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Sommario del 16/01/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: no alle colonizzazioni ideologiche della famiglia

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Le famiglie cristiane difendano la loro identità dalle “colonizzazioni ideologiche” che cercano di “distruggere la famiglia”. E’ il forte invito che Francesco ha lanciato alle migliaia di persone radunatesi a Manila per l’incontro del Papa con la realtà familiare delle Filippine. L’incontro ha chiuso, in un crescendo di entusiasmo e simpatia, la prima delle tre giornate che Francesco trascorrerà nel Paese asiatico. La cronaca del nostro inviato a Manila, Alessandro De Carolis

Candidi come le colombe, che sanno sognare la famiglia come Dio l’ha pensata. Furbi come i serpenti, per non lasciarsi intrappolare fra le spire di chi la famiglia cerca di smontarla. Resterà memorabile per le Filippine il discorso di Papa Francesco al “Mall of Asia Arena”, catino gremito di folla, dalle cui gradinate piove continuamente a ondate, verso il palco illuminato a giorno, l’affetto entusiastico di almeno 15 mila persone.

Francesco incontra le famiglie per dire loro di non perdere la bussola e di fidarsi sempre di Dio, lasciandosi guidare da Lui come fece fra mille traversie la Sacra Famiglia. Per riuscirvi, dice – interrompendo spesso il suo inglese più formale per passare a uno spagnolo caldo che scatena gli applausi – bisogna coltivare in famiglia una precisa attitudine che in tante altre si è spenta, il sogno:

“No es posibile una familia sin soñar. Cuando en una familia se pierde la capacidad de soñar los chicos no crecen...
Non è possibile una famiglia senza il sogno. Quando in una famiglia si perde la capacità di sognare, i bambini non crescono e l’amore non cresce, la vita si affievolisce e si spegne (...) E’ tanto importante sognare. Prima di tutto, sognare in una famiglia. Non perdete questa capacità di sognare!”.

L'ideologia non colonizzi la famiglia
Costruite famiglie in cui si sia capace di “stare” con Gesù, chiede Francesco. Perché la famiglia che prega insieme e insegna ai figli “i sani valori” è una benedizione per il mondo. Al contrario, stigmatizza, bisogna difendersi da certe “colonizzazioni ideologiche”, che non hanno niente a che fare con il sogno di Dio e il saperlo sognare:

"Y así como nuestros pueblos en un momento de su historia ...
Così come i nostri popoli, in un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no” a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire ‘no’ a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia.  E chiedere a San Giuseppe, che è amico dell’Angelo, che ci mandi l’ispirazione di sapere quando possiamo dire ‘sì’ e quando dobbiamo dire ‘no’”.  

Lo scenario attuale di disgregazione dell’essenza stessa del concetto di famiglia, molto forte in Occidente, ma forse non ancora incisivo sul lato opposto della carta del mondo, porta Francesco a pensare a un suo predecessore, Paolo VI. Anche per Papa Montini, osserva, quando scrisse l’Enciclica “Humanae vitae” si trattava di un periodo in cui “l’apertura alla vita della famiglia” era attaccata, ma lui “ebbe il coraggio di difenderla”:

"El miró más allá, miró a los pueblos de la tierra y vio esta amenaza de destrucción de la familia ...
Lui guardò anche oltre, guardò i popoli della Terra, e vide questa minaccia di distruzione della famiglia a causa della mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore e allertò le sue pecore sui lupi in arrivo. Che dal Cielo ci benedica questa sera”.

Giuseppe, l'uomo dei sogni
Protagonista indiscusso del discorso del Papa è San Giuseppe, l’uomo del “sogno”. In sogno riceve dall’angelo l’avvertimento di salvare Maria e Gesù da Erode, in sogno di riportarli in Israele, cessato il pericolo. Un Santo molto amato da Papa Francesco, non una novità, che stavolta però si arricchisce di una confidenza:

"Yo quisiera decirles también una cosa personal. Yo quiero mucho a San José ...
Vorrei anche dirvi una cosa molto personale. Amo molto San Giuseppe, perché è un uomo forte è silenzioso. Nel mio tavolo ho un’immagine di San Giuseppe che dorme. E mentre dorme si prende cura della Chiesa. Sì! Può farlo. Lo sappiamo. Quando ho un problema, una difficoltà io scrivo un foglietto e lo metto sotto San Giuseppe, perché lo sogni! Questo significa: pregate per questo problema”. 

Quei piccoli mi hanno commosso
Vengo per i poveri, aveva detto Francesco del suo perché essere nelle Filippine. Anche alle famiglie chiede di essere solidale con quelle che sono in difficoltà per tanti drammi, come miseria e migrazioni, due realtà che emergono dalle testimonianze offerte prima dell’intervento di Francesco da tre gruppi familiari, il terzo dei quali formato da una coppia di coniugi sordi, che trovano nella fede la forza di volgere in bene la disabilità, diventando insegnanti di bimbi non udenti. Il Papa benedice queste coppie e conclude offrendo la sua di testimonianza, quella della visita fatta dopo la Messa in cattedrale nella comunità che assiste i bambini di strada:

“Hoy me he summamente conmovido en el corazón...
Oggi mi sono commosso tantissimo, dopo la Messa, quando ho visitato questa casa di bambini soli, senza famiglia. Quanta gente lavora nella Chiesa perché questa casa sia una famiglia. Questo significa portare avanti, profeticamente, il significato di una famiglia”.

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Il card. Tagle: il Papa apprende lezioni dai semplici e dai poveri

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Ascoltiamo il commento del cardinale arcivescovo di Manila Antonio Luis Tagle sulla giornata del papa a Manila, a partire dall’incontro del Papa con i bambini di strada: 

La saggezza dei poveri

R. - Ho visto la commozione e anche questo silenzio del Santo Padre di fronte alla sofferenza di questi ragazzi. Un silenzio che parla molto, che vale più delle parole. Ma per me è stato il momento più speciale di questa giornata. Il Santo Padre è un uomo che è capace, molto capace, di ricevere la sapienza, la saggezza dei poveri. Questo per me è impressionante. Lui parla come un pastore, insegna molto, incoraggia, anche “disturba!” lo spirito; però, la più grande capacità è la capacità del Santo Padre di apprendere lezioni dai semplici e dai poveri.

