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Sommario del 26/05/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa ai Frati minori: il popolo vi ama! Siate poveri e umili

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Siate poveri e minori, come San Francesco vi ha chiesto nella Regola. Il richiamo del Papa a preservare la propria identità, rivolto ai partecipanti al Capitolo Generale dell’Ordine dei Frati minori, ricevuti oggi in udienza, nella sala Clementina in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti

“Minorità” e “fraternità” sono “elementi essenziale” della vostra identità, ha detto il Papa ai Frati Minori, accompagnati dal ministro generale, padre Michael Perry

“Minorità significa anche uscire da sé stessi, dai propri schemi e vedute personali; significa andare oltre le strutture – che pure sono utili se usate saggiamente – oltre le abitudini e le sicurezze, per testimoniare concreta vicinanza ai poveri, ai bisognosi, agli emarginati, in un autentico atteggiamento di condivisione e di servizio”.

Fraternità, per essere testimoni credibili del Vangelo, così come nella Chiesa delle origini, seppero mostrarsi i cristiani, “uniti nell’amore”, “disponibili nel dono e nel perdono vicendevole”, “solidali nella misericordia, nella benevolenza, nell’aiuto reciproco, unanimi nel condividere le gioie, le sofferenze e le esperienze della vita”:

“La vostra famiglia religiosa è chiamata ad esprimere questa fraternità concreta, mediante un recupero di fiducia reciproca – e sottolineo questo: fiducia reciproca – nelle relazioni interpersonali, affinché il mondo veda e creda, riconoscendo che l’amore di Cristo guarisce le ferite e rende una cosa sola”

“In questa prospettiva – ha raccomandato Francesco -  è importante che venga recuperata la coscienza di essere portatori di misericordia, di riconciliazione e di pace”:

“Realizzerete con frutto questa vocazione e missione se sarete sempre più una congregazione ‘in uscita’".

Ha ricordato poi il Papa che San Francesco ammoniva ed esortava ai suoi frati di andare per il mondo, senza litigare e giudicare gli altri. Esortazioni di “grande attualità anche per il nostro mondo di oggi”:

“Quanto è importante vivere un’esistenza cristiana e religiosa senza perdersi in dispute e chiacchiere, coltivando un dialogo sereno con tutti, con mitezza, mansuetudine e umiltà, con mezzi poveri, annunciando la pace e vivendo sobriamente, contenti di quanto ci è offerto”.

“Ciò richiede – ha sottolineato il Papa – un impegno deciso nella trasparenza, nell’uso etico e solidale dei beni, in uno stile di sobrietà e di spogliazione”:

 “O siete voi liberamente poveri e minori, o finirete spogliati”.

Quindi, il richiamo a confidare nello Spirito Santo per affrontare le sfide più urgenti: “Il calo numerico, l’invecchiamento e la diminuzione delle nuove vocazioni”. Infine, un incoraggiamento:

“Voi avete ereditato un’autorevolezza nel popolo di Dio con la minorità, con la fratellanza, con la mitezza, con l’umiltà, con la povertà. Per favore, conservatela! Non perdetela! Il popolo vi vuole bene, vi ama”.

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Il Papa: brutto vedere cristiani mondani, non si possono avere cielo e terra

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“E’ brutto vedere un cristiano” che vuole “seguire Gesù e la mondanità”. E’ il monito di Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che un cristiano è portato nella vita a fare una scelta radicale, non può esserci “un cristianesimo a metà”, non si possono avere “il cielo e la terra”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Pietro chiede a Gesù cosa avrebbero avuto in cambio i discepoli nel seguirlo, una domanda posta dopo che il Signore aveva detto al giovane ricco di vendere tutti i suoi beni e darli ai poveri. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo da questo dialogo di grande attualità.

Un cristiano non può avere il cielo e la terra, non attaccarsi ai beni
Il Pontefice ha subito osservato che Gesù risponde in una direzione diversa rispetto a quella che si attendevano i discepoli: non parla di ricchezze, promette invece l’eredità del Regno dei cieli “ma con persecuzione, con la croce”:

“Per questo, quando un cristiano è attaccato ai beni, fa la brutta figura di un cristiano che vuole avere due cose: il cielo e la terra. E la pietra di paragone, proprio, è questo che Gesù dice: la croce, le persecuzioni. Questo vuol dire negare se stesso, subire ogni giorno la croce … I discepoli avevano questa tentazione, di seguire Gesù ma poi quale sarà la fine di questo buon affare? Pensiamo alla mamma di Giacomo e Giovanni, quando chiese a Gesù un posto per i suoi figli: ‘Ah, questo me lo fai primo ministro, questo ministro dell’economia …’, e prese l’interesse mondano nel seguire Gesù”.

Ma poi, ha annotato Francesco, “il cuore di questi discepoli è stato purificato”, fino alla Pentecoste, quando “hanno capito tutto”. “La gratuità nel seguire Gesù – ha evidenziato – è la risposta alla gratuità dell’amore e della salvezza che ci dà Gesù”. E quando “si vuole andare sia con Gesù e sia con il mondo, sia con la povertà sia con la ricchezza – ha ammonito – questo è un cristianesimo a metà, che vuole un guadagno materiale. E’ lo spirito della mondanità”.

Ricchezze, vanità e orgoglio ci allontanano da Gesù
Quel cristiano, ha affermato riecheggiando il profeta Elia, “zoppica su due gambe” perché “non sa cosa vuole”. Quindi, ha evidenziato che per capire questo bisogna rammentare che Gesù ci annuncia che “i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi”, cioè “quello che crede o che è il più grande” si deve fare “il servitore, il più piccolo”:

“Seguire Gesù dal punto di vista umano non è un buon affare: è servire. Lo ha fatto Lui, e se il Signore ti dà la possibilità di essere il primo, tu devi comportarti come l’ultimo, cioè nel servizio. E se il Signore ti dà la possibilità di avere beni, tu devi comportarti nel servizio, cioè per gli altri. Sono tre cose, tre scalini che ci allontanano da Gesù: le ricchezze, la vanità e l’orgoglio. Per questo sono tanto pericolose, le ricchezze, perché ti portano subito alla vanità e ti credi importante. E quando ti credi importante ti monti la testa e ti perdi”.

