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Sommario del 30/06/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: ebrei e cristiani sono "amici e fratelli"

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La Dichiarazione conciliare “Nostra aetate” 50 anni fa contribuì in modo decisivo a inaugurare una stagione di “amicizia e comprensione reciproca” nel dialogo tra cattolici ed ebrei. Lo ha ribadito Papa Francesco nel ricevere in udienza una folta delegazione dell’International Council of Christian and Jews”, una federazione di associazioni impegnate a favorire i rapporti tra le due comunità. Il servizio di Alessandro De Carolis

Se oggi ci possiamo dire “amici e fratelli”, "e non più estranei" è perché ha prevalso quella volontà di dialogo che ha trovato sponda nel Vaticano II. Nella Sala Clementina siedono ad ascoltare Papa Francesco 250 membri del cartello di sigle impegnate nel dialogo ebraico-cristiano nel mondo e radunate all’interno dell’International Council of Christian and Jews.

Dalla diffidenza alla fraternità
L’occasione è il Convegno organizzato da questo organismo per il 50.mo della Dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, che cambiò per sempre il volto del dialogo tra la Chiesa e il mondo ebraico. E proprio sul valore di questo documento – che rappresentò il “‘sì’ definitivo alle radici ebraiche del cristianesimo ed il ‘no’ irrevocabile all’antisemitismo” – si sofferma Francesco rendendo “grazie a Dio – dice – per tutto ciò che di buono è stato realizzato in termini di amicizia e di comprensione reciproca in questi cinquant’anni, perché il Suo Santo Spirito ha accompagnato i nostri sforzi di dialogo”:

“La nostra umana frammentarietà, la nostra diffidenza e il nostro orgoglio sono stati superati grazie allo Spirito di Dio onnipotente, così che tra noi sono andate crescendo sempre più la fiducia e la fratellanza. Non siamo più estranei, ma amici e fratelli”.

Tutti i cristiani hanno radici ebraiche
Del resto, sottolinea il Papa, “i cristiani, tutti i cristiani, hanno radici ebraiche”. E per questo motivo, riconosce, “fin dalla sua nascita, l’International Council of Christians and Jews ha accolto le varie confessioni cristiane”. Pur “con prospettive diverse”, afferma Francesco, confessiamo “lo stesso Dio, Creatore dell’universo e Signore della storia. Ed Egli, nella sua infinita bontà e sapienza, benedice sempre il nostro impegno di dialogo”:

“Le confessioni cristiane trovano la loro unità in Cristo; l’ebraismo trova la sua unità nella Torah. I cristiani credono che Gesù Cristo è la Parola di Dio fattasi carne nel mondo; per gli ebrei la Parola di Dio è presente soprattutto nella Torah. Entrambe le tradizioni di fede hanno per fondamento il Dio Unico, il Dio dell’Alleanza, che si rivela agli uomini attraverso la sua Parola. Nella ricerca di un giusto atteggiamento verso Dio, i cristiani si rivolgono a Cristo quale fonte di vita nuova, gli ebrei all’insegnamento della Torah”.

"Nostra aetate", "solido fondamento"
Questo tipo di riflessione teologica sul rapporto tra ebraismo e cristianesimo prende le mosse – osserva il Papa – proprio dalla “Nostra aetate”, definita un “solido fondamento” dal quale si possono e devono produrre, sollecita, nuovi sviluppi in materia. Così come consolidato, ricorda Francesco, è anche il “grande interesse” col quale la Santa Sede segue le attività dell’International Council, in particolare dal 1974, anno di creazione della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo. I vostri convegni annuali, conclude con gratitudine il Papa, “danno un notevole contributo al dialogo ebraico-cristiano”.

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Francesco saluta Benedetto. Papa emerito per 2 settimane a Castel Gandolfo

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Papa Francesco si è recato oggi, verso le 10.00, alla residenza di Benedetto XVI, l’ex Convento Mater Ecclesiae, in Vaticano, per salutarlo e augurargli una buona permanenza a Castel Gandolfo, dove il Papa emerito si è trasferito questa mattina e si tratterrà nel corso delle prossime due settimane. Lo ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il rientro è previsto il 14 luglio. Tutto l’incontro, compreso un breve colloquio, è durato circa mezz'ora.

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Sospese udienze Papa a luglio. Messe a santa Marta riprendono a settembre

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Per tutto il mese di luglio sono sospese le udienze generali del mercoledì. Riprenderanno in agosto nell’Aula Paolo VI, in Vaticano. Con l’eccezione della già prevista udienza del 3 luglio pomeriggio al Movimento del Rinnovamento nello Spirito in Piazza San Pietro, sono sospese anche tutte le altre udienze. L’unico appuntamento pubblico del Papa rimane l’Angelus della Domenica.

Le Messe mattutine del Papa con gruppi di fedeli a Santa Marta sono sospese nei mesi di Luglio e di Agosto. Riprenderanno all’inizio di settembre.

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Altre udienze e nomine

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche Jean-Claude Michel, ambasciatore del Principato di Monaco, in visita di congedo.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia di mons. Pierre Farine all’ufficio di ausiliare della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo, in Svizzera, per raggiunti limiti di età.

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Tweet: com’è bello annunciare a tutti l’amore di Dio che ci salva

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Il Papa ha lanciato un nuovo tweet dall'account @Pontifex in nove lingue: "Com’è bello annunciare a tutti l’amore di Dio che ci salva e dà senso alla nostra vita!".

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La gioia dell'annuncio, tema viaggio Papa in America latina

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Il prossimo in America Latina, sarà il nono viaggio internazionale per il Papa. Dal 5 al 13 luglio, Francesco sarà in Ecuador, Bolivia e Paraguay, tre Paesi già visitati da S. Giovanni Paolo II. Quarantotto ore e due tappe in ciascuna nazione, con 22 discorsi previsti in spagnolo. E’ un "programma impegnativo", ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, è avrà sempre lo sguardo rivolto alle periferie e con un tema unitario: la gioia dell’annuncio evangelico. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Un viaggio impegnativo che vedrà il Papa tornare nel suo continente e parlare la sua lingua, lo spagnolo. Per la prima volta la visita sarà a tre Paesi e non i più grandi né i primi nella geopolitica internazionale, in linea con la logica delle periferie cara al Pontefice. La storia di questi Paesi, fatta anche di conflitti e dittature, farà da sfondo importante, ha detto padre Federico Lombardi, anche per capire i messaggi che il Papa vuole lasciarvi:

"E’ bene che questa storia dei regimi autoritari, militari, in questi Paesi sia presente un po’ come sfondo e anche l’incoraggiamento che il Papa intende dare e che i popoli si aspettano per un rinnovamento della loro vita sociale, politica in generale, nel senso della pace, dello sviluppo partecipativo e democratico"

Da notare la vastità e varietà geografica di questo viaggio, compreso tra le Ande, l’Oceano Atlantico e il Rio della Plata: cambieranno altitudini e temperature in soli 7 giorni, fa notare padre Lomabrdi, passando dai 4.000 metri di altitudine della Bolivia al livello del mare in Paraguay. E variegato sarà il quadro etnico-culturale e questo avrà grande spazio in incontri e celebrazioni, come anche il tema della povertà:

"Quello che ho notato nella preparazione degli eventi, nelle note che ho ricevuto anche dagli organizzatori, è che cercano di fare intervenire anche le persone che hanno delle partecipazioni attive, delle testimonianza da dare, nelle letture da fare, nei canti da fare e così via. Esprimo con molta attenzione la composizione variegata di questi popoli e di questi Paesi, venendo dalle diverse località, caratterizzate anche etnicamente in un modo diverso, dei diversi Paesi. Quindi, ci sarà da essere attenti a questa caratteristica etnica e culturale del viaggio".

