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Sommario del 05/06/2015
- Papa alle Pom: Missione, massima sfida. No efficientismo
- Il Papa ai Dehoniani: portate agli ultimi la misericordia di Dio
- Corpus Domini, Francesco: preserviamoci dalla corruzione
- Francesco riceve il presidente del Cile Michelle Bachelet
- La preghiera del Papa per le vittime dell'incendio in Ghana
- Papa, udienze con il nunzio in Salvador e l'ad Eni Descalzi
- Papa a Sarajevo: tutto pronto all'insegna di fede, dialogo e pace
- Oggi su "L'Osservatore Romano"
- Grecia e Trattato Ue-Usa al centro del G7 in Germania
- Mali, possibile accordo di pace tra governo e ribelli
- Iraq, mons. Warda: serve il sostegno della comunità cristiana
- Giornata mondiale dell'ambiente: la Cina ridurrà emissioni
- Pellegrinaggio Macerata-Loreto con la Messa del card. Pell
- Germania: dichiarazione cattolico-evangelica per il G7 in Baviera
- Il card. Filoni: finiti gli studi i sacerdoti tornino nelle loro diocesi
- Congo: appello dei vescovi per l'est del Paese
- Guatemala: intervento dei vescovi su corruzione e vita politica
- Australia: i vescovi chiedono di aiutare i profughi rohingya
- Mobilitazione nazionale il 20 giugno a Roma contro ideologia gender
Papa alle Pom: Missione, massima sfida. No efficientismo
"La missione evangelizzatrice è la massima sfida per la Chiesa” perché “l’umanità ha tanto bisogno del Vangelo, fonte di gioia speranza e pace”. Così il Papa parlando ai partecipanti all’Assemblea generale della Pontificie Opere Missionarie (Pom), ricevuti in udienza. Nelle sue parole innanzitutto l’incoraggiamento a una nuova stagione di annuncio e insieme di promozione umana, rivolta a tutti, ma anche l’auspicio che sia sempre “Gesù Cristo la sorgente” e mai i programmi o il cosiddetto ”efficientismo”. Il servizio di Gabriella Ceraso:
“Maria, ci ottenga la passione per il Regno di Dio perché nessuna periferia del mondo sia priva della luce del Vangelo”. La preghiera con la quale il Papa si congeda dai partecipanti all’assemblea delle Pom racchiude tutto il pensiero espresso nel suo discorso.
Missione sfida per la Chiesa e fonte di rinnovamento
Innanzitutto, il bisogno del Vangelo che ha l’umanità, dunque la priorità della missione evangelizzatrice per la Chiesa, che Francesco incoraggia a essere “più gioiosa, audace e piena di vita contagiosa”:
“L’annuncio del Vangelo è la prima e costante preoccupazione della Chiesa, è il suo impegno essenziale, la sua sfida maggiore e la fonte del suo rinnovamento. Infatti, dalla missione evangelizzatrice, dalla sua intensità ed efficacia deriva anche il vero rinnovamento della Chiesa, delle sue strutture e della sua attività pastorale. Senza l’inquietudine e l’ansia della evangelizzazione, non è possibile sviluppare una pastorale credibile ed efficace, che unisca annuncio e promozione umana”.
Luce di Cristo nelle periferie
La “rinnovata evangelizzazione”, di cui parla il Papa è rivolta a tutti e in particolare, dice, “ai poveri, agli ultimi e agli emarginati”. Sono dunque ancora una volta le periferie umane che Francesco affida ai membri della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e ai direttori delle Pontificie Opere Missionarie che hanno come compito, tra l’altro, di allargare sguardo e interesse all’umanità e di accompagnare le Chiese giovani povere di risorse, spesso perseguitate ma ricche di opere dello Spirito Santo :
“In quelle periferie umane, la Chiesa è chiamata ad uscire per le strade e ad andare incontro a tanti nostri fratelli e sorelle che vivono senza la forza, la luce e la consolazione di Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita”.
La tentazione di diventare una ONG
Ma è il carisma che caratterizza le Pom, cioè l’azione locale ma anche di comunione tra le Chiese, lo spunto che dà al Papa l’opportunità di ribadire la centralità della fede a Cristo nell’annuncio e di mettere in guardia dal rischio che le missioni diventino una Ong o un ”ufficio di distribuzione sussidi”:
“I soldi sono di aiuto ma possono diventare anche la rovina della Missione. Il funzionalismo, quando si mette al centro oppure occupa uno spazio grande, quasi come se fosse la cosa più importante, vi porterà alla rovina”.
"Perché il primo modo di morire", prosegue Fracesco, è ”dare per scontate le “sorgenti”, cioè Chi muove la Missione”:
“Per favore, con tanti piani e programmi non togliete fuori Gesù Cristo dall’Opera Missionaria, che è opera sua. Una Chiesa che si riduca all’efficientismo degli apparati di partito è già morta, anche se le strutture e i programmi a favore dei chierici e dei laici 'auto-occupati' dovessero durare ancora per secoli”.
Solo "nell’energia santificatrice dello Spirito Santo", conclude quindi il Papa, la Chiesa trova l’impulso per uscire fuori di sé ad evangelizzare tutti i popoli.
Il Papa ai Dehoniani: portate agli ultimi la misericordia di Dio
I religiosi sono chiamati ad essere misericordiosi e a trovare nell’amore di Dio l’armonia delle proprie comunità. E’ l’esortazione rivolta da Papa Francesco ai partecipanti al Capitolo generale dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, meglio conosciuti come Dehoniani. Il Papa, che ha consegnato il testo del discorso, ha rivolto gli auguri al nuovo superiore generale, padre Heiner Wilmer. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Misericordiosi, in comunità, con i poveri”. Papa Francesco nel discorso consegnato ai Dehoniani parte dal tema del Capitolo generale della comunità religiosa e subito mette l’accento sull’essere misericordiosi per attuare la propria azione pastorale. “Come religiosi – osserva – siete chiamati ad essere misericordiosi”. Si tratta anzitutto di vivere in profonda comunione con Dio nella preghiera, nella meditazione della Sacra Scrittura, nella celebrazione dell’Eucaristia, perché tutta la nostra vita sia un cammino di crescita nella misericordia di Dio”. E soggiunge che nella misura “in cui ci rendiamo consapevoli dell’amore gratuito del Signore e lo accogliamo in noi stessi, crescono anche la nostra tenerezza, la nostra comprensione e la nostra bontà verso le persone che ci stanno accanto”. Di qui, soggiunge, deve anche partire “lo sforzo di rinnovamento” dei Dehoniani, del loro istituto e della loro missione.
La misericordia punto di armonizzazione delle comunità religiose
“Nell’esperienza della misericordia di Dio e del suo amore – ribadisce Francesco – troverete anche il punto di armonizzazione delle vostre comunità. Ciò comporta l’impegno di assaporare sempre più la misericordia che i confratelli vi usano e donare loro la ricchezza della vostra misericordia. In tutto ciò vi è di esempio e di aiuto la testimonianza del vostro Fondatore, grande apostolo del Sacro Cuore”. “La misericordia – evidenzia il Papa – è la parola-sintesi del Vangelo, possiamo dire che è il ‘volto’ di Cristo, quel volto che Egli ha manifestato quando andava incontro a tutti, quando guariva gli ammalati, quando sedeva a tavola con i peccatori, e soprattutto quando, inchiodato sulla croce, ha perdonato: lì noi abbiamo il volto della misericordia divina”.