Un cristiano mondano è una contro-testimonianza
La strada indicata dal Signore, ha proseguito, è quella dello “spogliamento”, come ha fatto lui: “Chi è primo fra di voi si faccia il servo di tutti”. A Gesù, ha detto, “questo lavoro” con i discepoli “costò tanto, tanto tempo, perché non capivano bene”. E allora, ha soggiunto, “anche noi dobbiamo chiedere a Lui: ‘Ci insegni questo cammino, questa scienza del servizio? Questa scienza dell’umiltà? Questa scienza di essere gli ultimi per servire i fratelli e le sorelle della Chiesa?”:

“E’ brutto vedere un cristiano, sia laico, consacrato, sacerdote, vescovo, è brutto quando si vede che vuole le due cose: seguire Gesù e i beni, seguire Gesù e la mondanità. E questo è una contro-testimonianza e allontana la gente da Gesù. Continuiamo adesso la celebrazione dell’Eucaristia, pensando alla domanda di Pietro. ‘Abbiamo lasciato tutto: come ci pagherai?’, e pensando alla risposta di Gesù. Il prezzo che Lui ci darà è la assomiglianza a Lui. Questo sarà lo ‘stipendio’. Grande ‘stipendio’, assomigliarci a Gesù!”.

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Francesco: Filippo Neri, il Santo della fede festosa

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Un uomo che con la sua gioia e il suo calore umano fece riscoprire al suo tempo che i pastori di anime “dovevano stare con il popolo” per guidarlo e sostenerlo nella fede. È una delle considerazioni con le quali Papa Francesco ricorda Filippo Neri, nel messaggio inviato alla Confederazione dell’Oratorio intitolata al grande Santo del Seicento, nel suo quinto centenario della nascita. Il servizio di Alessandro De Carolis

La sua fede profonda toccava il cuore di chi incontrava soprattutto attraverso il suo sorriso e la sua bonomia. In lui non c’era spazio per le pose austere che niente hanno a che fare col messaggio di gioia del Vangelo. Sono passati alla storia della Chiesa e di Roma il “calore umano”, la “letizia”, la “mitezza” e la “soavità” di Filippo Neri, che Papa Francesco descrive nel suo messaggio con toni di ammirazione e affetto, definendolo “luminoso modello della missione permanente della Chiesa nel mondo”.

Mai fosco né accigliato
Un sacerdote umile, che amava stare con il popolo, al cui apostolato si deve il fatto che, nella società del Seicento, “l’impegno per la salvezza delle anime tornava ad essere – scrive il Papa – una priorità nell’azione della Chiesa”. Un sacerdote innamorato di Cristo, che gli valse – nota Francesco – l’appellativo di “cesellatore di anime”, in particolare grazie alla “grande passione” con cui amministrava il Sacramento della Confessione. Un sacerdote paterno, il cui agire era “caratterizzato dalla fiducia nelle persone, dal rifuggire dai toni foschi ed accigliati, dallo spirito di festosità e di gioia, dalla convinzione che la grazia non sopprime la natura ma la sana, la irrobustisce e la perfeziona”.

Evangelizzare divertendo
“Si accostava alla spicciolata ora a questo, ora a quello e tutti divenivano presto suoi amici”, racconta il suo biografo e il Papa rammenta ancora che Filippo Neri “amava la spontaneità, rifuggiva dall’artificio, sceglieva i mezzi più divertenti per educare alle virtù cristiane, al tempo stesso proponeva una sana disciplina che implica l’esercizio della volontà per accogliere Cristo nel concreto della propria vita. Sua profonda convinzione era che il cammino della santità si fonda sulla grazia di un incontro – quello con il Signore – accessibile a qualunque persona, di qualunque stato o condizione, che lo accolga con lo stupore dei bambini”.

Figli della gioia di Filippo
Non accontentatevi di una “vita mediocre”, è l’invito che Francesco rivolge alla Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Alla “scuola del vostro Fondatore, siete chiamati ad essere uomini di preghiera e di testimonianza per attirare le persone a Cristo. Ai nostri  giorni, soprattutto nel mondo dei giovani, tanto cari a Padre Filippo, c’è un bisogno grande di persone che preghino e sappiano insegnare a pregare”. E soprattutto, conclude Francesco, conservate “questa gioia, caratteristica dello spirito oratoriano”, perché sia “sempre il clima di fondo delle vostre comunità e del vostro apostolato”.

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Sinodo. Papa presiede lavori su esame “Instrumentum laboris”

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Il Consiglio Ordinario del Sinodo dei Vescovi si è riunito nei giorni di ieri e oggi per preparare la 14.ma Assemblea Generale Ordinaria sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, che avrà luogo dal 4 al 25 ottobre prossimo. Il Consiglio, informa una nota pubblicata dalla Sala Stampa Vaticana, è stato presieduto da Papa Francesco, che “con la sua presenza ha sottolineato l’importanza che attribuisce al cammino sinodale in corso”.