Quarantotto ore circa e due tappe in ogni Paese: nessun problema di sicurezza, ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana, e spostamenti ampi per il Papa su papamobili create in loco. Documenti da tenere presenti sulle tematiche ecclesiali saranno quello di Aparecida e, per il tema del viaggio, l’"Evangelii Gaudium", espressa anche nei loghi e nei motti dei singoli Paesi:

"Il tema del viaggio è un tema unitario: la gioia dell’annuncio del Vangelo. L’Ecuador ha come motto “Evangelizar con alegria”, la Bolivia “Con Francisco anunciamos la alegria del evangelio” e il Paraguay “Mensajero de la alegria y de la paz”. Quindi, 'Evangelii Gaudium'. Lo sfondo evidentemente dei motti, dei loghi, dello spirito del viaggio è: 'Evangelii Gaudium', la gioia di annunziare il Vangelo"

Nel programma, oltre agli incontri istituzionali con gli episcopati - che saranno in questa occasione tutti informali, con le autorità civili e con la società civile in tutti i suoi volti - padre Lomabrdi ha evidenziato alcune tappe significative. Il primo abbraccio con la folla sarà a Guayaquil in Ecaudor, dove sono attese, come in altri grandi eventi del viaggio, circa un milione mezzo di persone, con la Messa dedicata alla famiglia. Due importanti visite ai Santuari mariani, quello della Divina misericordia a Guayaquil e dell’Immacolata a Caacupé, in Paraguay, cui anche il Papa è tanto devoto. A segnare il viaggio del Papa, diversi incontri con le fasce più svantaggiate: gli anziani in Ecuador, i carcerati a Palmasol in Bolivia e i bambini malati all’ospedale pediatrico di Asunciòn in Paraguay. Ma anche la visita al quartiere povero e acquitrinoso di Asunciòn, il Banado Norte, e la partecipazione all II incontro mondiale dei Movimenti popolari a Santa Cruz in Bolivia:

"Realtà popolari di base, che nascono dal basso, a cui il Papa tiene a offrire un sostegno, un incoraggiamento per un impegno di costruzione della società, che non cada dall’alto ma che nasca dal basso. Questo si collega anche poi alla sua impostazioni di attività pastorale e sociale a Buenos Aires e in Argentina e che adesso assume anche una raggio di significato mondiale più ampio".

L'appuntamento conclusivo del viaggio sarà quello con i giovani a Costanera il lungo fiume domenica 12 luglio in Paraguay, alla vigilia della partenza per Roma. Ancora padre Lombardi:

"Si prevedono un 200 mila persone, di nuovo un evento piuttosto grande. E sarà come sono questi incontri con i giovani, si porta la Croce, poi ci sono rappresentazioni allegoriche o coreografiche delle testimonianze e così via. Il Papa venera la Croce pellegrina e la consegna ai giovani inviandoli prima della benedizione finale".

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Papa, le tappe della visita di settembre a Cuba e negli Usa

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Saranno nove giorni densi di appuntamenti per Papa Francesco, quelli del viaggio apostolico a Cuba e negli Stati Uniti, scanditi da incontri, discorsi e celebrazioni eucaristiche, secondo il programma del viaggio reso noto dalla Sala Stampa vaticana.

La partenza è prevista per sabato 19 settembre da Roma alle 10.15 con arrivo all’aeroporto de La Habana alle 16 ora locale dello stesso giorno, con la giornata chiusa dalla cerimonia di benvenuto. Nella capitale cubana, il giorno dopo, domenica, Francesco celebra la Messa sulla Plaza de la Revolucion, seguita dalla visita di cortesia a Raùl Castro, presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri della Repubblica, e successivamente dalla celebrazione dei Vespri con sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi nella cattedrale della città. La giornata termina con il saluto ai giovani del Centro Cultural Padre Félix Varela.

Lunedì 21, il Papa lascia La Habana per Holguin, dove celebra la Santa Messa prima di partire per Santiago. A Santiago, dove trascorre la notte, incontra i Vescovi, nel Seminario San Basilio Magno, si sposta poi al Santuario della “Virgen de la Caridad del Cobre” per la preghiera con i vescovi e il seguito papale. Il giorno successivo, martedì 22 settembre, sempre nel Santuario, celebra la Santa Messa, mentre nella Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione incontra le famiglie.

Dall’aeroporto di Santiago, Francesco si congeda dalla città e dall’isola di Cuba per volare a Washington, prima tappa della visita agli Stati Uniti. Alla Andrews Air Force Base si svolge la cerimonia di accoglienza ufficiale, mentre la cerimonia di benvenuto è spostata al giorno successivo, il 23 settembre, nel South Lawn della Casa Bianca con la visita di cortesia al presidente degli Usa, Barack Obama. Nella cattedrale cittadina, subito dopo, il Papa incontra i vescovi Usa, mentre nel pomeriggio, come ultimo appuntamento della giornata, celebra la Santa Messa con la canonizzazione del Beato P. Junipero Serra nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione. Giovedì 24, la giornata prevede la visita al Congresso degli Stati Uniti d’America, la visita al Centro caritativo della parrocchia di St. Patrick, con l’incontro con i senzatetto, e poi la partenza per l’aeroporto JFK di New York dove, prima della fine della giornata, celebra i Vespri con il clero, le religiose e i religiosi nella Cattedrale di S. Patrizio.

E’ per il 25 settembre la visita alla sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, poi l’incontro interreligioso al Memorial di Ground Zero e la visita alla scuola “Nostra Signora, Regina degli Angeli”, ad Harlem, con l’appuntamento con bambini e famiglie immigrati. Alle 18 la Santa Messa nel Madison Square Garden. Sabato 26 inizia con la partenza per Philadelphia, dove giunge meno di un’ora dopo per celebrare la Santa Messa con i vescovi, il clero, religiosi e religiose della Pennsylvania nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo. Nel pomeriggio, l’incontro per la libertà religiosa con la comunità ispanica e altri immigrati nella Independence Mall. Spostamento poi al B.Franklin Parkwau per la festa delle famiglie e la veglia di preghiera.

