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Sommario del 07/06/2015
- Francesco all'Angelus: a Sarajevo per incoraggiare la pace
- Papa ai giovani: siate uniti, onesti e costruttori di pace
- Papa in cattedrale Sarajevo: per vincere la guerra, non vendetta ma perdono
- Francesco ai leader religiosi: il dialogo è “fattore di unità”
- Il Papa in aereo: no a ipocrisia di chi parla di pace e vende armi
- Lombardi: a Sarajevo, Francesco promotore della cultura dell’incontro
- Telegrammi Papa a Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Italia
- Il Papa riceve il presidente argentino Cristina Fernández de Kirchner
- Macerata-Loreto. Papa: camminate con gioia, accarezzati dalla misericordia
- Al via G7 in Germania. Obama: fermezza contro la Russia
- Turchia al voto: Erdogan punta alla maggioranza assoluta
- Yemen: 44 vittime dopo raid coalizione a guida saudita
- Immigrazione: ancora sbarchi provenienti dalla Libia
- Lussemburgo: referendum per estendere diritto voto a stranieri
- Josè Graziano da Silva riconfermato alla guida della Fao
Francesco all'Angelus: a Sarajevo per incoraggiare la pace
“Sono andato a Sarajevo per incoraggiare il cammino di convivenza pacifica tra popolazioni diverse”: Papa Francesco all’Angelus ricorda ai fedeli in Piazza San Pietro il senso del suo viaggio in Bosnia ed Erzegovina. La sua riflessione va poi alla solennità odierna del Corpus Domini. L’Eucaristia, dice, è per la Chiesa “scuola di carità e di solidarietà”. Il servizio di Adriana Masotti:
Tema centrale della riflessione di Francesco la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo o Corpus Domini che si festeggia in molti Paesi. In quella Cena del Giovedì Santo Gesù realizza ciò che aveva predetto dicendo di sè: “Io sono il pane della vita, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno….” Un pane, spiega il Papa, che ha la funzione di “rendere presente la Persona di Gesù in mezzo alla comunità dei credenti”. Non solo, è sintesi di un’esistenza offerta per la salvezza dell’umanità e un invito a prendervi parte:
“Quando prendiamo e mangiamo quel Pane, noi veniamo associati alla vita di Gesù, entriamo in comunione con Lui, ci impegniamo a realizzare la comunione tra di noi, a trasformare la nostra vita in dono, soprattutto ai più poveri”.
L’odierna festa, dice il Papa, è un invito alla conversione e al servizio, all’amore e al perdono.
“Il Cristo, che ci nutre sotto le specie consacrate del pane e del vino, è lo stesso che ci viene incontro negli avvenimenti quotidiani; è nel povero che tende la mano, è nel sofferente che implora aiuto, è nel fratello che domanda la nostra disponibilità e aspetta la nostra accoglienza. E’ nel bambino che non sa niente di Gesù, della salvezza, che non ha la fede; è in ogni essere umano, anche il più piccolo e indifeso”.
L’Eucaristia, ribadisce il Papa, è sorgente di amore per la vita della Chiesa e chi si nutre del Pane di Cristo non può restare indifferente dinanzi a quanti non hanno il pane quotidiano, un problema, questo, sempre più grave.
L’appuntamento domenicale dell’Angelus offre al Papa l’occasione poi per tornare con il pensiero a Sarajevo all’indomani dell’intensa giornata vissuta in quella città per secoli luogo di convivenza tra popoli e religioni tanto da essere chiamata "Gerusalemme d’occidente". Nel recente passato, ricorda il Papa, "simbolo invece delle distruzioni della guerra”.
"Adesso è in corso un bel processo di riconciliazione, e soprattutto per questo sono andato: per incoraggiare questo cammino di convivenza pacifica tra popolazioni diverse; un cammino faticoso, difficile, ma possibile! E lo stanno facendo bene!”
Francesco ringrazia ancora tutti per l’accoglienza ricevuta, la comunità cattolica e poi tutti i fedeli, ortodossi, musulmani, ebrei e quelli delle altre minoranze religiose:
“Ho apprezzato l’impegno di collaborazione e solidarietà tra queste persone che appartengono a religioni diverse, spronando tutti a portare avanti l’opera di ricostruzione spirituale e morale della società. Lavorano insieme come veri fratelli. Il Signore benedica Sarajevo e la Bosnia ed Erzegovina".
Infine, il pensiero del Papa va alle sofferenze di tanti bambini ricordando che venerdì prossimo, solennità del Sacro Cuore di Gesù, un cuore pieno d’amore, si celebra la Giornata Mondiale contro il lavoro minorile:
"Tanti bambini nel mondo non hanno la libertà di giocare, di andare a scuola, e finiscono per essere sfruttati come manodopera. Auspico l’impegno sollecito e costante della Comunità internazionale per la promozione del riconoscimento fattivo dei diritti dell’infanzia".
