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Sommario del 11/06/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco alla Fao: lotta alla fame senza secondi fini

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“L’accesso al cibo necessario è un diritto di tutti”: continuiamo “la lotta alla fame senza secondi fini”. Così il Papa ricevendo in Sala Clementina i partecipanti alla 39.ma Conferenza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, la Fao, accompagnati dal presidente della sessione, La Mamea Ropati, e dal direttore generale dell’organizzazione, José Graziano da Silva. Francesco ha pure ricordato la sua partecipazione alla seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione, nel novembre scorso. Il servizio di Giada Aquilino

L'accesso al cibo necessario è un diritto di tutti
Modifichiamo il nostro rapporto con le risorse naturali e l’uso dei terreni, non cadiamo “nella schiavitù del consumismo”, eliminiamo lo sperpero: “così sconfiggeremo la fame”, che non è “un argomento impopolare, un problema irrisolvibile”. Papa Francesco non ha dubbi: anche di fronte ai dati mondiali che dicono come “quel miliardo e 200 milioni di affamati del 1992” si sia ridotto, il Pontefice sottolinea che “serve a poco” prendere atto dei numeri e progettare impegni e raccomandazioni:

“Debemos responder al imperativo...
Dobbiamo invece rispondere all’imperativo che l’accesso al cibo necessario è un diritto di tutti. I diritti non consentono esclusioni”.

Non delegare, ma agire
Francesco invita quindi a “rispondere in concreto agli affamati e a tutti coloro che attendono dallo sviluppo agricolo una risposta alla loro condizione”, senza tralasciare “l’obbligo di debellare la fame e prevenire qualsiasi forma di malnutrizione, in tutto il mondo”. Di fronte alla miseria di tanti fratelli e sorelle, il Papa pensa a volte che “l’argomento della fame e dello sviluppo agricolo sia oggi diventato uno dei tanti problemi in questo tempo di crisi”:

“Vemos crecer por doquier el número de personas...
Vediamo ovunque crescere il numero di chi con fatica accede a pasti regolari e sani. Ma invece di agire preferiamo delegare e delegare a tutti i livelli. E pensiamo: ci sarà qualcuno che se ne occuperà, magari un altro Paese, o quel Governo, quella Organizzazione internazionale”.

Ridurre gli sprechi, disparità di nutrizione tra Nord e Sud
L’esortazione è a vincere “la nostra tendenza a ‘disertare’ di fronte a temi difficili” e chiedersi “cosa possiamo fare”. Il Papa sottolinea che “preoccupano molto le statistiche sugli sprechi”, che riguardano “un terzo degli alimenti prodotti”, e “inquieta sapere” che buona quantità di prodotti agricoli non viene usata per “le necessità immediate degli affamati”. Quindi “ridurre gli sprechi è essenziale”, come pure “riflettere sull’uso non alimentare dei prodotti agricoli” e “garantire condizioni ambientali sempre più sane”: serve dunque “sensibilizzare tutti i Paesi sul tipo di nutrizione adottata” e ciò - aggiunge -  varia a seconda delle latitudini:

“En el Sur del mundo se ha de poner la atención...
Nel Sud del mondo l’attenzione va posta sulla quantità sufficiente di alimenti da garantire ad una popolazione in crescita, nel Nord il punto centrale è la qualità della nutrizione e degli alimenti. Ma sia sulla qualità che sulla quantità pesa la situazione di insicurezza determinata dal clima, dall’aumento della domanda e dall’incertezza dei prezzi”.

Stili di vita da modificare
Francesco propone quindi “di modificare gli stili di vita e forse - prosegue - avremo bisogno di meno risorse”:

“La sobriedad no se opone al desarrollo...
La sobrietà non si oppone allo sviluppo, anzi, è ormai evidente che è diventata una sua condizione”.

Valore sacro dei prodotti della terra
La riflessione del Papa prosegue con l’incisione delle regole del mercato “sulla fame nel mondo”. I prezzi volatili dei prodotti alimentari impediscono ai più poveri “di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima”. E le cause sono tante, nota il Papa:

“Nos preocupa justamente el cambio climático…
Ci preoccupano giustamente i cambiamenti climatici, ma non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria: un esempio sono i prezzi di grano, riso, mais, soia che oscillano in borsa, magari vengono legati a fondi di rendimento e, quindi, più alto è il loro prezzo maggiormente ricava il fondo. Anche qui, proviamo a percorrere un’altra strada convincendoci che i prodotti della terra hanno un valore che possiamo dire “sacro”, perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie, comunità di contadini. Un lavoro spesso dominato da incertezze, preoccupazioni per le condizioni climatiche, ansie per le possibili distruzioni del raccolto”.

Solidarietà al centro
È necessario che lo sviluppo agricolo “sia al centro dell’attività economica”, rafforzando “le capacità delle popolazioni di fronteggiare le crisi”, naturali o causate dall’azione umana. Di fronte alla “mancata volontà di assumere impegni vincolanti” o all’“assenza di tanti, persino di Stati” - perché il problema fame “non assicura consensi” - ci si dimentica che “non bastano solo politiche sociali” per fronteggiare la povertà:

“Esta actitud puede cambiar si reponemos...
Questo atteggiamento può cambiare se ricollochiamo nel cuore delle relazioni internazionali la solidarietà, trasportandola dal vocabolario alle scelte della politica: la politica dell’altro. Se tutti gli Stati Membri operano per l’altro, i consensi all’azione della Fao non tarderanno ad arrivare e anzi se ne riscoprirà la funzione originaria, quel “Fiat panis” che è inserito nel suo emblema”.

Incentivare produzioni locali e gestione attenta degli aiuti
C’è poi l’educazione delle persone ad una corretta alimentazione, educazione che oggi “ha diverse declinazioni”: in occidente il problema sono gli alti consumi e gli sprechi, nel Sud invece è necessario incentivare la produzione locale che in tanti Paesi con ‘fame cronica’ “è sostituita da derrate provenienti dall’esterno e magari inizialmente mediante gli aiuti”:

“Pero las ayudas de emergencia no bastan…
Gli aiuti di emergenza, però, non bastano e non sempre finiscono nelle mani giuste. Così si crea dipendenza verso i grandi produttori, e se il Paese manca della necessaria disponibilità economica, ecco che la popolazione finisce per non alimentarsi e la fame cresce”.

Centralità della persona umana, accesso all'acqua e alle terre
I cambiamenti climatici, nota inoltre il Papa, “ci riportano ai forzati spostamenti di popolazione e ai tanti drammi umanitari per mancanza di risorse, ad iniziare dall’acqua già oggetto di conflitti che in prospettiva aumenteranno”: le soluzioni auspicabili quindi non devono dimenticare “la centralità della persona umana che è la misura di ogni diritto”:

“No basta afirmar que hay un derecho al agua...
Non basta affermare che esiste un diritto all’acqua senza agire per rendere sostenibile il consumo di questo bene-risorsa e per eliminare ogni spreco. L’acqua resta un simbolo che i riti di molte religioni e culture usano per indicare appartenenza, purificazione e conversione interiori. Partendo da questo valore simbolico la Fao può contribuire a rivedere modelli di comportamento per garantire, oggi e in futuro, che tutti possano accedere all’acqua indispensabile alle loro necessità e alle attività agricole”.

