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Sommario del 18/06/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



"Laudato si'": il pianeta ha bisogno di un'"ecologia integrale"

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L’ecologia integrale diventi un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana: questo il cuore della seconda Enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, pubblicata oggi. Il documento prende il titolo dall’invocazione di San Francesco d’Assisi nel “Cantico delle creature”. Suddivisa in sei capitoli, l’Enciclica raccoglie, in un’ottica di collegialità, anche diverse riflessioni delle Conferenze episcopali del mondo e si conclude con due preghiere, una interreligiosa ed una cristiana, per la salvaguardia del Creato. Il servizio di Isabella Piro: 

“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra”: Francesco di Roma si pone sulla scia di Francesco d’Assisi per spiegare l’importanza di un’ecologia integrale che diventi un nuovo paradigma di giustizia, in cui la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili. Nei sei capitoli dell’Enciclica, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una “conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.


1° capitolo: no alla cultura dello scarto. Tutelare diritto all’acqua
Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da quella “cultura dello scarto” che sembra trasformare la terra, “nostra casa, in un immenso deposito di immondizia”. Dinamiche che si possono contrastare adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse non rinnovabili. Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile, che va tutelato in quanto “diritto umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile dignità” dell’uomo. Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, “scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”, sottolinea Francesco, evidenziando poi l’esistenza di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo, connesso a squilibri commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”.

Creare sistema normativo per proteggere ecosistemi
“Il deterioramento dell’ambiente e quello della società - afferma il Papa - colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta”, spesso considerati “un mero danno collaterale”. Per questo, un vero approccio ecologico deve essere anche sociale. La soluzione, allora, non è la riduzione della natalità, ma il contrasto ad un consumismo “estremo e selettivo” di una parte della popolazione mondiale. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad una “spensierata irresponsabilità” nell’uomo contemporaneo, urge “creare un sistema normativo” per assicurare la protezione degli ecosistemi.

 

2° capitolo: ambiente è dono di Dio, eredità comune da non distruggere
Si ribadisce la “tremenda responsabilità” dell’essere umano nei confronti del Creato e si ricorda che “l’ambiente è un dono collettivo, patrimonio di tutta l’umanità”, “eredità comune” da amministrare e non da distruggere. Seguendo il racconto biblico della Creazione, Papa Francesco evidenzia le tre relazioni fondamentali dell’uomo: con Dio, con il prossimo e con la terra. Ogni creatura ha una sua funzione, nessuna è superflua e tutto è “carezza di Dio”, scrive il Pontefice, ricordando che “ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura è contrario alla dignità umana”. Tuttavia, la cura degli altri esseri viventi va sempre accompagnata dalla “compassione e preoccupazione” per l’uomo. Ed è per questo che serve la consapevolezza di una comunione universale. In quest’ottica, rientra il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni: la tradizione cristiana, infatti, “non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, ed ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”.

 

3° capitolo: no a tecnocrazia. Essere amministratori responsabili del Creato
Tecnologia, antropocentrismo, lavoro ed ogm: l’Enciclica si snoda lungo questi quattro percorsi. Innanzitutto, pur riconoscendo i benefici del progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, mette in guardia dalla tecnocrazia che dà “a coloro che detengono la conoscenza ed il potere economico di sfruttarla, un dominio impressionante sul mondo intero”. Allo stesso tempo, l’antropocentrismo moderno, che non riconosce la natura come norma, perde la possibilità di riconoscere il posto dell’essere umano nel mondo ed il suo ruolo di “amministratore responsabile” dell’universo.

Difesa della natura incompatibile con la giustificazione dell’aborto
Ne deriva una logica “usa e getta” che giustifica ogni tipo di scarto, che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani ed il commercio di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori. Di fronte a tutto questo, occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale” che mantenga in primo piano il valore delle relazioni tra le persone e la tutela di ogni vita umana, perché la difesa della natura “non è compatibile con la giustificazione dell’aborto”.

Proteggere il lavoro. Dibattito su ogm sia ampio e responsabile
Quindi, il Papa ribadisce la necessità di difendere il lavoro: tutti devono potervi accedere, perché esso “è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano”. “Rinunciare ad investire sulle persone in nome di un profitto immediato è un pessimo affare per la società”, afferma il Pontefice, evidenziando la necessità, a volte, di “porre limiti a coloro che detengono grandi risorse e potere finanziario”, affinché tutti possano beneficiare davvero della libertà economica. Quanto agli ogm, definiti “una questione di carattere complesso”, il Papa ne mette in luce, da una parte, il contributo alla soluzione di problemi economici, ma dall’altra le difficoltà legate alla “concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi”. Per questo, afferma, serve “un dibattito scientifico e sociale responsabile ed ampio, in grado di chiamare le cose con il loro nome”.

 

4° capitolo: ecologia integrale è inseparabile da bene comune
L’ecologia integrale divenga, dunque, un nuovo paradigma di giustizia, perché l’uomo è connesso alla natura ed essa non è “una mera cornice” della nostra vita. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale – scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Di qui, il richiamo alla “amicizia civica” ed alla solidarietà, sia intra- che inter-generazionale, la cui lesione “provoca danni ambientali”. L’ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una opzione preferenziale per i più poveri”.

Tutelare ricchezze culturali dell’umanità. Accettare proprio corpo, dono di Dio
Non solo: la vera ecologia riguarda anche la cura delle “ricchezze culturali dell’umanità”, come ad esempio delle “comunità aborigene”, e dell’ambiente urbano, per migliorare la qualità della vita umana negli spazi pubblici, nelle abitazioni, nei trasporti che in molte città, scrive il Papa, comportano “un trattamento indegno delle persone”. Centrale è anche l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio per accogliere il mondo intero come casa comune donata dal Padre e vincere, così, la logica del dominio. In quest’ottica, il Papa esorta ad “apprezzare il proprio corpo nella sua  femminilità o mascolinità, poiché “non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale”, con la quale non sa più confrontarsi. 

 

5° capitolo: Vertici mondiali sull’ambiente hanno deluso le aspettative
Cosa possiamo e dobbiamo fare, dunque? chiede Francesco. E la risposta è “dialogare ed agire”. Certo, spiega, “la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica”, ma l’esortazione è comunque “ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità o le ideologie non ledano il bene comune”. Il dialogo è ineludibile tra economia e politica, sottolinea il Pontefice, affinché “si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana”.  Il Pontefice chiama quindi in causa la politica internazionale e non risparmia un giudizio severo sui vertici mondiali relativi all’ambiente che, negli ultimi anni, “non hanno risposto alle aspettative” per una “mancanza di decisione politica”.

Serve governance globale. Dominio assoluto della finanza non ha futuro
Al contrario, serve una governance globale che si occupi dei beni comuni globali, perché spesso “sotto il rivestimento della cura per l’ambiente”, si aggiungono nuove ingiustizie per i Paesi più bisognosi di sviluppo e finisce per “piovere sempre sul bagnato”. Non solo: Francesco pone l’accento sulle criticità di un sistema che mira al “salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione”, e di un “dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi”.

No alla corruzione. Ridefinire il progresso per migliorare vita delle persone
Al livello nazionale, invece, la politica e l’economia devono uscire dalla logica di corto respiro, focalizzata sul profitto e sul successo elettorale a breve termine, dando spazio a processi decisionali onesti e trasparenti, lontani dalla corruzione che, in cambio di favori, “nasconde il vero impatto ambientale” dei progetti. Ciò che occorre, in sostanza, è “una nuova economia più attenta ai principi etici”, una “nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa”, un ritmo di produzione e di consumo più lento, così da “ridefinire il progresso”, legandolo al “miglioramento della qualità reale della vita delle persone”. Anche i diversi movimenti ecologisti e le religioni, in dialogo con la scienza, devono orientarsi alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. E non è un caso se Francesco cita il Patriarca ortodosso Bartolomeo, il filosofo protestante Paul Ricœur, il mistico islamico Ali A-Khawas. Numerose anche le citazioni del teologo Romano Guardini.

