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Sommario del 30/03/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: siamo vicini a Gesù nell'ora della prova

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“La Settimana Santa è il tempo che più ci chiama a stare vicino a Gesù: l’amicizia si vede nella prova”. È il messaggio, contenuto in un tweet, che Papa Francesco ha voluto lanciare alla Chiesa all’inizio del periodo che la porterà nel cuore del Triduo pasquale. Nel suo servizio, Alessandro De Carolis ricorda gli appuntamenti principali della Settimana Santa e alcune riflessioni dedicate dal Papa alla Passione di Cristo: 

Se siamo amici di Gesù, questi sono i giorni in cui dimostrarglielo. Il modo di intendere la vita cristiana di Francesco è senza fronzoli e lo è anche il suo tweet che apre la Settimana Santa. Quello appena iniziato non è periodo per cristiani “seduti” e da “salotto”. Sono i giorni dell’umiltà e dell’umiliazione, aveva detto ieri il Papa alla Messa delle Palme, e si capiscono solo scendendo con Gesù giù, in fondo, dove vivono quelli che contano zero, perché questo ha scelto per sé l’Uomo Dio, il rango di servo, dalla stalla che lo ha accolto a Betlemme alla Croce che lo ha atteso sul Calvario. È la precisa “eredità” che ci ha lasciato Lui che è Dio, aveva commentato il Papa il Giovedì Santo dello scorso anno: essere “servitori gli uni degli altri”.

L’ora del Servo
E Francesco, fratello affettuoso di esclusi e poveri, sarà ancora il primo dei servi umili, stavolta delle detenute e dei detenuti di Rebibbia alla Messa in “Coena Domini” del 2 aprile, inginocchiato davanti ai loro piedi e con un asciugamano trasformato in “paramento”. Gesù “ha fatto questa strada per amore”, aveva ripetuto lavando i piedi di 12 disabili lo scorso anno, “anche voi dovete amarvi ed essere servitori e nell’amore”.

Male assoluto, Amore assoluto
Poche ore e l’umiltà del Maestro che lava i piedi ai discepoli diventerà l’umiliazione del Dio tradito, spogliato, schernito, malmenato, inchiodato. Il sacrificio che da duemila anni sfida la logica di ogni generazione di credenti, e bussa al loro cuore, sarà per due volte al centro del Venerdì Santo, alle 17 con la celebrazione della Passione in San Pietro e alle 21.15 con la Via Crucis al Colosseo. È la contemplazione della vittoria in un fallimento: “Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare dal male; ma vediamo – aveva detto Francesco lo scorso anno al Colosseo – anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia”.

“L’ha fatto per me”
Poi sarà il silenzio oscuro del sabato, la morte come una cenere sotto la quale cova già la luce della Risurrezione. Il simbolo della nuova luce sarà il fuoco che Francesco benedirà nell'atrio di San Pietro e che idealmente accenderà la Basilica all'inizio della Veglia pasquale, che proseguirà, dalle 20.30 in avanti, con la Liturgia della Parola, quella battesimale e quella eucaristica. Il culmine il giorno dopo, in Piazza San Pietro, alle 10.15 per la Messa solenne e la Benedizione "Urbi et Orbi" dalla loggia centrale della Baslica. Ma prima di arrivarvi, all’udienza generale dell’ultimo Mercoledì Santo, il Papa suggeriva di coltivare un pensiero: “In questa settimana pensiamo tanto al dolore di Gesù e diciamo a noi stessi: ‘E questo è per me. Anche se io fossi stato l’unica persona nel mondo, Lui l’avrebbe fatto. L’ha fatto per me’. E baciamo il Crocifisso e diciamo: ‘Per me. Grazie Gesù. Per me’”.

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In udienza dal Papa alcuni capi dicastero vaticani

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il cardnale Stanislaw Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova (Italia), presidente della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Jean-Louis Bruguès, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica Papale di San Pietro in-Vaticano, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano; presidente della Fabbrica di San Pietro, e l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

In Mozambico, Papa Francesco ha nominato ausiliare della diocesi di Xai-Xai padre Alberto Vera Aréjula, dell’Ordine dei Padri Mercedari, delegato del superiore provinciale dei Mercedari in Mozambico e parroco a Xai-Xai. Il neo presule  è nato l’8 aprile 1957 a Aguilar del Río Alhama, Dioc. di Calahorra y La Calzada-Logroño, in Spagna. Dopo gli studi elementari e secondari nel 1967, è entrato nel Seminario Mercedarìo di Reus (Tarragona) e ha proseguito, poi, con la formazione religiosa, emettendo la Prima Professione nel 1975, nel Monastero di S. Ramon Nonato (Lérida), e quella solenne, il 19 marzo 1981, nel Monastero del Puig (Valencia). Ha conseguito il Baccellierato in Teologia, frequentando il primo anno di Licenza in Teologia Sistematica nel 1982, presso la Facoltà di Teologia di Catalunya (Barcellona). Terminato il secondo anno di Psicologia all’Università di Valencia nel 1985, nel 1987 ha concluso il Corso per insegnanti di Filosofìa di scuola media nell’Università Francisco Marroquin, in Guatemala. È stato ordinato il 22 agosto 1981. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto i seguenti incarichi: 1982-1985: Vicario della Parrocchia Nuestra Senora de E1 Puig (Valencia); 1986-1994: Formatore dei postulanti e promotore vocazionale nella Vicaria di America Centrale a Città del Guatemala; 1994-1997: Vicario della parrocchia San José Obrero di Castellón; 1994-1997: eletto Consigliere provinciale e Responsabile della Pastorale giovanile e vocazionale della Provincia di Aragón; 1997-2000: Formatore nella Comunità di Reus; 2000-2013: Superiore della Comunità di Matola-Mozambico, Rettore degli studi del Seminario Mercedario, Parroco della Parrocchia Nossa Senhora do Livramento, Direttore della Scuola primaria e secondaria della Parrocchia, Consigliere Diocesano della Caritas di Maputo; dal 2000: Delegato del Provinciale dei PP. Mercedari in Mozambico; dal 2013: Superiore della nuova Comunità di Xai-Xai (Mozambico), nella nuova Parrocchia Nossa Senhora das Mercès.

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Cardinale Filoni in Iraq. Warduni: la nostra è Chiesa martire

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È partito alla volta dell’Iraq il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, per portare la benedizione e l’aiuto concreto di Papa Francesco alle famiglie cristiane e di altri gruppi del Paese. Si tratta di persone costrette a lasciare le loro case, soprattutto a Mosul e nella Piana di Ninive, a causa delle violenze dei gruppi jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is): tali famiglie hanno trovato rifugio perlopiù nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, grazie all’aiuto della Chiesa locale e della rete Caritas.

