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Sommario del 28/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: attenzione per immigrati non ammette indifferenza

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Nessuna “indifferenza” nei confronti dei migranti, verso i quali è necessaria un’attenzione pastorale e caritativa che permetta la loro integrazione nella società e nella comunità ecclesiale. Questo il senso delle parole del Papa nel discorso consegnato ai vescovi della Repubblica Dominicana, in visita ad Limina. Ai presuli, guidati da mons. Gregorio Nicanor Peña Rodríguez, presidente della locale Conferenza episcopale, il Pontefice ha ricordato l’importanza dei valori familiari e del matrimonio cristiano, nonché della tutela dell'ambiente. Il servizio di Giada Aquilino

Nessuna indifferenza verso gli immigrati
L’attenzione pastorale e caritativa verso gli immigrati “non ammette l’indifferenza dei pastori della Chiesa”. Incontrando i vescovi della Repubblica Dominicana, il pensiero di Papa Francesco è andato ai migranti, in particolare a quelli che si spostano all’interno dell’isola di Hispaniola e che da Haiti vanno in cerca “di migliori condizioni di vita in terra dominicana”. L’esortazione del Pontefice è stata a “continuare a collaborare con le autorità civili” per realizzare “soluzioni di solidarietà” per coloro che sono “privi di documenti” o ai quali sono negati i “diritti fondamentali”. È “imperdonabile”, ha aggiunto, non promuovere “iniziative di fraternità e di pace” tra i due Paesi, che insieme formano la “splendida isola dei Caraibi”, mentre è “importante” integrare gli immigrati nella società e dare loro “il benvenuto nella comunità ecclesiale”. Per questo, Francesco ha ringraziato coloro che già sono impegnati in tale servizio a favore di quanti soffrono, come gesto di “amorosa sollecitudine – ha aggiunto - per il fratello che si sente solo e indifeso, con il quale Cristo si è identificato”.

Traffico di droga e delle persone, gravi problemi dei nostri popoli
A tal proposito, ha sottolineato gli sforzi dei vescovi per affrontare “i gravi problemi che affliggono i nostri popoli”: dal traffico di droga a quello delle persone, dalla corruzione alla violenza domestica, dall’abuso e lo sfruttamento dei bambini all’insicurezza sociale. Dall’“intima connessione” che esiste tra evangelizzazione e promozione umana, ogni azione della “Chiesa madre” deve “cercare e provvedere” al bene delle persone più sfortunate.

Matrimonio e famiglia vivono crisi culturale
Ci sono poi le “grandi sfide del nostro tempo”: il matrimonio e la famiglia attraversano “una seria crisi culturale”. Questo non significa, ha spiegato, che “hanno perso importanza”, ma se ne sente maggiormente il bisogno. L’esortazione del Papa è stata a continuare “a presentare la bellezza del matrimonio cristiano”: sposarsi nel Signore, ha spiegato, “è un atto di fede e di amore” in cui i coniugi trasmettono la “benedizione e la grazia di Dio” nonché i valori e la fede. La famiglia è inoltre “il luogo dove si impara a convivere nella differenza” e a “sperimentare il perdono”. Il prossimo Giubileo della Misericordia, ha auspicato Francesco, sia l’occasione per migliorare l’impegno a favore del matrimonio, della riconciliazione familiare e della convivenza pacifica.

La cura dei sacerdoti
Il Papa ha quindi sollecitato i vescovi a prendersi cura di “ciascun” sacerdote, per difenderlo dai “lupi” che attaccano anche i “pastori”. Nei seminari, ha aggiunto, vada coltivata la formazione umana, intellettuale e spirituale che assicura “un vero incontro col Signore”, per arrivare a quella “dedizione pastorale” e quella “maturità emotiva” che permettono di abbracciare il celibato e di vivere e lavorare in comunione. Il clero dominicano, ha notato, si distingue per la fedeltà e la coerenza della vita cristiana: che il suo impegno per i deboli e i bisognosi permetta di superare la “tendenza terrena verso la mediocrità”. La Missione continentale, promossa dal Documento di Aparecida, e i piani pastorali locali - ha quindi aggiunto - sono alla base della collaborazione tra le Chiese locali: ma non bastano “piani ben formulati” e celebrazioni festive, è necessario permeare con la propria missione “la vita quotidiana” della popolazione. In tale direzione va l’invito a non trascurare la formazione dottrinale e spirituale del laicato dominicano affinché - già presente nelle opere di evangelizzazione a livello diocesano e nazionale – possa ancora meglio portare la testimonianza di Cristo in ambienti che spesso vescovi, sacerdoti o religiosi non possono raggiungere.

L’insegnamento della religione nella scuola
La cura pastorale per i giovani, inoltre, dev’essere attenta ad evitare che questi si lascino “distrarre dalla confusione degli anti valori che cerca di sopraffare” i ragazzi stessi al giorno d’oggi. Ci sono poi leggi civili – ha notato il Papa - che, senza tener presente gli orientamenti dei genitori e della Chiesa per le nuove generazioni, tendono a sostituire l’insegnamento della religione nelle scuole “con un’educazione del fatto religioso di natura multiconfessionale e con una semplice illustrazione di etica e cultura religiosa”. È necessario quindi un atteggiamento “vigile e coraggioso” affinché si possa assicurare nelle scuole “una formazione secondo i principi morali e religiosi delle famiglie”.

La tutela del creato
L’invito finale del Papa, di fronte alla bellezza dei paesaggi in Repubblica Dominicana, è stato a rinnovare l’impegno per la conservazione e la tutela dell’ambiente: il rapporto tra uomo e natura, ha ricordato, “non dovrebbe essere governato da avidità, manipolazione o eccessivo sfruttamento” ma dall’impegno a mantenere “la divina armonia tra creature e creato”, a favore delle future generazioni.

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Francesco: i cristiani mondani e rigoristi allontanano la gente da Gesù

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Ci sono cristiani che allontanano la gente da Gesù perché pensano solo al loro rapporto con Dio oppure perché sono affaristi o mondani o rigoristi. E ci sono cristiani che ascoltano davvero il grido di quanti hanno bisogno del Signore: questo, in sintesi, quanto ha detto Papa Francesco durante la Messa del mattino, celebrata nella cappella di Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Cristiani indifferenti e intimisti
Commentando il brano evangelico del cieco Bartimèo che grida verso Gesù per essere guarito ed è rimproverato dai discepoli perché taccia, Papa Francesco elenca tre gruppi di cristiani. Ci sono i cristiani che si occupano solo del loro rapporto con Gesù, un rapporto “chiuso, egoistico”, e non sentono il grido degli altri:

“Quel gruppo di gente, anche oggi, non sente il grido dei tanti che hanno bisogno di Gesù. Un gruppo di indifferenti: non sentono, credono che la vita sia il loro gruppetto lì; sono contenti; sono sordi al clamore di tanta gente che ha bisogno di salvezza, che ha bisogno dell’aiuto di Gesù, che ha bisogno della Chiesa. Questa gente è gente egoista, vive per se stessa. Sono incapaci di sentire la voce di Gesù”.

Cristiani affaristi, mondani e rigoristi
“Poi – ha proseguito il Papa - ci sono quelli che sentono questo grido che chiede aiuto, ma che vogliono farlo tacere”. Come quando i discepoli hanno allontanato i bambini, “perché non scomodassero il Maestro”: “il Maestro era loro, era per loro, non era per tutti. Questa gente allontana da Gesù quelli che gridano, che hanno bisogno di fede, che hanno bisogno di salvezza”. Tra questi ci sono gli “affaristi, che sono vicino a Gesù”, sono nel tempio, sembrano “religiosi”, ma “Gesù li ha cacciati via, perché facevano affari lì, nella casa di Dio”. Sono quelli “che non vogliono sentire il grido di aiuto, ma preferiscono fare i loro affari e usano il popolo di Dio, usano la Chiesa, per fare i propri affari. Questi affaristi allontanano la gente da Gesù”. In questo gruppo ci sono i cristiani “che non danno testimonianza”:

“Sono cristiani di nome, cristiani di salotto, cristiani di ricevimenti, ma la loro vita interiore non è cristiana, è mondana. Uno che si dice cristiano e vive come un mondano, allontana quelli che gridano aiuto a Gesù. Poi, ci sono i rigoristi, quelli che Gesù rimprovera, che caricano tanti pesi sulle spalle della gente. Gesù dedica loro tutto il capitolo 23.mo di San Matteo. ‘Ipocriti - dice loro - sfruttate la gente’. E invece di rispondere al grido che chiede salvezza allontanano la gente”.