 

6° capitolo: la sobrietà è liberante. Vale la pena di essere buoni e onesti
Educazione e formazione restano dunque, le sfide centrali da affrontare. Di qui, il richiamo a “puntare su un altro stile di vita” perché “non tutto è perduto” e “l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. Bastano piccoli gesti quotidiani, spiega il Papa: fare la raccolta differenziata dei rifiuti, ridurre il consumo di acqua, spegnere le luci inutili, coprirsi un po’ invece di accendere il riscaldamento e soprattutto “spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”. “La sobrietà – scrive il Pontefice – vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante” e “la felicità richiede di saper limitare quelle necessità che ci stordiscono”, lasciandoci invece aperti alle “molteplici possibilità che offre la vita”.  In questo modo, diventa possibile sentire che “abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti”.

L’Eucaristia unisce cielo e terra. Al di là del sole, c’è la bellezza di Dio
Il Papa invita, infine, a guadare ai Sacramenti, esempi di come la natura sia stata assunta da Dio. In particolare, spiega, l’Eucaristia “unisce cielo e terra” e “ci orienta ad essere custodi di tutto il Creato”. Le lotte e le preoccupazioni per questo pianeta “non ci tolgano la gioia e la speranza” perché nel cuore del mondo c’è sempre l’amore del Signore.  E allora “Laudato si’!”, scrive Francesco in una delle due preghiere che concludono l’Enciclica e che fa eco all’invocazione del Poverello di Assisi: “Camminiamo cantando!” perché “al di là del sole, alla fine, ci incontreremo faccia a faccia con la bellezza di Dio”.

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Proposta giornata di preghiera comune cristiana per l'ambiente

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“Raramente ho sentito una così grande attesa per una Enciclica, e raramente ho visto la Chiesa universale unita e coinvolta nell’assumersi una responsabilità comune nei confronti del creato”. È quanto affermato dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, in apertura della conferenza stampa di presentazione dell’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”. Gli interventi principali sono stati affidati al cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e al Metropolita di Pergamo, Sua Eminenza John Zizìulas, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico e della Chiesa Ortodossa che ha proposto di istituire per il primo settembre una giornata di preghiera per l’ambiente comune tra tutti i cristiani. Il servizio di Gabriella Ceraso

Teologia, ricerca scientifica, economia e impegno concreto: sono le prospettive che si intrecciano nell’Enciclica "Laudato si'" e altrettanti sono gli specialisti che ne illustrano il contenuto. Ciò dimostra, dice il cardinale Peter Turkson, che questo documento si pone in dialogo con più soggetti e che il dialogo è anche il metodo di redazione del testo fatto di diversi contributi. Francescana l’origine del nome dell’Enciclica, ma anche l’atteggiamento fondante di "contemplazione orante" e ha al centro, spiega il porporato, un interrogativo: che tipo di mondo trasmettere ai bambini che crescono? "Ma soprattutto, che senso dare all’esistenza, quale l’obiettivo?". Alla base di entrambi, la costatazione del Papa che "oggi la terra si lamenta":

"...e i suoi gemiti si uniscono a quelli di tutti i poveri e di tutti gli 'scartati' del mondo. Papa Francesco invita ad ascoltarli, sollecitando tutti e ciascuno – singoli, famiglie, collettività locali, nazioni e comunità internazionale – a una 'conversione ecologica', secondo l’espressione di San Giovanni Paolo II, cioè a 'cambiare rotta', assumendo la responsabilità e la bellezza di un impegno per la 'cura della casa comune'".

Ma il Papa riconosce anche una diffusa sensibilità e preoccupazione nel mondo, continua il porporato, dunque non tutto è perduto. Per questo Francesco, spiega, mette al centro dell’Enciclica il concetto di ecologia integrale, che riguarda cioè il sistema naturale e quello sociale insieme. Il  Papa non parla solo di degrado, sottolinea il cardinale Turkson, ma incoraggia le buone pratiche, riconosce le responsabilità a tutti i livelli delle sofferenze del creato e attende un impegno universale a partire da politiche internazionali adeguate.

The issuing of the Encyclical Laudato Si’ is, therefore, an occasion…"
E’ un 'evento storico' questa Enciclica, un’occasione di gioia e soddisfazione per gli ortodossi, che dal 1989 sollecitano l’urgenza di un dibattito sul creato. Così il Metropolita di Pergamo, John Zizioulas, nel suo intervento, in cui affronta gli aspetti teologici, spirituali ed ecumenici del testo. Le implicazioni ecologiche nella dottrina cristiana del creato sono state spesso ignorate, spiega, invece l’intero creato è intriso di Dio e l’essere umano è sacerdote della creazione e non suo sfruttatore. Si sofferma poi sulla rottura del 'rapporto corretto tra uomo e terra', definendola un 'peccato ecologico' verso Dio e il prossimo di oggi e del futuro:

"Ecological sin is due to human greed…"
Alla base di questo peccato, afferma, c’è la ricerca della felicità individuale, un'avidità che genera ingiustizia sociale. A questo va contrapposto un 'ascetismo ecologico' che è sensibilità verso tutte le creature, dato che, sottolinea il Metropolita, siamo tutti interdipendenti. L’ultimo accenno nell'intervento, va alla dimensione ecumenica che il Metropolita riscontra nell’Enciclica. La minaccia della crisi ecologica il rischio esistenziale che si profila , osserva, trascende le divisioni tradizionali e le identità confessionali.

"Pope Francis’ Encyclical is a call to unity..."
Essa è un appello all’unità nella preghiera per l’ambiente, nella conversione dei cuori e degli stili di vita perchè si rispetti ogni dono di Dio. A questo noi rispondiamo con un 'Amen' dal profondo del cuore".

Di impatto climatico ha parlato invece il prof. John Schellnhùber, fondatore e direttore dell’Istituto di Potsdam che si occupa di questo. Nelle sue parole la spiegazione scientifica e dettagliata di come il clima sia cambiato in milioni di anni, delle responsabilità dell’effetto serra in questo e delle prospettive difficili del futuro, dimostrando che occorre lottare per difendere il creato.

"While this Encyclical points out major challenges…"
Sulle sfide che l’Enciclica lancia al mondo dell’economia e del commercio si sofferma invece la professoressa Carolyn Woo, ex decana dell’Università Notre Dame. Questo è un documento ricco di speranza, dice, perché il Papa crede che la rotta si possa invertire e chiede al mondo imprenditoriale di fare parte della soluzione, nobilitandosi. Carolyn Woo sottolinea le implicazioni pratiche dell’Enciclica. Francesco, afferma, ci chiede di guidare il mercato con energie morali e valori umani, di dare priorità all’occupazione non per i mercati ma perché fonte di dignità per l’uomo, di pensare a lungo termine e di promuovere uno sviluppo che sia sostenibile e inclusivo. 

"The Pope actually is a forward thinking business leader…"
Il Papa è un "leader economico lungimirante" perché sollecita a investire nella sostenibilità, ottimo affare anche per le imprese, e i leader imprenditoriali che guardano al futuro, che sono progressisti, riconoscono questi punti: riconoscono quante catastrofi e quanti fallimenti abbiamo causato .

"We have to remember that business is not just an economic undertaking..."
Dobbiamo ricordarci, conclude, che l’impresa non è solo qualcosa di economico, è un'impresa umana quindi deve essere fatta da persone e per le persone. Questo significa cambiare il modo di agire.

Un contributo alla presentazione dell’Enciclica è venuto anche da un’insegnante della periferia romana, Valeria Martano, appartenente alla Comunità di Sant’Egidio. “L’ecologia urbana, messa in pericolo dall’inquinamento, dai pochi servizi, dall’individualismo pervasivo, rappresenta una sfida per noi cristiani”, ha detto, sottolineando come “attorno ai deboli” sia possibile “rinnovare il volto delle periferie, scoprendo energie che rinnovano l’ecologia umana”. C’è, ha concluso, “una ‘salvezza comunitaria’, che parte dall'inclusione dei deboli, preziosa risorsa di ecologia integrale”.

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Enciclica. Su Twitter Papa invita a costruire futuro Terra

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L’Enciclica "Laudato si’" è oggi protagonista anche su Twitter. Papa Francesco ha, infatti, pubblicato alcuni tweet sul suo account in 9 lingue @Pontifex seguito da oltre 21 milioni di follower. Ecco i testi pubblicati nella mattinata, proprio mentre il documento veniva presentato all’Aula Nuova del Sinodo: “Invito tutti a dedicare un momento di riflessione alle sfide che ci troviamo davanti in merito alla cura della nostra casa comune”; “Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. #LaudatoSi”; “C’è una relazione intima tra i poveri e la fragilità del pianeta”; “È necessario  cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso”; “Ogni creatura ha un suo proprio valore. #LaudatoSi”; “L’odierna cultura dello scarto ci fa invocare un nuovo stile di vita”, “I cambiamenti climatici costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità”.

