Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 28/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: papà latitano in famiglia, figli orfani di amore e valori

◊  

La cultura occidentale ha in molti ambiti rimosso la figura del “padre”, per questo troppi ragazzi oggi sono “orfani”, carenti dell’amore e di quei valori che un papà può trasmettere ai propri figli. È la severa disamina che il Papa ha effettuato durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Francesco si è volutamente soffermato sugli aspetti negativi annunciando una seconda catechesi in cui metterà in luce la “bellezza” della paternità. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Una volta soprattutto oppressivi, oggi spesso latitanti. Volendo esemplificare con un chiaroscuro netto il ruolo dei padri in famiglia, quelle di qualche decennio fa rispetto alle attuali, si potrebbe dire che da contesti in cui dominava il “padre-padrone” sì è passati, specie in Occidente, a una famiglia – ma anche a una società – “senza padri”.

Padri mancanti
È la lettura socio-familiare sulla quale Francesco basa lo spunto iniziale della sua catechesi. “Padre”, sottolinea, è una parola certamente “universale” e anche particolarmente “cara” ai cristiani, perché “padre” è il “nome con il quale Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio”. I problemi per il Papa nascono nella cultura occidentale contemporanea dove, nota, la figura del padre viene considerata “simbolicamente assente, svanita, rimossa”:

“I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza che vivono oggi i ragazzi. E spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, eh! La maggioranza dei casi: ‘Ma non posso, perché ho tanto lavoro…’”

“Amici alla pari” invece che guide
In passato, aveva ricordato Francesco, in alcune nelle case regnava “l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione”, con genitori “che trattavano i figli come servi”, insensibili alle loro esigenze di crescita, incapaci di educarli al difficile valore della “libertà”. Adesso, ripete, anche quando sono presenti tanti padri è come se non ci fossero:

“A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto “alla pari” con i figli. Ma, è vero che tu devi essere compagno di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre, eh! Ma se tu soltanto ti comporti come un compagno alla pari del figlio, non farà bene al ragazzo…”.

Padri di figli orfani
Padri, insiste Francesco, che parlano poco o nulla coi figli e, in generale, che non adempiono al loro “compito educativo”, cioè “non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane”. Il risultato? Piccoli e giovani segnati da “lacune e ferite”, talvolta “anche molto gravi”:

“In effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla carenza di amore da parte dei padri. E’ più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani”.

Tanti idoli ma cuori “rubati”
Papa Francesco spiega che questa analisi a tinte fosche è solo l’inizio di un percorso, che “la luce e la bellezza” della paternità le affronterà in una successiva catechesi. Tuttavia, la conclusione della sua prima riflessione è molto problematica, quando il senso di orfanezza dei giovani si proietta anche sul loro sentirsi abbandonati anche dalla società, sorta di padre putativo che non si prende cura di loro in ambito pubblico:

“Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze”.

Simpatico il momento dei saluti post-catechesi, quando a pochi metri dal Papa gli artisti del “Circo Medrano” si sono esibiti in alcuni numeri divertenti a ritmo di musica, suscitando più di un sorriso sul viso di Francesco.

inizio pagina

La psicologa: padri assenti, ma madri ansiose e ingerenti

◊  

Sull’assenza dei padri in famiglia, come spiegato dal Papa all’udienza generale, e sulla responsabilità condivisa con le madri, Sergio Centofanti ha intervistato la psicoterapeuta Michela Pensavalli, docente presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum: 

R. – Sicuramente, viviamo in una società paradossale dove la tecnologia ci mette tutti molto più in contatto gli uni con gli altri, però i legami sono diventati più liquidi, possiamo dire; quindi è più difficile intercettare davvero i bisogni dell’altro ed entrare in comunicazione con l’altro. E’ una società post-moderna un po’ complicata, che ha avuto un impatto importante dal punto di vista dell’apertura agli altri con le nuove tecnologie, ma che è anche confusiva nel suo modo di potersi esprimere in maniera incessante e senza limiti anche di ruolo. Per esempio, i ruoli del padre e della madre oggi sono molto più ambivalenti: un papà è amico con il figlio sul social network, spia molto spesso il figlio sul social network, però poi non ha il coraggio di affrontare gli elementi scabrosi o conflittuali che ne verrebbero fuori, di ciò che va leggendo della vita privata del figlio. Quindi, siamo stati aiutati per certi versi, ma i rapporti si sono complicati.

D. – Il Papa dice che l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi …

R. – Sì. C’è da aggiungere una responsabilità condivisa all’interno della famiglia. Quello che io osservo da psicoterapeuta è che molto spesso gli uomini sono messi in ombra anche dalla figura femminile: cioè, assistiamo ad una rivoluzione per cui la donna ha preso molto in mano le fila della famiglia e quindi spesso l’uomo delega totalmente la crescita dei figli e l’aspetto educativo alla madre che però, ovviamente, va in affanno perché due genitori servono appunto per questo, per passarsi il testimone e per dare anche una restituzione che sia armoniosa tra il ruolo della donna e quello dell’uomo. Quindi, è vero che i padri si sono fatti più assenti, però è vero anche che c’è un’ingerenza maggiore da parte delle madri, che sono madri comunque spesso molto ansiose e preoccupate e anche un po’ ingerenti. Concordo con ciò che dice il Papa, ma esorto anche le mamme a valutare di poter lasciare lo spazio giusto ai papà quando vogliono fare.

D. – Il Papa dice anche che le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre anche a questa assenza dei padri …

R. – Bè, perché il papà è la persona che stabilisce le norme, le regole, i criteri morali, i criteri etici e comportamentali; soprattutto per i figli maschi è importante avere una persona da emulare, da osservare e quindi l’assenza del padre è un peso veramente grande sulla crescita personologica di un bambino. Spesso, per esempio, quando si assiste alla confusività sull’identità di genere, è proprio perché capita che il papà è un papà che si esprime poco, un papà che ha difficoltà a parlare sui toni affettivi ed emotivi e quindi il figlio si rapporta con molta più facilità alla mamma. Non è sempre questa una regola, però spesso succede che il modello femminile è poi quello imperante e il padre depone le armi educative, per così dire, e lascia fare troppo alla mamma.