Il Consiglio, prosegue il comunicato, ha “esaminato dettagliatamente” il progetto dell'"Instrumentum laboris" che risulta dalla "Relatio Synodi" dell’Assemblea Straordinaria, integrata con i numerosi apporti forniti dalle risposte alle domande contenute nei "Lineamenta" inviate dalle Conferenze episcopali e dagli altri Organismi aventi diritto, come pure da numerosi contributi di diverse realtà ecclesiali e di singoli fedeli pervenuti alla Segreteria generale. “L’ampio e approfondito esame del testo – si legge nella nota – ha offerto proposte e contributi per la sua integrazione e il suo miglioramento”. Il documento, così rivisto e condiviso dai membri del Consiglio, è stato dunque “affidato alla Segreteria Generale per la redazione finale, la traduzione in diverse lingue e la pubblicazione che avverrà fra poche settimane”.

Terminato l’esame dell'"Instrumentum laboris", conclude la nota della Sala Stampa, sono state presentate le proposte della Segreteria Generale per aggiornare la metodologia dei lavori del prossimo Sinodo dei Vescovi. (A cura di Alessandro Gisotti)

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Il Papa riceve il card. Baldisseri e mons. Fabene

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Francesco ha ricevuto in udienza il card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, con il sotto-segretario mons. Fabio Fabene, vescovo tit. di Acquapendente.

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Tweet Papa: visitiamo con affetto i nostri genitori anziani

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“Pratichiamo il quarto comandamento visitando con affetto i nostri genitori anziani”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex, seguito da oltre 20 milioni di follower.

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Centesimus Annus, ripresa senza lavoro. Tomasi: solidarietà per Grecia

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In Europa la disoccupazione è all’11.3%, con punte del 25% in Grecia e del 23% in Spagna. Dunque il pericolo è di una ripresa che non porti con sé posti di lavoro. Di questo si è parlato in Vaticano al convegno organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus su economia e vita sociale. Dall’Osservatore della Santa Sede a Ginevra mons. Tomasi arriva un invito a una maggiore solidarietà nei confronti della Grecia. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

La ripresa per la maggior parte dei Paesi europei e per le aree industrializzate è arrivata. Secondo il Fondo Monetario Internazionale il Pil globale dovrebbe crescere quest’anno del 3.5%. Eppure i posti di lavoro mancano. Insomma, l’economia sembra sempre meno a servizio dell’uomo, dicono dalla Fondazione Centesimus Annus. La riflessione dell'economista Enrico Giovannini:

R. - Sappiamo che una rivoluzione industriale distrugge inizialmente lavoro e magari crea lavoro in altre nuove attività. Il secondo rischio è che in un mondo globalizzato non è detto che si crei lavoro laddove questo è stato distrutto. Questo è il tema che riguarda la capacità di un Paese di essere innovatore, di essere in alto nella gamma dei prodotti, proprio per evitare di soffrire troppo della concorrenza di chi basa soltanto questa sui prezzi bassi, come per esempio i Paesi emergenti.

D. - In Italia, prendendo un po’ esempio dagli altri Paesi anglosassoni, si stanno applicando nuove normative sul lavoro: il "Jobs Act". Lei quanta fiducia ha in queste normative?

R. - In questo momento, questa normativa - anche perché è stato dato un forte incentivo fiscale - sta consentendo di trasformare i contratti a termine in contratti che si chiamano a tempo indeterminato anche se in realtà l’impresa può sempre sospenderli, ancorché pagando un’indennità al lavorare licenziato. Il punto è la struttura pubblica e non solo, anche privata, per le politiche attive del lavoro, cioè per aiutare le persone che perdono il lavoro a ritrovarlo. Par darle solo una cifra, in Germania c’è un sistema di 90 mila persone che si occupa di ritrovare lavoro alle persone che l’hanno perso; in Italia ne abbiamo circa ottomila, alcune delle quali hanno contatti a tempo determinato. Quindi va bene un certo tipo di flessibilità, ma solo nella misura in cui c’è un sostegno forte per le persone che sono in difficoltà. Questo riguarda non solo chi perde il lavoro ma anche chi è povero, magari non ha mai lavorato. Questa è la ragione per cui quando ero ministro ho molto spinto per questo reddito a un minimo condizionato e mi fa molto piacere che il Papa l’altro giorno durante l’incontro con le Acli abbia ritenuto che questa sia un’infrastruttura necessaria per una società moderna.

L’area dell’Euro è destabilizzata dalla situazione in Grecia, una crisi che per molti va governato. Di questa opinione anche mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra:

R. - Naturalmente un aspetto fondamentale dell’essere umano è anche quello di sentirsi solidale con gli altri perché è parte di quello che siamo: se noi partiamo da questa premessa, la solidarietà diventa una strategia anche politica che porta a conseguenze operative e pratiche che sono di beneficio per tutti. Quindi se c’è un Paese che ha dei problemi non è che isolandolo ci proteggiamo; ci proteggiamo partecipando ai problemi del Paese che è in crisi e aiutandolo a risolverli.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Nel chiostro del mondo: il Papa ai frati minori.

Il sogno di La Pira: in prima pagina, il cardinale Gualtiero Bassetti su unità della Chiesa e pace tra i popoli.

A piedi nella neve: Lucetta Scaraffia ricorda don Mario Sensi, parroco e storico della Chiesa, scomparso ieri a settantasei anni.

Mamma mi faccio prete: Maurizio Gronchi sul rapporto fra il ministro ordinato e le donne.

L'icona della locanda: il presidente della Casa della carità di Milano, Virgilio Colmegna, su storie di ospitalità e relazioni.