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Il Papa: siamo deboli, ma dobbiamo avere la forza di perdonare

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Il cristiano sia consapevole che, senza l’aiuto del Signore, non può camminare nella vita. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha, quindi, sottolineato che soltanto possiamo pregare bene se siamo in grado di perdonare i fratelli e avere il cuore in pace. Il servizio di Alessandro Gisotti

Debolezza, preghiera, perdono. Francesco ha sviluppato la sua omelia su questi tre punti sottolineando innanzitutto che siamo “deboli”, una debolezza che “tutti noi portiamo dopo la ferita del peccato originale”.

Senza l’aiuto del Signore non possiamo fare un passo
Siamo deboli, ha ribadito, “scivoliamo nei peccati, non possiamo andare avanti senza l’aiuto del Signore”:

“Chi si crede forte, chi si crede capace di cavarsela da solo almeno è ingenuo e alla fine rimane un uomo sconfitto da tante, tante debolezze che porta in sé. La debolezza che ci porta a chiedere aiuto al Signore poiché ‘nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto’, abbiamo pregato. Non possiamo fare un passo nella vita cristiana senza l’aiuto del Signore, perché siamo deboli. E quello che è in piedi abbia cura di non cadere perché è debole”.

Anche deboli nella fede, ha proseguito. “Tutti noi abbiamo fede – ha affermato – tutti noi vogliamo andare avanti nella vita cristiana ma se noi non siamo consci della nostra debolezza finiremo sconfitti tutti”. Per questo è bella quella preghiera che dice: “Signore io so che nella mia debolezza nulla posso senza il tuo aiuto”.

La nostra preghiera non ha bisogno di troppo parole
Il Papa ha così rivolto il pensiero alla “preghiera”. Gesù, ha rammentato, “insegna a pregare” ma non “come i pagani” che pensavano di “venire ascoltati a forza di parole”. Francesco ricorda la madre di Samuele che chiedeva al Signore la grazia di avere un figlio e, pregando, appena muoveva le labbra. Il sacerdote che era lì, ha affermato, la guardava e si era convinto che fosse ubriaca e la rimproverò:

“Soltanto muoveva le labbra perché non riusciva a parlare… Chiedeva un figlio. Si prega così, davanti al Signore. E la preghiera, poiché noi sappiamo che Lui è buono e sa tutto su di noi e sa le cose di cui noi abbiamo bisogno, incominciamo a dire quella parola: ‘Padre’, che è una parola umana, certamente, che ci dà vita ma nella preghiera soltanto possiamo dirla con la forza dello Spirito Santo”.

“Incominciamo la preghiera con la forza dello Spirito che prega in noi – esorta il Papa - pregare così, semplicemente. Col cuore aperto nella presenza di Dio che è Padre e sa, sa di quali cose noi abbiamo bisogno prima di dirle”.

Il perdono è una grande fortezza, una grazia del Signore
Infine, Francesco rivolge l’attenzione al perdono, sottolineando come Gesù insegni ai discepoli che se loro non perdoneranno le colpe agli altri, neppure il Padre perdonerà le loro:

“Soltanto possiamo pregare bene e dire ‘Padre’ a Dio se il nostro cuore è in pace con gli altri, con i fratelli. ‘Ma, padre, questo mi ha fatto questo, questo mi ha fatto questo e mi ha fatto quello...’ – ‘Perdona. Perdona, come Lui ti perdonerà’. E così la debolezza che noi abbiamo con l’aiuto di Dio nella preghiera diviene fortezza perché il perdono è una grande fortezza. Bisogna essere forti per perdonare ma questa fortezza è una grazia che noi dobbiamo ricevere dal Signore perché noi siamo deboli”.

 

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Il Papa visita alcuni dicasteri in Via della Conciliazione

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Dopo la Messa in Casa S. Marta, come già accaduto nelle scorse settimane, Papa Francesco ha fatto visita alla sede di alcuni dicasteri della Santa Sede in Via della Conciliazione.

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Papa annovera mons. Piva a Collegio Protonotari Apostolici

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Papa Francesco ha annoverato al Collegio dei Protonotari Apostolici di Numero Partecipanti il Reverendo Monsignore Franco Piva, del Clero della Diocesi di Rimini.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In dialogo con tutti: in prima pagina, un editoriale del direttore sull’enciclica “Laudato si’” e, all’interno, gli interventi durante la conferenza stampa di presentazione.

Forti nella debolezza: messa a Santa Marta.

Una nazione di senza terra: oltre sessanta milioni i profughi nel mondo.

Sempre meno acqua: allarmante conferma da un rapporto della Nasa.

L’Onu sollecita un accordo in Libia: per il Consiglio di sicurezza non è possibile una soluzione militare della crisi.

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Oggi in Primo Piano



Immigrazione. In Ue si alzano muri di parole e mattoni

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L’Europa non è coesa in tema d’immigrazione e in molti casi mostra chiusura dietro un apparente desiderio di confronto. L’Ungheria ha addirittura annunciato la creazione di un muro lungo il confine con la Serbia. Il servizio di Massimiliano Menichetti: 

Un approccio globale per affrontare l’emergenza immigrazione con i servizi di "intelligence" italiani. E’ la priorità indicata dal premier britannico, David Cameron, al termine dell’incontro bilaterale ieri a Milano con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale ha rimarcato che “il problema non è solo italiano”. Cameron è disponibile a condividere “risorse e aiuti”, ma nega ogni ipotesi di accesso ai profughi in Gran Bretagna. Al muro di parole di fatto alzato dal Regno Unito si appoggia quello di mattoni annunciato dall’Ungheria: 175 km al confine con la Serbia, perché evidenziano che quest'anno circa 57 mila persone, tra cui molti afghani, siriani e pakistani, sono entrate illegalmente nel Paese. Il dramma di chi scappa da guerra e fame è anche oggetto di lettere ed esortazioni, come la missiva congiunta dei ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania, inviata all'Alto Commissario per gli Affari europei, Federica Mogherini, che propone una "politica della migrazione esterna più attiva e inclusiva”. Parole che per ora a Ventimiglia si infrangono sugli scogli. Dopo gli sgomberi delle ultime 36 ore, circa 100 persone dopo sei giorni, sono ancora lì sperando di passare la frontiera ed andare in una Francia che per ora gli volta le spalle. Parigi però pensa ad nuovo piano: circa 10 mila letti in più per rifugiati e 1.500 posti per i migranti in transito, ma aumenta respingimenti e rimpatri volontari. E mentre oggi la Danimarca è al voto anticipato per il rinnovo del parlamento registrando un rafforzamento della destra proprio in tema d’immigrazione, l’Italia tenta la quadra con sul piano di ripartizione dei migranti con l’incontro sempre oggi tra il ministro dell’Interno, Alfano, e i rappresentanti di Regioni e Provincie, ma Veneto e Liguria ribadiscono il loro no all’accoglienza, la Lombardia chiede che il confronto avvenga a Palazzo Chigi. 

Sulla situazione abbiamo raccolto il commento di Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati: 

R. – È veramente una situazione estremamente preoccupante. Questo muro proposto dall’Ungheria, lungo tutta la frontiera con la Serbia, segue già dei muri eretti dalla Grecia al confine con la Turchia, dalla Bulgaria sempre al confine con la Turchia e dalla Spagna nella enclave Melilla in territorio marocchino. Questo è certamente in palese contrasto con lo spirito e la lettera del Trattato di Lisbona, dove il diritto di asilo viene considerato un diritto umano fondamentale per la costruzione dell’Unione Europea.

D. – Non le sembra che ci sia una divisione tra quell’Europa istituzionale e quell’Europa che ha a cuore l’altro – che ad esempio a Ventimiglia porta aiuti alle persone che tentano di passare la frontiera con la Francia – che però in questo momento volta le spalle..