D. – Lei, nella sua esperienza, quali conseguenze vede di questa assenza dei padri?

R. – Ma, sicuramente una confusione nella crescita, soprattutto nei maschietti, del “saper fare” e del “saper essere”, perché il padre riveste, da quando i bambini sono piccoli, il ruolo giocoso e quindi tutela anche tutta la fase dell’esplorazione e della conoscenza del mondo. Un papà che è assente nelle prime fasi della vita induce poi nel piccolo o nella piccola un’incapacità di essere totalmente liberi, di fidarsi, di affidarsi al mondo e alle circostanze. Successivamente, i problemi sono di altro tipo: un papà che si assenta, che viene a mancare durante la fase prepuberale o adolescenziale, nel maschio determina una difficoltà nell’identificazione del ruolo di genere, nella femmina porta tutta una serie di surrogati, di ricerca di surrogati, di persone che possano in qualche modo sopperire all’assenza della figura maschile, invischiandosi in relazioni di dipendenza affettiva. Quindi, le femmine, le donne che hanno avuto un papà assente sono quelle che poi o si costringono alla totale assenza del legame con la figura maschile – per continuità, questo, proprio perché non c’è stato quel legame – oppure si invischiano in legami di dipendenza e quindi di “amore-troppo amore” che però poi non le lascia libere di esprimere se stesse.

inizio pagina

Nomina episcopale in Colombia

◊  

In Austria, Papa Francesco ha accettato per raggiunti limiti di età la rinuncia di mons. Egon Kapellari all’ufficio di vescovo di Graz-Seckau.

In Colombia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Caldas, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José Soleibe Arbeláez. Al suo posto, il Pontefice ha nominato il sacerdote César Alcides Balbín Tamayo, del clero della diocesi di Santa Rosa de Osos (Colombia), finora parroco di “Santa Barbara” a Bellavista. Il neo presule è nato a Santa Rosa de Osos l’8 settembre 1958. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso il Seminario Maggiore diocesano “Santo Tomás de Aquino”. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, la Licenza in Filosofia e Scienza dell’Educazione Religiosa presso l’Universidad Católica de Oriente in Colombia e un Master in business administration presso la Escuela de Administración de Empresas a Barcelona (Spagna). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 novembre 1985, incardinandosi nella diocesi di Santa Rosa de Osos. Ha svolto successivamente i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di “San Luis Gonzaga” ad Anorí (1986-1987), Vicario Parrocchiale di “La Asunción” a Sopetrán (1986), Vicario Parrocchiale di “Nuestra Señora de Los Dolores” a Tarazá (1988), Vicario Parrocchiale in “Nuestra Señora de las Mercedes” a Yarumal (1988), Rettore del Seminario Minore diocesano “Miguel Ángel Builes” (1989-1993), Rettore del Seminario Maggiore diocesano “Santo Tomás de Aquino” (1996-1999), Direttore della “Cooperativa Fraternidad Sacerdotal” (2000-2004), Amministratore del “Mutuo Auxilio Sacerdotal colombiano” della Conferenza Episcopale colombiana (2005-2014), Direttore Finanziario della Conferenza Episcopale colombiana (2005-2014), e, dal 2014, Parroco di “Santa Bárbara” a Bellavista.

inizio pagina

Chiara Lubich: aperta Causa beatificazione. Papa: ha acceso nuova luce

◊  

Il luminoso esempio di vita di Chiara Lubich susciti rinnovati propositi di fedeltà a Cristo. E’ quanto auspica Papa Francesco nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, inviato in occasione dell’apertura della causa di beatificazione e di canonizzazione della fondatrice del Movimento dei Focolari. La celebrazione, tenutasi nella cattedrale di Frascati, è stata presieduta ieri pomeriggio dal vescovo della cittadina laziale, mons. Raffaello Martinelli. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Papa Francesco: Chiara ha acceso una nuova luce
Nel suo messaggio Papa Francesco esorta a far conoscere al popolo di Dio la vita e le opere di Chiara Lubich, che accogliendo l’invito del Signore, ha acceso per la Chiesa una nuova luce sul cammino verso l’unità.

Mons. Martinelli: si apre un cammino di preghiera e di testimonianza 
Durante la celebrazione il vescovo Raffaello Martinelli ha affermato che il tribunale ecclesiastico è chiamato a vagliare le opere, le virtù e gli scritti di Chiara Lubich. E il popolo di Dio – ha aggiunto - è esortato a dare un contributo nella preghiera ma anche nella testimonianza. La cerimonia, tenutasi nella cattedrale di Frascati, è stata scandita da varie fasi, tra cui la lettura del Decreto di introduzione della Causa, l’insediamento del tribunale nominato dal vescovo, poi i giuramenti dei membri del tribunale. La diocesi di Frascati è il territorio nel quale si trova il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari, nei pressi del quale Chiara Lubich è vissuta gran parte della sua vita ed è morta il 14 marzo del 2008.

Maria Voce: con Chiara nuovi sentieri di pace
Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, ha auspicato che con l’eventuale riconoscimento delle virtù eroiche di Chiara Lubich, l’umanità e la storia possano conoscere nuovi sviluppi di pace e di fraternità universale.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Orfani in famiglia: all’udienza generale il Pontefice si sofferma sulla figura del padre.

La cicala e la formica: Carlo Petrini illustra limiti e paradossi del principio di precauzione.

Anna e le sue sorelle: Silvia Guidi sull’elogio dell'amore fragile (ma alla portata di tutti) in Tolstoj.

Teologia concreta: Giovanni Cerro sul movimento del Social Gospel negli Stati Uniti dell’Ottocento in un libro di Irvy Cendron.

Un articolo di Claudio Toscani dal titolo “Bastano cento parole”: viaggio alla scoperta della lingua italiana.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Atene: stop a privatizzazioni, rinegoziare debito

◊  

Prima riunione del Consiglio dei ministri greco guidato da Alexis Tsipras: confermate le decisioni su salario minimo, tredicesima e misure di emergenza sociale. L’esecutivo ha deciso anche di bloccare la privatizzazione delle infrastrutture. Sul fronte del debito, il neo premier ha assicurato di non voler provocare una “rottura distruttiva” e di essere pronto a negoziare con partner e creditori secondo il progetto di Syriza e senza generare catastrofi, ma l’Ue ribatte: gli impegni non cambiano, vanno rispettati, bisogna pensare alla stabilità. Al microfono di Cecilia Seppia, il direttore della rivista on-line “Mondo Greco”, Francesco De Palo, raggiunto telefonicamente ad Atene: 

R. – Come aveva promesso durante la campagna elettorale, Tsipras parte con tre prime azioni concrete: il passaggio del salario minimo dai 470 euro attuali ai 750; il ritorno della 13.ma per le pensioni entro i 700 euro e un pacchetto di emergenza sociale, che punta a dare la copertura sanitaria agli attuali poveri e a rimettere l’energia elettrica nelle case dei greci. Perché alcune tasse di quelli che non avevano potuto pagare per problemi economici erano inserite nella bolletta elettrica e quindi molti greci avevano avuto il taglio dell’energia elettrica in casa.