Siate “canali” dell’amore di Dio verso gli ultimi e i più poveri
Il Signore, è l’esortazione di Francesco, “vi chiama ad essere canali di questo amore in primo luogo verso gli ultimi, i più poveri, che sono i privilegiati ai suoi occhi”. Per questo, afferma, “lasciatevi continuamente interrogare dalle situazioni di fragilità e povertà con le quali venite a contatto, e cercate di offrire nei modi adeguati la testimonianza della carità che lo Spirito infonde nei vostri cuori”. “Lo stile della misericordia – aggiunge – vi permetta di aprirvi con prontezza alle necessità attuali e di essere operosamente presenti nei nuovi areopaghi dell’evangelizzazione, privilegiando, anche se ciò dovesse comportare dei sacrifici, l’apertura verso quelle realtà di estremo bisogno che si rivelano sintomatiche delle malattie della società odierna”.
Dare nuovo impulso all’animazione missionaria
“La storia della vostra Congregazione – prosegue il discorso – è segnata e resa feconda da tanti vostri confratelli che hanno speso generosamente la loro vita al servizio al Vangelo, vivendo in docile comunione con i Pastori, con il cuore indiviso per Cristo e con spirito di povertà”. La loro scelta evangelica, conclude il Papa, “illumini il vostro impegno missionario e sia d’incoraggiamento a proseguire con rinnovato slancio apostolico la vostra peculiare missione nella Chiesa”. Nel solco di queste testimonianze, infatti, “potrete dare nuovo impulso all’animazione missionaria nei diversi contesti in cui siete inseriti”.
Corpus Domini, Francesco: preserviamoci dalla corruzione
Il Corpo e il Sangue di Cristo ci aiutano a non disgregarci, a non perdere la nostra dignità cristiana, a non svilirci, ci preservano dalla corruzione. Lo ha detto ieri pomeriggio il Papa nella Solennità del Corpus Domini, durante l’omelia della Messa celebrata sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Al termine si è svolta la tradizionale processione fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove Francesco ha impartito la benedizione solenne con il Santissimo Sacramento. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
L’invito del Papa ai fedeli, dopo l’Angelus domenica scorsa, era stato quello di adorare, durante la processione, il Santissimo Sacramento. La processione del "Corpus Domini", aveva detto, è un solenne atto di fede e di amore a Gesù Eucaristia. Quel Corpo e quel Sangue, ci dice oggi Francesco nell’Omelia, che mediante il pane e il vino ci sono stati donati da Gesù, che così ci lascia il “memoriale del suo sacrificio di amore infinito”. Con questo pane e questo vino i discepoli hanno “il necessario” per il loro “cammino lungo la storia”, e per “estendere a tutti il regno di Dio”. Oggi, il Pane di vita è anche il nostro, dinnanzi al quale lo stupore della Chiesa non finisce mai, stupore che alimenta “la contemplazione, l’adorazione, la memoria”. Francesco quindi cita le raccomandazioni dell’odierna lettura: “Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto”. E di lì pone le sue domande:
“Disgregarci? Svilirci? Cosa significa oggi questo disgregarci e svilirci? Noi ci disgreghiamo quando non siamo docili alla Parola del Signore, quando non viviamo la fraternità tra di noi, quando gareggiamo per occupare i primi posti, gli arrampicatori, quando non troviamo il coraggio di testimoniare la carità, quando non siamo capaci di offrire speranza. Così ci disgreghiamo”.
L’Eucaristia vincolo di comunione
Ciò che ci permette di non disgregarci è quindi l‘Eucaristia, perché “vincolo di comunione, compimento dell’Alleanza, segno vivente dell’amore di Cristo che si è umiliato e annientato perché noi rimanessimo uniti”:
“Il Cristo presente in mezzo a noi, nel segno del pane e del vino, esige che la forza dell’amore superi ogni lacerazione e al tempo stesso che diventi comunione con il povero, sostegno per il debole, attenzione fraterna a quanti fanno fatica a sostenere il peso della vita quotidiana. E sono in pericolo di fede”.
Le idolatrie del nostro tempo ci rendono cristiani mediocri
E poi pone l’altra domanda, cosa significa per noi “svilirci”, “ossia annacquare la nostra dignità cristiana?”:
“Significa lasciarci intaccare dalle idolatrie del nostro tempo: l’apparire, il consumare, l’io al centro di tutto; ma anche l’essere competitivi, l’arroganza come atteggiamento vincente, il non dover mai ammettere di avere sbagliato o di avere bisogno. Tutto questo ci svilisce, ci rende cristiani mediocri, tiepidi, insipidi, pagani”.
Il Sangue di Gesù ci libera dalla corruzione
Gesù ha versato il sangue per noi, per purificarci dai peccati, dunque “per non svilirci guardiamo a Lui, abbeveriamoci alla sua fonte, per essere preservati dal rischio della corruzione”. Il “Sangue di Cristo – ci dice ancora il Papa – ci libererà dai nostri peccati e ci restituirà la nostra dignità. Ci libererà dalla corruzione”:
“Così impariamo che l’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli, per i peccatori. E’ il perdono, è il viatico che ci aiuta ad andare, a camminare”.
Uniti con i cristiani uccisi per la loro fede
La festa del "Corpus Domini" – conclude quindi Francesco – celebra il mistero dell’Eucaristia e lo fa lodare e cantare per le strade della città, e la processione è la “nostra riconoscenza per tutto il cammino che Dio ci ha fatto percorrere attraverso il deserto delle nostre povertà, per farci uscire dalla condizione servile, nutrendoci del suo Amore mediante il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue”. E il suo ultimo pensiero è per coloro che non possono esprimere la loro fede:
“Sentiamoci uniti a loro: cantiamo con loro, lodiamo con loro, adoriamo con loro. E veneriamo nel nostro cuore quei fratelli e sorelle ai quali è stato chiesto il sacrificio della vita per fedeltà a Cristo: il loro sangue, unito a quello del Signore, sia pegno di pace e di riconciliazione per il mondo intero. E non dimentichiamo: per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione, per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto”.
E decine di migliaia i fedeli che ieri sera hanno seguito la tradizionale processione del Santissimo Sacramento, nel percorso da San Giovanni in Laterano fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Ascoltiamo i loro pensieri al microfono di Marina Tomarro:
R. – Perché ci ricorda la centralità dell’Eucaristia ed è importante che ce la rammentiamo. Ecco, in un mondo dove questo spesso lo dimentichiamo, è la cosa più bella che il Signore ci ha lasciato.
R. – Siamo tutti qui perché penso che abbiamo un grandissimo desiderio di unirci tutti quanti al Signore.
R. – Innanzitutto, ci ricorda il grande mistero di Gesù presente nell’Eucaristia, quindi è giusto solennizzarla in questo modo per far capire all’uomo di oggi che Gesù non si è dimenticato di noi, ma continua a camminare sulle nostre strade vicino a noi.
D. – Per la città di Roma perché è importante questa tradizione del Corpus Domini?
R. – Credo che per la città di Roma vedere Gesù passare in queste strade voglia dire venire incontro a questo popolo, bisognoso della sua misericordia.