Papa ai giovani: siate uniti, onesti e costruttori di pace
“Voi fiori di primavera del dopoguerra lavorate tutti insieme per la pace, che questo sia un Paese di pace”. E’ l’augurio spontaneo che anche in lingua croata, il Papa lascia ai giovani, nel suo ultimo incontro del pomeriggio a Sarajevo. E’ un colloquio fatto di testimonianze, canti e danze siglato dal volo di una colomba nella cornice del Centro giovanile “Giovanni Paolo II”, luogo significativo, in cui dalla fine della guerra i ragazzi sono impegnati in progetti di convivenza e dialogo interetnico e interreligioso. Il servizio di Gabriella Ceraso :
“Il compito che vi lascio è fare la pace”: questa l’ultima consegna del Papa ai giovani di Bosnia ed Erzegovina al termine di un incontro festoso, un vero a tu per tu con loro, fatto di musica, cori e testimonianze. “I giovani si sono preparati in modo speciale a questo incontro e vogliono dare il loro contributo al processo di pace ancora in corso”, spiega mons Semren, responsabile della pastorale giovanile.
Poi sono due ragazzi a rompere il ghiaccio e a prendere la parola:
“Zovem se Darko Majstorović, profesor sam tjelesnog …”
Lui, croato cattolico, testimonia di una vita convertita alla crescita nella fede e alla costruzione fattiva della pace:
“Živeći u Bosni i Hercegovini, u ovoj multietničkoj i multikonfesionalnoj….”
Lei, serba ortodossa, racconta a Francesco come lavora a servizio del dialogo interreligioso, ricchezza, dice, delle persone di Bosnia ed Erzegovina. Le loro sono testimonianze forti, e così il Papa, dopo l’esibizione a sorpresa del coro dei bambini di Srebrenica, prende la parola e a braccio risponde alle domande di alcuni ragazzi.
Il rapporto con la televisione, gli chiedono, occasione per il Papa per parlare della qualità dei programmi televisivi: “usarli” raccomanda, “come il computer, solo per le cose che ci fanno crescere”:
“Fare programmi che fanno bene, che fanno bene ai valori, che costruiscano la società, che ci portino avanti, non che ci portino giù. E poi fare programmi che ci aiutino affinché i valori, i veri valori, divengano più forti e ci preparino per la vita. Questa è responsabilità dei centri televisivi”
Alla domanda se i giovani sono riusciti a comunicargli o meno la loro gioia in questa e in altre occasioni, Francesco ribadisce cosa pensa veramente dei ragazzi di questa terra:
“Voi avete una singolarità: voi siete la prima – credo – generazione dopo la guerra. Voi siete fiori di una primavera, come ha detto mons. Semren: fiori di una primavera che vogliono andare avanti e non tornare alla distruzione, alle cose che ci fanno nemici gli uni gli altri. Io trovo in voi questa voglia e questo entusiasmo. E questo è nuovo per me”
“Da voi mi aspetto onestà tra quello che pensate sentite e fate”:
“Onestà e non ipocrisia; unione; fare ponti, ma lasciare che si possa andare da una parte all’altra. Questa è fratellanza”.
Onestà dunque e unità, queste le ultime parole che il Papa ripete ai giovani al termine della loro festa e, dopo lo scambio dei doni, inaugura una targa dedicata a Giovanni Paolo II, il Santo cui Francesco affida i giovani:
“Che questo sia un Paese di pace! 'Mir Vama': questo ricordatelo bene!”
Papa in cattedrale Sarajevo: per vincere la guerra, non vendetta ma perdono
“Riprendere la memoria per fare pace”. Così, Papa Francesco incontrando nella cattedrale del Sacro Cuore di Sarajevo sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi, candidati e candidate agli ordini religiosi. A salutare il Pontefice all’arrivo nella cattedrale, gravemente danneggiata durante la guerra degli anni ’90, l’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljić. Il porporato ha ricordato che molti dei religiosi di Bosnia ed Erzegovina sono segnati dalla guerra, dal regime comunista e “oggi - ha spiegato - dall’aggressivo relativismo”. Il servizio di Giada Aquilino:
Non vendetta ma pace
“Non avete diritto di dimenticare la vostra storia. Non per vendicarvi, ma per fare pace”.