D. – Tra le misure prese dal nuovo Governo anche la decisione di bloccare le privatizzazioni delle infrastrutture, questo cosa comporta?

R. – Questo comporta un mancato ingresso finanziario di liquidità, in questo momento indispensabile per consentire al Paese di andare avanti. Io non penso che bloccare le privatizzazioni di società come la Dei e la Admie, sia stata una buona idea, perché comunque lo Stato dice ‘no’ a dei soldi sicuri e veloci, ma forse l'obiettivo più grande è lo sviluppo del Paese.

D. – Primo atto in assoluto, i provvedimenti per affrontare l’emergenza umanitaria. Di cosa parliamo?

R. – Parliamo di un giro di vite che dovrebbe vedere un importo pari a circa 5,7 miliardi di euro. Tenete conto che in questo momento tre greci su dieci vivono sotto il livello di povertà; la mortalità infantile è stata raddoppiata nell’ultimo anno e siamo saliti a quota 3 mila suicidi da crisi. I nuovi poveri si ritrovano nelle piccole e medie imprese, che non avendo possibilità di pagare le nuove tasse introdotte dal memorandum, si sono indebitati e quindi sono andati dritti al fallimento. L’emergenza sociale, ancor prima del taglio del debito, è stato il primo punto del Consiglio dei ministri di Tsipras di oggi, che avrà anche dei riverberi a livello di immagine. Vi dico, infatti, che in questo momento stanno togliendo i cancelli dinanzi alla Camera dei deputati ellenica, simbolo della protesta antitroika. Quindi, forse, qualcosa sta cambiando. Bisognerà capire le coperture finanziarie di questi provvedimenti.

D. – A proposito invece della rinegoziazione del debito, Tsipras  ha detto: “Non andremo ad una rottura distruttiva per entrambi”. C’è un ammorbidimento in queste parole, rispetto alla posizione iniziale del premier, in particolare con la troika?

R. – La materia è molto complessa, perché di rinegoziazione si è già parlato tre mesi fa e il memorandum della troika è stato allungato fino oltre ogni limite ragionevole: parliamo del 2052. Solo il Fondo Monetario Internazionale, dei tre creditori internazionali, è rimasto sui suoi tassi di interesse originari. Francamente, quindi, in questo momento la clava in mano a Tsipras la vedo forse un po’ scarica. Anche il suo ministro delle Finanze, il nuovo e rampante Yanis Varoufakis, potrà poco contro la chiusura che già ieri ha ribadito sia la cancelliera Merkel che il ministro tedesco Wolfgang Schäuble. Quindi, a questo punto, come si potrà rinegoziare un memorandum che è stato già rinegoziato?

D. – Il problema è che le promesse del nuovo premier costano 11,5 miliardi di euro e nelle casse di Atene ce ne sono solo quattro. Da dove arriveranno i soldi?

R. – Tsipras non ha detto dove troverà i soldi, se non un piano generico di lotta all’evasione fiscale a cui però, bisogna dare atto, ha dedicato un ministero ad hoc. Se dovessi essere io al posto suo, li prenderei dalla lista Lagarde: la lista degli illustri evasori ellenici, che l’allora ministro delle Finanze francese recapitò tramite i servizi segreti al governo di Atene del 2010, ma nessun ministro delle Finanze greco pensò bene di protocollarlo. Lì ci sono 25 miliardi di euro.

D. – Sembra proprio che ci sia comunque un vento di cambiamento tra la gente. Tu sei lì, cosa si percepisce? E’ ancora vivo l’entusiasmo della vittoria?

R. – Sì, il vento di cambiamento è evidente, perché al di là delle responsabilità della casta politica, i greci vogliono cambiare e i giovani greci hanno molta fiducia di non dovere essere costretti a seguire la sorte dei 200 mila connazionali che hanno lasciato il Paese per andare in Germania, in Australia, in Svezia. E l’immagine ha un suo preciso peso specifico, non solo la non cravatta di Tsipras, ma anche un ministro non vedente, anche una donna alla presidenza della Camera, ed anche il voler mettere finalmente all’asta le frequenze televisive che in Grecia sono alla mercé di tutti gli imprenditori possibili e immaginabili, che fino ad oggi non hanno versato né un euro né una dracma alle casse dello Stato, la polizia fiscale. Bisognerà vedere però se dal romanticismo delle parole riusciremo a passare ai fatti.

inizio pagina

Erdogan contro l’autonomia curda nel Nord della Siria

◊  

I curdi di Turchia hanno festeggiato liberazione di Kobane, la città siriana a maggioranza curda per quattro mesi nelle mani del sedicente Stato islamico. Dal canto suo, il presidente turco, Erdogan, ha subito ribadito la contrarietà di Ankara a una regione autonoma curda nel nord della Siria, temendo che questa possa alimentare le spinte indipendentiste della comunità curda di Turchia. Per un commento, Marco Guerra ha intervistato Valeria Talbot, responsabile del programma per il Mediterraneo e il Medio Oriente dell’Ispi: 

R. – Il governo di Ankara teme fortemente la formazione di un Kurdistan siriano indipendente, perché questo potrebbe avere forti ripercussioni a livello interno. La Turchia ha una consistente minoranza curda al suo interno, si conta circa il 15-20% della popolazione. Dunque, per Ankara l’autonomia curda in Siria è quindi da evitare, dopo che vi è anche un’autonomia curda in Iraq  proprio al confine orientale della Turchia. La Turchia si troverebbe, in prospettiva, circondata e vorrebbe evitare che ciò abbia ripercussioni sulle istanze separatiste e autonomiste di quella parte della popolazione curda: soprattutto istanze autonomiste, che sono state portate avanti in maniera violenta, dagli anni ’80 ad oggi, dal Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, considerato organizzazione terroristica non soltanto dalla Turchia ma anche dagli Stati Uniti e dall’Europa. I curdi siriani hanno collegamenti stretti con il Pkk, quindi un rafforzamento dei curdi siriani, nell’ottica del governo di Ankara, avrebbe ripercussioni, provocherebbe un rafforzamento del Pkk. E questo è uno scenario che Ankara vuole evitare anche perché il governo turco ha avviato negoziati di pace che coinvolgono la componente curda ma anche il Pkk per raggiungere una soluzione della questione della questione curda.

D.  – Il governo turco è stato più volte accusato di appoggiare in Siria i gruppi jihadisti in chiave anti-Assad e anti-curda. L’atteggiamento è cambiato quando tutta la comunità internazionale si è impegnata contro l’Isis. Questo cambio di strategia cosa ha comportato per il governo Erdogan?