L’ultimo giorno, domenica 27 settembre, si apre con l’incontro con i vescovi ospiti dell’Incontro Mondiale delle Famiglie nel Seminario San Carlo Borromeo e prosegue con la visita ai detenuti nell’Istituto di Correzione Curran-Fromhold, con la Santa Messa conclusiva dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie di nuovo nel B.Franklin Parkway. All’aeroporto di Philadelphia, prima del volo che lo riporterà in Vaticano, Francesco saluta il comitato organizzatore, i volontari e i benefattori e si congeda dagli Stati Uniti. L’arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino è previsto per lunedì 28 settembre alle ore 10. (A cura di Francesca Sabatinelli)

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Cuba, i vescovi: aspettiamo Francesco, missionario della Misericordia

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Tutto il mondo ha bisogno di misericordia, anche Cuba. E’ il messaggio dei vescovi dell’isola in occasione della prossima visita di Papa Francesco, dal 19 al 22 settembre prossimi. I presuli esprimono la gioia della Chiesa cubana per un viaggio che avviene in un momento storico. Francesca Sabatinelli: 

La visita di Francesco a Cuba si colloca in un momento in cui il Paese respira, "grazie anche alla sua mediazione", "aria di speranza" per "le nuove possibilità di dialogo" con gli Stati Uniti. E’ un messaggio importante di riconoscimento dell’azione del Papa, quello dei vescovi cubani, che lo indicano quale “pastore universale della Chiesa, alla ricerca della riconciliazione e della pace tra tutti i popoli della terra”. I presuli ricordano come negli ultimi 17 anni siano stati tre i Papi atterrati sul suolo cubano, e che per questo l’isola caraibica e il Brasile, saranno gli unici Paesi al mondo ad essere stati visitati da tre Pontefici.

I vescovi quindi, citando i salmi, ricordano la sofferenza di tutti quei fedeli che pur sognando di vedere questo momento, non vi hanno potuto assistere, hanno però seminato "nel pianto" – scrivono –  e loro sono i  “veri giganti della fede”, “noi i privilegiati” invitati a “raccogliere tra canti di giubilo e festa”. Nel messaggio si legge di San Giovanni Paolo II, “Messaggero della Verità e della Speranza”, di Benedetto XVI “Pellegrino della Carità”, e ora di Francesco il “Missionario della Misericordia”, di cui non si stanca mai di parlare – sottolineano i vescovi – e che ha convocato un anno giubilare straordinario a partire dal prossimo 8 dicembre.

Misericordia, dicono, è “lanciare il nostro cuore” per gli altri, non è una pietra o un insulto o un pugno. Misericordia è anche “mettere il cuore nella miseria” che ormai ci circonda. A volte, è il dolore dei vescovi, sembra di vivere in un mondo senza cuore, ovunque si incontrano miserie morali, spirituali, sociali, intellettuali, psichiche e materiali e si incontrano anche persone che sono insensibili di fronte al dolore umano. Molti si lamentano della durezza con cui si trattano gli altri. Tra  di noi aumenta un linguaggio senza pietà. La violenza è sotto la pelle. C’è aggressività nelle famiglie, così come nei luoghi di lavoro, nelle comunità. I vescovi fanno loro l’invito di Papa Francesco a non stancarsi di praticare la misericordia di cui tutti hanno bisogno, cubani compresi.

In occasione di questo viaggio, i vescovi sollecitano il popolo dei fedeli a mostrare gesti di misericordia nella quotidianità, come andare a visitare i malati, dividere ciò che si possiede, perdonare e chiedere perdono, consolare chi è triste, amare di più e meglio gli altri. Ciò che ci si augura, scrivono ancora, è che le case possano divenire luoghi di pace e di accoglienza per tutti coloro che cercano misericordia. Per questo quindi chiedono che come preparazione alla visita di Francesco, i primi venerdì di luglio, agosto e settembre, si svolgano momenti di preghiera e di digiuno. L’invito è anche a organizzare tra il 17 e il 18 settembre, alla viglia dell’arrivo del Papa, una veglia di preghiera in preparazione al messaggio di speranza e di compassione che Papa Francesco porterà a Cuba.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Un angelo alla porta: nella festa dei santi Pietro e Paolo il Papa ricorda il coraggio degli apostoli e invoca una Chiesa fedele a Cristo.

Radici ebraiche: il Pontefice nel cinquantesimo della "Nostra aetate".

Bisogno di regole: l'accademico iraniano Farhad Khosrokhavar sulle traiettorie dell'islam radicale.

Cacciatori di imperi: Giuseppe Buffon sui francescani e l'evangelizzazione dell'Asia nel XVI e nel XVII secolo.

Doverosi chiarimenti: Christian Raimondo su un libretto di Giovanni Preziosi dedicato all'affaire Palatucci.

E' degno: Manuel Nin sulla chirotonia del nuovo vescovo eparchiale di Piana degli Albanesi.

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Oggi in Primo Piano



Atene e Bruxelles trattano in extremis sul piano dei creditori

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Oggi scade il termine per il rimborso di 1,7 miliardi al Fondo monetario internazionale (Fmi), che il governo ellenico non intende rispettare e a mezzanotte termina anche il programma di aiuti della cosiddetta troika. Ma in queste ore il premier Tsipras sta considerando un’offerta di accordo fatta in extremis dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, mentre la cancelliera tedesca, Angela Merkel, avverte che il dialogo può proseguire anche dopo la mezzanotte. Il servizio di Marco Guerra: 

Ancora nessuna riposta da parte del governo greco all’offerta dell’ultimo minuto presentata dal commissione europea, Jean-Claude Juncker. Lo conferma il portavoce dell'esecutivo Ue, che sottolinea che "la porta rimane aperta per un accordo", ma "il tempo sta per scadere" con il secondo programma di aiuti in scadenza alla mezzanotte di oggi. Ieri sera, il premier ellenico Tsipras ha chiamato Juncker, il quale ha presentato l’architettura di questo accordo in extremis che prevede che Atene accetti l'offerta dei "creditori" con prolungamento del programma di salvataggio per cinque mesi, la ridiscussione delle condizioni del debito greco e un impegno a fare campagna per il "sì'" al referendum, cambiando quindi linea rispetto all'indicazione attuale per il "no". Secondo fonti della Commissione Ue, i contatti fra le parti sono ancora in corso, mentre il ministro delle Finanze, Varoufakis, ha detto di sperare in un’intesa. Per commento sulla situazione delle finanze greche, il parere dell’analista ellenico, Giorgio Arfaras, intervistato da Emanuela Campanile:

R. – Ci sono delle scadenze a breve termine: con il Fondo monetario e un’altra con il Fondo Salva Stati. Però, il grosso del debito pubblico greco scade nel corso dei decenni, quindi non è un problema di rendere il debito. Il debito va in scadenza e chi lo ha in mano lo rinnova. Quindi, i greci non devono rendere 240 miliardi di euro, ma semplicemente devono dare in modo che quando il debito va in scadenza, gli altri glielo rinnovino. Di conseguenza, si ha un debito che scade nei decenni, si pagano gli interessi su questo debito, quando va in scadenza viene rinnovato e si va avanti così, contando che la Grecia si riprenda economicamente, perché l’economia è morta, perché la disoccupazione è al 25%, e via andando… Non è un problema di debito, il grosso del debito è un fatto di negoziato politico.

Intanto, a cinque giorni dal referendum, in Grecia cresce la perplessità fra il popolo chiamato a decidere sul piano dei creditori, sentiamo la testimonianza del medico cardiologo, Vassilis Christopoulos:

R.  – Soldi non ce ne sono però anche le televisioni esagerano. La gente ha problemi, non sa se le pensioni saranno pagate, i medici vengono pagati un mese sì e uno no. Mia figlia, per esempio, ha lavorato in una banca per quattro anni. All’improvviso, una mattina, ha chiuso e sono rimasti senza lavoro.

