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Sommario del 19/06/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Patriarca siro-ortodosso Antiochia: affrettiamo l'unità

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E’ stato un incontro segnato da amicizia e da grande vicinanza spirituale quello di oggi tra il Papa e il Patriarca Siro Ortodosso di Antiochia e tutto l’Oriente ricevuto in udienza. Francesco ha invitato Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II a pregare per tutti i martiri del Medio Oriente e ad affrettare il cammino di piena comunione tra le due Chiese. Il servizio di Gabriella Ceraso: 

Le sofferenze dei cristiani, dei musulmani, degli yazidi e di tutti quelli che desiderano la pace in Medio Oriente, la paura del terrorismo, la distruzione di Chiese e monumenti per mano dell’estremismo islamico: nella parole del Patriarca Mor Ignatius Aphrem II c’è il passato e anche il presente che segna la sua Chiesa:

"Today, Your Holiness, the genocide continues …"
Oggi il genocidio continua,afferma, "le cosiddette primavere arabe hanno portato morte, distruzione e caos". Ma altrettanto forte è il desiderio di riconciliazione e pace.

"The unity of the churche of Christ…"
"L’unità della Chiesa di Cristo resta la fonte di speranza più forte di tutte": i cristiani devono lavorare insieme, aggiunge il Patriarca, per alleviare le sofferenze dell’umanità e intensificare la "comunione piena".

E’ quella che il Papa, prendendo la parola, definisce il “santo pellegrinaggio“. Francesco cita le tappe verso la comunione tra le due Chiese, segnate in passato da Papa Paolo VI e San Giovanni Paolo II. "Quante cose sono cambiate da quei primi incontri", osserva, ma "la sua, Santità è ancora oggi una Chiesa di martiri":

"Quanto dolore! Quante vittime innocenti! Di fronte a tutto questo, sembra che i potenti di questo mondo siano incapaci di trovare soluzioni. Santità, preghiamo insieme per le vittime di questa efferata violenza e di tutte le situazioni di guerra presenti nel mondo".

Martiri sono i due vescovi cristiani rapiti ad Aleppo più di due anni fa e i tanti religiosi privati di libertà che il Papa ricorda. "Chiediamo", è il suo invito,"la grazia del perdono e della riconciliazione":

"Questo è ciò che anima la testimonianza dei martiri. Il sangue dei martiri è seme di unità della Chiesa e strumento di edificazione del regno di Dio, che è regno di pace e di giustizia". 

In questo "momento di prova", è l'altro invito rivolto da Francesco al Patriarca," rafforziamo i legami di amicizia tra le Chiese Cattolica e Siro Ortodossa". "Affrettiamo i nostri passi sul cammino comune", "scambiamoci i tesori delle nostre tradizioni", che tanto hanno in comune, "come doni spirituali":

“Tenendo fisso lo sguardo al giorno in cui potremo celebrare la nostra appartenenza all’unica Chiesa di Cristo intorno allo stesso altare del Sacrificio e della lode".

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Papa: senza Parola di Dio comunità cristiane si indeboliscono

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Per annunciare la Parola di Dio bisogna farne esperienza. E’ uno dei passaggi dell’intervento di Papa Francesco ai partecipanti alla Plenaria della Federazione Biblica Cattolica, ricevuti in Vaticano. Dal Papa, inoltre, l’esortazione a non far mai mancare alle comunità cristiane a Parola di Dio, pena il loro indebolimento. Il testo del discorso è stato consegnato al neopresidente della Federazione, il cardinale Luis Antonio Tagle che, nel suo indirizzo di saluto, ha messo l’accento sull’urgenza di annunciare la Parola di Dio per “guarire e dare speranza”, per portare a tutti “la misericordia, l’amore e la speranza”. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Dobbiamo far sì che nelle abituali attività di tutte le comunità cristiane” si abbia a cuore la Parola di Dio, perché – come insegna San Girolamo – “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Papa Francesco riprende la "Dei Verbum" nel discorso consegnato al cardinale Tagle e invita i partecipanti alla plenaria della Federazione Biblica cattolica a impegnarsi pastoralmente “per far emergere il posto centrale della Parola di Dio nella vita ecclesiale”. Ancora, il Pontefice avverte che “la mancanza del sostegno e del vigore della Parola conduce a un indebolimento delle comunità cristiane di antica tradizione e frena la crescita spirituale e il fervore missionario della Chiese giovani”.

Fare esperienza viva della Parola di Dio
Il Papa ribadisce che “per poter annunciare la parola di verità, dobbiamo aver fatto noi stessi l’esperienza della Parola: averla ascoltata, contemplata, quasi toccata con le proprie mani”. Francesco invita dunque i biblisti ad approfondire la Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione "Dei Verbum" a 50 anni dalla pubblicazione, rimarcando che la Sacra Scrittura deve essere sempre più “fonte di evangelizzazione”. Di qui l’esortazione a comunicare la “gioia del Vangelo” sino agli estremi confini della terra, soprattutto laddove la “Parola di Dio non è stata ancora proclamata o, seppure proclamata, non è stata accolta come Parola di salvezza”.

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Papa agli atleti di "Special Olympics": sport ritrovi gratuità

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Aria di gioia stamani nella Sala Clementina, in Vaticano, dove Papa Francesco ha ricevuto una delegazione di dirigenti e atleti della sezione italiana di “Special Olympics”, il programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per ragazzi e adulti con disabilità intellettiva in 170 Paesi del mondo. Il Pontefice li ha ricevuti a un mese dai Giochi Olimpici di Los Angeles, che si svolgeranno a fine luglio. Il servizio di Giancarlo La Vella

“Che io possa vincere, ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”.

Con le parole del loro giuramento i ragazzi di "Special Olympics" hanno accolto il Papa che nel suo saluto ha messo in evidenza la positività del connubio tra sport e Chiesa”:

Vivete lo spirito dello sport
“Insieme è possibile lavorare per restituire alla pratica sportiva il suo vero senso. Lo sapete bene voi, che avete scelto lo sport quale esperienza di promozione e di crescita, in presenza di una condizione di fragilità e di limitazione”.

Limiti e bellezza
Una condizione, dice Francesco, afferente alle persone con abilità differenti, che vedono nel progetto "Special Olympic"s un modo per migliorare la loro qualità di vita. Vi incoraggio a proseguire – ha detto il Papa – in questo impegno di aiutarvi gli uni gli altri a scoprire le vostre potenzialità e ad amare la vita con tutti i suoi limiti e soprattutto nei suoi lati belli.