Sullo stesso piano dell’acqua, anche “l’utilizzo dei terreni rimane un serio problema”:

“Preocupa cada vez más...
Preoccupa sempre più l’accaparramento delle terre coltivabili da parte di imprese transnazionali e di Stati che non solo priva gli agricoltori di un bene essenziale, ma intacca direttamente la sovranità dei Paesi. Sono molte ormai le Regioni in cui gli alimenti prodotti vanno verso l’estero e la popolazione locale si impoverisce doppiamente perché non ha né alimenti, né terra”.

Progetti in favore di aziende familiari
Ci sono zone, evidenzia ancora il Papa, dove le donne “non possono possedere i terreni che lavorano, con una disparità di diritti che impedisce la serenità della vita familiare”, nonostante nel mondo la produzione mondiale di alimenti sia “in massima parte opera di aziende familiari”. L’auspicio è dunque il rafforzamento di progetti in loro favore, stimolando “gli Stati a regolare equamente l’uso e la proprietà della terra”. L’invito allora è a lavorare “per armonizzare le differenze” e a unire gli sforzi:

“Así, ya no leeremos que la seguridad alimentaria...
Così non leggeremo più che la sicurezza alimentare per il Nord significa eliminare grassi e favorire il movimento e per il Sud procurarsi almeno un pasto al giorno”.

L'impegno della Chiesa nella lotta alla fame senza secondi fini
Nella prospettiva che entro il 2050 ci saranno 9 miliardi di abitanti sul pianeta e, secondo stime Fao, “la produzione deve aumentare e addirittura raddoppiare”, il Papa esorta a continuare “la lotta alla fame senza secondi fini”, in un cammino a cui anche la Chiesa partecipa impegnandosi a favorire un “cambio di atteggiamento” perché le risorse della terra sono limitate e “un loro uso sostenibile è assolutamente urgente”.

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Il Papa: no a concezione riduttiva matrimonio, promuovere famiglia

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“Promuovere la famiglia, dono di Dio per la realizzazione dell’uomo e della donna e quale cellula fondamentale della società”, di fronte a una “concezione riduttiva” del matrimonio che causa anche tra i cristiani “una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto”. Questa una delle raccomandazioni del Papa nel discorso consegnato questa mattina ai vescovi di Lettonia ed Estonia, ricevuti in "visita ad limina". Il servizio di Paolo Ondarza

Famiglia, cellula fondamentale in una società insidiata da relativismo e secolarismo
“La famiglia, luogo dove si impara a convivere nella differenza”, va promossa. E’ la ferma convinzione espressa dal Papa ai vescovi di Lettonia ed Estonia attivi “in una società a lungo oppressa da ideologie contrarie alla dignità e alla libertà umana” e oggi di fronte ad “altre pericolose insidie, quali secolarismo e relativismo": la famiglia – spiega Francesco – è “dono di Dio per la realizzazione dell’uomo e della donna creati a sua immagine e “cellula fondamentale della società”.

Concezione riduttiva e relativista del matrimonio causa divorzio e separazioni
Oggi, constata il Santo Padre, il matrimonio è spesso considerato una forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno; “tale concezione riduttiva - evidenzia il Pontefice - influisce anche sulla mentalità dei cristiani, causando una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto”. Di qui l’invito ai presuli ad interrogarsi sulla preparazione dei giovani fidanzati e ad assistere queste situazioni, “affinché i figli non ne diventino le prime vittime e i coniugi non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio” .

Necessaria attenzione pastorale a famiglie monoparentali
Il Papa chiede attenzione pastorale anche nei confronti delle tante famiglie monoparentali presenti in Lettonia ed Estonia a causa di una crisi economica che ha favorito l’emigrazione. “L’assenza del padre o della madre - spiega Francesco ai presuli - comporta per l’altro coniuge una maggiore fatica, in tutti i sensi, per la crescita dei figli”. I vescovi non sono soli nel loro compito: il Pontefice indica i sacerdoti al loro fianco, bisognosi di formazione “sul piano della preparazione teologica e della maturità umana”. Preziosa anche la presenza dei consacrati: “non li si apprezza solo per i servizi che rendono - rileva il Santo Padre- ma prima ancora per la loro presenza che diffonde “in mezzo al popolo di Dio il profumo di Cristo”. 

Laici chiamati ad assumere responsabilità nella Chiesa e nella società
Indispensabile inoltre il coinvolgimento dei laici, “chiamati ad assumere responsabilità” nella Chiesa e nella società e ad approfondire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa. “I fedeli laici - conclude il Papa - sono il tramite vivo tra ciò che noi Pastori predichiamo e i diversi ambienti sociali. Sentano vicino il cuore della Chiesa!”. 

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Il Papa: cristiani servano gratuitamente, no a inganno delle ricchezze

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“Cammino, servizio, gratuità”. E’ il trinomio sul quale Papa Francesco ha sviluppato l’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che un discepolo è chiamato a camminare per servire e ad annunciare il Vangelo gratuitamente, vincendo l’inganno “che la salvezza viene dalle ricchezze”. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Cammino, servizio e gratuità”. Papa Francesco ha articolato la sua omelia su questi tre punti, commentando il passo del Vangelo odierno, in cui Gesù invia i discepoli ad annunciare la Buona Notizia. Gesù, ha esordito, invia a fare un cammino che non è una “passeggiata” ma è un invio con “un messaggio: annunciare il Vangelo, uscire per portare la Salvezza, il Vangelo della Salvezza”.

Portare la Buona Notizia attraverso un percorso interiore
Questo, ha soggiunto, “è il compito che Gesù dà ai suoi discepoli. Se un discepolo rimane fermo e non esce, non dà quello che ha ricevuto nel Battesimo agli altri, non è un vero discepolo di Gesù: gli manca la missionarietà, gli manca uscire da se stesso per portare qualcosa di bene agli altri”:

“Il percorso del discepolo di Gesù è andare oltre per portare questa buona notizia. Ma c’è un altro percorso del discepolo di Gesù: il percorso interiore, il percorso dentro di sé, il percorso del discepolo che cerca il Signore tutti i giorni, nella preghiera, nella meditazione. Anche quel percorso il discepolo deve farlo perché se non cerca sempre Dio, il Vangelo che porta agli altri sarà un Vangelo debole, annacquato, senza forza”.

Un discepolo di Gesù che non serve non è cristiano
“Questo doppio percorso – ha detto – è il doppio cammino che Gesù vuole dai suoi discepoli”. C’è poi la seconda parola: “Servire”. “Un discepolo che non serve gli altri – ha detto il Papa – non è cristiano. Il discepolo deve fare quello che Gesù ha predicato in quelle due colonne del cristianesimo: le Beatitudini e poi il ‘protocollo’ sul quale noi saremo giudicati, Matteo, (capitolo) 25”. Queste due colonne, ha avvertito, “sono la cornice proprio del servizio evangelico”:

“Se un discepolo non cammina per servire non serve per camminare. Se la sua vita non è per il servizio, non serve per vivere, come cristiano. E lì si trova la tentazione dell’egoismo: ‘Sì, io sono cristiano, per me sono in pace, mi confesso, vado a Messa, compio i comandamenti’. Ma il servizio! Agli altri: il servizio a Gesù nell’ammalato, nel carcerato, nell’affamato, nel nudo. Quello che Gesù ci ha detto che dobbiamo fare perché Lui è lì! Il servizio a Cristo negli altri”.