R. – Non dobbiamo dimenticare che abbiamo una spaccatura in Europa, tra una parte, che comprende anche esponenti del governo e alcuni partiti politici, che è orientata a una totale chiusura, anche fisica, delle frontiere e verso la negazione del diritto di asilo. E un’altra parte – abbiamo anche voci importanti, tra i mass media, i giornalisti in tanti Paesi europei in questo momento – che parlano un linguaggio molto diverso, molto più teso alla solidarietà e alla ricerca di soluzioni, che in questo momento in Europa non si intravedono.

D. – Germania, Italia, Francia chiedono all’Unione Europea regole più fluide. Si discute delle quote, della modifica degli accordi di Dublino, che prevedono l’obbligo di permanenza nel Paese in cui un migrante è stato identificato, però si continua a morire…

R. – I tempi per effettuare cambiamenti a livello di Unione Europea sono sempre tempi lunghi e non combaciano con le tragedie che si consumano in Medio Oriente, nel Nord Africa e nei Paesi dell’Africa subsahariana. Una cosa, l’unica che veramente è stata attuata, è il rafforzamento delle operazioni di soccorso in mare nel Mediterraneo – le operazioni "Triton" e "Poseidon" – un raggio operativo più ampio che arriva anche in prossimità delle acque territoriali libiche. E, effettivamente, dopo la tragedia del 19 aprile queste operazioni hanno permesso di salvare migliaia di persone in mare. Questa è l’unica iniziativa attuata in questo momento e, realisticamente, dobbiamo constatare che non è stata avanzata nessuna soluzione per la crisi in Siria, per quella in Libia, per non parlare poi di varie crisi che interessano il Corno d’Africa e le altre parti dell’Africa subsahariana. Questa è la vera causa delle migrazioni: sono persone che hanno bisogno di protezione perché fuggono dalle guerre, dalle violenze estreme e dalle persecuzioni.

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Rapporto Acnur: aumento senza precedenti di rifugiati e profughi

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Quasi 60 milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case in tutto il mondo. E’ quanto si apprende dal rapporto global trends 2014 dell’Acnur, che mostra un preccupante incremento di oltre otto milioni tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni; l’aumento più alto mai registrato in un solo anno. Sulle ragioni che stanno alla base di questo fenomeno e sulla composizione di questo "popolo in movimento", Marco Guerra ha intervistato Federico Fossi, dell’ufficio stampa dell'Acnur: 

R. – Nel 2014, in media, ogni giorno 42.500 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case e lasciare tutto quello che avevano, e a oggi in tutto il mondo una persona ogni 122 è rifugiato, sfollato o richiedente asilo.

D. – Ma quali sono le regioni del mondo più interessate da questo fenomeno?

R. – Il Medio Oriente risulta l’area geografica da cui ha origine e che allo stesso tempo ospita il maggior numero di migranti forzati nel mondo. La ragione principale è la crisi siriana: infatti, l’incremento di persone sradicate in tutto il mondo, l’accelerazione l’abbiamo già vista nei primi mesi del 2011 quando, appunto, è scoppiata la guerra in Siria. La Siria è oggi il Paese che dà origine al maggior numero di rifugiati nel mondo: abbiamo quasi 4 milioni di rifugiati e 7,6 milioni di sfollati. Ma a questa crisi si è aggiunta anche la crisi in Iraq, con oltre 3 milioni e mezzo di sfollati alla fine del 2014. Quindi, la regione del Medio Oriente, ma voglio sottolineare anche come il continente europeo abbia avuto il massimo incremento durante il 2014 con +51% di persone costrette alla fuga: il dato è causato principalmente da una parte dal conflitto in Ucraina ma soprattutto sempre dalla crisi siriana. Abbiamo un numero molto alto di rifugiati siriani in Turchia: oltre un milione e 500 mila rifugiati siriani entro il 2014. Questo ha fatto diventare la Turchia il principale Paese di accoglienza di rifugiati nel mondo, come la Siria è il principale Paese di origine dei rifugiati.

D. – Risalta anche il fatto che la metà delle persone coinvolte siano bambini: è molto giovane questo popolo in movimento e in fuga da guerre e carestie …

R. – Sì: la maggior parte – oltre il 50% - sono bambini. Questo è un dato drammatico. Possiamo averne anche “un assaggio” in quello che succede molto vicino a casa nostra: gli arrivi via mare sulle coste italiane, ma soprattutto sulle coste delle isole greche e qui torniamo a persone in fuga da Siria, da Iraq e da Afghanistan, principalmente; vediamo una grandissima quantità di famiglie – famiglie con bambini e anche bambini non accompagnati; pensiamo per esempio agli afghani che attraversano numerosi territori prima di giungere all’Unione Europea.

D. – Poi, paradossalmente, emerge anche che la distribuzione dei rifugiati si concentra nei Paesi più poveri: questo va a sfatare un po’ un luogo comune …

R. – Assolutamente. Questo è un dato che è costante; ci teniamo molto a sottolinearlo, ogni volta, proprio perché c’è sempre questa percezione dell’invasione dell’Europa, che tutti vogliono venire in Europa. In realtà, l’87% dei rifugiati nel mondo sono ospitati nelle regioni, nei Paesi considerati economicamente meno sviluppati, quindi 9 rifugiati su 10 si trovano in questi Paesi e nel 2014, più di un quarto di tutti i rifugiati erano proprio in quei Paesi che rientrano nella lista delle Nazioni Unite relativa ai Paesi meno sviluppati. E’ un concetto anche abbastanza ovvio, nel senso che chi fugge da guerre e persecuzioni non sceglie di fuggire: è costretto alla fuga, e tendenzialmente rimane nei Paesi limitrofi proprio perché ha il desiderio di rientrare a casa propria appena le condizioni lo rendano possibile.

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Terra Santa: incendio a Chiesa della Moltiplicazione dei pani a Tabgha

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Nella notte a Tabgha, in Galilea, sul lago di Tiberiade, un gruppo non identificato di estremisti ha appiccato un incendio doloso contro la chiesa costruita nel luogo dove, secondo la tradizione, Gesù ha compiuto la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Non è il primo attacco contro una chiesa cristiana in Israele. La polizia sta indagando. Eugenio Murrali ha intervistato padre Nicodemo dell’Ordine dei Benedettini ai quali è affidato il Santuario di Tabgha: 

R. – At quarter past three in the morning, one monk recognized  there is a fire in front of the church …
Alle tre un quarto del mattino, un monaco si è accorto che stava divampando un incendio davanti alla chiesa e uno davanti al monastero: due grandi incendi. I monaci e i volontari – otto volontari sui 20 anni – hanno iniziato a spegnere il fuoco, fino a quando, 20 minuti dopo, sono arrivati i pompieri. Ci sono due persone in ospedale, un monaco di 80 anni e una volontaria di 20 anni, con sospetto di intossicazione da fumo. Abbiamo grandi, grandi danni: tutta la sala della reception del monastero è bruciata e tutta la parte posteriore dell’atrio, davanti alla chiesa. E’ un danno impensabile. E su uno dei muri del monastero c’è una scritta contro i cristiani.

D. – Anche la chiesa della Moltiplicazione dei pani è stata danneggiata?

R. – No, the church has not been damaged; the place in front of the church. …
Non la chiesa, ma lo spazio davanti alla chiesa. Se si vuole entrare nella chiesa, c’è un atrio come nelle chiese molto antiche e nelle antiche basiliche. Questa zona è completamente distrutta dalle fiamme. La chiesa in se stessa – ringraziando Dio – non ha subito danni.

D. – L’incendio è doloso?

R. – Of course it was an arson, very clearly. …
Ovviamente è doloso, è chiaro. Non è il primo attacco di questo genere. L’anno scorso, l’ultimo giorno della visita del Papa a Gerusalemme abbiamo subito un attentato incendiario nella nostra chiesa, alla “Dormition Abbey”, e questo è quindi il secondo attacco incendiario alle nostre proprietà. A Tabgha è il secondo atto violento. Abbiamo attentati e attacchi quotidiani, ci sputano addosso, ci aggrediscono verbalmente, ci scrivono sui muri … non è la prima volta … Ma questa è un’evoluzione nuova, un picco di violenza contro i cristiani.