D.  – Ci sono riflessi anche sul sistema sanitario?

R.  – Sarà più di un anno che il sistema sanitario non funziona… La gente con i libretti che aveva prima andava dai medici per essere curata, adesso non è più possibile. Devono andare negli ospedali che sono pieni o curarsi come capita, il sistema sanitario peggiora ogni giorno. Tutti hanno problemi. Le pensioni non vengono pagate e non si possono comprare le medicine. Ma gli ospedali hanno difficoltà a offrire tutto quello di cui c’è bisogno.

D. – Sul referendum qual è il sentimento dei greci? Come voterete domenica prossima?

R. – I greci sono delusi dagli europei, sono molto delusi. Se non fossero state bloccate le banche, avrebbe sicuramente vinto Tsipras. Le persone hanno paura e forse vincerà il "sì" perché la maggior parte dei greci vuole l’euro: non vogliono più pagare i peccati del passato, basta con i peccati, si sono stancati. I giovani di oggi non ce la fanno più. Il problema è: ce la facciamo dentro l’euro? Non hanno fiducia. Ce la facciamo senza l’euro? Non hanno fiducia in entrambi i casi. Le persone tre mesi fa hanno votato Syriza, adesso hanno paura di perdere le pensioni e dicono che voteranno "sì".

D.  – Che cosa sperate che avvenga?

R.  – Quello che sperano tutti è che si mettano d’accordo oggi. La cosa più bella è che si mettano d’accordo prima del referendum.

Infine, stamani borse europee contraste dopo che ieri hanno bruciato 287 miliardi di euro per i timori legati alla Grecia. L’Ue restata tuttavia al riparo di rischi di un eventuale "default" di Atene, come conferma l’economista Alberto Quadrio Curzio, al microfono di Alessandro Guarasci:

R. – La solidità dell’eurozona c’è, anche perché la Banca Centrale europea ha adeguati strumenti di intervento e dunque nel medio termine ci saranno certamente delle volatilità ma non effetti dirompenti. Tuttavia, l’eurozona stessa dovrà concepire una forma di governo che sia più adeguata alla natura di soggetti istituzionali che attualmente non esistono o comunque sono molto deboli.

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Egitto, magistrati sotto attacco. E l'Is mira al Sinai

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Situazione instabile in Egitto, dopo l’uccisione ieri del procuratore generale, Barakat, al Cairo, da un gruppo di estremisti islamici. Barakat era impegnato in un processo proprio contro i terroristi. Una nuova sponda di violenza quella dei jihadisti ai danni dei magistrati, che già nel maggio scorso si era consumata con l’uccisione di un altro rappresentante della legge nel Sinai del nord. E nuove minacce sono già giunte verso l’intera categoria con l'intento di destabilizzare il Paese. Peraltro, quella del Sinai è una zona che vede un consolidarsi della presenza del sedicente Stato islamico. Paola Simonetti ha chiesta un’analisi sulla situazione egiziana a Giuliano Luongo, esperto di Africa presso l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze ausiliarie: 

R. – I terroristi cercano di far passare il segnale che le autorità egiziane in effetti non riescano a difendere i propri membri che sono attivi nella lotta contro l’estremismo in un modo o nell’altro. E ovviamente, cercano di fare questo per cercare di migliorare la proprio posizione mediatica e di danneggiare il livello di sicurezza percepita all’interno dello Stato.

D. – Il Paese, in particolare la zona del Sinai, sembra essere divenuta molto instabile, quasi fuori controllo: che ruolo sta avendo qui il sedicente Stato islamico, o comunque l’estremismo islamico più in generale?

R. – C’è da dire che lo Stato islamico è riuscito a consolidarsi maggiormente nel Sinai rispetto che in altre parti del Paese. Ha gli stessi obiettivi: quello di instaurare una sorta di provincia del Sinai – di “Stato del Sinai” secondo terminologia dell’Is – per riuscire a creare un’altra testa di ponte del movimento in Egitto. L’Egitto è uno Stato che, pur avendo subito dei traumi istituzionali, non è ad esempio allo stesso livello critico della Libia. Con questo voglio dire che, di qui a breve, non ci si ritroverà con una parte di Egitto finita sotto il controllo dell’Is, tuttavia il tipo di azione pianificata da questo movimento terroristico mira a insediarsi e a istituzionalizzarsi con una determinata forza. Attaccare, indebolire le istituzioni presenti, i loro rappresentanti ancor più attivi nella lotta contro di essi, è per loro uno dei passi fondamentali. 

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Minori in povertà, in Italia sono quasi un milione e mezzo

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Fra il 2011 e il 2013, i minori italiani in povertà assoluta sono raddoppiati, passando da 723 mila a un milione 434 mila. Un vero allarme sociale che spinge la Commissione parlamentare per l’infanzia, che oggi ha presentato un rapporto, a chiedere un piano nazionale di contrasto. Sulla stessa linea la Fondazione Zancan, convinta che sia necessario aumentare i servizi per le famiglie. Il servizio di Alessandro Guarasci

La crisi ha colpito, anche se soprattutto i bambini. Sono due milioni e 400 mila quelli in povertà relativa, oltre un milione e 400 mila coloro che non riescono ad avere le risorse per il sostentamento, come cibo e vestiti. Un fenomeno che colpisce soprattutto le famiglie numerose. E poi c’è la povertà educativa, ovvero l’impossibilità di andare a scuola, soprattutto nelle regioni del Sud.

Il presidente del Senato, Piero Grasso, mette in luce come l’indigenza dei minori colpisca anche i Paesi occidentali, come l’Italia appunto. Per la Fondazione Zancan, che in questi giorni è intervenuta sul tema, deve finire l’assistenzialismo, ma serve aiutare i genitori a fronte di un loro maggiore impegno per far studiare i figli. Un intervento del governo lo chiede la presidente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, Michela Brambilla:

“Noi chiediamo al governo, finalmente, un piano nazionale per l’infanzia serio, organico, adeguatamente finanziato, con misure che possano contrastare la povertà minorile. Mi riferisco, ad esempio, al sostegno alle famiglie con più minori: un sostegno concreto e un monitoraggio serio finalmente delle condizioni socio-economiche di tutti i nostri minori. Non dimentichiamo anche dei minori non accompagnati, che sono presenti nel nostro Paese”. 

Sono infatti più di 5.100 i minori sbarcati in Italia dai barconi e di cui si è persa traccia.

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E' morto don Salvatore. L'arcivescovo di Barletta: una testimonianza di luce

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Si è spento ieri don Salvatore Mellone, il seminarista barlettano di 38 anni, malato terminale, ordinato sacerdote lo scorso 16 aprile. La sua vicenda ha commosso tutti. L’ordinazione era stata autorizzata in tempi rapidi per l’evolversi della sua malattia. Papa Francesco aveva chiamato il seminarista chiedendogli di riservare per lui la sua prima benedizione da sacerdote. Nel pomeriggio i funerali presieduti nella Parrocchia del Santissimo Crocifisso dall'arcivescovo di Barletta, Giovanni Battista Pichierri. Il presule ha seguito personalmente l’itinerario di don Salvatore. Ascoltiamo mons. Pichierri al microfono di Eugenio Murrali

R. – Il centro della sua vita – mi ha sempre detto – è Gesù. Sorretto dalle forze delle Spirito Santo, si è posto nelle mani di Dio. Per cui la sua è una testimonianza di fede, ma anche una testimonianza di fedeltà alla chiamata. Era veramente pronto, preparato – attraverso la responsabilità che ha sempre manifestato nel corso degli anni di formazione – a ricevere il dono del sacerdozio. Il sacerdozio che egli ha vissuto, qui sulla terra, per 74 giorni e che lo ha reso ostia e vittima. Si è tutto offerto per il bene della Chiesa, in particolare per il Santo Padre, Papa Francesco, per i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi e tutto il popolo di Dio. E’ una testimonianza di luce: egli, nella sofferenza, ha manifestato sempre una grande serenità, una grande luce interiore. Chi ha avuto modo di stare accanto a lui e di ascoltarlo avvertiva che la sofferenza era grande, ma lo spirito era veramente alato, elevava e portava alle altezze di Dio.