Parole forti contro la corruzione
D. – Ha parlato anche contro la corruzione, contro le ingiustizie sociali, in un Paese che cresce al 7 per cento annuo, ma il 70 per cento della popolazione vive in condizioni di estrema povertà…

R. – Sì, le parole più forti sono state sulla corruzione e le conseguenze della corruzione. Però, non è solo la corruzione che “ruba” ai poveri le opportunità e la vita ma la corruzione della mente: la corruzione sistematica che è già entrata nella cultura. Mi sembra che questa è una lezione molto forte e molto importante.

La visita a Tacloban
D. – Domani c’è Tacloban, la visita forse tra le più attese, l’appuntamento del Papa con i superstiti del tifone Yolanda…

R. – Sì, è il punto centrale della visita per condividere con compassione e misericordia la sofferenza della gente di Tacloban, ma non solo la gente di Tacloban. Infatti, vengono a Tacloban le vittime del terremoto dell’ottobre 2013, principalmente dall’isola di Bohol, e vengono alcune vittime di questo conflitto armato a Mindanao, a Zamboanga.

Forse oltre 4 milioni!
D. - C’è la possibilità che domenica al Rizal Park si ripeta la scena dei 4 milioni di persone come 20 anni fa con Giovanni Paolo II?

R. - Sì, è possibile, è possibile anche superare i 4 milioni!

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Folla straripante per Francesco a Manila

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Una folla davvero straripante ha accolto anche oggi a Manila Papa Francesco: ascoltiamo le testimonianze dell’inviato di Avvenire Mimmo Muolo e di padre Carlo Bittante, missionario canossiano nelle Filippine, raccolte da Federico Piana, che ha chiesto innanzitutto a Muolo come definirebbe l’accoglienza ricevuta  da Papa Francesco: 

R. – Trionfale, direi. Io ero qui anche 20 anni fa, per la visita di Giovanni Paolo II, e le scene che ho visto oggi mi hanno ricordato da vicino quanto successe appunto nel 1995, con la differenza sostanziale che allora c’era una Giornata mondiale della gioventù e quindi arrivavano giovani da tutto il mondo; questa volta, invece, è una visita alle Filippine: sono solo filippini. E per la strada, il corteo papale, ovunque passasse, era accompagnato da due ali di folla imponenti: si parla già di milioni di persone. Questa sera, un bellissimo incontro con le famiglie dove Papa Francesco un po’ mettendo da parte il discorso in inglese, con belle improvvisazioni in spagnolo, ha disegnato il volto della famiglia secondo il Vangelo; una famiglia – ha detto – che non deve cedere alla colonizzazione ideologica: si riferiva al relativismo, si riferiva evidentemente anche ai tentativi surrettizi di introdurre il matrimonio fra persone dello stesso sesso, anche se non ha nominato espressamente questa possibilità, ma il pensiero di tutti è andato lì, naturalmente. Ecco, una difesa della famiglia e un affidamento molto bello della famiglia a San Giuseppe che, come sappiamo, è il Patrono della Sacra Famiglia e quindi di tutte le famiglie del mondo.

D. – Padre Bittante, abbiamo visto un’accoglienza strepitosa …

R. – Penso che è tipico, tipico della cultura filippina. Lei pensi che in pratica il Paese si è fermato per cinque giorni: è stata dichiarata vacanza e quindi uffici chiusi, studenti in vacanza … quindi, è un evento eccezionale … Il Papa è una figura molto simbolica per il Paese: in Asia è il Paese più cattolico con circa 80 milioni di cattolici. Quindi c’è una grande accoglienza, tipicamente filippina, un grande senso della festa, fervore, entusiasmo e gioia.

D. – Mimmo Muolo, c’è stato questa mattina un incontro un po’ fuori programma, perché il Papa ha visitato una comunità dei bambini di strada di Manila: è questo il cuore probabilmente di questo viaggio …

R. – Lo ha detto lui stesso, che i poveri sarebbero stati il messaggio di questo suo viaggio nelle Filippine. Lo ha detto a noi sull’aereo arrivando qui, a Manila, e l’ha confermato oggi parlando della povertà nei termini che abbiamo già spiegato, e soprattutto facendo alcuni gesti. Uno di questi è appunto quello che tu ricordavi: questo incontro bellissimo con i bambini che gli si sono stretti intorno, lo hanno abbracciato, hanno cantato in suo onore … Ci sono alcune immagini che ritraggono il Papa con alcuni bambini seduti in braccio: una cosa veramente familiare. Lo hanno trattato come un nonno che arrivava lì a trovarli. E io direi che proprio in queste dimensioni familiari, il Papa esprime la sua grande personalità e la sua grande vicinanza ai poveri. E’ venuto per questo: per indicare i poveri come i destinatari, ma anche i protagonisti nella vita della Chiesa.

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Corruzione toglie soldi a poveri: così il Papa alla Messa a Manila

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Ogni cristiano è chiamato a una vita onesta ma anche a “creare circoli di onestà”. Papa Francesco alla Messa a Manila parla di società appesantite da corruzione e povertà per poi sottolineare con forza che “i poveri sono il centro del Vangelo”. Ha poi lanciato un appello a essere vicino a chi è escluso dalla società e a proclamare la bellezza del matrimonio cristiano. Il servizio di Fausta Speranza: 

I poveri al centro del Vangelo
“The poors are the centre of Gospel…
“I poveri sono il centro del Vangelo, sono nel cuore del Vangelo”. Papa Francesco lo sottolinea aggiungendo queste parole a braccio. “Se noi togliamo i poveri dal Vangelo – afferma con forza Francesco – non possiamo comprendere il messaggio di Cristo”.

No a compromessi con mentalità del mondo
Il Papa si rivolge ai religiosi chiamandoli “ambasciatori di Cristo” e dice: noi dovremmo essere i primi a “rifiutare prospettive mondane”, per far sì che la Parola di Dio ci trasformi. E chiede che ad essere scossi siano l’orgoglio, la paura di cambiare, e quelli che definisce “i meschini compromessi con la mentalità di questo mondo”. 