Cristiani che vivono quello che credono
C’è infine un terzo gruppo di cristiani, “quelli che aiutano ad avvicinarsi a Gesù”:

“C’è il gruppo dei cristiani che hanno coerenza fra quello che credono e quello che vivono, e aiutano ad avvicinarsi a Gesù, alla gente che grida, chiedendo salvezza, chiedendo la grazia, chiedendo la salute spirituale per la loro anima”.

Esame di coscienza
“Ci farà bene fare un esame di coscienza” – conclude il Papa – per capire se siamo cristiani che allontanano la gente da Gesù o la avvicinano perché sentiamo il grido di tanti che chiedono aiuto per la propria salvezza.

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Giovani e crisi economica nel colloquio tra il Papa e presidente croato

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Papa Francesco ha ricevuto in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, la signora Kolinda Grabar-Kitarović, presidente della Repubblica di Croazia, che successivamente ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - si sono costatate le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia, ulteriormente rafforzate dagli Accordi stipulati tra le Parti. Inoltre, sono stati affrontati temi di comune interesse, tra i quali la collaborazione fra la Chiesa e lo Stato per il bene comune della società croata, in particolare a sostegno della famiglia e dei giovani. Nel prosieguo della conversazione ci si è soffermati sulle conseguenze sociali della crisi economica mondiale, come pure sulle principali sfide regionali, con particolare attenzione alla situazione dei croati nella Bosnia ed Erzegovina”.

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Padre Lombardi: Francesco a Sarajevo nel segno della pace

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Un'agenda serrata quella del viaggio apostolico del Papa il 6 giugno prossimo a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina. A presentarla, questa mattina in Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, che ha messo in luce la centralità della pace, della riconciliazione e del dialogo interreligioso. Il servizio di Paolo Ondarza

Un evento di grande significato. Padre Lombardi definisce così la prossima visita del Papa a Sarajevo su invito del card. Puljic. Precedente importante – ha indicato il direttore della Sala Stampa Vaticana - il viaggio di Giovanni Paolo II nel 1997, realizzato dopo che nel 1994 non gli era stato possibile visitare la Bosnia ed Erzegovina. “La pace sia con voi” campeggia sul logo del viaggio ad indicare la centralità dei temi della riconciliazione in un paese complesso dove tre membri, rappresentanti i musulmani, i serbi e i croati, si alternano alla presidenza alla presenza di un alto rappresentante Onu. Complessa anche la struttura della popolazione di 3,8 milioni persone:  40% musulmani, 31% ortodossi e 15% cattolici:

“I musulmani sono la popolazione – chiamata anche 'bosniak' – della Bosnia, gli ortodossi sono in grandissima parte serbi, come etnia, e i cattolici sono croati. Quindi, c’è una molteplicità religiosa che corrisponde – grosso modo – alla molteplicità etnica con queste tre componenti principali”.

Il messaggio del Papa mirerà alla costruzione della riconciliazione per il futuro del Paese che esce da anni drammatici di guerra e dove difficile è la situazione economica. Fondamentale il dialogo interreligioso:

“Quindi, l’incontro interreligioso anche durante il viaggio sarà particolarmente importante e significativo”.

Al seguito del Papa ci saranno i card. Tauran e Koch, presidenti rispettivamente dei dicasteri vaticani del Dialogo Interreligioso e dell’Unità dei Cristiani. Sarà presente come di consueto anche un dipendente laico vaticano. La partenza alle 7,30 da Roma con arrivo a Sarajevo alle 9; quindi il benvenuto al palazzo presidenziale con i tre membri della presidenza e l’incontro con le autorità. Seguirà la Messa nello stesso stadio che ha ospitato Giovanni Paolo II: 60 mila i posti disponibili. Il Papa parlerà in italiano e lungo gli spostamenti in papamobile scoperta passerà in rassegna i cimiteri presenti nei parchi della città. Il pranzo avverrà in nunziatura dove Francesco incontrerà i sei vescovi della Bosnia ed Erzegovina, ricevuti nel marzo scorso in Vaticano. Nel pomeriggio l’incontro in cattedrale con sacerdoti, religiosi e seminaristi che porteranno al Papa le loro testimonianze:

“Credo che saranno testimonianze piuttosto forti, intense, drammatiche per la storia che verrà raccontata…”

Seguiranno l’incontro ecumenico e interreligioso nel centro studentesco francescano e quello conclusivo con i giovani nel centro diocesano Giovanni Paolo II, quindi il congedo e la partenza per Roma alle 20. Prevista una breve conferenza stampa in aereo. Ancora padre Lombardi:

“Il volo è breve quindi la conversazione con il Papa, se ci sarà, sarà breve”

Interpellato su un eventuale pronunciamento del Papa sulle apparizioni di Medjugorie in occasione del viaggio, il direttore della Sala Stampa ha risposto:

“Io credo che non ci sia da aspettarselo. Quindi io non mi aspetto dei riferimenti a Medjugorje. Il Papa è libero di parlare di quello che crede, quando crede. Non tocca a me, quindi, dirgli che cosa deve fare. Però se la domanda è: ‘Ti aspetti, ci dobbiamo aspettare, che ne parli?’ Io non me l’aspetto”.

Su Medjugorie, ha detto padre Lombardi, la commissione incaricata ha consegnato il suo contributo alla congregazione per la Dottrina della Fede che continua ora a svolgere le sue considerazioni.

“Ma non ho nessuna previsione di tempi e di modi specifici della conclusione”.

A proposito della questione sicurezza, padre Lombardi ha escluso preoccupazioni o minacce particolari a riguardo.

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Tweet: il cristiano è testimone non di una teoria, ma di una Persona

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Papa Francesco ha pubblicato oggi un nuovo tweet sull’account @Pontifex: “Il cristiano è testimone non di una teoria, ma di una Persona: Cristo risorto, vivente e unico Salvatore di tutti”.

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Turkson all’Expo: si superi paradosso fame in mezzo all'abbondanza

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“L’umanità non vivrà in pace finché la fame non sarà sconfitta”. E’ uno degli assunti del libro “Terra e cibo”, a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ed edito dalla Lev, presentato stamani all’Expo. Il presindente della Coldiretti, Roberto Moncalco, ha ricordato che sono stati bruciati miliardi di dollari per speculazioni sulla fame. Tra gli altri, è intervenuto il presidente del dicastero vaticano, cardinale Peter Turkson. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Superare il paradosso dell’abbondanza
Nel variegato mondo dell’Expo, dove sono rappresentanti molti Paesi, la Chiesa - “esperta in umanità” - intende contribuire alla riflessione collettiva su “nutrimento” ed “energia”, i due temi centrali di questa edizione dell’Esposizione Universale. Su tali questioni – ricorda il cardinale Peter Turkson – è incentrato anche il messaggio di Papa Francesco in occasione dell’inaugurazione dell’Expo, che esorta a riflettere “sullo scandaloso e persistente paradosso dell’abbondanza”. Un paradosso sempre più evidente nel mondo, dove nonostante quantità di cibo sufficiente per tutti, molte persone – secondo dati Fao, almeno 805 milioni dal 2012 al 2014 - continuano a soffrire di malnutrizione.

Cambio di mentalità e rispetto di doveri e responsabilità
Lo sforzo richiesto dal Santo Padre è che le riflessioni al centro dell’Expo non restino solo un tema” ma che si rivelino – ha aggiunto il porporato - una “occasione di cambiamento di mentalità” verso un modello di sviluppo “equo e sostenibile”. Per realizzare il diritto fondamentale al cibo, numerosi attori - tra cui governi, imprenditori e famiglie - sono chiamati a rispettare doveri e responsabilità riguardo al persistente dramma della fame nel mondo. Educazione e sensibilizzazione sulla situazione “della sicurezza alimentare” sono le altre esigenze - ha spiegato il cardinale Peter Turkson - alle quali intende rispondere il libro “Cibo e Terra”.

Analisi e proposte del libro “Terra e cibo”
Un volume – ha ricordato il porporato – che si articola in tre sezioni. La prima presenta una rassegna e un’analisi delle cause strutturali della fame. Nella seconda sezione, traendo ispirazione dalla fede cristiana, si valuta l’attuale situazione alimentare e agricola nel mondo. La terza parte del libro propone una serie di azioni che mirano al miglioramento della situazione. L’esortazione è di agire alla luce del Vangelo.