D. – Come lo hanno cambiato l’ordinazione e la vicinanza espressa da Papa Francesco?

R. – L’ordinazione sacerdotale l’ha vissuta lasciandosi identificare dallo Spirito Santo a Cristo, Sommo Sacerdote. Anche a tale riguardo mi diceva: “Come vorrei esercitare il mio ministero tra le corsie di un ospedale. Stare accanto agli ammalati, portare consolazione, sollievo, animandoli nella fede e nella gioia di fare sempre la volontà di Dio”. La preghiera era la sua forza e incoraggiava il papà, la mamma e la sorella – che sono stati veramente gli angeli custodi, insieme con la nonna Vittoria – e incoraggiava anche i sacerdoti che lo andavano a trovare a non lasciare mai la preghiera, che – egli diceva – è il respiro della nostra anima.

D. – Quali sono i suoi sentimenti oggi?

R. – Io sento una grande commozione, emotivamente, e sento – è chiaro – anche gli occhi che si inumidiscono di pianto. Però prevale la gioia. Vedere don Salvatore rivestito degli abiti sacerdotali… Mi diceva: “Quanto desidererei che il Signore mi desse la forza di celebrare una sola Messa in parrocchia…”. Questo non gli è stato concesso, perché non poteva muoversi da casa: ha potuto celebrare la Messa solo in casa per 50 giorni, perché negli altri giorni non se la sentiva… Oggi lo vedremo nella sua comunità parrocchiale, il Santissimo Crocifisso in Barletta. Lui ci guarderà dall’alto – ne sono certo – con gli occhi della risurrezione.

Riascoltiamo la testimonianza di don Salvatore, raccolta da Alessandro Gisotti poco prima della sua prima Messa da sacerdote, celebrata nella sua casa a Barletta: 

R. – Ho una grande gioia da sempre ma in modo particolare in questi giorni questa gioia sta aumentando ancora di più. Si sente molto il senso della responsabilità perché comunque il ministero presbiterale ci chiama ad essere testimoni veri di Cristo, ma comunque questa testimonianza fin quando c’è la gioia, fin quando c’è questa grande carica di misericordia che ti arriva da Dio, ti fa stare bene. A pochi momenti dalla mia prima Messa ho veramente una grande serenità, una grande pace, che mi permette di abbracciare un po’ tutti e di farmi vivere una condizione – posso dirlo con molta umiltà – di beatitudine e di vera gioia, ecco.

D. – Salvatore, l’orizzonte della morte sembra completamente cancellato da quello della vita nelle sue parole e nella sua testimonianza…

R. – Sì, perché alla fine le paure, anche le incongruenze umane, quelle restano sempre, perché siamo persone, ma la prospettiva è altra: la prospettiva è quella di un amore caritatevole che ci abbraccia. E quindi senza questo amore caritatevole che ci abbraccia anche la vita terrena stessa, anche la sofferenza stessa, non avrebbe senso. C’è questa proiezione, che non è una proiezione sterile, ma è una proiezione concreta verso un qualcosa di molto più grande, di molto più bello.

D. – Lei ha ripetuto le parole di San Paolo ieri durante l’ordinazione: “Sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio”. E’ questo che sta vivendo e che trasmette anche come messaggio magari a chi sta male?

R. – Io penso proprio questo, che man mano che si va avanti proprio nell’affrontare la malattia, giorno per giorno la malattia non è mai uguale, non è mai la stessa. Ti accorgi che comunque nonostante la difficoltà puoi andare avanti, nonostante la difficoltà c’è la speranza, c’è la bellezza di un qualcosa di molto più grande di noi. Questo qualcuno molto più grande di noi si chiama Dio, si chiama Santissima Trinità.

D. – Lei ha rivolto la prima benedizione dopo l’ordinazione a Papa Francesco: era proprio quello che le aveva chiesto il Santo Padre chiamandola al telefono…

R. – Sì, con un po’ di trepidazione e, devo essere sincero, anche un po’ di imbarazzo perché può immaginare! Però con il cuore veramente pieno di gioia perché per noi tutti è un modello e per noi tutti è un maestro. Non possiamo fare altro che seguirlo, stargli dietro e benedirlo e continuare a pregare per lui.

D. – Le dà forza, immagino, anche questa vicinanza del Santo Padre in questo momento…

R. – Certo mi dà forza e mi dà forza la vicinanza di tante persone che si uniscono nella preghiera. Questa è la cosa più bella: che si preghi e si preghi e si continui a pregare perché possano venire fuori vocazioni e possano venire fuori anche cose belle nella vita delle persone.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bozanic: Europa aiuti i migranti senza egoismi e ipocrisie

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Di fronte alle dimensioni sempre più vaste del fenomeno migratorio e all’emergenza dei rifugiati “vediamo un’Europa molto spesso confusa, che sembra priva di una vera cultura di accoglienza così come di una vera solidarietà tra i diversi Paesi che la compongono”, è quanto ha affermato il card. Josip Bozanic, arcivescovo di Zagabria e presidente della sezione ‘migrazioni’ della Commissione Ccee Caritas in Veritate in apertura dell’incontro dei vescovi e responsabili nazionali per la pastorale dei Migranti in Europa in corso a Vilnius, in Lituania, fino a giovedì 2 luglio.

La politica europea aiutI i migranti senza egoismi ed ipocrisie
Il porporato osserva che “non possiamo smettere di ricordare ai nostri responsabili e governanti che spetta alla politica trovare soluzioni che facilitino l’accoglienza con responsabilità delle persone così come spetta alla politica europea di impegnarsi ad aiutare senza egoismi e ipocrisie a risolvere situazioni di guerra e povertà che sono alle nostre porte”. Per l’arcivescovo di Zagabria “La sfida spirituale dell’accoglienza è collegata alla responsabilità che ognuno ha di pronunciare il suo sì a chi arriva” e “solo chi non smarrisce il valore infinito della persona che ha dinanzi è capace di gesti di accoglienza”. 

Accoglienza è doverosa perchè si accoglie un essere umano
Per Bozanic “in un mondo dove l’individualismo tende a chiudere ognuno nel suo proprio bunker”, l’accoglienza è doverosa perché non si accolgono ‘problemi’ ma “un essere umano che porta con sé un valore e una dignità inalienabile”. Così “la questione dell’accoglienza non potrà mai essere un tema dibattuto in maniera ideologica, ma prima di tutto sarà un atteggiamento esistenziale vissuto sia dal singolo sia dalla comunità”. Per l’arcivescovo di Zagabria, già vice-presidente Ccee (2001-2011) l’accoglienza vuol dire anche reciprocità, perché non si tratta solo di offrire qualcosa a qualcuno in difficoltà, ma anche di “lasciare spazio all’incontro. 