D. – Non è il primo attacco a una chiesa cristiana in Israele, in generale. Cosa sta succedendo?

R. – This is very difficult to explain, you have to ask the police: it no tour job. Our job is to …
E’ difficile da spiegare, dovrebbe chiederlo alla polizia: non è competenza nostra. Il nostro compito è essere qui per pregare, per essere al servizio dei pellegrini. Quindi immagino che ci siano gruppi fondamentalisti nella società israeliana che lottano contro la democrazia, contro la libertà religiosa e contro la dignità umana. Ma mentre da un lato c’è questa violenza incredibile, dall’altro lato c’è una grande solidarietà: per esempio, dopo l’attentato sono venuti tanti ebrei, tanti musulmani e tanti cristiani, tanti drusi … Possiamo dire, quindi, che c’è una società civile che condanna questi comportamenti e queste violenze contro luoghi sacri.

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Lezioni gender in liceo di Aprilia senza contraddittorio

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Dopodomani alle 15.30 le famiglie si raduneranno in Piazza s. Giovanni in Laterano per partecipare alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli. Stop gender nelle scuole”. La mobilitazione, alla quale hanno annunciato adesione anche membri di altre religioni, si oppone alla “colonizzazione ideologica”, spesso condotta in modo non palese, nelle scuole italiane di ogni ordine e grado. Giusi D’Amico, responsabile dell’Associazione “Nonsitoccalafamiglia”, riferisce al microfono di Paolo Ondarza di una denuncia fatta da alcuni studenti di 14-15 anni di un liceo di Aprilia, in provincia di Roma: 

R.  – Alcune famiglie ci hanno contattati, segnalando appunto un progetto di cui avevano  parlato i loro figli: il progetto era già iniziato ed avviato. I genitori ci chiedevano appunto se era lecito introdurre un progetto, anticipato solo ai rappresentanti di classe appena una settimana prima, e se era giusto obbligare i ragazzi a partecipare, visto che era stato specificato che la mancata partecipazione avrebbe comportato l’assenza ingiustificata. Noi come Associazione abbiamo raccolto i dati di questa segnalazione.

D. – Dunque, il progetto è stato annunciato solo una settimana prima dell’effettiva introduzione nelle aule e non era inserito nel Pof, il Piano di offerta formativa? E i contenuti quali sono stati?

R. – Esattamente. Sono stati quattro incontri estremamente a senso unico e sui quali abbiamo valutato anche non un alto gradimento dei ragazzi. Premetto che i ragazzi hanno chiesto anche perché questo tipo di percorso non venisse, per esempio, presentato ai ragazzi della V liceo, dell’ultimo anno, visto che forse erano un po’ più interessati ed erano un po’ più grandi. E’ stato risposto loro che l’educazione e la formazione in giovani di 15 e 16 anni è più malleabile rispetto a quelli più grandi che hanno già le loro idee formate. Per quanto riguarda i contenuti, l’associazione Agedo ha spiegato nel primo incontro nel dettaglio le diverse varianti LGBT – omosessuali, lesbiche, transessuali, etc. Sono state offerte agli studenti anche testimonianze di famiglie con figli omosessuali: su questo saremmo stati anche d’accordo, ma abbiamo ritenuto che dovevano essere prima informate le famiglie e magari, a nostro modo di vedere, l’incontro doveva essere condotto anche da persone non appartenenti alle associazioni  LGBT. Nel secondo incontro c’è stata la presenza di un avvocato che ha concentrato il suo intervento sui diritti delle persone omosessuali e anche lì i ragazzi hanno ascoltato senza poter replicare. Nel terzo incontro viene proiettato un film sul bullismo omofobico, “Mine vaganti”, ambientato in Sicilia e collegato all’incontro successivo, in cui ancora vengono fatti assistere i ragazzi ad una rappresentazione teatrale di due persone transessuali.

D. – E in aula c’erano i professori dei ragazzi o c’erano solamente i responsabili a cui era stato affidato questo corso?

R. – C’erano solo i responsabili perché i professori sono usciti dall’aula. Tra l’altro, sono sempre ragazzi minorenni per cui anche affidare i ragazzi minorenni a persone estranee al comparto scuola ha lasciato anche questo molto perplessi.

D. – Spesson si parla di gender nelle scuole e si pensa ai bambini. In realtà il gender sta entrando anche negli istituti superiori, nei licei?

R. – Sì, come dice questo progetto si incide più sulla fascia in formazione, in fase di definizione della propria identità, delle proprie idee. E’ anche questo indice di un non rispetto che non guarda alla globalità del processo di crescita del ragazzo e della persona.

D. – Tra l’altro, tra le segnalazioni che avete ricevuto c’è anche quella relativa a un dubbio che è stato fatto provocatoriamente venire ai ragazzi...

R. – Sì perché in una classe un ragazzo viene ripreso per avere offeso due ragazze lesbiche. E su questo giustamente la scuola interviene in maniera tempestiva, apre ovviamente uno spazio di dibattito e di confronto tra i ragazzi. Il dato un po’ allarmante è che all’interno di questo dialogo che si svolge in classe la docente di riferimento lancia un dubbio. L’omosessualità è un po’ ovunque persino dietro la porta di casa e chiede: “Ma chi di voi metterebbe la mano sul fuoco che i propri genitori sono davvero eterosessuali?” Ora, noi pensiamo come Associazione fondata su principi anche scientifici e non ideologici che instillare un dubbio di questa portata nella mente di un ragazzo che sta iniziando a costruire la sua identità sia altamente diseducativo e fuori dalla sfera della didattica e delle materie di insegnamento.

D. – Undici ore sottratte alla didattica hanno avuto un costo per la scuola?

R. – Hanno sicuramente avuto un costo. Quello che ci sorprende è che si stia facendo il bullismo omofobico come una priorità assoluta per il Paese rispetto a tante altre emergenze. Se pensiamo che addirittura i ragazzi nelle scuole elementari portano in classe lo scottex e la carta igienica che la scuola non è in grado di pagare… Ci sono situazioni di difficoltà oggettive serie. Ma se parliamo di omofobia potremo parlare anche di “immigratofobia”… La scuola si è fatta sempre garante di un clima di accoglienza. Ci sono emergenze di cui si parla poco e si dà risalto a quello che oggi fa più audience: esistono  priorità che oggi vengono po’ sommerse nel dibattito pubblico.

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Coop. sociale, ogni giorno creati 20 posti di lavoro

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Ogni giorno, la cooperazione sociale crea venti nuovi posti di lavoro. Ne parlano oggi e domani ad Assisi le aziende che aderiscono a Federsolidarietà di Confcooperative, a 30 anni dalla prima assemblea di questa organizzazione. Un confronto su innovazione, capacità di rispondere ai bisogni di welfare del paese, ma anche legalità a poche settimane dal nuovo filone d’inchiesta su Mafia Capitale. Il servizio di Alessandro Guarasci

Le seimila cooperative sociali in Italia erogano servizi di welfare a sette milioni di famiglie. E dal 2008 al 2014, sono stati creati 43 mila posti di lavoro, per un totale di 227 mila occupati. Insomma, un pezzo di economia italiana importante, attive nell’assistenza agli anziani, agli immigrati, a tutte le fasce più deboli. Ma un pezzo di economia la cui immagine, per poche mele marce, è stato intaccato da Mafia Capitale. Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà:

R. – Le nostre realtà sono realtà che si basano essenzialmente sul legame di fiducia con le comunità locali. Quindi, se questo legame di fiducia viene meno, come è possibile costruire davvero dei progetti di coesione sociale, di coinvolgimento e far partecipare le persone? E’ importantissimo, quindi, che noi riusciamo a mostrare il volto più autentico della cooperazione sociale, ma anche indicare alle cooperative sociali la strada per evitare che accadano di nuovo questi episodi così drammaticamente pesanti per noi.

D. – Quali strumenti state mettendo in campo per emarginare quei soggetti spuri, quelle cooperative spurie, che dovrebbero essere basate appunto su un principio di mutua assistenza e che invece fanno solo profitto?

R. – Mettere in evidenza – e lo abbiamo fatto presente anche nel servizio di revisione – quali sono i segnali di allerta che bisogna accendere, quando una cooperativa ha qualcosa che non funziona. Poi, fare continuamente una campagna di costruzione della consapevolezza dei soci e delle persone servite dalle cooperative: più persone conoscono quali sono i meccanismi di funzionamento delle cooperative – i diritti dei soci, i diritti degli utenti – più le cooperative sono partecipate dalle persone, che ne controllano l’esercizio effettivo della funzione mutualistica, più è difficile che si mettano in atto comportamenti distorsivi. Poi, non dimentichiamo che abbiamo varato questa raccolta di firme per irrigidire la normativa che consente di stanare le false cooperative.   