R. – Perché la presenza del Papa è come la presenza di Gesù, quindi ci sentiamo ancora più fortunati per questo.
R. – Perché è una delle poche occasioni in cui il Santo Padre celebra assieme a noi, assieme al popolo romano, e questo è molto bello: ci fa sentire ancora più in comunione con il Papa che, oltre a essere il Papa della Chiesa universale, è anche il vescovo di Roma.
D. – Quanto di affidi a Gesù nella tua vita?
R. - Affido tutto a Lui. Se non ci fosse Lui, non sarei niente.
D. – Come lo annunci anche agli altri?
R. – Portando una testimonianza di gioia. Io sono pienamente convinta che la gioia è la testimonianza più grande che possiamo dare.
R. – Io vengo da una parrocchia del sud, dove ogni anno questa festa è di giovedì, ed è celebrata solennemente come unica festa del paese. E allora fin da piccolo nella mia vita, Gesù Eucaristia è stato presente e penso sia il motore che ancora alimenta la mia esistenza.
Francesco riceve il presidente del Cile Michelle Bachelet
Uno sguardo sull’America Latina e un dialogo sui temi della salvaguardia della vita umana, dell’educazione e della pace sociale. È quello che ha caratterizzato l’incontro in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente della Repubblica del Cile, la sig.ra Michelle Bachelet Jeria. “Nel corso dei cordiali colloqui – informa una nota ufficiale – si è fatto cenno alle buone relazioni bilaterali esistenti, con l’auspicio che possano essere ulteriormente rafforzate nel quadro degli strumenti giuridici previsti dal diritto internazionale”.
Successivamente, prosegue il comunicato, “sono stati affrontati temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana, l’educazione e la pace sociale. In tale contesto, si è ribadito il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella società cilena, specialmente nella promozione umana, nella formazione e nell’assistenza ai più bisognosi”. E “non è mancata una panoramica sulla situazione dell’America Latina, con particolare riferimento ad alcune sfide che interessano il continente”.
Il capo dello Stato cileno si è poi intrattenuto a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato da mons. Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
La preghiera del Papa per le vittime dell'incendio in Ghana
Profondo cordoglio del Papa per la tragedia avvenuta ad Accra, capitale del Ghana. Un vasto incendio scoppiato in una stazione di rifornimento di benzina ha ucciso almeno 170 persone, che vi avevano trovato rifugio nella struttura. Il servizio di Giancarlo La Vella:
In un telegramma indirizzato al presidente della Conferenza Episcopale ghanese, mons. Joseph Osi-Bonsu, a firma del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, Francesco esprime profonda tristezza per il tragico incidente, in cui tante persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite. Il Santo Padre nella preghiera invia sentite condoglianze ai parenti delle vittime, alle autorità e all'intera Nazione, affidando le anime dei defunti al Signore e invocando il dono divino della consolazione per i familiari di coloro che sono rimasti colpiti. Ricordiamo che le fiamme sono divampate improvvisamente in una stazione di servizio. E il carburante, trascinato al di fuori dell’impianto dalle piogge torrenziali, ha preso fuoco. Proprio in quel momento nella struttura era concentrato un numero elevato di persone, che cercavano riparo da un nubifragio. Il Presidente John Mahama ha visitato il luogo del disastro. In questo periodo della stagione delle piogge, il Capo dello Stato ha assicurato il costante impegno a fronteggiare i disastri che hanno colpito la Nazione. E’ stato calcolato che occorreranno almeno 12 milioni di dollari per i primi soccorsi e per riparare i danni e le infrastrutture.
Papa, udienze con il nunzio in Salvador e l'ad Eni Descalzi
Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo Léon Kalenga Badikebele, nunzio apostolico in El Salvador e in Belize, e Claudio Descalzi, amministratore Delegato dell'Eni, con la famiglia.
In Colombia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Tierradentro presentata per raggiunti limiti di età da mons. Edgar Hernando Tirado Mazo, dell’Istituto delle Missioni Estere di Yarumal, e al suo posto ha nominato il sacerdote Oscar Augusto Múnera Ochoa, del clero di Santa Rosa de Osos, finora parroco della parrocchia Señor de los Milagros de San Pedro. Il neo presule è nato il 27 maggio 1962 a San Pedro de los Milagros (Diocesi di Santa Rosa de Osos). Dopo aver frequentato le scuole elementari nella terra natale e le medie nel juniorato San Juan Eudes dei PP. Eudisti, ha completato gli studi di Filosofia e Teologia nel Seminario Mayor Santo Tomás, in Diocesi di Santa Rosa de Osos. Successivamente, ha conseguito una Licenza in Filosofia e Scienze Religiose presso l’Università Cattolica di Oriente, un Diploma in “Missione ad gentes y etnias” alla Pontificia Università Javeriana, e ha partecipato ad un Corso di Missiologia a Roma, presso l’Università Urbaniana. È stato ordinato sacerdote il 22 novembre 1988 e incardinato nella Diocesi di Santa Rosa de Osos. Ha svolto i seguenti incarichi pastorali ed amministrativi: 1988-1991: Vicario parrocchiale in Amalfi (Colombia); 1991-1992: Direttore Spirituale della Scuola Apostolica di Liborina; 1992-1996: Rettore della Scuola Apostolica di Liborina; 1996-2000: Delegato per la Pastorale Giovanile e Vocazionale nella sua Diocesi; 2000-2004: Direttore del Dipartimento della Gioventù presso della Conferenza Episcopale Colombiana; 2004-2005: Vicario Episcopale della Zona Occidentale nella sua Diocesi; 2005-2006: Vicario della Pastorale ed Economo della sua Diocesi; 2006-2014: Direttore del Dipartimento per le Missioni presso la Conferenza Episcopale Colombiana; 2014: Amministratore Parrocchiale in Labores; dal 2014: Parroco nella Parrocchia Señor de los Milagros de San Pedro.
Il Vicariato Apostolico di Tierradentro (2000), ha una superficie di 2.087 kmq e una popolazione di 68.000 abitanti, di cui 64.000 sono cattolici. Ci sono 10 parrocchie servite da 15 sacerdoti (10 diocesani, 5 religiosi), 17 suore e 8 seminaristi maggiori.
Papa Francesco ha nominato revisore generale il dott. Libero Milone.
Papa a Sarajevo: tutto pronto all'insegna di fede, dialogo e pace
È tutto pronto per l’ottavo viaggio apostolico di Papa Francesco: il Pontefice sarà domani a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. La partenza in aereo da Roma Fiumicino è fissata per le 7.30 con arrivo alle 9.00 a Sarajevo, da cui ripartirà alle 20.00, con rientro previsto a Roma Ciampino alle 21.20. Il servizio di Giada Aquilino:
Confermare “nella fede” i cattolici, sostenere il dialogo ecumenico e interreligioso e “soprattutto” incoraggiare la convivenza pacifica nel Paese. È stato lo stesso Papa Francesco ad anticipare gli scopi del viaggio a Sarajevo, nel videomessaggio per i fedeli di Bosnia ed Erzegovina del 2 giugno scorso. “La pace sia con voi” è il motto della visita: riprendendo le parole con le quali Gesù risorto salutò i discepoli quando apparve nel Cenacolo, la sera di Pasqua, il Pontefice si presenta – ha spiegato – “come un fratello messaggero di pace”, per esprimere “a tutti” stima e amicizia e annunciare “la misericordia, la tenerezza e l’amore di Dio” affinché la società locale “cammini” nella collaborazione “reciproca”.