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Oggi in Primo Piano



Usa: maggior impegno in Iraq contro l'Is

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Tra Stati Uniti e Iraq sembrano ricomposte le frizioni sulla gestione della lotta al sedicente Stato Islamico. Dopo le critiche all’esercito di Baghdad nel fronteggiare i jihadisti, in una telefonata al premier iracheno Al Abadi, il vicepresidente americano Biden ha riconfermato l’impegno di Washington ad appoggiare le forze locali. Intanto il presidente del parlamento iracheno parla addirittura di scioglimento dell’esercito. Ma che cosa occorrerebbe per fronteggiare in modo efficace l’Is? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali: 

R. – Chiaramente servono forze di terra efficienti, che l’Iraq non è in grado di produrre e nel momento in cui le schiera in campo sono molto spesso percorse da tensioni di tipo settario, quindi accrescono – invece di diminuire – il contrasto con i sunniti, e quindi contribuiscono più a dividere che a unire. La situazione è abbastanza delicata: prima ancora che militare, è politica. Cioè, si tratta di capire che cosa fare una volta sconfitto lo Stato Islamico. Ma, a seconda di come lo si sconfigge, questo poi predetermina alcune soluzioni politiche, ma finora non è chiara la decisione su cosa fare dopo.

D. – Il sedicente Stato islamico sta operando praticamente su due fronti, in Iraq e in Siria. Qual è la situazione più pericolosa, secondo lei?

R. – La Siria ha meno appoggi dell’Iraq e, in compenso, Assad ha forze più agguerrite. In Iraq il pericolo, secondo me, non è tanto di una vittoria militare dell’Is, che mi sembra improbabile, quanto di un'ulteriore frammentazione del Paese. In ogni caso, comunque vada la situazione, è evidente che l’Is ha rimesso in discussione questi due Paesi e i loro confini. Ma è chiaro che se si incominciamo a ridiscutere tutte le frontiere, qui apriamo un vaso di Pandora molto pericoloso e molto probabilmente allunghiamo i tempi di soluzione della crisi. Ma è anche chiaro che non discutere le frontiere diventa sempre più difficile.

D. – Chi e che cosa c’è dietro allo strapotere dello Stato islamico?

R. – Ma c’è essenzialmente la fragilità e la debolezza della Siria e dell’Iraq, che fanno dello Stato Islamico qualcosa di più minaccioso e di più importante di quanto in realtà non sia. Abbiamo visto che ogni volta che l'Is si è scontrato con un esercito regolare, è stato fermato o è arretrato. Quindi non facciamolo più forte di quanto non sia. Chi c’è dietro? Beh, questo cambia a seconda delle situazioni tattiche. Il fatto è che in una situazione di questo genere, in cui non si sa quale sarà il futuro della Siria e dell’Iraq, si alimentano le aspirazioni di varie potenze regionali: della Turchia, dell’Iran, dell’Arabia Saudita … Quindi, a seconda di come queste pensano di poter giocare l’una contro l’altra, in alcuni casi questo potrebbe anche favorire l’Is.

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Euroscettici e calo Borse: Renzi chiede a Ue più efficacia

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Chiusura in calo ieri per le Borse europee e perdite per diverse Banche, in particolare in Italia, e ad eccezione di Londra. A pesare la crisi greca, con Atene che ieri ha confermato che pagherà il debito al Fondo monetario internazionale (Fmi) dopo aver annunciato il contrario. E c’è la tensione dopo il voto in Spagna e Polonia, che, pur in situazioni diverse,  ha fatto emergere le critiche all’austerity. Da parte sua, il premier italiano, Matteo Renzi, prende posizione con una lettera alle istituzioni europee. Il servizio di Fausta Speranza

"Unione Europea a un bivio: tra il tirare a campare e l'affrontare con determinazione le nuove sfide”. Renzi dà il suo contributo alla riflessione sulla riforma del sistema di governo dell'Unione economica e monetaria europea, interpellando Commissione, Consiglio, Bce, Eurogruppo e parlamento Ue. Una lettera in vista del prossimo Consiglio che di questo si occuperà. Le richieste non sono nuove: crescita e "misure per affrontare i costi sociali della crisi. Solo così – sottolinea Renzi – si migliora la fiducia dei cittadini nell'Ue. Il punto è che di fronte all’euroscetticismo, Renzi propone non meno Europa ma più Europa. La lettera è chiara: parla di rafforzare la governance comune di riforme e politiche di bilancio pro-crescita. Senza maggiore integrazione, avranno meno peso i pur significativi investimenti della Commissione. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Bce, con un focus preciso: Draghi chiede di rafforzare la condivisione dei rischi. Chiede “un’architettura istituzionale più efficace”, dove ci sia – precisa – un riequilibrio più cooperativo.

Dell'intrecciarsi del piano dell'economia finanziaria delle Borse con quello dell'economia reale Fausta Speranza ha parlato con Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all'Università Bocconi: 

R. – Oggi, l’Europa, dal punto di vista dell’economia reale, sta iniziando una lenta ripresa, una fase espansiva di ciclo – nell’ultimo trimestre l’Europa è cresciuta addirittura più degli Stati Uniti – però ovviamente questi sentimenti positivi che abbiamo ancora faticano a tradursi in effetti per tutti i cittadini, soprattutto in termini di tasso di occupazione. Questo evidentemente continua ad alimentare un certo euroscetticismo, un certo disincanto dei cittadini che alimenta un vuoto di protesta più nazionalista – più di destra in Polonia e più di sinistra e comunque di protesta in Spagna – oltre ovviamente al voto di Syriza in Grecia che ha destabilizzato un po’ il quadro dei rapporti tra Stati per Atene.

D. – In tutto questo, Draghi raccomanda più “condivisione di rischi”…

R. – Sostanzialmente, Draghi ha messo l’accento sul fatto che in questa fase di ciclo economico, con una politica monetaria così a supporto dell’economia – tassi d’interessi negativi, acquisto di titoli sul mercato da parte della Banca Centrale – è il momento in cui calcare di più la mano sulle riforme strutturali per migliorare la competitività dell’economia europea. E questo perché attraverso le riforme strutturali, attraverso la capacità delle economie europee di essere più flessibili e più in grado di reagire agli shock economici, si rafforza da un lato la crescita – perché questi due effetti andranno a interagire tra di loro quello della politica monetaria e quello delle riforme – e dall’altro anche si riducono in qualche modo i costi dello stare insieme nelle moneta unica, perché ogni singola economia potrà adattarsi più facilmente alle proprie situazioni. Prendiamo ad esempio la situazione dei salari bloccati al rialzo o al ribasso: se i salari non seguono un po’ il ciclo economico, evidentemente questo genera dei differenziali tra Paesi che poi creano tensioni tra i Paesi stessi.