Servire gratuitamente, contrastare inganno delle ricchezze
La terza parola è “gratuità”. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, è il monito di Gesù. “Il cammino del servizio è gratuito – ha sottolineato – perché noi abbiamo ricevuto la salvezza gratuitamente, pura grazia: nessuno di noi ha comprato la salvezza, nessuno di noi l’ha meritata. E’ pura grazia del Padre in Gesù Cristo, nel sacrificio di Gesù Cristo”:

“E’ triste quando si trovano cristiani che dimenticano questa Parola di Gesù: ‘Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’. E’ triste quando si trovano comunità cristiane, siano parrocchie, congregazioni religiose, diocesi, che si dimenticano della gratuità, perché dietro di questo e sotto questo c’è l’inganno (di presumere) che la salvezza viene dalle ricchezze, dal potere umano”.

Tre parole, ha ripreso il Papa, “cammino come un invio per annunciare. Servizio: la vita del cristiano non è per se stesso, è per gli altri, come è stata la vita di Gesù”. E terzo: “gratuità. La nostra speranza è in Gesù Cristo che ci invia così una speranza che non delude mai”. Ma, ha ammonito, “quando la speranza è nella propria comodità nel cammino o la speranza è nell’egoismo di cercare le cose per sé e per non servire gli altri o quando la speranza è nelle ricchezze o nelle piccole sicurezze mondane, tutto questo crolla. Il Signore stesso lo fa crollare”.

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Papa e premier canadese a colloquio su diritti, libertà religiosa e ambiente

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Papa Francesco ha ricevuto stamani il primo ministro del Canada, Stephen Harper, che si è successivamente incontrato con mons. Paul R. Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Nel corso del colloquio, informa una nota della Sala Stampa, “sono state rilevate le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e il Canada, come pure il positivo spirito di collaborazione e di dialogo fra il governo federale e la Chiesa”. In particolare, si legge nel comunicato, “è stato affrontato l’impegno del Canada a difendere e promuovere la libertà religiosa nell’ambito dei diritti umani fondamentali”.

“Nel prosieguo della conversazione – conclude la nota – sono state trattate alcune questioni di politica internazionale, con riferimento all’Europa ed al Medio Oriente ed alle prospettive di pace in quella regione, nonché alla lotta al terrorismo e a questioni relative all’ambiente”.

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Francesco a Putin: sforzo sincero per risolvere conflitto ucraino

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E’ durato 50 minuti il colloquio privato tra Papa Francesco e il Presidente russo Vladimir Putin ricevuto ieri pomeriggio in Vaticano. Un colloquio definito cordiale e costruttivo, dedicato principalmente al conflitto in Ucraina ed alla situazione nel Medio Oriente. Ce ne parla Roberto Piermarini: 

Sulla questione Ucraina il Papa ripete a Putin il concetto che più gli sta a cuore “occorre impegnarsi in un sincero e grande sforzo per realizzare la pace, e si è convenuto sulla importanza di ricostituire un clima di dialogo e che tutte le parti si impegnino per attuare gli accordi di Minsk. Sollecitato anche l’impegno per affrontare la grave situazione umanitaria, assicurando fra l’altro l’accesso agli agenti umanitari e con il contributo di tutte le parti per una progressiva distensione nella Regione.

Per quanto riguarda, invece, i conflitti in corso nel Medio Oriente, sul territorio della Siria e dell’Iraq è stato sostanzialmente confermato quanto già condiviso circa l’urgenza di perseguire la pace con l’interessamento concreto della comunità internazionale, assicurando nel frattempo le condizioni necessarie per la vita di tutte le componenti della società, comprese le minoranze religiose e in particolare i cristiani.

Al termine del colloquio lo scambio dei doni: il Presidente Putin ha donato al Papa una rappresentazione in ricamo della famosa Chiesa di Gesù Salvatore, mentre il Papa ha donato il medaglione dell’artista Guido Veroi che rappresenta l’angelo della pace e invita alla costruzione di un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia, e una copia della Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.

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Tweet Papa: "Dove non c’è lavoro, non c’è dignità"

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"Dove non c’è lavoro, non c’è dignità". E' il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex, seguito da oltre 21 milioni di follower.

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Giornata della S. Sede all'Expo: globalizzare la solidarietà

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Storie, sguardi, volti: è l’onda dell’umanità in cammino e in ricerca che accoglie il visitatore che entra nel Padiglione della Santa Sede all’Expo. E che oggi fa sentire forte la sua voce. Due i momenti significativi di questa National Day della Santa Sede a Milano: il Convegno sul tema ”Non di solo pane” stamattina all’Auditorium a cui sono intervenuti il card. Gianfranco Ravasi, commissario generale del Padiglione e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, i cardinali Angelo Bagnasco, presidente della Cei e  Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Nel pomeriggio il secondo incontro: “I volti della terra”. Il servizio della nostra inviata all’Expo, Adriana Masotti

Le guerre, la corruzione, la non equa distribuzione delle ricchezze interrogano: migliaia di persone soffrono nel mondo per la fame. Fame materiale e spirituale. Il tema del primo incontro di questa giornata lo sintetizza nella frase: “Non di solo pane”. Ad ascoltare i diversi interventi oltre 60 ambasciatori presso la Santa Sede. Nell’intervento di apertura  il card. Ravasi parla di una presenza qui della Chiesa come di una spina nel fianco: noi, dice, vogliamo accendere nelle coscienze delle domande. Le parole “dacci oggi il nostro pane” fanno nascere riflessioni sulla fame, sull’abuso della terra, sullo spreco del cibo. Come l’altra frase “non di solo pane”, che completa il messaggio, contiene tutto il valore simbolico del cibo: la condivisione, il fare festa insieme. Gesù, afferma, non disprezzava il piacere della tavola e al centro di tutte le chiese cattoliche c’è la tavola, mensa su cui si consacra l’Eucaristia, presenza di Cristo.

Disponibilità e produzione di cibo necessitano di principi etici
Ma la disponibilità di cibo, la produzione alimentare non sono questioni che richiedono soluzioni tecniche, politiche ed economiche, necessitano di principi etici su cui basare le scelte. Infatti, costata nel suo intervento mons. Angelo Becciu:

"Se ancora oggi oltre due miliardi di persone soffrono di malnutrizione, e molti di loro anche di fame cronica, nonostante decisioni e programmi che la Comunità internazionale ritiene tecnicamente precisi e in grado di poter dare le risposte a persone, famiglie e bambini, la causa va ricercata anzitutto nell’assenza di volontà nel condividere".