È un Papa Francesco sinceramente commosso quello che, a braccio, parla nella cattedrale del Sacro Cuore, simbolo dell’assedio di Sarajevo. Dopo essersi raccolto in preghiera davanti alla tomba del Servo di Dio mons. Giuseppe Stadler, primo arcivescovo della città, ascolta attentamente le parole di don Zvonimir, fra' Jozo e suor Ljubica, testimoni dello strazio delle guerre balcaniche degli anni ’90, superato solo attraverso una fede profonda che li ha portati a perdonare i loro aguzzini.
Non dimenticare la memoria dei martiri della fede
“Zovem se Zvonimir Matijević, Jozo Puškarić, Ljubica Šekerija”…
Francesco abbraccia quelli che definisce “tre martiri”, si inchina, la sua commozione si unisce a quella di don Zvonimir che, per le percosse e i maltrattamenti subiti nel ‘92, oggi è affetto da sclerosi multipla. Il Papa gli chiede anche una benedizione. Fra’ Jozo racconta di quando, nello stesso anno, fu deportato dai poliziotti serbi in un campo di concentramento, dove rimase quattro mesi e fu salvato - dice - dall’aiuto mandato da Dio “anche sotto forma di cibo tramite una donna musulmana”. Nel ’93 miliziani stranieri tentarono invano di far convertire suor Ljubica. Sono soltanto tre testimonianze, nota il Papa, che esprimono però la sofferenza di “tanti” altri e parlano “da sole”:
“Questa è la memoria del vostro popolo! Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede”.
L’invito del Pontefice ai presenti in cattedrale è quindi a “riprendere la memoria per fare pace” e ad amare come don Zvonimir, fra’ Jozo e suor Ljubica hanno fatto:
“Nel vostro sangue, nella vostra vocazione, c’è la vocazione, c’è il sangue di questi tre martiri. E c’è il sangue e c’è la vocazione di tante religiose, tanti preti, tanti seminaristi”.
Predicare il perdono
Sono loro, osserva Francesco, che – sull’esempio dell'apostolo Paolo - hanno trasmesso “come si vive la fede” e hanno dato testimonianza del perdono, perché “un uomo, una donna che si consacra al servizio del Signore e non sa perdonare - ricorda il Papa - non serve”:
“Perdonare chi ti picchia, chi ti tortura, chi ti calpesta, chi ti minaccia con il fucile per ucciderti, questo è difficile. E loro lo hanno fatto e loro predicano di farlo”.
Una Chiesa mondana non serve
A chi dimentica “le sofferenze dei nostri antenati”, che hanno contato i giorni di prigionia minuto per minuto, perché “ogni minuto, ogni ora è una tortura”, sottolinea il Papa citando fra’ Jozo, Francesco ricorda di condurre “una vita degna della Croce di Gesù Cristo”:
“Suore, sacerdoti, vescovi, seminaristi mondani, sono una caricatura, non servono. Non hanno la memoria dei martiri. Hanno perso la memoria di Gesù Cristo crocifisso, l’unica gloria nostra”.
Citando chi nella sofferenza aiutò i tre religiosi, il Papa evidenzia come “tutti siamo fratelli”, anche “oltre le differenze religiose”:
“Cercate il bene di tutti. Tutti hanno la possibilità, il seme del bene. Tutti siamo figli di Dio”.
Anche oggi viviamo una guerra mondiale fatta di crudeltà
Quindi l’invito a pregare per le famiglie, frutto “di un amore matrimoniale”, affinché “fioriscano” con tanti figli e “ci siano tante vocazioni”. Infine la riflessione sulle storie “di crudeltà” ascoltate, perché anche oggi, mette in luce il Pontefice come già fatto altre volte, “in questa guerra mondiale” vediamo tante crudeltà:
“Fate sempre il contrario della crudeltà: abbiate atteggiamenti di tenerezza, di fratellanza, di perdono. E portate la Croce di Gesù Cristo. La Chiesa, la santa Madre Chiesa, vi vuole così: piccoli, piccoli martiri, davanti a questi piccoli martiri, piccoli testimoni della Croce di Gesù”.
Il discorso consegnato
Nel discorso consegnato al cardinale Puljić il Papa aveva esortato la Chiesa di Bosnia ed Erzegovina a non cadere “nella tentazione di diventare una specie di élite chiusa in sé stessa” ma ad “uscire”, incontrando “la gente là dove vive”, per conoscere Gesù Cristo.