Combattere cause disuguaglianza
Ai cristiani Francesco dice: “La grande minaccia a ciò, naturalmente, è cadere in un certo materialismo che può insinuarsi nella nostra vita e compromettere la testimonianza che offriamo. Solo diventando noi stessi poveri, eliminando il nostro autocompiacimento, potremo identificarci con gli ultimi tra i nostri fratelli e sorelle. Vedremo le cose sotto una luce nuova e così potremo rispondere con onestà e integrità alla sfida di annunciare la radicalità del Vangelo in una società abituata all’esclusione, alla polarizzazione e alla scandalosa disuguaglianza”.

“The Church in the Philippines is called …
“La Chiesa nelle Filippine – afferma – è chiamata a riconoscere e combattere le cause della disuguaglianza e dell’ingiustizia, profondamente radicate, che macchiano il volto della società filippina, in palese contrasto con l’insegnamento di Cristo”. Francesco avverte tutti: “Il Vangelo chiama ogni singolo cristiano a vivere una vita onesta, integra e impegnata per il bene comune”. E aggiunge: “Ma chiama anche le comunità cristiane a creare “circoli di onestà”, reti di solidarietà che possono estendersi nella società per trasformarla con la loro testimonianza profetica”.

Carità evangelica plasmi società
Poi un pensiero al passato e alla ricchezza culturale del Paese:

“As the Church in the Philippines looks to the fifth centenary ...
“Mentre la Chiesa nelle Filippine guarda al quinto centenario della sua evangelizzazione,  - dice - sentiamo gratitudine per l’eredità lasciata da tanti vescovi, sacerdoti e religiosi delle generazioni passate. Essi si sono sforzati non solo di predicare il Vangelo e di costruire la Chiesa in questo Paese, ma anche di forgiare una società ispirata al messaggio evangelico della carità, del perdono e della solidarietà al servizio del bene comune”.

Matrimonio e famiglia sotto attacco
Quindi l’appello a continuare la loro opera con una raccomandazione particolare quando si rivolge ai giovani preti e seminaristi:

 

“Be present to young people …
“Siate vicini ai giovani che, vivendo in mezzo ad una società appesantita dalla povertà e dalla corruzione, sono scoraggiati, tentati di mollare tutto, di lasciare la scuola e di vivere per la strada”. E ancora: “Proclamate la bellezza e la verità del matrimonio cristiano ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia”. Come sapete queste realtà sono sempre più sotto l’attacco di forze potenti che minacciano di sfigurare il piano creativo di Dio e di tradire i veri valori che hanno ispirato e dato forma a quanto di bello c’è nella vostra cultura”. Infine, un apprezzamento per la cultura filippina "plasmata dalla creatività della fede”.

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Papa: no a ingiustizia sociale, ascoltare voce dei poveri

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Dopo la visita di cortesia al presidente filippino, Benigno Aquino, Papa Francesco ha incontrato, presso il palazzo presidenziale a Manila, le autorità e il Corpo diplomatico. Breve e intenso il discorso del Pontefice, che ha toccato gli aspetti salienti della società filippina, in un Paese che sta per celebrare il quinto anniversario della proclamazione del Vangelo in questa terra. Il servizio di Giancarlo La Vella

Costruire società su autentici valori umani
Alla società filippina, che da 500 anni ha accolto e messo in pratica il messaggio cristiano, il Papa esprime la sua vicinanza per le sofferenze, i danni e le devastazioni causate dal tifone Yolanda. Difficoltà – dice Francesco – affrontate con forze, fede e resistenza eroiche. Un evento – continua – dal quale è importante ripartire per ricostruire il Paese:

“Today the Philippines…
Oggi le Filippine, insieme a molte altre nazioni dell’Asia, si trova davanti all’esigenza di costruire una società moderna fondata su solide basi, una società rispettosa degli autentici valori umani, che tuteli la nostra dignità e i diritti umani, fondati su Dio, e che sia pronta ad affrontare nuovi e complessi problemi etici e politici".

Assicurare giustizia sociale
E il raggiungimento di questi obiettivi continua Papa Francesco si fondano innanzitutto su onestà, integrità e responsabilità verso il bene comune di chi gestisce la cosa pubblica. E’ questa la strada per trasmettere alle generazioni future una società basata su giustizia, solidarietà e pace.

“Essential to the attaintment…
Indispensabile per la realizzazione di questi obiettivi nazionali è l’imperativo morale di assicurare la giustizia sociale e il rispetto della dignità umana".

Famiglia può essere sfigurata e distrutta
Per tutti i popoli esiste il dovere di ascoltare la voce dei poveri e di spezzare le catene dell’ingiustizia e dell’oppressione, che danno origine a palesi e scandalose disuguaglianze sociali. Valori, dunque, sanciti dalla richiesta dei Vescovi filippini di proclamare il 2015 “Anno dei poveri” e per l’affermazione dei quali – dice ancora il Pontefice – è fondamentale il ruolo sociale della famiglia:

“It is in the family…
È nella famiglia che i bambini vengono cresciuti nei valori sani, negli alti ideali e nella sincera attenzione agli altri. Ma come tutti i doni di Dio, la famiglia può anche essere sfigurata e distrutta. Essa ha bisogno del nostro appoggio".

Diritto alla vita a partire dal concepimento
Le nostre democrazie – dice dunque il Papa – devono preservare la dignità umana, la libertà di coscienza e di religione, l’inalienabile diritto alla vita, a partire dai bimbi non ancora nati fino a quella degli anziani e dei malati. Infine l’auspicio che le Filippine promuovano la comprensione e la cooperazione tra le Nazioni dell’Asia, il dialogo tra le diverse religioni e, guardando ai problemi interni, il rispetto dei diritti inalienabili di tutti, comprese le popolazioni indigene e le minoranze religiose.

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Tweet del Papa: Filippine, testimonianza vitalità della Chiesa

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Il Papa ha lanciato un nuovo tweet sull’account @Pontifex: “Le Filippine sono una testimonianza della giovinezza e della vitalità della Chiesa”.

