![]() |
![]() |

Sommario del 21/06/2015
- Dio rinnova gli uomini: la Messa del Papa a Torino dopo la preghiera davanti alla Sindone
- Papa Francesco sul lavoro: per bene comune e non solo produzione
- Il Papa pranza con i senza fissa dimorae gli immigrati
- Il Papa con i Salesiani a Torino nel Bicentenario di Don Bosco
- Lunedì a Torino Francesco sarà in visita al tempio valdese
- Marelli: Laudato si’ chiede sforzo comune, potenti ascoltino Francesco
- Grecia pronta al compromesso in vista di Eurogruppo domani
- In tanti ieri a Roma per dire no al gender
- Rivoluzione culturale: a Greenaccord l'Enciclica "Laudato si'"
- Ospedale Bambino Gesù: "Vogliamo globalizzare la solidarietà"
- Nella Giornata contro le leucemie, pazienti in barca a vela
- Ventimiglia: ottava notte sugli scogli per 170 migranti
- Gerusalemme: poliziotto ferito davanti la porta di Damasco
- India: al via la Campagna Caritas "Pope4Planet"
- Pakistan: “Squadra speciale di indagine” per casi di blasfemia
- Chiesa Argentina: per superare la crisi dialogo e riconciliazione
Dio rinnova gli uomini: la Messa del Papa a Torino dopo la preghiera davanti alla Sindone
Alcuni densi minuti di silenzio e di preghiera con lo sguardo rivolto alla Sindone. E’ questa una delle emozionanti immagini del primo giorno di visita pastorale di Papa Francesco a Torino. Il Papa ha toccato con delicatezza e tenerezza la teca che contiene il sacro tela prima di pregare davanti alla tomba del beato Pier Giorgio Frassati. Poi il centro storico di Torino, gremito di fedeli e pellegrini, è diventato una grande basilica a cielo aperto per la Messa presieduta dal Santo Padre in piazza Vittorio. Una folla silenziosa e orante di circa 100.000 persone ha partecipato alla celebrazione eucaristica. L’amore di Dio verso di noi – ha detto il Santo Padre - è fedele, ricrea tutto. E’ un “amore stabile e sicuro”. Il servizio del nostro inviato Amedeo Lomonaco:
L’amore più grande, quello di Dio per gli uomini, è stato al centro dell’omelia pronunciata da Papa Francesco nel cuore di Torino, con sullo sfondo l’imponente profilo della Mole antonelliana. Il Papa - che prima della Messa ha pregato in Duomo dove ha guardato e si è lasciato guardare dalla Sindone – ha detto che “Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura”. Il suo amore – ha aggiunto - è fedele:
“E’ un amore che non delude, non viene mai meno. Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita”.
Gesù – ha aggiunto il Pontefice – “ci ama tutti”, non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà:
“Gesù rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele”.
L’amore di Dio è fedele e ricrea tutto, “fa nuove tutte le cose”. Ma per aprirsi al suo amore rigenerante, l’uomo deve riconoscere i propri limiti:
“Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ricrearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori”.
“Sperimentiamo la sua pazienza, la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti”. Ma quale è il segno – ha chiesto il Papa – che ci fa comprendere di essere uomini nuovi?
“Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi”.
L’amore di Dio è fedele, ricrea tutto ed è stabile e sicuro, come gli scogli che riparano dalla violenza delle onde. Dio – ha detto Francesco - è sempre accanto all’uomo, soprattutto nei momenti difficili:
“Di fronte all’uomo che grida: ‘Non ce la faccio più’, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto”.
Citando poi le parole del poeta Nino Costa, il Papa - con voce commossa - ha ricordato come il popolo piemontese abbia radici solide:
“Gente che non risparmia tempo e sudore
– razza nostrana libera e testarda –.
Tutto il mondo conosce chi sono
e, quando passano… tutto il mondo li guarda”.
Chiedendo se oggi siamo saldi su questa roccia, che è l’amore di Dio, il Pontefice ha poi affermato che c’è sempre il rischio di dimenticare l’amore grande mostrato dal Signore. Anche noi cristiani – ha spiegato – “corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro” cercando “sicurezze in cose che passano, o in un modello di società che tende ad escludere più che a includere”:
“In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica”.
Le famiglie - ha osservato il Papa - hanno bisogno di sentire la carezza materna della Chiesa per andare avanti “nella vita coniugale, nell’educazione dei figli, nella cura degli anziani e nella trasmissione della fede”. Al termine della celebrazione in piazza Vittorio, il Santo Padre all’Angelus ha detto che la Sindone è l’icona dell’amore di Dio per gli uomini:
“La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù”.
Il Papa ha poi affidato alla Vergine Santa le famiglie, i giovani, gli anziani, i carcerati e tutti i sofferenti rivolgendo un pensiero speciale per i malati di leucemia nella Giornata nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma. Maria Consolata – ha detto infine il Pontefice – renda salda la fede per essere “sale e luce” in questa terra benedetta. “Una terra di cui sono nipote”, ha concluso il Papa ricordando le proprie origini piemontesi.
Tanti i volontari che hanno prestato servizio nei vari appuntamenti del Papa a Torino. Una testimonianza di una volontaria al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Mi è sembrato veramente importante dire grazie al Signore, per questa splendida occasione di avere ancora una volta in visione il “lenzuolo”. C’è un forte richiamo a Cristo. Mi è sembrato, quindi, giusto restituire questa riconoscenza e sono molto contenta di averlo fatto, perché ho incontrato delle persone splendide, che offrivano magari la loro gioia o la loro sofferenza per un bene più grande.
D. – Che significato ha per lei, come torinese, questa giornata?
R. – E’ una giornata molto importante. E’ un Papa nella sua terra d’origine e non solo, nella terra dei Santi, nel bicentenario di Don Bosco. E poi, ancora, perché siamo legati al Santo Sudario per tutto quello che nella storia ha rappresentato e per il modo con cui si è conservato, nonostante le varie difficoltà nei secoli, ed è approdato ancora qui a Torino.
Tra le persone partecipanti, entusiasmo per il messaggio di Papa Francesco:
R. – Vogliamo speranza da Francesco. Lui ci ha sempre detto di sperare, di non perdere mai la speranza e noi gli chiediamo di aiutarci in questo cammino verso la speranza.
R. – Sicuramente ritrovare la speranza nel futuro, grazie a Francesco, direi sia importante.
D. – In Piazza, ad accogliere il Papa c’è solo la Torino ecclesiale e la Torino dei credenti?
R. – No, secondo me no, perché è un Papa che sa parlare a tutti .
D. – Torino ha bisogno di speranza in questo momento?
R. – Assolutamente sì. Tutta l’umanità credo, non solo l’Italia, non solo Torino, tutta l’umanità.
D. – Quale dei momenti di questa giornata così intensa la colpisce di più?
R. – Penso un po’ tutti: le persone che sono qui; tutti quanti. Credo non ci sia un momento della giornata senza intensità: da questa mattina presto.
