso in campagna elettorale che l’avrebbe debellato entro novembre …

R. – Aveva dato tre mesi di tempo all’esercito per risolvere la crisi, siamo quasi allo scadere di questo periodo e la crisi continua. L’aspetto che oggettivamente aveva suscitato qualche speranza era stato un intervento molto deciso da parte del Ciad, determinante nel sottrarre ai terroristi Boko Haram gran parte dei territori e delle città che avevano conquistato nei mesi precedenti: sembrava la fine e invece - come si può constatare - la fine non c'è stata; anzi, c’è qualche analisi che interpreta questi sviluppi non tanto come declino del movimento, quanto come un cambiamento di strategia, ritornare più che all’obiettivo di conquistare vasti territori a quello di terrorizzare con attentati messi a segno dappertutto. Ormai sono anche i campi profughi ad essere presi di mira.

D. – I kamikaze dell’attentato di stamattina erano tre donne: spesso vengono usati anche i bambini. Il gruppo ha una strategia di morte particolarmente crudele?

R. – Ha la strategia di morte che caratterizza tutti i movimenti terroristici di matrice jihadista. Ciò che caratterizza, in particolare, i Boko Haram è il fatto di utilizzare donne e soprattutto bambini, bambine e adolescenti. L’ipotesi – anzi, praticamente la certezza - è che si servano di bambine, di ragazze, di donne che hanno rapito durante i loro raid nei villaggi e nei quartieri delle città e che poi usano. Non si possono chiamare “kamikaze”, perché è chiaro che agiscono o inconsapevoli di quello che succederà loro, oppure talmente spaventate dall’alternativa - cioè da una morte dolorosa - da accettare il loro destino.

D. – A marzo la fazione più radicale di Boko Haram aveva giurato fedeltà al sedicente Stato Islamico. Nei fatti come si è sviluppata questa alleanza?

R. – Ci sono delle indicazioni che fanno pensare a un concreto sviluppo, ovvero che non si tratti soltanto di una dichiarazione di fedeltà e di alleanza, ma che ci siano dei rapporti tra i Boko Haram e lo Stato Islamico, in particolare con quell’enclave dello Stato Islamico che è stata creata nei mesi scorsi in Libia. Ci sono prove che nelle ultime settimane in Libia siano state mandate alcune centinaia di terroristi Boko Haram ben addestrati e ben armati a sostegno dello Stato Islamico per contribuire a rafforzare le sue posizioni e a estenderle.

D. – La Casa Bianca ha annunciato l’invio di soldati in Camerun - dove spesso questi estremisti sconfinano - per ora in operazioni di sorveglianza, intelligence e ricognizione. Come possiamo interpretare questa decisione?

R. – Non è la prima volta che gli Stati Uniti si impegnano a collaborare con la Nigeria e con gli altri Stati minacciati. Quest’ultimo provvedimento - inviare dei militari, quindi non dare soltanto supporto logistico - è indicativo di quanto sia grave la situazione che ormai da molto tempo trascende il Paese in cui Boko Haram è nato: la Nigeria. Ormai a essere colpiti dai Boko Haram sono anche il Ciad, il Camerun, il Niger e - come dicevo prima - questi rapporti con lo Stato Islamico in Libia ci danno un quadro ancora più esteso e allarmante della situazione.

inizio pagina

Legge stabilità, commenti di Quadrio Curzio, Caritas, Ucid

◊  

''L'economia italiana è in ripresa''. Così inizia il Piano programmatico di bilancio che il governo italiano ha inviato a Bruxelles. Il documento che indica un Pil a +0,9% per quest'anno e +1,4% per il 2016. Matteo Renzi oggi in sostanza ha confermato di voler ripresentare la Legge di stabilità, così com'è, anche se fosse bocciata dalla Ue. Alessandro Guarasci