Accoglienza vuole dire anche integrazione
​L’accoglienza è quindi un incontro che “genera poi un nuovo rapporto”. Da qui la necessità – sottolinea Bozanic - dell’educazione all’accoglienza anche delle comunità cristiane perché accoglienza vuole dire anche integrazione, che “esprime il desiderio di conferire stabilità a chi arriva”. Ma per integrare, ricorda il cardinale, “c’è bisogno di pazienza e amore”. In questo senso, conclude Bozanic “la sfida dell’accoglienza non è soltanto a chi arriva da straniero nei nostri Paesi, ma è anche rivolta a tutti quelli che sono chiamati ad accogliere e che con la stessa pazienza e amore devono essere compresi e abbracciati per essere spinti ad aprirsi a chi arriva.”

All’incontro, promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), partecipano 40 delegati di 21 conferenze episcopali in Europa. (L.Z.)

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Egitto: cordoglio Chiese cristiane per assassinio procuratore

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Il Consiglio delle Chiese in Egitto ha espresso il cordoglio unanime di tutte le comunità cristiane egiziane per l'assassinio del procuratore generale Hisham Barakat, rimasto vittima ieri di un attentato terroristico. In un comunicato diffuso dal sacerdote copto ortodosso Bishoy Elmy, responsabile della Segreteria generale del Consiglio, Barakat viene definito “uomo coraggioso” e si ricorda la sua tenacia nel difendere la giustizia e il diritto, senza farsi intimorire dai pericoli. Nel testo si porgono anche le condoglianze ai familiari della vittima e a tutta la magistratura egiziana.

Appello all'unità della Chiesa copto ortodossa
Fonti copte riferiscono che il patriarca copto ortodosso Tawadros, alla notizia dell'attentato omicida, ha immediatamente interrotto la sua visita al monastero della Vergine Maria a Wadi Natrun e ha fatto ritorno al Cairo. In un altro comunicato, la Chiesa copta ortodossa ha fatto appello a tutte le forze nazionali a rimanere salde e unite davanti all'attacco dell'estremismo e del terrorismo, chiedendo a Dio di preservare la nazione egiziana da ogni pericolo.

Ai funerali un rappresentante della Chiesa copto ortodossa
Il 65enne Hisham Barakat era una figura chiave nei processi contro la Fratellanza Musulmana dopo la deposizione del Presidente islamista Mohammed Morsi, nel luglio 2013. L'attentato che lo ha ucciso è stato rivendicato dal gruppo islamista al-Moqawma al-Shabia, considerato vicino alla Fratellanza Musulmana. Ai funerali, che si sono tenuti oggi in una moschea nel sobborgo cairota di Heliopolis, ha preso parte anche il Presidente Abdel Fattah al-Sisi, mentre la Chiesa copta ortodossa è stata rappresentata da Anba Theodosius, vescovo copto ortodosso della diocesi di Giza. (G.V.)

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Vescovi Usa: sentenza su nozze gay un “tragico errore”

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“Un tragico errore che danneggia il bene comune ed i più vulnerabili che sono i bambini”: così la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) ha commentato la sentenza con cui venerdì scorso la Corte Suprema, con 5 voti favorevoli e 4 contrari, ha dato il via libera a matrimoni fra persone dello stesso sesso in tutti i 50 Stati che compongono gli Stati Uniti.

La natura della persona umana e del matrimonio resta immutata
“Nonostante quello che può dire una stretta maggioranza di giudici supremi in questo momento storico, la natura della persona umana e del matrimonio resta immutata e immutabile”, si legge in una nota del presidente della Usccb, mons. Joseph Kurtz, che fa eco alle dichiarazioni di diversi vescovi, ma anche di esponenti di altre Chiese cristiane di queste ore. “Come la sentenza Roe contro Wade non ha  detto l’ultima parola 40 anni fa sull’aborto, la Obergefell v. Hodgesnon non chiude la questione del matrimonio oggi. Il significato unico del matrimonio quale unione di un uomo e una donna è iscritta nei nostri corpi di uomo e di donna”, prosegue la nota. “La protezione del suo significato è un aspetto decisivo di quella ‘ecologia integrale’ che Papa Francesco ci ha esortati a promuovere”.

L’esortazione ai fedeli ad andare avanti con fede, speranza e amore
Mons. Kurtz incoraggia quindi tutti i cattolici ad andare avanti con fede, speranza e amore: “fede nell’immutabile verità sul matrimonio, radicato nell’immutabile natura della persona umana e confermata dalla Rivelazione; speranza che queste verità possano tornare a prevalere nella società  e amore per il prossimo, anche per coloro che ci odiano, o ci punirebbero per la nostra fede e le nostre convinzioni morali”.

Per gli Stati contrari, le nozze gay non sono un diritto costituzionale
Nel dibattito alla Corte Suprema si è  discusso se i principi del federalismo permettano agli Stati di  definire il matrimonio in quanto questione di politica pubblica o se  questo sia da considerare un diritto fondamentale garantito dalla  Costituzione. Gli Stati contrari alle nozze gay hanno argomentato che  il bando ai matrimoni fra persone dello stesso sesso sono una  questione di politica pubblica. Definire il matrimonio come l'unione  fra un uomo e una donna, hanno sostenuto, serve a promuovere la cura  dei bambini. La Corte Suprema, hanno aggiunto, non dovrebbe   intervenire nel dibattito in corso sulla definizione del matrimonio,  imponendo uno standard in tutto il Paese. La maggioranza dei giudici  ha però respinto queste argomentazioni. La Corte Suprema aveva già emesso nel 2013 un'altra sentenza in favore dei diritti degli omosessuali, quando stabilì che le coppie dello  stesso sesso sposate in Stati dove era legale farlo, avevano diritto ai benefici federali connessi al matrimonio.

Doppio braccio di ferro Corte Suprema-Texas su nozze gay e aborto
Negli Usa intanto doppio braccio di ferro in corso tra la Corte Suprema e lo Stato del Texas. Dopo la decisione di quest’ultimo di non applicare in nome del diritto di obiezione di coscienza  la sentenza federale che estende a tutti gli Stati l’obbligo di riconoscere i matrimoni gay, la Corte Suprema ha deciso di bloccare fino ad ulteriori approfondimenti, l’atto con cui il governo texano ordinava la chiusura della maggior parte degli istituti che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza. (A cura di Lisa Zengarini)

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Vescovi delle Filippine su legalizzazione nozze gay negli Usa

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Commentando la legalizzazione dei matrimoni gay negli Stati Uniti, venerdì scorso, da parte della Corte suprema, la Chiesa cattolica filippina ha ribadito la sua opposizione e sottolineato che nel Paese asiatico unico autorizzato a legiferare in materia è il Congresso filippino. Il timore è di una iniziativa simile a quella statunitense, con la decisione affidata a un’autorità extraparlamentare.