Francesco ai leader religiosi: il dialogo è “fattore di unità”
“Il dialogo è una scuola di umanità e un fattore di unità, che aiuta a costruire una società fondata sulla tolleranza e il mutuo rispetto”. E’ quanto ha affermato Papa Francesco incontrando nel pomeriggio di ieri, nella sede del Centro internazionale studentesco francescano di Sarajevo, i rappresentanti delle confessioni religiose presenti in Bosnia ed Erzegovina. L’incontro è stato scandito dalla preghiera per la pace nel Paese e in tutto il mondo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
“Noi, discendenti di Abramo secondo la fede in Te, unico Dio, ebrei, cristiani e musulmani, umilmente siamo davanti a Te e con fiducia Ti preghiamo per questo Paese, la Bosnia ed Erzegovina, affinché possano abitarvi in pace e armonia uomini e donne credenti di diverse religioni, nazioni e culture.Ti preghiamo, o Padre, perché ciò avvenga
in tutti i Paesi del mondo!”
Il dialogo è una scuola di umanità
La preghiera per la pace è stata il fulcro dell’incontro ecumenico ed interreligioso. Questo incontro – ha detto il Papa – è “segno di un comune desiderio di fraternità e di pace” e “testimonianza di un’amicizia” costruita negli anni. E’ un messaggio di “quel dialogo che tutti cerchiamo e per il quale lavoriamo”. Nel dialogo interreligioso - ha spiegato il Pontefice - “si condivide la quotidianità dell’esistenza”, si assumono “responsabilità comuni”, si progetta “un futuro migliore” imparando “a vivere insieme, a conoscersi e ad accettarsi nelle rispettive diversità”. “Il dialogo - ha aggiunto il Santo Padre - è una scuola di umanità”:
“Per questo motivo, il dialogo interreligioso non può limitarsi solo a pochi, ai soli responsabili delle comunità religiose, ma dovrebbe estendersi quanto più è possibile a tutti i credenti, coinvolgendo le diverse sfere della società civile”.
Sarajevo sia segno di unità
E in tal senso un’attenzione particolare - ha osservato Papa Francesco - meritano “i giovani, chiamati a costruire il futuro di questo Paese”. Il dialogo, per essere autentico ed efficace, "presuppone una identità formata". Esortando a continuare a percorrere il “cammino del perdono e della riconciliazione" e a fare giusta memoria del passato per imparare le lezioni della storia senza rimpianti e recriminazioni, il Santo Padre ha poi affermato che Sarajevo, definita la "Gerusalemme d'Europa", nel recente passato è diventata “un simbolo della guerra” ed oggi “può diventare nuovamente segno di unità”:
“Questa terra può diventare un messaggio: attestare che è possibile vivere uno accanto all’altro, nella diversità ma nella comune umanità, costruendo insieme un futuro di pace e di fratellanza”.
Durante l'incontro Papa Francesco ha ricordato, infine, la preziosa opera del Consiglio per il dialogo interreligioso, istituito nel 1997, che riunisce musulmani, cristiani ed ebrei.
Il Papa in aereo: no a ipocrisia di chi parla di pace e vende armi
La questione di Medjugorje, la promozione della pace e il consumismo che danneggia i giovani sono stati tra i temi principali della breve conferenza stampa tenuta da Papa Francesco in aereo di ritorno a Roma. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Poche domande ma su temi importanti. Nonostante la brevità del volo, Papa Francesco non si è sottratto alla tradizionale conferenza stampa in aereo. Rispondendo ad una domanda su Medjugorje, ha innanzitutto rammentato che sulla questione c’è stato un approfondito lavoro di una commissione voluta da Benedetto XVI e presieduta dal cardinale Camillo Ruini. Quindi, ha affermato che attualmente su questo rapporto sta lavorando la Congregazione per la Dottrina della Fede, in vista di decisioni al riguardo. Il Papa ha poi risposto sui suoi viaggi nelle “periferie” d’Europa come Albania e Bosnia ed Erzegovina:
“E’ un segnale! Io vorrei incominciare a fare le visite in Europa, partendo dai più piccoli Paesi e i Balcani sono Paesi martoriati: hanno sofferto tanto! Hanno sofferto tanto… E per questo la mia preferenza è qua”.
No all'ipocrisia di chi vende armi e poi parla di pace
Ancora, rispondendo ad un’altra domanda, ha nuovamente denunciato con forza chi parla di pace ma poi fomenta il clima di guerra:
“C’è l’ipocrisia, sempre! Per questo ho detto che non è sufficiente parlare di pace: si deve fare la pace! E chi parla soltanto di pace e non fa la pace è in contraddizione; e chi parla di pace e favorisce la guerra – per esempio con la vendita delle armi – è un ipocrita!”