Evitare gli sprechi di alimentari
È necessario, allora, - conclude - un autentico sussulto delle coscienze che determini scelte razionali e tecniche per il bene di tutti, rispettando le diversità delle diverse culture alimentari rivedendo anche le modalità di consumo del cibo, evitando sprechi e sperperi di alimenti. Mons. Becciu ha ricordato poi l’immagine del cibo come offerta, che la tradizione cristiana simboleggia nel pane e nel vino e che significa condivisione, accoglienza e dono reciproco verso l’altro.

Card. Bagnasco: Expo, occasione di ascolto delle sofferenze che dividono i popoli
Il card. Bagnasco ricorda che Dio ha nutrito il suo popolo nel deserto con la manna per dire che l’uomo non vive di solo pane e afferma che ogni volta che l’uomo antepone i beni materiali smarrisce se stesso. Materialismo e individualismo vanni insieme. La rivendicazione del pane solo per se, diventa causa della mancanza del pane. Il cibo non è una questione privata, ma tocca il rapporto con Dio, con il prossimo e con il Creato. Bisogna allora - è il suo monito -verificare le logiche del mercato guardando anche al futuro. L’Expo sia un’occasione di ascolto delle sofferenze e di revisione delle dinamiche che dividono i popoli. E accenna all’impegno della Chiesa nella lotta alla fame che parte dall’annuncio del Vangelo che svela il vero volto dell’uomo e la sacralità della sua vita. Cita le mille iniziative in atto non di tipo assistenzialistico, ma che valorizzano la dignità di ciascuno.

Card. Scola: la Chiesa ha preso sul serio il tema dell’Expo “Nutrire il pianeta”
Infine le parole del card. Scola: Le gioie e le speranze degli uomini di oggi e dei poveri soprattutto, sono le gioie e le speranze dei discepoli di Cristo. La Chiesa ha preso sul serio il tema dell’Expo “Nutrire il pianeta” e con la sua presenza qui ha cercato di intrepretare l’appello del Papa alla globalizzazione della solidarietà.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Il Papa ha ricevuto stamani il card. Antonio María Rouco Varela, arcivescovo emerito di Madrid e una delegazione della "Escuela de Evangelización San Andrés".

In Lituania, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Kaunas  presentata da mons. Sigitas Tamkevičius, S.J. per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Kaunas mons. Lionginas Virbalas, S.J., finora vescovo di Panevėžys (Lituania).

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Plenaria Roaco su cristiani in Medio Oriente, Armenia, Etiopia ed Eritrea

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Dal 15 al 17 giugno avrà luogo, in Vaticano, la 88.ma Plenaria annuale della Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto per le Chiese Orientali). Si inizierà il lunedì mattina con l’udienza che Papa Francesco concederà ai rappresentanti delle varie opere di aiuto, particolarmente attive a favore delle Chiese cattoliche orientali. Come negli anni precedenti, informa un comunicato della Congregazione per le Chiese orientali, sarà dedicata una sessione alla situazione in Siria estendendo l’attenzione anche all’Iraq, in considerazione dei tragici recenti sviluppi nella regione che colpiscono anche i fedeli delle Chiese orientali. Sono previsti gli interventi del segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Paul Gallagher, del nunzio apostolico a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari e del segretario di “Cor Unum”, Mons. Giampietro Dal Toso. Saranno presentati anche i risultati della visita del Cardinale prefetto Leonardo Sandri in Iraq, dove a Bagdad, Erbil e Dohuk ha incontrato i rifugiati, i vescovi, i sacerdoti e le religiose, accompagnato da una delegazione della Roaco, composta da rappresentanti delle agenzie maggiormente attive in quella regione.

Martedì, 16 giugno, il presidente della Roaco, il cardinale Leonardo Sandri, celebrerà la Messa nella Chiesa di Santo Stefano degli Abissini, storica presenza orientale entro le mura vaticane, per pregare per la Pace in Medio Oriente, ma anche in Ucraina, dove è presente la Chiesa greco-cattolica, e per pregare per i benefattori vivi e defunti delle Chiese orientali cattoliche. In occasione della memoria dei 100 anni del “Medz Yeghern” che ha colpito il popolo armeno, prosegue il comunicato, si dedicherà una sessione alla Chiesa armena cattolica in Europa Orientale, presente oltre che in Armenia, anche in Georgia e in Russia, con l’intervento dell’Ordinario per quei fedeli, l’arcivescovo Raphael Minassian e di altri esperti delle opere di aiuto. Nella stessa giornata i partecipanti all’incontro avranno l’opportunità di conoscere il Pontificio Istituto Armeno in urbe.

Un’altra sessione studierà la situazione della Chiesa etiopica, con la presenza del capo di quella Chiesa, il neo-cardinale Berhaneyesus D. Souraphiel CM, e della Chiesa eritrea, recentemente elevata da Papa Francesco a “Chiesa metropolitana sui iuris”, con la presenza del capo di quella Chiesa, il Metropolita Menghesteab Tesfamariam. Durante i lavori, come di consueto, verrà esaminata la situazione ecclesiale della Terra Santa, verificando nel contempo gli interventi operati grazie ai proventi della colletta del Venerdì Santo. All’assemblea saranno presenti il delegato apostolico a Gerusalemme, l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, il già nunzio apostolico Antonio Franco, il custode di Terra Santa, fr. Pierbattista Pizzaballa OFM, e il vice cancelliere della Bethlehem University, Fra Peter Bray.

L’obiettivo dei lavori, che si concluderanno mercoledì 17 giugno, evidenzia il comunicato, è di individuare le priorità per l’azione di evangelizzazione e gli interventi caritativi così da coordinarli da parte della Roaco, come gesto solidale della Chiesa universale.

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Poveri in pellegrinaggio alla Sindone grazie al Papa

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Sono oltre 60 i poveri partiti, questa mattina, dalla Basilica di Sant’Eustachio, al centro di Roma, per andare a Torino in pellegrinaggio alla Sindone. A distanza di una settimana dal viaggio della parrocchia di Santa Lucia, si ripete l’iniziativa interamente sostenuta economicamente da Papa Francesco. A salutare stamani il gruppo c’era l’Elemosiniere, mons. Konrad Krajewski. Benedetta Capelli ha chiesto a mons. Pietro Sigurani, rettore della Basilica di Sant’Eustachio, come è nata l’idea del pellegrinaggio:  

R. – E’ nata in un modo molto semplice, mentre mangiavo con loro. Ogni giorno qui nella Basilica di Sant’Eustachio noi diamo 140, 150 pasti ai poveri. Mentre li guardavo, sedendo e mangiando a mensa con loro, mi dicevo: “Ma il vero volto di Cristo sofferente sono queste persone”. Allora ho fissato i loro occhi, i loro sguardi, le loro rughe, anche la loro tristezza e mi sono detto: “Voglio portarli a specchiarsi nel volto di Gesù, il Crocifisso Risorto, perché Lui dia loro la gioia di vivere la vita, non spenga la speranza nei loro cuori. C’è un domani e ci potrebbe essere una resurrezione anche per ciascuno di loro”. Ecco, mi è nata così.