In quella che fu la ‘Gerusalemme d'Europa’, dove poco più di cent'anni fa scoccò la scintilla che portò alla Grande Guerra, e nella città simbolo del conflitto dei Balcani si recò in visita nel 1997 San Giovanni Paolo II, poi tornato in Bosnia ed Erzegovina nel 2003 per la beatificazione a Banja Luka di Ivan Merz. Fu proprio Papa Wojtyla, 18 anni fa, appena giunto a Sarajevo a salutare i “tre popoli costitutivi della Bosnia ed Erzegovina”, croati, bosniaci musulmani e serbi. Ora Sarajevo accoglie Francesco, presentandosi come una città multi etnica e multi religiosa, dove i rapporti tra le varie comunità – incrinati negli anni ‘90 con le guerre balcaniche – cercano di tornare gradualmente alla normalità. Il contesto sociale vede metà dei 3,8 milioni di abitanti del Paese, vivere sulla soglia della povertà, mezzo milione sono i disoccupati mentre il salario medio dei lavoratori ammonta a 424 euro. Il tasso di disoccupazione tra i giovani raggiunge il 60% e molti di loro puntano a trasferirsi all'estero.
Questa la realtà che Papa Francesco vivrà nella sua giornata a Sarajevo: sei gli eventi in programma. In mattinata, l’incontro con le autorità nel palazzo presidenziale, la Santa Messa nello stadio cittadino, l’incontro e il pranzo in nunziatura con i sei vescovi del Paese; nel pomeriggio, la celebrazione dei Vespri con il clero nella cattedrale del Sacro Cuore, l’incontro ecumenico e interreligioso presso il Centro studentesco internazionale francescano e l’incontro coi giovani al Centro diocesano locale, dove alla presenza del Papa verrà svelata una targa che dedica la struttura a San Giovanni Paolo II.
Papa Francesco viene a Sarajevo anche “per rimettere la Bosnia-Erzegovina al centro dell'opinione pubblica internazionale, affinché i politici si sforzino di trovare una soluzione giusta e durevole per il bene di ogni cittadino di questo Paese”: così il card. Vinko Puljić, arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, in un'intervista al quotidiano ‘Avvenire’. Di questo avviso anche mons. Tomo Vukšić, vescovo ordinario militare e vice presidente della Conferenza episcopale di Bosnia-Erzegovina, che al microfono di Fabio Colagrande testimonia l’attesa per la visita di Francesco:
R. – Sarà accolto, stando all’attesa, molto bene. Allo stadio, che sarà il punto centrale della visita, si attendono circa 65 mila fedeli. Per la visita le cose sono state molto ben organizzate. Siamo veramente contenti.
D. – Lei ricorda lo storico viaggio di Giovanni Paolo II del 1997?
R. – Sì, lo ricordo. Facevo parte del comitato ecclesiastico che si occupava dell’organizzazione di quel viaggio.
D. – Pensando a quegli anni e alla nuova visita di un Pontefice in Bosnia Erzegovina: quali sono le differenze più marcate, più forti?
R. – Non si sentono più le conseguenze della guerra nel modo in cui si sentivano allora: San Giovanni Paolo II arrivava nel ’97, quindi soltanto 2 anni dopo la fine della guerra e la situazione qui a Sarajevo e nell’intera Bosnia Erzegovina era veramente post-bellica. Oggi, invece, sono passati 20 anni dalla guerra e le cose, soprattutto quelle materiali, sono già ricostruite. Però, a livello psicologico, a livello spirituale, a livello della costruzione di un’armonia sociale certamente ci sono ancora molte cose da rimettere a posto. In questo senso, una visita del Papa è assolutamente benvenuta.
D. – Qual è la situazione della comunità cattolica oggi in Bosnia ed Erzegovina?
R. – Questa comunità cattolica sente molto le conseguenze della guerra, prima di tutto a livello demografico, statistico. La guerra praticamente ha dimezzato la presenza cattolica in queste zone. Prima della guerra, infatti, eravamo circa 830 mila, secondo i censimenti di allora, fatti nel ’91. Secondo le ultime statistiche della Chiesa, l’anno scorso eravamo circa 420-430 mila. E questo è un fatto doloroso, è un fatto che si sente veramente dappertutto. Però siamo cristiani e il nostro compito primario è quello di svegliare la speranza, di lottare per il futuro. Purtroppo non possiamo cambiare il passato, ma possiamo tutti sforzarci di costruire qualcosa per il domani.
D. – Com’è oggi la convivenza tra le tre etnie costitutive: bosniaci, serbi, croati?
R.- Oggi cresce sempre più la voglia di incontrarsi, di vedersi. Ma, come è noto, la questione del dialogo, della tolleranza è una cosa che lascia a desiderare in molte parti del mondo ed anche qui. Ma il nostro compito è di promuovere i valori e, tra questi, pure il dialogo. Il dialogo è uno dei metodi moderni dell’evangelizzazione. Quando noi uomini della Chiesa promuoviamo il dialogo non è soltanto per impedire i litigi o le incomprensioni tra gli uomini, ma prima di tutto per portare il Vangelo dialogando col mondo; portare il Vangelo perché sia il lievito e il punto iniziale di una costruzione dell’armonia sociale.
D. – Oggi in Bosnia ed Erzegovina c’è una vera uguaglianza fra tutti i cittadini o bisogna fare passi in avanti ancora?
R. – Noi vescovi cattolici siamo molto d’accordo che questa pace che esiste purtroppo è una pace ingiusta. Grazie a Dio non c’è più la guerra, non si spara più, non ci sono vittime, nessuno perde la vita. E grazie a Dio questo è un grande dono dell’Accordo di Dayton. Però la situazione giuridica di Dayton è quella che è emersa dalle intese iniziali. Non è garantita a tutti i cittadini la possibilità di partecipare alla distribuzione dei beni sociali in maniera uguale. Quando parlo dei beni sociali mi riferisco alla vita politica, culturale, universitaria, dei media, dell’intera società. Non è garantito e soprattutto non è garantito ai croati, che sono al 99 per cento cattolici.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Liberi dalla corruzione: Papa Francesco chiede ai cristiani di non lasciarsi sopraffare da competizioni, arroganza e mediocrità.
I soldi? Sono aiuto e rovina: il Papa mette in guardia gli operatori missionari dalla tentazione dell’efficientismo.
Una biblioteca di biblioteche: Mario Rosa sulla Vaticana nel Seciento e Joseph Connors sulla strategia delle scaffalature.
Il prussiano che scrisse a Hitler: Anna Foa su Armin Wegner, Giusto fra le Nazioni per ebrei e armeni.
Per avvicinarsi a Dio: Giovanni Cerro ripercorre l’evoluzione dello spazio monastico.