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Lombardi: fermezza e misericordia, il messaggio di Francesco

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Sulla prima giornata di Papa Francesco in terra filippina ascoltiamo la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Alessandro De Carolis: 

Chiesa per i poveri e le famiglie
R. – Direi che è una giornata che è andata in crescendo: da un incontro più formale, ufficiale della mattina all’incontro nella chiesa, nella celebrazione con i confratelli nel sacerdozio e con i religiosi e le religiose, e poi questo incontro con le famiglie, nel pomeriggio; ma c’è stato in mezzo anche un altro piccolo incontro significativo con i bambini di strada, in una casa dove sono ospitati. E questo ha toccato il cuore del Papa anche se non era un evento con grandi discorsi, però estremamente indicativo del suo amore per i poveri e del suo incontro con i più poveri dei poveri, che sono poi i bambini indifesi. Ma certamente nell’incontro con le famiglie si è notato tutto il calore e l’esperienza apostolica, pastorale di Papa Francesco che sì, non riesce a stare costretta da una lingua non sua, anche se con un discorso ben preparato e intenso. Quindi, il Papa ha improvvisato alcuni pensieri, tra l’altro di grande rilievo sia sul fatto di resistere alle colonizzazioni culturali e ideologiche che tendono a deformare la visione della famiglia e a incidere contro una giusta legislazione, e anche con il riferimento a Paolo VI e alla sua visione profetica nell’Enciclica “Humanae Vitae”, che dice la fermezza sui principi ma anche la comprensione con misericordia dei casi particolari e dei problemi di difficoltà che la famiglia può vivere. Allora, questo intervento del Papa alle famiglie qui a Manila mi sembri che si collochi con grande autorevolezza e con grande partecipazione nel cammino sinodale che stiamo facendo, e anche nel cammino verso la Giornata delle famiglie. E’ interessante vedere come la pastorale familiare e l’esperienza familiare forte del popolo filippino e della Chiesa filippina sia una grande ricchezza per la Chiesa e quindi possa dare un grande contributo anche all’entusiasmo globale della Chiesa nel portare avanti la causa della difesa della famiglia.

Un intervento di grande coraggio
D. – L’incontro che ha aperto la mattinata è stato l’incontro con il presidente e con le autorità delle Filippine. Quali sottolineature possiamo fare dell’intervento del Papa?

R. – E’ stato un intervento di grande coraggio ed estremamente esplicito e denso su tutte le questioni che possono interessare una società che ha bisogno di crescere nel campo della uguaglianza, dell’attenzione ai poveri, dell’evitare le forme di emarginazione sia dei diritti sia della esclusione dalla società di molte persone che, per un’estrema povertà o addirittura per fenomeni come i bambini di strada, sono escluse dal cammino comune della crescita della società. Ora, il Papa ha parlato di questo in termini molto forti, molto espliciti, come pure della responsabilità di chi porta i compiti di costruzione della società. Ha parlato con forza contro la corruzione e quindi è stato un discorso che ha dato degli orientamenti molto efficaci, proprio in questa prospettiva di questo viaggio che vuol essere un viaggio che mette i problemi dei poveri al centro.

Responsabilità della Chiesa
D. – Un’ultima domanda: la Messa con i religiosi e con il clero di Manila e non solo. Qui, anche, il Papa ha lanciato un messaggio forte a tutto il clero …

R. – Bè, sì, perché la responsabilità della Chiesa in un Paese che, tra l’altro, è a maggioranza cattolica è grande; cioè, lo spirito e l’esempio che la Chiesa dà, il modo in cui predica l’attenzione ai poveri, predica una crescita umana globale, attenta a tutti i suoi aspetti, è fondamentale. Per i filippini, l’autorevolezza del clero e della Chiesa è grande e quindi anche la loro responsabilità, sia per lo spirito ma sia anche per la giustizia e il clima generale della vita sociale, il tono morale è anche molto grande.

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Sandri a Veglia pace Siria e Iraq: c'è chi guadagna sulla guerra

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Indicibili sofferenze
E’ stata celebrata ieri a Roma, nella Parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, una veglia di preghiera per la pace nei martoriati Paesi di Siria e Iraq. Folta la presenza di parrocchiani, laici, religiosi, studenti, seminaristi e sacerdoti dei Collegi Orientali. Parlando ai fedeli, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha ricordato come le violenze che in Siria e Iraq continuano, insieme alla povertà da esse generata, causano indicibili sofferenze soprattutto per coloro che sono stati cacciati dalle loro case e che vivono ogni giorno nell’incubo della violenza cieca. Il porporato ha poi auspicato per chi compie il male un percorso di ravvedimento per aprirsi al bene dell’altro, anche se diverso.

Sul dramma c'è chi ci guadagna
Oggi – ha detto ancora il card. Sandri – tutto il Medio Oriente è teatro di guerre e violenze che sembrano non finire mai, ma il Dio dell’Alleanza non ha smesso di camminare con l’uomo, persino ove può essere desolazione e sterminio. Nonostante questa gravissima situazione – ha ricordato – i cristiani in Siria e Iraq, restano saldi nella professione di fede. Talora forse ci siamo assuefatti ad attentati, distruzioni, uccisioni e rapimenti, ai volti dei bambini, degli anziani e degli altri esuli. Per questo dobbiamo chiedere perdono al Signore. E quanto più grave sarebbe se il Medio Oriente non possa essere più patria per i cristiani; o ancora, che il dramma continui, perché su ogni dramma c’è chi guadagna, dal trafficante di armi, a quello di materie prime, fino al più bieco trafficante di esseri umane, donne e bambini.

Conversione di chi opera il male
E questo grido di dolore proviene da tanti innocenti, non solo in Medio Oriente, ma – afferma Sandri – pensiamo alle altre vittime del terrorismo e della violenza, ai morti della Nigeria, a quelli del Messico. Noi speriamo che la vittoria di Dio – ha concluso – sia costituita qui in terra dalla conversione dei cuori di quanti operano il male, mentre restiamo certi che il giudizio della storia è nelle Sue mani soltanto, e chi ha osato sfigurare l’umanità da Lui creata ed amata a Lui dovrà rispondere nell’ultimo giudizio.

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Teoria del genere ai lavori delle Commissioni dottrinali europee

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Annuncio Vangelo compito primario della Chiesa
Si è conclusa ieri a Esztergom, in Ungheria, una riunione di tre giorni dei superiori della Congregazione per la Dottrina della Fede con i presidenti o rappresentanti delle Commissioni Dottrinali delle Conferenze Episcopali europee. Durante i lavori – riferisce il comunicato finale - il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha offerto un’ampia relazione introduttiva su “La natura teologica delle Commissioni Dottrinali e il compito dei Vescovi come maestri della fede”. Nella prima giornata sono stati trattati poi alcuni temi connessi con l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo nonché con l’annuncio del Vangelo quale compito primario della Chiesa in Europa.