Il porporato, che già nell’agosto scorso visitò le comunità cristiane irachene, ha intanto fatto tappa in Giordania, dove ha visitato due parrocchie di Amman che accolgono rifugiati iracheni, ha incontrato il responsabile della Caritas in Giordania e ha visto anche l'allestimento per l'accoglienza di una ventina di famiglie. “Ho ammirato e sono rimasto edificato - ha detto - dalla generosità di tanti. E’ bello vedere che queste famiglie riescono a ritrovare una loro dignità e amicizia”. Nella parrocchia di Maria Madre della Chiesa, ha potuto inoltre constatare il cardinale Filoni, funziona una scuola pomeridiana per i figli dei rifugiati, con circa 300 bambini. In serata partirà per Baghdad, dove peraltro oggi si registrano almeno 4 vittime in due attacchi con autobomba, in concomitanza con la visita in città del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Della situazione dei cristiani iracheni ci parla mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei caldei e presidente di Caritas Iraq, intervistato da Giada Aquilino: 

R. – I cristiani di Mosul e di Ninive si trovano nelle stesse condizioni del giugno scorso purtroppo, quindi nelle tende, in caravan, alcuni hanno affittato anche delle case, però vivono comunque in una situazione tragica. Ci chiedono sempre: “Padre, quando potremo tornare nelle nostre case?".

D. – Quali sono le loro condizioni?

R. - Stanno come quando hanno lasciato le loro case e sono fuggiti dai loro villaggi; aspettano con grande ansia e pregano ad esempio per la liberazione della Piana di Ninive. Al momento si trovano nel nord, quindi ad Erbil, ad Ankawa o nei dintorni, insieme ad altre minoranze che sono state cacciate dai loro paesi e dalle loro case.

D. - Perché i cristiani, così come anche altre minoranze, sono stati perseguitati? Sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni?

R. – E’ una questione terribile, che fa soffrire. I fanatici, quelli dell’Is, perseguitano tutti quelli che non la pensano come loro e che non si uniscono a loro. E’ proprio un fanatismo ignorante. Non hanno una coscienza, non hanno religione. Come dicono gli stessi musulmani: “Questi non sono musulmani!". Quei cristiani che hanno lasciato le loro case hanno preferito Cristo a tutto.

D. – Si può parlare di Chiesa martire?

R. – Certo. Parliamo in generale delle Chiese orientali, ma quella caldea specialmente è una Chiesa martire. Certamente i martiri non mancano in tutto il mondo, ma la nostra situazione è davvero molto tragica. Siamo riamasti così pochi: però, mettiamo tutto nelle mani della Provvidenza Divina e diciamo: “Oh Signore, noi ti preferiamo a tutto”.

D. – Nelle sedi Onu e non solo, la Santa Sede ha più volte lanciato l’allarme perché la minaccia rappresentata dal sedicente Stato Islamico, da al Qaeda e dai vari gruppi terroristici che operano in Medio Oriente sta generando il rischio di scomparsa completa dei cristiani dalla regione…

R. – Certamente! Più volte molti hanno detto che c’è un grande complotto contro i cristiani del Medio Oriente per farli completamente sparire. Ma com’è possibile? La nostra storia ha 2000 anni, i nostri monumenti così andranno in rovina e verranno distrutti da questa gente barbara, che non ha alcuna coscienza, non ha alcuna cultura, non ha niente.

D. – Il cardinale Filoni in Iraq porta la solidarietà del Papa. Francesco, quindi, non dimentica le tante famiglie cristiane, ma anche tutti gli altri gruppi costretti a lasciare le loro case. Con quali sentimenti i cristiani iracheni ricevono le parole e la solidarietà del Papa?

R. – Il Papa ha fatto molto per noi, anche materialmente. Quando ci vede, mostra la sua solidarietà per noi. Così mi diceva tre settimane fa: “Io sono con voi. Voi vescovi siate sempre vicini al vostro popolo, ai vostri fedeli, ai vostri sacerdoti”. Quindi preghiamo insieme e ringraziamo Dio per questo dono che ci dà. Così, di fronte a queste difficoltà, tutti sanno della nostra tragedia, che non sappiamo come finirà.

D. – Siamo nella Settimana Santa: nonostante le difficoltà, come ci si prepara alla Pasqua?

R. – Cerchiamo di prepararci come al solito. Chiediamo al Signore di aiutarci ad andare avanti. Ieri è stata una bella Domenica delle Palme: tante le chiese riempite dai fedeli, dai bambini. Abbiamo grande fiducia e speranza nel Signore, che ci aiuterà a celebrare le feste pasquali. Si dice sempre che la Pasqua è gioia e prima di tutto gioia spirituale, quella che entra nei nostri cuori, per presentarla poi anche a tutti gli iracheni. La nostra speranza è nel Signore e in tutti gli uomini di buona volontà. Tutte le Caritas del mondo ci hanno aiutato e certamente il Santo Padre, che ci incoraggia. La consolazione viene così nel nostro cuore e ci fa felici.

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Santa Sede: cristiani Medio Oriente presi di mira, rischiano estinzione

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I cristiani sono “a rischio di estinzione” in Medio Oriente, la comunità internazionale intervenga il prima possibile o sarà troppo tardi. E’ quanto ha affermato, in un accorato appello al Palazzo di Vetro di New York, l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, Bernardito Auza. Ce ne parla Sergio Centofanti

“L'ora è grave” – ha affermato mons. Auza - la sopravvivenza stessa dei cristiani in Medio Oriente è a rischio dopo 2000 anni. Anche altre comunità etniche e religiose stanno subendo ugualmente “violazioni dei diritti umani, torture, uccisioni e ogni forma di persecuzione semplicemente per la fede che professano o per il gruppo etnico di appartenenza”, ma “i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e villaggi”.

“Solo 25 anni fa – ricorda Auza – c’erano quasi due milioni di cristiani che vivevano in Iraq” mentre ora sono meno di 500mila. La situazione è “insostenibile” di fronte alle minacce di morte che subiscono da parte di organizzazioni terroristiche. I cristiani vivono un “profondo senso di abbandono” da parte delle autorità legittime e della comunità internazionale.

La Santa Sede invita tutto il mondo “ad agire prima che sia troppo tardi”, ricordando che “l'intera comunità internazionale ha concordato che ogni Stato ha la responsabilità primaria di proteggere la sua popolazione da genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e pulizia etnica” e - laddove non potesse o non volesse – “la comunità internazionale deve essere pronta ad agire per proteggere le popolazioni in conformità con la Carta delle Nazioni Unite”.

Il presule ricorda anche che Papa Francesco ha ripetutamente invitato la comunità internazionale "a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose". “Il ritardo dell’intervento – ha ammonito l’osservatore permanente - significherà solo che più persone moriranno, saranno perseguitate o costrette a fuggire”.

La Santa Sede – ha detto mons. Auza – esprime “il suo profondo apprezzamento per i Paesi della regione e per tutti coloro che lavorano instancabilmente, anche a rischio della propria vita, per fornire assistenza a circa due milioni e mezzo di sfollati interni in Iraq, a 12 milioni di siriani che hanno bisogno di assistenza umanitaria, di cui quattro milioni vivono come rifugiati e sette milioni e mezzo di sfollati interni. Cerchiamo - conclude - di aiutare questi Paesi”.