Sport e inclusione
Non dimenticare mai la bellezza: la bellezza della vita, la bellezza dello sport, quella bellezza che Dio ci ha dato. Lo sport è una strada molto adatta per questa scoperta fatta di sacrificio, comunione, solidarietà che supera ogni forma di discriminazione ed esclusione. “Rimanete fedeli a questo ideale di sport! Non lasciatevi 'contagiare' dalla falsa cultura sportiva, quella del successo economico, della vittoria ad ogni costo, dell’individualismo. E’ necessario ritrovare lo sport 'amateur', quello della gratuità, lo sport per lo sport”.

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Papa: accumuliamo ricchezze che valgono alla borsa del cielo

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Le ricchezze accumulate per se stessi sono all’origine di guerre, famiglie distrutte, perdita di dignità. La “lotta di ogni giorno” è invece amministrare le ricchezze che si possiedono e quelle della terra “per il bene comune”. È una delle considerazioni di fondo dell’omelia di Papa Francesco alla Messa del mattino, celebrata in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Non sono “come una statua”, le ricchezze. Ferme, in un certo senso ininfluenti sulla vita di una persona. “Le ricchezze – constata Papa Francesco – hanno la tendenza a crescere, a muoversi, a prendere il posto nella vita e nel cuore dell’uomo”. E se la molla che spinge quell’uomo è l’accumulo, le ricchezze arriveranno a invadergli il cuore, che finirà “corrotto”. Ciò che invece salva il cuore è usare della ricchezza che si ha “per il bene comune”.

L'avidità corrompe e distrugge
A indirizzare l’omelia del Papa è il Vangelo del giorno, il brano in cui Gesù insegna ai discepoli questa verità: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore”. Quindi, li avverte: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo”. Certo, riconosce Francesco, “alla radice” dell’accumulo “c’è la voglia di sicurezza”. Ma il rischio di farlo solo per se stessi e dunque di restarne schiavi è altissimo:

“Alla fine queste ricchezze non danno la sicurezza per sempre. Anzi ti portano giù nella tua dignità. E questo in famiglia: tante famiglie divise. Anche nella radice delle guerre c’è questa ambizione, che distrugge, corrompe. In questo mondo, in questo momento, ci si sono tante guerre per avidità di potere, di ricchezze. Si può pensare alla guerra nel nostro cuore. ‘Tenetevi lontano da ogni cupidigia!’, così dice il Signore. Perché la cupidigia va avanti, va avanti, va avanti… E’ uno scalino, apre la porta: poi viene la vanità - credersi importanti, credersi potenti.. – e, alla fine, l’orgoglio. E da lì tutti i vizi, tutti. Sono scalini, ma il primo è questo: la cupidigia, la voglia di accumulare ricchezze”.

Quello che ho è per gli altri
Francesco riconosce anche che “accumulare è proprio una qualità dell’uomo” e che “fare le cose e dominare il mondo è anche una missione”. Allora “questa – afferma – è la lotta di ogni giorno: come gestire le ricchezze della terra bene, perché siano orientate al Cielo e diventino ricchezze del Cielo”:

“C’è una cosa che è vera, quando il Signore benedice una persona con le ricchezze: lo fa amministratore di quelle ricchezze per il bene comune e per il bene di tutto, non per il proprio bene.  E non è facile diventare un onesto amministratore, perché sempre c’è la tentazione della cupidigia, del diventare importante. Il mondo ti insegna questo e ci porta per questa strada. Pensare agli altri, pensare che quello che io ho è al servizio degli altri e che nessuna cosa che ho la potrò portare con me. Ma se io uso quello che il Signore mi ha dato per il bene comune, come amministratore, questo mi santifica, mi farà santo”.

Non giocare col fuoco
Noi, osserva il Papa, sentiamo spesso le “tante scuse” delle persone che passano la vita ad accumulare ricchezze. Da parte nostra, chiede invece Francesco, “tutti i giorni” dobbiamo “domandarci: ‘Dove è il tuo tesoro? Nelle ricchezze o in questa amministrazione, in questo servizio per il bene comune?”:

“E’ difficile, è come giocare col fuoco! Tanti tranquillizzano la propria coscienza con l’elemosina e danno quello che avanza loro. Quello non è l’amministratore: l’amministratore prende per sé quello che avanza e dà agli altri, in servizio, tutto. Amministrare la ricchezza è uno spogliarsi continuamente del proprio interesse e non pensare che queste ricchezze ci daranno salvezza. Accumulare, sì, va bene. Tesori, sì, va bene: ma quelli che hanno prezzo – diciamo così – nella ‘borsa del Cielo’. Lì, accumulare lì!”.

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Mons. Toso: “Laudato si’” ha stesso respiro di “Pacem in Terris”

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“L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. E’ uno dei passaggi dell’Enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’”, pubblicata ieri e che ha riscosso una straordinaria attenzione a livello mondiale. Sul valore di questo documento non solo per la vita della Chiesa, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Mario Toso, vescovo di Faenza, che dal 2009 e fino a poche settimane fa è stato segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, dicastero che ha contribuito alla stesura della “Laudato si’”: 

D.- Colpisce, innanzitutto, l’ampio respiro, il proposito di coinvolgere tutti in un ampio movimento ecologico mondiale e inoltre la fiducia nella capacità di collaborazione per costruire la casa comune. Papa Francesco si pone nella scia della "Pacem in terris", Enciclica caratterizzata da un sano ottimismo, e si rivolge non solo agli uomini di buona volontà ma a tutti. La complessità della crisi ecologica e le sue molteplici cause esigono l’apporto sia degli uomini di fede sia delle persone che non credono, della scienza e della religione. Le soluzioni, afferma il Pontefice, non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. In secondo luogo, mi ha colpito la definizione del clima come bene comune, ma anche il coraggio di proporre dei limiti, in vista della libertà economica per tutti, a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario. Non basta proclamare la libertà economica e desiderare un’ecologia integrale, se non si creano le condizioni necessarie per ottenerli.