Papa Francesco sul lavoro: per bene comune e non solo produzione
Appena giunto nel capoluogo piemontese, accolto dal sindaco Piero Fassino e dalle altre autorità locali, Papa Francesco ha incontrato il mondo del lavoro. Dopo i saluti di un’operaia, di un agricoltore e di un imprenditore, il Pontefice ha detto con forza: “No” a un’economia dello scarto, no all’idolatria del denaro, alla corruzione, all’iniquità che genera violenza”, si ad un patto sociale e generazionale per un lavoro a misura dell’uomo. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Un discorso a tutto tondo, in cui Francesco ha messo insieme, rispondendo alle storie di sacrificio e difficoltà raccontate da una donna operaia, da un lavoratore della terra e da un imprenditore, i temi del lavoro, della crisi economica, della famiglia e dell’immigrazione. Passa per il lavoro, afferma il Papa, la via della ripresa economica, ma soprattutto del’affermazione del ruolo che la persona deve avere nella società.
“Il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale”.
La mancanza di lavoro, causata dalla crisi, genera diseguaglianze sociali e ha una serie di ricadute negative sulla casa, sulla salute e su altri beni primari, Ma tutto questo, afferma il Papa, non deve creare antagonismo con chi arriva in Italia alla ricerca di un futuro migliore.
“L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre. Fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni, in cui esseri umani vengono trattati come merce”.
In questa situazione, Papa Francesco dice “no” a un’economia dello scarto, che esclude dalla società poveri, bambini, anziani e ora anche i giovani, all’insegna del fatto che ciò che non produce si esclude, a modo di “usa e getta”. Un altro forte “no”, il Pontefice lo rivolge alle forme di corruzione, come collusioni mafiose, truffe o tangenti. Un altro “no” è quello contro l’iniquità. Il conflitto sociale, dice il Papa, va prevenuto e questo si fa con la giustizia. Come afferma la Costituzione italiana, dice Francesco, il lavoro è fondamentale. Tutte le componenti della società devono collaborare, perché esso ci sia e sia degno per l’uomo e per la donna, nell’ambito di un modello economico che non sia organizzato in funzione del capitale e della produzione, ma piuttosto in funzione del bene comune. E a proposito delle donne il Papa afferma:
“I loro diritti vanno tutelati con forza, perché le donne, che pure portano il maggior peso nella cura della casa, dei figli e degli anziani, sono ancora discriminate, anche nel lavoro”.
Fondamentale, per un salto di qualità, dunque, un “patto sociale e generazionale”, tra lavoratori e imprenditori, ma anche tra giovani e anziani.
“Non dimenticare questa ricchezza! I figli sono la promessa da portare avanti… E gli anziani sono la ricchezza della memoria. Una crisi non può essere superata senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni… I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo”.
Infine, l’esortazione al “coraggio” rivolta ai presenti da Papa Francesco, un coraggio che non significa pazienza e rassegnazione, ma esortazione ad andare avanti. “Siate creativi! Siate artigiani tutti i giorni – conclude Francesco – artigiani del futuro! Con la forza di quella speranza che ci dà il Signore e che non delude mai. Ma che ha anche bisogno del nostro lavoro”.
Tra le parole del Papa al mondo del lavoro c’è stato il riferimento al necessario coordinamento tra imprese, scuole professionali e università. Fabio Colagrande ha raccolto il commento di Don Luca Peyron, responsabile della Pastorale universitaria di Torino.
R. – Credo che la cosa importante sia aver scommesso. L’Università – se volete – in qualche modo è la memoria di quello che sappiamo fare ed è la scommessa per il futuro con i nostri giovani. L’Università, come la scuola professionale, sono il luogo di incontro tra il passato e il futuro, dove i ragazzi costruiscono il loro presente con alle spalle il passato, come ha detto il Santo Padre, e con davanti il futuro, che speriamo sia luminoso e bello come questo azzurro, in questa Torino che oggi ha accolto il Papa.
D. – Come ha accolto il Papa Torino?
R. – Con tanta trepidazione, tanta gioia e con tanta, tanta speranza che, al di là delle parole, delle promesse, gli uomini siano toccati nel cuore e facciano quel passo in più al di là delle paure.
Il Papa pranza con i senza fissa dimorae gli immigrati
Per il momento del pranzo Papa Francesco ha scelto l'incontro con alcune persone senza fissa dimora. Amedeo Lomonaco ha intervistato Pierluigi Dovis, direttore di Caritas Torino:
R. – Le persone senza dimora in città sono aumentate e siamo intorno alle duemila unità. All’interno di queste categorie di persone senza dimora – ahimè! – sono aumentati coloro che sono in strada non per scelta personale, tipo l’antico clochard, e non per la difficoltà prodotta, ad esempio, dall’uso e dall’abuso di sostanze, cosa che capitava fino ad alcuni anni fa: sono impiegati. Abbiamo anche di qualche giornalista e abbiamo anche persone con carriere lavorative molto significative che sono finite in strada. Il Santo Padre fa questo pranzo con alcune persone in difficoltà e fra queste alcuni senza dimora che vengono proprio da percorsi che non sono certamente i percorsi classici della vita di strada.
D. – un incontro molto toccante?
R. – Sì, anche perché insieme a loro è presente una famiglia rom parecchio numerosa e alcuni ragazzi che vengono dal carcere minorile della nostra città. La scelta del Papa è una scelta che, a livello di segno, è molto importante: non pranza con le autorità civili, neanche con quelle religiose; pranza con gli ultimi, perché è dagli ultimi che può ripartire davvero la ricostruzione della nostra società. E noi qui, a Torino, lo stiamo vedendo, perché abbiamo trovato, in questi ultimi anni, diverse istituzioni che si sono aperte moltissimo agli ultimi, dando loro davvero un aiuto molto interessante. Ne cito una per tutte: il Teatro Regio, che è il nostro grande teatro lirico, da due anni a questa parte, in modo ripetitivo, invita gruppi di persone senza dimora e poveri di vario tipo e di varia specie – gratuitamente, evidentemente – ad assistere a spettacolo operistici oppure a concerti. All’inizio sembrava un po’ una cosa fuori dal tempo, perché quando le persone non hanno da mangiare e non hanno di cosa vestirsi, tu gli vai a proporre di andare a vedere un’opera al Teatro Regio… Invece abbiamo capito che questa proposta è una proposta che aiuta le persone a sentirsi persona e ad avere ancora il coraggio di affrontare il futuro con dignità o con la massima dignità possibile. Il segno del Papa va ad inserirsi all’interno di piccoli segni che sono partiti in questi ultimi anni nella città e che ci fanno capire davvero che l’attenzione agli ultimi – quando non è pietismo – diventa davvero un punto di partenza per una nuova società.
D. – Qual è oggi il volto di questa città? Quali le sue emergenze e le sue sfide?
R. – E’ una città in profondo cambiamento, che in questi ultimi anni ha – da una parte – subito la crisi economica e finanziaria, ma che – dall’altra parte – ha anche cercato un rilancio complessivo non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale. Ci sono, però, dei problemi che rimangono e che sono emergenti: il grande problema è che inerisce il mondo del lavoro, anche se ci sono piccoli spiragli soprattutto sulla capacità di autoimprenditorialità. C’è in questo momento un problema, quindi, ancora di ampliamento della fascia di popolazione in situazione di povertà o di vulnerabilità e fragilità sociale, che – mal contata – arriva a contare il 20 per cento della popolazione, sia italiana che straniera. Ma d’altra parte è una città dalle grandi risorse di solidarietà, come si è visto in questi ultimi due anni nei quali sono state aperte diverse mense per i poveri, luoghi di accoglienza per le persone in difficoltà… Insomma se da una parte c’è un aspetto – diciamo così – grigio di questa città, il sole non è assolutamente tramontato.