Il matrimonio legame indissolubile tra uomo e donna
“La Chiesa continua a sostenere ciò che ha sempre insegnato. Il matrimonio è un’unione permanente di uomo e donna”, si legge in una nota pubblicata sul sito della Conferenza episcopale (Cbcp) e ripresa dall’agenzia Misna, a firma del presidente dei vescovi mons. Socrates Villegas. “Continueremo a insegnare ai figli e figlie della Chiesa che il matrimonio…è un legame indissolubile tra uomo e donna”, ha sottolineato mons. Villegas, aggiungendo però che la decisione della Corte suprema statunitense non può essere ignorata. “Occorre studiarla con attenzione e rivedere i nostri concetti e presupposti”.

Omosessuali e divorzio al centro del dibattito pubblico
Dopo l’approvazione della Legge sulla salute riproduttiva nel 2012, che apre alla contraccezione e all’educazione sessuale, ma non all’aborto che resta illegale, la condizione degli omosessuali e il divorzio restano due questioni ampiamente dibattute, con una pressione crescente di forze politiche di settori della società civile per iniziative che la Chiesa sottolinea come contrarie alla tradizione locale e alla morale cattolica. Sabato, il Gay Pride Day è stato ricordato anche nell’arcipelago con una marcia nella capitale e con il simbolico matrimonio di 15 coppie omosessuali. (L.Z.)

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Siria. Mons. Hindo: famiglie cristiane in fuga da Hassakè

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Nella città siriana di Hassakè, maggiore centro abitato della provincia nord-orientale di Jazira, si combatte strada per strada, dopo che i miliziani jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh) sono riusciti giovedì scorso, a entrare in alcuni quartieri, provocando l'esodo di massa di almeno 120mila persone. Tra i primi a fuggire - riferisce l'agenzia Fides - si contano quasi 4mila famiglie cristiane appartenenti a varie Chiese (caldei, assiri, siri cattolici e siri ortodossi) che hanno in gran parte trovato rifugio nella vicina area urbana di Qamishli.

Mons. Hindo ed i fedeli in fuga a Qamishli
L'arcivescovo Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro-cattolica di Hassakè Nisibi, ha lasciato insieme ai suoi fedeli Hassakè e attualmente ha trovato riparo anche lui a Qamishli. Il suo racconto offre un'immagine concreta dei tanti fattori in gioco nel conflitto siriano: “L'esercito governativo - riferisce l'arcivescovo Hindo alla Fides - sta momentaneamente riguadagnando terreno, con molta difficoltà, visto che si combatte in ambiente urbano. D'altro canto, le milizie curde presenti nella zona hanno risposto alle incursioni del Daesh solamente quando i jihadisti hanno provato ad attaccare i quartieri curdi, concentrati nella parte orientale della città. Fino a quel momento non avevano fornito sostegno all'esercito governativo. 

Una parte della popolazione di Hassakè si è messa dalla parte dell'Is
Inoltre una parte della popolazione locale si è messa dalla parte dei miliziani del Daesh: quando questi sono arrivati nel quartiere sud-orientale di al-Nachwa, da lì hanno fatto uscire le donne e i bambini. Ma i maschi giovani e adulti sono rimasti, e si sono schierati col Daesh. E adesso proprio quel grande quartiere è al centro degli scontri più violenti tra le forze governative quelle del cosiddetto Stato Islamico”.

A Qamishli è emergenza umanitaria
​Intanto per la nuova massa di profughi concentrata soprattutto a Qamishli, è già iniziata l'emergenza umanitaria: “Caritas Siria ha mandato i suoi aiuti” riferisce l'arcivescovo Hindo, “ma le esigenze aumentano di giorno in giorno. Tra i cristiani non ci sono feriti, ma anche molti di loro, come tutti gli altri, sono concentrati in accampamenti di fortuna. Tanti dormono all'aperto, e la situazione si complica di giorno, a causa del caldo insopportabile”. (G.V.)

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Terra Santa: sigla jihadista minaccia i cristiani di Gerusalemme

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Alcuni volantini contenenti minacce ai cristiani di Gerusalemme e firmati da un'organizzazione finora sconosciuta che si definisce “Stato Islamico in Palestina” - con la palese intenzione di evidenziare la propria affiliazione o contiguità allo Stato Islamico – sono stati rinvenuti nella serata di giovedì scorso in alcuni quartieri arabi della parte orientale della Città Santa. Secondo quanto riportato dai media israeliani - riferisce l'agenzia Fides - nei volantini – su cui compare anche il logo del sedicente Stato Islamico - i cristiani di Gerusalemme vengono minacciati di morte se non lasceranno la città prima del 18 luglio, giorno in cui cade quest'anno la festa dell'Eid al Fitr, a chiusura del mese santo del Ramadan. Nel messaggio – che contiene minacce anche contro il Presidente dell'Autorità palestinese Mahmud Abbas – i cristiani vengono definiti “agenti d'Israele”.

Le reazioni della Chiesa di Gerusalemme
Il messaggio intimidatorio contenuto nei volantini ha provocato immediate reazioni di Michel Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, e dell'arcivescovo Theodosios di Sebastia, del patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme. “Non si sa chi ha distribuito i volantini” dichiara a Fides padre Raed Abusahliah, direttore generale di Caritas Jerusalem “e francamente non sentiamo su di noi la pressione di questi gruppi di invasati. Ma certo l'episodio ha sparso preoccupazione tra una parte dei cristiani. Alcuni di loro si chiedono: come è possibile che questi pazzi siano arrivati fin qui?” 

Anche i musulmani condannano le minacce jihadiste
Padre Raed fa notare che “le reazioni dei musulmani sono arrivate prima di quelle dei cristiani: tanti leader musulmani hanno condannato le minacce dei volantini e hanno detto che saranno i primi a difendere i loro fratelli cristiani, se succede qualcosa. Mentre molti fedeli cristiani hanno detto che non lasceranno mai la terra di Cristo, dove sono nati, davanti a nessuna minaccia”. Il direttore di Caritas Jerusalem fa anche notare che “queste sigle e questi gruppi possono essere appoggiati e infiltrati da forze che agiscono nell'ombra, come si vede anche in quello che sta accadendo in Iraq e in Siria. Magari adesso c'è chi vuole far vedere che i cristiani sono fragili e hanno bisogno di qualche forma di 'protezione', evidentemente non disinteressata”. (G.V.)

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Sinodo greco-ortodosso in Libano: Siria e cristiani perseguitati

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La guerra in Siria, in Iraq e Yemen e il dramma dei cristiani in tutto il Medio Oriente, lo stallo politico in Libano, diverse questioni interne alla Chiesa greco- ortodossa: sono stati questi i temi al centro del Santo Sinodo della Chiesa greco-ortodossa, riunita nei giorni scorsi a Balamand, in Libano. 

In primo piano la guerra in Siria
La sessione – riferisce il comunicato finale ripreso dal quotidiano libanese l’Orient le Jour - ha permesso ai presuli di fare il punto sulla situazione  pastorale delle rispettive diocesi e anche su alcuni problemi interni alla comunità greco-ortodossa. Ma all’attenzione dei vescovi sono stati in particolare gli attuali conflitti in Medio Oriente. Il Santo Sinodo ha espresso “profondo dolore” per quanto sta accadendo in Siria, elogiando la determinazione dei fedeli greco-ortodossi siriani a restare in patria, nonostante i tentativi di impedire una convivenza pacifica nel Paese tra le diverse comunità. Esso ha inoltre esortato i leader mondiali a “non restare spettatori” di fronte del dramma del popolo siriano e a trovare una soluzione pacifica alla guerra che permetta la liberazione degli ostaggi, a cominciare dai due vescovi siro-ortodossi di Aleppo Boulos Yazigi et Youhanna Ibrahim, rapiti più di due anni fa.