D. – Dopo anni di austerity, adesso abbiamo una Commissione europea che fa scelte tipo gli ultimi investimenti abbastanza massicci, scelte un po’ nuove. Ma c’è comunque ancora bisogno di accompagnare questi investimenti con misure precise, vero?

R. – Sì, fondamentalmente è un po’ cambiato il tono. Non è un caso, ripeto, che il ciclo economico negli ultimi tre mesi abbia iniziato a migliorare. È cambiato il tono della politica monetaria che è diventata di nuovo espansiva con le ultime azioni di Draghi. E' cambiato, e finalmente si è chiuso, il processo di vigilanza bancaria e quindi il credito, piano piano, ha smesso di contrarsi. In alcuni Paesi, ha già cominciato a salire – in Italia è ancora a zero perché abbiamo il problema delle sofferenze bancarie – ma dovrebbe iniziare a mostrare segni di ripresa nei prossimi mesi. Anche il tono della politica fiscale è tornato in territorio neutrale, cioè non frena più la crescita. Bisogna ovviamente fare di più, però. Si fatica in questo momento a farlo a livello centrale: al momento va fatto a livello dei singoli Stati nazionali, dove il patto che la Commissione fa con gli Stati membri è chiaro: potete spendere di più se fate riforme. Più riforme  fate – lavoro, scuola, giustizia, parlando all’Italia – più potrete allentare i vincoli di finanza pubblica. Questa evidentemente è un po’ la strada che stiamo seguendo. In Italia, Matteo Renzi in queste ultime ore dice: “Dobbiamo fare di più anche a livello europeo”. Per questo ci sarà una riunione del Consiglio europeo a fine giugno, in cui si inizierà a parlare di politica fiscale comune europea. Ovviamente, è una strada lunga, difficile, con tante necessità di conciliazioni di elementi politici. Ma stiamo andando in quella direzione.

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Burundi. Il Vis: Paese diviso, diamo ai giovani un mestiere

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Il governo del Burundi ha invitato i suoi connazionali alla “solidarietà nazionale” e ha aperto una sottoscrizione pubblica per finanziare le prossime elezioni. Intanto, il Paese continua a essere scosso., ormai da molte settimane, da un vasto movimento di protesta popolare, principalmente concentrato nella capitale Bujumbura, contro la candidatura a un terzo mandato di presidente uscente, Pierre Nkurunziza. Le violenze che hanno accompagnato la protesta hanno già causato una trentina di morti. In questo scenario, si muove il Vis, il Volontariato internazionale per lo sviluppo, con i suoi progetti di solidarietà. Lucas Duran ha raggiunto telefonicamente a Bujumbura il rappresentante del Vis per il Burundi, Daniele De Angelis

R. – Qui la situazione può evolvere rapidamente. Probabilmente le elezioni ci saranno, ma questo terzo mandato è in ogni caso molto discusso sia a livello di giuristi, sia della comunità internazionale… C’è chi si appoggia agli Accordi di Arusha e dice quindi che i mandati sono due. La Costituzione parla di mandati a suffragio universale, mentre il primo mandato dell’attuale presidente fu fatto con i due terzi dei votanti a favore… Per cui, da una parte c’è il partito al potere che dice che ha diritto a un terzo mandato, dall’altra parte ci sono invece la comunità internazionale, la società civile, i partiti dell’opposizione e la Chiesa cattolica che hanno già detto che non ha il diritto ad un terzo mandato.

D. – Peraltro, nel Paese non si arresta neanche il numero di sfollati che cercano rifugio. Qual è la situazione del Paese?

R. – La tensione a Bujumbura è crescente, anche perché ci sono migliaia di persone che ogni giorno si affollato alle frontiere per avere dalla Polizia dei salvacondotti per andare in altri Paesi. Molti burundesi, anche qui in città, hanno mandato i figli e la famiglia all’esterno, sia in Congo e sia in Rwanda, a Kigali. Per quanto riguarda la zona rurale, la popolazione che teme rappresaglie e che ha già vissuto ed è ancora traumatizzata da dieci anni di guerra civile, ha paura di questa guerra e fugge.

D. – Quali sono le attività che voi svolgete in Burundi e qual è la fotografia, alla stato attuale, dei vostri progetti e della vostra azione?

R. – Noi, come Vis – un’Associazione di matrice salesiana – ci occupiamo soprattutto di giovani: in Burundi, circa il 50% della popolazione ha meno di 25 anni e per la maggior parte si tratta di giovani che non ha avuto la possibilità di continuare gli studi e che cerca ora un futuro e un avvenire per la propria vita, imparando un mestiere. È a questi giovani noi ci rivolgiamo con i nostri progetti. Adesso stiamo cercando di organizzarci in maniera di poter continuare questo nostro progetto e far sì che non venga interrotto. Alla fine, di tutti i problemi sono i giovani e le fasce più povere della popolazione che ne subiranno le conseguenze.