Coldiretti: bruciati 50 miliardi di dollari per speculazioni
In occasione della presentazione del libro “Terra e Cibo”, il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo, soffermandosi sui limiti dello sviluppo intensivo e globalizzato, ha ricordato che “le speculazioni sulla fame hanno bruciato nel mondo circa 50 miliardi di dollari nell’ultimo anno solo per il grano, con quotazioni internazionali crollate del 29%”. L’andamento delle quotazioni dei prodotti agricoli è fortemente condizionato “da movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli delle materie prime”.

Appello del musicista Bono Vox
Dopo l’intervento del cardinale Turson è stato proiettato un videomessaggio del noto cantante Bono Vox, che ha lanciato un appello a tutti i popoli per lavorare insieme, come in una sola famiglia, e assicurare a tutti l’accesso al cibo.

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Mons. Tighe: comunicare è conquista umana, abbiamo tutti da imparare

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“Una buona comunicazione è sempre una conquista più umana che tecnica”. E’ uno dei passaggi dell’intervento di mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, al Summit Mondiale sulla società dell’informazione, in corso a Ginevra. Alessandro Gisotti ha chiesto a mons. Tighe, che è inoltre membro della Commissione sulla riforma dei media vaticani, di soffermarsi sui passaggi fondamentali del suo discorso e sulle prospettive future della comunicazione digitale: 

R. – E’ chiaro che dobbiamo riconoscere e sottolineare il potenziale delle nuove tecnologie, per creare delle piattaforme che aiutino lo sviluppo umano. Allo stesso tempo, però, ho voluto dire che le tecnologie da sole non sono in grado di cambiare il mondo e che c’è bisogno di un impegno umano! Cerchiamo sempre di essere sicuri di usare queste risorse per aiutare tutta la gente. Per me è stato importante dire che la comunicazione è una conquista umana, non è semplicemente una cosa tecnologica. E’ importante che coloro che sono collegati alla Rete abbiano una grande possibilità di progredire nel campo dell’educazione e in campo economico. Ci sono, però, quelli già esclusi a causa della povertà. Sarebbe una cosa terribile se questa nuova Rete escludesse ancora di più coloro che sono già poveri ed emarginati.  

D. – Come promuovere una strategia che non escluda nessuno dalla rivoluzione tecnologica?

R. – Ascoltando le altre delegazioni qui, mi sembra che ci sia un grande impegno a livello globale. Uno degli sforzi di questo Convegno è quello di legare tutte queste riflessioni sulle tecnologie all’idea dello sviluppo umano. Poi, ho trovato qui molte Ong di tutto il mondo che lavorano nel campo dello sviluppo e che stanno pensando ad una strategia per aiutare questo sviluppo. Stanno cercando di mettere al primo posto il tentativo di sviluppare le infrastrutture nazionali, che poi permettano a tutto il mondo di essere presenti in questo nuovo ambiente, a partire dai Paesi più poveri, perché spieghino quello che fanno, per essere sicuri che all’interno di un Paese, non solo i ricchi, ma tutti abbiano la possibilità di esprimersi e di sentire cosa succede in questi ambienti.

D. – Quale contributo la Chiesa può dare alla comunicazione, sempre più partecipativa,  così evidente oggi, nei diversi social network?

R. – Una cosa importante è che la Chiesa inizi dalle istituzioni di educazione presenti in tutto il mondo, assicurandoci che il nostro modo di insegnare tragga vantaggio dalle nuove tecnologie, e assicurandoci che questa cosa sia accessibile a tutti. Poi, ci sono iniziative specifiche, come quella in America Latina, dove Riial, la rete informatica della Chiesa, sta cercando di collaborare insieme alle comunità di base, per sfruttare bene le potenzialità di queste tecnologie. Poi, noi come Chiesa, mi sembra che siamo già una rete; siamo già una comunità delle comunità, e quello è proprio il linguaggio che molti usano per descrivere anche Internet.

D. – Da questa esperienza così interessante, anche per lei personalmente, c’è qualche spunto, qualche ispirazione che le è venuta, anche pensando alla riforma dei media vaticani di cui tanto si parla?

R. – Io credo sia una cosa chiara a tutti, una cosa che mi aiuta a comprendere che tutti “lottano” per capire bene la sfida e che non siamo gli unici al mondo a dover ripensare il nostro modo di comunicare, di essere presenti in Rete! Da qui, è anche importante ascoltare, capire cosa fanno in altri Paesi, in altre società. Adesso, infatti, c’è la possibilità di imparare insieme.

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Mons. Auza: necessario tutelare giornalisti nelle zone di conflitto

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Novantaquattro morti e 337 imprigionati: tanti sono i giornalisti che, solo tra il 2014 ed il 2015, hanno perso la vita o la libertà mentre operavano in zone di conflitto. A ricordare la loro importanza ed il loro “enorme contributo al mondo” è stato mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, intervenuto ieri, 27 maggio, a New York, nell’ambito di un dibattito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dedicato proprio alla tutela dei giornalisti nelle situazioni di conflitto. Il servizio di Isabella Piro:

Reporter di guerra, “l’ancora di salvezza” delle popolazioni
“Non ci sono scuse – afferma il presule - perché le parti in causa di un conflitto non rispettino e proteggano i giornalisti”, poiché “i media sono al servizio del bene comune” e “l’informazione è uno dei principali strumenti della partecipazione democratica”, è un mezzo “fondamentale e necessario per la comunità umana”. I giornalisti di guerra, continua mons. Auza, “offrono un’ancora di salvezza a coloro che sono intrappolati dietro le linee nemiche o colpiti dal fuoco incrociato”.

In un mondo interconnesso, salvaguardare verità e bene comune
Ma il presule sottolinea anche che la rilevanza di tali reporter “continua a crescere nel mondo attuale, sempre più interconnesso”. Il progresso tecnologico, infatti, rende le comunità di tutto il mondo “smaniose di ricevere notizie constanti dalle zone di guerra”. E se ciò è un bene per “la promozione della solidarietà globale e degli aiuti umanitari nei confronti delle vittime”, allo stesso tempo rappresenta “una difficoltà” quando si tratta di “valutare l’obiettività dell’informazione ricevuta”. Infatti, spiega l’Osservatore permanente, le parti coinvolte nel conflitto non possono ritenersi “fonti affidabili di un’informazione obiettiva”. Ed è qui che emerge “la fondamentale importanza dei giornalisti dediti alla verità ed alla promozione del bene comune”. Ed è sempre qui che si comprende “il grave rischio” che uno dei contendenti voglia “specificatamente colpire un giornalisti fedele al suo dovere di cronaca obiettiva”.

Conflitti perpetrati da attori non-statali, servono più tutele per giornalisti
Certo, ricorda mons. Auza: la comunità internazionale ha già a disposizione alcuni strumenti per tutelare i reporter di guerra, come la Convenzione di Ginevra ed i suoi Protocolli addizionali. Tuttavia, ciò non è sufficiente, dato che “nel 90 per cento dei casi, l’uccisione di giornalisti è avvenuta senza motivo e meno del 5 per cento dei colpevoli è stato arrestato e processato”. Non solo: nel contesto attuale, in cui “i conflitti vengono perpetrati da attori non-statali”, è importante riesaminare il sistema di diritti e tutele dei cronisti nei conflitti, per vedere “se esso è ancora adeguato o se, invece, sono necessarie nuove misure”. In quest’ambito, la comunità internazionale può “giocare un ruolo importante nel fornire assistenza tecnica e finanziaria ai Paesi che ne hanno bisogno per migliorare le politiche di tutela dei reporter ed affrontare le violazioni di diritti già esistenti”.

Dovere del cronista: rispetto della cultura e della religione locale
Ma anche i cronisti devono fare la loro parte, sottolinea l’Osservatore permanente: essi devono, innanzitutto, “usare il tatto, in particolare nelle situazioni in cui il dovere di essere obiettivi si scontra con il rispetto dei valori culturali e del credo religioso di una popolazione coinvolta in una guerra”. Infatti, spiega il presule, “mentre la mancanza di informazione obiettiva è un disservizio alla verità e può mettere a rischio le vite e le politiche di un Paese, la mancanza di rispetto per la cultura e la religione può esacerbare il conflitto stesso”.