D. – Quali sono le periferie di Torino, soprattutto esistenziali, verso cui Caritas concentra i propri sforzi?
R. – In questo momento la grande periferia è anzitutto la famiglia in difficoltà. Famiglie che vivono la difficoltà della perdila del lavoro e, di conseguenza, della perdita della casa. Su questo stiamo investendo molte risorse e devo dire che grazie anche ad una forte interazione con gli enti pubblici, stiamo riuscendo a risolvere molte delle questioni problematiche: gli sfratti esecutivi l’anno scorso solo a Torino sono stati 4.500. Un’altra periferia esistenziale è quella dei genitori soli, che si ritrovano oltre ad essere soli, perché separati, anche in situazioni di difficoltà economica. Il nostro sforzo è quello di aiutarli a vivere comunque la loro genitorialità con i figli più piccoli. Sono un po’ queste le grosse periferie.
D. – Come è cambiato in questi anni, e negli ultimi specialmente, il volto della povertà a Torino? Rispetto ad altre città italiane, la progressiva e costante perdita di posti di lavoro è stata più traumatica, più veloce: questo ha portato improvvidamente molte famiglie a cadere proprio nella povertà…
R. – Sì, esattamente! Torino, tra le città del Nord Italia, è quella che ha sentito più pesantemente gli effetti della crisi, anche perché problematiche erano già partite prima del 2008. Forse è la città che più di tutte ha visto un impennarsi della figura dei nuovi poveri e cioè di quella classe media o medio basse che repentinamente si è impoverita perché o ha perso o ha visto ridimensionato in modo molto serio il tema del lavoro e quindi degli ingressi economici della famiglia.
Tra quanti hanno pranzato con Papa Francesco anche immigrati, e tra questi, alcuni profughi. Al microfono di Amedeo Lomonaco il direttore dell'Ufficio per la pastorale sociale dei migranti, Sergio Durando:
R. – L’incontro è prima della partenza. Un incontro che è molto sentito, un incontro che sappiamo esprime anche la sensibilità di Papa Francesco, che il suo primo viaggio pastorale aveva scelto di farlo a Lampedusa, che è d’altra parte d’Italia; oggi Papa Francesco in una città del nord incontra, in qualche modo, col la città, nelle sue varie articolazioni, persone che sono scappate da varie parti del mondo e che, attraverso viaggi molto complessi, sono arrivati a Torino.
D. – Come Lampedusa, Torino e in particolare la Chiesa, accolgono con grande generosità i profughi. Ma la solidarietà non basta… Quali oggi le priorità?
R. – Sappiamo che c’è una difficoltà da un punto di vista nazionale ad articolare un progetto efficace, che riesca a dare una risposta senza scadere continuamente in soluzioni di emergenza. Noi crediamo che l’accoglienza debba essere organizzata su tutto il territorio in modo capillare, e che si debbano evitare situazioni del tipo: “Io non li prendo!”; “Io ne ho già troppi!”; “Tocca a te!”; “Che ci pensino altri”… Ciascuno deve essere, in qualche modo, chiamato alle proprie responsabilità. Sapendo che i dati sono di oltre 50 milioni di persone che scappano da situazioni differenti in diverse aree del mondo, nel 2014 l’Italia ha visto approdare sulle proprie coste 170 mila presenze: quindi, da oltre 50 milioni a 170 mila presenza, il numero non è poi così elevato.
D. – La soluzione dell’ospitalità in famiglie, in comunità potrebbe anche essere ottimale proprio per superare l’oggi che è di malaffare e che purtroppo abbiamo visto…
R. – Torino ha una esperienza avviata dal 2008, un progetto che si chiama “Rifugio diffuso”, proprio con questa idea di rendere l’accoglienza più diffusa attraverso famiglie. Anche quest’anno la pastorale migranti ha proposto l’accoglienza di 10 rifugiati in 10 famiglie. L’esperienza che si è avviata è un’esperienza molto interessante, perché una famiglia che ha la disponibilità di una camera per accogliere l’altra persona riesce poi anche a seguire bene queste persone e quindi ad accompagnarle in un percorso di integrazione.
D. – Torino è stata nel dopoguerra la meta di molti emigranti, soprattutto meridionali. Com’è cambiata negli ultimi anni la realtà dell’immigrazione proprio nel capoluogo piemontese e quali sfide pone?
R. – Torino è una città davvero particolare ed emblematica da questo punto di vista. Nel dopoguerra era una città che aveva un po’ più di 400 mila abitanti, che è passata nel 1972 ad oltre un milione e 200 mila persone. Quindi a Torino sono arrivate, in particolare dalle altre regioni italiane, 800 mila persone. Oggi Torino accoglie immigrati non solo da regioni italiane, ma anche da altre parti del mondo e il numero è di 150 mila. Una presenza importante, una presenza che in qualche modo sta nuovamente cambiando la città nelle sue varie espressioni: dalla scuola alle strade, ai mezzi pubblici, ai negozi, ai luoghi di culto, alle espressioni culturali che in questa città ci sono. La sfida è certamente quella di fare in modo che non nascano dei ghetti, che non nascano delle contrapposizioni: la sfida è quella di lavorare sulla coesione sociale, per creare sempre di più delle città che siano comunità, in cui le diversità riescano in qualche modo a stare insieme, a condividere e a valorizzarsi reciprocamente.
Il Papa con i Salesiani a Torino nel Bicentenario di Don Bosco
In occasione del Bicentenario della nascita di Don Bosco, nel pomeriggio a Torino l'incontro di Papa Francesco con i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Nell'intervista di Fabio Colagrande, Don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani:
R. – Per noi, Salesiani di Don Bosco e della Famiglia Salesiana, è prima di tutto un grande omaggio che ci fa Papa Francesco. Siamo veramente molto riconoscenti per questo, per questa grande sensibilità ed amore; ma anche per quello che lo Spirito ha fatto in Don Bosco. Allo stesso tempo, quindi, noi diciamo veramente grazie a Papa Francesco, perché questa per noi non è soltanto una visita di cortesia: la presenza del Papa è una parola della massima autorità, di grande autorità ed è una spinta ad essere sempre più fedeli al Signore Gesù, allo Spirito e al carisma che abbiamo ricevuto. Crediamo che questo sia un momento per crescere, un invito a crescere, cui credo senza dubbio Papa Francesco ci chiamerà.