R.  – In realtà la priorità del governo turco in Siria non converge con le priorità degli Stati Uniti e con le priorità della comunità internazionale. Per Erdogan l’obiettivo principale in Siria è la fine del regime di Bashar Al Assad, non la lotta all’Isis. La lotta all’Isis, da una prospettiva turca, è una conseguenza di una crisi più grande che coinvolge non soltanto la Siria ma tutto lo scenario mediorientale, quindi compreso l’Iraq.

D. – In questo scacchiere adesso bisognerà tenere conto delle rivendicazioni del popolo curdo dopo la liberazione di Kobane. C’è ancora chi sogna la creazione di un grande Stato tra il nord della Siria e il nord dell’Iraq?

R. – Il sogno del grande Kurdistan è un sogno che c’è, ma che rimarrà difficilmente realizzabile anche perché, al di là dell’ideale, vi sono differenze sostanziali tra i curdi siriani, i curdi iracheni, i curdi di Turchia. La liberazione di Kobane segna senz’altro un successo per i curdi siriani. Da una prospettiva turca, si aggiunge preoccupazione già al forte timore dell’instabilità ai propri confini meridionali.

inizio pagina

Fondi Onu e Ue per rimpatriare i Tamil nello Sri Lanka

◊  

I Tamil fuggiti dallo Sri Lanka negli anni della guerra civile potranno finalmente iniziare a rimpatriare. Questa la promessa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e dell’Unione Europea, che hanno stanziato fondi per aiutare il governo dello Sri Lanka a rimpatriare gli sfollati Tamil. Corinna Spirito ne ha parlato con Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino: 

R. – Sicuramente, in modo positivo perché, se noi consideriamo che la guerra civile è finita nel maggio del 2009 e siamo all’inizio del 2011, quindi quasi sei anni dopo, il problema dei rifugiati e degli sfollati sia interni che internazionali era ancora aperto. Quindi sicuramente è un elemento positivo.

D. – Qual è stata la vita dei tamil nello Sri Lanka negli ultimi anni?

R. – Da un lato, il governo di Colombo ha teso effettivamente a riportare la stabilità e la pace sociale nel Paese. Però, la pace intesa nel senso di convivenza pacifica tra le popolazioni dello Sri Lanka è piuttosto controversa perché si tratta soprattutto di una "pax sinhala", cioè un processo volto a favorire l’identità sinhala dell’isola, quindi ad assimilare in qualche modo i Tamil e le altre componenti ai sinhala, quindi alla maggioranza cingalese.

D. – Perché arriva ora un intervento così importante da parte dell’Onu?

R. – Credo sia maturata la presa di posizione delle Nazioni Unite che in realtà risale a parecchio tempo fa. Il conflitto dello Sri Lanka è stato monitorato con grandi difficoltà dall’Onu sia nella fase di guerra aperta, sia soprattutto nella fase conclusiva della guerra, quando è stata attuata quella campagna di annientamento militare da parte del governo di Colombo nei confronti delle Tigri tamil campagna di annientamento in cui ci sono state delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito e delle Tigri ovviamente. Però, nelle ultime fasi del conflitto e dopo la fine di questo, le Nazioni Unite hanno chiesto ripetutamente al governo di Colombo di risolvere il problema dei rifugiati, hanno tentato di mandare i propri osservatori con grandissime difficoltà e con l’opposizione del governo di Colombo. Quindi, credo che l’evento di oggi rappresenti il compimento di un’azione ripetuta che le Nazioni Unite hanno condotto sul governo di Colombo. Credo che il fatto che il governo di Colombo si sia deciso a risolvere il problema rappresenti un tentativo di normalizzare la situazione. Il governo di Rajapaksa non ha goduto di grande popolarità perché è stato accusato sia dall’interno che a livello internazionale di non rispettare i diritti delle minoranze, di non dare seguito alla realizzazione di quell’assetto multietnico dello Sri Lanka che invece molti si aspetterebbero. Non dimentichiamo che nello Sri Lanka oltre ai tamil e ai cingalesi, vivono cristiani e musulmani sia cingalesi che tamil. I musulmani sono soprattutto tamil. Però, al di là di tutto, le discriminazioni nei confronti dei musulmani o dei cristiani vanno oltre l’appartenenza prettamente etnica: lì gioca un fatto soprattutto di tipo religioso, almeno apparentemente. Poi, dietro queste etichette, ci sono sempre delle motivazioni di tipo economico e sociale.

D. – Quanto è stata importante la visita di Papa Francesco?

R. – Credo sia stata abbastanza determinante, anche il clima. Probabilmente, è stata una visita che ha avuto anche dei caratteri abbastanza informali, se vogliamo, però  è stato accolto con grande onore. La componente cristiana dello Sri Lanka, anche se piccola, è molto influente politicamente perché la diaspora è prevalentemente cristiana.

inizio pagina

Somalia: leader di Al-Shabaab lascia la lotta armata

◊  

Potrebbero esserci novità sul fronte della lotta al gruppo fondamentalista somalo Al-Shabaab. L'ormai ex capo dell'intelligence dei miliziani, Zakariya Ismail Hersi, ha ufficialmente annunciato la sua uscita dal movimento legato ad Al-Qaeda e la rinuncia alla strategia della violenza. L'esponente islamico ha anche rivolto un appello per la riconciliazione. Quali conseguenze potrebbe avere la decisione di Hersi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale della rivista “Africa” dei Padri Bianchi: 

R. - Questa defezione è l’effetto che si è prodotto dopo la morte del leader degli Al-Shabaab, Godane, nel settembre dello scorso anno. Godane comandava Al-Shabaab con il pugno di ferro. Con la sua morte probabilmente è venuta a mancare al suo interno una leadership forte. Quindi si sono create delle questioni tra i diversi gruppi. Probabilmente, la fuga di questo leader importante è legata proprio a tensioni fra quest’ultimo e il gruppo dirigente che un tempo era legato a Godane. Secondo me, l’effetto potrebbe essere quello di un frazionamento del movimento e, quindi, di una perdita di controllo del territorio. Ricordiamo che Al-Shabaab, nonostante l’offensiva del governo somalo sostenuto dalle truppe dell’Unione Africana, mantiene il controllo su buona parte della Somalia meridionale.