R.- Il testo colpisce per l’originalità, ma al tempo stesso c’è una grande continuità con il magistero degli ultimi Papi. Numerose le citazioni di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Una sua riflessione al riguardo…

D. - L’Enciclica di Ppa Francesco appare in continuità e in discontinuità con il precedente magistero. Essa, cioè, aggiorna il precedente insegnamento dei Pontefici, senza peraltro creare una cesura. Ciò appare più evidente se si confronta il testo della "Laudato sì" con la grande Enciclica sociale di Benedetto XVI "Caritas in veritate". Il Pontefice tedesco pone la considerazione della questione ecologica entro il contesto di un ampio e articolato discorso sullo sviluppo, non escluso quello agricolo, in connessione con il tema del rispetto per la vita. L’approccio è prettamente teologico e suggerisce, per conseguenza, un’ermeneutica a impronta realista del rapporto persona, famiglia umana ed ambiente. La natura non è realtà creata e inventata radicalmente dalla mente umana. Essa è un dato trovato. Papa Francesco riprende e sviluppa il nucleo di riflessioni teologiche e antropologiche elaborate da Benedetto XVI. Le integra, in particolare, con un’ampia analisi dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta, mettendo in evidenza come alla velocità imposta dalle azioni umane si contrappone la naturale lentezza dell’evoluzione biologica. Per poter rimediare ai mali della nostra casa comune, occorre possedere un quadro completo e realistico della situazione. Il Papa argentino evidenzia in particolare: i mutamenti climatici che danno origine a migrazioni di animali, vegetali e persone. La questione dell’acqua potabile e pulita la cui domanda supera l’offerta sostenibile, la perdita di biodiversità, il degrado umano e sociale delle città e delle zone rurali, l’inequità planetaria, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli.

D. - L’Enciclica non si sofferma solo sull’analisi della situazione, ma dedica un intero capitolo alle linee di orientamento e di azione. In questa parte quali sono, secondo lei, i passaggi più significativi anche pensando all’intervento che Francesco terrà all’Onu a settembre?

R. - Per affrontare i problemi di una questione ecologica globale, Papa Francesco propone anzitutto la necessità di un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggior efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile. A fronte di un deficit di decisione politica, quale si è mostrato nei Vertici mondiali sull’ambiente, urgono accordi internazionali sui regimi di governance per tutta la gamma dei beni comuni. C’è bisogno di quadri regolatori globali e della presenza di una vera Autorità politica mondiale. Il che equivale a dire che occorre riformare l’attuale Onu. A tutto ciò, si deve aggiungere e premettere, secondo Papa Francesco, un dialogo e una collaborazione sul piano politico nazionale, con il protagonismo delle società civili, in una nuova stagione della democrazia dal basso, per sollecitare la politica al suo compito di responsabile del bene comune mondiale.

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Francesco a "GreenAccord": il Creato è un dono per tutti

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"Il creato è un dono meraviglioso di Dio", sia utilizzato a beneficio di tutti”. Lo scrive Papa Francesco in un messaggio all’ XI Forum dell’informazione cattolica che si è aperto questa mattina all’Aquila, promosso dall’Associazione onlus "GreenAccord", sul tema “Non c’è futuro senza la cura del territorio”. Il Forum, che si concluderà sabato, vuole far incontrare la comunità scientifica con gli operatori della comunicazione per una sempre maggiore sensibilizzazione alla salvaguardia del Creato. Il servizio di Marina Tomarro

“Bisogna essere sempre pronti ad ostacolare i segni di distruzione e di morte che accompagnano il cammino dell’umanità. Il creato è un dono meraviglioso di Dio perché sia utilizzato a beneficio di tutti”. E’ questa l’esortazione che Papa Francesco ha voluto inviare attraverso un telegramma ai partecipanti del XI Forum dell’ informazione cattolica di Greenaccord. E il messaggio del Papa è stato poi approfondito dal cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi, che aprendo i lavori del Forum, ha ripercorso alcuni passaggi dell’Enciclica promulgata ieri “Laudato si'”. “Siamo cresciuti – ha spiegato il porporato – pensando che eravamo proprietari del creato e quindi tutto era lecito. E così abbiamo usato e abusato, e lo spreco della creazione inizia proprio quando non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo solo noi stessi”. E il porporato, ripercorrendo le parole di Papa Francesco ha sottolineato la necessità urgente di “cambiare rotta”. “L’uomo – ha detto – deve essere capace di passare dal consumo al sacrificio, dallo spreco alla capacità di condividere, in un ascesi che significa imparare a dare e non semplicemente a rinunciare”.

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Papa a Torino. Nosiglia: volto della città carico di speranza

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“Papa Francesco viene per incontrare tutti i cuori di Torino”: così l'arcivescovo del capoluogo piemontese, monsignor Cesare Nosiglia, presentando la visita del Pontefice domenica e lunedì prossimi. Una visita nata in occasione dell’Ostensione della Sindone e del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Ascoltiamo lo stesso mons. Cesare Nosiglia al microfono di Amedeo Lomonaco

R. – Lo scopo fondamentale, certamente è la visita, la preghiera davanti alla Sindone, che richiama quel mistero della Passione e morte del Signore, nella sua crudezza, ma anche nella sua speranza: l’amore più grande che viene donato al mondo attraverso il sacrificio di Cristo.

D. – Sul telo sindonico è impresso il volto di Cristo. Quali volti ‘imprimono’ la città di Torino?

R. – Sono certamente volti di povertà. Le povertà sono crescenti. Il ceto medio, praticamente, sta scivolando verso forme di povertà, che una volta erano tipiche solo di una certa parte della città. Noi abbiamo i nostri centri di ascolto Caritas che sono subissati di richieste e anche di pacchi spesa, che ricordano gli anni ’50. C’è, quindi, una situazione difficile. C’è anche, però, tanta voglia di reagire. C’è tanta gente che si impegna sia per loro, per queste persone, ma anche per dare un futuro, una speranza a questa città, dal punto di vista del lavoro e anche dal punto di vista del welfare. Un welfare, però, che non sia solo di sussistenza, ma di accompagnamento, per far in modo che poi, di fatto, chi si trova in difficoltà diventi a sua volta protagonista del suo cammino di rinascita e di cambiamento. Ci sono volti di persone serene e cariche di fiducia, di speranza, che portano agli altri questa speranza.