L’appello ai leader libanesi
Durante i lavori si è parlato anche del perdurante stallo politico in Libano, da oltre un anno senza Presidente. I vescovi greco-ortodossi hanno reiterato l’appello ai membri del Parlamento libanese ad “assumersi le loro responsabilità verso la nazione e a rispettare la costituzione”.

Combattere l’ideologia jihadista
Dopo avere pregato per l’Iraq, lo Yemen e la Palestina, i presuli greco-ortodossi hanno poi ribadito la volontà di vivere pacificamente con la comunità musulmana, nell’uguaglianza dei diritti. Infine, il Santo Sinodo ha esortato tutta la società, senza distinzione di appartenenza religiosa, a combattere l’ideologia jihadista e la comunità internazionale a lavorare seriamente per trovare soluzioni pacifiche alle crisi che stanno sconvolgendo il Medio Oriente “indipendentemente dagli interessi delle grandi potenze”. (L.Z.)

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Congo: vescovi denunciano insicurezza e minacce alla famiglia

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I vescovi della Repubblica Democratica del Congo denunciano l’insicurezza nel nord, nell’est e nel sud del Paese, in un comunicato inviato all’agenzia Fides al termine della loro 52esima Assemblea Plenaria, che si è tenuta a Kinshasa dal 22 al 26 giugno.

Nel Kivu clima di genocidio, un focolaio d’integralismo jihadista e processo di balcanizzazione
“I vescovi – è scritto nel comunicato - hanno ascoltato il grido d’allarme della popolazione del Territorio di Bondo, a seguito dei massacri e dei rapimenti perpetrati dall’Lra (Esercito di Resistenza del Signore), così come il toccante messaggio dell’Assemblea episcopale provinciale di Bukavu, che denuncia il silenzio di fronte ai tre principali pericoli in Kivu: un clima di genocidio; un focolaio d’integralismo jihadista e un processo di balcanizzazione”.

Dialogo nazionale nel rispetto della costituzione
Nel documento si ribadisce la posizione della Conferenza episcopale sul dialogo nazionale promosso dal Presidente Joseph Kabila, che “deve avvenire nel rispetto assoluto del quadro costituzionale e istituzionale in vigore”. Ovvero senza che si arrivi ad un cambiamento costituzionale per permettere al Presidente uscente di presentarsi alle elezioni per ottenere un terzo mandato.

Pericoli per la famiglia che diverse forze vogliono distruggere
Sul piano pastorale i vescovi segnalano i pericoli cui deve far fronte la famiglia, vittima di “diverse forze che mirano a deformarla e persino a distruggerla”. Per questo, dopo il Sinodo di ottobre dedicato alla famiglia, i vescovi congolesi hanno indetto per il mese di febbraio 2016, un Congresso nazionale sulla famiglia. (L.M.)

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Nepal: l’aiuto della Caritas dopo il terremoto

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Nei due mesi successivi al terremoto del 25 aprile, Caritas Nepal ha raggiunto oltre 269.000 persone bisognose di assistenza e fornito 54mila alloggi a famiglie. Le persone hanno ricevuto cibo, materiali per costruire alloggi temporanei, kit per l’igiene. Come informa una nota della Caritas Nepal inviata a Fides, la Caritas ha raggiunto numerose comunità emarginate come quelle di Chepang e Tamang, in villaggi remoti. Inoltre sono state aiutate persone socialmente escluse e comunità indigenti come dalit e musulmani.

Due giornate di formazione e riflessione per il personale coinvolto
Nei giorni scorsi la Caritas Nepal ha organizzato due giornate di formazione e riflessione per tutto il personale coinvolto, con la partecipazione del vescovo, mons. Paul Simick, vicario apostolico del Nepal, in cui sono stati illustrati i frutti di un inteso lavoro di assistenza, svolta anche grazie agli aiuti di Caritas Internationalis.

Iniziative di microcredito, programmi di formazione professionale
​Come riferisce la nota, l’organizzazione sta programmando di raggiungere altre 11.000 famiglie, anche progettando di servire le comunità locali con iniziative di microcredito, programmi di formazione professionale, soprattutto nei settori dell’agricoltura e delle imprese rurali, avviando la fase della ripresa e della ricostruzione del tessuto sociale ed economico. La Caritas Nepal offrirà anche alcune borse di studio e piccoli prestiti per la costruzione di case, destinate a chi ha visto la propria abitazione completamente distrutta, e intende contribuire alla ricostruzione di scuole e ospedali danneggiati. (P.A.)

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Nicaragua. Card. Brenes: appello ai valori e rispetto per la vita

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Il cardinale arcivescovo di Managua, Leopoldo Brenes, ha messo in guardia sul fatto che la società sta perdendo il rispetto della vita e dei valori morali, facendo riferimento ai crimini violenti verificatisi in varie parti del Paese nelle ultime settimane, motivati da avidità, dispute sull'eredità di famiglia o da conflitti tra parenti. “Stiamo perdendo i valori e il rispetto per la vita, abbiamo anche perso il rispetto, l'amore e l'affetto nei confronti della società e della famiglia" ha detto il cardinale dopo la Messa domenicale di ieri, celebrata nella cattedrale di Managua.

Card. Brenes esorta i media a mettere in evidenza i valori positivi
​Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides da una fonte locale, in una nota il cardinale ha sottolineato che famiglia, scuola e Chiesa devono promuovere il rispetto per le persone e prevenire così ulteriori casi di violenza. “Le persone sono alla ricerca di eredità che non potranno mai godere, perché il denaro sporco non produce mai progresso, questi crimini sono riprovevoli” ha detto il card. Brenes, esortando i media a mettere in evidenza i valori positivi e a non mostrare continuamente scene di violenza, perché anche questo contribuisce a creare una società violenta. "Dobbiamo lavorare insieme, la società con le chiese e i media, per fare un ‘bombardamento positivo’ verso i bambini e i giovani con valori buoni, per evitare la cultura della morte, la distruzione e l'odio che si è installato nel Paese" ha concluso.

Episodi di violenza familiare nel Paese
In Nicaragua si sono verificati molti episodi di violenza familiare nelle ultime settimane, ampiamente riportati dai media. Tra questi, il giovane Nahum Bravo è stato condannato alla massima pena per aver ucciso suo padre, la sorella e la matrigna per appropriarsi del denaro e delle proprietà del padre. Un altro omicidio è stato perpetrato nella regione di Waslala, dove un uomo è stato ucciso dal fratello e dal figlio di questo per impossessarsi di una fattoria. (C.E.)

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Indonesia. Aereo cade sulla città di Medan, oltre 100 morti

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Si è schiantato sulle case e i negozi di una zona residenziale della città indonesiana di Medan, in provincia di Sumatra. Sono morti così i 113 passeggeri a bordo del C-130 Hercules precipitato oggi. Non si hanno ancora notizie di vittime a terra, ma le immagini del disastro sono eloquenti della devastazione causata nell’area coinvolta dall’incidente. Dopo lo schianto si è sviluppato un incendio domato dai soccorritori, tuttora impegnati nelle operazioni di soccorso.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 181

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.