Renzi difende il calo delle tasse perché, dice, queste "non sono più una cosa bellissima". E ancora, "sì" al canone Rai in bolletta che ritiene al riparo da impugnative e "sì" all’innalzamento a 3 mila euro del limite di spesa in contanti. L’abolizione della Tasi, poi, non comporterà altre tasse. Insomma, con questa Legge di stabilità da 27 miliardi, l’esecutivo sembra voler osare. L’economista e presidente dell’Accademia dei Lincei, Alberto Quadrio Curzio:

R. – È una legge di stabilità che colloca l’Italia in una fase nuova rispetto non solo alla crisi che abbiamo vissuto dal 2008 al 2013, ma anche ai periodi precedenti. Infatti stiamo puntando alla crescita, alla combinazione di impulsi di natura economica, ma bisogna fare attenzione anche ai profili sociali. Quindi, è una legge di stabilità che qualitativamente innova parecchio.

D. – Però, sono un po’ un rebus le coperture…

R. – È vero. E tuttavia sulla carta le coperture ci sono, perché la flessibilità sul patto di stabilità europeo è già acquisita in buona parte, nel senso che al deficit del 2,2 possiamo tranquillamente arrivare e, forse, un altro margine - a mio avviso giustificato - venga dall’onere che il nostro Paese ha essendo sulla frontiera dell’immigrazione.

D. – Lei è un po’ deluso dall’entità del taglio della spesa? Se non altro rispetto alle premesse di qualche giorno fa?

R. – Indubbiamente, rispetto alle premesse e rispetto a quanto aveva prefigurato il commissario Cottarelli la cifra da aspettarsi era intorno ai dieci miliardi. Tuttavia, vorrei rilevare che risparmi a regime potranno anche essere materializzati da migliori pratiche, prefigurate da questa Legge di stabilità, come ad esempio quelle nel settore sanitario; mi riservo invece di approfondire la questione sulle partecipazioni degli enti locali che, a mio avviso, costituiscono una delle questioni più importanti non solo e non tanto per i risparmi di spesa, ma anche per l’efficientamento del sistema Italia. Non è facile dare, oggi come oggi, un giudizio definitivo sulla qualità dei tagli di spesa più che sulla quantità.

D. – Secondo lei, l’Europa è disposta a darci una maggiore flessibilità?

R. – La mia impressione è che questa Legge di stabilità sia anche una cartina di tornasole del cotesto europeo, ma non solo e non tanto per l’Italia, ma per l’Europa stessa, perché dopo tanti anni di crescita stentata, di disoccupazione ancora prefigurata per i prossimi quattro o cinque anni intorno al 9-10%, l’Europa deve ritrovare la via di una crescita con occupazione. Credo che questa sfida italiana sia anche una sfida o meglio un incentivo all’Europa per ritrovare questa strada. Teniamo conto che la vicenda Volkswagen per la Germania non è una cosa da poco; la stessa Germania dovrà riflettere se non porre in essere delle politiche espansive molto più marcate rispetto a quanto è stato fatto in passato.

 

Con la legge di stabilità 2016 arrivano 400 milioni per il sociale, mentre altri 600 milioni andranno al contrasto della povertà infantile. Con le misure già messe in campo si arriva a un miliardo e mezzo, per oltre mezzo milione di bambini. Il commento di Francesco Marsico, responsabile area nazionale Caritas italiana:

R. – Ci sono alcuni elementi che vanno valutati positivamente e in particolare il fatto che si parli di misure strutturali e che quindi, diciamo così, il discutibile linguaggio dei bonus venga superato; e dall’altra è positivo che ci sia una incrementalità. La promessa è  che nel 2017 ci sia un miliardo su questo fondo e, almeno a vedere le prime dichiarazioni, anche una incrementalità sugli anni successivi. Chiaramente, una incrementalità abbastanza limitata che, appunto, sarà la questione dei prossimi anni. In altri termini, si va nella direzione giusta, anche se forse si va troppo lentamente, ma  bisogna capire come in effetti verrà costruita questa misura. Se la misura verrà costruita in maniera incrementale, che ha l’obiettivo dell’universalità e che si connette effettivamente con i territori e le strutture territoriali, e non sia soltanto, quindi, un intervento economico, almeno andiamo nella direzione giusta.