D. – Per molti di questi volti il Vangelo e la visita di Papa Francesco possono portare ad un autentico cambio di orizzonte…

R. – Certamente un cambio molto forte, un’iniezione di speranza, un’iniezione di vita, un’iniezione di impegno concreto anche da parte di tutti: sia di quelli che si offrono nel volontariato, e con grande generosità, ma anche di quelli che sono soggetti a queste povertà, che non devono sentirsi oggetto di cura e quindi adagiarsi, ma devono, invece, reagire. Vanno aiutati, ma devono reagire, reagire con forza, e trovare il modo per dare alla propria vita un’impronta nuova. Io penso che la Sindone sia un grande segno di speranza, perché giustamente Papa Francesco ha detto che il volto sindonico ci guarda. Quel volto ti guarda, e ti guarda per dire: ‘Quale amore ti ho dato e come ho saputo vincere il male con il bene; come ho saputo sconfiggere la violenza, le difficoltà, credendo fermamente, con fiducia, nel Padre e nella forza dell’amore’. Quindi il messaggio è veramente forte. Infatti, vedo che i tantissimi che vengono, anche di altre religioni, restano veramente commossi. E molti pellegrini, tra l’altro, vanno subito a confessarsi, quasi a volere in qualche modo rinnovare profondamente anche la propria vita.

D. – La Sindone cambia Torino, i torinesi, ma anche tante persone che vengono nel capoluogo piemontese…

R. – Ma certo, c’è un’attenzione particolare sia dell’Italia, delle diocesi italiane, dei gruppi italiani ed esteri, ma anche dei musulmani, di altre religioni, dei non credenti. E’ un afflusso continuo di gente, che poi quando arriva davanti alla Sindone, nel silenzio, nella preghiera che accompagna questo momento, vive una commozione intensissima. Io credo che tanta gente si commuova. Non si tratta solo di emozione, è qualcosa che penetra veramente nel cuore. E’ un messaggio, infatti, che sappiamo è il centro del Vangelo, l’amore più grande che ci ha dato Gesù Cristo: la sua passione, la sua morte che, però, è preludio della Resurrezione. Quindi, c’è la gioia di poter raggiungere come lui la pienezza della vita e di risorgere ad una vita nuova.

 D. – Il Santo Padre chiede sempre di pregare per lui. Cosa chiede la diocesi di Torino al Papa?

R. – Chiediamo di mantenere questo affetto profondo che ha con la terra piemontese. Le sue radici sono qui e lui lo ha sempre manifestato e lo ha dimostrato in tanti modi. Questa visita vuole confermare questo particolare affetto. Nello stesso tempo, però, Torino deve essere in grado di dare al Papa una risposta positiva, soprattutto accogliendo fino in fondo - come abbiamo cercato di fare in questi mesi - e vivendo lo spirito nuovo dell’"Evangelii Gaudium". Abbiamo cercato di mettere al centro della preparazione questo riferimento alla sua lettera apostolica, che ha entusiasmato e anche reso molto più pregnante e forte la nostra pastorale.

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Sindone. Il prof. Barberis: mistero che interpella ogni uomo

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La Sindone è il fulcro della visita del Papa a Torino. La storia della ricerca scientifica sul sacro lino inizia oltre un secolo fa, nel 1898, e da allora molti ricercatori hanno tentato di "leggere" il telo per cercare di svelarne i misteri. Dopo tante ricerche resta ancora una domanda: come si è formata l’immagine impressa sul Lenzuolo? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente del Centro Internazionale di Sindologia di Torino, il prof. Bruno Barberis: 

R. – Sicuramente, passi avanti su questa impronta ne sono stati fatti, ma al momento attuale sono insufficienti per poter rispondere a questa domanda, che rimane pertanto l’enigma più significativo e anche più affascinante di questo oggetto. Sono state molte le ipotesi fatte in questi più di 100 anni, ma tutti gli esperimenti e i tentativi di riprodurre effettivamente su di un telo un’immagine che abbia le stesse caratteristiche hanno dato risultati insoddisfacenti. Per coloro che hanno supposto che si possa trattare effettivamente dell’impronta lasciata da un cadavere, anzitutto bisogna trovare un fenomeno fisico o chimico che permetta a un cadavere di generare una impronta di questo genere. Altri hanno fatto l’ipotesi che si tratti di un’opera pittorica, realizzata da qualche artista del passato. Ma dove c’è l’impronta sulla Sindone, non sono stati trovati né pigmenti né coloranti di alcun genere. E’ stato trovato il sangue e quello sappiamo essere sangue umano di gruppo AB… Oggi, si deve ancora definirla come una immagine irriproducibile. Questo non vuol dire che lo sia in assoluto.

D. – La Sindone è, dunque, un mistero che continua ad interrogare scienza e fede. Lei pensa, in base anche agli studi già condotti, che un giorno questi orizzonti, apparentemente distanti, potranno convergere?

R. – Secondo me già convergono, poiché la Sindone parla sia nel settore della scienza, sia nel settore della fede. A me piace, a questo proposito, richiamare le due belle definizioni che San Giovanni Paolo II diede della Sindone, il 24 maggio 1998, durante il suo pellegrinaggio a Torino in occasione dell’Ostensione. Chiamò la Sindone “specchio del Vangelo”, significando che effettivamente richiama in modo inequivocabile, con una precisione veramente sorprendente, tutte le caratteristiche della Passione di Cristo, che i Vangeli descrivono in forma letteraria. Ma la chiamò anche “provocazione all’intelligenza”, sottolineando appunto che, nonostante gli studi fatti e le conoscenze scientifiche e tecnologiche del terzo millennio, l’immagine non è ancora spiegabile. E questi due aspetti non sono affatto in contrapposizione. Anzi, sono due aspetti complementari di questo oggetto, che se mescolati fra di loro rischiano di creare confusione e di far giungere ad affermazioni senza senso, ma se tenuti separati e paralleli tra loro, ci permettono di acquisire una conoscenza veramente ad ampio spettro di questo oggetto. E questo fatto ci permette di chiamarla il “Quinto Vangelo” o “Lo specchio del Vangelo”. Questo è veramente il fascino più profondo che questo oggetto emana.

D. – L’analisi nel 1988 del Carbonio 14 ha portato ad una datazione del telo tra il 1260 e il 1390 dopo Cristo, quindi all’epoca medievale. Quali sono le criticità di quell’analisi e perché andrebbe rifatta?