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Nigeria. Unicef: Boko Haram sfrutta i bambini-kamikaze

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Ancora raid nel nordest della Nigeria, dove l’esercito ha bombardato quattro villaggi al confine del Camerun, controllati dalle milizie islamiche di Boko Haram. Intanto, l’Unicef comunica che nei primi cinque mesi del 2015 tre quarti dei 27 attentati suicidi avvenuti nel Paese sono stati commessi da donne e bambini. Il servizio di Michele Raviart: 

Continuano i tentativi dell’esercito nigeriano di riconquistare i villaggi controllati dalla setta islamica Boko Haram. Pochi giorni fa l’ultimo raid, in cui sono stati rasi al suolo quattro villaggi nello Stato del Borno. Ancora non è stato ufficializzato il numero delle vittime degli attacchi, che sono durati sei ore. Molti civili erano già scappati in Ciad e Camerun all’arrivo degli islamisti e anche i sopravvissuti ai raid governativi hanno trovato rifugio oltreconfine. Intanto, nello stato di Adamawa, dichiarato “liberato” dell’esercito lo scorso marzo, dieci persone sono state uccise a colpi di machete da Boko Haram. Esercito e islamisti combattono nella foresta di Sambisa e alcune zone sono state messe in sicurezza.

Riferisce l’agenzia Misna che la maggior parte dei 25 sacerdoti della diocesi di Maiduguri, fuggiti a causa di Boko Haram, sono potuti rientrare e hanno ricominciato a gestire seminari e collegi. La crisi però continua e a farne le spese sono i più deboli. Secondo l’Unicef, sono 743 mila i bambini sradicati dalle loro famiglie nei tre Stati in cui Boko Haram è più forte. In aumento anche gli attentati suicidi: nel 2014 erano stati 26, mentre quest’anno sono già 27. La maggior parte di questi commessi da minori. “I bambini sono le prime vittime, non i responsabili”, spiega il rappresentante Unicef in Nigeria Jean Gough, “sono sfruttati intenzionalmente dagli adulti, nel modo più terribile possibile".

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Lavoro e disabilità: le iniziative della Comunità di Sant’Egidio

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“Valgo anch'io: la disabilità come risorsa nel mercato del lavoro”. Questo il titolo del convegno a Roma promosso dalla Comunità di Sant’Egidio in occasione della conclusione del progetto che ha permesso a 50 giovani con disabilità di formarsi professionalmente ed entrare nel mondo della ristorazione. Il servizio di Alessandro Filippelli

Disabilità e lavoro, una realtà da affrontare, un diritto da garantire. I disabili dimostrano di poter essere non un peso né un problema da risolvere in tempi migliori ma una risorsa per il Paese. Il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili previsto dalla legge 68/99 è stato una delle principali innovazioni introdotte. Un valido strumento a favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori disabili. Il commento di Luigi Bobba, sottosegretario del ministero del Lavoro:

“C’è un finanziamento di cui questa legge gode ogni anno e che fa sì che le imprese che sono tenute a corrispondere delle quote obbligatorie, abbiano una riduzione dei costi delle persone che vengono inserite e che hanno una disabilità. Poi c’è il lavoro straordinario che fanno le cooperative sociali di tipo B che hanno proprio come missione l’inserimento lavorativo di persone disabili. È un’esperienza straordinaria che molti Paesi ci hanno copiato. Naturalmente questo tipo di imprese hanno dei particolari vantaggi fiscali e nella contribuzione previdenziale. È un po’ la via italiana per fare inserimento lavorativo”.

A Roma la “Trattoria degli Amici”, un ristorante nel cuore di Trastevere, progetto della Comunità di Sant’Egidio, è una risposta concreta per favorire l'inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro. Ce ne parla Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

“È un ristorante di grande successo che si è collegato ora ad altri ristoranti in Puglia, in Italia e nella stessa Roma, dove l’inclusione di persone con disabilità è un valore aggiunto, perché sono persone contente di lavorare che entrano nel mondo del lavoro – come qualcuno diceva con un’espressione un po’ colorita – “cariche”. È un cocktail vincente, perché oltre alla loro simpatia, alla loro voglia di lavorare, creano nell’ambiente di lavoro sia nei clienti sia nei loro compagni di lavoro quell’amicizia, quella voglia di aiutarsi, di venirsi incontro, che supera l’atteggiamento competitivo e che crea veramente un ambiente di lavoro umano e inclusivo”.

Un progetto la cui scommessa è quella di riscoprire il lavoro come occasione di dignità. Ne è testimone Maurizio uno dei protagonisti dell’ormai più che decennale “Trattoria degli Amici”:

“La mia esperienza di lavoro è iniziata 23 anni fa, sono uno dei fondatori della Trattoria degli Amici. All’inizio era una piccola esperienza lavorativa, ma poi andando avanti abbiamo trovato dei locali più grandi, ci siamo allargati ed abbiamo potuto far entrare altre persone disabili che come me hanno voluto fare quest’esperienza lavorativa. Dal futuro mi aspetto che altre attività come le nostre possano nascere ed che altre persone disabili possano entrare nel mondo della ristorazione”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: croci distrutte e chiese vandalizzate dopo il ritiro dell'Is

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Le milizie jihadiste del sedicente Stato Islamico (Is) si sono ritirate dai villaggi lungo il fiume Khabur, nella provincia siriana nord-orientale di Jazira, che avevano occupato lo scorso 23 febbraio costringendo alla fuga di massa la popolazione locale, formata in maggioranza da cristiani assiri. Fonti locali confermano all'agenzia Fides che il ripiegamento dei miliziani dell'Is è stato provocato dall'intensificarsi dei raid aerei realizzati dalle forze della coalizione a guida Usa contro le postazioni dei jihadisti, in supporto alla controffensiva di terra compiuta dalle milizie curde. Le formazioni militari curde e assire entrate nei villaggi abbandonati hanno riferito a fonti locali di aver trovato le chiese devastate e le case saccheggiate, con le croci divelte dai luoghi di culto cristiano e slogan anti-cristiani dipinti sui muri.