D. – Quali elementi del Magistero di Papa Francesco sentite più vicini come Salesiani?
R. – Io credo che tutta la Chiesa senta molto vicino questo Magistero del Papa: è così pratico, si capisce così bene… Noi - e questo è stato chiaro sin dall’inizio del suo Pontificato, quando Papa Francesco, parlando a tutta la Chiesa, l’ha invitata ad andare veramente alle periferie – questo tema delle ‘periferie’ lo sentiamo molto vicino. Io ho detto tante volte ai miei confratelli e alla Famiglia Salesiana: “Carissimi, cos’è stato Valdocco se non una periferia di Torino ai tempi di Don Bosco?”. Questo a noi parla veramente del nostro dovere di andare sempre tra i giovani e tra di loro fra i più poveri. Secondo: questa parola universale di una Chiesa in uscita. Per noi è lo stesso. Io dico sempre ai miei confratelli: “Non è sufficiente – anche se è molto importante – avere le porte delle nostre case salesiane aperte a tutti. Questo è certamente bello, ma siamo noi che dobbiamo andare a cercare quelli che sono più lontani e che si sentono più lontani. Questa è una seconda realtà molto cara a noi. Terzo: la realtà di una Chiesa povera che per noi significa essere una congregazione per i poveri. Anche questa è una parola che io ripeto e dico tanto ai miei confratelli. Ma soprattutto l’evangelizzazione: noi siamo una famiglia religiosa per evangelizzare. Mai dobbiamo dimenticare che questo è il nostro primo compito.
D. – Don Angel, come vivete questo bicentenario? Che attualità ha oggi il carisma di Don Bosco?
R. – Lo stiamo vivendo veramente come un anno di grazia del Signore. Abbiamo fatto tante cose per cercare di non celebrarlo in maniera vuota, ma per celebrarlo nella preghiera e nell’ascoltare cosa oggi ci dice il Signore. E qualsiasi cosa abbiamo fatto è sempre stata cercando i giovani e i più bisognosi. Questa è la prima cosa. In secondo luogo, io credo veramente – e questo lo ho sentito girando per il mondo - quest’anno sono andato in 25 nazioni, delle 132, in cui siamo presenti – che Don Bosco sia un dono vero dello Spirito a tutta la Chiesa e al mondo. Don Bosco ha veramente una grande attualità. Ma in che senso? Portare i giovani a Dio, portare i giovani vicino a Gesù. Questo compito per noi non cambia, perché è la realtà che è stata per Don Bosco, per Madre Mazzarello e per tutti coloro che ci hanno preceduto; ma devo dire anche perché Don Bosco ha cercato sempre di essere molto vicino al cuore dei giovani, che è sempre lo stesso: 150 anni fa, 100 anni fa ed oggi. Questo vuol dire che quando un giovane vede – dalla sua esperienza personale – che è voluto bene, che quella persona è veramente un educatore-educatrice, un amico-amica, un fratello-sorella, il giovane dice: “Qui mi trovo bene! Qui mi sento a casa!”. Il cuore del giovane è aperto, è aperto a un rapporto bello, ad un rapporto educativo, è aperto a Dio. Questo è Don Bosco ancora oggi.
Lunedì a Torino Francesco sarà in visita al tempio valdese
Nella seconda giornata della sua visita a Torino, lunedì 22 giugno, Papa Francesco visita il Tempio Valdese della città, in Corso Vittorio Emanuele II e diventerà il primo Papa della storia ad essere entrato in un Tempio valdese. Come è stata accolta la sua decisione di accettare l’invito della Tavola valdese e visitare il Tempio del capoluogo piemontese? Nell’intervista di Fabio Colagrande, lo spiega Paolo Ribet, pastore valdese del Tempio di Torino:
R. – La Chiesa valdese di Torino ha una sua storia particolare. Forse non tutti sanno che i diritti civili sono stati concessi ai Valdesi – e poi anche agli Ebrei – soltanto nel 1848 e la Chiesa di Torino è la prima che è sorta al di fuori di quello che possiamo chiamare “il ghetto delle Valle valdesi”, dove i valdesi erano rinchiusi e da cui non potevano uscire. Questa è poi una Chiesa che in qualche modo esprime le varie anime della Chiesa valdese: la parte più tradizionale, e, dall’altra parte, l’evangelismo italiano che è un po’ più aperto alle realtà del mondo intorno a noi.
D. – Qual è il valore storico di questa “prima volta” di un Papa in un Tempio valdese?
R. – Contatti, ovviamente, tra cattolici e valdesi ci sono già ormai da molti anni, e anche il moderatore della Tavola valdese aveva già incontrato altre volte Papa Francesco. Il fatto che un Papa entri in una chiesa valdese è però la “prima volta”, ed è – io credo – significativo della volontà di riconoscimento reciproco e di lanciare ponti, come si suol dire; e poi, l’ha detto anche Papa Francesco: “Abbattete i muri e costruite i ponti”. Ecco: questo è un ponte che si costruisce nel riconoscimento reciproco. Da una parte, la Tavola valdese invita Papa Francesco, e, dall’altra parte, Papa Francesco accetta questo invito. Il tutto è significativo di un riconoscimento reciproco che – diciamocelo – non c’è stato sempre, da parte di ambedue le Chiese: nel senso che ci si pone spesso un po’ in contrapposizione l’uno con l’altro, mentre invece qua si esprime una volontà di fraternità molto più forte.
D. – Quale reazione ha registrato nel mondo protestante a questa scelta del Papa?
R. – Alcuni hanno trovato la scelta della Tavola immotivata, come se fosse un cedere dalle proprie posizioni; ma altri, invece, si sono dimostrati gioiosamente o sobriamente felici di questa possibilità di incontro. E infatti il nostro tempio sarà bello pieno di persone che non sono tanto curiose, quanto piuttosto piacevolmente sorprese da questa visita. Poi, certo, anche la personalità di Papa Francesco attira. Inoltre, molte coppie, molte famiglie che aderiscono alla Chiesa valdese in realtà sono famiglie miste: un genitore è cattolico è l’altro è valdese. Per cui, diciamo così: questo incontro, per queste famiglie, significa anche una possibilità di incontro particolare.
D. – Come pastore valdese, quali tratti del magistero di Papa Francesco apprezza particolarmente?
R. – Certamente, Papa Francesco ha imposto una svolta: appunto questo costruire i ponti. Non dimentichiamo che prima di venire in una chiesa valdese è stato, per esempio, in una chiesa pentecostale, a Caserta. Credo che Papa Francesco abbia con semplicità, con umiltà, se vogliamo, ma con molta forza, aperto delle porte che poi nella Chiesa cattolica difficilmente si potranno richiudere. Io apprezzo la sua sobrietà ma nello stesso tempo, la schiettezza con cui pone i problemi di fronte alla sua Chiesa e direi anche di fronte al mondo.