R. – Criticità non tanto nel metodo, che è quanto di meglio abbiamo al momento attuale per datare oggetti di origine biologica quindi contenti carbonio come appunto un tessuto, ma per il fatto che proprio i tessuti - tra tutti gli oggetti databili con questo metodo - sono i più delicati. Un tessuto offre il 100% della sua superficie all’inquinamento ambientale. Quella datazione, sotto tanti punti di vista, è anacronistica. Sarebbe necessario rifarla, ovviamente, ma solo nel momento in cui le nostre conoscenze chimico-fisiche, soprattutto del telo e anche biologiche, siano tali da permetterci di sapere quali siano i siti più adatti per un prelievo e, in secondo luogo, di conoscere bene il tipo di contaminazioni che ci possano essere state per fare una taratura del risultato. Al momento attuale, queste conoscenze non ci sono ancora. Ecco perché non è ancora opportuno ripetere questa analisi.

D. – Immaginando di essere proprio davanti al telo sindonico, quali sono i suoi consigli per scrutare e leggere la Sindone?

R. – Innanzitutto, per poterla leggere bene bisogna conoscerla in anticipo. Quindi, io consiglio a tutti coloro che si avvicinano alla Sindone di imparare a conoscerla – utilizzando ovviamente testi, siti che parlano della Sindone – e poi di fronte a quella immagini io direi che bisogna lasciarsi parlare, bisogna lasciarsi guardare. Chi si trova davanti alla Sindone si rende sicuramente conto che viene anche guardato e allora, in quel momento, bisogna forse lasciar cadere il desiderio di capire a fondo le caratteristiche, i punti essenziali, di riconoscere quello che le descrizioni fatte ci avevano dato. Bisogna lasciare che ci sia un dialogo tra quell’immagine e chi la osserva. Io garantisco a tutti coloro che faranno questa esperienza che, alla fine, ci sente veramente interpellati. Ed è quello il fascino grande, grandissimo della Sindone che a ogni Ostensione attira milioni di pellegrini.

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Dal Libano appello del card. Scola: "Aleppo come Sarajevo"

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Prosegue il viaggio del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, in Libano e in Iraq grazie all’invito del card. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti, e mons. Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei. A Beirut, ieri, il cardInale Scola ha partecipato al Sinodo dei vescovi maroniti, raccogliendo le preoccupazioni e le speranze dei presuli libanesi. Al microfono di Luca Collodi, il porporato ha spiegato la difficile situazione del Paese, da mesi infatti non riesce ad eleggere il presidente della Repubblica che, per costituzione, è cristiano: 

R. – La situazione di questa divisione politica preoccupa moltissimo. Le insistenze del Patriarca sono molto forti perché si trovi una strada dell’unità. Questa vicenda è ovviamente molto influenzata da tutto il contesto generale della situazione del Medio Oriente e dai punti di riferimento esterni al Paese, legati da una parte alla realtà degli Hezbollah e della Siria e dall’altra parte all’Arabia Saudita. Certamente, tutti sono molto dispiaciuti per questa situazione perché sta producendo un forte stallo non solo nella politica ma ha forti incidenze anche sull’economia del Paese. Però, io ho visto nei vescovi – ascoltandoli – una decisione molto forte a raccogliere la sfida che viene da questa situazione per ritrovare una forte unità all’interno dei vari riti cattolici: una forte unità ecumenica in vista di una proposta cristiana chiara da fare al Paese, per superare proprio questa divisione tra cristiani che ovviamente è scandalosa.

D. – Lei sta attraversando il Libano e l’Iraq, terre di martirio. Che notizie arrivano dalla Siria, invece?

R. – La Siria è in una situazione di estrema gravità, soprattutto è la sofferenza di Aleppo che non può più essere accettata: è come una nuova Sarajevo! E quindi c’è la necessità di pensare almeno a un corridoio umanitario, almeno per dare sollievo a questa città. Il problema è che l’Europa si deve fare carico di questa situazione, almeno cercando di comprenderla, di darne più equilibrate notizie ma anche senza escludere il piano di Papa Francesco riguardo all’ingerenza umanitaria come possibilità di liberazione, che consentirebbe a tutti di ripristinare un umanesimo frutto di un’idea di amicizia civica su cui i cristiani hanno molto da dire.

D. – Sul fronte dell’Europa e dell’Italia che chiudono le frontiere ai profughi, i vescovi del Libano e del Medio Oriente che cosa dicono?

R. – Il Libano è un Paese che, oltre al mezzo milione di profughi palestinesi che già ospita da anni, ne ha ricevuto un milione e mezzo e per questo risulta difficile capire tutta la fatica che noi facciamo per l’accoglienza degli immigrati in questo momento. Quindi, io ho tratto conferma che soprattutto noi come Chiesa dobbiamo essere il primo punto di intervento. Poi, però, c’è bisogno di una politica dell’immigrazione che lo Stato deve fare e deve saper costringere l’Europa a fare. Questo è un punto in cui si vede come l’unità europea sia ancora tutto un traguardo da costruire. Io credo che prima di tutto vado abbracciato chi è nel bisogno.

D. – In queste ore, si commenta l’Enciclica del Papa, “Laudato si’”: come si può calare questa enciclica nella situazione mediorientale?

R. – Io penso che si possa calare molto bene. La bella categoria di “ecologia integrale”, cui il Santo Padre fa ricorso, consente di articolare il problema del rapporto con il creato e con la “casa comune”, con il tema della fame, con il tema della povertà, con il tema dell’equità e quindi con una concezione dell’economia che non consideri più il mercato come un fatto ineluttabile di natura. Una cosa che mi ha colpito molto è che il Santo Padre, nell’Enciclica, non solo percorre questi temi analiticamente, ma li inserisce tutti in un recupero profondo della visione cristiana della creazione. Allora, questo tema entra a pieno titolo nella proposta cristiana: abbiamo molto bisogno di superare ogni rischio di dualismo tra la fede e la concretezza della vita. A me pare che questo sia un dono molto grande dell’Enciclica.