Necessario anche un  tavolo con la pubblica amministrazione per assicurare trasparenza e rispetto delle regole. Una garanzia per la stragrande maggioranza di soggetti che lavorano con onestà.

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Lotta al cancro: presentato volume "Il male (in)curabile"

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Combattere il cancro non solo attraverso la ricerca scientifica, ma anche attraverso una migliore comunicazione medico-paziente e nei media. E’ quanto si propone il volume “Il male (in)curabile”, promosso dall’associazione “Insieme contro il cancro”. Nel libro, presentato ieri nella sede della Radio Vaticana, si alternano divulgazione scientifica e interviste ai direttori delle più importanti testate italiane. Il servizio di Michele Raviart

Spesso definito dai media come “male incurabile”, il cancro rimane un nemico temibile, ma tutt’altro che invincibile. Dal 1990 a oggi il tasso di mortalità è sceso del 20%, mentre il 57% degli uomini e il 63% delle donne guariscono e tornano ad avere un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione sana. Questo è stato possibile grazie ai progressi della ricerca, come spiega il prof. Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Tor Vergata:

“La cosa fondamentale è la possibilità di leggere tutto il Dna del cancro. Prima non era possibile, noi vedevamo una finestra, non il palazzo intero. E quindi bisogna vedere quante sono le finestre rotte di un palazzo, sulla base di queste riusciamo a trovare i farmaci specifici per ognuno di quelli ed è questa la strategia che dobbiamo seguire. Questo in parte si chiama 'riposizionamento dei farmaci’, cioè farmaci che prima, e ancora, servono per curare malattie come il diabete, l’altero-sclerosi, malattie autoimmuni e quant’altro, oggi possono avere anche un ruolo nella terapia del cancro, se la base genetica è la stessa”

In Italia tre milioni di persone vivono con una diagnosi di tumore. Un numero alto – nel 2014 sono stati registrati 365 mila nuovi casi – ma che contiene anche aspetti positivi, visto che aumenta la quantità di chi sopravvive alla fase acuta della malattia. Ma sopravvivere non basta, afferma l’avvocato Elisabetta Iannelli, che lotta contro il tumore da quando aveva 24 anni:

“Ci siamo battuti tanto per i due pilastri della vita di un essere umano: la famiglia e il lavoro. Se viene tolta la speranza - che dà anche dignità a una persona - di poter essere di nuovo parte attiva della società, di avere la possibilità anche solo di sognare, di avere una famiglia e dei figli – e parlo magari di un giovane, una giovane che si ammala e non ha ancora messo su famiglia… Allora, se viene tolto tutto questo, sì, li abbiamo curati, ma abbiamo fatto un po’ un lavoro a metà”

La cura deve quindi partire da un approccio psicologico complessivo nei confronti del malato, a cominciare da un rapporto “etico” tra medico e paziente fondato sula comunicazione. Mons. Augusto Chendi, sottosegretario del Pontificio consiglio della pastorale per gli operatori sanitari:

"Le patologie oncologiche, i cosiddetti mali incurabili, che assumono ancora maggiore rilievo e drammaticità quando si manifestano in età pediatrica, chiamano in causa una vera alleanza terapeutica, costituita senz’altro anche dalla comunicazione. Si tratta di una comunicazione corretta e appropriata delle nuove risultanze, per favorire la prevenzione, per comunicare correttamente la diagnosi e per pianificare una cura adeguata, ma alla base della quale, sta sempre una relazione interpersonale irrinunciabile".

Il 40% dei tumori può essere evitato grazie a uno stile di vita sano. Prevenzione e ricerca rimangono quindi le armi migliori per cercare di sconfiggere la malattia. Il reverendo Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita.

"Noi tante volte diciamo: ‘finché c’è vita, c’è speranza’. Io dico spesso che ‘finché c’è speranza, c’è vita’. Ma anche 'finché c'è ricerca, c'è speranza', ma anche 'finché c'è speranza si continua a cercare'. Cos’è la speranza? Per prima cosa, è quanta speranza uno accumula attraverso le esperienze della sua vita. Secondo ingrediente è quanta te ne danno gli altri, quanta speranza ti trasmette chi ti sta accanto: dalla famiglia, agli operatori, alle associazioni, a tutto ciò che collabora a tal fine. E terzo, quella che viene dal buon Dio, che nella fede ti dona la speranza e completa il quadro della nostra realtà più profonda”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nel mondo le guerre distruggono lo sviluppo

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Nel 2014 le guerre sono costate l’equivalente di 14.300 miliardi di dollari, circa il 13% del Prodotto interno lordo globale, tutte risorse sottratte allo sviluppo economico e sociale: lo calcola l’Institute for Economic and Peace (Iep), un centro studi specializzato che ha sede in Australia. Secondo la ricerca, pubblicata ieri e ripresa dall'agenzia Misna, un decimo delle risorse assorbite dalle guerre vale tre volte più dei redditi cumulati del miliardo e cento milioni di persone che vivono in condizioni di povertà estrema, dieci volte l’ammontare complessivo degli aiuti allo sviluppo erogati dai governi e sei volte i prestiti garantiti alla Grecia in crisi economica.

La Siria il Paese più devastato dalla guerra; quello più pacifico l'Islanda
Nello studio si riferisce che il Paese dove la pace ha messo radici più stabili è l’Islanda, mentre quello più devastato dalla guerra è la Siria. Rispetto al 2013 il peggioramento nella classifica globale più significativo è stato quello della Libia. Tendenze negative sono state riscontrate anche in Iraq, Nigeria, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana. I miglioramenti più marcati hanno invece interessato Guinea Bissau, Costa d’Avorio, Egitto e Benin. Nel complesso, però, il quadro è negativo: nel 2014 le guerre avrebbero causato la morte di 180.000 persone, a fronte delle “appena” 49.000 vittime del 2010. (V.G.)

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Vescovi Antille: i poveri vittime dei cambiamenti climatici

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I cambiamenti climatici sono “una grande sfida di questo secolo”: è quanto scrivono i vescovi delle Antille (Aec), in una dichiarazione diffusa in occasione della pubblicazione dell’Enciclica del Papa “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, della quale i presuli auspicano uno studio approfondito “per diventare migliori custodi della creazione”. “Gli uomini e le donne – si legge nella dichiarazione - sono chiamati ad essere custodi, amministratori del dono della creazione di Dio. Assumersi con gratitudine la responsabilità per l'integrità del Creato rappresenta una parte importante di ciò che significa essere fatti ad immagine di Dio”, anche perché “la dimensione specificatamente cristiana di gestione deve includere questa responsabilità per la custodia del nostro ambiente”.

I poveri, i più colpiti dalle conseguenze dei cambiamenti climatici
Tuttavia, evidenzia l’Aec, l’attività umana, in particolare il modo in cui usa l’energia, dirige l’industria e coltiva la terra, ha determinato “profondi e complessi mutamenti” nella Terra, provocando numerosi cambiamenti climatici che diventano sempre “più estremi”. “Tutti vengono colpiti, ma sono i poveri che ne risentono di più – mettono in guardia i presuli - perché gli indigenti hanno pochissime risorse con cui fronteggiare ed adattarsi a questi eventi”. Non solo: “Coloro che sono maggiormente interessati da questa realtà, ossia i poveri, ne sono i meno responsabili”. Certo, riconosce l’Aec, “molto di buono è accaduto sulla Terra grazie ad un’intelligenza responsabile, alla tecnologia e all'industria del genere umano, sotto l’egida dell'amore e la cura di Dio”. Eppure, “negli ultimi decenni molte avversità gravi come i cambiamenti climatici ed il loro impatto devastante sulla natura stessa, sulla sicurezza alimentare, sulla salute e la migrazione, hanno creato un gran numero di persone sofferenti in tutto il mondo”.