D. – Secondo lei, bisogna andare nella direzione di superare la cosiddetta vecchia “social card”, perché ha avuti risultati molto limitati?

R. – Ma soprattutto va superato l’approccio categoriale della “social card”, che si limitava a intervenire sulle famiglie con minori sotto i tre anni e con anziani sopra i 65 anni. Si trattava poi di una misura che saltava completamente il rapporto con i propri territori, vale a dire una misura solo economica, che non connetteva queste persone che hanno bisogno anche di accompagnamento e di interventi che riguardano, appunto, la costruzione di piani personalizzati e che quindi costruiscono una fuoriuscita dalla povertà e non soltanto un intervento economico. E, appunto, la “social card” era priva di questi strumenti. Quindi, accompagnamento e risorse, presa in carico, piani personalizzati e struttura di riferimento per i prossimi anni per le famiglie in povertà. Di questo hanno bisogno il Paese e le famiglie povere italiane in questo momento. 

 

Per le imprese ci sarà un rafforzamento degli ammortamenti e per le aziende agricole sparirà l'Irap. Il taglio dell'Imposta sulle società sarà invece effettivo solo dal 2017. L'Ucid, l'Unione imprenditorori e dirigenti cristiani, esprime un giudizio in parte positivo. Il vicepresidente, Manlio D'Agostino:

R. – C'è un’attenzione reale cominciare a prendere in mano il problema della competitività delle imprese, affinché possano ripartire e ricominciare in vari modi e con varie iniziative, probabilmente non troppo significative e non troppo esaustive. Ma sicuramente inizia a esserci un grande interesse nei confronti delle imprese, tendendo da un lato a ridurre un po’ le tasse, ma dall’altro a trovare delle soluzioni alternative per innescare un po’ di competitività.

D. – Quello che però va detto è che gli sgravi per i nuovi assunti andranno piano piano a morire, così prevede il governo. Questo non rischia di frenare il rilancio dell’occupazione?

R. –  Bisognerebbe ipotizzare che queste maggiori agevolazioni per gli investimenti siano strutturali e soprattutto poi vadano a 360 gradi. L’incentivo per l’assunzione del personale deve rientrare in un contesto molto più ampio e non può essere semplicemente una misura spot.

inizio pagina

Veglia Missionaria a San Giovanni in Laterano con Tagle e Vallini

◊  

Vietnam, Indonesia, Stati Uniti, ma anche Francia e Belgio, sono i Paesi dove andranno in missione i dieci consacrati e le due famiglie che ieri sera, nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, hanno ricevuto il mandato durante la Veglia organizzata dal Centro missionario diocesano e presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Tema dell’incontro di preghiera “Mandati per annunciare un lieto messaggio”. Il servizio di Marina Tomarro

“L’opera dei missionari in Asia è stata fondamentale e, nonostante la percentuale dei cattolici sia molto bassa, hanno costruito scuole, ospedali, orfanotrofi, aiutando tutti senza distinzione di credo e per questo sono molto apprezzati”. Così il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, ha spiegato l’importanza della missione nella Veglia di preghiera. Ascoltiamo il commento del cardinale vicario, Agostino Vallini:

R. – Perché diventa per noi l’occasione anche per rileggerci nel cuore e sentire se la parola del Signore, che nella sera di Pasqua disse, “Andate nel mondo e annunciate il Vangelo”, è parola via, l'abbiamo accolta, l’abbiamo sedimentata e cerchiamo di viverla. Questo è il primo motivo. Il secondo motivo è quello di sentire la responsabilità della missione: anzitutto a Roma, ma la Chiesa di Roma è aperta al mondo e quindi sentire che questa responsabilità non ci può chiudere, ma deve aprirci e andare alle periferie del mondo, che sono a Roma e che sono nel mondo. Tutto questo ci dice chela Chiesa di Roma è viva, ma deve crescere e deve sentire ancora dipiù la gioia della missione.