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Migranti: veglia ecumenica per vittime nel Mediterraneo

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“La risposta internazionale alla crisi migratoria è inadeguata ed è affrontata come un problema di sicurezza e non come una crisi umanitaria”. Così il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, nell’omelia della veglia di preghiera ecumenica che si è tenuta ieri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, in memoria dei migranti vittime dei viaggi verso l’Europa, dal titolo "Morire di speranza". La veglia è stata organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche, Caritas, Migrantes, centro Astalli, Acli e Associazione Comunità Giovanni XXIII. Il servizio di Elvira Ragosta

Una croce realizzata con i legni di barconi affondati nel Mediterraneo a guidare la preghiera e tantissime candele accese in memoria degli oltre 25 mila morti nei viaggi della speranza dal 1990 a oggi. Fiammelle illuminate allo scandire dei nomi di uomini, donne e bambini scappati dalla guerra e dalla povertà. Migranti la cui speranza di futuro si è infranta nel Canale di Sicilia, o sulle rotte stradali europee. Nell’omelia il card. Antonio Maria Vegliò parla anche di chi in Europa è riuscito ad arrivare “Non possiamo permettere che ricevano indifferenza- dice- perché ogni persona è immagine di Dio e ha diritto di vivere”. E poi ai nostri microfoni aggiunge:

R. – È veramente molto bella questa cerimonia; vorrei fosse un richiamo a questa nostra Europa vecchia, stanca, che ha perso la bellezza che aveva. L’Europa è il continente dei diritti umani, dell’accoglienza; quanta gente si è salvata in Europa … Era il continente della fraternità! Lo sarà ancora? Non lo so, me lo domando. È commovente pensare a tanta gente che per cercare di vivere meglio, affronta situazioni che noi in condizioni normali definiremmo assurde. I morti degli ultimi dieci anni che sono più di ventimila. Questo è uno scandalo! Una società così opulenta come quella nostra, dell’Europa, per quanto ci sia povertà difficoltà economica, non può essere comparata alla situazione di questi poveri disperati! Noi viviamo veramente in una società opulenta, dove non ci manca nulla, dove siamo nati fortunatamente in un Pese cristiano, bello. Abbiamo avuto tutto e con quale merito? E loro che merito hanno di vivere in una situazione così drammatica che li obbliga o per cercare un lavoro migliore, questo per i migranti… Ma soprattutto penso ai profughi che sono aumentati in maniera esponenziale in questi ultimi anni per le tante guerre che ci sono nel mondo.

Una veglia che, accanto ai fedeli romani, ha unito profughi cristiani, musulmani e di ogni credo in una preghiera terminata con lo scambio di un abbraccio di pace. A pregare per i suoi compagni di viaggio che hanno perso la vita nel Mediterraneo, Alù, giovane maliano:

R. - Sono in Italia da 11 mesi. Il viaggio per arrivare qui è stato molto difficile. Abbiamo preso una barca dalla Libia. Eravamo 120 persone su una piccola barca. Sono felice perché mi sono salvato, ma alcuni amici sono morti nella nostra barca. Per questo io sono venuto qui, per pregare insieme ai miei amici cristiani. Sono musulmano ma per me non esiste differenza.

E sull’importanza della veglia ecumenica il commento di padre Camillo Ripamonti, presidente del centro Astalli:

R. - E' un momento sempre molto toccante, perché ricorda come tante persone che cercavano una nuova vita, un nuovo inizio, hanno trovato invece la morte in questo Mar Mediterraneo che continua ad essere invece che una via di collegamento, “un cimitero”, come lo ha definito il Papa a Strasburgo.  

Prima dell’inizio della preghiera, la Comunità di Sant’Egidio ha presentato ai giornalisti una serie di proposte per una nuova politica migratoria che, superando Dublino, porti alla concessione di visti. Daniela Pompei, responsabile del tema migranti per la Comunità di Sant’Egidio:

R. - La Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia si sono messe insieme per provare a fare una sperimentazione: andare in un altro Paese di transito, valutare le persone, preparare i dossier e chiedere ad alcuni Stati europei di far entrare regolarmente queste persone per evitare che prendano i barconi o saltino Melilla. I due Paesi sui quali abbiamo focalizzato la nostra attenzione sono il Marocco e il Libano per i siriani.

Accanto a questa proposta, anche la possibilità di sponsorizzazioni individuali, private o di associazioni e sindacati, già sperimentate in Canada e Germania, che permettano, ad esempio ad una diocesi o a una famiglia, di ospitare una famiglia di profughi provenienti da un Paese in guerra.

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Tauran: cristiani e musulmani uniti per contrastare violenza

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“Con Papa Francesco, vi auguriamo che i frutti del Ramadan e la gioia di ‘Id al-Fitr possano portare pace e prosperità, favorendo la vostra crescita umana e spirituale”. E’ uno dei passaggi del messaggio a firma del cardinale Jean-Louis Tauran, rivolto ai musulmani in occasione del mese di Ramadan. Nel documento del dicastero per il dialogo interreligioso si invitano cristiani e musulmani a contrastare insieme la violenza perpetrata in nome della religione.

In particolare, il messaggio chiede a quanti sono coinvolti nell’educazione dei giovani ad “insegnare il carattere sacro della vita e la dignità che ne deriva per ogni persona, indipendentemente dalla sua etnia, religione, cultura, posizione sociale o scelta politica”. Il porporato rammenta dunque che secondo San Giovanni Paolo II, cristiani e musulmani hanno “il privilegio della preghiera”. Un bisogno ancora più urgente oggi, si legge nel messaggio, per coloro che “si sono allontanati dal retto cammino della vita e commettono violenza in nome della religione, affinché possano ritornare a Dio e cambiare vita”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Pace per il Medio oriente: con il patriarca siro-ortodosso di Antiochia il Papa torna a denunciare il martirio dei cristiani.

Per un confronto serio e onesto: in prima pagina, un editoriale del vicedirettore sull'Enciclica "Laudato si'" e, all'interno, un articolo di Maurizio Gronchi e la rassegna della stampa internazionale.

Il coraggio dei laici: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su intellettuali e politici francesi che dicono non alle madri fantasma.

Bambini e conflitti armati: intervento della Santa Sede al Consiglio di sicurezza dell'Onu.

I volti del caffè: Gaetano Vallini recensisce il volume "Profumo di sogno" di Sebastiao Salgado.

La pietà non ha confini: dai vescovi francesi l'invito a condividere il dramma dei migranti.

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Oggi in Primo Piano



Sempre più migranti nei conventi. Caritas: 7 mila posti

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Sono centinaia i migranti accolti in questi giorni in ex conventi, case e strutture gestite da religiosi. Un fenomeno che va da Nord a Sud. A questo si aggiunge l’impegno della Caritas. Alessandro Guarasci: 

Un modo per rispondere all’appello di Papa Francesco che ha chiesto di aprire i conventi ai bisognosi. E chi non è più bisognoso in questo momento dei tanti migranti che stanno sbarcando sulle coste italiane? Gli ordini religiosi si sono mossi. Ecco allora che a dare ospitalità sono i guanelliani a Como, Lecco, Nuova Olonio e a Sormano, i francescani ad Enna, Roma e Piglio, i comboniani a Brescia, i pavoniani a Maggio di Valsassina, gli scalabriniani a Roma e Foggia, le suore Mercedarie a Valverde di Scicli. E questi sono solo alcuni esempi. Poi c’è la Caritas, da sempre attiva su questo fronte. Oliviero Forti, responsabile migrazione

R. – Oggi, anche chiaramente su ispirazione di quanto più volte ci ha chiesto Papa Francesco, siamo sul territorio con circa 7 mila posti di accoglienza, che significa, almeno per quanto riguarda l’emergenza attuale, un numero elevato di realtà dal nord al sud Italia che, in convenzione con il governo e con le prefetture, stanno rispondendo a questa emergenza.