D. – Come si svolge concretamente la visita?
R. – Tutto molto semplice: quando il Papa arriva ci sarà un coro che canta, poi il mio saluto molto breve, poi il discorso del moderatore della Tavola valdese e la risposta di Papa Francesco. Poi parlerà il moderatore della Chiesa valdese in Sudamerica e il rappresentante metodista, e poi insieme si canterà un inno secondo la nostra tradizione, si dirà insieme il Padre nostro e poi ci sarà un momento “conviviale” con un gruppo più ristretto di persone. Tutto molto tranquillo, se così vogliamo dire …
Marelli: Laudato si’ chiede sforzo comune, potenti ascoltino Francesco
Un documento che sa coniugare scienza e teologia, spiritualità ed ecologia. L’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco, confermando le attese che ne hanno preceduto la pubblicazione, ha suscitato un ampio dibattito a livello internazionale. Alessandro Gisotti he ha parlato con Sergio Marelli, presidente del Comitato italiano di Sovranità Alimentare:
R. – Un documento molto atteso, che arriva con una “tempistica” quanto mai opportuna e pertinente: alla vigilia della Conferenza di fine anno che si terrà a Parigi sui cambiamenti climatici, che ad oggi non lascia sperare nulla di buono, come nei vertici precedenti nel corso dei quali peraltro Papa Francesco già non aveva lesinato parole molto dure nei confronti dei decisori della politica internazionale, per assumere le misure dovute, le misure drastiche per porre rimedio a questa situazione che – con l’Enciclica lo ribadisce – sta andando verso un punto di non ritorno. Quello che mi ha colpito sicuramente è la composizione di questo lungo testo, che si articola tra argomentazioni scientifiche, portate con la massima precisione e la massima puntualità, insieme con un grandissimo inciso di ordine teologico. La tecnologia e la scienza non sono neutrali, ma oggi sono orientate al profitto. Invece – dice Papa Francesco – devono essere degli strumenti orientati a raggiungere quel bene comune che è il clima, il vivere in armonia con il pianeta, per garantire un futuro alle generazioni prossime.
D. – Il Papa denuncia con forza la cultura dello scarto, come anche la globalizzazione del paradigma tecnocratico, ma fa anche delle proposte ai poteri politici ed economici…
R. – Sì, una sorta di vademecum per avere una vera e propria agenda di punti che si possono e si dovrebbero perseguire con rapidità ed urgenza, per porre rimedio a questa situazione molto grave. Quello che mi ha colpito è l’insistenza sull’azione educativa: proprio partendo dalla cultura dello scarto, richiamando la sobrietà come stile di vita, necessario anche come impegno individuale, richiamando alla politica e ai grandi decisori, un impegno individuale che deve essere perseguito attraverso – insiste molto Papa Francesco – un’azione educativa per nuovi stili di vita, per un atteggiamento ecologico, e poi infine per ridurre questa cultura dello spreco che oggi – non dimentichiamo – fa sì che ogni persona nel mondo ricco butti nella pattumiera i due terzi delle calorie necessarie per sfamare un altro individuo.
D. – Papa Francesco è probabilmente, per non dire certamente, la personalità più popolare oggi al mondo: quanto peso potrà avere questa Enciclica negli appuntamenti significativi quali l’intervento dello stesso Pontefice all’Assemblea Generale dell’Onu e poi la Conferenza sul Clima di Parigi a fine anno…
R. – Le parole di Papa Francesco nei confronti dei decisori politici sono senza mezzi termini, oserei dire sono molto dure. Quando dice che il potere politico e il potere economico mascherano i problemi perché – in un altro passaggio afferma – “sono sottoposti al profitto e sottomessi alla grande finanza internazionale”… Sono parole dure che non so quanto saranno accolte dai decisori della Comunità internazionale. Certo è che Papa Francesco – e questa Enciclica lo conferma – resta l’unica speranza: lui, insieme agli altri leader religiosi. Non dimentichiamo che nella premessa c’è un bellissimo accorato ringraziamento al Patriarca ortodosso Bartolomeo e agli altri leader religiosi, nella convinzione che attraverso una grande unione, forse si riuscirà anche a convincere le coscienze di chi ha in mano i destini del pianeta e dovrà consegnare questo nostro pianeta e ambiente alle generazioni che verranno.
Grecia pronta al compromesso in vista di Eurogruppo domani
Ultime ore di lavoro per il governo greco in vista dell’Eurogruppo di domani. Si cerca un accordo in extremis con i creditori che eviti alla Grecia il default e una rottura che potrebbe portare il Paese fuori dall’Euro. Il governo Tsipras si è detto pronto ad un compromesso qualora arrivassero “segnali significativi” da parte della Germania e degli altri membri dell’eurozona. Il servizio di Michele Raviart:
Misure fiscali permanenti pari al 2% del Pil greco, stop ai prepensionamenti a partire dal 2016, tagli della spesa pubblica automatici qualora si superi il budget previsto. Queste le proposte che, secondo indiscrezioni, il governo greco presenterà domani ai Paesi dell’Eurozona, in una serie di incontri decisivi per il Consiglio europeo di giovedì prossimo. Governi ed istituzioni europee chiedono ad Atene un nuovo piano di riforme per ristrutturare il debito greco ed elargire nuovi prestiti. Tsipras, da parte sua, è convinto di aver già concesso troppo ai creditori e spera di ottenere un’estensione del programma di aiuti fino a settembre, attraverso un trasferimento di 6 miliardi di Euro dal fondo salva-Stati. Il raggiungimento di un “accordo onorevole” passa attraverso una “decisione chiara” della Germania, scrive il ministro delle finanze Varoufakis, che invita il cancelliere tedesco Angela Merkel a non abbandonare “l’unico governo che può mantenere il popolo greco sul cammino delle riforme”. Intanto - mentre le banche greche rischiano il crack per i circa 4 miliardi di euro ritirati dai correntisti e l’ipotesi di uscire dalla moneta unica appare sempre più concreta– oltre cento intellettuali e personalità firmano una lettera rivolta alle istituzioni europee. “Non è possibile vivere in un mercato unico con una singola moneta con 19 politiche economiche e fiscali”, scrivono, invitando l’UE a procedere spedita verso una maggiore integrazione bancaria, fiscale, economica e politica.
In tanti ieri a Roma per dire no al gender
Ieri pomeriggio a Roma la manifestazione “Difendiamo i nostri figli. Stop al gender nelle scuole”. Un evento partito dal basso, voce di un popolo che dice basta alla colonizzazione ideologica e all’equiparazione tra matrimonio e unioni civili. 400.000 i partecipanti secondo la Questura. C’era per noi Paolo Ondarza:
La pioggia scrosciante non ha scoraggiato gli oltre un milione di partecipanti, secondo gli organizzatori. Un evento non ideato dalle grandi organizzazioni o movimenti, ma nato dal basso appena 18 giorni fa. Il presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli Massimo Gandolfini:
“Questa piazza ha largamente superato le nostre previsioni e si è avvicinata ai nostri desideri. Queste sono le famiglie italiane, famiglie semplici, normali, che hanno nonni, genitori, figli, nipotini… e che vengono in piazza con sacrifici personali: voglio sottolinearlo! Questa è gente che si è autofinanziata, si è pagata il viaggio, fa due notti insonni; sono qui, nessuno li finanzia, per mandare questo grande messaggio: tutelateci! Questa è la rappresentazione dell’Italia, non quella delle lobbies legate a ideologie inconsistenti e fantasiose.
D. _ Tanto lavoro, in poco tempo, ha portato a questo mega raduno. Questo vuol dire che nel popolo italiano il problema è particolarmente sentito?
R.- Esatto. Soltanto in 18 giorni: il comitato nasce il 2 giugno e adesso siamo al 20! Vuol dire che queste persone stavano esattamente aspettando che qualcuno le potesse riunire.
D.- E adesso, dopo questa manifestazione?
R.- Questa manifestazione è un punto di partenza, non di arrivo. Vogliamo continuare il grande lavoro di educazione, formazione, sensibilizzazione culturale!