D. - È un movimento che non più di tanto ha cercato collegamenti concreti con le altre realtà del fondamentalismo, prima di tutte Al-Qaeda ed ora lo Stato islamico, pur ispirandosi al jihadismo…

R. - Al-Shabaab ha sempre lavorato a livello locale portando avanti un discorso di nazionalismo somalo legato al fondamentalismo islamico in funzione anti-etiopica, in quanto l’Etiopia è vista come il vicino ingombrante cristiano. Lo stesso più o meno vale con il Kenya.

D. - Zakaria Ismail Hersi potrà rivelare qualcosa sui piani strategici del gruppo fondamentalista?

R. - Credo di sì, anche perché attualmente non è ancora stato perseguito a livello giudiziario da parte del governo somalo. Questo fa presupporre che ci sia una sorta di accordo tra questo personaggio e le autorità, per ottenere informazioni delicate sugli Al-Shabaab e sulla rete di Al-Qaeda. Vedremo quali potranno essere gli sviluppi.

inizio pagina

Giornata Ue dati personali. Spadaro: ridefinire web e privacy

◊  

“La protezione dei dati personali è la chiave per raggiungere il punto di equilibrio tra l’uomo e la tecnica”. Così Antonello Soro, Garante dei dati personali, intervenendo questa mattina a un convegno, a Roma, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali. Tra gli ospiti, anche il direttore di “Civiltà cattolica”, padre Antonio Spadaro, che al microfono di Elvira Ragosta ha ricordato l’importanza della privacy in un ambiente in continua evoluzione tecnologica: 

R. – Il cambio fondamentale che è avvenuto negli ultimi anni è che la Rete è sempre meno considerata uno strumento, ma sempre di più come un ambiente di vita ordinaria in cui si esprimono i propri desideri, i propri bisogni le proprie domande le proprie capacità di ricerca. Quindi, nel momento in cui tutto questo avviene, il quantitativo di contenuti umani, anche sensibili, l’espressione di sé, ma anche di immagine aumenta sempre di più. Dunque, la questione della privacy diventa importante proprio perché la Rete ha cambiato volto e da strumento è diventata ambiente di vita.

D. – A proposito degli strumenti giuridici, il diritto all’oblio sancito dalla Corte di giustizia europea è stato un passo in avanti. Ma cosa c’è ancora da fare?

R. – C’è da ricomprendere il concetto di privacy in un contesto in evoluzione. Dovremmo dimenticarci di definire una volta per tutte le questioni: il mondo della Rete è un mondo in evoluzione che pone sempre di più nuove sfide, quindi anche legislazione deve essere dinamica, cioè non può ancorarsi concetti del passato o a forme che ormai sono obsolete. Quindi, ci vuole un’attenzione una sorveglianza. E da qui anche la decisione di organizzare una giornata dedicata a questi temi – la Giornata europea della protezione dei dati personali – perché grazie a una giornata è possibile continuare a riflettere. Una riflessione che non riguarda solo gli esperti, ma tutti i cittadini.

D. – Assistiamo anche a un ulteriore passaggio. Oggi, le informazioni circolano sul web tramite computer, ma anche le cosiddette “tecnologie indossabili”, ad esempio gli orologi intelligenti. Questa è una cosa positiva o potrebbe nascondere delle insidie?

R. – Direi che in generale queste questioni non vanno affrontate sulla base di insidie o vantaggi. Io direi che l’approccio deve essere più globale, più integrale. Anche la vita, vivere, significa correre dei rischi. Allora, evidentemente, la tecnologia ci sta ponendo in maniera sorprendente delle questioni nuove ed interessanti. La queittone da affrontare in maniera corretta è l’approccio umano: l’ambiente digitale non è qualcosa di tecnologico, riguarda l’esperienza dell’uomo. Quindi, questa è la chiave di approccio. Le sfide sono tante, i problemi sono tanti, i rischi sono tanti, ma le opportunità, soprattutto quelle di condivisione, aumentano esponenzialmente.

D. – Il fatto, per esempio, che il profilo Facebook di una persona deceduta mantenga i suoi dati quanto intacca il diritto alla privacy delle persone e delle loro famiglie?

R. – Questo va regolato. La quesitone dei diritti non è astratta, va assolutamente regolata così come vengono regolati i diritti nella vita dell’ambiente fisico. Quindi, è chiaro che questa è una questione importante. Ci sono già, in realtà, delle regole. C’è anche la quesitone dell’eredità digitale, se vogliamo, dei contenuti: va regolata come va regolata la vita fisica.

inizio pagina

Rapporto giovani (Ist. Toniolo): il 70% non vede prospettive

◊  

Il 70% dei giovani italiani vede il proprio futuro pieno di rischi e incognite. Disoccupazione e impieghi precari rendono la visione del domani sempre meno sicura. E’ uno dei dati che emerge da “La condizione giovanile in Italia - Rapporto giovani 2014”, presentato ieri a Roma. L’indagine è stata promossa dall’Istituto  Giuseppe Toniolo, in collaborazione con L’Università Cattolica Sacro Cuore. Il servizio di Marina Tomarro

L’85% dei giovani è convinto che in Italia non ci siano possibilità sulle proprie competenze lavorative e per il 51% le opportunità per l'Italia di un vero rilancio sul mercato per i prossimi tre sono ancora poche. Anche la visione del futuro non è rosea. E’ questo il pensiero dei giovani che emerge dal Rapporto giovani 2014 sulla condizione giovanile in Italia. Alessandro Rosina tra i curatori dell’indagine:

R – Sul tema del lavoro, quello che abbiamo riscontrato dall’indagine è da un lato la conferma di un atteggiamento comunque positivo dei giovani, ma dall’altro, e questo invece è crescente, c’è la consapevolezza di trovarsi in un periodo storico e in un contesto di sistema-paese che ancora non ha dimostrato di credere nelle loro potenzialità. Quindi, le difficoltà di lavoro stanno diventando progressivamente una revisione al ribasso complessivamente in tutti i progetti di vita e questo è abbastanza preoccupante, perché non penalizza solo i giovani ma anche il loro ruolo positivo all’interno della società, dell’economia e della crescita generale del Paese.

D. – Il Rapporto attraversa un po’ tutta Italia, a livello nazionale. Ma come si differenzia la situazione da Nord a Sud?

R. – Nel Sud, le difficoltà oggettive sono maggiori. L’atteggiamento di fondo, però, è lo stesso: la voglia comunque di scommettere su se stessi, di trovare incoraggiamento e di essere aiutati a fare le scelte giuste la si trova trasversalmente su tutto il territorio. 