Teoria del genere e libertà religiosa
Le tematiche principali della seconda giornata sono state le questioni poste dalla teoria del genere, l’antropologia cristiana e la libertà religiosa. Nell’ultima giornata sono state affrontate diverse questioni pratiche connesse con la nuova evangelizzazione, il sacramento della penitenza e il funzionamento di una Commissione Dottrinale. I colloqui – prosegue il comunicato - si sono svolti in un clima di grande cordialità e in uno spirito di collegialità affettiva ed effettiva. Vivace e feconda la discussione tra i partecipanti. L’incontro è stata un’occasione per rafforzare la collaborazione tra le Commissioni Dottrinali degli Episcopati dei Paesi europei e con la Congregazione per la Dottrina della Fede, al fine di poter affrontare con sempre più efficacia le sfide dottrinali di oggi nel continente europeo.

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Nomine

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Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Buenos Aires (Argentina) il Rev.do José María Baliña, del clero della medesima arcidiocesi, finora Parroco della parrocchia San Isidro Labrador, assegnandogli la sede titolare vescovile di Teudali. Il Rev.do José María Baliña è nato l’8 gennaio 1959 a Buenos Aires. Dopo aver conseguito il titolo di Ingegnere Agronomo, è entrato nel Seminario Metropolitano di Buenos Aires. È stato ordinato sacerdote il 25 novembre 1989 per l’arcidiocesi di Buenos Aires. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha prestato servizio come Vicario parrocchiale delle parrocchie Inmaculada Concepción (1990-1992), San Pablo Apóstol (1993) e La Sagrada Eucaristía (1998); è stato poi Parroco delle parrocchie Resurrección del Señor (1998) e San Isidro Labrador (dal 2009). È Membro del Consiglio Presbiterale dell’arcidiocesi di Buenos Aires. È stato Decano del Decanato N. 8 Paternal Colegiales e attualmente lo è del Decanato N. 7 Saavedra Nuñez. Dal 2013 è Vice Presidente dell’Asociación Eclesial San Pedro.

Il Papa ha nominato S.E. Mons. Nicholas James Samra, Vescovo di Newton dei Greco-Melkiti, Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis dell’Eparchia di Nuestra Señora del Paraíso en México dei Greco-Melkiti.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Il sogno e la profezia della famiglia".

Chiamati a portare insieme Dio al mondo: Norbert Hofmann in occasione della giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei.

Offensiva europea contro il terrorismo.

Tempesta afghana: le prospettive del Paese dopo la fine della missione dell'Isaf.

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Oggi in Primo Piano



Belgio: piano per rapire vip. Francia in tilt siti media

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Il Belgio chiede una riunione formale del Consiglio europeo sul terrorismo. Lo dice l'agenzia di stampa belga, citando il premier Charles Michel. Intanto un sequestro è in corso nell'ufficio postale di Colombes, un comune nella periferia di Parigi. Sembra non ci siano legami con il terrorismo: sarebbe l'opera di uno squilibrato con problemi sentimentali. La notizia ovviamente ha allarmato particolarmente nel clima di massimo allarme di questi giorni in Francia e in Belgio. Su questo l’aggiornamento nel servizio di Fausta Speranza

Sono 13 le persone arrestate nel corso della maxi-operazione della polizia belga e 12 le abitazioni perquisite. Sembra che gli jihadisti uccisi ieri a Bruxelles fossero di origine cecena e stessero preparando un attacco a forze di polizia e il rapimento e la decapitazione di una persona con un incarico di rilievo, forse nel giro di ore o di pochi giorni. Intanto in Francia sono state arrestate due persone, cittadini belgi per i quali Bruxelles ha già chiesto l'estradizione. Tra gli arrestati ci sarebbe il principale complice di Amedy Coulibaly, quello che gli ha fornito "il piu' rilevante supporto logistico" e in particolare l'auto su cui viaggiava prima della sparatoria a Montrouge. Il premier francese Valls avverte: 'La minaccia non è mai stata così forte”. Inoltre sembra che ci sia un attacco informatico: molti siti dei media francesi sono fuori uso.

Delle strategie del terrorismo e delle forze messe in campo per contrastarlo, abbiamo parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all’Università Luiss: 

R. – Probabilmente esiste una catena logistica comune ed è la stessa catena logistica che permette gli spostamenti delle persone da e per il teatro siriano. Credo che sia questo il dato maggiormente preoccupante, che invita tutti a essere particolarmente attenti ai movimenti e agli spostamenti di queste persone che si dirigono verso questi teatri dove si combatte.

D. – Il coordinamento di forze dell’ordine e forze dell’intelligence a che punto è? Nuove misure, probabilmente…

R. – Questo è possibile, ma io ritengo che soprattutto in questa fase si lavori molto a livello di scambio di informazioni: chi sa qualcosa, allerta i partner che reputa più vicini. E verosimilmente creando, in questo modo, anche un credito da riscuotere in altre circostanze in futuro, magari in presenza di emergenze di natura differente. Sarebbe interessante sapere quali sono i Paesi in cui la notte scorsa si sono svolte delle operazioni di contrasto al terrorismo internazionale, perché si è parlato ieri sera di sette Paesi: in realtà abbiamo delle notizie certe soltanto relativamente al Belgio, anche perché lì è la magistratura locale che ha convocato delle conferenze stampa e ha fatto sapere – diciamo – al mondo esterno cosa esattamente è accaduto.

D. – Nei fatti di Parigi - Charlie Hedbo, ma anche gli altri episodi – si è parlato di criticità proprio in termini di collegamenti tra intelligence…

R. – Tenga presente che in ciascuno Paese, dove esistono più servizi di intelligence, è normalmente già un problema coordinare le singole agenzie, che sono molto gelose del loro “orticello”. Noi, in Italia, nel 2007, abbiamo varato una riforma che ha rafforzato il coordinamento centrale, anche come interfaccia tra il lavoro delle agenzie e il decisore politico, che poi è il fruitore finale delle informazioni. Il problema della circolazione delle informazioni raccolte e della loro condivisione è avvertito in molti Paesi: non ultimo negli Stati Uniti, dove è stato necessario creare una figura istituzionale di vertice per fare il raccordo, che prima dell’11 settembre era risultato alquanto debole.