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Sculture preziose: arte e devozione in mostra in Vaticano

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Nascoste nelle sacrestie di piccoli comuni e antichi borghi del Lazio, portate in processione solo in occasione delle feste patronali, ora sono raccolte in una prestigiosa mostra in Vaticano. Sono le “Sculture preziose. Oreficeria Sacra nel Lazio dal 13.mo al 18.mo secolo”, la cui esposizione allestita presso il Braccio di Carlo Magno in Vaticano prende il via da oggi fino al prossimo 30 giugno. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Memorie della fede e della devozione di piccoli centri abitati, in gran parte sconosciute, spesso di piccole dimensioni, costituiscono il cuore della mostra “Sculture preziose” allestita in Vaticano. Preziose per il valore materiale:  busti, croci, reliquiari in argento, bronzo, rame dorato decorato di pietre. Preziose per il valore spirituale che rivestono per le popolazioni che da anni le conservano. Il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci:

R. – Una persona va a Fondi, a Vetralla oppure a Montefiascone, a Veroli, ad Alatri – cito i primi paesi e cittadine che mi vengono in mente rappresentati in questa mostra – e capisce che grazie alla Chiesa la bellezza è stata nei secoli invasiva e pervasiva, è entrata dappertutto e ha fecondato tutto, anche i borghi più remoti. Se non avesse altri meriti, la Chiesa Romano Cattolica, basterebbe questo per consegnarle la gratitudine del mondo: avere regalato la bellezza a tutti, ma proprio a tutti.

D. – È questa la "carità della bellezza"?

R. – Sì, è quella che io chiamo la "carità della bellezza". La carità è gratuità, è vedere come in piccole frazioni, in piccole parrocchie della campagna laziale, si sia depositata la bellezza affidata a questi straordinari argenti, spesso opera di grandi artisti. E per la realizzazione di queste opere la gente si è letteralmente tolta il pane di bocca. Trovo che questo sia bellissimo! Mi è piaciuta la resistenza che hanno fatto i parroci per prestare i loro capolavori a questa mostra. Il loro popolo è attaccato a tal punto a queste cose: hanno sempre paura che una volta arrivati poi non gli vengono più restituiti. Ma anche questo è un segno di quello che significa, dal punto di vista politico – e uso la parola “politico” nel senso alto del termine – il patrimonio artistico. È veramente qualcosa di identitario per le donne e per gli uomini del nostro Paese e lo si capisce in provincia piuttosto che nelle grandi città.

Bellezza, spiritualità e testimonianza di fede si irradiano dai reliquiari dei santi martiri, morti in odio alla fede. La curatrice Anna Imponente:

"Alcune di queste opere sono state concesse soltanto a condizione che lo fossero per qualche giorno e poi tornassero nelle città, nei luoghi di provenienza durante le feste patronali che si svolgeranno nell’arco delle settimane in cui la mostra è aperta. Io devo dire che ho una particolare predilezione per il San Pietro ispano di Boville Ernica, un meraviglioso cavaliere, un’opera di una classicità straordinaria, realizzato da un artefice grandissimo che ancora non abbiamo individuato, commissionata per questa piccola città. È un tesoro assoluto che spero riesca a emozionare anche chi lo vede come ha emozionato me quando l’ho scoperto".

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Con i martiri di oggi: nella Domenica delle Palme il Papa ricorda i cristiani perseguitati e invita a seguire Dio sulla strada dell'umiltà.

Dialogo e responsabilità contro la piaga dei bambini soldato: intervento della Santa Sede a New York.

Il braccio sinistro di Viente Tarancón: Pedro Miguel Lamet ricorda José María Martín Patino, il gesuita che realizzò la transizione ecclesiale in Spagna.

Se le favole raccontano la realtà: Giuliano Zanchi sulla Via Crucis di Fernando Botero in mostra a Torino.

Silvia Guidi sulla seconda vita di Veronica: Véronique, la sorella di Bernard-Henry Lévy e la fede ritrovata.

Giuseppe Fiorentino: L'accoglienza di Carmen

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Oggi in Primo Piano



Ancora nulla di fatto ai colloqui sul nucleare iraniano

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Si è conclusa dopo poche ore a Losanna la prima riunione plenaria dei ministri degli Esteri del 5+1 e dell'Iran sul programma nucleare iraniano. Presente anche l'Alto rappresentante della politica estera dell'Ue, Mogherini. Uscendo dalla sala i ministri non hanno fatto dichiarazioni ai giornalisti. Alla vigilia della scadenza del termine per un accordo, funzionari iraniani hanno rimesso in discussione uno degli elementi critici dell'accordo: la disponibilità di Teheran al trasferimento in Russia del proprio combustibile nucleare. Fausta Speranza ne ha parlato con Paolo Magri, direttore dell’Istituto di Studi di politica Internazionale: 

R. - Ricordiamo che l’accordo del 2013 aveva semplicemente stoppato l’aumento di produzione delle centrifughe ecc., ma non aveva risolto il nodo di fondo. Il nodo di fondo per l’Occidente è avere la certezza che all’Iran serva almeno un anno per produrre eventualmente una bomba; e il nodo centrale per il governo iraniano è la fine immediata delle sanzioni. E’ su queste due posizioni che si sta giocando in queste ultime ore la sorte dell’accordo. Vediamo più in dettaglio: avere la certezza che ci voglia almeno un anno per produrre la bomba significa lavorare su tre aspetti: il primo, la quantità di uranio stock presente in Iran e la soluzione di mandarlo in Russia potrebbe essere una soluzione importante, perché non sarebbe più sul territorio; il secondo, significa sapere quante centrifughe sono disponibili e attive in Iran: ce ne sono 20.000, gli Stati Uniti ne vorrebbero 6.000, gli iraniani 9.000; e infine, avere rassicurazioni che il reattore di Arak, quello a plutonio, venga riconvertito a un uso più lento, cioè serva molto più tempo per produrre un plutonio per una bomba. Questi sono gli elementi essenziali, che sono tutti correlati: se, per esempio, ci fosse meno uranio in Iran, gli americani e gli altri negoziatori sarebbero disposti a concedere più centrifughe, perché sono ingredienti che servono ad arrivare a una bomba, nel caso venisse realizzata.

D. – Diciamo, in pochissime parole, che cosa può rappresentare un accordo in questo momento?

R. - Per l’Iran moltissimo, perché significherebbe l’uscita dall’isolamento e l’uscita dalla crisi economica che sta vivendo un Paese che ha delle grandi ricchezze, oltretutto in un momento in cui il prezzo del petrolio è sceso. Per il mondo, pensiamo solo al contrasto con lo Stato Islamico: l’Iran è il principale nemico dello Stato Islamico; in questo momento sta combattendo contro lo Stato Islamico, soprattutto in Iraq, ma non può essere parte di una coalizione in modo esplicito, e ci priva di una possibilità di intervenire militarmente in modo forte. Un accordo potrebbe significare il miglioramento della situazione in Siria, perché - ricordiamo - l’alleato principale di Assad è il governo iraniano. Tutto ciò avviene in un momento in cui tutti gli equilibri della regione si stanno rimettendo in discussione: sappiamo che da ieri c’è una coalizione contro lo Yemen - contro il gruppo sciita in Yemen - di tutti i Paesi della Lega Araba, e questo è un messaggio forte anche all’Iran ovviamente. Quindi, una normalizzazione post-accordo potrebbe aiutare a risolvere questi dossier.