Il consumismo è un cancro della società
Francesco è infine ritornato sul tema della “dipendenza” da computer e da cellulari affrontato nell’incontro con i giovani:
“È curioso, in tante famiglie i papà e le mamme mi dicono: siamo a tavola con i figli e loro con il telefonino sono in un altro mondo. E’ vero che il linguaggio virtuale è una realtà che non possiamo negare: dobbiamo portarla sulla buona strada, perché è un progresso dell'umanità. Ma quando questo ci porta via dalla vita comune, dalla vita familiare, dalla vita sociale, ma anche dallo sport, dall'arte e rimaniamo attaccati al computer, questa è una malattia psicologica”.
Quindi, ha denunciato alcuni mali del consumismo come la pornografia e i programmi televisivi “relativisti, edonisti, consumistici”:
“Noi sappiamo che il consumismo è un cancro della società, il relativismo è un cancro della società: di questo io parlerò nella prossima Enciclica, che uscirà entro questo mese. Ho detto la parola ‘sporcizia’ per dire una cosa generale, ma tutti sappiamo questo. Ci sono genitori molto preoccupati che non permettono che ci siano i computer nelle stanze dei bambini: i computer devono essere in un posto comune della casa. Questi sono piccoli aiuti che i genitori trovano per evitare proprio questo”.
Lombardi: a Sarajevo, Francesco promotore della cultura dell’incontro
Una visita di un giorno intensissima e in molti momenti commovente. All’indomani del viaggio di Papa Francesco a Sarajevo, Alessandro Gisotti ha chiesto un commento al direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi:
R. – Tutti e cinque i momenti a Sarajevo sono stati estremamene importanti, anche se è chiaro che dal punto di vista emotivo l’incontro in cattedrale con il clero e l’incontro con i giovani alla sera sono quelli che hanno colpito e coinvolto di più. Infatti, come poteva essere in un certo senso previsto, il Papa ha lasciato da parte il discorso preparato per muoversi invece in modo completamente spontaneo, a braccio, con una espressione molto intensa e vissuta in quel momento. Però questo non deve far dimenticare l’importanza straordinaria anche degli altri momenti. Per cui, per me, è difficile dire che uno sia più importante dell’altro. Per noi, evidentemente la celebrazione dell’Eucaristia, con tutta la comunità cattolica di Sarajevo è certamente il momento cruciale di una giornata di questo genere. Però prendiamo anche l’incontro interreligioso: l’incontro interreligioso è stato di altissimo livello e anche gli interventi degli altri leader religiosi, che sono stati presenti e che hanno parlato, erano eminenti nella loro qualità. Chi era presente capiva che il lavoro del Consiglio interreligioso, che era rappresentato da questi leader, insieme al Papa, è un lavoro estremamente importante, di lunga scadenza, di lunga prospettiva e che va in profondità per stabilire veramente un contatto nel profondo del cuore sulla posizione e sulla base della fede, della credenza religiosa, e non degli interessi o dei momenti della politica o dell’economia, ma sua una base religiosa profonda fra i credenti delle diverse confessioni presenti nel Paese. Quindi vorrei dire che tutto è stato estremamente importante e tutto è stato estremamente unitario, perché è chiaro che il Papa era pellegrino di pace e di dialogo – come ha detto egli stesso – e ha declinato questo pellegrinaggio in diverse forme e con diversi interlocutori, ma con un messaggio estremamente unitario, dai responsabili politici ai responsabili religiosi, alla comunità cattolica, ai giovani.
D. – Proprio riguardo a questa sua ultima riflessione, la Sarajevo visitata 18 anni fa da Giovanni Paolo II aveva ancora le ferite sanguinanti della guerra: Francesco, ieri, in qualche modo, ha proposto la nuova Sarajevo come modello di concordia per il mondo. Ecco, questo del dialogo si conferma un tema chiave del Pontificato a Roma come nei viaggi internazionali…
R. – Sì. Effettivamente il Papa è una persona che promuove con la sua presenza, oltre che con le sue parole, la cultura dell’incontro. Anche ieri, al di là delle formule e dei contenuti dei discorsi, colpiva come fosse la sua persona, la sua personalità di leader religioso e umano credibile, rispettato da tutti… un po’ da tutti i popoli oggi nel mondo, che con la sua presenza incoraggiava a fare dei passi avanti, in situazioni che continuano ad avere le loro difficoltà; incoraggiava i giovani a camminare verso l’avvenire. Quindi il discorso era veramente articolato in termini di speranza, che è una delle altre grandi parole che il Papa ha utilizzato, dicendo sia ai religiosi che devono fare una pastorale della speranza, sia ai giovani che devono essere la speranza del Paese che guarda verso il futuro, il Paese del dopoguerra; una generazione che mette la guerra alle sue spalle per costruire insieme un futuro di armonia. Effettivamente dava un senso di grande gioia poter vivere nella città, che ha giù sensibilmente rinnovato il suo volto dopo le distruzioni della guerra, ma poterla vivere come una città che deve trovare la sua vocazione come simbolo di ricostruzione nella comunione, nella diversità, nella convivenza pacifica e armonica delle diverse componenti. Questo mentre nella nostra memoria è in gran parte ancora un simbolo di divisione e di guerra.