D. – A Parigi, a parte i vignettisti, l’obiettivo sono state forze dell’ordine; anche qui, in Belgio, è emerso che sembrava si stesse pianificando proprio un attacco contro un posto di Polizia…

R. – Si parla di commissariati di Polizia, ma si parla anche del progetto di sequestrare una personalità molto in vista e di procedere alla sua decapitazione alla maniera che vediamo tra Siria ed Iraq, tipica dello Stato Islamico. Tra parentesi, continuiamo ad avere informazioni alquanto confuse e idee alquanto confuse relativamente a chi si stia muovendo in questo momento: se la filiera di al-Qaeda o piuttosto, invece, quella riconducibile al Califfato, che è sorto il 24 giugno scorso a Racca. Costituisce una difficoltà addizionale il fatto che in Francia i tre killer siano stati uccisi e quindi non possono essere, in questo momento, né processati né tantomeno interrogati. Il fatto che in Belgio ci sia, invece, almeno una persona arrestata - di cui si sa - costituisce una premessa piuttosto interessante per cercare di far luce.  E’ comunque un fatto assai inquietante che nei nostri Paesi girino armi da guerra e che ci sia gente perfettamente addestrata al loro utilizzo. Questo rappresenta una minaccia purtroppo diffusa, con la quale – credo – dovremo fare i conti per un bel periodo di tempo.

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Arabia Saudita: muro anti Is al confine iracheno

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L’Arabia Saudita sta costruendo un muro, lungo quasi 1.000 chilometri, per separare il suo confine settentrionale con la zona dell’Iraq occupata dal sedicente Stato Islamico. La scorsa settimana tre soldati sauditi sono morti in uno scontro con un gruppo di miliziani dell’Is proprio alla frontiera tra i due Paesi. Sulla costruzione di questo muro, Elvira Ragosta ha intervistato Gabriele Iacovino, del Centro Studi Internazionali: 

R. – E’ un progetto che già in passato, a metà degli anni Duemila, le autorità saudite avevano sviluppato per proteggersi proprio dall’instabilità irachena, che in questa fase storica sta di nuovo minacciando la sicurezza dell’Arabia Saudita: abbiamo visto alcune settimane fa un attentato, molto probabilmente dello Stato Islamico iracheno, contro le forze di frontiera dell’Arabia Saudita… Quindi è una barriera protettiva per proteggersi da questa possibile minaccia terroristica.

D. – Questo sarebbe il secondo muro, perché ce ne è già uno – nel sud – al confine con lo Yemen, che doveva servire, appunto, a difendersi dal terrorismo di al-Qaeda…

R. – Sì. Per la sicurezza saudita la costruzione di muri di confine – tra virgolette – verso quei Paesi che più sono instabili e che più rappresentano una minaccia è un leitmotiv, anche perché il territorio saudita è molto difficile da controllare, essendo per la stragrande maggioranza desertico e quindi con pochissimi punti di riferimento. Nella mentalità della leadership saudita la costruzione di un muro di protezione è uno dei possibili mezzi per proteggersi.

D. – Ma questi muri non rischiano di isolare un Paese che ospita due dei più importanti luoghi sacri dell’islam, Mecca e Medina?

R. – Assolutamente sì! Anche se la costruzione di muri di confine di solito è anche l’esempio di una certa “mentalità politica” di una leadership – quella saudita – che di fatto, di per sé, già in partenza non è molto aperta verso l’esterno. Certo è che una barriera protettiva sia nei confronti dell’Iraq, sia nei confronti dello Yemen non toglie all’Arabia Saudita il proprio ruolo centrale sia dal punto di vista politico che dal punto di vista religioso, soprattutto per quanto riguarda la presenza dei due maggiori luoghi sacri per l’islam, come Mecca e Medina. Inoltre negli ultimi anni con l’ascesa politica - da una parte - del Qatar e - dall’altra parte - degli Emirati Arabi, anche il ruolo dell’Arabia Saudita ha subito dei cambiamenti, delle modifiche: è qui la capacità della leadership saudita di trovare nuovi equilibri. Certo è che la leadership saudita non è famosa per il proprio riformismo, ma bensì per la propria staticità.

D. – L’Arabia Saudita sarebbe sospettata di aver finanziato, in origine, quei miliziani che ora rappresentano il cosiddetto Stato Islamico. Questo muro, adesso, serve proprio a difendersi da loro?

R. – Io ho un po’ di dubbi per quanto riguarda il discorso del finanziamento saudita allo Stato Islamico; maggiori certezze ci potrebbero essere per quanto riguarda il supporto saudita ad altri gruppi dell’insorgenza siriana, dell’opposizione siriana ad Assad, che in alcuni casi hanno anche combattuto lo Stato Islamico. Anche perché se vogliamo poi sottolineare una diversificazione tra l’Arabia Saudita e lo Stato Islamico, nonostante vi sia una – per alcuni versi – similare concezione dell’islam per quanto riguarda l’aspetto più conservatore, sta di fatto che il salafismo dello Stato Islamico è comunque in contrasto rispetto al wahabismo, su cui si fonda l’Arabia Saudita, anche per una lotta interna a chi è più conservatore.

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Mons. Fontana: difendere la dignità umana in Terra Santa

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Affermare la dignità umana in Terra Santa: questo il tema al centro dell’annuale visita-pellegrinaggio nella regione da parte dell’Holy Land Coordination, organismo formato dai vescovi di Usa, Canada, Ue e Sud Africa che in questi giorni si sono recati a Gaza, Sderot, Hebron, Gerusalemme e Betlemme. Tra i partecipanti anche l’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Riccardo Fontana, che, al microfono di Eugenio Bonanata si sofferma su ciò che ha visto a Gaza: 

R. – Io vengo dall’Umbria, dall’Umbria del terremoto del ’97, e ho rivisto tutto in terra come quella volta, solo che in Umbria si trattava della natura - il terremoto – e qui invece è stato un evento bellico: tutto distrutto e gente che vive fra le rovine, come nell’inferno dantesco, in situazioni di estrema povertà. Per esempio ho davanti agli occhi due anziani, malati di cancro, che durante la notte erano senza luce. Per fortuna il patriarca ha provveduto con le batterie delle macchine, in modo che se devono accendere la luce, ci sia.