D. – Tra l’altro, c’è tutta la vostra attività dei centri d’ascolto che spesso è indirizzata anche ad immigrati…

R. – Evidentemente, soprattutto. Abbiamo numeri elevati di persone straniere, che risultano in molti casi essere quelle più vulnerabili, che si rivolgono ai nostri centri d’ascolto perché - ripeto - non rientrano in quella categoria che oggi può godere di un’accoglienza in emergenza, e che comunque ha bisogno di risposte. Per cui il nostro è un intervento un po’ a 360 gradi, che riguarda tutte le categorie di cittadini italiani e stranieri che si trovano in condizioni di bisogno. Quindi anche la strumentalizzazione rispetto all’accoglienza dei profughi la riteniamo non solo fuori luogo, ma anche ingenerosa, nella misura in cui si tenta veramente di aiutare il Paese, e quindi in questo caso senza distinzioni di sorta, a far fronte ad un periodo che è difficile per tutti.

D. Come giudicate il raccordo che per esempio avete con le istituzioni nazionali e anche con i principali comuni italiani, che in questo momento sono sotto pressione?

R. – Il rapporto è stato sempre un buon rapporto, al punto che noi in rappresentanza del Tavolo asilo, siamo presenti al Tavolo di coordinamento nazionale del ministero dell’Interno: quindi c’è una collaborazione costante, anche con l’Anci, attraverso il servizio centrale dello Sprar, per cui mi sento di dire che lo sforzo di cui parlavo prima è uno sforzo condiviso sia sul piano istituzionale sia in termini di organizzazioni del privato sociale. La questione è che questo lavoro, già di per sé molto complesso e faticoso, purtroppo lo diventa ancor di più quando siamo sostanzialmente oggetto di attacchi che, credo, non abbiano nessun altro obiettivo se non quello di indebolire una situazione che già di per sé, ripeto, è complicata.

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Gender. Una mamma psicologa: "favole" Lgbt all'asilo nido

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Prima la notizia di un corso di aggiornamento sulle tematiche Lgbt al quale avevano partecipato le insegnanti della scuola. Poi, la scoperta di libretti gender proposti dalle maestre a bimbi da zero a tre anni. E’ accaduto a una mamma di un asilo nido del quartiere Bufalotta di Roma. Alla vigilia della manifestazione “Difendiamo i nostri figli”, convocata domani alle 15.30 in piazza San Giovanni in Laterano a Roma, Maria Scicchitano, questo il nome della donna, psicologa, racconta la sua esperienza al microfono di Paolo Ondarza

R. – L’anno scorso, quindi quando mia figlia aveva un anno e qualcosa, ho scoperto che le educatrici stavano facendo da settembre un corso di aggiornamento. Quando sono andata ad informarmi, anche da un punto di vista professionale, essendo una psicologa, ho scoperto che la teoria di fondo è quella degli studi del gender. Quello che mi ha lasciato molto perplessa sono le infondatezze scientifiche di questa teoria. Sono andata a parlare con la dirigente ed ho chiesto proprio questo: “Lei, che cosa ne pensa? Questo corso di aggiornamento avrà delle ricadute sui nostri bambini?”. La dirigente mi ha tranquillizzata – l’anno scorso – dicendomi che assolutamente non avrebbero messo in atto alcuna attività educativa e qualora lo avessero fatto, avrebbero preventivamente avvisato i genitori.

D. – Ed è andata così?

R. – Non è andata così. A settembre ogni sezione aveva un elenco di libri dal titolo “Perché hai due mamme?”, “Perché hai due papà?”, “Qual è il segreto di papà?”… Incuriosite da questi titoli siamo andati a leggere questi libri, che sono quasi tutti della casa editrice “Lo Stampatello”. E abbiamo visto che, ad esempio, in un libro – “Qual è il segreto di tuo papà?” – alla fine della storia si scopre che il padre è un omosessuale. Il libro, invece, “Perché hai due mamme?” parla della storia di due ragazze – Mary e Francy – che stanno insieme, si amano – le dico esattamente così come c’è scritto – e hanno il desiderio di avere un bambino: visto però che loro hanno due ovini, devono andare a cercare un semino e questo semino lo cercano in Olanda, da alcuni amici gentili, che danno loro questo semino. Dando questo semino, che si unisce con l’ovino di Mary, anche Francy adesso può essere mamma, perché Mary è incinta. E il bambino sarà di Mary e Francy, che sono due mamme felici.

D. – La favola dell’inseminazione artificiale…

R. – La favola dell’inseminazione artificiale proposta a bambini di 2 anni, anzi da 0 a 3 anni. Un’altra cosa ci ha lasciati molto perplessi: la stessa autrice di questi libri afferma che questi libri siano da proporre a bambini dai 3 anni in su. Fatto presente tutto ciò alla dirigente, la dirigente ci ha risposto che se non ci andava bene questa linea educativa, noi avremmo potuto portare via mia figlia dalla scuola.

D. – Quando la legge è dalla vostra parte, in quanto genitori, e dovrebbe tutelare il vostro diritto di scegliere come educare i figli…

R. – Sì, noi come genitori siamo i primi responsabili dell’educazione dei nostri figli. Abbiamo fatto questo colloquio con la dirigente e dopo il nostro colloquio ha detto che questi libri non li avrebbe letti immediatamente ai bambini, ma che avrebbe prima fatto un laboratorio per i genitori… A quel punto, noi abbiamo fatto un foglio-firme, che hanno firmato gran parte dei genitori del nido, in cui si diceva che questi libro non li voleva nel nido.