Grecia e Trattato Ue-Usa al centro del G7 in Germania
Ucraina, Grecia, Stato Islamico ma anche il Trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti: questi i temi al centro del G7 che si svolge sabato e domenica presso il castello Elmau, nelle Alpi bavaresi, in Germania. Manifestazioni dei movimenti anti-globalizzazione si sono svolte alla vigilia. Per capire quanto pesi sull'evento la crisi greca, Fausta Speranza ha intervistato Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all’Università Bocconi:
R. – Sicuramente è uno dei temi importanti, in quanto la Grecia è uno dei pilastri della stabilità finanziaria in questi mesi: pur avendo un Pil molto basso, è un po’ la chiave di volta sul quale si gioca la credibilità dell’operazione della moneta unica. E quindi, come tale, è un interesse molto forte sia per l’Europa che per gli Stati Uniti. La crisi greca, in realtà, sta distraendo in generale troppo dal percorso di uscita dell’Europa dalla “sua” crisi economica, dalle azioni della Banca centrale, dalla creazione di nuova fiducia degli operatori finanziari e degli operatori economici in generale, e dalle prospettive di ripresa del Vecchio Continente.
D. – Quanto la crisi greca sta distraendo dalla crisi ucraina?
R. – La crisi ucraina è una crisi congelata, che per il momento resta sulle posizioni su cui si sono attestate le forze in campo rispetto alla tregua negoziata dalla cancelliera tedesca Merkel con il presidente russo Putin. Ci sono dei minimi focolai di tensione, ma penso che, in questa fase, nessuno abbia voglia di riprendere in mano quel dossier, anche perché potrebbe darsi che, se le posizioni verranno consolidate, le sanzioni europee alla Russia potrebbero essere in qualche modo messe in discussione.
D. – Abbiamo visto Obama in queste settimane fare pressing sulla cancelliera Merkel e su Atene perché si trovi presto un accordo…
R. – Le banche americane – in generale il sistema finanziario americano – è molto esposto sull’euro in questa fase, perché l’euro garantisce, e garantirà in futuro, tassi di interesse molto bassi; per questo motivo, risulta uno strumento attraverso il quale poter prendere a prestito pagando bassi tassi di interesse, per poi investire negli Stati Uniti dove i ritorni sono più ampi, e dove il sistema sta crescendo più velocemente e è uscito più velocemente dalla crisi. Quindi, c’è tutto l’interesse del sistema americano a che ci sia stabilità dal punto di vista del mercato finanziario europeo, per consentire poi tutte le operazione tra le due parti dell’Atlantico. È naturale allora che Obama abbia questo tipo di interesse. C’è poi anche un interesse geopolitico: ricordiamo che la Grecia è un membro Nato ed è in una situazione geopolitica particolare, molto vicina a zone di tensione importanti del Medio Oriente. E vedremo anche cosa succede poi in Turchia con le elezioni nei prossimi giorni.
D. – Un G7 dopo l’esclusione della Russia e vista tutta la crisi ucraina... come procede?
R. – Si ritorna evidentemente alla configurazione originaria, in cui le due sponde dell’Atlantico – Europa e Stati Uniti – trovavano una forma di coordinamento per la gestione dei temi importanti a livello globale. A maggior ragione adesso che c’è sul tavolo il negoziato di liberalizzazione del commercio transatlantico, la Transatlantic Trade and Investment Partnership: un negoziato che dovrebbe chiudersi nel corso del prossimo anno, prima della scadenza della presidenza Obama. Penso quindi che anche questo, non essendoci la Russia di mezzo, sia un altro tema cruciale del meeting.
Mali, possibile accordo di pace tra governo e ribelli
Il governo e i ribelli del nord del Mali potrebbero firmare a breve un accordo di pace. È quanto ha annunciato il Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma), che riunisce le sigle che hanno partecipato ai negoziati conclusisi il 15 maggio scorso. I ribelli chiedono una maggiore rappresentatività degli ex combattenti del Cma nelle Forze armate e una partecipazione attiva nelle decisioni economiche del Paese. Ma il dialogo fa sperare in una stabilizzazione definitva del Mali? Federica Bertolucci lo ha chiesto a Luigi Serra, docente di Cultura berbera all’Orientale di Napoli:
R. – Secondo me sì. Il dialogo è la chiave di volta per la risoluzione di tutte le situazioni di guerra, di belligeranza e di contrasto in ogni area di crisi attuale. Il problema è a quali interlocutori il dialogo è legato. Quest'ultimo, nella fattispecie dell’area, passa anche attraverso la voce e la posizione dei ribelli, che sono legati anche ai portatori delle tragedie collegate all’Is. Finché l’Is è forte in aree anche lontane dal Nord Africa, il dialogo è legato a un’altalena molto instabile nella stessa Nord Africa e quindi anche in Mali.
D. – Quale deve essere il ruolo della comunità internazionale?
R. – Il ruolo della comunità internazionale dovrebbe essere anzitutto di grande onestà culturale, di grande equilibrio ed equità, oltre che di equidistanza dalle parti, per porsi come "super partes" e alimentare momenti, situazioni, prospettive di incontri produttivi di pace. Questo in Mali non è ancora una situazione di attualità, nonostante il possibile dialogo tra il governo e i ribelli.
D. – Ma i ribelli, chi sono? E che cosa chiedono al governo?
R. – Sono i Tuareg esasperati, non più fiduciosi in nessun sostegno esterno a livello internazionale. Hanno così finito per sponsorizzare i fenomeni più violenti sotto il profilo del terrorismo internazionale. Ci vorrebbe un margine di coraggio da parte della comunità internazionale nel riconoscere il giusto diritto dei Tuareg ad avere un riconoscimento ampio, lucido e profondo della loro identità culturale, sociopolitica, e delle loro aspettative: cose che i tuareg, nel loro complesso, si aspettano da secoli oramai. Quindi, la problematica è molto profonda: oltre che socioeconomica è addirittura antropologica, linguistico-culturale “tout court”. Se la comunità internazionale – a partire dalle potenze che più gravitano vicino al Mediterraneo, e attraverso di esso, sull’Africa settentrionale – si attestano su questa posizione di illuminata rivisitazione del passato politico, del condizionamento su quelle aree di errori politici che il passato coloniale e post-coloniale ancora fanno permanere, probabilmente gli spiragli di colloquio e di risoluzione potrebbero trovare sviluppo. Più questo accadrà, più – forse – una speranzosa prospettiva di stabilizzazione del Mali nella fattispecie, e della intera regione, nel suo complesso, diverrà credibile.
Iraq, mons. Warda: serve il sostegno della comunità cristiana
A Erbil, nel Kurdistan iracheno, la diocesi ospita in questo momento 120 mila cristiani fuggiti da Mosul e dalla piana di Ninive. La fondazione Aiuto alla chiesa che soffre, che sta finanziando un ingente piano di aiuti, ha organizzato a Roma, presso l’Associazione stampa estera, una conferenza per dare voce alle difficoltà che i cristiani vivono nella regione. Eugenio Murrali ha intervistato mons. Bashar Warda, arcivescovo caldeo di Erbil:
R. – After 10 months of the events of August 2014, now we have some 13 thousand families…
A dieci mesi dagli eventi di agosto 2014, ci sono ormai circa 13 mila famiglie suddivise in tre categorie: quelle che fin dall’inizio si trovano in case prese in affitto per conto proprio e sono circa 7 mila, altre 900-1000 che vivono in case prefabbricate. Come Chiesa, poi, nel settembre dello scorso anno abbiamo iniziato un programma di affitto di case per famiglie e in questo programma ne abbiamo inserite circa 1.800. Le persone restano in attesa di notizie riguardo a una liberazione e alla garanzia della restituzione delle terre. Purtroppo, però, nulla di tutto questo è previsto nel futuro prossimo. Come Chiesa, pertanto, noi le ospitiamo con programmi che riguardano tutela, istruzione e sostegno.