D. – Anche Hebron è una città ferita?

R. – Sì, Hebron è una città ferita, ma è una città di 200mila abitanti, dove sono arrivate due comunità (ebraiche) dagli Stati Uniti d’America e dall’Australia che asseriscono che Hebron deve essere loro e hanno bloccato le strade del centro, dove non è possibile passare nemmeno in macchina per i palestinesi. Una situazione, quindi, di difficoltà. Vorrei, però, che non si attribuissero al mondo ebraico le cose che sono scelte di alcune piccole minoranze e forse di giochi della politica. La gente si accorge che così non si deve fare vivere nessuno.

D. – Come possiamo aiutare i cristiani in Terra Santa?

R. – Il vescovo di Oxford entrando dentro la scuola cattolica ha detto: “Avete bisogno? Possiamo aiutarvi? Vi manca il cibo, vi mancano i vestiti? Avete bisogno di strumenti elettronici?” Un ragazzo ha chiesto la parola e in maniera molto cortese, con un inglese perfetto, ha detto: “L’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno, purtroppo, non potete darcela: vogliamo essere considerati uomini con dignità”. vorrei che i nostri diciottenni di qua ragionassero così. Se le scuole cattoliche servono per far crescere la responsabilità in questa maniera, credo che sia proprio una bella risposta.

D. – Quanto è importante informare su ciò che succede in quelle città?

R. – E’ fondamentale, perché dà un’informazione corretta, sopra le parti. Noi non abbiamo interessi immediati nei riguardi della Terra Santa se non un amore grandissimo e vorremmo che andassero tutti d’accordo. Se lei permette, le voglio raccontare che nelle otto ore in cui ho fatto la fila davanti al confine di Gaza, è venuta una signora anziana ebrea e ha detto: “Che bello che i vescovi vadano a vedere quella povera gente, che trattano così male. Andategli a dire, per favore, che non tutti gli ebrei di Israele sono loro avversari e che siamo preoccupati per le condizioni di vita che hanno”. C’è da sperare che presto si riesca a trovare la via della pace.

D. – Informare rappresenta quindi una strada, una delle strade che bisogna praticare…

R.- Certamente sì, ma mi pare che la scelta di Pio XI di fornire il Vaticano di una Radio sia proprio in questo senso: fare in modo che ci sia una voce libera che arrivi a tutti.     

E al seguito della missione dell’Holy Land Coordination c’era la nostra collega della sezione inglese, Lydia O’Kane’s, che ha intervistato padre Gabriele Romanelli il quale da 10 anni gestisce un centro per bambini disabili a Betlemme: 

R. – Noi abbiamo qua bambini handicappati e abbandonati o in grave bisogno, fisico e morale. La difficoltà più grave che incontriamo riguarda i bambini con diverse malattie: non ci sono solo bambini con sindrome di down, ma anche bambini schizofrenici. Quindi ciò che unisce questi bambini è che sono handicappati e abbandonati e in grave bisogno. L’aiuto morale lo riceviamo da tante brave persone che vengono pure come volontari. Abbiamo poi un gruppo di 12 impiegati, tra cui un dottore, un fisioterapista…

D. – I servizi che offrite stanno aumentando?

R. – Sì, per quanto possiamo, vorremmo che la casa sia la casa dove abitano i bambini e dove possiamo dare una risposta ai loro bisogni. Una difficoltà che troviamo è che solo alcuni bambini possono essere inviati ad altre istituzioni scolastiche e quindi noi abbiamo bisogno di offrire servizi scolastici all’interno della struttura. Già abbiamo cominciato a farlo, al fianco della fisioterapia, l’idroterapia, la musicoterapia e così via. Questi bambini vivranno tutta la vita con noi, in pratica sono adottati da noi, e quindi è necessario che trovino tutto quello che serve a loro per svilupparsi come persone e come figli di Dio.

 

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Pillola 5 giorni dopo senza prescrizione. Di Virgilio: è abortiva

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Dibattito acceso dopo che la Commissione Europea, ha dato il via libera alla vendita nelle farmacie, senza prescrizione medica, della pillola dei 5 giorni dopo, nota in commercio come EllaOne. La decisione è applicabile a tutti i Paesi membri, quindi anche all’Italia dove ora  si attende il pronunciamento dell’Aifa, l'Agenzia del Farmaco. Il servizio di Paolo Ondarza

Prima, a novembre, l’Agenza Europea del farmaco, ora la Commissione Europea: la vendita in Europa senza prescrizione medica della pillola dei 5 giorni dopo, nota come EllaOne, ha la strada spianata. In Italia ad oggi per ottenerla è necessaria la ricetta medica e un test di gravidanza negativo, ma il pronunciamento di Bruxelles potrebbe cambiare le cose. Contraccettivo d’emergenza o pillola abortiva? Risponde Domenico Di Virgilio, ex presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani:

R. – E’ una pillola abortiva: dopo il quinto giorno l’ovulo fecondato si è già annidato o nella tuba, nelle gravidanze extrauterine, o nell’endometrio. Noi abbiamo già dichiarato che la pillola del giorno dopo è un abortivo e tanto più questa qui.

D. – Professore, considerato che in Italia l’età media del primo rapporto sessuale è sempre più anticipata: credo che sia attorno ai 13 anni…

R. – Le ragazzine devono sapere sessualmente a cosa vanno incontro!

D. – Quindi il fatto che le farmacie potrebbero vendere senza prescrizione medica…

R. – E’ assurdo! E’ assolutamente irresponsabile!

D. – La decisione della Commissione Europea di fatto è applicabile a tutti i Paesi membri: in Italia è adesso atteso il pronunciamento dell’Aifa...

R. – Guardi, noi contiamo molto sull’aspetto scientifico della questione e non sull’aspetto del credo. E’ una questione scientifica!