D. – Quindi, poi, come si è realizzata e, soprattutto, come è intervenuto Papa Francesco?

R. – Sì, quando mons. Konrad Krajewski, l’Elemosiniere del Papa, ha saputo di questa iniziativa, sono andato, ci siamo incontrati, e lui ha detto inaspettatamente: “Il Papa paga il viaggio”. Quindi, mi ha consegnato tremila euro per pagare il pullman. Poiché siamo in tanti, infatti, è un pullman a due piani. In precedenza, io avevo telefonato a mons. Cesare Nosiglia, l’arcivescovo di Torino, ed è stato contentissimo. Ha detto: “Questa è una bella iniziativa! Siete miei ospiti”. Siamo ospiti del suo cuore. Io so che "don Cesare" - lo chiamo così -  ha sempre amato molto i poveri. Quindi andiamo lì. Ci ha dato l’appuntamento per visitare la Sindone e pregheremo davanti alla Sindone. Ci sono persone di diverse religioni e c’è anche qualche musulmano. Pregheremo per tutti quelli che hanno tante sofferenze, non solo quelli che non hanno casa, non hanno da mangiare, ma anche quelli che hanno sofferenze nascoste.

D. – E cosa crede lascerà anche lo sguardo della Sindone a questi pellegrini speciali?

R. – Io penso una cosa: se hanno scelto di venire è perché sanno che lo sguardo di Gesù morto può produrre qualcosa nel loro cuore. I poveri non vengono per divertimento, no. Se i poveri scelgono di venire è perché c’è un motivo, un significato. Sono convinto. Qualcuno già me lo ha detto: “Voglio fissare il Volto di Gesù, perché sono sicuro che Gesù mi aiuta”. I poveri si esprimono in modo povero, ma i loro sentimenti sono molto intensi.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Cibo, acqua e terra per tutti: all'assemblea della Fao il Papa chiede di mettere la solidarietà al centro delle relazioni internazionali.

In dialogo per superare le differenze: ai vescovi di Lettonia ed Estonia Papa Francesco raccomanda l'impegno per la pace e per la famiglia.

La Santa Sede all'Expo di Milano: Pierangelo Sequeri, fondatore dell'orchestra Sinfonica Esagramma, sul cibo per la mente, e l'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della segreteria di Stato, sull'etica della produzione.

Il cardinale Robert Sarah sulla silenziosa azione del cuore, per leggere e applicare la costituzione del Vaticano II sulla liturgia.

Un luogo dove riposare: madre Maria Barbagallo su storia e attualità del culto del Sacro Cuore di Gesù.

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Oggi in Primo Piano



Msf: drammatica la crisi in Iraq, serve intervento umanitario

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“L'Iraq sta attraversando la peggiore crisi umanitaria degli ultimi decenni". Lo denuncia l’organizzazione Medici Senza Frontiere (Msf) che sta soccorrendo migliaia di persone in fuga dalle zone centrali e settentrionali del Paese.  Coinvolti principalmente i governatorati di Anbar, Ninewa, Salah Al-Din, Kirkuk e Diyala Intanto sul terreno la guerra contro il sedicente Stato Islamico non si arresta, anche oggi decine le vittime. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente a Baghdad Fabio Forgione capo missione di Msf in Iraq: 

R. – I nostri fronti operativi sono aperti soprattutto in quelle aree che sono state da poco liberate e che quindi presentano i bisogni più acuti, dove migliaia di famiglie sono ancora bloccate e non hanno piena assistenza e accesso alle cure sanitarie.

D. – Parlate di una crisi umanitaria estremamente grave: qual è la situazione?

R. – Tre milioni di profughi, un numero che sicuramente aumenterà, dato che in molte aree del Paese densamente popolate dovranno affrontare delle battaglie, e saranno costretti a scappare. Quindi potremmo anche ritenere che verso la fine del 2015 ci saranno quasi 5 o 6 milioni di profughi.

D. – Parliamo di profughi interni o esterni al Paese?

R. – Principalmente di profughi interni. Non dobbiamo dimenticare che l’Iraq già ospita 250.000 rifugiati siriani che - ovviamente - oggi come oggi,  considerando la guerra civile che continua ad imperversare in Siria, non hanno nessuna possibilità di tornare a casa.

D. – Come vede la popolazione  la vostra presenza?

R. – Oggi l’Iraq sta affrontando una crisi umanitaria di proporzioni enormi… La popolazione vuole vedere attori internazionali che possano anche portare sollievo alle loro sofferenze: parliamo di intere famiglie estremamente traumatizzate, che hanno vissuto, direttamente o indirettamente, eventi di grande violenza, e che quindi hanno bisogno di un supporto sociale e di assistenza umanitaria.

D. – Qual è lo stato di queste persone che incontrate, che cosa vi dicono e di cosa hanno bisogno?

R. – Hanno bisogno di tutto. Ovviamente parliamo di una situazione dove il conflitto continua; hanno bisogno non soltanto di cure sanitarie ma anche di alloggi: tutti i principali bisogni primari devono essere coperti. Quello che, nella maggior parte dei casi, la popolazione che incontriamo ci dice, è che si trova in una situazione di paura e di grande sconcerto, non avendo nessuna certezza di quello che potrà avvenire nel futuro.

D. – Siete entrati in contatto con i gruppi tribali, ma anche con i jihadisti del sedicente Stato Islamico?

R. – Non operiamo nelle zone che sono controllate dallo Stato Islamico, perché non esistono, al momento, garanzie di sicurezza anche minime che possano permettere una naturale presenza delle nostre squadre.

D. – Cosa serve dunque?

R. – È necessaria una mobilitazione generale da parte della comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie, in modo almeno da coprire i bisogni primari di questa popolazione. 

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Africa: nasce area di libero scambio per aumentare l'export

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Le delegazioni di 26 Paesi africani hanno firmato, ieri a Sharm El Sheikh, in Egitto, l’atto di nascita della Zona tripartita di libero scambio (Tfta) la più grande area integrata del continente. Il Trattato si pone l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli costituiti da frontiere, dazi doganali e lungaggini burocratiche. L’impegno comune è favorire una crescita del commercio tra i Paesi dell’Africa che oggi vale appena il 12% delle loro esportazioni. Sull’importanza di questo accordo Marco Guerra ha raccolto il commento di Anna Bono, docente di Storia dell'Africa all'Università di Torino: 

R. – Questo trattato nasce dalla volontà e da una serie di tentativi che sono in corso da anni - addirittura da decenni -  di allargare i mercati, di far sì che industrie nazionali possano esportare i loro prodotti in altri Paesi del continente. L’obiettivo è non solo importante ma cruciale se si tiene conto del fatto che dato lo stato di quasi tutte le economie africane, una fabbrica, una ditta non è in grado di svilupparsi e di lavorare a pieno regime contando soltanto sul proprio mercato nazionale. E quindi la possibilità di esportare liberamente in altri Paesi diventa un’occasione fondamentale e decisiva. Bisogna poi inoltre considerare il  fatto che questo davvero è un primo passo che è del tutto promettente e che si spera venga seguito da passi ulteriori. Il primo è che i vari governi e i vari parlamenti nazionali prendano atto di questo patto e lo accettino, lo confermino, votino positivamente per questa iniziativa. Quindi la strada è lunga;  si parla dell’inizio dell’attuazione di questo mercato comune non prima del 2017.