D. – Cosa vuol dire essere missionari oggi?

R. – Vuol dire testimoniare che Gesù è vivo in noi e raccontare il Signore con la credibilità di una vita coerente.

E andare in missione diventa un affidarsi totalmente al Signore. Il vescovo ausiliare, mons. Matteo Zuppi, incaricato del Centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese:

R. – Direi che spinge qualcosa che ci portiamo dentro: la passione di fare qualcosa di fronte ad un mondo così ingiusto e che attende, di fronte a queste messi che biondeggiano e che già attendo di esser raccolte nei frutti. C’era molto emozione, molta commozione ad ascoltare il ruolo dei cristiani in situazioni di conflitto – come quelle in Siria, ad Aleppo – o il ruolo dei cristiani in una situazione così difficile come quella del Nepal… Ecco, è la consapevolezza che non ci si salva da soli e che l’amore che portiamo dentro dobbiamo regalarlo agli altri.

D. – Ma la missione si può fare anche nel luogo dove si vive o bisogna andare per forza lontano?

R. – La missione è proprio l’atteggiamento del cristiano: il cristiano non può non donare agli altri quello che ha. Questo ovunque, a cominciare dal proprio vicino di case. E poi, in un mondo che è diventato davvero più piccolo, anche nel sentire nostre tante situazioni che sono lontane, ma che in realtà sono vicinissime a noi.

E tra coloro che partiranno, anche una giovane coppia Emanuele e Daniela con i loro due bambini, che andranno in missione in Francia. La testimonianza di Daniela:

R. – Cosa ci aspettiamo? Niente e tutto! Abbiamo tanta paura, perché abbiamo due bimbi piccoli, perché partiamo nella precarietà… Però, siamo sicuri che lì, prima di tutto, troveremo Gesù Cristo. Se abbiamo lasciato tanto, lì il Signore ci darà il centuplo. Quindi, partiamo con gioia.

D. – Daniela, cosa vi hanno detto le vostre famiglie quando avete comunicato che andrete in missione?

R. – I nonni soffrono la distanza… Hanno tanta paura, però anche loro hanno fede e quindi pregano per noi.

Nella celebrazione sono stati ricordati tutti i cristiani perseguitati, anche attraverso la testimonianza di una lettera arrivata da Aleppo da padre Elias Giangi della chiesa Armeno Cattolica. “Tanti cristiani stanno andando via – ha scritto – ma  è importante che non partano tutti. Senza di loro ci saranno solo fondamentalisti islamici, mentre con la loro presenza molti musulmani restano moderati e allora diventa possibile il dialogo unica via verso la pace”.

inizio pagina

Alberto Sed, eroe della Repubblica, ricorda il 16 ottobre '43

◊  

Eroe della Repubblica Italiana. Con questo titolo Alberto Sed, ebreo romano, classe 1928, è stato insignito qualche giorno fa dal presidente italiano, Sergio Mattarella, dell’onorificenza di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana perché – deportato a 16 anni, insieme alla sua famiglia, ad Auschwitz dove ha visto morire la madre e le sorelle, come riporta la nomina –  “si è distinto per il contributo che, come testimone dell'Olocausto, instancabilmente offre attraverso incontri nelle carceri e nelle scuole”. Al microfono di Francesca Di Folco, Alberto Sed ricorda l’anniversario del 16 ottobre ‘43, quello del rastrellamento del ghetto di Roma da parte dei nazisti, e racconta i suoi sentimenti per l'onorificenza ricevuta: 

R. – Io dicevo, pensavo: “Ma io che c’entro…”. Invece dicendomi questa motivazione, questa ragione sono rimasto molto, molto emozionato. E’ una cosa immensa, che io devo veramente a migliaia e migliaia di persone che ho incontrato: sono ormai 8 anni che io vado non solo nelle scuole, ma anche nelle carceri, nei conventi, nelle parrocchie, nei centri culturali… Lo devo a loro! Ogni volta che mi chiamano, io vado molto, molto volentieri. Pensi che persino i carcerati di Rebibbia e di Regina Coeli mi hanno dato grande affetto.