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Francia: vince la destra. Protesta antipolitica e scandali

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“I francesi hanno sconfessato in modo massiccio la politica di Francois Hollande e del suo governo, senza appello”. Così l’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, leader dell’alleanza di centrodestra ha commentato ieri sera il successo ottenuto alle elezioni amministrative: su 101 dipartimenti l’Ump, alleato con i centristi, ne ha conquistati 67 strappandone 28 alla sinistra, che ne ha mantenuti 34, solo uno preso agli avversari. Il Fronte nazionale di Le Pen non ha invece ottenuto alcun dipartimento ma un gran numero di consiglieri. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Jean Pierre Darnis, esperto dell’Istituto Affari Internazionali (Iai): 

R. – E’ davvero una vittoria per Sarkozy, ma le analisi che lui mette in gioco non sono completamente valide. Certamente c’è una forma di protesta nei confronti del potere socialista – di medio termine – che fa sì che ci sia un crollo quasi fisiologico dei socialisti al potere e di questo la destra ne ha approfittato. Però stiamo attenti, perché se infine valutiamo l’elettorato che ha votato a destra, con il triangolare e anche con il Front National, il numero di votanti per la destra non è così alto… Però, il numero degli eletti, quello lo è.

D. – Come commentare, invece, il risultato in questo caso forse non proprio vittorioso del Front National di Le Pen?

R. – E’ un eccellente risultato, non vittorioso. Quindi in teoria perde, ma nel numero dei votanti rimane uno dei partiti più votati e resta sul territorio allo stesso livello delle ultime europee, quando era il primo partito votato in Francia. Quindi, ha dimostrato un suo radicamento fortissimo. Non si può, dunque, parlare di disfatta per il Front National, che non si muove e rimane lì.

D. – Che cosa potrà accadere nella politica francese in vista delle regionali di dicembre prossimo?

R. – Le regionali saranno un gioco un po’ complicato, perché lì ci sono diversi parametri sull’elezione dei presidenti alla regioni. Però il fatto che iFront National non abbia vinto alcun Dipartimento dovrebbe semplificare la partita che si annunciava un po’ più complicata. Quindi, lì la destra se la dovrebbe cavare abbastanza facilmente.

D. – La partita, secondo lei, resta aperta in vista delle elezioni presidenziali?

R. – Sì. La vera partita è quella: quella del 2017, quindi fra due anni. Resta aperta fra tre fronti: il Front National, l’Ump con i centrist; e il Partito socialista. E sono tutti, più o meno, allo stesso livello. Anzi, il Front National potrebbe forse essere un po’ più in alto degli altri. E lì, con il maggioritario a doppio turno come è quello francese, sarà una partita che potrebbe essere anche un gioco al massacro.

D. – Visto il risultato dal punto di vista dell’elettorato francese, quali sono le urgenze? Che cosa si aspettano i francesi dalla politica in questo momento?

R. – Credo che molti francesi abbiano un sentimento di antipolitica che assomiglia moltissimo a ciò che si è visto anche in Italia: mi riferisco alla Lega di un po’ di anni fa e al Movimento 5 Stelle molto recente. Quindi, una antipolitica, una ricerca di risposte, di uno stile diverso, più trasparente, meno sgargiante, meno monarchico. Dopodiché, ci sono le riforme e c’è la crisi economica… E se l’economia magari riparte, forse tutto questo andrà meglio. Ma il fenomeno dell’antipolitica è il desiderio di avere un governo più trasparente, che dia delle risposte, che siano anche simboliche. Cosa, questa che è stata capita molto in Italia, anche da Matteo Renzi, che secondo me è molto forte. Devo dire che fino a oggi i politici francesi non hanno mostrato una grande lungimiranza da questo punto di vista.

D. – Un’altra domanda: gli scandali privati del presidente Hollande, secondo lei, hanno contato?

R. – Sì, quelli hanno contato; come hanno contato anche quelli di Sarkozy precedentemente. L’elettorato tradizionale, anche cattolico, non guarda di buon occhio queste leggerezze o ‘lenzuolate’… E non dimentichiamo che l’ultima campagna elettorale è stata macchiata dal caso Strauss-Kahn. Tutto questo contribuisce a una sorta di protesta della gente nei confronti di politici che vogliono il potere, ma che moralmente non sembrano ineccepibili.

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Immigrati. Gli armatori: le nostre navi inadatte a soccorsi

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Troppi rischi ed elevate perdite economiche. Per questo, i mercantili italiani e stranieri starebbero pensando di cambiare le rotte per evitare il tratto del Mediterraneo interessato dalle operazioni di salvataggio di migranti. Ci sono obblighi però che rendono a volte quasi impossibile poter cambiare la rotta. E’ capitato, e non di rado, che le autorità italiane abbiamo ordinato a navi private di intervenire per fornire aiuto a persone a bordo di carrette e in difficoltà.  A scriverlo è il Wall Street Journal, che cita il caso di un armatore italiano costretto a operazioni di soccorso per salvare 600 migranti e costate al gruppo navale 110 mila dollari. Il rischio non è solo economico: le navi non sono adatte ad ospitare centinaia di persone e il personale di bordo non ha la preparazione necessaria a soccorrerle. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con Gennaro Fiore, direttore generale di Confitarma, la Confederazione Italiana Armatori: 

R. – L’emergenza è stata sempre un obiettivo e un impegno dell’armamento privato in queste operazioni. Però, ci sono dei limiti tecnici che effettivamente non possono essere valicati: ci sono unità che sono adibite a traffici particolari, con trasporto anche di merci pericolose... Quindi, bisogna prestare molta attenzione in queste operazioni.

D. – Ci sono navi che sono state incaricate dalle autorità italiane di andare a salvare i migranti…

R. – Esattamente. L’operazione in sé va bene, ma sta assumendo una dimensione abnorme. Nel corso di un solo anno, un nostro associato è stato chiamato oltre 60 volte: con un mezzo di dimensioni limitate, presta una attività di assistenza alla piattaforma petrolifera al largo delle coste libiche e sostanzialmente è impegnato quasi tutte le settimane. Quindi, con un carico di lavoro – anche per gli equipaggi, che sono calibrati per l’attività mercantile – assolutamente improprio.

D. – Ci sono problemi di sicurezza legati anche alla tipologia della nave e legati alla tipologia di intervento che si deve eseguire in mare, per il quale le navi non sono preparate…

R. – Assolutamente sì. Basti pensare che su queste unità mercantili non c’è un presidio medico: quindi, gente che dà una assistenza nei termini e nei limiti che può essere data, tenendo presente – proprio per quella situazione che le dicevo prima – che la nave è stata chiamata a dare assistenza ad oltre 1.200 migranti. L’unità ha 10 membri di equipaggio e si può subito capire che dimensione assume una operazione di questo tipo. Quindi, poca preparazione e anche gli equipaggi incominciano a manifestare delle preoccupazioni, anche per il carico di lavoro improprio che devono sopportare.

D. – Come Confitarma avete interloquito con le autorità italiane?

R. – Da mesi e mesi… Abbiamo operato interventi nei confronti delle nostre istituzioni; abbiamo coinvolto la presidenza del Consiglio dei ministri, il ministro dei Trasporti, degli Interni, di Grazia e giustizia, perché il fenomeno nella sua fattispecie deve essere considerato di carattere globale. Ci sono delle responsabilità civili, penali, di tipo commerciale. Ma non abbiamo avuto alcun riscontro alle nostre richieste di incontro e di approfondimento in materia.

D. – Nel caso in cui voi opponeste un rifiuto, a cosa andreste incontro?

R. – A fronte del rifiuto, il Comando generale delle Capitanerie di porto può denunciare il comportamento del comandante e dell’armatore per omissione di soccorso, con possibili responsabilità civili, oltre che penali. La speranza è che possa essere trovata una soluzione politica: noi l’abbiamo auspicata e la stiamo sostenendo anche a livello internazionale attraverso la nostra Associazione armatoriale europea, attraverso organizzazioni internazionali (Ics, l’International Chamber of Shipping), per sensabilizzare i governi a impegnare più risorse in termini sia economici che di mezzi, per poter apprestare un’operazione di soccorso adeguata al numero che sta ormai assumendo questo problema.