D. – Che effetti può produrre una didattica di questo tipo?

R. – Il problema è proprio questo. Quello che io ho fatto presente alla dirigente, ma anche alle educatrici, è che questo laboratorio è un laboratorio totalmente sperimentale ed essendo un esperimento nessuno sa quali potranno essere gli effetti sui bambini. Quello che le posso dire, da un punto di vista psicologico, è che dare una visione del mondo così tanto frastagliata, così tanto divisa a un bambino così piccolo può generare in lui una confusione che a me preoccupa sinceramente. Da 0 a 3 anni è l’età in cui il bimbo costruisce la sua identità di genere.

D. – Quindi, il maschile e il femminile devono essere dei riferimenti solidi?

R. – Il maschile e il femminile devono essere riferimenti solidi e non perché abbiamo un punto di vista confessionale o politico dalla nostra parte, ma proprio da un punto di vista scientifico. Non stiamo parlando di insegnare noi qualcosa ai nostri figli, stiamo semplicemente chiedendo di far crescere questi figli nel modo più naturale possibile. Non imponete loro nulla che non venga spontaneamente da loro.

D. – Quanto accaduto è qualcosa che, a chi lo ascolta dall’esterno, suona come incredibile, tant’è che spesso le critiche che vengono mosse a queste testimonianza è “sono inventate”…

R. – Incredibili, ma vere. Io capisco chi non ci crede, perché non ci credevo neanche io fino a qualche mese fa… Mi sono sempre fidata cecamente delle nostre educatrici. Eppure, i fatti dicono il contrario: tante risposte che ha dato a noi la dirigente hanno detto il contrario… Allora, anche se questa è una realtà che non ci piace, purtroppo è una cosa che sta accadendo e in cui io mi sono ritrovata. Devo dire che proprio perché tante persone non ci vogliono credere, io mi sono ritrovata da sola.

D. – Queste le ragioni della manifestazione di sabato in Piazza San Giovanni in Laterano?

R. – Sì. Sabato io non vado a manifestare contro qualcosa o contro qualcuno o contro i diritti di qualcuno. Io vado per difendere mia figlia.

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Nella Chiesa e nel mondo



Chiese in Europa: pregare per l’Ucraina in preda alla violenza

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All’incontro dei segretari generali e dei portavoce delle Conferenze episcopali europee, organizzato dal Ccee e in corso a Praga, è stata toccante la testimonianza di mons. Bohdan Dzyurakh, segretario generale del Sinodo dei vescovi dell’Ucraina, riportata dal Sir. “Hanno distrutto quasi totalmente un regione industriale sviluppata, hanno rubato e portato via dal territorio ucraino fabbriche intere - ha detto il presule - con tecnologie moderne e strategiche. Hanno fatto fuggire dalle loro case più di un milione di persone, tra cui 140 mila bambini. Hanno ucciso 8 mila persone, perlopiù civili”.

Un conflitto che potrebbe minare il futuro dell’Ucraina
Questo il quadro tracciato da mons. Dzyurakh della situazione in Ucraina, per la quale da mesi sono in vigore le sanzioni internazionali contro la Russia, per responsabilità nella crisi. “Vi chiediamo - ha affermato - di pregare per noi, per la pace in Ucraina e in tutta l’Europa. Non basta prendere in considerazione che in Ucraina c’è un conflitto. Si deve riconoscere - ha aggiunto - che la guerra inciderà sul futuro del Paese. Ripeto spesso la frase: il nemico dell’amore non è tanto l’odio, quanto l’indifferenza”. Il presule ha anche ringraziato le Chiese in Europa per le espressioni di solidarietà e per gli aiuti giunti alla popolazione ucraina. (B.C.)

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Veglia di preghiera contro la tortura in Inghilterra e Galles

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“La tortura è una violazione estrema della dignità umana e non deve avere posto nel mondo”: scrive così mons. Declan Lang, responsabile del dipartimento per gli Affari internazionali della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles. Le parole del presule arrivano in vista della veglia di preghiera contro la tortura, organizzata il prossimo 26 giugno dall’organismo “Acat - Azione dei cristiani contro la tortura”.

Essere solidali con le vittime di tortura

“Ancora oggi – ribadisce il presule – un numero considerevole di persone viene torturato o convive quotidianamente con le conseguenze” di una simile violenza. “Auspico – conclude mons. Lang – che i cattolici di Inghilterra e Galles siano solidali con le vittime e prendano parte all’iniziativa dell’Acat, anche attraverso la preghiera individuale”. Da ricordare che la veglia del 26 giugno coinciderà con la Giornata internazionale a sostegno delle vittime di torture, sancita dalle Nazioni Unite. (I.P.) 

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In Angola, laici a congresso per discutere di sfide sociali

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I laici assumano il loro ruolo vivendo nella santità e affrontando le sfide attuali della società: è l’invito di mons. Gabriel Mbilingui, arcivescovo di Lubango e portavoce della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé alla Messa d’apertura, nei giorni scorsi a Luanda, del secondo Congresso nazionale dei laici cattolici angolani sul tema “La missione dei laici”.

Il laico segua l’esempio di Cristo

Il presule, riferisce Angolapress, ha sottolineato che i laici dovrebbero essere capaci di trasformare la loro vita personale e familiare. “La fedeltà, l’amore e i compagni dei discepoli di Cristo, le loro buone opere nelle comunità in cui risiedono sono importanti in ogni tempo”, ha aggiunto mons. Mbilingui che ha anche esortato i laici a seguire gli esempi di Cristo, essendo veri adoratori e fedeli alla sua Parola. Iniziato lunedì, il Congresso si concluderà domenica. (T.C.)

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Dalla Cei, schede pastorali per conoscere l'Islam

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Una serie di schede pastorali finalizzate ad approfondire la conoscenza dell’Islam da parte dei cristiani. E’ quanto ha realizzato l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale Italiana (Cei). “Tale materiale - riferisce il comunicato - pur non avendo la pretesa di essere esaustivo, potrà contribuire a creare una mentalità di dialogo”. Lo sforzo del gruppo di esperti che sta curando questi sussidi sarà quello di privilegiare un linguaggio semplice e non accademico, offrendo a chi volesse approfondire i temi che verranno affrontati una bibliografia di base. Le schede introduttive sono già disponibili in rete all’indirizzo: www.chiesacattolica.it/ecumenismo, insieme ad una prima scheda dedicata al dialogo e ad una seconda sul tema dell’alimentazione. In una fase successiva, le schede saranno anche pubblicate e distribuite. Tra i temi previsti per le prossime schede, quelli della salute e del lavoro, della giustizia e della scuola, delle carceri e della condizione della donna. (B.C.) 

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 170

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.