D. – All’età di 16 è stato deportato ad Auschwitz e ha visto scomparire sua madre e due sue sorelle. Eppure si è sposato, ha avuto figli, nipoti… Com’è riuscito a riappropriarsi della sua vita?

R. – Ho ricominciato piano piano, quando ho conosciuto mia moglie… Tutti sanno che sono stato ad Auschwitz, ma né la mia famiglia, né nessuno dei miei amici sa quello che è successo, come moriva tutta questa gente, perché non l'ho mai raccontato. I primi tempi, quei pochi che siamo tornati, con un tacito accordo, siamo stati tutti zitti, perché altrimenti come parlavi finivi al manicomio… Nessuno credeva a quello che stavi dicendo. E così abbiamo aspettato gli storici, ma gli storici non sono mai venuti: sono venuti dopo 50 anni e per non dire nemmeno la verità! Perché dovevano dire soltanto che il 27 gennaio ricorda solo la liberazione di Auschwitz e non i 6 milioni di ebrei morti. Lì ho visto morire zingari, partigiani, malati di mente... Bisognava ricordare pure questo!

D. – 16 ottobre 1943:Come vive oggi questa ricorrenza?

R. – Io la vivo, perché c’ero! Siccome non vivevo nel quartiere ebraico, ma alle spalle del quartiere ebraico, sentivo delle urla, degli strilli:  “No, non stanno prendendo solo i giovanotti! Stanno prendendo tutti: pure i bambini, i vecchi…”. Stavamo cercando di uscire e abbiamo trovato la via libera: solo il quartiere era praticamente circondato da tutte macchine dei tedeschi, che stavano caricando tutte queste persone… Mia madre allora ha detto: “Andiamo a Porta Pia, che lì c’è mio nonno… Gli diciamo quello che succede…”. Siamo stati lì per 3-4 mesi, fino a che una spiata un giorno ci ha denunciato… Quando sono stato a Regina Coeli ho detto: “Era destino che venissi qui a 86 anni” perché ci sono stato proprio il 16 ottobre dell’anno scorso… Se venivo nel ’44 ci stavo 3 giorni, perché mi hanno preso il 21 marzo… Se non fossi stato minorenne – avevo 15 anni – io dovevo andare  a Regina Coeli, al terzo braccio… E dopo tre giorni tutti quelli che c’erano, sono andati alle Fosse Ardeatine… Ecco quello che mi ricordo io del 16 ottobre.

inizio pagina

Roma, Festa del cinema. Apre la sezione "Alice nella città"

◊  

La tredicesima edizione di “Alice nella città”, sezione indipendente della Festa del Cinema di Roma, si apre oggi con una serie di film adatti a favorire lo scambio di idee tra i giovani. Il servizio di Luca Pellegrini

Torna a Roma “Alice nella città”, tornano i film che parlano alle giovani generazioni e alle famiglie. Trenta sono i titoli scelti con cura e fantasia – molti europei – con i quali quest’anno si vuole cambiare la prospettiva, offrendo sguardi e letture “fuori scala”, come spiega il curatore, Gianluca Giannelli:

R. – I film per bambini, per ragazzi, bene o male, di solito vengono inquadrati all’interno di un genere. Questi film, invece, hanno la capacità di salire un po’più su. La cosa importante non è tanto la qualità artistica di un film, quanto la capacità di relazione adulta che il regista crea con il suo pubblico, cioè la capacità di farli sentire pronti. Il regista dà fiducia al pubblico per poter capire un certo tipo di prodotto, come se le immagini, in qualche modo, diventassero un po’ carne. Quindi, sarà interessante vedere il modo in cui i registi racconteranno, quando verranno a Roma, alla giuria e al pubblico questi film. Forse il Festival deve fare questo, cioè rimettere in pista il rapporto. L’idea è quella di presentare quello che sta succedendo veramente.