Ma in che modo le istituzioni possono aiutare i ragazzi a guardare al domani con più speranza? Ascoltiamo il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti:

R – Sicuramente, bisogna rappresentare una situazione di grande cambiamento, che è necessario nel nostro Paese. Noi lo stiamo facendo con le riforme, lo stiamo facendo con il "Jobs act", quindi con la riforma del mercato del lavoro, appunto proponendo questa condizione. Quindi, da questo punto di vista noi stiamo facendo delle scelte in termini di mercato del lavoro e di economia. Perché se non ripartono le imprese, se non ci sono opportunità di crescita, non è che si inventano i decreti. Quindi, questo è quello che stiamo facendo. 

D. – Questo Rapporto parla di giovani che non hanno più speranza nell’Italia e che vedono il loro futuro all’estero. Come rispondere?

R. – Io credo dimostrando che l’Italia ha grandi potenziali, grandi possibilità, che per loro c’è una prospettiva anche in questo Paese.

E secondo gli ultimi dati, circa il 44% dei giovani è disoccupato e proprio per questo il 75% di loro rinuncia a programmare il futuro per affrontare le difficoltà del presente. Ascoltiamo Marco Gay, presidente Giovani Confindustria:

R. – Sicuramente, i dati che emergono ci danno un panorama, se vogliamo dire, forse sfiduciato. In realtà, il nostro lavoro, il nostro impegno e la nostra determinazione deve essere dare fiducia e far capire ai giovani che le possibilità ci sono. La capacità e il capitale umano che c’è sul nostro territorio sono importantissimi e invidiati in tutto il mondo. Da qui bisogna ripartire per guardare al futuro ed essere convinti che un futuro per i giovani e per le nostre aziende ci sarà.

D. – In che modo, secondo lei, le istituzioni e il governo potrebbero dare una mano maggiore ai nostri giovani?

R. – Sicuramente, favorendo quello che è il rapporto scuola-lavoro e andando a incentivare la vicinanza dell’impresa e dell’istituzione al mondo dei ragazzi. Questo si fa sia con le attività istituzionali, ma anche andando sul territorio, andando sul campo, facendoci sentire vicini. E il governo deve agire in prima battuta, perché questo quasi 44% nel più breve tempo possibile si dimezzi.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Patriarchi d'Oriente: fermare il terrorismo, aiutare i profughi

◊  

Un incontro dei patriarchi e dei leader cristiani dell'Oriente si è tenuto ieri a Bkerke, sede del patriarcato libanese per affrontare la situazione dei cristiani in Medio Oriente e domandare alla comunità araba e internazionale di non appoggiare il terrorismo, aiutando nell'emergenza dei profughi e lavorando per il loro ritorno in patria. Chiesto anche un impegno - riferisce l'agenzia AsiaNews - per trovare una soluzione alla crisi israelo-palestinese.

Situazione profughi cristiani
Il patriarca Beshara Rai ha detto che l'obbiettivo del raduno era di conoscere più fa vicino la situazione dei rifugiati cristiani e quella dei fedeli che hanno deciso di rimanere nel loro Paese, nonostante la guerra e le difficoltà. Per essi, ha aggiunto, è urgente aiutarli a garantire un lavoro, scuole, alloggi perché "possano restare nei loro rispettivi Paesi e preservare così la loro tradizione e missione cristiane".

Comunità araba e internazionale aiutino i profughi e non finanzino i terroristi
L'altro obbiettivo è un appello "alle due comunità araba e internazionale" perché vengano in aiuto ai rifugiati, aiutando il loro rimpatrio e aiutandoli a costruire le abitazioni. Questo può essere fatto "mettendo fine alla guerra in Siria e in Iraq con mezzi pacifici, mediante negoziati politici e un dialogo serio fra i belligeranti, neutralizzando le organizzazioni terroriste". Ciò può essere ottenuto se le comunità araba e internazionale "cessano di sostenere [i terroristi] dal punto di vista finanziario e militare, chiudendo le frontiere dove è necessario per impedire la circolazione dei mercenari". "I disegni politici ed economici - ha aggiunto - non giustificano tali aggressioni terribili contro l'umanità".

Risolvere le crisi israelo-palestinese e arabo-israeliana
Per i patriarchi e i leader cristiani, è necessario anche lavorare per risolvere la crisi israelo-palestinese, sulla base della formula "due popoli, due Stati", permettendo il ritorno dei rifugiati alle loro case. "E' evidente - ha affermato il patriarca Rai - che i due conflitti israelo palestinese e israelo-arabo sono all'origine delle disgrazie che noi viviamo oggi in Medio Oriente".

Appello per liberazione di tutti i rapiti
I leader cristiani domandano uno sforzo maggiore dei governi e delle organizzazioni non governative a favore dei rifugiati e chiedono un impegno maggiore per ottenere la liberazione di tutte le persone rapite, o detenute, siano esse civili, militari o personalità religiose. Fra queste vi sono i due vescovi, il greco-ortodosso di Aleppo, Boulos Yazigi, e il siriaco ortodosso, Youhanna Ibrahim, nelle mani di gruppi fondamentalisti in Siria da quasi due anni.

Pensiero al Libano
Un pensiero è stato rivolto alla situazione del Libano, dal maggio scorso senza Presidente e con i gruppi politici cristiani e musulmani che ne boicottano l'elezione.

I partecipanti all'incontro
All'incontro hanno partecipato Youhanna Yazigi, patriarca greco-ortodosso; Mar Aghnatios Afram II, patriarca siro-ortodosso; Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico; Mar Aghnatios Youssef III Younane, patriarca siro-cattolico; Joseph Arnaout, rappresentante del Catholicos armeno di Cilicia, Nercès Bedros IX; Michel Kassargi, vescovo caldeo in Libano; il pastore Sélim Sahyoun, presidente del Consiglio superiore della comunità evangelica in Libano e Siria; il nunzio apostolico Gabriele Caccia; diversi rappresentanti di organismi caritativi cattolici, ortodossi e protestanti. (P.D.)

inizio pagina

Leader religiosi sudcoreani a Pyongyang per pregare per la pace

◊  

La Conferenza coreana delle religioni per la pace (Kcrp) ha ottenuto il permesso dalle autorità comuniste della Corea del Nord di organizzare a Pyongyang un incontro interreligioso per pregare per la pace. L'evento - riferisce l'agenzia AsiaNews - si terrà nella seconda metà di quest'anno, quando la penisola festeggerà il 70mo anniversario della liberazione dall'occupazione coloniale giapponese. La Kcrp riunisce i rappresentanti delle sette maggiori religioni sudcoreane e porta avanti incontri di tipo ecumenico ed interreligioso in tutto il mondo.