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La Caritas all'Expo 2015: condividere per sfamare il pianeta

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Conferenza stampa stamattina a Milano per la presentazione del programma di eventi promossi dalla Caritas ambrosiana, in collaborazione con Caritas nazionale e internazionale, durante i sei mesi dell’Expo. “Dividere per moltiplicare. Spezzare il Pane”, il titolo generale che riassume tutte le diverse iniziative in sintonia con il tema dell’esposizione universale: “Nutrire il pianeta”. Tra i partecipanti la Conferenza, Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas di Milano che, al microfono di Adriana Masotti, spiega quale sarà il contributo offerto perché Expo 2015 mantenga la promessa di essere un laboratorio di idee e di proposte sul tema cruciale dell’alimentazione: 

R. – La Caritas sarà attiva con almeno due presenze significative. Una, un luogo fisico: noi offriremo ai visitatori, anche quelli occasionali, la possibilità di vivere un’esperienza multimediale all’interno di una struttura che abbiamo chiamato “L’Edicola” nella quale svilupperemo il nostro tema che è: “Dividere per moltiplicare” e presenteremo l’azione che la Caritas fa nel mondo, contro la fame e a favore dei poveri, e alcuni momenti di riflessione anche attraverso un’opera d’arte che s’intitola “Energia” di Vostell del 1973 che cercherà di far capire come questo metodo del dividere per moltiplicare, cioè del condividere, sia un metodo vincente. Infatti c’è cibo per tutti, ma non tutti possono accedere alla terra, all’acqua, al sapere, alle tecnologie, alle infrastrutture per poter disporre di cibo. Accanto a questa esperienza c’è tutta l’iniziativa, che prenderemo all’interno dei sei mesi, di convegni, di seminari, di riflessioni per portare al centro dell’attenzione questo scandalo che è la fame e le piste per risolverlo, che sono essenzialmente quelle che le Caritas stanno sperimentando nel mondo con la loro azione concreta. In particolare, con la richiesta di una legge sul diritto al cibo che ogni nazione può promuovere, anzi noi chiediamo che la promuova, perché i propri cittadini abbiano riconosciuto questo diritto fondamentale. Accanto a questa iniziativa verranno sottolineati temi come quello delle migrazioni, perché sempre di più le migrazioni derivano dall’accaparramento delle terre, dal fatto che non c’è più la terra per l’autosostentamento per i contadini, non c’è più l’accesso all’acqua. Poi, c’è tutta la questione dei conflitti: anche i conflitti oggi spesso nascono da queste situazioni di mancanza di energia, di accesso all’acqua e alla terra. E infine, un ciclo di interventi sugli stili di vita e sulle povertà alimentari anche qui da noi, anche nei Paesi ricchi, lo vediamo, dall’accesso alle mense e ai centri di ascolto, dalla distribuzione dei pacchi alimentari… Tutto per arrivare a far sì che Expo non sia solo una fiera dove si presentano i propri cibi, i propri prodotti, ma si presentino anche le esperienze e le proposte che possano invece risolvere questo scandalo della fame.

D.  – Quindi, una bella sintonia tra il tema generale dell’Expo e tutta l’attività della Caritas: è qualcosa che impegnerà parecchio, mi pare di capire…

R.  – Noi siamo impegnati dal 2013 e il tentativo è quello di far emergere questi temi come temi determinanti e strategici per il futuro del pianeta.

D. – Quindi, anche un’occasione per far conoscere di più tutta l’attività delle Caritas. Noi siamo un po’ tutti preoccupati per questo Expo: gli stand ci saranno, le opere saranno finite… Voi vi sentite pronti per l’inizio dell’Expo?

R. – Sì, io direi di sì, saremo pronti. Saremo pronti a proporre i nostri contenuti, ma soprattutto saremo pronti a fare questa opera di coscienza critica un po’ sul tema dell’Esposizione che vorrebbe coinvolgere sicuramente tutti i visitatori ma anche tutti i Paesi, tutte le imprese, tutti i soggetti della società civile che in qualche modo attraverseranno o si incontreranno all’interno di Expo. Perché Expo sia ricordato come un evento mondiale che in modo deciso ha preso la strada per sconfiggere la fame nel mondo.

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L'Addolorata nella pietà popolare in un libro della Lev

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Si intitola “Mater Dolorosa” l’Addolorata nella pietà popolare" il libro con cui suor Maria Marcellina Pèdico, delle Suore Serve di Maria Riparatrice e insegnante presso la Facoltà Teologia "Marianum" di Roma, racconta il culto della Vergine Addolorata dalle origini alla contemporaneità. Edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev), il volume è stato presentato presso la Sala Marconi della nostra emittente dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Il servizio di Elvira Ragosta

Una ricerca storica doviziosa che sottolinea il nesso fortissimo tra devozione mariana e pietà popolare, con un approfondimento dedicato al culto della Settimana Santa, soprattutto nel sud Italia. Un culto nel quale la Vergine è colta nella condizione più umana possibile, quella di una madre colpita dall’immenso dolore della perdita di un figlio. Ed è in questa sofferenza, spiega l’autrice, che i fedeli riscontrano un valido motivo per accettare i propri momenti di dolore. Sul significato di questa ricerca in prossimità della Settimana Santa, il commento del card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi:

R. - E' importante, perché si tratta di una devozione biblica e di una realtà biblica, perché la Madonna ha accompagnato il nostro Signore Gesù Cristo per tutta la passione. Senza dubbio, l’immagine della pietà ha colpito tutti i fedeli fino a oggi, la pietà con Gesù morto. Fortunatamente, poi, la tradizione ci rassicura del fatto che Gesù è risorto, non solo, ma che la Madonna l’ha visto per prima, come dicono i Padri. Quindi, l’immagine della Madonna Addolorata avvicina i fedeli alla Madre di Dio, perché nel dolore c’è la vicinanza cuore a cuore dei fedeli con il dolore della Madre. Quindi, in questo dolore loro si riconoscono partecipi della Passione redentrice di nostro Signore. La pietà popolare è una dimensione fondamentale del cristianesimo e della vita cristiana, perché il popolo si rende partecipe e protagonista della realtà religiosa e, con la sua creatività, accompagna i vari misteri della nostra fede a Natale, durante al Quaresima, durante la Risurrezione e poi durante tutto l’anno per le feste liturgiche. Il popolo, da questo punto di vista, interpreta i misteri redentivi, li fa propri, però sempre con l’aiuto della Madonna e soprattutto – ovviamente – seguendo le orme di nostro Signore Gesù Cristo. La pietà popolare fa parte essenziale del cristianesimo, perché il cristianesimo è una religione del popolo, del Popolo di Dio in modo teologico.

Il volume, partendo dal dato biblico, analizza il culto dell’Addolorata nella tradizione teologica e liturgica e racconta delle preghiere, dei canti e dell’iconografia popolare, soprattutto le icone presenti nei rioni storici di Roma, per finire con un approfondimento sui Santuari della Mater Dolorosa e sulle Confraternite.