Telegrammi Papa a Bosnia ed Erzegovina, Croazia e Italia
“Profonda gratitudine a tutta la popolazione” e l’assicurazione della propria preghiera “per la pace, la riconciliazione e il benessere dell’intera nazione”. E' quanto ha scritto Papa Francesco nel telegramma al presidente di turno della Bosnia ed Erzegovina, Mladen Ivanić, prima di lasciare il Paese meta del suo viaggio apostolico.
Durante il sorvolo della Croazia, il Santo Padre ha rivolto un messaggio di saluto anche al presidente Kolinda Grabar-Kitarović, invocando sul Paese una particolare benedizione di pace e di gioia.
Al rientro dal viaggio apostolico, infine, il Papa ha scritto anche al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, rivolgendo a lui e a tutto il Paese il proprio “beneaugurante saluto unito a una speciale preghiera per la concordia e per il bene dell’intera nazione”, sulla quale ha impartito una speciale benedizione.
Il Papa riceve il presidente argentino Cristina Fernández de Kirchner
Oggi pomeriggio nello studio dell’Aula Paolo VI, Papa Francesco riceverà in udienza Cristina Fernández de Kirchner, presidente della Repubblica di Argentina e seguito.
Macerata-Loreto. Papa: camminate con gioia, accarezzati dalla misericordia
In 100 mila, questa notte, hanno percorso i 27 km che separano Macerata da Loreto per la 37.ma edizione del pellegrinaggio tradizionale verso la Santa Casa di Maria nel santuario lauretano. Prima di partire, è arrivata una telefonata di Papa Francesco che ha incoraggiato i pellegrini con le parole di Sant’Agostino: “Canta e cammina”. Il servizio di Roberta Barbi:
“Camminare con la gioia e camminare anche quando il cuore è triste, ma camminare sempre. E se hai bisogno di fermarti, che sia per riposarti un po’ e prendere un po’ di fiato per andare avanti dopo. Canta e cammina! Sempre, canta e cammina!”. Papa Francesco ha salutato così, ieri sera, i pellegrini in procinto di intraprendere il cammino mariano, dopo aver preso parte alla Messa celebrata nello stadio locale dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede, che ha rivolto un pensiero ai "cristiani lontani".
Come anticamente la Casa della Vergine arrivò da Nazareth a Loreto, ogni anno in molti si mettono in cammino: tra loro, stavolta, molti padri di famiglia della Indesit, un professore musulmano, il parroco di Erbil, collegato via video dall’Iraq. Tutti “accarezzati dalla misericordia” – questo il titolo dato quest’anno al pellegrinaggio – perché, come ha ricordato Francesco, “la misericordia di Gesù perdona tutto, sempre ti aspetta, sempre ti ama tanto”. Certo, rincuora il Papa, si può sbagliare: “Tutti abbiamo avuto nella vita cadute, ma se hai fatto un errore alzati subito e continua a camminare”. Il pellegrinaggio, dunque, è metafora della vita, che se rimane ferma non serve a nulla: “Pensate all’acqua, quando non è nel fiume, è ferma, si corrompe – ha detto il Santo Padre – così un’anima che nella vita non cammina facendo il bene, cercando Dio, è un’anima che finisce nella mediocrità e nella miseria spirituale. Per favore: non fermatevi, nella vita!”.
Al via G7 in Germania. Obama: fermezza contro la Russia
Terrorismo internazionale, crisi ucraina, ma anche immigrazione, cambiamento climatico e debito greco. Questi alcuni dei temi del G7 che si svolgerà oggi nel castello di Elmau, nelle Alpi bavaresi in Germania. Intanto, questa mattina, conferenza stampa tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, mentre continuano le manifestazioni contro il summit. Il servizio di Michele Raviart:
“Discuteremo del futuro dell’economia mondiale, di una crescita forte che crei posti di lavoro e di una prospettiva di crescita salda dell’Unione Europea”, ha detto Obama in conferenza stampa a Kruen a pochi chilometri dalla sede del vertice. Ricordata anche l’importanza dell’alleanza tra Stati Uniti e Germania, “una delle più forti che esistano al mondo”, mentre la Merkel ha ringraziato gli Usa per il contributo, 25 anni fa, alla riunificazione tedesca, anche se, ha detto il cancelliere “in passato ci sono state alcune divergenze di opinione”, riferendosi alle intercettazioni rivelate dal caso Snowden.