Gli eventi tra agosto e settembre
Kim Kwang-jun, pastore anglicano e Segretario generale del gruppo, conferma: "Abbiamo finito i colloqui preliminari con la Conferenza delle religioni del Chosun, il gruppo governativo che rappresenta le cinque religioni presenti in Corea del Nord. Gli eventi previsti si terranno fra agosto e settembre prossimo. Fra i luoghi presi in considerazione vi sono Pyongyang e il monte Kumgang, ma è probabile che alla fine andremo nella capitale del Nord".

In programma anche un musical
Oltre alla preghiera interreligiosa per la pace, sono in programma un musical al Quartier generale del Partito dei lavoratori della contea Cheorwon. Il programma ha già ottenuto l'autorizzazione del ministero nordcoreano degli Affari religiosi e di quello degli Esteri; manca soltanto quello del ministero degli Interni. Tuttavia, il reverendo Kim si dice "fiducioso" che questo "non tarderà".

Incontro su islam e Asia orientale
La Conferenza ha inoltre in programma per il 29 gennaio un incontro con alcuni studiosi musulmani provenienti dall'Iran. Riuniti nella Memorial Hall for the History and Culture of Korean Buddhism di Seoul, parleranno di islam e Asia orientale. Secondo Kim "l'evento è stato organizzato per combattere le incomprensioni sempre più grandi relative alla religione islamica". (R.P.)

inizio pagina

Centrafrica. La Caritas: più fondi per rifugiati e sfollati

◊  

Occorrono più fondi per aiutare i rifugiati originari della Repubblica Centrafricana accolti negli Stati confinanti, ha affermato mons. Robert Vitillo, delegato presso le Nazioni Unite a Ginevra per la Caritas Internationalis, in una dichiarazione in occasione dell’avvio dell’Inter-Agency Central African Republic Regional Refugee Response 2015, sponsorizzato dall’ Unhcr (agenzia Onu per l’aiuto ai rifugiati).

Occorrono più fondi per le Ong
Mons. Vitillo ricorda – riferisce l’agenzia Fides - che il piano predisposto dalle agenzie Onu ha un budget per il 2015 di 331 milioni di dollari, ma le Ong presenti sul terreno, di questa somma riceveranno solo 14 milioni di dollari, Secondo il rappresentate di Caritas Internationalis occorre che le Ong ricevano una percentuale maggiore dei fondi resi disponibili dai donatori internazionali.

Sono 425mila i rifugiati centrafricani
Circa 190.000 persone sono fuggite dal Centrafricana da quando, nel dicembre 2013, le milizie anti-balaka hanno investito la capitale Bangui, cacciando il governo formato dagli ex ribelli Seleka. Queste persone si sono aggiunte alle 230.000 rifugiatesi nei Paesi vicini nei mesi precedenti, portando il totale dei rifugiati provenienti dal Centrafrica a circa 425.000. I principali Paesi di accoglienza sono Camerun, Ciad e Repubblica Democratica del Congo. In questi Stati la Caritas ha avviato programmi di formazione professionale a favore dei rifugiati oltre a fornire assistenza in campo educativo, sanitario (compresa l’erogazione di acqua potabile) e alimentare.

Appello per gli sfollati interni
Mons. Vitillo ha infine lanciato un appello per soccorrere anche le centinaia di migliaia di sfollati interni accolti in campi di fortuna nella stessa Repubblica Centrafricana. Le sole strutture della Chiesa cattolica in Centrafrica, ha ricordato mons. Vitillo, accolgono più di 80.000 sfollati interni, ai quali la Caritas sta fornendo assistenza. Tuttavia, ha concluso, “le difficoltà di fornire aiuti d’emergenza, così come i saccheggi delle risorse della Chiesa in Centrafrica, stanno sottoponendo a forte stress la Caritas e le altre strutture religiose nel Paese”. (R.P.)

inizio pagina

Pakistan: ombre sul processo Taseer che difese Asia Bibi

◊  

L’Alta Corte di Islamabad ha tenuto ieri, la sua prima udienza nel processo di appello contro la condanna a morte di Mumtaz Qadri, l’uomo che ha confessato l'omicidio del governatore del Punjab Salman Taseer, avvenuto il 4 gennaio 2011. Qadri ha affermato che Taseer meritava la morte per aver sostenuto la “blasfema” Asia Bibi, la donna cristiana di cui il governatore aveva riconosciuto l’innocenza. L’udienza è stata aggiornata al 3 febbraio.

Minacce contro il governo se verrà condannato Qadri
Ieri in tutto il Pakistan, manifestanti dei gruppi islamici radicali “Sunni Tehreek” e “Shabab-e-Milli Tehreek” hanno gridato slogan in favore della liberazione di Mumtaz Qadri, tuttora considerato un “eroe”. I dimostranti minacciano il Governo di “porre in atto conseguenze disastrose se non sarà assolto e rilasciato”. Centinaia di militanti erano presenti fuori dal tribunale, intonando cori per la liberazione di Qadri. Rigorose misure di sicurezza sono state disposte per le strade di Islmabad e l’accesso all’Alta Corte è stato bloccato, sono stati dispiegati un gran numero di agenti delle forze dell’ordine in edifici e zone circostanti.

L'assoluzione di Qadri aumenterebbe insicurezza nel Paese
L’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill Sardar, esprime all'agenzia Fides grande preoccupazione perché “se Qadri sarà assolto – nota – allora la paura e l'insicurezza aumenteranno in Pakistan: sarebbe un lasciapassare all’intolleranza religiosa e all’impunità. Sarebbe un certificare che gli elementi radicali della società possono dettare legge in Pakistan e una sconfitta della giustizia”.

Minacce di morte ai giudici
Mumtaz Qadri era un agente della polizia del Punjab, in servizio come guardia del corpo di Taseer. In primo grado è stato condannato a morte il 1° ottobre 2011 da un Tribunale anti-terrorismo di Rawalpindi. Ha presentato ricorso il 6 ottobre 2011. Il giudice che lo condannò in primo grado fu poi costretto a fuggire dal Paese dopo aver ricevuto minacce di morte. Nel marzo 2011 è stato vittima di un omicidio eccellente, per il medesimo motivo (aver difeso Asia Bibi), anche il Ministro cattolico della minoranze Shahbaz Bhatti. (R.P.)

inizio pagina

Egitto: governo assegna terreni per costruzione di nuove chiese

◊  

Un terreno di 30 ettari messo a disposizione del Patriarcato copto per costruire strutture e uffici collegati alla Cattedrale cairota di San Marco, e altri tre apprezzamenti più piccoli di terra, assegnati per essere destinati alla costruzione di tre nuove chiese (due copte ortodosse e una copta evangelica) in tre diversi quartieri del Cairo: queste le disposizioni ratificate di recente dal ministero egiziano per l'edilizia, i servizi e le comunità urbane, rese note dallo stesso titolare del dicastero, il ministro Mostafa Madbouly. Nelle dichiarazioni diffuse dal ministro e pervenute all'agenzia Fides, Madbouly mette in evidenza che le concessioni vengono incontro a reali esigenze pastorali, opportunamente documentate dalle diverse comunità ecclesiali, e sono state disposte nel pieno rispetto della legislazione che attualmente regola la costruzione di edifici di culto.