Basta guerre! Nessuno deve rischiare più la vita
Infine, mons. Auza rivolge un pensiero a tutti gli operatori che “sono in prima linea affinché il grido delle vittime dei conflitti possa essere udito e la voce di chi desidera la pace possa avere eco”. Ma soprattutto – è l’auspicio finale del presule – “bisogna lavorare tutti insieme per bandire le guerre ed i conflitti, affinché nessuno debba mai rischiare la vita e l’incolumità fisica”.

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“Donne Chiesa Mondo”, Seminario internazionale in Vaticano

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“La Chiesa di fronte alla condizione delle donne oggi”: se ne discuterà da domani pomeriggio a domenica mattina in Vaticano, in un Seminario internazionale ospitato nella Casina Pio IV. L’evento organizzato dal mensile “Donne Chiesa Mondo”, allegato da tre anni a L’Osservatore Romano, è stato presentato stamane nella sede del quotidiano vaticano dal direttore Giovanni Maria Vian e da Lucetta Scaraffia, coordinatrice della rivista. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Tre giorni dal 29 al 31 maggio per parlare di questioni d’attualità al femminile. Tutte donne con due  eccezioni i relatori, “persone competenti ed appassionate”, ha assicurato la docente di Storia contemporanea, Lucetta Scaraffia, che tirerà le fila del Seminario, consegnando le conclusioni anche alle gerarchie ecclesiastiche. Ampio spazio sarà dato al dibattito perché emergano esperienze, testimonianze e proposte, in linea con il grande interesse suscitato dalla rivista “Donne Chiesa Mondo”, ha sottolineato il direttore Vian. Donne in primo piano nella società e nella Chiesa, spiega la Scaraffia:

R. – Le donne sono al centro dei grandi problemi che travagliano l’umanità oggi. Però, le donne sono anche quelle che possono aiutare a risolverli, mentre invece non vengono mai ascoltate. E molto lo sono le donne che sono nella Chiesa, le religiose, le missionarie, ma anche le laiche. Noi vogliamo dare voce a queste donne, alle loro proposte, al loro punto di vista sulla realtà e sui problemi. Problemi che nel Seminario abbiamo inquadrato in tre grandi sezioni: la violenza sessuale, che è aumentata tantissimo negli ultimi decenni; la famiglia, di cui le donne sono state sempre il massimo sostegno ma anche al tempo stesso, con l’emancipazione, quelle che l’hanno in parte rovesciata; e l’identità, perché i cambiamenti storici impongono una revisione della definizione dell’identità maschile e femminile e vorremmo arrivare a fare proposte in questo senso.

D. – Tre temi di grande attualità e la Chiesa si fa, in questo caso, soggetto di frontiera. Chiesa che è anche sovente accusata di avere avuto e di avere ancora posizioni retrograde rispetto alla promozione della donna…

R.  – Questa è un’idea molto sbagliata. La Chiesa è quella che è più vicino alle donne in tutto il mondo, le donne violentate, le donne che soffrono, è quella che offre loro la possibilità di studiare e di fare dei lavori. In Occidente il problema è diverso e anche su quello cercheremo di far chiarezza in questo seminario.

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Altre udienze

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche il principe Alexander von Sachsen, con la famiglia, e il senatore José Mujica Cordano, con la consorte.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La carità non ammette indifferenza: ai vescovi dominicani in visita "ad limina" il Papa chiede di accogliere gli haitiani.

Per creare una cultura della pace: l'arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli stati, spiega cosa possono fare le religioni.

Mercati affamatori: Francesco M. Valiante sulla nuova pubblicazione di "Iustitia et pax".

Lucetta Scaraffia recensisce il romanzo di Dario Fertilio " L'anima del Führer: il vescovo Hudal e la fuga dei nazisti in Sud America".

La Chiesa di fronte alla condizione delle donne oggi: la conferenza stampa di presentazione del seminario internazionale organizzato dal mensile dell'Osservatore Romano, "donne chiesa mondo", dal 29 al 31 maggio alla Casina Pio IV in Vaticano.

Orientamenti, non restrizioni: Grazia Loparco su religiose in dialogo con la Curia romana.

Una vita esagerata: Ugo Sartorio su storie di consacrati.

Che non diventi il letto di Procuste: Ferdinando Cancelli sulla pratica di legare i malati psichiatrici e gli anziani.

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Oggi in Primo Piano



Yemen: due militari sauditi uccisi in un raid degli insorti

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Resta critica la situazione in Yemen. In un attacco al confine con l’Arabia Saudita, Paese che guida la coalizione internazionale intervenuta in territorio yemenita, sono rimasti uccisi due militari sauditi e altri cinque risultano feriti. Un’escalation legata al rinvio, nei giorni scorsi, dei colloqui di pace tra le parti mediati dalle Nazioni Unite. Benedetta Capelli ha raccolto in proposito il commento di Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi, Istituto di politica internazionale, ed esperto dell'area: 

R. – L’attacco è una conseguenza della ripresa violenta dei raid di questi giorni. E’ evidente che dal punto di vista sia degli insorti, sia della coalizione internazionale, vi è un inasprimento del conflitto.

D. – Questo si può mettere in relazione al fatto che i colloqui di pace sono stati rinviati?

R. – Assolutamente sì. E’ chiaro che da entrambe le parti non vi è la volontà prima di tutto politica di trovare una sorta di compromesso, comunque di rilanciare il dialogo. E, in secondo luogo, non vi sono le condizioni materiali per poter optare per un’azione diplomatica in questo momento. In più, il ruolo anche degli attori esterni che in un caso o nell’altro, Arabia Saudita e Iran, aiutano o comunque alimentano questo scontro tra le parti.

D. – Quale potrebbe essere a suo avviso un modo per far ripartire queste trattative di pace?

R. – Non c’è altra alternativa al dialogo che il dialogo. Si può tentare semplicemente una sorta di ricucitura dell’azione diplomatica da ambo le parti ma solo se c’è la volontà da ambo le parti, appunto, di tentare questa trattativa. Una soluzione potrebbe essere, come è stato fatto fino a poche settimane fa, una tregua umanitaria e magari da lì partire per poter successivamente approfondire i discorsi e rilanciare i dialoghi politici.

D. – L’Onu può giocare questo ruolo di mediatore oppure è un attore che non potrà essere incisivo nella ripresa delle trattative?

R. – In base all’esperienza recente, in gran parte delle crisi mediorientali la risposta sembrerebbe essere negativa. Tuttavia è innegabile il fatto che solo l’Onu come attore esterno può favorire il dialogo. Anche il nuovo rappresentante speciale delle Nazioni Unite ci sta provando con grande intensità. Tuttavia bisogna scontrarsi anche con le volontà dei singoli attori e dei "protagonisti" esterni che stanno influenzando notevolmente lo scontro all’interno del Paese.

D. – Per quanto riguarda la situazione umanitaria anche da questo punto di vista le cose stanno peggiorando: i profughi sono circa 545 mila e 8,6 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza sanitaria e di aiuti umanitari…

R. – La situazione è altamente drammatica. In poco più di due mesi si calcola che siano morte almeno duemila persone. E’ un numero straordinariamente alto. La situazione è drammatica perché i conflitti, perché si deve parlare di vari conflitti, all’interno dello scontro interetnico e religioso o comunque settario yemenita non aiutano sicuramente l’intervento anche umanitario, non ci sono le condizioni materiali sul campo. Le prospettive dunque non sono assolutamente positive.

D. – Iran e Arabia Saudita sono i due attori che stanno giocando una partita in Yemen ma effettivamente perché è così interessante questa ragione?

R. – Lo Yemen, come altre realtà mediorientali, rappresenta un teatro di scontro tra le due superpotenze regionali. Lo Yemen, come è stata la Siria e come lo è la Siria, com’è parzialmente l’Iraq, è un teatro in cui lo scontro tra queste due potenze è evidente perché ci sono realtà sunnite e sciite altamente presenti sia nel tessuto sociale che politico ed esercitano allo stesso tempo anche un potere economico. Questi due attori cercano di prevalere l’uno sull’altro influenzando le dinamiche politiche interne a questi Stati. Lo Yemen rientra all’interno di queste dinamiche regionali. Dal punto di vista strategico, l’importanza dello Yemen è relativa; è importante soprattutto dal punto di vista commerciale e delle rotte marittime, in una linea di congiunzione tra le rotte dell’Oceano indiano e quelle del Mar arabico che poi salgono su fino al canale di Suez.