E sull’esperienza vissuta nel portare a termine una così vasta ricerca l’autrice, suor Marcellina Pèdico racconta:

R. - Mi hanno entusiasmato molti capitoli. In modo particolare, per la sua singolarità, il capitolo di Maria nel canto popolare. C’è un canto che ripercorre tutte e sette le parole di Cristo in Croce e mi sono detta: “Lo faccio? O non lo faccio?”, vedevo che era impegnativo, ma non sapevo se farlo. Alla fine ho detto: “No, sento che dentro di me ci vuole questo”. E mi è piaciuto moltissimo, perché ho imparato tantissimo dai vari commenti delle sette parole di Gesù in Croce. La cosa più faticosa per me – proprio perché non ho esperienza di questo tipo – è stata a Settimana Santa, perché io non sono del Sud e quindi non ho mai partecipato a queste processioni dei misteri, l’incontro della Madre con il figlio morto, le 24 ore di processione a Taranto… Devo dire una cosa che ho sperimentato: senza avere provato in questo periodo un po’ di dolore anch'io non sarebbe stato giusto fare questo lavoro. Infatti, ho avuto del dolore fisico durante questo periodo, perché parlare, scrivere dell’Addolorata senza provare il dolore mi sembrava quasi... E ho detto: “Signore, ti ringrazio anche per questo”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nigeria. Mons. Doeme: Boko Haram non ha impedito il voto

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“Le elezioni a Maiduguri si sono svolte nella calma, senza violenze o crisi provocate da Boko Haram” dice all’agenzia Fides mons. Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, la capitale dello Stato di Borno, una delle aree nel nord della Nigeria più colpite dalle violenze di Boko Haram, la setta islamista nata proprio in quella città, descrivendo il clima con il quale si sono tenute le elezioni presidenziali e parlamentari il 28 marzo.

Attentati di Boko Haram ma senza compromettere il voto
“Nonostante gli attacchi condotti da Boko Haram in diverse località, per lo più rurali, del nord della Nigera, che hanno causato purtroppo diverse vittime, la setta islamista non è riuscita a impedire lo svolgimento delle elezione in gran parte della Nigeria” sottolinea il vescovo. Secondo quanto riportato dalla stampa nigeriana, decine di persone sono state uccise in attentati commessi dalla setta islamista mentre l’esercito nigeriano ha continuato a colpire Boko Haram anche con bombardamenti aerei.

Le elezioni sono state libere 
“L’unico problema serio è derivato dal sistema di riconoscimento elettronico delle impronte digitali dei votanti, non messo a punto perfettamente, che ha costretto gli elettori a tornare più volte ai seggi per poter votare” commenta mons. Doeme. Un problema che è stato riscontrato un po’ in tutto il territorio nazionale, al punto che in alcune aree il voto è stato prolungato a domenica 29 marzo per permettere agli elettori di votare. Nonostante questi problemi mons. Doeme conclude con una nota di ottimismo: “Parlando in linea generale si può essere soddisfatti, perché le elezioni sono state libere e non sono state condizionate dalla violenza di Boko Haram. Questo è già un buon risultato” . (L.M.)

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Iraq: Chiesa caldea partecipa a lutto per Mar Dinkha IV

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La Chiesa caldea, in segno di solidarietà e vicinanza con la Chiesa assira d'Oriente, partecipa al lutto per la morte del patriarca assiro Mar Dinkha IV. Per questo motivo ha dato disposizione di sospendere i tradizionali incontri conviviali per lo scambio degli auguri pasquali in cui il patriarca, i vescovi e i parroci, ricevono la visita di rappresentanti politici e istituzionali e di comunità religiose. Lo riferiscono fonti del patriarcato di Babilonia dei caldei, riprese dall'agenzia Fides. Nelle liturgie della Settimana Santa le comunità caldee pregheranno anche per l'anima del patriarca assiro scomparso e per la scelta di un successore animato da autentico fervore pastorale.

Invito della Chiesa caldea a un dialogo per la piena comunione ecclesiale
Nel settembre 2013 il patriarca caldeo Louis Raphael I aveva rivolto al patriarca Mar Dinkha un invito ufficiale a iniziare insieme un cammino di dialogo per ripristinare la piena comunione ecclesiale tra la comunità cristiana caldea – unita al vescovo di Roma – e quella assira. “Colgo l'occasione” aveva scritto allora il patriarca caldeo al patriarca assiro “per esprimere il desiderio della Chiesa caldea riguardo all'attivazione di un dialogo per l'unità, che è il desiderio di Gesù. 

Senza unità fra i cristiani non c'è futuro per l'Iraq
​L'inizio di questo dialogo è oggi urgente, di fronte alle grandi sfide che minacciano la nostra sopravvivenza. Senza unità, non c'è futuro per noi. L'unità può aiutare a custodire la nostra presenza”. All'inizio di ottobre 2013 il patriarca Mar Dinkha aveva risposto positivamente all'appello del patriarca caldeo, suggerendo la creazione di un “Comitato congiunto” come strumento per affrontare insieme le urgenze condivise dalle due Chiese sorelle, che hanno in comune lo stesso patrimonio liturgico, teologico e spirituale. (G.V.)

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Oltre mezzo milione di firme per Campagna liberazione Asia Bibi

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Ha superato il mezzo milione di firme la petizione on-line promossa da una studentessa iniversitaria inglese per salvare Asia Bibi, la donna cristiana pakistana madre di cinque figli, condannata a morte con l’accusa di blasfemia.

Il caso Asia Bibi non è stato dimenticato
La raccolta di firme indirizzata al Primo Ministro britannico David Cameron e al Ministro degli Esteri John Hammond è stata lanciata sul sito www.change.org da Emily Clarke, la prima ad essere sorpresa dal successo dell’iniziativa: “Il boom di adesioni indica che la gente non ha dimenticato Asia Bibi, nonostante siano passati più di quattro anni dalla sua condanna per un crimine che nega di avere commesso”, ha dichiarato la studentessa all’Aiuto alla Chiesa che Soffre.

L’importanza del sostegno internazionale
Asia Bibi , la cui condanna alla pena capitale è stata confermata il 16 ottobre 2014 dall’Alta Corte di Lahore e che da quasi cinque anni è sottoposta al regime di isolamento per motivi di sicurezza, è diventata un simbolo della lotta contro la controversa legge sulla blasfemia in Pakistan. Il suo caso ha suscitato nel Paese e nella comunità internazionale un ampio dibattito e due uomini politici pakistani che hanno cercato di difenderla, dichiarando la sua innocenza, sono stati uccisi: il musulmano Salman Taseer, governatore della provincia del Punjab, ucciso il 4 gennaio 2011 e il cattolico Shabaz Bhatti, allora Ministro federale delle minoranze, assassinato il 2 marzo 2011. I due stavano sollecitando un riesame della legge sulla blasfemia, divenuta “strumento di oppressione” a causa degli abusi che ne vengono fatti dagli estremisti islamici. “È molto importante che la comunità internazionale sostenga con un’unica voce la causa di Asia Bibi e tutte le persone che in Pakistan mettono a rischio la propria vita per difenderla”, ha affermato Emily Clarke. (A cura di Lisa Zengarini)

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Cile: Caritas al lavoro per le vittime delle inondazioni

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Guidati da mons. Celestino Aós Braco, vescovo di Copiapó, un gruppo di esperti della Caritas e della diocesi, ha raggiunto le zone colpite dalle frane e dalle inondazioni per verificare la situazione delle comunità e sostenerle in questi momenti difficili.