D. – Molti dei film raccontano del rapporto tra gli adulti e i ragazzi, tra i genitori e i loro figli…

R. – Sono temi su cui poggia gran parte della letteratura per ragazzi e anche il cinema. Il tema del rapporto padri-figli, rapporti tipici, si contrappone oggi probabilmente con un momento in cui è evaporata completamente la figura dell’adulto. Oggi, i ragazzi si trovano di fronte a quelle domande che improvvisamente, a quell’età, diventano tutte vere. Non c’è più un punto di riferimento e spesso lo diventano gli amici, reali o virtuali. I ragazzi stanno cercando una loro strada, una loro narrazione nella società di oggi, per cui questi film, secondo me, ci danno un pezzo di questo racconto.

D. – Il cinema, dunque, per questi ragazzi è anche la possibilità di trovare gli argomenti che loro cercano…

R. – Non solo gli argomenti che loro cercano. Secondo me, ci danno l’opportunità di alzare ancora di più l’asticella, perché anche in questa fase noi arriviamo in un secondo momento. Probabilmente, adesso i temi saranno altri. Quindi, io mi auguro che da questa discussione si possa capire dove sarà lo step seguente. Questo è il cammino: ecco il senso del viaggio dell’identità. Anche noi, come Festival, abbiamo bisogno di metterci sempre in discussione senza avere mai paura dell’inciampo e farci raccontare cosa sta succedendo. Il cinema è anticipatore rispetto a questo, però penso che i ragazzi lo siano ancora di più.

D. – Quali sono i titoli più significativi della selezione di Alice quest’anno?

R. – Penso che “Mustang” sia un film certamente significativo, non solo perché è il candidato all’Oscar francese per il film straniero di quest’anno, ma perché racconta un tema fondamentale, cioè l’idea di resistere alle configurazioni sociali. Ci sono cinque sorelle che si muovono come un'Idra, resistendo con gioia a quelle che sono le costrizioni di una famiglia, cercando di rispondere a quella che sostanzialmente è la vita, la gioia di vivere. Questo per noi è molto importante. “Wolfpack”, il documentario che apre la sezione “Panorama”, lavora altrettanto su questo binario: i ragazzi si ribellano a quella che è un’imposizione – in questo caso è portata da un genitore – che rappresenta una ribellione alla società. Lo fanno attraverso il cinema. Il film italiano in concorso, “Il bambino di vetro”, è molto bello: anche qui si lavora sui vuoti, sulle storie con i "buchi", dove tu ci metti dento qualcosa di te, dove non sei più spettatore passivo ma sei attivo, nel senso che ci metti dentro la discussione. Questo ci interessava.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Rilasciati dai jihadisti cinquanta cristiani

◊  

Proseguono i raid russi in Siria: Mosca afferma di aver distrutto 450 siti jihadisti. Ma decine di civili sarebbero rimasti uccisi in un bombardamento su Homs. E' giallo poi su un drone abbattuto in territorio turco. Secondo alcune Ong i morti dall'inizio della guerra in Siria, nel marzo 2011, avrebbero superato i 250mila. Intanto, almeno cinquanta dei cristiani dell'area di Qaryatayn presi in ostaggio lo scorso agosto dai jihadisti del sedicente Stato Islamico hanno ritrovato la piena libertà nella giornata di domenica 11 ottobre - riferisce l'Agenzia Fides - e hanno potuto far ritorno ai villaggi di Zaydal e Fairuzeh in una zona controllata dall'esercito governativo siriano. La loro piena liberazione, confermata dai media legati alla comunità assira, è avvenuta poche ore dopo il ritorno in libertà del sacerdote siriano Jacques Murad, priore del Monastero di Mar Elian, che proprio lunedì scorso aveva raccontato di essersi allontanato in moto da Qaryatayn con l'aiuto di un amico musulmano e di essere ancora impegnato insieme ad amici beduini e musulmani nelle trattative per far restituire la libertà a più di 200 cristiani e musulmani di Qaryatayn ancora tenuti sotto controllo dai jihadisti.