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Siria, rapimento di padre Mourad: uomo di pace e umiltà

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“Un uomo di pace e di dialogo”. Così Sama An Daoud, cristiano di Damasco, definisce il suo amico padre Jacques Mourad. Il gesuita, della comunità  - fondata da padre Paolo Dall’Oglio - di Mar Musa, nella città di Qaryatayn, è stato rapito in Siria nei giorni scorsi dai miliziani del sedicente Stato Islamico (Is), dopo la caduta di Palmira nelle mani del 'Califfato'. Sui motivi del sequestro, sentiamo Sama An Daoud, intervistato da Fabio Colagrande: 

R. – Padre Jacques è un uomo di grande umiltà. L’ho conosciuto nell’88, quando studiava per diventare diacono al monastero di Mar Musa, dove padre Paolo Dall’Oglio, rapito dall’Is, iniziava a fare i restauri. Io portavo i gruppi scout per lavorare proprio al restauro del monastero. E così è nata tra me, padre Jacques e la comunità di Mar Musa una grande simpatia, un’amicizia. E’ un uomo che ha un cuore aperto a tutti, al dialogo. Lui è il parroco e ha l’incarico di guidare la comunità cristiana della zona di Qaryatayn. E’ stato, quindi, importante nel cercare di calmare la situazione: a Qaryatayn c’erano, infatti, pure gli infiltrati stranieri jihadisti e stava per iniziare una battaglia tra le forze del governo siriano e quelle integraliste. E’ stata la mano di padre Jacques a calmare la situazione e a far tornare la pace nel villaggio di Qaryatayn.

D. – Subito dopo la presa di Palmira, la scomparsa di padre Jacques. Secondo lei, perché è stato rapito?

R. – Stiamo entrando in un vero clima di tensione. L’Is sta avanzando nell’area desertica. La zona, infatti, e le tribù arabe presenti in quella zona hanno la stessa ideologia dell’Is. Palmira, dunque, è stata una conseguenza della caduta di Ramadi. Secondo me - è un’ipotesi - questo integralismo vuole ritornare al villaggio di Qaryatayn, che si trova a 100 km dalla città di Damasco. Qaryatayn è un luogo interessante e importante dal punto di vista militare e geopolitico per l’Is, per entrare nella Siria interna, verso la zona di Homs e di Damasco, e si vede che trovare un uomo, un sacerdote all’interno di una grossa comunità musulmana, dove è molto stimato e molto apprezzato dalla gente del posto, può creare dei disagi. L’Is lavora sempre dove c’è una tensione. A Qaryatayn allora le cose sono tornate calme, tranquille, sia da parte della gente del posto sia da parte del governo. L’Is, quindi, ha l’interesse di far scomparire padre Jacques.

D. – Diciamo quindi un uomo di pace, di dialogo, scomodo per le finalità dei terroristi?

R. – Assolutamente sì. Infatti due mesi fa lui è venuto a Damasco e abbiamo parlato proprio di quella situazione. Mi ha spiegato come sia riuscito a mantenere questa pace nella città di Qaryatayn, evitando una guerra. E’ stato bravissimo nel parlare con l’imam della comunità musulmana, nel parlare con l’autorità militare e politica. E’ così riuscito a mantenere questa pace. E per questo io gli avevo già detto due mesi fa: “Ti prego, stai attento”.

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Inchiesta Fifa, Putin: una manovra contro Blatter

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L’inchiesta dell’FBI sul mondo del calcio, con l’arresto di sette dirigenti della FIFA per corruzione, rischia di creare frizioni internazionali. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha affermato che “l’indagine americana è un chiaro tentativo di evitare la rielezione di Blatter. Sul presidente della FIFA – ha detto ancora il capo del Cremlino – sono state esercitate pressioni per boicottare i Mondiali di Calcio in Russia nel 2018”. A sua difesa, Blatter, che non è incriminato, ha sottolineato che “l’inchiesta è partita da un dossier della FIFA”. Su questo scandalo Giancarlo La Vella ha intervistato Massimo Achini, presidente del Centro Sportivo Italiano (CSI): 

R. - Per fortuna il giocattolo non rischia di rompersi, perché ci sono centinaia di migliaia di persone, allenatori, dirigenti di piccole società sportive, di oratorio, di quartiere o di periferia, che trovano nel sorriso dei ragazzi ogni volta la motivazione per ricominciare con più passione di prima. Però, è certo che queste cose provocano una grandissima tristezza e la mettono nel cuore di tante persone che amano il calcio e che rappresentano uno straordinario patrimonio educativo. Per cui quello che è accaduto - questa volta addirittura a livello mondiale - è davvero molto, molto grave.

D. - Secondo lei c’è l’impressione che sul mondo del calcio si stiano giocando altre partite, che nascondono altri interessi?

R. - Devo dire che la sensazione che sia così, cioè di un mondo del calcio che oramai a tanti livelli si piega sempre di più alle logiche del business e del denaro, è più che una sensazione: temo sia una triste realtà. Mi auguro, ad esempio, - e lo dico con molta umiltà - che Blatter faccia un passo indietro, perché è del tutto evidente che il mondo di oggi ha bisogno di testimonianze di responsabilità. Nel momento in cui sette dirigenti dell’entourage del calcio mondiale vengono arrestati è difficile dire: “Io non sapevo niente”. Ecco una testimonianza, come sarebbe il passo indietro di Blatter, alle imminenti elezioni della presidenza FIFA, vorrebbe dire: “Il mondo del calcio ha bisogno di ripartire”. E credo che sarebbe una cosa significativa.

D. - In definitiva più che di presidenti a vita il calcio ha bisogno di più democrazia?

R. - Il calcio ha bisogno di portare ai grandi livelli delle responsabilità dei dirigenti, l’entusiasmo e la passione educativa che c’è nel calcio di base. Io credo che questa sia la grande scommessa nel mondo di oggi: il calcio ha una base straordinariamente bella, ma poi, mano a mano che si sale nella filiera delle responsabilità, tutto questo scompare e sembra che le partite che si giochino siano altre. Allora io credo che la vera sfida del mondo del calcio sia quella di ripartire. Ci sono anche – e questo mi preme dirlo – tanti dirigenti che sono veramente brave persone e che hanno una sensibilità educativa molto alta, però c’è bisogno di ripartire da una classe educativa dirigente capace di coniugare lo spettacolo, l’inevitabile business che gira intorno al calcio di alto livello, ma senza rinunciare a quella passione educativa che è l’anima di questo sport. Persa quella, il calcio perde tutto. Credo che il mondo del football debba comprendere che deve reagire a tutto quello che sta accadendo con una grandissima voglia di trasparenza, di rinnovo, di affermazione dei veri valori, … E’ l’unica strada possibile per non farsi battere da se stesso, perché la grande paura è che il calcio perda contro il calcio.

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Israele: le scuole cristiane manifestano per sopravvivere

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In Israele le scuole cristiane chiedono uguali diritti e levano la voce contro il taglio dei finanziamenti, diminuti del 45% in dieci anni. Insegnanti, studenti e molti religiosi, tra cui i vescovi, hanno risposto con una manifestazione alla proposta del governo di assorbire gli istituti cristiani – che hanno un elevato livello didattico e sono frequentati da 30 mila studenti, per metà di altre religioni –  tra le scuole pubbliche, indebolendo così la loro identità, o di dichiararli scuole speciali costringendoli ad aumentare le rette. Eugenio Murrali ha intervistato padre Abdel Masih Fahim, direttore dell'ufficio scuole cristiane: 

R. – Secondo la legge, ogni studente israeliano può essere educato in qualsiasi scuola lui scelga e il governo deve restituire tutte le spese per la sua educazione. Il governo ci dà tra il 60 e il 70% del sussidio per ogni studente, e noi insegniamo il 132% di quello che è richiesto, mentre altre scuole insegnano meno e prendono il 100% o più. Il Governo ci ha dato due possibilità: diventare una scuola governativa e ottenere così il 100% dei finanziamenti, ma questo ci porta su una strada molto strana, perché non è la nostra missione quella di fare della nostra scuola un’imitazione di altre scuole, quanto all’insegnamento. Noi forniamo un’educazione speciale, un’educazione cristiana, nelle nostre scuole. Hanno poi proposto un’altra soluzione, ma quest’altra soluzione – di fare delle nostre scuole, delle scuole speciali – ci costringerebbe a chiedere rette scolastiche più alte ai genitori. Noi non siamo scuola per guadagnare, ma per fornire un servizio alla società.