12 morti ed una ventina i dispersi
Secondo dati raccolti dall'agenzia Fides, dopo le forti piogge, gli allagamenti e le frane nella zona, risultano 12 morti e una ventina di dispersi, inoltre il Ministero dell'Interno informa che ci sono almeno 748 senza tetto e più di 5 mila persone che hanno dovuto lasciare la loro casa per le frane. Secondo la nota pervenuta a Fides da una fonte locale, nella città di El Salado sono state improvvisate delle tendopoli in diversi campi o zone più sicure, per accogliere in particolare i bambini e gli anziani.

La Chiesa contro lo sciacallaggio
Mons. Aós, dopo la visita a diversi gruppi di senza tetto, ha denunciato saccheggi e truffe sui prezzi da parte di alcuni commercianti. A questo proposito ha detto: "Non riesco a capire come ci possano essere delle persone, in mezzo a queste tragedie, che vogliono approfittare della situazione e chiedono di pagare prezzi esorbitanti per gli articoli necessari, questo è un comportamento spregevole. Come società dobbiamo essere molto rigidi e guardare l'onestà come prima cosa. Dobbiamo essere uniti e essere onesti, senza privare i più vulnerabili dei beni materiali, perché così facendo togliamo loro la speranza, che è molto peggio".

In molte zone mancano acqua e luce
Sembra che le zone più colpite siano quelle di Antofagasta e Atacama, dove in molte cittadine della zona ancora manca l'acqua potabile e la luce. Il Santo Padre Francesco, attraverso la Segreteria di Stato, ha espresso la sua vicinanza a queste popolazioni e ha chiesto alle istituzioni aiuti urgenti.
(C.E.)

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Filippine: Via Crucis per la pace e calamità naturali

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L’arcidiocesi di Manila celebrerà il Venerdì Santo con una Via Crucis di sette chilometri nelle strade della capitale filippina per chiedere la liberazione dalle calamità naturali e il dono della pace nel Paese. L’iniziativa, giunta alla sua seconda edizione, è organizzata in collaborazione “Radio Veritas”.

Cambiare stile di vita per fermare le catastrofi causate dall’uomo
Il cardinale arcivescovo di Manila Luís Antonio G. Tagle esorta i fedeli a partecipare numerosi all’evento per riflettere sulla Passione, chiedere perdono a Dio e rinnovare la propria vita aiutando le vittime delle numerose catastrofi naturali che hanno colpito le Filippine in questi anni, ma anche quelle della corruzione, dell’ingiustizia, della menzogna e dell’egoismo. “Apriamo i nostri occhi e i nostri cuori, facciamo qualcosa per alleviare l’impatto delle calamità e cambiamo il nostro stile di vita perché le catastrofi causate dall’uomo non portino più distruzione nel futuro”: questo l’invito del porporato, che ricorda anche i tanti disastri sociali che continuano ad affliggere il Paese: dai bambini di strada, al traffico di esseri umani, ai conflitti, alla corruzione endemica. L’arcivescovo di Manila esorta altresì i fedeli a non scaricare sugli altri la colpa delle proprie sventure, ma ad essere proattivi, a pentirsi e a ricominciare una nuova vita

La Basilica dell’Immacolata Concezione tappa finale della Via Crucis
Il “Cammino penitenziale di liberazione dalle calamità e per la pace” inizierà da un sobborgo di Manila, per concludersi nella Basilica dell’Immacolata Concezione nel cuore della capitale. (L.Z.)

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Regno Unito: sì a legge antitratta. Soddisfazione della Chiesa

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Ha ricevuto l’assenso reale ed è quindi diventato legge, nel Regno Unito, il progetto normativo per contrastare la tratta degli esseri umani e tutte le forme moderne di schiavitù. Primo ed unico, finora, in Europa, il “Modern Slavery Act 2015” migliora, in modo significativo, il sostegno e la protezione delle vittime della tratta, dà alle forze dell'ordine gli strumenti necessari per contrastare lo schiavismo moderno, garantisce la certezza di una pena severa per i colpevoli, prevedendo anche, nei casi più gravi, la confisca dei beni.

Istituito un Commissario anti-schiavitù
La nuova legge, inoltre, incoraggia le imprese ad agire in modo tale che le catene produttive siano esenti da forme di schiavitù. Viene infine istituito il primo Commissario indipendente del Regno Unito anti-schiavitù, punto di riferimento della lotta alla tratta per garantire che I colpevoli vengano catturati e perseguiti secondo la legge e che le vittime vengano rapidamente identificate ed aiutate. Il ministro dell’Interno britannico, Theresa May, ha definito l’Act “una legge storica”, per combattere “la schiavitù moderna nella società di oggi” che rappresenta “un affronto alla dignità e l'umanità di ognuno di noi”.

Card. Nichols: sostenere e proteggere le vittime
Soddisfazione per la normativa, naturalmente, è stata espressa dalla Chiesa cattolica: in una nota, il card. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente dell'episcopato di Inghilterra e Galles, ha scritto: “Sebbene nessuna legge possa comprendere tutta la grave attività criminale della tratta di esseri umani e della schiavitù moderna, con gli abusi sulle persone vulnerabili, l’aumentare il sostegno e la protezione delle vittime è particolarmente positivo”.

La tratta, crimine contro l’umanità
"Insieme a molti altri – ha spiegato il porporato - la Chiesa cattolica è impegnata a lavorare per l'eliminazione della schiavitù moderna. Come ha detto Papa Francesco, reato della tratta è un crimine contro l'umanità, una ferita sul corpo di Cristo”. Di qui, l’auspicio del card. Nichols affinché “la società venga liberata da questa piaga e si sostengano tutti coloro che cercano di combattere i trafficanti e di aiutare le vittime della tratta”.

L’impegno dei vescovi inglesi nel “Gruppo Santa Marta”
Da ricordare che la Conferenza episcopale inglese fa parte del cosiddetto “Gruppo Santa Marta”, composto da capi di polizia ed altre autorità impegnate contro il traffico di esseri umani in vari Paesi. Il gruppo si è riunitosi in Vaticano nell’aprile 2014, in occasione della seconda Conferenza internazionale contro la tratta intitolata “Combattere la tratta degli esseri umani: collaborazione tra Chiesa e Forze dell’Ordine”, organizzata proprio dai vescovi inglesi e a cui hanno preso parte numerosi rappresentanti sia della polizia che della Chiesa. (A cura di Isabella Piro)

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Giappone. Sinodo di Nagasaki: rilanciare educazione alla fede

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Una forte esortazione a rilanciare l’educazione alla fede, per dare nuova linfa alla Chiesa di Nagasaki: è questo il nucleo del documento finale del Sinodo diocesano della città giapponese, pubblicato in questi giorni. Intitolato “Torniamo alla casa del Padre!”, il testo è frutto della prima Assemblea episcopale diocesana svoltasi nel 2014, nell’arco di quattro incontri, ed è stato approvato all’inizio del 2015 dall’arcivescovo di Nagasaki, mons. Joseph Mitsuaki Takami. A metà marzo, poi, si è provveduto alla sua promulgazione, in coincidenza con le celebrazioni per il 150.mo anniversario della scoperta dei “cristiani nascosti del Giappone”.