D. – Quali problemi si trovano ad affrontare queste persone, nelle condizioni in cui sono?
R. – Decent shelter is a priority now, because also those families who have rented on their account…
La priorità ora è quella di garantire un tetto decente, perché anche quelle famiglie che avevano affittato una casa per conto loro, adesso iniziano a trovarsi in difficoltà economiche: le incombenze sono molte e quello che avevano l’hanno speso. Noi riceviamo molte richieste da parte delle persone bisognose di un alloggio. In merito all’istruzione, il governo iracheno ha aiutato i ragazzi a non perdere l’anno, benché in realtà non sia stato un vero e proprio anno accademico. Anche in questo ambito la Chiesa dovrà intervenire e aiutare. Per quanto riguarda la salute: questo è un altro problema, specialmente per i malati cronici o per le persone che hanno bisogno di interventi chirurgici, ma che non hanno risorse economiche per affrontare tali necessità.
D. – Di cosa avete maggiormente bisogno, in questa situazione?
R. – I need the support of the Christian community and of the Churches to help me and help…
Io ho bisogno del sostegno della comunità cristiana e di quella delle Chiese per aiutare me e altri vescovi a permettere alla gente di rimanere. Noi forniamo un alloggio dignitoso, un’istruzione adeguata e anche l’assistenza sanitaria. Devo dire che ringrazio il Signore perché abbiamo trovato tantissimo aiuto, tantissime risposte dalla Chiesa. Poco tempo fa, abbiamo ricevuto la notizia che Acs ha donato due milioni di euro per l’affitto delle case, la Conferenza episcopale italiana ha donato due milioni e 600 mila euro per l'edificazione di un’università, Acs ha costruito otto scuole. Ci sono tante organizzazioni e Chiese che hanno donato e così noi speriamo di poter continuare, con l’aiuto e la solidarietà che la comunità internazionale ha dimostrato, a sostenere le famiglie.
D. – Quanto è importante la presenza dei cristiani iracheni nel Paese?
R. – Iraqi Christians, they are part of the history, part not only of the past but of the present day…
I cristiani iracheni sono parte della Storia, non solo del passato, ma anche dei giorni nostri. Noi abbiamo gestito l’istruzione e il sistema sanitario, siamo stati mediatori tra le comunità. La ricchezza delle Chiese cristiane ha influenzato la vita di tanti musulmani. In un’epoca in cui alcuni fanatici vorrebbero avere una società irachena tinta di un solo colore – cosa che sarebbe veramente un disastro – noi come Chiesa abbiamo la missione di aiutare la comunità non semplicemente a “rimanere”, ma a svolgere un ruolo importante nel processo di riconciliazione. Finora, una delle voci più forti che si sia levata a favore della riconciliazione viene dalla Chiesa. E noi continueremo su questa strada.
Giornata mondiale dell'ambiente: la Cina ridurrà emissioni
“Sette miliardi di sogni. Un Pianeta. Consumare con cautela”: è il titolo dell’odierna Giornata internazionale dell’Ambiente promossa dalle Nazioni Unite, che quest’anno viene ospitata dal Governo Italiano nell’ambito di Expo. Alla vigilia dell’appuntamento, l’Onu ha fatto sapere la Cina è pronta ad assumere entro giugno un impegno formale per un accordo globale sui gas serra. La firma è prevista durante il vertice mondiale sul clima che si terrà a dicembre a Parigi. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana:
R. – Non è la prima volta che la Cina annuncia di voler prendere dei provvedimenti importanti per la riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti. Se oggi lo conferma, si mette nel solco di quello che dovrebbero fare tutti gli altri governi mondiali in vista della grande Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, attesa a Parigi all’inizio di dicembre, dove tutti gli Stati dovranno prendere dei seri provvedimenti vincolanti per la riduzione del loro carico di emissioni. Lo dovranno fare i Paesi occidentali che già avevano adottato il Protocollo di Kyoto, ma che escludeva allora i Paesi in via di sviluppo. E dovrà farlo l’intero pianeta, ovviamente, con una gradazione diversa a seconda delle condizioni economiche e sociali di ogni Stato. Ormai non ci sono più scuse: il problema climatico sta andando così avanti che non ci possono essere più sconti per nessuno.
D. – Quali sono le speranze legate alla Conferenza di Parigi, anche alla luce dei sostanziali fallimenti che si sono registrati in occasione di altri appuntamenti del genere in passato?
R. – Da osservatore, guardo che cosa accade nel mondo. Fino adesso, gli allarmi scientifici sono stati limpidi e assolutamente chiari. Invece, negli scorsi anni, si è fatta campagna contro questi messaggi anche da parte di gruppi negazionisti che, ovviamente, avevano sia interessi ideologici sia economici per rallentare e invischiare il processo di transizione dall’energia fossile a quelle rinnovabili. Adesso mi sembra che ormai tutti questi elementi siano chiari e vengano ribaditi ogni giorno dai fatti climatici che si stanno già verificando un po’ su tutto il pianeta, pur essendo dei fatti ancora fortunatamente locali e temporanei. Tuttavia, sappiamo che i danni maggiori cominceranno a palesarsi nei prossimi decenni e a quel punto sarà troppo tardi. La fase di prevenzione scade adesso, per cui è in questi anni che devono essere presi gli ultimi provvedimenti: questi potranno spostare la traiettoria di aumento della temperatura dai cinque-sei gradi, verso la quale siamo proiettati ora, a quella più ragionevole dei due-tre gradi, con la quale è più facile scendere a compromessi.
D. – Il 18 giugno uscirà l’Enciclica del Papa sull’argomento e la Chiesa ha sempre sollecitato a rispettare e tutelare l’ambiente…
R. – Questo potrà aiutare sia i grandi leader politici alla Conferenza di Parigi a prendere delle decisioni più incisive, ma credo che sia importante anche per gli individui: chiunque si riconosca nella religione cristiana, a questo punto, anche se non capisce nulla di scienza, se non ha voglia di informarsi, avrà un principio autorevole a cui rispondere, quindi anche un principio etico che, essendo diramato dal Papa, sarà punto di riferimento anche per i comportamenti individuali.
D. – Cosa può fare il singolo concretamente?
R. – Tantissime cose. Prima di tutto la consapevolezza: il singolo deve prendere coscienza – cosa che ancora non ha fatto, dato che larghi strati della popolazione ritengono che l’ambiente e la natura siano dei giacimenti infiniti, dai quali prelevare tutto ciò che ci serve e restituire rifiuti. L’altro punto fondamentale da cui si può partire è l’abbattimento di tutti gli sprechi di cui oggi la società, occidentale in particolare, è immersa. Noi siamo una società che spreca tantissimo: lo spreco certamente genera danno ambientale senza creare vantaggi per nessuno. L’abbattimento dello spreco non ci fa perdere nulla, anzi, ci fa guadagnare e può essere il primo passaggio intelligente per ridurre anche le emissioni e l’inquinamento.