D. – Quali sono le specificità della scuola cristiana in Israele?

R. – Prima di tutto dà importanza alla minoranza cristiana. Noi non vogliamo essere estranei alla società, ma nel medesimo tempo dobbiamo conservare la nostra tradizione cristiana, che non esiste e non c’è nelle altre scuole.

D. – Perché la scuola cristiana è importante per tutti, in Israele?

R. – E’ importante per tutti per l’educazione, per l’etica che trasmettiamo. E questo l’ha dimostrato la manifestazione pacifica che c’è stata ieri, a cui ha partecipato gente educata, gente che sa parlare bene, gente che non fa danni. Si è vista una cosa davvero meravigliosa ieri, che ha lasciato un segno a tutta la società.

D. – Quali sono i problemi che crea alle famiglie, questa mancanza di finanziamenti statali?

R. – Noi non vogliamo chiedere più soldi alle famiglie, perché loro non hanno le possibilità e perché noi vogliamo aiutare le famiglie, non essere contro di loro.

D. – Avete avuto problemi materiali nelle scuole?

R. – Sì: alcune scuole sono in deficit, altre non possono acquistare strumenti o apparecchi nuovi, alcune hanno progetti che sono fermi. Tutto questo non fa progredire le nostre scuole. Io non posso migliorare la mia scuola se prendo soltanto le spese che ci sono per i maestri: devo continuamente chiedere aiuti a destra e a sinistra e al mondo fuori, per aiutare le nostre scuole, mentre questi sono diritti per i nostri studenti. Il livello delle nostre scuole – in campo scientifico ed educativo – è molto alto, ma rischia di scendere, o saremo persino costretti a chiudere proprio le scuole. E questo è un punto al quale noi non vogliamo arrivare.

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Simposio Ginevra, Frattini: leader religiosi non predichino violenza

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Il prossimo Vertice umanitario mondiale, voluto dallo stesso segretario generale Ban Ki-moon e in programma a Istanbul nel prossimo anno, ha motivato il Sovrano Ordine di Malta ad organizzare a Ginevra, presso la sede delle Nazioni Unite, il Simposio “Religioni insieme per l’azione umanitaria”. All’iniziativa hanno partecipato tra gli altri Franco Frattini, presidente della Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOI), Giampaolo Cantini, direttore generale per lo Sviluppo e la Cooperazione all’interno del Ministero degli Affari Esteri. Insieme agli altri ospiti intervenuti, hanno riflettuto su quale risposta comune dare contro la violenza dilagante, in favore della riconciliazione, e cosa fare per le tante persone che ne sono vittime. Gabriele Beltrami ha intervistato sia Frattini che Cantini: 

D. – Presidente Frattini, in che modo le organizzazioni internazionali condividono l’azione umanitaria portata avanti da istituzioni a carattere confessionale?

R. – Non c’è contraddizione tra la collaborazione di una organizzazione umanitaria laica e una ispirata a motivi o a credo religioso. Entrambe possono e devono collaborare sulla base dei valori fondamentali della persona umana che deve essere al centro delle relazioni internazionali. Quindi, non contraddizione ma cooperazione.

D. – Quale strategia per affrontare gli estremismi religiosi che agiscono contro l’obiettivo comune della pacifica convivenza?

R. – La prima cosa che va detta è che quegli estremisti che commettono violenze o omicidi in nome della religione sono sacrileghi, stanno commettendo un atto blasfemo, offendono il nome di Dio, perché non ci sono religioni che incitano alla violenza. Come fare per comportarsi per prevenire? Più educazione, l’impegno nella scuola, dei bambini, dei giovani, che devono essere educati per prevenire la violenza. E poi il ruolo dei leader religiosi che devono parlare apertamente nelle loro prediche, nei loro sermoni, dicendo che nessuna religione può tollerare la violenza in nome di Dio.

D. - Giampaolo Cantini, come isolare gli estremisti?

R. – Un modo di isolare gli estremisti è sicuramente quello di creare una grande coalizione tra le organizzazioni che hanno uno sfondo religioso, l’organizzazione umanitaria a sfondo religioso. Le organizzazioni che veramente hanno un’ispirazione religiosa, che hanno motivazioni spirituali e valori religiosi alla loro base, devono aderire - la gran parte di loro già lo fa, ovviamente - ai principi di umanità, di neutralità, indipendenza e imparzialità dell’aiuto. Questo è il vero grande principio. Deve esserci una grande coalizione di organizzazioni internazionali, di Stati, di organizzazioni non governative, della società civile, a favore di questi principi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovi Australia: rispetto per i gay, ma non creare confusione sul matrimonio

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“Non creare confusione sul matrimonio”: si intitola così la lunga Lettera pastorale diffusa dalla Conferenza episcopale australiana (Acbc), per ribadire l’importanza del matrimonio tra uomo e donna. Articolato in 17 pagine, il documento -  spiegano i vescovi - nasce dal contesto attuale, in cui si riscontrano “tante discussioni sul significato del matrimonio” e si definisce “una discriminazione” non permettere le nozze omosessuali. Per questo, ribadiscono i presuli, è importante fare chiarezza.

Sbagliato chiedere equiparazione del matrimonio omosessuale
La Lettera pastorale parte da un principio essenziale: “il rispetto per tutti”, per ogni essere umano, in quanto creatura di Dio. Le persone omosessuali, quindi, “vanno trattate con rispetto, sensibilità, amore” e “nessuna ingiusta discriminazione, basata su sesso, religione, razza o età” può trovare la Chiesa d’accordo. Tuttavia, chiedere di equiparare il matrimonio omosessuale a quello tra uomo e donna “è sbagliato”, spiega la Chiesa di Sydney, perché si tratta di due cose diverse. “L’unione tra uomo e donna – infatti – è differente da altri tipi di unione: essa è un’istituzione designata a sostenere persone di sesso opposto nella fedeltà reciproca e nei confronti dei figli”. Perciò, “non è una discriminazione” riservare il matrimonio solo a questo tipo di unioni.

Matrimonio non è mero legame emotivo, ma unione onnicomprensiva
Al contrario, sottolineano i vescovi australiani, “è ingiusto, molto ingiusto, legittimare la falsa affermazione che non c’è distinzione tra un uomo o una donna, un padre o una madre; è ingiusto ignorare i valori peculiari portati avanti dal vero matrimonio; è ingiusto non riconoscere l’importanza, per i bambini, di avere una mamma ed un papà; è ingiusto cambiare, in retrospettiva, le basi sulle quali si sono sposate le persone in passato”. L’Acbc evidenzia, quindi, un punto importante: il matrimonio non è un mero “legame emotivo”, bensì “un’unione onnicomprensiva, finalizzata non solo al benessere dei coniugi, ma anche alla procreazione ed al benessere dei figli”. Soprattutto, prosegue la lettera, “ciò che permette che questo tipo speciale di unione tra un uomo ed una donna diventi un matrimonio è proprio la differenza e la complementarietà tra i coniugi”, il loro completarsi a vicenda. Per questo, affermano i vescovi australiani, “le relazioni tra persone dello stesso sesso sono una cosa molto diversa e considerarle alla stregua di un matrimonio significa ignorare i particolari peculiari che esso ha”.

La famiglia provvede alla stabilità sociale
“Bene fondamentale, caposaldo dell’esistenza umana, benedizione di Dio”, il matrimonio è al centro dell’attenzione della Chiesa cattolica perché esso è “il fondamento di una nuova famiglia ed ogni famiglia basata sul matrimonio è una cellula basilare della società”. Non solo: i vescovi australiani ricordano che “le famiglie provvedono anche alla stabilità sociale, creando amore e comunione, accogliendo la vita, curando i deboli, i malati e gli anziani”. Ed è proprio riconoscendo tale “ruolo cruciale per la crescita della comunità” che i governi riconoscono e regolamentano il matrimonio tra uomo e donna, mentre, ad esempio, non si occupano dei rapporti di amicizia tra le persone.