Rimane ancora ignota la sorte dell'altro gruppo di più di duecento cristiani assiri e siri della valle del Khabur catturati dai jihadisti durante l'offensiva condotta in quella zona dai miliziani dello Stato Islamico lo scorso febbraio. La scorsa settimana i siti internet jihadisti hanno diffuso il filmato in cui compare la scena di tre cristiani della valle del Khabur trucidati da tre boia jihadisti e viene esposta anche la minaccia di nuove esecuzioni degli ostaggi cristiani se non verrà pagato il riscatto che i sequestratori hanno richiesto per la loro liberazione.

inizio pagina

India: assassinato pastore pentecostale, cresce paura tra i cristiani

◊  

Un pastore cristiano protestante è stato ucciso nello Stato di Jharkhand, in India orientale. Come riferito a Fides dalla rete Evangelical Fellowship of India, Chamu Hasda Purty, 54 anni, della Chiesa pentecostale indipendente, è stato ucciso il 12 ottobre nel villaggio di Sandhi, villaggio del distretto di Khunti. Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in casa sua e gli ha sparato. L’omicidio a sangue freddo ha creato tensione e paura tra i cristiani della zona. Nello Stato stanno crescendo i gruppi estremisti indù che di recente hanno lanciato una campagna per promuovere una legge anti-conversione, muovendo da presunte conversioni di massa operate dai cristiani fra i tribali.

Nello Stato, attualmente governato dal Bharatiya Janata Party, formazione nazionalista, vive una comunità cristiana di circa un milione e mezzo di fedeli, prevalentemente costituita da gruppi tribali. Secondo il recente rapporto del Dipartimento di Stato Usa sulla libertà religiosa 2014 “in India si assiste a omicidi a sfondo religioso, arresti, disordini e conversioni forzate, mentre la polizia non riesce a rispondere in modo efficace alla violenza”.

inizio pagina

Cei: agricoltura, no eccessiva dipendenza da prodotti chimici

◊  

I vescovi italiani denunciano "l'eccessiva dipendenza della produzione agricola dai prodotti chimici" e lanciano un appello ai responsabili politici e a tutti gli operatori del mondo agricolo affinché si impegnino a "custodire la fertilità del suolo" in una diversa visione del "rapporto tra produttori e consumatori", dando vita ad "un 'nuovo patto' che generi spazi di libertà e responsabilità per entrambi". E’ quanto affermano nel Messaggio per la 65.ma Giornata del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 8 novembre sul tema “Il suolo, bene comune”.

Sulla scia della “Laudato si’” di Papa Francesco, i vescovi invitano quanti abitano la terra alla “cura della casa comune”. “L’umanità rappresenta l’elemento che apre la terra verso nuove armonie o nuovi disordini, in base alle scelte che operiamo; sarebbe sconsiderato chi distruggesse il territorio da cui dipende la propria vita”, affermano i vescovi. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2015 Anno internazionale del suolo, perciò i vescovi puntano il dito contro “quegli squilibri che a partire dal cuore umano trovano espressione nella società e nell’economia”. “Peccato è anche l’inquinamento che colpisce la salute di tanti”, affermano, citando un passo dell’enciclica che ne elenca le cause: “Dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici”. “Davvero in tanti contesti - osservano - il suolo appare come ‘maledetto’: l’opera di uomini impedisce ad altri di godere dei suoi frutti e addirittura di poterlo abitare in pace”.

I presuli invitano a “prestare attenzione alle destinazioni d’uso della terra, che talvolta ne distorcono la struttura ecosistemica”, come la “deforestazione per finalità agricola”. E denunciano il fenomeno internazionale del “land grabbing” - l’accaparramento di terra da parte dei soggetti con maggior disponibilità economica - “che rischia di distorcere le strutture agroalimentari di molte aree, orientandole a produzioni che ben poco hanno a che fare con le esigenze della popolazione locale”, come pure “la questione del diritto dell’accesso alla terra e alle risorse ittiche e forestali”. Il Messaggio si conclude con un invito ad andare incontro all’agricoltore, soprattutto ai giovani che stanno tornando alla terra, “un fenomeno che in Italia mostra segnali arricchiti da una splendida capacità innovativa, sia nei prodotti che nei processi”. Descrizione: http://piwik1.glauco.it/piwik.php?idsite=9 

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 289

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.