D. - Al vertice di Sharm el Sheik hanno aderito organizzazioni già presenti in Africa che riuniscono oltre 600 milioni di abitanti e valgono, in termini di Pil,  oltre mille miliardi di dollari. L’Africa può diventare la nuova tigre dell’economia mondiale?

R. - È presto per dirlo naturalmente, però sicuramente se non si realizzano questi passi nella direzione di un libero mercato sempre più esteso, non lo diventerà mai. L’accordo è promettente perché riguarda ben 26 Paesi incluso un Paese come il Sud Africa, la prima potenza economica insieme alla Nigeria che invece non è entrata in questo accordo. Le difficoltà sono molte e quindi non ci si deve illudere e  soprattutto non ci si deve illudere che si arrivi a dei risultati nel breve periodo. Perché le merci possano circolare liberamente non bastano dei trattati, occorrono delle condizioni molto precise: prima di tutto la sicurezza dei territori che le merci devono attraversare e condizioni dei mezzi e delle vie di comunicazione che permettano il transito delle merci.

D. – C’è da aspettarsi benefici per tutta la popolazione, per il livello medio di benessere dell’Africa e appunto delle zone più disagiate?

R. – Questo senza dubbio, perché la circolazione di merci, il potenziamento dei mercati significa più lavoro, una manodopera che aumenta e i settori moderni dell’economia possono crescere e consolidarsi. Quindi direi che, anzi, e soprattutto per i ceti medi e per i ceti poveri che rappresenta una prospettiva positiva per il futuro, tanto più se alla circolazione libera delle merci si aggiungerà quella delle persone che per il momento nei Paesi africani è molto limitata.

D. – Il trattato firmato può rappresentare uno strumento per sganciarsi dal condizionamento economico che la Cina e le potenze occidentali operano sull’Africa?

R. – Si perché il consolidamento delle varie economie nazionali e di un'economia continentale darebbe all’Africa una forza, un potere contrattuale maggiore; questo per un verso. Per l’altro verso, renderebbe meno importanti le esportazioni verso altri continenti.

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Ritiro Mondiale Carismatico: oltre mille sacerdoti a Roma

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In corso a Roma presso la Basilica di San Giovanni in Laterano, il terzo Ritiro Mondiale dei Sacerdoti, promosso dall'ICCRS, i Servizi al Rinnovamento Carismatico Internazionale, e dalla Catholic Fraternity (CF) sul tema: “Chiamati alla santità per la nuova evangelizzazione”. Il servizio di Marina Tomarro

“Siate gioiosi! Svegliate dentro voi stessi quella gioia che ha caratterizzato il primo giorno della vostra ordinazione!". Cosi il cardinale Peter Turkson presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha iniziato la meditazione che ha aperto a Roma nella basilica di san Giovanni in Laterano,  il secondo giorno del terzo ritiro mondiale degli oltre 1000 sacerdoti provenienti dai cinque continenti, promosso dal Rinnovamento carismatico cattolico e dalla Catholic Fraternity.

“Le vicissitudini della vita – ha continuato il porporato – possono sciupare quel sentimento iniziale, ma il Signore ci invita costantemente a tornare a lui come fece con gli apostoli nel giorno della sua resurrezione “  E l’invito alla gioia è anche quello di aprire completamente il cuore al Signore. “Egli – ha sottolineato il cardinale -  viene da noi con il suo perdono, con la guarigione e la riconciliazione: perciò lui ci chiede di riprendere quell’entusiasmo con cui abbracciammo questo ministero”. La seconda riflessione su cui il cardinale Turkson si è soffermato è “l’essere perfetti” . “L’apostolo Paolo - ha spiegato il porporato - ci da questo mandato difficile ammonendoci che però possiamo diventare perfetti solo seguendo Gesù , attraverso il Figlio arriviamo al Padre”

Ieri la messa di apertura dell’incontro presieduta dal cardinale Stanislaw Rilko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. “Durante ogni ritiro spirituale, ha spiegato il porporato ai presenti - ogni istante è importante, perché in ogni istante il Signore passa accanto a noi. Dobbiamo essere attenti, per accogliere con piena apertura del cuore, i doni con cui lo Spirito Santo non mancherà di sorprenderci”. Il cardinal Rilko ha esortato a guardare come primo esempio Maria, la madre di Gesù e riproponendo  le parole di Papa Francesco nell’ Evangelii Gaudium  ha spiegato “Con lo Spirito Santo in mezzo al popolo c’è sempre Maria; lei radunava i discepoli per invocarlo, e così ha reso possibile l’esplosione missionaria che avvenne a Pentecoste. Impariamo da Maria lo stile dell’attività evangelizzatrice”. Ma non sempre è facile, il volgere le spalle della gente a Dio può provocare stanchezza e scoraggiamento. “Ma la nostra fatica - sottolinea il porporato- diventa preziosa agli occhi di Gesù che ci accoglie e ci fa alzare, fedele alle sue parole: venite a me ed io vi darò ristoro”. Il cardinale ha invitato quindi i sacerdoti presenti ad essere sempre testimoni di gioia e di speranza, “Ricordiamo – ha concluso – che la fonte della vera gioia del cuore è lo spirito Consolatore, che distrugge il nostro peccato e ci riconcilia con Dio.”

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Restaurata cappella di S. Lorenzo alla Scala Santa a Roma

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È stata inaugurata questa mattina la Cappella di San Lorenzo presso il Pontificio Santuario della Scala Santa a Roma, oggetto, negli ultimi due anni, di lavori di restauro affidati ai Patrons of the Arts dei Musei Vaticani diretti da padre Mark Haydu. Il servizio di Roberta Barbi: 

Quando il complesso edilizio che conserva la Scala Santa presso la Basilica di San Giovanni in Laterano era la sede del vescovo di Roma, la Cappella di San Lorenzo in Palatio era la cappella privata del Pontefice e oggi è tutto quel resta dell’antico edificio patriarcale. Conosciuta anche come “Sancta sanctorum”, perché in origine custodiva le reliquie più preziose della cristianità poi scomparse o spostate altrove, ospita, nella pala dell’altare, un’antichissima immagine di Gesù Redentore detta “acheropita”, cioè non dipinta da mano umana ma, secondo la tradizione, dall’evangelista Luca aiutato da un angelo, già molto venerata all’epoca di Papa Stefano II. “Non est in toto sanctior orbe locus” – “non esiste al mondo luogo più santo di questo” – recita l’iscrizione sopra l’altare. Una meraviglia, dunque, restituita all’arte e alla fede, come racconta il rettore del Santuario della Scala Santa, padre Francesco Guerra: 

“Quando il venerdì sera siamo entrati per pregare la Via Crucis, in questa cappella restaurata, ho sentito veramente la gioia di esserci, la gioia di poter celebrare in questa cappella restituita nella sua luce, nella sua bellezza: è come se, in qualche modo, uno si sentisse tra cielo e terra. Una cappella che aiuta a vivere il mistero del sacro”. 