Cop21 prenda decisioni concrete per salvaguardare il Pianeta
Inoltre, in vista del vertice internazionale sul clima (Cop21) che si terrà a Parigi nel mese di dicembre, i presuli esortano ad “agire sulla situazione urgente e dannosa, determinata dal cambiamento climatico globale”, auspicando “decisioni concrete per avviare nuovi percorsi sostenibili”. Per questo, la Chiesa delle Antille lancia un appello globale affinché si consideri “la dimensione spirituale e morale del cambiamento climatico”, perché “le misure contro di esso devono essere motivate non solo dalla tecnica e dall’economia, ma anche dal rispetto della giustizia sociale e da una responsabilità comune, in coerenza con gli insegnamenti sociali cattolici”. L’auspicio è che si adotti “un accordo globale equo e giuridicamente vincolante”, così da agire “in difesa dei diritti umani universali per salvaguardare il pianeta per questa generazione e quelle ancora a venire”.

L’impegno della Chiesa nella formazione all’ecologia
Quindi, i vescovi delle Antille lanciano alcuni suggerimenti pratici: limitare l'aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi Celsius, “al fine di proteggere le comunità di prima linea che soffrono le conseguenze dei cambiamenti climatici”; “promuovere l'energia sostenibile per tutti”, riducendo “le emissioni di combustibili fossili e la promozione delle energie rinnovabili”; “finanziare le esigenze di adattamento dei più vulnerabili”; adottare una “roadmap per i finanziamenti per il clima”. Dal suo canto, la Chiesa delle Antille ribadisce il suo impegno a tutela del clima attraverso “un processo di formazione di tutte le persone sulle cause ed i possibili effetti del cambiamento climatico sulle comunità vulnerabili”; lo sviluppo di “programmi per insegnare alle persone a ridurre il consumo di energia e di acqua”; la collaborazione con “governo, enti e società civile per inserire il cambiamento climatico nell'agenda nazionale”.

Sì ad un accordo globale sul clima
​Infine, l’Aec lancia un appello “a tutti i cattolici ed alle persone di buona volontà affinché si impegnino sulla via di un accordo globale sul clima come punto di partenza per una nuova vita in armonia con la creazione e nel rispetto dei confini planetari”. (I.P.)

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Vescovi Regno Unito contro la tortura: viola la dignità umana

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“La tortura è una violazione estrema della dignità umana e non deve avere posto nel mondo”: scrive così mons. Declan Lang, responsabile del Dipartimento per gli affari internazionali della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles. Le parole del presule arrivano in vista della Veglia di preghiera contro la tortura, organizzata il 26 giugno dall’organismo “Acat – Azione dei cristiani contro la tortura”.

Essere solidali con le vittime di tortura
​“Ancora oggi – ribadisce il presule – un numero considerevole di persone viene torturato o convive quotidianamente con le conseguenze” di una simile violenza. “Auspico – conclude mons. Lang – che i cattolici di Inghilterra e Galles siano solidali con le vittime e prendano parte all’iniziativa dell’Acat, anche attraverso la preghiera individuale”. Da ricordare che la Veglia del 26 giugno coinciderà con la Giornata internazionale a sostegno delle vittime di torture, sancita dalle Nazioni Unite. (I.P.)

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Iraq: messaggio patriarca Sako ai musulmani per il Ramadan

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“All'inizio di questo mese santo, rivolgo ai miei fratelli musulmani, i miei più fervidi auguri, nella speranza che Dio li ricopra con le sue benedizioni e protegga il nostro amato Paese, assicurandogli stabilità”. Così si esprime il patriarca di Babilonia del caldei, Louis Raphael Sako, nel messaggio augurale rivolto ai membri dell'islam in occasione del mese di digiuno che in Iraq è appena iniziato. Nel messaggio, riferisce l'agenzia Fides, il primate della Chiesa caldea sottolinea che il Ramadan del 2015 cade in un tempo segnato dalla paura e dall'ansia per il futuro, dopo che l'Iraq è diventato di nuovo un campo di battaglia dove si sono scatenati “conflitti locali, regionali e internazionali”. 

Sako rinnova l'urgenza di una riconciliazione nazionale
Il patriarca approfitta del messaggio ai musulmani per sottolineare l'urgenza di una riconciliazione nazionale che, attraverso la realizzazione delle riforme politiche necessarie, non escluda nessuna delle componenti della società irachena. Il vero eroismo – spiega il patriarca - “non è quello di chi combatte guerre e uccide di più. Il vero eroe è colui che opera per la pace, a favore della libertà e della dignità di tutti”. (G.V.)

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Manifestazione “Difendiamo i nostri figli” contro ideologia gender

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I promotori del Comitato “difendiamo i nostri figli”, rinnovano la chiamata alla mobilitazione nazionale per tutte le famiglie e le persone, cattolici e laici, credenti e non credenti, che vogliono pubblicamente ribadire il diritto dei genitori di educare e istruire i figli, specialmente con riguardo alle tematiche della affettività e della sessualità, e che vogliono dire ‘no’ a progetti di legge come il ddl Cirinnà che arrivano a legittimare anche la pratica dell’utero in affitto e che, de facto, consentono l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso.

Interventi di diverse fedi e confessioni cristiane
L’evento sarà animato dalla testimonianza di molte famiglie che hanno vissuto sulla loro pelle i tentativi di indottrinamento gender nelle loro scuole. Interverranno, tra gli altri,  Costanza Miriano e Mario Adinolfi, oltre all’avvocato Gianfranco Amato e all’avvocato Simone Pillon. Interverrà anche Kiko Arguello iniziatore del Cammino Neocatecumenale. Chiuderà l’incontro il portavoce del comitato prof. Massimo Gandolfini. Il programma prevede anche brevi saluti da parte di numerosi rappresentati dei diversi gruppi etnici presenti in Italia e di varie organizzazioni laiche, confessionali, cristiane e di altre fedi, dal mondo islamico ed ebraico, fino alla comunità indiana dei Sikh. Interverranno anche i responsabili delle confessioni protestanti. Tutte realtà che hanno aderito alla manifestazione e garantito viva partecipazione, a testimonianza della trasversalità dei temi al centro dell’iniziativa, questioni che stanno a cuore al grande popolo delle famiglie.

Ideologia gender disorienta figli e nipoti fin dalla scuola dell’infanzia
“Rigettiamo con forza il tentativo di infiltrare nelle scuole di ogni ordine e grado progetti educativi che, con il pretesto del legittimo contrasto al bullismo, mirano alla destrutturazione dell’identità sessuale dei bambini”, dichiara il prof. Gandolfini. “Teorie senza basi scientifiche – definite dallo stesso Papa Francesco “un errore della mente umana” - che hanno lo scopo dichiarato di rompere ogni corrispondenza tra l’identità sessuale biologica e la strutturazione della personalità, e che di conseguenza disorientano i nostri figli e nipoti fin dalla scuola dell’infanzia modificando la stessa antropologia umana”.

Famiglie da ogni parte d'Italia
Gli organizzatori hanno già ricevuto adesioni per qualche centinaio di migliaia di persone. “Potevamo scegliere altri luoghi di aggregazione presenti nella città di Roma – aggiunge Gandolfini -  ma la nostra sfida è riempire piazza San Giovanni con centinaia di migliaia di famiglie che arriveranno da ogni parte di Italia, per proteggere l’innocenza dei bambini e il loro diritto ad avere un padre e una madre e per ribadire la più netta contrarietà ad ogni tentativo di cambiare la nostra bella Costituzione, equiparando le convivenze omosessuali al matrimonio”. 

Intervenire sul ddl Cirinnà prima che il Parlamento legiferi
“Un primo effetto di questa iniziativa – sottolinea il portavoce del Comitato – è stato lo slittamento alla prossima settimana del parere del Governo sul ddl Cirinnà, dopo il quale partirà la discussione di duemila emendamenti”. “Noi vogliamo intervenire – prosegue Gandolfini - prima che il Parlamento legiferi, perché le esperienze di Francia e Spagna dimostrano che la protesta successiva alla promulgazione di leggi sbagliate, pur avendo un grande valore simbolico non portano ad un risultato concreto”.

Rompere il silenzio della stampa sui temi della famiglia
​“In questo modo vogliamo anche augurarci che la carica popolare di questa mobilitazione dal basso - conclude il prof. Gandolfini - rompa il consueto silenzio degli organi di stampa, troppo spesso distratti da cronache di costume e portati a trascurare le famiglie italiane che, come un’immensa foresta in crescita, non fanno alcun rumore ma costituiscono l’ossatura del nostro Paese”. (M.G.)