Tutelare il diritto dei bambini ad avere un padre ed una madre
Ma c’è anche un altro significato del matrimonio da non dimenticare, aggiungono i vescovi: quello religioso. Le nozze sono “un sacramento” di cui “Dio è l’autore”, e quindi “la Chiesa afferma che il matrimonio è un’istituzione non solo naturale, ma anche sacra”. Poi, l’Acbc richiama la necessità di “rispettare la dignità dei bambini”, ovvero “il loro naturale bisogno e diritto ad avere una madre ed un padre”, tanto che “numerosi studi affermano che l’assenza di un papà e di una mamma impedisce lo sviluppo dei minori”. In questo senso, “non creare confusione sul matrimonio significa anche non creare confusione nei bambini”, perché “ciò sarebbe gravemente ingiusto”, Tutto ciò, naturalmente, aggiunge la Lettera, non riguarda le famiglie monoparentali non intenzionali che, anzi, la Chiesa “cerca di aiutare nella loro eroica risposta ai bisogni dei figli”. 

Legittimare matrimonio omosessuale può aprire alla poligamia
I presuli australiani elencano, poi, dettagliatamente, numerosi esempi di violazione della libertà di coscienza e di credo, come quello di sacerdoti minacciati per aver difeso il matrimonio tradizionale. Senza tralasciare – si legge ancora nel testo - che “permettere i matrimonio omosessuali apre la strada alla legittimazione della poligamia, come già avvenuto in Brasile”.

Matrimonio non è un’etichetta, ma espressione del piano di Dio per umanità
La Lettera pastorale si chiude con un appello: “È tempo di agire – scrive la Chiesa di Sydney – perché il matrimonio non è semplicemente un’etichetta che può essere attaccata, di volta in volta, su diversi tipi di relazione, a seconda della moda del momento”. Esso ha, invece, “un significato intrinseco, naturale, antecedente alla legislazione statale” che “riflette il piano di Dio per l’umanità, la crescita personale di ciascuno, dei bambini e della società”. Di qui, l’invito “a tutte le persone di buona volontà a pregare ed a raddoppiare gli sforzi per sostenere il matrimonio” tradizionale, anche grazie alla testimonianza di coppie sposate. (A cura di Isabella Piro)

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Nepal: per sfollati del sisma pochi aiuti e allarme monsoni

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Il governo e le agenzie di aiuti hanno espresso timori per la carenza di riso, medicine e materiali necessari a dare un rifugio temporaneo a milioni di persone rimaste senza casa, in particolare nelle regioni più remote, dove molti villaggi sono accessibili solo a piedi e l’accesso sarà reso più difficile con l’arrivo delle piogge monsoniche nel giro di alcune settimane.

Fonti Onu: giunti solo 92,4 milioni di dollari
L’ondata di finanziamenti di emergenza arrivati dopo il terremoto del 25 aprile che ha causato la morte di migliaia di persone e ha lasciato più di 8 milioni nepalesi bisognosi di assistenza umanitaria - riferisce l'agenzia Misna - si è quasi esaurita: dei 423 milioni di dollari chiesti in un appello dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) finora sono giunti solo 92,4 milioni, al contrario, nel 2010, dopo il terremoto ad Haiti, erano stati raccolti 753 milioni in un mese e 275 milioni nel 2013, dopo che il tifone che colpì le Filippine.

Senza aiuti, migliaia di famiglie sotto le tende per proteggersi dai monsoni
Senza più fondi, secondo funzionari delle agenzie internazionali, molti appaltatori dovranno smettere di rimuovere le macerie entro 10 giorni, come pure l’assistenza medica a persone con lesioni debilitanti. Mentre la mancanza di materiali per costruire rifugi temporanei lascerà decine di migliaia di famiglie con solo teloni di plastica per proteggerli dal monsone.

Principali priorità: rifugi e istruzione per milioni di bambini
Fornire la costruzione di rifugi temporanei e l’accesso all’istruzione per milioni di bambini sono le principali priorità del piano concordato fra governo e agenzie internazionali di aiuto. Ma la pianificazione a lungo termine è anche importante e ci sarà bisogno di un finanziamento continuo per poter costruire meglio e in modo più sicuro. “Ora tutti sono coscienti dell’importanza di costruire in modo migliore e più sicuro, garantendo che il Nepal sia più resistente ai terremoti futuri e ad altri disastri. Per fare questo, è anche essenziale ‘costruire più verde’. Ciò è particolarmente importante dal momento che il Nepal ha un alto rischio di catastrofi naturali legati all’uso della terra e molti dei suoi abitanti sono fortemente dipendenti dalle risorse naturali e servizi eco-sistemici per il proprio sostentamento e la propria sicurezza” ha detto un funzionario del ministero dell’Ambiente, della scienza e della tecnologia. (P.L.)

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Burundi: la Chiesa si ritira dal processo elettorale

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La Chiesa cattolica non parteciperà alle elezioni legislative in Burundi: lo afferma un comunicato della Conferenza episcopale burundese. “Dopo aver preso in considerazione il modo nel quale le elezioni sono organizzate, noi vescovi della Chiesa cattolica, riteniamo che i preti si dimettano e cedano il posto a coloro che possono continuare il lavoro” ha dichiarato mons. Gervais Bashimiyubusa, vescovo di Ngozi e presidente della Conferenza episcopale del Burundi. Diversi sacerdoti occupano infatti posti importanti nelle Commissioni elettorali provinciali e comunali del Paese. “Non possiamo renderci garanti di elezioni piene di lacune” ha sottolineato mons. Bashimiyubusa.

Incertezza sulla data delle elezioni
“Non si sa ancora se e quando si terranno le elezioni legislative, inizialmente previste il 5 giugno” spiegano all’agenzia Fides fonti locali, che hanno chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza. “Solo due partiti stanno facendo campagna elettorale, tutti gli altri hanno deciso di boicottare la votazione”. Il 26 giugno sono previste le elezioni presidenziali alle quali intende presentarsi il Presidente Pierre Nkurunziza per ottenere un terzo mandato, in violazione della Costituzione e degli Accordi di Arusha, che hanno messo fine alla guerra civile durata 13 anni (1993-2006), provocando le proteste di piazza che da settimane paralizzano il Paese. 

Per i vescovi non ci sono le condizioni per votare
​“Tutti, partiti d’opposizione, società civile burundese, istituzioni africane e internazionali hanno detto che in queste condizioni non è possibile votare” sottolineano le fonti locali. “Le proteste contro l’ipotesi del terzo mandato del Presidente uscente continuano, sia nella capitale, Bujumbura, sia in alcune province” aggiungono le nostre fonti. “Polizia ed esercito impediscono a tutti di entrare nel centro di Bujumbura. Finora una trentina di persone sono state uccise negli scontri con la polizia che non esita ha sparare contro i dimostranti”. (L.M.)

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Madagascar: i vescovi denunciano la “cultura della corruzione”

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Il Presidente malgascio Hery Rajaonarimampianina ha affermato che non intende dimettersi ed ha contestato la mozione di destituzione votata dal Parlamento. In un messaggio televisivo alla nazione, Rajaonarimampianina ha affermato di “porsi delle domande sul rispetto delle procedure legali e sul rispetto della trasparenza”, lasciando intendere che alcuni deputati gli hanno votato contro perché “non avrebbe concesso loro gratuitamente dei veicoli fuoristrada”.

I vescovi parlano di "cultura della corruzione"
Il problema della corruzione d’altronde era stato denunciato dai vescovi nel loro messaggio del 13 maggio, reso noto dall'agenzia Fides, in cui affermano l’esistenza di “una vera cultura della corruzione”. I vescovi denunciano inoltre gli inganni elettorali (“si corrompe la scelta dei cittadini approfittando della loro innocenza, della loro ignoranza, della loro povertà”), e l’uso, nella lotta politica, di dossier illegali, basati spesso su menzogne, per mettere in prigione “coloro che cercano di resistere, fieri della loro libertà”.

L’autorità dello Stato non è più visibile
​Nel messaggio si denuncia inoltre l’esistenza di “persone mal intenzionate che cercano di turbare gli animi della popolazione” diffondendo “l’idea del tribalismo, della lotta di classe, senza parlare di una rivendicazione eccessiva della fierezza regionale o di lignaggio”. “Non dimentichiamo mai che formiamo una sola e unica nazione: la nazione malgascia” avvertono i vescovi. I presuli lamentano infine che la corruzione, la mancanza di giustizia e di servizi pubblici (in primo luogo di quelli sanitari), la proliferazione di armi sofisticate, fa sì che la popolazione sia lasciata in preda a reti criminali, sette, guaritori e “tribunali popolari. “L’autorità dello Stato non è più visibile. Le persone per difendersi e difendere le loro proprietà sanciscono dei patti tra abitanti dei villaggi che comportano diversi eccessi e ambiguità nella loro esecuzione”. (L.M.)