Sul tavolo, da oggi pomeriggio, anche la crisi ucraina. Obama auspica “fermezza di fronte all’aggressione russa”, mentre il presidente del consiglio europeo, il polacco Tusk ha riconfermato l’unità politica dei sette Paesi più industrializzati del mondo nelle sanzioni contro la Russia. “Se ne parleremo, sarà per rafforzarle”, ha detto. Intanto continuano le proteste dei manifestanti anti-G7. Cortei in auto, in bici e sit-in hanno bloccato la strada di accesso al castello e molti leader hanno potuto raggiungere Elmau solo in elicottero.
Turchia al voto: Erdogan punta alla maggioranza assoluta
Domenica di voto in Turchia, dove 53 milioni di persone sono chiamate a rinnovare il parlamento. L’Akp, partito del presidente Erdogan, mira alla maggioranza assoluta dei seggi per riformare la Costituzione in direzione di un presidenzialismo forte, ma i sondaggi danno la formazione di ispirazione islamica in calo anche se ancora di gran lunga la più votata. Voto blindato dalle forze di sicurezza, con alcuni incidenti nella provincia sudorientale di Sanliurfa, mentre un uomo è stato fermato per l’attentato che venerdì pomeriggio è costato la vita a quattro persone durante un comizio del parito filo-curdo Hdp, considerato in forte ascesa. La campagna elettorale è stata segnata anche dalle polemiche sulla libertà di stampa. Ma che Turchia è quella che arriva a questo voto? Marco Guerra lo ha chiesto a Valentina Scotti, ricercatrice di Diritto Pubblico Comparato alla Luiss, studiosa di questioni turche:
R. - La Turchia che va alle urne è sicuramente una Turchia profondamente divisa a livello sociale. Tendenzialmente lo scontro principale, la linea di faglia, è tra i sostenitori - che sembrano essere comunque ancora la maggioranza – dell’Akp, il partito di Erdogan, che al suo interno però dimostra di avere recentemente interessanti correnti; poi c’è una Turchia laica rappresentata dal Chp, che è il partito che si dichiara progressista, ma che allo stesso tempo rappresenta l’eredità kemalista e quindi anche nazionalista del Paese. Da ultimo cerca di trovare spazio una Turchia curda, il partito di Selahattin Demirtas che nasce come partito che rappresenta le istanze dei curdi, diventando sempre più un partito su scala nazionale e presentando anche candidati innovativi; quindi si pone come partito di rottura. Quello che c’è da chiedersi per la Turchia post elezioni è se in parlamento tutti questi partiti avranno una rappresentanza o se ancora una volta verranno eletti prevalentemente rappresentanti dell’Akp e quindi ancora una volta Erdogan avrà la maggioranza.
D. - Il risultato di queste elezioni, come può influenzare la presidenza Erdogan e l’assetto politico del Paese?
R. - Diciamo che Erdogan non viene influenzato direttamente da queste elezioni, perché nella sua carica di presidente della Repubblica ha il suo mandato; sappiamo però che Erdogan ha un suo progetto politico: quello di far approvare la riforma costituzionale strutturata in vari punti ma che, essenzialmente, mira a modificare la forma del governo del Paese in senso almeno semipresidenziale. Queste elezioni sono determinanti e se il partito di Erdogan riesce ad ottenere almeno 300 dei 550 seggi disponibili alla grande assemblea nazionale, può fare la riforma da solo, ha una maggioranza sufficiente per procedere alla riforma costituzionale. Se così non dovesse accadere, deve cercare alleanze e questo punto diventa complicato capire quali partiti potrebbero allearsi con quello che viene ormai definito da quasi tutto il resto dell’opposizione “il nuovo califfo”, “il nuovo sultano”.
D. - Secondo molti commentatori queste elezioni sono un bivio tra occidente e autoritarismo …
R. - Queste elezioni possono sicuramente essere uno spartiacque innanzitutto nella storia della Turchia, perché se l’Akp ottiene la maggioranza, fa la riforma, cambia la forma di governo in semipresidenzialismo o in presidenzialismo e questo significa sicuramente aumentare i poteri del presidente della Repubblica. Che una tale riforma debba per forza coincidere con un autoritarismo non è detto; non per forza forme di governo che premiano la figura del presidente devono significare un autoritarismo. Certo è che Erdogan negli ultimi tempi si è lasciato andare a dichiarazioni che, viste dall’occhio dell’Unione Europea, sembrano appunto andare verso un autoritarismo. Va comunque detto che questo è un partito che ha un forte sostegno da parte della popolazione turca, soprattutto delle aree rurali, perché è il partito che comunque ha fatto delle importanti riforme in senso democratico, è il partito che ha fatto uscire il Paese dalla crisi economica, ha saldato il debito con il Fondo monetario internazionale, e che ha grande sostegno anche da parte di alcuni esponenti della comunità curda, perché è il partito che ha iniziato il dialogo con il Pkk e con Ocalan. Quindi, forse, la situazione è un po’ più sfumata rispetto a un netto passaggio tra autoritarismo e democrazia. Anche nell’ottica dei rapporti con l’Unione Europea, va detto che la situazione è sicuramente in stallo, nonostante le dichiarazioni di voler mantenere il dialogo aperto, tuttavia il problema fondamentale è che da un lato la Turchia deve risolvere questa questione, se vogliamo identitaria, dall’altra la crisi non mette l’Unione Europea nella condizione di negoziare serenamente con un Paese così popoloso e con un’economia in crescita come la Turchia.