Pellegrinaggio Macerata-Loreto con la Messa del card. Pell
Si svolgerà domani il 37.mo pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, che culminerà con la celebrazione della Messa presieduta alle 20.30 dal card. George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, nello stadio Helvia Recina di Macerata, alle ore 20.30. Quest’anno il Pellegrinaggio ha per titolo: “Accarezzati dalla misericordia” ed intende sottolineare ancora di più la bellezza dell’incontro che il Movimento di Comunione e Liberazione – promotore ogni anno di questo Pellegrinaggio – ha avuto lo scorso 7 marzo con Papa Francesco, che ha benedetto l’iniziativa. Federico Piana ne ha parlato con Maura Marinozzi, portavoce del Pellegrinaggio:
R. – Sabato accoglieremo circa 100 mila pellegrini. Quando nacque, 37 anni fa, al primo anno furono poco più di 300 ragazzi: da lì, man mano, si unirono sempre più persone fino ad arrivare appunto a 100 mila persone. E’ bella proprio questa unità, insieme, per ringraziare la Madonna dell’anno.
D. – Quest’anno il tema è “Accarezzati dalla misericordia”, anche in vista del Giubileo della Misericordia, che si aprirà poi a dicembre…
R. – Sì, ma, oltre a questo, abbiamo ripreso il discorso che Papa Francesco fece lo scorso 7 marzo in Piazza San Pietro, quando volle incontrare quelli del Movimento di Comunione e Liberazione e quando ha affermato proprio nel suo discorso che “solo chi è accarezzato dalla tenerezza della misericordia conosce veramente il Signore”. Ed è proprio questa carezza di Dio che vogliamo portare nel cuore in questo pellegrinaggio.
D. – Come si svolgerà questo pellegrinaggio, che si fa?
R. – Inizierà alle 20.30 allo Stadio “Helvia Recina” di Macerata, con la Santa Messa presieduta, quest’anno, dal cardinale Pell. Dopo la Santa Messa, ci si incamminerà verso Loreto. Durante questo percorso, durante questi 29 chilometri, il tutto sarà scandito dalla recita del Rosario, dai canti e da una meravigliosa fiaccolata che partirà da San Firmano, un piccolo paesino lungo la strada. Quindi, grazie a questi flambeaux accesi, si vedrà questo serpentone di gente con le fiaccole in mano. Circa alle 6.00 di mattina arriveremo a Loreto, dove ci sarà la Madonna Nera ad attenderci all’arrivo.
D. – Chi non può partecipare può seguire tutto tramite i social network: anche quest’anno è così, perché lo scorso anno è stato così, tramite Facebook, Twitter…
R. – Puntiamo tantissimo sui social: Facebook, Twitter e l’hashtag quest’anno sarà “pellegrinaggio a Loreto 15”. Sarà possibile anche seguire e vedere tutto via streaming, attraverso il sito “pellegrinaggio.org”. Questo perché noi vogliamo l’unità, vogliamo far vedere il pellegrinaggio anche a chi non può, ma anche far partecipare tutti – attraverso gli hashtag e attraverso le foto – perché il pellegrinaggio è di tutti.
Germania: dichiarazione cattolico-evangelica per il G7 in Baviera
Le Chiese in Germania, chiedono ai leader politici che parteciperanno alla prossima riunione del G7 di prendere in considerazione nelle loro deliberazioni e decisioni “in primo luogo l’impatto sui poveri”. Questo è, per il presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), il card. Reinhard Marx, e per il presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, il solo modo con il quale il G7 potrà “contribuire alla promozione della giustizia globale”.
Attenzione agli ultimi, unica prospettiva per ottenere la giustizia globale
La dichiarazione congiunta, resa nota ieri sera, chiede a tutti i credenti di riunirsi in preghiera “per il successo dell’incontro del G7”. I rappresentanti dei 7 Paesi più industrializzati si incontreranno domenica 7 e lunedì 8 giugno presso lo Schloss Elmau vicino a Garmisch-Partenkirchen, nelle Alpi bavaresi. Per Marx e Bedford-Strohm l’attenzione agli ultimi è l’unica prospettiva che porti all’ottenimento della giustizia globale: “Il 90% della ricchezza mondiale è ancora nella mani del 10% delle nazioni più ricche - ricordano i due estensori della dichiarazione - e la distribuzione ineguale delle possibilità di vita è peggiorata in molti Paesi”. Le Chiese cattolica ed evangelica della Germania si aspettano quindi “un sì chiaro a rendere più equo il commercio mondiale e le catene di creazione di valori”.
Apertura dei mercati per i prodotti dei Paesi poveri
Nella dichiarazione cattolica ed evangelica è richiesto anche un impegno concreto del G7 per l’adozione di obiettivi di sviluppo sostenibile da presentare presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel mese di settembre a New York, e alla Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a dicembre a Parigi (Cop21). In tutti questi ambiti i leader dovrebbero “favorire il bene comune globale ed essere pronti a impostare gli interessi nazionali, soprattutto per quanto riguarda l’apertura dei mercati per i prodotti dei Paesi poveri”. Inoltre, il cardinale e il vescovo hanno ribadito con forza che la prospettiva per i Paesi del G7 dovrà essere quella di giungere ad una “dichiarazione vincolante per aumentare, entro il 2020, il loro finanziamento della cooperazione allo sviluppo fino allo 0,7% del reddito nazionale lordo”. (R.P.)
Il card. Filoni: finiti gli studi i sacerdoti tornino nelle loro diocesi
“Questo Collegio, oggi, continua ad essere fucina di formazione per centinaia di sacerdoti. Essi ci sono affidati dai loro vescovi perché, ultimati gli studi superiori presso le Pontificie Università di Roma, possano ritornare alle loro Chiese particolari, per aiutarle a crescere e a consolidarsi nella vita cristiana e nell’evangelizzazione ad gentes. In effetti, oggi, più che i missionari di altri luoghi e continenti, pure utili e opportuni, sono i sacerdoti locali che si assumono direttamente l’opera pastorale ed evangelizzatrice”. Lo ha sottolineato il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il card. Fernando Filoni, nell’omelia della solenne concelebrazione eucaristica che ha presieduto mercoledì sera nella cappella del Pontificio Collegio Missionario internazionale “San Paolo Apostolo” a Roma, in occasione del 50° anniversario dalla sua inaugurazione.
La crescita delle Chiese particolari è affidata a vescovi e sacerdoti locali
Ripercorrendo la storia del Collegio e soffermandosi sulla memoria liturgica del giorno, S. Carlo Lwanga e compagni martiri, canonizzati da Paolo VI in pieno periodo Conciliare, in un clima di fecondo e appassionato dibattito per la vita della Chiesa e per l’impegno missionario, il cardinale ha ribadito che oggi “la crescita delle Chiese particolari è affidata a vescovi e sacerdoti autoctoni, capaci di cogliere le esigenze e le sensibilità ‘particolari’ e di innestarle sull’albero della Cattolicità e universalità”.