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Iraq. Mons. Warduni: fermare chi arma lo Stato Islamico

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“A Bagdad la gente comincia ad aver paura e a chiedersi: arriveranno anche qui? Nessuno si sente più al sicuro, e i cristiani sono – inutile dirlo – i più esposti a ritorsioni e violenze”: raggiunto telefonicamente dall'agenzia Misna il vescovo ausiliare caldeo a Baghdad, mons. Shlemon Warduni, descrive così l’atmosfera nella capitale che assiste attonita all’avanzata dello Stato Islamico nella provincia di Al Anbar.

Baghdad è ripiombata nella paura
La città, osserva il religioso, “sembra essere ripiombata alla situazione di un anno fa, quando addirittura si arrivò a temere la chiusura dell’aeroporto internazionale e diplomatici e stranieri dormivano con le valigie sotto il letto”. Da Ramadi, dove la scorsa settimana hanno inferto una pesante sconfitta alle truppe regolari, i combattenti del califfato guardano verso Fallujah e potrebbero presto dirigersi verso Bagdad. “Sarebbe una disgrazia” chiosa il vescovo, scegliendo con cura le parole. “Questa gente dice di agire in nome di Dio, ma quale Dio? Sono uomini senza coscienza e senza fede che uccidono i bambini e aggrediscono le donne. Nessun Dio può volere questo”.

L'avanzata dell'Is grazie a chi gli fornisce le armi
​Ieri il governo iracheno ha annunciato l’avvio di un’offensiva cruciale per le sorti del conflitto, volta a riprendere la città di Ramadi, a cui partecipano anche le Unità di mobilitazione popolare sciite e tribù sunnite. “Aspettiamo e preghiamo che l’offensiva vada a buon fine. Perché in questi ultimi tempi l’avanzata di questi nuovi barbari, dalla Siria all’Iraq, sembrava inarrestabile. Anzi, ci sarebbe da chiedersi come possono pochi uomini sconfiggere gli eserciti più equipaggiati della regione? Le loro conquiste sono rese possibili dalle potenze che li sostengono e gli vendono le armi. È a loro che diciamo: fermatevi!”. (A.d.L.)

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Malaysia: nuove misure per limitare le Bibbie con il termine “Allah"

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Nuove restrizioni in vista per la divulgazione di pubblicazioni cristiane con il termine “Allah” in Malesia. Dopo la sentenza con cui lo scorso 21 gennaio il Tribunale federale ha chiuso l’annoso contenzioso con il Governo del settimanale cattolico “Herald Malaysia” respingendo l’ennesimo ricorso presentato dalla Chiesa cattolica, il Governo ha annunciato nuove linee guida, secondo le quali le Bibbie e i testi religiosi cristiani in malay  potranno essere importate solo negli Stati orientali del Sabah e nel Sarawak e portate nella Malesia continentale dai cristiani ivi residenti esclusivamente per uso personale, previa autorizzazione di un organismo governativo.

Misure incostituzionali per i cristiani
Le nuove procedure – hanno spiegato le autorità malesi -  sono state decise dopo il sequestro, a novembre, di libri e Cd cristiani da parte della dogana dell’aeroporto di Kota Kinabalu a un pastore proveniente dall’Indonesia.  Secondo i leader cristiani, esse sono incostituzionali e contraddicono l’impegno assunto quattro anni fa dal premier  Najib Razak e confermato nel 2012 in una sua lettera al vescovo anglicano  Ng Moon Hing ad autorizzare la distribuzione di testi religiosi cristiani in tutto il territorio nazionale “L’autorizzazione richiesta alle religioni non musulmane per l’importazione di materiale religioso è una chiara violazione della Costituzione federale e dello spirito della soluzione” proposta dal Primo Ministro, ha dichiarato il presidente della Federazione cristiana della Malesia (Cfm), Eu Hong Seng, citato dall’agenzia Ucan. Un altro leader cristiano contesta l’idea che un organismo musulmano possa decidere cosa possono o non possono non leggere i fedeli cristiani: “L’impressione è che vogliano controllare quello che leggiamo sulla nostra fede”, ha detto.

In Malesia, nazione di oltre 28 milioni di abitanti in maggioranza musulmani, i cristiani sono la terza confessione religiosa con 2,6 milioni di fedeli, pari al 9% della popolazione, in larga parte concentrati negli Stati di Sarawak e Sabah. Un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall'inizio, il termine "Allah" era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale. (L.Z.)

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India: governo Modi reagisce alle violenze anti-cristiane

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Dopo i silenzi dei primi mesi, il Governo di Narendra Modi comincia a reagire alle violenze contro le minoranze religiose in India. Questa l’impressione di un gruppo di leader cristiani che nei giorni scorsi ha incontrato il Ministro delle finanze e della comunicazione Arun Jaitley. “L’indifferenza e il silenzio totale sugli attacchi contro la comunità cristiana ha ceduto il passo a una preoccupazione sincera”, ha dichiarato dopo l’incontro uno dei membri della delegazione, l’arcivescovo di Faridabad Kuriakose Bharanikulangara.

L’impegno del premier Modi per la tutela delle minoranze
Il cambio di marcia è in effetti cominciato lo scorso febbraio quando il premier Modi, leader del partito induista Bjp, sollecitato dai leader cristiani, ha condannato la violenza sulle minoranze religiose e promesso l’impegno per la tutela dei loro diritti.  In questo senso si muovono anche le dichiarazioni rilasciate in queste settimane da diversi esponenti del partito di maggioranza che hanno incontrato i leader cristiani. Anche il Ministro Jaitley – ha riferito mons. Bharanikulangara citato dall’agenzia Ucan - ha espresso la sua preoccupazione per gli attacchi, proponendo iniziative per migliorare i rapporti del Governo con la comunità cristiana. Tra le proposte quella di nominare una o due persone di riferimento della comunità cristiana incaricate di mantenere i contatti le autorità con le autorità indiane per segnalare i casi.

Segnali positivi secondo il portavoce dell’arcidiocesi di New Delhi
Secondo un altro partecipante all’incontro, padre Savarimiuthu Sankar, portavoce dell’arcidiocesi di New Delhi, si tratta di uno sviluppo positivo apprezzabile. “Il Ministro Jaitley ha dichiarato che come partito il Bjp non approva gli attacchi contro le comunità religiose, i discorsi di odio  e le conversioni forzate”, anche se – ha aggiunto - ha ammesso che il Governo non può intervenire sulle azioni e le parole dei suoi singoli membri. (L.Z.)

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Vescovi Cile: linee guida per i casi di abuso sessuale sui minori

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S’intitola “Cura e speranza. Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti dei minori”. È il testo presentato ieri dai vescovi cileni. Il segretario generale della Conferenza episcopale, mons. Cristian Contreras Villarroel, vescovo di Melipilla, ha spiegato durante la conferenza stampa di presentazione che fin dal 2002 la Chiesa cilena si è data come impegno prioritario di affrontare l’abuso sui minori, sia dentro la Chiesa sia nella società cilena. Mons. Alejandro Goic, vescovo di Rancagua e presidente del Consiglio nazionale per la prevenzione dell’abuso e l’accompagnamento delle vittime, ha affermato che “le linee guida sono il frutto di un processo avviato dalla Chiesa in uno dei momenti più dolorosi della sua storia”. 

Ttrasparenza e collaborazione della Chiesa con le autorità
​Secondo mons. Goic, “la Chiesa è chiamata ad avere un ruolo rilevante nel processo di accompagnamento delle vittime e riparazione. Oggi i nostri fratelli e le nostre sorelle esigono da noi pastori più solide garanzie che non c’è posto nel sacerdozio per alcun tipo di abuso su bambini, bambine e giovani”. Nelle linee guida il principio fondamentale è quello della tutela del minore e si prevedono da parte della Chiesa trasparenza e collaborazione con le autorità. Altri aspetti affrontati sono la massima attenzione nei processi canonici, la cura e l’attenzione per la vittima, strategie di prevenzione nel cammino della Chiesa e nella formazione dei futuri sacerdoti. Ogni persona che collabora in ambito pastorale all’azione della Chiesa dovrà impegnarsi ad aderire alle regole di prevenzione stabilite nel documento. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 148

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.