Una piazza superiore alle aspettative anche secondo l’avvocato Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita:
R.- Incommentabile, incredibilmente allarga il cuore! Veramente al di là di ogni più rosea aspettativa! Più di un milione di persone. Se consideriamo che in pochi giorni questa manifestazione è stata organizzata, questo ci da l’idea che veramente è un’esigenza che nasce dal popolo!
D.- Per scendere in piazza in così grande numero, vuol dire che la gente vuole chiedere in modo forte a chi governa una maggiore attenzione alle esigenze della famiglia e in particolare a questo problema della colonizzazione ideologica gender. Va ribadito che la legge è dalla parte di queste famiglie che sono in piazza?
R.- Certo. Tra l’altro qualcuno aveva chiesto più tempo e di rinviare questa manifestazione a settembre, ma l’urgenza è stata dettata dal fatto che ci sono dei provvedimenti normativi liberticidi e molto pesanti in discussione: il ddl Scalfarotto sull’omofobia, il ddl Cirinnà sul matrimonio e l’adozione per le coppie gay, il ddl Fedeli che vuole dare dignità normativa a questo indottrinamento gender nelle scuole. Certamente i politici non possono non tener conto di quello che è successo oggi a piazza san Giovanni. Se noi consideriamo che la Costituzione della Repubblica Italiana dice che la sovranità appartiene al popolo e il popolo è oggi qui in Piazza san Giovanni…
D. – Quanto costa il gender alla scuola?
R. – Sono state spese centinaia di migliaia di euro per dei libretti che poi il governo è stato costretto a bloccare, mentre le scuole cadono a pezzi, mentre i genitori sono costretti a far portare ai propri figli persino la carta igienica a scuola perché manca!
Critiche le associazioni Lgbt che parlano dell’evento di san Giovanni come un salto nella preistoria. Ma sono i volti delle famiglie, giovani e non, a parlare secondo Mario Adinolfi , direttore de La Croce:
R. – Sono emozionato! Non ci ferma nulla davvero, eh? Neanche la tempesta! Sono un po’ intristito: ho sentito un membro del governo dire che è una manifestazione inaccettabile. Poi arrivo qui e incontro solo famiglie con tantissimi bambini… questo è veramente un po’ doloroso! Questa è veramente una festa di popolo, una festa di persone che sono venute a difendere la famiglia, i loro figli, a difenderli da un’avanzata ideologica del gender molto pericolosa nelle scuole. C’è un Parlamento che forse da questa piazza è davvero scollegato quando parla e legifera contro la famiglia, invece di sostenerla. Non so, forse oggi riusciremo a far partire da una piazza che non è una piazza qualsiasi di Roma, una piazza che ha rappresentato il luogo simbolo delle lotte democratiche, un’inversione di rotta. Mi auguro questo!
Una festa di famiglie, da una piazza storica, espressione del popolo: tante mamme, papà, bambini, giovani e anziani da tutta Italia per dire: “ci siamo, non siamo contro nessuno, basta gender nelle scuole, no ad equiparazioni tra matrimonio e unioni gay, no alle adozioni omosessuali”. Ecco le loro voci:
R. – Vogliamo difendere la famiglia e i nostri figli.
D. – Vi aspettavate di essere così tanti?
R. – Sinceramente sì. Non vogliamo delegare ad altri, in particolar modo allo Stato l’educazione dei nostri figli.
R. – Siamo tutti qua. C’è stata la pioggia e non ci siamo mossi perché vogliamo dire che la famiglia è fatta da papà, mamma e figli.
D. – E’ una piazza per la famiglia, contro nessuno?
R. – Contro nessuno, assolutamente contro nessuno.
D. – Perché in piazza oggi?
R. – Per testimoniare la bellezza della famiglia naturale. Per dire no all’imposizione dell’ideologia gender nelle scuole dei nostri figli, bambini, nipoti che sono il futuro della società
D. – Che cosa vuol dire essere in piazza oggi?
R. – Vuol dire lottare, reagire, di fronte a questa ideologia. Fare rete, fare comunione. Questa ideologia è una vera emergenza. E’ un problema come il lavoro, come le guerre. Secondo me va affrontato. Anche persone, magari timide come me, devono veramente far sentire la loro voce.
Sul palco famiglie, intellettuali, giuristi, persone a vario titolo impegnate nella difesa della famiglia . Hanno aderito Agapo, l’associazione amici e genitori di persone omosessuali, rappresentanti della comunità africana, della comunità islamica, evangelica, ortodossa ed è stata data lettura della lettera del Rabbino capo di Roma. Ha chiuso gli interventi il fondatore del Cammino neocatecumenale Kiko Arguello.
Rivoluzione culturale: a Greenaccord l'Enciclica "Laudato si'"
E’ necessario una conversione ecologica e un cambio di rotta come ci ha chiesto papa Francesco, e l’informazione deve contribuire all'impegno per la salvaguardia del creato. Con questo obiettivo si è concluso oggi all’Aquila l’XI Forum dell’informazione cattolica promosso dall’associazione Greenaccord Onlus. E durante l’ incontro, sono stati assegnati i premi “Sentinelle del creato”, a quei giornalisti che si sono particolarmente distinti per il loro impegno sui temi ambientali. Ma sulle conclusioni del forum, il servizio di Marina Tomarro:
“Formare delle sentinelle del creato in ogni parrocchia, capaci di interpretare nei singoli territori le linee d’azione indicate da papa Francesco”. E’ questa la proposta partita dal forum dell’informazione cattolica verso le 25 mila parrocchie presenti sul territorio Italiano. Alfonso Cauteruccio presidente di Greenaccord:
R. - Le sentinelle del creato, che abbiamo proposto, non sono altro che degli animatori nella vita parrocchiale. Noi pensiamo ad animatori con un doppio scopo: all’interno, per verificare se la liturgia è curata in questo senso, se tiene conto della tematica del creato - soprattutto, animare dibattiti all’interno della comunità non sarebbe male-; poi, all’esterno, verificare che nel territorio parrocchiale non ci siano storture o danni a livello ambientale e, casomai, segnalarli non come singoli, ma come comunità. La comunità parrocchiale, cioè, si fa carico anche delle ferite che ci sono nel proprio territorio. Secondo me, è un atto di attenzione, che va proprio nella logica del “Laudato si'”.
D. - Cosa portano a casa i giornalisti da questo Forum?
R. – Io direi che torniamo a casa tutti confermati da quanto Papa Francesco ci ha voluto donare. Questa è una grande notizia davvero, perché Papa Francesco veramente ha voluto, con questo documento, offrirci un panorama completo e di questo siamo grati. Il Papa ci ha confermato nella buona notizia che siamo custodi del creato e dobbiamo avere cura delle ferite che purtroppo l’uomo in tanti anni ha inferto al territorio.