Prima Messa nella chiesa assira. Incertezza sui 230 cristiani ostaggio dell'Is
​Secondo quanto riferito dall'agenzia Ara News, una parte delle famiglie assire che avevano trovato rifugio a Hassakè hanno già fatto ritorno nel villaggi di Tel Tamar, dove la campana della chiesa assira è stata ripristinata e i suoi rintocchi hanno dato il segnale della prima Messa celebrata dopo l'esilio forzato. Mentre permane l'incertezza sulla sorte dei più di 230 cristiani che i miliziani dell'Is hanno preso in ostaggio al momento della loro offensiva nella valle del Khabur, deportandoli nelle proprie roccaforti. (G.V.)

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Pakistan. Avvocati cristiani: abolire legge sulla blasfemia

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Resta alta la tensione nel quartiere di Sanda, a Lahore, teatro di violenza anticristiana domenica scorsa. Dopo un caso di presunta blasfemia (di cui è accusato un cristiano), la folla ha cercato di farsi giustizia da sola e, istigata da un imam locale, ha poi rivolto la propria rabbia contro le case dei cristiani. La polizia ha controllato a fatica la violenza, usando anche lacrimogeni. Nella bagarre un ufficiale di polizia è stato ferito in modo non grave.

La legge sulla blasfemia viene utilizzata contro i cristiani
Oggi l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, difensore dei diritti umani, ha visitato le zone colpite e ha incontrato alcuni dei residenti. “Sono terrorizzati e spaventati” racconta all'agenzia Fides. “E’ diventato difficile per i cristiani vivere con i musulmani, specialmente quando la legge sulla blasfemia viene abusata. Questa legge viene utilizzata contro i cristiani per metterli sotto scacco. Chiediamo dei passi alla comunità internazionale perché in Pakistan si possa giungere alla sua abolizione”.

La legge sulla blasfemia è utilizzata per vendette
L’incidente giunge circa due mesi dopo l’attacco suicida contro due chiese nel quartiere cristiano di Youhanabad, dove si vive in un clima di paura. Nasir Saeed, Direttore dell’Ong Claas, dice in una nota inviata a Fides: “A nessuno dovrebbe essere permesso di prendere la legge nelle proprie mani. Gli attacchi di massa contro intere comunità mostrano che l’odio contro i cristiani è in crescita. La legge sulla blasfemia è ampiamente utilizzata per vendette, ma il governo non è ancora riuscito a prendere provvedimenti per fermare l'uso improprio della legge e garantire sicurezza ai cristiani. Se non si puniscono i responsabili, di fatto si incoraggiano quanti attaccano impunemente quartieri cristiani e chiese”. (P.A.)

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Vescovi Congo: basi jihadiste nell'Est. Tentativo di rapire un vescovo

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“Un clima di genocidio, un focolare d’integralismo jihadista e un processo di balcanizzazione”. Sono questi “i tre pericoli maggiori” denunciati dall’Assemblea episcopale provinciale di Bukavu (nell’est della Repubblica Democratica del Congo) in un messaggio pubblicato al termine della loro assemblea, ripreso dall’agenzia Fides. I vescovi sottolineano che nella loro Provincia Ecclesiastica “innumerevoli gruppi armati si comportano da predatori nei confronti di popolazioni lasciate a sé stesse” e denunciano i crimini contro l’umanità da loro commessi (comprese mutilazioni di bambini e sventramento di donne incinte).

Gruppuscoli jihadisti addestrano le reclute al terrorismo
I vescovi denunciano inoltre l’installazione nel massiccio del Ruwenzori di “gruppuscoli che inoculano lo spirito jihadista alle loro reclute che addestrano al terrorismo internazionale. La loro base è formata da persone di diversa nazionalità che si sono stabilite in campi di addestramento chiamati Medina, Canada e Parking Kaza Roho. Si sono aggiunti dei giovani congolesi, ingannati da reclutatori senza scrupoli che promettono loro borse di studio per il Medio Oriente, l’Europa e il Canada. La comunità internazionale si limita ad osservare con i suoi droni (si fa riferimento ai droni usati dalla Missione Onu in Congo - la Monusco”. 

Focolai di integralismo religioso e basi di addestramento terroristico
“Bisognerà attendere che questa situazione degeneri perché un domani questa stessa Comunità Internazionale faccia piovere un diluvio di fuoco sulla regione con il pretesto di combattere il jihadismo?” chiedono i vescovi, secondo i quali è in atto “una strategia di dislocamento forzato delle popolazioni per occuparne progressivamente le terre e installare focolai di integralismo religioso e basi di addestramento terroristico”. “Questo avviene in un contesto di mafia economica e di affarismo politico-militare, alimentato dal saccheggio su grande scala delle abbondanti risorse minerarie, forestali, animali e petrolifere”.

Tentativo di rapimento del vescovo di Kasongo
​A farne le spese è anche la Chiesa. Il documento denuncia il tentativo di rapimento di mons. Placide Lubamba, vescovo di Kasongo, avvenuto il 12 maggio a Lulingu-Shabunda. Inoltre i vescovi ribadiscono: “Siamo indignati per il silenzio sui tre padri assunzionisti rapiti il 19 ottobre 2012. Sono vivi o morti ?”. “Lo Stato - denuncia il documento - lascia marcire la situazione dell’Est. Abbiamo difficoltà a comprendere le ambiguità, le tergiversazioni e i paradossi del nostro governo”. I vescovi concludono chiedendo allo Stato congolese e alla comunità internazionale di agire per proteggere le popolazioni locali. (L.M.)