Yemen: 44 vittime dopo raid coalizione a guida saudita
In Yemen sono almeno 44 le vittime accertate di un raid condotto dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita sul quartier generale delle forze yemenite a Sana’a. Lo riferiscono fonti della sicurezza e sanitarie, che precisano che le vittime sono in maggioranza militari. Nella struttura si erano riuniti, ieri, i soldati alleati alle forze dei ribelli sciiti houti, che avevano lanciato un missile scud verso i territori sauditi. Quattro le esplosioni, che si sono avvertite in tutta la capitale, che ha danneggiato l’edificio e la zona vicina. Secondo l’agenzia Saba, vicina ai ribelli houti, sarebbero stati coinvolti anche un centinaio di civili (M.R.)
Immigrazione: ancora sbarchi provenienti dalla Libia
Nel Mediterraneo continuano le operazioni di soccorso delle barche di migranti provenienti dalla Libia. Nelle ultime ore sono arrivate una decina di chiamate satellitari, probabilmente proveniente da alcuni barconi sui quali ci sarebbero tra le mille e le 1.500 persone. Lo riferisce l’Acnur, secondo cui sarebbero arrivate in soccorso navi della marina italiana, di Gran Bretagna e Spagna. Ieri erano stati salvati 3.480 immigrati in 15 differenti operazioni a largo delle coste libiche, coordinate dalla Guardia Costiera italiana. (M.R)
Lussemburgo: referendum per estendere diritto voto a stranieri
Referendum senza precedenti oggi in Lussemburgo, dove i cittadini stabiliranno se estendere il diritto di voto alla la popolazione straniera, che rappresenta il 46% del totale. Su 565 mila abitanti, solo 244 mila hanno infatti il diritto di voto. “Nessun Paese al mondo ha il nostro deficit democratico”, ha detto il primo ministro Xavier Bettel, eletto alla fine del 2013. In caso di vittoria del “si”, il diritto di voto sarà concesso agli stranieri che vivono in Lussemburgo da più di dieci anni – circa 35 mila – la maggior parte di origine europea. La minoranza più presente è quella portoghese (16,4%), mentre i non europei sono il 7%. A favore della proposta, che potrebbe mutare il quadro politico del Paese, sono i partiti della coalizione di governo – liberali, ecologisti e socialisti – mentre contrario è il partito cristiano-sociale dell’ex primo-ministro Jean-Claude Juncker. Il referendum deciderà anche sull’abbassamento del diritto di voto ai 16 anni di età e sul limite di dieci anni per i mandati ministeriali. (M.R.)
Josè Graziano da Silva riconfermato alla guida della Fao
Il brasiliano Josè Graziano da Silva è stato confermato direttore generale della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura con sede a Roma. La decisione è stata presa ieri durante la 39.ma conferenza della Fao, con rappresentanti di oltre 194 Paesi, tra cui oltre 130 ministri, che hanno discusso anche il piano di lavoro futuro dell’organizzazione e definito il nuovo bilancio biennale. Da Silva è stato confermato con 177 voti su 182, ottenendo il più alto consenso dall’istituzione dell’organizzazione, nel 1945. Agronomo ed ex-ministro del governo Lula, è stato l’ideatore del programma “fame zero” in Brasile, che ha aiutato 28 milioni di persone in povertà estrema. E’ entrato nella Fao nel 2006 come capo regionale per l’America latina ed i Caraibi ed è stato eletto per la prima volta direttore generale nel 2011. Tra le priorità della sua azione di governo: la cooperazione Sud-Sud; il dialogo con la società civile, il settore privato e il mondo accademico; il miglioramento dei rapporti qualità-prezzo tra la Fao e i suoi partner. Da Silva, ottavo direttore generale dall’organizzazione, resterà in carica fino al 2019. (M.R.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 158