Bozza di disegno per la costruzione di nuove chiese
Alla fine dello scorso ottobre, i rappresentanti delle principali Chiese e comunità cristiane presenti in Egitto avevano inviato al governo la bozza di un disegno di legge sulla costruzione delle chiese, predisposta con l'intento di delineare procedure legali snelle e chiare, che sottraggano la costruzione di chiese a ogni tipo di arbitrio. (R.P.)

inizio pagina

Croci e nomi di martiri nel deserto dell'Arabia Saudita

◊  

Una selva di croci scolpite nelle rocce del deserto dell'Arabia Saudita, segno della presenza di una vivace comunità cristiana intorno al V secolo dopo Cristo; una serie di nomi cristiani e biblici, forse di martiri uccisi in una persecuzione sempre del V secolo. E' la scoperta fatta da un gruppo franco-saudita di archeologi - riferisce l'agenzia AsiaNews - guidati da Frédéric Imbert, professore all'università di Aix- Marseille. 

La scoperta sulle pareti di una roccia
In una conferenza all'università americana di Beirut, di cui dà notizia l'Orient-Le Jour, il prof. Imbert ha esposto le sue scoperte sulle pareti di roccia del Jabal Kawkab ("la montagna della stella"), nella zona sud dell'Arabia Saudita, nell'emirato di Najran. La zona si chiama Bir Hima o Abar Hima, un nome "che rinvia a una zona di pozzi conosciuti fin dall'antichità". Per l'archeologo, è probabile che l'area fosse una zona di sosta per l'approvvigionamento dell'acqua" per le carovane che viaggiavano dallo Yemen a Najran. Sempre secondo Imbert, le croci e le iscrizioni sono "il più antico libro degli Arabi", scritto "sulle pietre del deserto", una "pagina di storia degli Arabi e del cristianesimo".

Testi in una lingua araba pre-islamica
Le croci, afferma Imbert, "non sono le sole conosciute nell'Arabia del sud e dell'est", ma "sono senza dubbio le più antiche croci cristiane in un contesto datato al 470 della nostra era". Alle croci sono mescolati dei testi. L'insieme delle iscrizioni si estende per più di un chilometro, con una serie di nomi, in una forma che si può definire una lingua aramaica locale. Esse rappresentano una "lingua araba pre-islamica", o ancora più precisamente, una lingua "nabateo-araba". Le iscrizioni si collocano nel periodo del regno himairita di Shurihbil Yakkuf, che ha governato l'Arabia del sud dal 470 al 475. Durante il suo dominio sarebbero iniziate le persecuzioni dei cristiani. E' interessante notare che fra i nomi iscritti fra le croci vi siano i nomi di Marthad e Rabi, entrambi iscritti nella lista dei martiri di Najran, nel cosiddetto "Libro degli Himairiti".

Cristianesimo nella penisola arabica grazie ai missionari persiani e siriaci
Da parte sua, il cristianesimo si è diffuso in Arabia a partire dal IV secolo, ma "è nel VI secolo che si diffonde nella regione del Golfo, nelle regioni costiere dello Yemen e a Najran". 
La diffusione del cristianesimo avviene grazie ai missionari persiani dell'impero sassanide ed ai missionari siriaci (che non accettavano il concilio di Calcedonia, sulle due nature - divina e umana di Gesù Cristo). Due vescovi, consacrati nel 485 e nel 519, apparterrebbero alla comunità siriaca, forse proveniente dall'Iraq. (R.P.)

inizio pagina

Giornata della vita consacrata: messaggio dei vescovi italiani

◊  

"I religiosi mostrano che la verità del potere è il servizio, la verità del possesso è la custodia e il dono, la verità del piacere è la gratuità dell'amore. La verità della morte è la Resurrezione". Così i vescovi italiani nel Messaggio per la Giornata mondiale della vita consacrata che si celebra il 2 febbraio prossimo.

I consacrati esprimano gioia
Nel testo - riferisce l'agenzia Sir - i vescovi sottolineano come la gente chieda alle persone consacrate “occhi che sappiano scrutare la storia guardando oltre le apparenze spesso contraddittorie della vita, che lascino trasparire vicinanza e possibilità nuove, che illuminino di tenerezza e di pace. È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce”. Il messaggio prosegue dicendo: “È vero quello che scrive Papa Francesco nella sua Lettera a tutti i consacrati: ‘Dove ci sono i religiosi c’è gioia’. Ciò accade perché essi riconoscono su loro stessi, e in tutti i luoghi e i momenti della vita, l’opera di un Dio che ci salva con gioia. La stanchezza e la delusione sono esperienze frequenti in ciascuno di noi: benedetti coloro che ci aiutano a non ripiegarci su noi stessi e a non rinchiuderci in scelte comode e di corto respiro”. 

I consacrati diano risposte adeguate alle sfide di oggi
“Rallegriamoci dunque per la presenza delle consacrate e dei consacrati nelle nostre comunità. Facciamo festa con loro, ringraziando per una storia ricca di fede e di umanità esemplari e per la passione che mostrano oggi nel seguire Cristo povero, casto, obbediente - prosegue il Messaggio del Consiglio episcopale permanente -. I vescovi italiani ripongono grande fiducia in voi, sorelle e fratelli carissimi, soprattutto per il contributo che potete offrire a rinnovare lo slancio e la freschezza della nostra vita cristiana, così da elaborare insieme forme nuove di vivere il Vangelo e risposte adeguate alle sfide attuali”.

I consacrati aiutino la Chiesa a disegnare il nuovo umanesimo cristiano
Dopo aver ricordato l’esortazione del Papa ai consacrati (“Svegliate il mondo”), creando “altri luoghi dove si viva la logica evangelica del dono”, il testo sottolinea che “le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada perduto”. Viene evidenziata poi anche la “felice coincidenza” di quest’anno che vedrà la celebrazione del quinto Convegno ecclesiale nazionale a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. “L’opera di tante persone consacrate - sottolineano i vescovi - diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il ‘nuovo umanesimo’ cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore”. (R.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 28

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.