E l’enciclica “Laudato sì” è stato il filo conduttore del Forum, dove i gli addetti alla comunicazione hanno cercato di capire come far comprendere il suo importante messaggio a tutti. L’arcivescovo Vincenzo Paglia presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia:
R. – Uno dei temi centrali che l’enciclica richiama è quello che tutti la comprendano, proprio perché richiede una rivoluzione culturale radicale. In questo senso non comprenderla vuol dire continuare a perpetuare un mondo che è una specie di grande cestino dell’immondizia, dove le parole, anche più importanti, vengono come sepolte e distrutte. Per questo quell’afflato di poesia, che c’è già nel titolo, “Laudato sì”, era l’impegno di Francesco d’Assisi di tradurre il Vangelo nella lingua che il popolo comprendeva.
Ospedale Bambino Gesù: "Vogliamo globalizzare la solidarietà"
“Globalizzazione della solidarietà. Raggiungere i bambini più bisognosi”, questo il titolo con cui l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha presentato in un convegno il bilancio di circa 200 missioni sanitarie in 20 Paesi. L’attività internazionale ha permesso oltre 30 mila ricoveri e 8.000 interventi chirurgici, ma ha soprattutto trasferito alle strutture coinvolte le competenze necessarie per proseguire il lavoro in autonomia. Il servizio di Eugenio Murrali:
Vietnam, Cambogia, Haiti, Venezuela, sono solo alcuni dei numerosi Paesi che l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha raggiunto con un coraggioso programma internazionale. Quest’impegno ha permesso l’esportazione di protocolli clinico-chirurgici e di tecniche per la cura di molti bambini affetti da gravi patologie. L’Ospedale romano ha inoltre accolto, spesso grazie ai suoi sostenitori, i giovani pazienti che dovevano essere sottoposti alle operazioni più delicate. Il presidente del Bambino Gesù Mariella Enoc ci spiega lo spirito di queste iniziative:
"Globalizzare la solidarietà, che, nel caso di un ospedale come il nostro, vuol dire soprattutto fare formazione, trasferire conoscenze. Perché è un modo che rende poi autonomi "
Uno dei progetti più riusciti è l’avvio del centro di Neuroriabilitazione nell’Ospedale Italiano di Kerak, in Giordania, di cui ci parla la missionaria comboniana suor Adele Brambilla:
R. - Questo centro è veramente un punto di incontro, un progetto che apre le porte al dialogo interreligioso nella sua quotidianità, un dialogo di vita in un mondo dove c’è solo il 3% di presenza cristiana. Entrare nell'universo dei bambini ammalati ci mette in contatto con le famiglie e ci dà veramente la possibilità di trasmettere loro quella carezza di Dio che dice il Papa, quella compassione di Dio, di cui oggi veramente c'è bisogno. Voi sapete che la Giordania, pur nella sua fragilità e ristrettezza di possibilità, ha aperto le sue porte e i suoi confini, accogliendo più di 700-800 mila rifugiati, che sono ospiti nelle diverse case che trovano: un appartamento di tre locali può accogliere anche tre famiglie… Il nostro ospedale è apertp a questi rifugiati e offre la possibilità di una cura. Certamente è un esodo che non finisce, è un esodo che ha inciso molto sulla nostra struttura e ci auguriamo veramente di poter continuare, pur dovendo denunciare adesso una nostra ristrettezza e quasi – possiamo dire – una impossibilità finanziaria. Ma noi ugualmente continuiamo questo servizio, perché lo sentiamo davvero prioritario. La gente è toccata, la gente è ferita da quanto sta avvenendo sia in Siria che in Iraq: le persone arrivano disperate, attraversano il deserto e cercano veramente un punto di accoglienza.
D. – Nel vostro centro di riabilitazione come operate?
R. – Ogni 3-4 mesi viene un team dell’Ospedale Bambino Gesù che, per prima cosa, verifica e valuta o rivaluta i bambini bisognosi di attenzione, stabilendo poi un programma riabilitativo. Ci sono anche due dottori fisioterapici che stanno formando le nostre ragazze, così che il programma di riabilitazione possa essere continuato nel tempo una volta che loro si assenteranno.
D. – Un anno fa il Papa era in Giordania: cosa vi ha lasciato questa visita?
R. – Ha lasciato un grande segno di condivisione, di umanità e, soprattutto, di vicinanza. Ha anche svegliato le coscienze di fronte a questa grande emergenza che la Giordania sta attraversando, dicendo a tutti: “Non dimenticatevi di questo Paese”.
Nella Giornata contro le leucemie, pazienti in barca a vela
Ricorre oggi, domenica 21 giugno, la Giornata Nazionale contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, appuntamento volto ad informare e sensibilizzare la popolazione su queste patologie del sangue, sullo stato della ricerca scientifica e sulle molteplici iniziative in tutto il territorio italiano. La Giornata, promossa dall’Ail, è giunta alla 9a edizione. Il professor Franco Mandelli, presidente Ail, associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma, illustra l’importante iniziativa dal titolo “…Sognando Itaca”, il lungo viaggio in barca a vela dei pazienti ematologici che, iniziato il 23 maggio termina oggi. L'intervista è di Eliana Astorri:
R. – La giornata nazionale è stata approvata dal consiglio dei ministri, quindi il 21 giugno per sempre sarà la giornata nazionale per la lotta contro le malattie del sangue. Questo è molto importante. Poi, questa giornata è valorizzata da “...Sognando Itaca”, cioè di questa barca a vela che quest’anno per la prima volta non solo tocca tutto l’Adriatico ma va anche a Cagliari, è già andata, e finirà l’ultima tappa a Palermo. E’ una vitalità estrema che diamo a questa iniziativa perché i pazienti e i loro familiari in barca a vela si dimenticano della loro malattia o perlomeno cercano di reagire alla malattia “sognando Itaca”: sognando, con Itaca, la possibile cura e guarigione. Sulla barca i malati e i parenti dei malati si sentono non più dipendenti dai medici ma spesso sono loro che stanno al timone della barca e quindi guidano loro i medici e gli infermieri. Questa iniziativa poi ha dimostrato, su studi molto validi, che la prognosi di questi malati migliora con questa partecipazione a Itaca, cioè la malattia si vive meglio, c’è meno ansia, c’è meno preoccupazione. E’ come una cura psicologica. Una iniziativa vincente.
D.- Sono passati solo alcuni giorni dalla Giornata mondiale del donatore di sangue, domenica scorsa, il 14, che ogni anno ci ricorda il ruolo fondamentale di queste persone…
R. – Sì, fa bene a ricordarlo. Sono i volontari di primo livello perché uno che dona il proprio sangue dona qualcosa di se stesso e lo dona con tanta generosità, con tanto trasporto. Anche se non è indaginoso donare, non è doloroso. Anzi dirò che il donatore ha due vantaggi. Il primo è che durante la donazione vengono effettuati periodicamente esami molto approfonditi che valutano la salute del donatore. Qualche volta danno segnali importanti che vengono comunicati al donatore per cui vengono dimostrate anomalie, vengono dimostrate anche malattie che possono essere curate quindi precocemente con grandi vantaggi. Il secondo è il vantaggio clamoroso che ha il donatore. Io facevo il donatore, non ho mai preso il giorno di riposo perché donavo il sangue - anzi appena dopo la donazione andavo in ospedale cominciavo a lavorare – ma - e questo è il segnale che voglio dare a chi donerà - per almeno due, tre giorni mi sentivo meglio. Mi sentivo meglio non solo perché ero sicuro di aver fatto qualcosa che poteva servire agli altri, una donazione di una parte di me, del sangue, che poi si riformava rapidissimamente senza nessun problema e quindi questa è la prima sensazione. Questo benessere durava anche alcuni giorni e devo dire che questa sensazione di benessere è un qualcosa che è dimostrato possa essere veramente legata al fatto che rinnovando il proprio patrimonio di globuli rossi, di globuli bianchi e di piastrine, il paziente si sente meglio.