Durante il periodo dei lavori, le Messe sono state celebrate nella Cappella del Crocifisso e il passaggio dei fedeli è avvenuto attraverso la Cappella di San Silvestro, in cui un pannello è servito per dividere la zona di preghiera dei religiosi da quella adibita al transito dei fedeli. Un disagio che però è valso la pena sopportare, come testimonia ancora padre Guerra: 

“Durante questo anno e mezzo di lavoro abbiamo celebrato nella cappella accanto, più piccola: quindi qualche disagio c’è stato. Ma veramente ne vale la pena, e mi auguro che i fedeli che vi entrano a pregare possano respirare quest’aria del sacro che è bello, e quindi entrare in contatto con Dio”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Appello vescovi Usa contro il razzismo, promuovere pace e giustizia

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Promuovere la pace e la giustizia come antidoto agli scontri razziali: questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), riunita dal 10 al 12 giugno in Assemblea generale a Saint Louis. Guardando ai casi di cronaca più recenti avvenuti a Ferguson e Baltimora, dove la morte di due giovani afroamericani ha scatenato violenti scontri tra la popolazione e la polizia, i presuli esprimono il loro cordoglio per le vittime e si appellano ai fedeli “affinché tutti siano uno”. Ribadendo, quindi, il rispetto per “i sacrifici compiuti dai poliziotti che quotidianamente mettono a rischio la loro vita”, i vescovi evidenziano un frequente “distacco tra le comunità e coloro che giurano di proteggerle”.

“Se vuoi la pace, lavora per la giustizia”
La Chiesa di Washington, “insieme agli esponenti della società civile ed ai leader religiosi”, sottolinea “il suo impegno a lavorare per la riconciliazione”, guardando “alle cause profonde di questi conflitti”. “Una storia violenta e dolorosa di ingiustizia razziale, accompagnata dalla mancanza di opportunità educative, lavorative ed abitative, ha distrutto le comunità e disgregato le famiglie, specialmente quelle maggiormente in difficoltà”. Di qui, il richiamo che i presuli fanno alle parole del Beato Paolo VI: “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia”.

Promuovere la cultura dell’incontro
L’Usccb sottolinea, poi, il grande impegno della Chiesa nel campo dell’educazione, della sanità e della carità; ne riafferma l’impegno ecumenico ed interreligioso nel dialogo tra i cittadini e le forze dell’ordine; guarda alla “cultura dell’incontro” promossa da Papa Francesco e chiede a tutte le comunità di “essere davvero accoglienti per tutti”. “Facciamo sì – scrivono i vescovi – che le ricche diversità culturali delle nostre comunità si intreccino insieme nella carità, nell’ospitalità e nel servizio reciproco”.

Razzismo, peccato grave da sradicare
Quindi, i presuli citando la lettera pastorale diffusa nel 1979, in cui i pregiudizi razziali venivano definiti “un peccato grave che nega il vero significato dell’incarnazione della Parola di Dio in Gesù Cristo”. “Sfortunatamente – sottolineano i vescovi – tali parole sono ancora veritiere, perché il razzismo è un male che perdura nella nostra società e nella nostra Chiesa”. Di qui, l’appello ad “un’azione decisiva per sradicare i pregiudizi razziali dal contesto sociale” e per la promozione della pace e della riconciliazione.

Le cinque vie della giustizia
“La Chiesa cattolica è in prima linea nella promozione della giustizia”, si legge nell’appello, che indica poi cinque “modi concreti” per portare avanti questo compito: pregare per la pace; studiare la Parola di Dio e la Dottrina sociale della Chiesa affinché si possa “apprezzare più profondamente la dignità di ogni persona”; andare incontro a tutte le persone di diversa estrazione razziale, sia nel lavoro che nella pastorale; far sì che le parrocchie ed i quartieri siano luoghi veramente accoglienti; conoscere le forze dell’ordine e “manifestare loro il sostegno e la gratitudine della popolazione, incoraggiando soprattutto i giovani a rispettare le legittime autorità”.

Ogni uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio
​“Promuovere la pace e la riconciliazione è la sola strada percorribile” per gli Stati Uniti, la cui storia “è stata segnata dalla tragedia della schiavitù”, dicono ancora i vescovi. L’appello si conclude con la preghiera a Dio, affinché aiuti gli uomini a “riconoscere la dignità di ogni essere umano, creato a Sua immagine e somiglianza”. Tra gli altri temi in esame durante l’Assemblea, ci sono il 14.mo Sinodo ordinario dei vescovi sulla famiglia, in programma ad ottobre, ed i preparativi dell’Incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia, al quale presenzierà Papa Francesco durante il suo viaggio apostolico negli Stati Uniti, a settembre. Infine, un focus viene dedicato all’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, in uscita il 18 giugno, così come alla riforma dell’immigrazione per la quale da tempo premono i vescovi americani. (I.P.)

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India: minacciato di morte il card. Toppo

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“Non ho paura. La polizia si sta occupando del caso e noi continuiamo a servire in modo disinteressato e intenso la popolazione, soprattutto i poveri, gli emarginati, i tribali e i dalit”. Attraverso l'agenzia AsiaNews, il card. Telesphore Toppo, arcivescovo di Ranchi, risponde così alle minacce di morte ricevute nei giorni scorsi. L’arcivescovado ha ricevuto una lettera intimidatoria l’8 giugno scorso e subito ha sporto denuncia alla polizia locale, che dal 9 ha rafforzato le misure di sicurezza.

Gli autori forse una frangia scissionista del partito comunista-maoista
La missiva sembra opera del People’s Liberation Front of India (Plfi), fazione scissionista del Communist Party of India (Cpi maoista). In essa si chiedono 50 milioni di rupie (circa 691.844 euro) entro 15 giorni. Se il cardinale non consegnerà il denaro, verrà ucciso: “Hai fatto i soldi [moolah] diffondendo la religione, ed è per questo che dovresti dare un taglio all’organizzazione. La polizia non può farci alcun danno. La polizia non ha la capacità di arrestare i nostri uomini. Se non paghi, sarai ucciso”. La lettera è firmata da Raj Kujur, sedicente comandante Plfi della regione bengalese del Jharkhand. La polizia distrettuale sta indagando per scoprire se la lettera, partita dal villaggio di Kuchhu (Ormanjhi block), sia autentica.

Il porporato parla di accuse false e infondate
​Il card. Toppo, che è di origine tribale, spiega ad AsiaNews: “La lettera, in lingua hindi, è arrivata quando ero fuori dal Paese. C’è un’intrinseca contraddizione: la Chiesa è spesso accusata di evangelizzare in modo fraudolento, con soldi o altri mezzi; invece questa lettera sostiene che noi ci siamo arricchiti diffondendo la religione. Entrambe le accuse sono infondate, false e costruite. La conversione al cristianesimo è un atto di libera volontà, di libera scelta, ed è garantita dalla Costituzione indiana”.

La polizia rafforza le misure di sicurezza
“Il cardinale – ha dichiarato il sovrintendente di polizia Jaya Roy – è un leader importante della comunità cristiana. Abbiamo fornito adeguata sicurezza alla sua casa, e faremo lo stesso durante i suoi spostamenti”. (N.C.)