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Colombia. Card. Salazar Gómez: basta morti! Trovare un accordo

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L'arcivescovo di Bogotà, il card. Rubén Salazar Gómez, parlando alla stampa locale ha ribadito che la guerra deve finire e che si deve arrivare al più presto ad un accordo tra il governo e le Farc. Come segnala la nota ripresa dall'agenzia Fides, il cardinale ha detto espressamente: "Basta! Niente più morti! Credo che sia un campanello d'allarme perché i negoziatori prendano sul serio che non possono continuare indefinitamente a risolvere piccoli o grandi differenze sul tavolo del dialogo a L'Avana. Bisogna arrivare al più presto possibile a mettere fine al conflitto, in modo che non ci sia più neanche un morto!".

Ripresi i colloqui di pace a L'Avana
Le delegazioni del governo colombiano e delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) hanno ripreso ieri i negoziati di pace a L’Avana, dopo alcuni giorni di tensione. Il 22 maggio infatti i guerriglieri avevano preso la decisione di sospendere il cessate il fuoco in vigore dal dicembre del 2014 dopo che 26 dei suoi combattenti erano stati uccisi in un’offensiva dell’esercito colombiano. Altri cinque guerriglieri sono stati uccisi in un nuovo raid questo fine settimana.

La pace non sarà mai raggiunta inasprendo il conflitto
​Secondo dati raccolti da Fides un membro della delegazione delle Farc, Pablo Catatumbo, ha dichiarato: “Senza dubbio gli avvenimenti della settimana scorsa sono un passo indietro nei progressi fatti finora al tavolo dei negoziati. Questa è la strada sbagliata, ed è ovvio che la pace non sarà mai raggiunta con un aumento del conflitto”. Nel fine settimana l’esercito colombiano si è mobilitato in vista di una possibile ripresa del conflitto. (C.E.)

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Chiesa Argentina: fare politica con integrità morale

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Nella cattedrale di Buenos Aires e nella basilica di Lujan, è stato celebrato ieri, secondo la tradizione, il Te Deum in occasione della Festa nazionale per l'anniversario della Rivoluzione di Maggio. A presiedere il rito l’arcivescovo di Buenos Aires, il card. Mario Aurelio Poli, e l'arcivescovo di Mercedes e Lujan, mons. Agustín Roberto Radrizzani, alla presenza delle massime autorità dello Stato: la Presidente Cristina Kirchner a Lujan e Mauricio Macri, capo dell’opposizione, a Buenos Aires.

Governare con saggezza, contro l'ingiustizia e l'oppressione
Secondo la nota pervenuta all'agenzia Fides da una fonte locale, il messaggio lanciato dai due arcivescovi ha avuto un unico tema: lasciarsi alle spalle le divisioni, la lotta e gli odi, rifiutare l'idea di "avversario e di nemico". Il card. Poli, successore nell’incarico all'arcivescovo Jorge Bergoglio, ha chiesto ai candidati alla presidenza, tra cui Mauricio Macri, che erano presenti, "di prendersi il Paese sulle spalle" e di cercare di esercitare l'arte della politica "con integrità morale, dimenticando i propri interessi, con saggezza, contro l'ingiustizia e l'oppressione".

La Presidente Kirchner si è recata a  Lujan
L'anno scorso, dopo 10 anni di assenza, la Presidente Cristina Kirchner aveva partecipato al Te Deum per la festa nazionale nella cattedrale metropolitana, ma quest’anno, anno elettorale, per diversi motivi ha preferito recarsi a Lujan. (C.E.)

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Gregoriana: vescovi e teologi a confronto sulla famiglia

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Su invito dei presidenti delle Conferenze episcopali di Francia, Germania e Svizzera, un gruppo di vescovi di questi tre Paesi – tra i quali molti Padri sinodali - si sono incontrati ieri con teologi, collaboratori della Curia romana e giornalisti per una giornata di studio sulla famiglia all’Università Gregoriana. Proseguendo i lavori dell’incontro annuale delle presidenze dei tre episcopati svoltosi a gennaio a Marsiglia, i 50 partecipanti hanno discusso i temi del prossimo Sinodo sulla famiglia a ottobre con l’obiettivo di arricchire la riflessione sui loro fondamenti biblici e teologici e di mettere a fuoco le problematiche al centro dell’attuale dibattito sul matrimonio e la famiglia. 

Il senso delle parole di Gesù sul divorzio
La prima parte della giornata è stata dedicata all’interpretazione biblica cattolica delle parole di Gesù sul divorzio: si è discusso del senso intrinseco di queste parole e nel contesto più ampio dell’annuncio del Regno di Dio e della Tradizione della Chiesa, alla luce della Costituzione conciliare “Verbum Dei”, secondo la quale la comprensione cristiana della Tradizione si sviluppa nella storia, sulla base del discernimento dei fedeli delle realtà spirituali e attraverso l’insegnamento del Magistero.

Il dialogo tra teologia e scienze umane
La seconda parte dell’incontro ha sviluppato una riflessione sulla teologia dell’amore e in particolare sulla sessualità come linguaggio dell’amore e dono prezioso di Dio. Questa teologia – è stato evidenziato - è in attesa di nuove proposte frutto di un più intenso dialogo tra la teologia morale tradizionale e i migliori contributi dell’antropologia contemporanea e delle scienze umane.

Le sfide della pastorale familiare oggi
Nell’ultima parte della Giornata i partecipanti si sono soffermati sulle crescenti difficoltà incontrate dall’individuo nella costruzione responsabile della propria vita nel complesso contesto pluralista delle società contemporanee.  Una costruzione resa più delicata dall’abbandono dei valori tradizionali e in cui i progetti personali e i giudizi di coscienza hanno un peso importante. Tutti questi fattori - è stato rilevato - hanno un impatto rilevante sulla comprensione morale della vita e rappresentano altrettante sfide per la pastorale coniugale e familiare oggi. Le discussioni e le relazioni hanno evidenziato sensibilità diverse, ma hanno anche messo in luce che il dibattito teologico sul futuro del matrimonio e della famiglia è necessario e promettente. (A cura di Lisa Zengarini)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 146

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.