Sacerdoti e seminaristi devono tornare presso le proprie Chiese
“Per questo più volte insisto, sia con i vescovi, sia con i nostri alunni sacerdoti e seminaristi – ha evidenziato -, che essi devono tornare presso le proprie Chiese e non rimanere al servizio delle Diocesi europee e dell’America settentrionale, accomodandosi in situazioni economicamente vantaggiose a proprio profitto. Le borse di studio che le Pontificie Opere missionarie e la nostra Congregazione offrono annualmente ad oltre 500 alunni (seminaristi, suore e sacerdoti) sono il frutto di offerte dei nostri fedeli che desiderano vedere l’evangelizzazione portata a tutte le genti ed in particolare nei Paesi cosiddetti ‘missionari’.” (S.L.)
Congo: appello dei vescovi per l'est del Paese
Un appello a favore delle “vittime della guerra e dell’insicurezza” nell’est della Repubblica Democratica del Congo, “in particolare nella città di Beni”. È quello arrivato dai vescovi della regione del Kivu e di Maniema attraverso un recente messaggio.
A Beni dal 2010 rapite 837 persone tra cui tre sacerdoti assunzionisti
Il documento dei presuli, che ha come primo firmatario l’arcivescovo di Bukavu, François Xavier Maroy-Rusengo - riferisce l'agenzia Misna - è la testimonianza di una situazione che “strangola la popolazione sul piano economico” e la espone alle azioni di gruppi armati “predatori”. Impressionanti i numeri che riguardano la città di Beni: 837 persone sono state rapite nel territorio limitrofo dal 2010. Tra loro i tre sacerdoti assunzionisti scomparsi ad ottobre 2012, di cui non si hanno informazioni. Sono 419, invece, i morti registrati solo tra ottobre dello scorso anno e il mese di maggio appena passato.
I vescovi chiedono al governo azioni concrete
Pur riconoscendo come le autorità pubbliche e la comunità internazionale abbiano preso, negli anni, alcune iniziative a riguardo, i vescovi sottolineano che “la sicurezza, la pace e l’integrità territoriale non sembrano essere state prioritarie, e tuttavia costituiscono condizioni preliminari per ogni sforzo di costruzione, ricostruzione e modernizzazione”. “In ogni caso, in generale, lo Stato lascia incancrenirsi la situazione nell’est del Paese. – prosegue il documento – Abbiamo difficoltà a comprendere le ambiguità, i tentennamenti e i paradossi del nostro governo. Dopo ogni crisi le missioni si susseguono a cascata, ma invano, perché le autorità ascoltano, ma non segue alcuna azione concreta”.
Appello all'unità del Paese
Davanti a un territorio attraversato dalla violenza, a rischio d’infiltrazioni e di “balcanizzazione” l’appello dei vescovi va alle istituzioni nazionali e internazionali, ma anche la popolo congolese nel suo insieme, esortato “alla solidarietà” e a mantenere il Paese “uno e indivisibile”. (D.M.)
Guatemala: intervento dei vescovi su corruzione e vita politica
“Nos duele Guatemala”. S’intitola così la nota attraverso la quale i vescovi, addolorati per la situazione del Paese, intervengono sui problemi sociali e politici del Guatemala, a partire dalla corruzione. Nella nota, articolata in dodici punti e presentata in conferenza stampa, i vescovi esprimono la necessità di rafforzare la democrazia, perché essa possa essere in grado di portare avanti “la difesa del bene comune e la promozione della dignità umana”, in considerazione che la legge “dev’essere uguale per tutti, senza eccezioni”.
Consolidare la democrazia partecipativa
I vescovi - riporta l'agenzia Sir - scrivono di voler unire la loro voce a quella del popolo, organizzato nel movimento “¡Basta ya, queremos una Guatemala distinta!” e d’intervenire soprattutto per due motivi: “L’emergere di un sistema di corruzione dentro le strutture statali che ha messo in crisi la stabilità istituzionale” e le imminenti elezioni politiche previste per settembre, di fronte alle quali non sembrano emergere “opzioni politiche capaci di consolidare la democrazia partecipativa e lo Stato di diritto”.
Richiesta di una nuova legge elettorale
I vescovi tracciano un quadro preoccupante dell’attuale situazione politica: “Partiti che sorgono e spariscono in breve tempo”, legati a singoli notabili più che alle proposte politiche, clientelismo e trasformismo, “mancanza di solide piattaforme programmatiche”, disincanto crescente tra la popolazione. E soprattutto, un “oceano di corruzione” che sta emergendo ogni giorno di più”. Tuttavia, per rafforzare la democrazia è importante non rinviare le elezioni già convocate, pur nella necessità di cambiare le regole del gioco, cosa che il Congresso sembra non volere e non poter fare. “Chiediamo ai cittadini responsabili - concludono i vescovi - di continuare a fare pressione sul Congresso perché faccia una nuova legge elettorale”. (R.P.)
Australia: i vescovi chiedono di aiutare i profughi rohingya
La Commissione per i migranti della Conferenza episcopale dell’Australia ha sollecitato il governo australiano a intervenire con urgenza e ad assumere un ruolo di mediazione e di guida per risolvere la situazione dei profughi di etnia rohingya. La popolazione è infatti perseguitata e in fuga dal Myanmar, dove gli è negata anche la cittadinanza. Secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, molti dei migranti sono bloccati in mare, con limitate scorte di cibo e acqua, al largo delle coste di Malaysia, Thailandia e Indonesia. Questi ultimi due Paesi avrebbero trovato un accordo per ospitare temporaneamente e aiutare alcuni Rohingya.
La Chiesa invita a pregare per i migranti
Don Maurizio Pettena, direttore della Commissione, ha sottolineato che ci si trova di fronte a “una situazione di emergenza che richiede una soluzione immediata” e ha invitato a mostrare solidarietà e compassione. Mons. Vincent Lungo, presidente della Commissione, ha inoltre invitato la comunità cattolica di tutta l’Australia a pregare per i migranti. (E.M.)
Mobilitazione nazionale il 20 giugno a Roma contro ideologia gender
"Per promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà, vogliamo difendere la famiglia naturale dall‘assalto a cui è costantemente sottoposta da questo Parlamento, vogliamo difendere i nostri figli dalla propaganda delle teorie gender che sta avanzando surrettiziamente e in maniera sempre più preoccupante nelle scuole". Il Comitato "Difendiamo i nostri figli", spiega così la convocazione a Roma per il 20 giugno di una manifestazione a difesa dell‘istituto del matrimonio, della famiglia composta da un uomo e da una donna, del diritto del bambino ad avere una figura materna e una paterna, senza dover subire già dalla scuola dell‘infanzia la propaganda dell‘ideologia gender.
L'invito a tutte le persone di buona volontà, cattolici e laici
Spiegano i promotori: "Chiamiamo alla mobilitazione nazionale tutte le persone di buona volontà, cattolici e laici, credenti e non credenti, per dire no all‘avanzata di progetti di legge come il Ddl Cirinnà che dell‘ideologia gender sono il coronamento e arrivano fino alla legittimazione della pratica dell‘utero in affitto". La manifestazione, che si terrà a piazza San Giovanni dalle 15.30, è promossa dal Comitato "Difendiamo i nostri figli" di cui è portavoce il neurochirurgo Massimo Gandolfini. Lunedì 8 giugno, alle ore 12, all‘hotel Nazionale di piazza Montecitorio, si terrà la conferenza stampa di presentazione della manifestazione. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 156