L’importanza della trasmissione della fede in famiglia
“L’appassimento e l’indebolimento della Chiesa di Nagasaki – si legge nel testo – è qualcosa che la comunità cattolica riconosce con dolore, rimorso e profondo senso di crisi”. Nell’arco di trent’anni, infatti, i fedeli locali sono passati da 75mila a 62mila unità e dei 267 matrimoni celebrati nel 2013, solo 44 sono stati quelli cattolici. Il risultato, afferma padre Mamoru Yamawaki, presidente del Comitato centrale del Sinodo, è che “nella maggior parte delle famiglie, spesso solo una persona è cattolica. E tante volte i bambini non sanno come pregare o partecipare alla Messa”. Per questo, aggiunge padre Yamawaki, “il focus principale del Sinodo è passato dal conservare la fede come famiglia al vivere la fede come individui”.

Prendersi cura di chi si è allontanato dalla Chiesa
Altro punto centrale della discussione sinodale è stato quello della “cura per le persone che si sono allontanate dalla Chiesa”, anche a causa di “parole od azioni di vescovi, sacerdoti e responsabili laici”, i quali hanno alimentato, in alcuni fedeli, la sensazione di “non essere benvenuti all’interno della comunità cattolica”. Inoltre, “il numero dei divorzi è salito, la povertà è aumentata: queste ed altre ragioni – spiega ancora padre Yamawaki – hanno allontanato i fedeli dalla Chiesa. E spesso in essa alcune persone hanno trovato solo sguardi giudicanti, come quello del fratello del figliol prodigo”, descritto nel Vangelo di Luca.

Occorre nutrimento spirituale per una vera conversione interiore
Per contrastare questa tendenza dei fedeli ad allontanarsi dalla Chiesa, quindi, il documento finale del Sinodo diocesano propone tre raccomandazioni: un maggiore “nutrimento spirituale” per sacerdoti, religiosi e laici affinché raggiungano “una vera conversione interiore”; “una rinnovata enfasi sull’educazione alla fede ed alla preghiera attraverso la formazione dei catechisti e le vocazioni sacerdotali e religiose”; infine, “la determinazione collettiva, come comunità, a prendersi cura del prossimo sofferente, nella società”. “È tempo che la Chiesa – conclude padre Yamawaki – mostri in modo concreto il suo impegno nel raggiungere questi obiettivi”. (I.P.)

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Madagascar: Radio Maria inizia le trasmissioni nel Paese

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Radio Maria Madagascar ha iniziato le sue trasmissioni lo scorso 25 marzo, nella diocesi di Ambositra. In questo territorio i cattolici rappresentano quasi la metà della popolazione ed il numero dei battezzati è in crescita. Data l’instabilità politica e l’alto livello di povertà, Radio Maria Madagascar contribuirà non solo all’educazione alla fede cattolica, ma anche all’unità, alla riconciliazione ed alla promozione del benessere umano. 

Inaugurazione resa possibile grazie alla generosità degli ascoltatori.   
L’inaugurazione ufficiale dell’emittente è prevista per il 28 aprile 2015. Radio Maria Madagascar diventa così la 19.ma radio in Africa, ed è la seconda nata nel continente grazie alla generosità degli ascoltatori che hanno sostenuto la campagna di raccolta fondi nel biennio 2013-2014 chiamata “Mariathon”. “Lo scorso 8 dicembre è stato possibile aprire una sede in Guinea Equatoriale e presto un’altra sede verrà inaugurata anche nella Repubblica di Guinea con sede nella capitale Conakry. Tutto questo è stato possibile grazie alla generosità degli ascoltatori durante la Mariathon 2013 e 2014”.

In palinsesto, anche le notizie di Radio Vaticana
Ogni sede di Radio Maria ritrasmette quotidianamente le notizie di Radio Vaticana. Attualmente, i programmi vengono realizzate nelle seguenti lingue: francese, inglese, spagnolo (Guinea Equatoriale) e ortoghese ( Mozambico). (A cura di Jean Paul Kayihura)

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Sudafrica: Radio Veritas rischia la chiusura

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Rischia la chiusura Radio Veritas, in Sudafrica: l’emittente cattolica con sede a Johannesburg, infatti, si trova in grave difficoltà economiche a causa della crisi finanziaria che, da diversi anni, ha ridotto di molto le donazioni spontanee degli ascoltatori che le permettono di sopravvivere. Di qui, l’appello lanciato da padre Emile Blaser, sacerdote domenicano direttore dell’organismo, affinché si permetta a Radio Veritas di portare avanti la sua missione evangelizzatrice in un Paese come il Sudafrica in cui i cattolici sono circa 4 milioni, pari all’8% della popolazione.

Trasmettere buone notizie, per dare speranza
“Molte persone di talento si sono rese già rese disponibili per presentare i nostri programmi – spiega padre Blaser – ed anche molti ascoltatori non cattolici ci sostengono finanziariamente”. Ma tutto ciò non basta: Radio Veritas è, infatti, priva di introiti pubblicitari e deve investire molte delle sue risorse nel pagamento del canone mensile alla Sentech, l’emittente parastatale che trasmette i suoi programmi. Tuttavia, fedele al suo motto, “Le buone notizie. Per cambiare”, l’emittente non perde la speranza: “Quanta ricchezza abbiamo da trasmettere! – sottolinea il direttore – E non si tratta solo dell’ispirazione che ci dona Papa Francesco, ma anche delle buone notizie di speranza che emergono nei diversi ambiti della Chiesa, sia in Vaticano che nel resto del mondo”.

La Radio aiuta le persone a sentire la Chiesa vicina
Inoltre, di fronte ad un’attualità particolarmente difficile che vede la persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo, ma anche la piaga della corruzione e l’orrore della violenza, “la gente ha bisogno di speranza”, ribadisce padre Blaser. “Alle persone serve un incoraggiamento – aggiunge – Hanno bisogno di sentirsi ricordare che la Chiesa si prende cura di loro. Se vogliamo dirci cristiani, dunque, dobbiamo essere custodi dei nostri fratelli e sorelle”.

Per vincere le difficoltà, servono entusiasmo e preghiere
Ma il responsabile di Radio Veritas sottolinea un altro punto importante: “Non abbiamo bisogno solo di un aiuto finanziario, ma anche di un maggior coinvolgimento ed entusiasmo delle persone, specialmente di coloro che hanno tempo, conoscenze e capacità da donare alla causa delle trasmissioni cattoliche”. “Soprattutto – conclude padre Blaser – abbiamo bisogno di preghiere”.

15 anni di attività, al servizio del Vangelo
Nata ufficialmente nel 2000, l’emittente cattolica ha dovuto attendere fino al settembre 2011 per ottenere, dalle autorità statali, la licenza di trasmissione, insieme ad una frequenza permanente. Ma nonostante le difficoltà, Radio Veritas ha costantemente mandato in onda i suoi programmi grazie al canale satellitare 170 ed in streaming, sul sito www.radioveritas.co.za Nell’aprile 2012, inoltre, è stata avviata anche la programmazione sulle onde medie, sulla lunghezza d’onda di 576 kh. Ciò è stato reso possibile grazie ad un nuovo trasmettitore acquistato negli Stati Uniti e posizionato a Meyerton. Nel suo palinsesto, Radio Veritas propone programmi prettamente liturgici, come la Santa Messa e l’Angelus, ma anche spazi informativi, trasmissioni musicali e programmi nelle lingue locali. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 89

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.