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Nigeria: vescovo attende contatto dei rapitori del sacerdote

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“Stiamo aspettando che i rapitori del nostro sacerdote si mettano in contatto con noi per comunicarci le loro richieste in cambio della sua libarazione” dice all’agenzia Fides mons. Felix Ajakaye, vescovo di Ekiti, alla cui diocesi appartiene don Emmanuel Akingbade, parroco di San Benedetto d’Ido-Elkit (nel sud-ovest della Nigeria), che è stato rapito l’8 giugno.

Il rapimento del sacerdote dopo una rapina
Secondo quanto dichiarato da mons. Ajakaye, tre banditi armati sono entrati nella residenza di don Akingbade e dopo aver minacciato con le armi uno degli astanti ed essersi impossessati di una somma di denaro e del computer portatile del sacerdote, hanno costretto quest’ultimo a seguirli.
Secondo la persona che era con don Akingbade al momento del sequestro, i rapitori hanno chiesto al sacerdote 20 milioni di Naira (100.816 euro) se voleva evitare di essere rapito.

Nelle ultime settimane moltiplicati gli atti di violenza contro sacerdoti cattolici
l 1° giugno era stato ucciso, insieme al fratello don Goodwill Onyeka, in una rapina lungo la strada Owo-Oba-Akoko, nello stato di Ondo, nel sud della Nigeria. Il 4 maggio era stato rapito padre Innocent Umor, parroco Ikanepo, nella diocesi di Idah, nello Stato di Kogi, nel centro sud della Nigeria. Il sacerdote è stato liberato due giorni più tardi. (L.M.)

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Terra Santa: coloni ebrei in ex proprietà chiesa presbiteriana

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Un imponente complesso edilizio di proprietà della Chiesa presbiteriana situato in territorio palestinese è stato venduto e, dopo una serie di passaggi di proprietà, si appresta a ospitare una comunità di coloni ebrei. Lo riferiscono fonti ufficiali del patriarcato latino di Gerusalemme, deplorando le gravi implicazioni che l'atto potrà avere anche sulla vita della comunità cristiana locale. “Si tratta di una vicenda che non aiuta la pace” dichiara all'agenzia Fides il vescovo William Shomali, vicario patriarcale del patriarcato latino di Gerusalemme.

La struttuta ebraica in un'area disseminata di villaggi palestinesi
Il sito, che si trova nei pressi del campo profughi palestinese di Aroub, sulla strada 60 che collega Betlemme a Hebron, è stato acquistato già tre anni fa dall'attivista di estrema destra Aryeh King. secondo quanto riportato nei giorni scorsi dalla stampa locale. Due mesi fa sono iniziati i lavori di ristrutturazione che permetteranno presto di insediare nel complesso immobiliare le prime venti famiglie di coloni ebrei. La struttura comprende otto edifici dislocati in una superficie di quasi quattro ettari, e occupa una posizione strategica per i piani di espansione perseguiti dalle colonie ebraiche in un'area disseminata di villaggi palestinesi.

Per l'acquisto del complesso strani passaggi di proprietà
Secondo le ricostruzioni fornite dalla stampa locale, l'acquisto del complesso è stato realizzato da una società svedese costituitasi nel 2007 e scioltasi dopo aver registrato la vendita presso gli uffici amministrativi israeliani competenti. La proprietà è poi passata all' "American Friends of the Everest Foundation", ente finanziato dal miliardario statunitense Irving Moskowitz e attivamente impegnato ad acquisire anche a prezzi fuori mercato proprietà immobiliari palestinesi nell'area di Gerusalemme est.

Il patriarcato teme conflitti nell'area
Il patriarcato latino di Gerusalemme ha espresso preoccupazione per gli effetti di un'operazione dai contorni opachi, che rischia di alimentare nuovi conflitti in un'area già segnata da forti tensioni. “La modalità con cui è avvenuta la vendita, con i vari passaggi di proprietà tra diversi intermediari” fa notare il vescovo Shomali, “lascia intendere che si è trattato di un'operazione studiata, e che probabilmente i presbiteriani sono stati ingannati. Sarebbe stato certo preferibile realizzare la vendita a vantaggio di un'altra Chiesa”. (G.V.)

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Messico. Vescovi ai vincitori delle elezioni: realizzate le promesse

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"Abbiamo scelto di partecipare, adesso che cosa fare?"; con questo titolo, la Conferenza episcopale del Messico ha pubblicato una nota, ripresa dall’agenzia Fides, per motivare l'opinione pubblica e i politici ad impegnarsi per il Paese dopo il voto di domenica scorsa

Rispettare le promesse elettorali
​“Cosa viene adesso? Che i conflitti vengano risolti attraverso i canali istituzionali. Che coloro che hanno vinto realizzino le loro promesse elettorali e siano pronti ad ascoltare e servire la società, soprattutto i più bisognosi. E noi cittadini siamo protagonisti, lavorando, vigilando e chiedendo alle autorità legittimamente elette di svolgere il loro lavoro per il bene di tutti e non solo di pochi" si legge nella dichiarazione.

Invito alla partecipazione per rafforzare il Paese
La voce della Chiesa è stata presente in modo particolare in questi ultimi mesi a fianco della popolazione nella vita politica del Paese, ecco perché il testo si conclude con queste parole: "Come molti altri, i vescovi del Messico sono contenti che la società abbia favorito il percorso democratico come la via per costruire un Messico più giusto, riconciliato e in pace, dove sia possibile per tutti il vero progresso. Continuiamo adesso a partecipare, nel rafforzamento della famiglia, dell'istruzione, del lavoro, delle istituzioni culturali e sociali, nel promuovere il rispetto per la vita, la dignità, i diritti e i doveri di tutte le persone". (C.E.)

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Cile. Coppa America di calcio: Chiesa contro la tratta

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Inizia oggi la Coppa America 2015, il massimo evento sportivo continentale che si svolgerà dall’11 giugno al 4 luglio in Cile. Per la circostanza diverse organizzazioni della Chiesa e della società civile, convocate dalla Commissione episcopale “Giustizia e Pace” e dalla Commissione episcopale per le Migrazioni e il Turismo dell’Argentina, si sono impegnate per prevenire il traffico di persone in Argentina e in Cile. “Lascia in fuorigioco la tratta” è lo slogan dell'iniziativa della Task Force, che invita a non diventare complici e a denunciare queste situazioni attraverso i “numeri verdi” creati appositamente nei due Paesi: 134 (Cile) e 145 (Argentina).

Slogan contro la tratta
La Commissione della Conferenza episcopale argentina ha sottolineato l'importanza di questo impegno e ha chiesto di far conoscere gli slogan, che sono: "In questa Coppa America, e sempre, dite no alla tratta"; "Cartellino rosso allo sfruttamento sessuale"; "Fuori lo sfruttamento del lavoro e il traffico di organi".

Nei grandi eventi sportivi in aumento casi di tratta
La nota pervenuta all’agenzia Fides ricorda che "negli eventi sportivi con grande affluenza di gente, purtroppo i rischi della tratta a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo sono in aumento, come è accaduto nei Mondiali di calcio in Germania e in Sud Africa, dove è stato registrato un aumento del fenomeno rispettivamente del 30% e del 40% ". (C.E.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 162

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.