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Vescovi Sudafrica: no ad aumento 25% delle tariffe elettriche

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“L’aumento delle tariffe elettriche porterà ad un incremento dei prezzi dei generi alimentari e di altri prodotti essenziali usati dai poveri, perché le aziende trasferiranno gli aumenti ai consumatori” afferma una lettera inviata all’autorità di regolamentazione dell’elettricità del Sudafrica da parte della locale Commissione episcopale Giustizia e Pace.

L'aumento creerà un danno all'occupazione
“Siamo preoccupati per l’alto tasso di disoccupazione in Sudafrica” si afferma nella lettera ripresa dall'agenzia Fides, che è firmata da mons. Abel Gabuza, vescovo di Kimberley e presidente di “Giustizia e Pace”. “Pensiamo che un aumento del 25% delle tariffe elettriche molto probabilmente ridurrà la crescita economica e aumenterà i livelli di disoccupazione. Si è già stimato che un aumento del 15-25% delle tariffe elettriche costerebbe all’economia dai 10 ai 16 miliardi di Rand. In un ambiente economico in crescita bassa, l’improvviso incremento del prezzo dell’elettricità molto probabilmente dissuaderà gli investimenti, specialmente nelle industrie ad alto tasso energetico”.

L'aumento è fuori della portata dei poveri
Ancora più importante, rincara “Giustizia e Pace”, è che “l’elettricità è un bene pubblico che deve essere accessibile a tutti. L’aumento del 25% del suo costo metterà l’elettricità fuori dalla portata dei poveri, facendo fare un deciso passo indietro agli sforzi governativi per rendere l’elettricità accessibile a tutti”

Chiesa chiede la creazione di un consiglio nazionale di crisi sull’elettricità
La lettera propone di andare alla causa primaria di questa situazione: la cattiva gestione della società elettrica nazionale (Eskom) e la mancanza della volontà politica di affrontare il problema. Per questo motivo “Giustizia e Pace” conclude proponendo “la creazione di un consiglio nazionale di crisi sull’elettricità, con rappresentanti della società civile e dei sindacati, incaricato di sviluppare un piano a favore dei poveri da parte di Eskom e di sorvegliare la sua realizzazione”. (L.M.)

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Austria: Plenaria dei vescovi su famiglia e rifugiati

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I vescovi austriaci si attendono risultati positivi “e molti buoni frutti” dal prossimo Sinodo per la famiglia. Lo scrivono i membri della Österreichische Bischofskonferenz (Öbk), Conferenza episcopale austriaca, che hanno terminato ieri la sessione plenaria estiva, presso il santuario mariano di Mariazell. Al Sinodo parteciperà come rappresentante della Öbk il vescovo di Feldkirch, mons. Benno Elbs, oltre al card. Christoph Schönborn in quanto membro del Consiglio sinodale. Le aspettative per il Sinodo, che si terrà dal 4 al 25 ottobre in Vaticano, sono definite "molto alte" e i vescovi tutti dovranno contribuire al suo successo “in sincerità e umiltà”, è scritto nella dichiarazione finale. Hanno partecipato ai lavori sul Sinodo - riporta l'agenzia Sir - anche i presidenti dell’Azione cattolica austriaca, Gerda Schaffelhofer, dell’Unione delle associazioni cattoliche, Helmut Kukacka, del Consiglio per i laici cattolici dell’Austria, Theo Quendler e Alfred Trendl dell’Associazione delle famiglie cattoliche. 

Cura delle persone che soffrono le conseguenze di ingiustizie e fallimenti
Nel documento di sintesi dei lavori i vescovi esprimono la validità e l’attualità della “connessione per tutta la vita dell’uomo e della donna con amore e lealtà, sostenuti dal desiderio dei figli”, ma anche la necessità di una particolare cura per le persone che “soffrono per le conseguenze di ingiustizie, peccato e il fallimento nella vita personale e familiare”. 

Il tema di rifugiati e profughi
Durante i lavori dell’assemblea i vescovi austriaci hanno affrontato il problema dell’intervento umanitario per i rifugiati e i profughi: l‘Europa dovrebbe impegnarsi a trattare con maggiore umanità i rifugiati in quanto è il Continente più prospero perché "ciò di cui abbiamo bisogno sono ponti, non solo recinzioni". Per i vescovi austriaci “non si devono sottovalutare” le preoccupazioni e le paure della popolazione “a causa dell‘aumento dei richiedenti asilo”, ma nella discussione “c’è bisogno di informazione e obiettività per evitare una spaccatura nella società". 

I vescovi ribadiscono il diritto d'asilo per le persone in fuga
​Allo stesso tempo, i vescovi ricordano che "il diritto umano all‘asilo è un bene prezioso e un obbligo di diritto internazionale”, e “l‘Austria può così agire senza compromessi” anche alla luce delle procedure rapide per il diritto d’asilo “e gli standard elevati di assistenza quando si tratta di persone in fuga”. I rifugiati provenienti da quelle regioni dell‘Africa e del Medio Oriente, afflitti dalla guerra, violenze e persecuzioni, hanno rischiato la vita per sfuggire a condizioni disumane. "È un’ingiustizia assistere pigramente quando uomini, donne e i loro figli sono in fuga nel Mediterraneo alle porte dell’Europa", dicono i vescovi perché la "fuga non è un crimine". I vescovi hanno peraltro espresso un forte rammarico per il dibattito istituzionale in corso in materia di asilo, che si orienta per una restrizione della materia, ciò in contrasto con la vocazione storica all’accoglienza dell’Austria. (R.P.)

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Praga: incontro addetti stampa Conferenze episcopali europee

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“Abbiamo trovato una lingua comune”, una “forma di collaborazione” tra chiesa cattolica, altre comunità religiose e autorità pubbliche, che ha permesso di raggiungere l’obiettivo di una buona riuscita della visita del Papa a Sarajevo. Lo ha spiegato mons. Ivo Tomasevic, segretario generale e portavoce della Conferenza episcopale di Bosnia-Erzegovina, all’incontro dei responsabili delle Comunicazioni sociali delle chiese in Europa in corso a Praga che si concluderà sabato prossimo. 

La visita in Bosnia del Papa ha avuto una grande risonanza
Nel tracciare un bilancio della presenza di Papa Francesco nel suo Paese il 6 giugno scorso, Tomasevic ha affermato: “Le celebrazioni sono state molto partecipate, l’evento ha avuto grande risonanza in tutto il Paese e fra i mass media. La felice riuscita della visita dimostra che, nonostante la difficile situazione che viviamo ancora oggi, la gente in Bosnia ed Erzegovina sa fare cose buone e belle”, specie se interviene “l’aiuto di Dio”. “Per noi cattolici è stato un segno della vicinanza di Dio a questo Paese”. “In particolare l’incontro con i giovani ha messo in luce come la Bosnia ed Erzegovina sia un Paese della vita, della speranza e con un futuro di fronte a sé e non è solo una nazione ferita dalla guerra e dalle divisioni”. Mons. Tomasevic ha infine sottolineato il valore ecumenico della giornata del 6 giugno con il Papa. 

Gli uffici diocesani domandano servizi, rassegne stampa specializzate, supporto
Dal canto suo don Ivan Maffeis, responsabile dell’ufficio Comunicazioni sociali della Cei, si è soffermato sui compiti svolti dall’ufficio della Conferenza episcopale italiana. Rivolgendosi a una quarantina di colleghi di tutto il continente, don Maffeis ha puntualizzato: “Gli uffici diocesani domandano servizi, rassegne stampa specializzate, supporto. Sono interessati all’accesso alla banda larga. Appare inoltre interessante la spinta verso la formazione, riferita alle trasformazioni culturali in atto e relative, ad esempio, alla scuola e alla famiglia”. Maffeis ha aggiunto: “È decisivo aiutare il territorio e i servizi di informazione ecclesiale a riposizionarsi. Non di rado infatti il direttore dell’ufficio diocesano è anche direttore del settimanale oppure della radio o della tv. Le diocesi cercano di ripensare la loro comunicazione, in considerazione di una maggiore efficacia e della situazione economica. In questo senso, siamo impegnati ad accompagnare i processi volti a rivedere le modalità di comunicazione, puntando a essenzializzare risorse e strumenti, senza che questo vada a scapito di una presenza qualificata”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 169

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.