Ventimiglia: ottava notte sugli scogli per 170 migranti
Ottava notte sugli scogli per i circa 170 migranti bloccati al confine tra Italia e Francia. Un altro centinaio ha trovato rifugio nella stazione di Ventimiglia, dove la Croce Rossa ha allestito una struttura per la distribuzione dei pasti. Molti migranti cercano di raggiungere la Francia di notte attraverso i binari della ferrovia che da Ventimiglia arriva a Nizza. “Un percorso pericolosissimo, ma l’unico”, dicono fonti istituzionali. I migranti trovati in territorio francese senza documenti sono riaccompagnati alla frontiera italiana. 45 le richieste di riammissione rivolte alle autorità italiane, più del triplo rispetto a ieri. Secondo indiscrezioni, nelle prossime ore potrebbe tenersi una manifestazione del Front National di Marine Le Pen, ma la polizia francese non conferma ne smentisce. (M.R.)
Gerusalemme: poliziotto ferito davanti la porta di Damasco
Un poliziotto israeliano è stato accoltellato da un 18enne palestinese davanti la Porta di Damasco di Gerusalemme. L’agente, appartenente alla polizia di frontiera israeliana è stato ferito gravemente al collo e ha sparato all’attentatore, uccidendolo poco dopo. Il ragazzo era originario della Cisgiordania, mentre il poliziotto si trova ora ricoverato in condizioni gravi. L’incidente è stato definito dalle autorità israeliane un “attacco terroristico”, il secondo in pochi giorno, dopo che venerdì scorso un palestinese aveva sparato e ucciso un autostoppista israeliano vicino a Ramallah, nei Territori Palestinesi. (M.R.)
India: al via la Campagna Caritas "Pope4Planet"
Caritas India, ha lanciato una Campagna di quattro anni per sostenere la missione di Papa Francesco “per la cura del pianeta Terra”. La campagna ‘Pope4Planet’ - riporta l'agenzia Misna - sarà gestita in associazione con la Ong indiana Chetanalaya e il sostegno di oltre 200 partner provenienti da tutta l’India. Chetanalaya, Ong dell’arcidiocesi di Delhi, ha lavorato nel settore dell’ambiente dal 1970 sensibilizzando su vari programmi di riforme politiche sia a livello nazionale che locale.
Adesione alla Rete Caritas da parte di altre religioni
“Rispondendo ai numerosi riferimenti dell’Enciclica sulla crescita dell’inquinamento e al capitolo interamente dedicato alle cause della crisi ecologica, la rete Caritas ha deciso di iniziare la campagna Pope4Planet ” ha detto padre Paul Moonjely, vice direttore della Caritas India, durante la presentazione della Campagna, spiegando che nei prossimi mesi, alla rete Caritas in India si uniranno molte altre organizzazioni e persone, a prescindere di qualsiasi religione, per amplificare le preoccupazioni e le possibilità indicate nell’enciclica Laudato si’.
Programma di riforestazione per salvare il pianeta
La campagna Pope4Planet farà intraprendere un’intensa attività “verde” con un programma di piantare almeno un milione di alberi in un arco di 4 anni e porrà maggiore attenzione alle attività di riforestazione per salvaguardare la temperatura del nostro pianeta come proposto dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), a Copenaghen. (P.L.)
Pakistan: “Squadra speciale di indagine” per casi di blasfemia
Creare una “Squadra speciale di investigazione” (Joint Investigation Team Jit); liberare Asia Bibi e tutti gli altri imputati in carcere per accuse di blasfemia: lo chiede il “Pakistan Christian Congress” (Pcc), indicando la necessità che la squadra di indagini sia composta da membri civili e militari, magistrati e funzionari, che accertino la veridicità delle accuse.
Legge sulla blasfemia: arma contro le minoranze religiose
Come riferisce all'agenzia Fides, Nazir Bhatti, segretario del Pcc: “I gruppi di estremisti islamici in Pakistan stanno utilizzando leggi sulla blasfemia come un'arma contro le minoranze religiose in Pakistan. Hanno danneggiato l'immagine del Pakistan a livello internazionale, come Paese che viola la libertà religiosa e dei diritti umani perché il governo ha fallito nel fermare l'abuso della legge sulla blasfemia”.
Processo Asia Bibi viziato da evidenti irregolarità
Asia Bibi, madre cristiana di cinque figli, è stata arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte per accuse di blasfemia nel novembre 2010. Dopo la conferma del verdetto da parte dell’Alta Corte di Lahore nel 2014, attualmente è in attesa del processo di terzo grado, davanti alla Corte Suprema.
Di recente il sito web http://america.aljazeera.com ha pubblicato un servizio sul caso di Asia Bibi, rendendo disponibile on-line tutta la documentazione relativa al processo subito dalla donna in primo grado e in appello. Le carte processuali confermano che il processo è stato viziato da evidenti irregolarità e che le prove di condanna dell’imputata sono quanto meno dubbie e contraddittorie. (P.A.)
Chiesa Argentina: per superare la crisi dialogo e riconciliazione
La crisi economica e istituzionale del Paese si supera attraverso il dialogo, indignandosi per la corruzione, provando compassione ed essendo operatori di riconciliazione. E’ il parere di mons. Jorge Casaretto, vescovo emerito di San Isidro e membro della Commissione episcopale per la Pastorale sociale, che si è espresso durante un incontro di lavoro organizzato dall'Associazione Imprenditori Dirigenti (Ade).
Povertà in Argentina raggiunge 25% della popolazione
“E’ necessario pensare a un nuovo progetto di Paese che comprenda 4 o 5 punti di base, e lavorare per combattere la povertà, che secondo l’Osservatorio sociale della Uca raggiunge il 25% della popolazione” ha sottolineato mons. Casaretto, evidenziando la necessità di dialogare e di giungere ad un accordo per combattere la corruzione e sradicare il traffico di droga. Su questo tema ha aggiunto, secondo le informazioni di Aica riprese dalla Fides: “Dobbiamo perseguire e arrestare i leader, non c’è altro modo… la povertà è aumentata in Argentina per la debolezza della giustizia".
Centri di sostegno per i ragazzi in difficoltà
Il vescovo ritiene necessaria una nuova leadership, che lavori per la riconciliazione e metta fine alla classificazione “amico o nemico” dell’altro, considerandolo come fratello anche se lui la pensa diversamente. Riguardo poi al sistema di istruzione, ha evidenziato che "la scuola di qualità è necessaria, tuttavia sono richiesti anche dei Centri di sostegno perché possano accedere ad una preparazione migliore i ragazzi che non possono andare avanti per il loro stato di malnutrizione e dipendenza”. Il sistema scolastico inoltre “dovrebbe essere collegato alle politiche del lavoro”. (S.L.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 172