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Al via ieri a Roma la V edizione delle letture teologiche

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Sono dedicate ai “Grandi classici della letteratura cristiana” le "Letture teologiche" promosse dalla diocesi di Roma. E ieri sera nella Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense, si è svolta la prima delle tre serate. Tema dell’incontro “Dante e la Divina Commedia”. Le prossime letture si svolgeranno rispettivamente il 22 e il 29 gennaio e si parlerà dei “Promessi sposi” di Manzoni e dell’ opera “L’idiota” di Dostoevskij. Il servizio di Marina Tomarro

"Alta fantasia", così viene definita la teologia poetica di Dante nella Divina Commedia, perché attraverso i celebri versi del poema, il poeta, riesce a portare il lettore a vedere oltre il visibile, dentro quell’invisibile dove  si trova il mistero divino. Massimo Naro direttore del Centro Studi Cammarata di San Cataldo in Sicilia.

R. - Con “alta fantasia” si intende – seguendo il solco di Dante – questa poesia che si apre al Mistero di Dio e che riesce a illustrare e a raccontare il Mistero di Dio con tutto ciò di cui il linguaggio umano, ma anche direi l’esperienza, la vita stessa degli uomini, dispongono per riverberare la somiglianza, che nell’uomo certamente è impressa, di Dio suo Creatore. Dante è l’artigiano della parola, ma anche l’esperto di umanità, che riesce a dire umanamente il dirsi di Dio. In questo senso è teologo.

D. – In Dante abbiamo anche la bellezza e la verità. In che modo si fondono nella Divina Commedia?

R. – La poesia di Dante mostra e dimostra che la verità è innanzitutto bella e che la bellezza è propriamente vera. Non c’è una bellezza autentica che non sia vera, non c’è una verità che non affascini. I versi di Dante sono la dimostrazione di tutto questo.

E attraverso i tre canti tanti sono i temi importanti che il poeta pellegrino affronta,  come la giustizia umana e divina e la pace. Ascoltiamo Rino Caputo, docente di Letteratura italiana all’Università di Roma Tor Vergata.

R. – L’universo è costruito da Dio, secondo quelle parole che dice nel  I Canto del Paradiso, “La gloria di Colui che tutto muove, per l’universo penetra e discende in una parte più e meno altrove”. Quindi tutto è ordinato e anche la giustizia non può che far parte di questo ordine: chi si mette contro questo ordine, chi deroga da questo ordine, commette un’ingiustizia. Dovremmo ricordarcelo! E poi – ancora – proprio per questo riferimento fondamentale, c’è questa bella immagine che è quella del rapporto con la pace. Sostanzialmente chi vuol essere un buon cristiano deve costruire la pace in terra e chi costruisce la pace in terra è in grado di meritare la vita eterna.

   E la Commedia diventa anche il luogo ideale dove fede e ragione si incontrano. Ascoltiamo ancora Rino Caputo.

R. – Dante ci mostra e ci dimostra la compatibilità tra fede e ragione. E’ il trionfo, in un certo senso, della ragione che si fa fede e fede che non può esistere senza ragione, senza cioè l’umanità: è questo è il punto vero. E  anche nel momento fondamentale della visione di Dio,  Dante, per poter spiegare a tutti cos’è Dio, ci fa la citazione di quella bellissima immagine dell’Ombra d’Argo: Nettuno che, meravigliato, per la prima volta vede che i raggi del sole sono interrotti da un’ombra e l’ombra qual è? E’ l’uomo che va avanti; è la nave Argo che scopre il mondo. Ed è un mondo, però, fatto da Dio nell’ottica di Dante.

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Nella Chiesa e nel mondo



Vescovo Aleppo: felice cooperanti liberate. Mistero sugli altri rapiti

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"Sono felice per la liberazione delle due cooperanti italiane sequestrate e auguro loro di poter superare questi giorni difficili, che possano riprendere la loro vita. Al contempo, voglio però ricordare la sorte dei due vescovi rapiti, di padre Dall'Oglio, degli altri sacerdoti e delle migliaia di persone" in mano ai gruppi terroristi o a bande di criminali che imperversano in Siria. È quanto afferma all'agenzia AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei latini, mons. Georges Abou Khazen, commentando la notizia del rilascio delle cooperanti italiane Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, per oltre cinque mesi nelle mani dei sequestratori. 

Ad Aleppo è sempre emergenza
Interpellato da AsiaNews, il vicario apostolico di Aleppo - dove è avvenuto il sequestro delle due giovani - ricorda che "la situazione non è cambiata, non vi è sicurezza e la vita quotidiana della gente si fa sempre più difficile". Il prelato racconta che "la luce viene solo per un'ora e mezza al giorno, manca il gasolio, a volte mancano cibo e acqua e ora fa anche molto freddo".

Nessuna notizia su vescovi e sacerdoti rapiti
In merito alla sorte del padre gesuita Paolo Dall'Oglio rapito in Siria il 29 luglio 2013, dei due vescovi - il metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e il metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa) prelevati nell'aprile 2013 - e di altri sacerdoti, spiega che "purtroppo non ne sappiamo nulla". "Ogni volta - aggiunge - arriva una notizia che poi viene subito contraddetta, non abbiamo contatti né canali di dialogo, navighiamo nel buio più assoluto".

La Chiesa: non armare i combattenti
Mons. Georges Abou Khazen sottolinea che "anche l'Occidente" dopo gli attacchi di Parigi, "comincia a sentire il peso e le violenze di questa gente"; ma, avverte il prelato, sono gli stessi governi occidentali ad avere una parte di responsabilità in questa escalation di terrore. "Devono cessare di vendere loro le armi - riferisce - devono smetterla di addestrare queste persone; non ci sono differenze fra gruppi, non ci sono oppositori e terroristi, non vi sono moderati e fondamentalisti". "Bisogna smetterla di armare e addestrare questa gente - avverte - non possono essere considerati criminali in un Paese e combattenti per la libertà in un altro".

Dialogo con l'islam moderato
Da ultimo il vicario apostolico di Aleppo auspica che sia "vinta questa logica che inneggia al fanatismo", una guerra "che non va combattuta con le armi, ma anche con altri mezzi: l'educazione, la scuola, ma soprattuto bisogna privilegiare il dialogo con imam e leader religiosi moderati, non con quanti, finanziati dall'esterno, promuovono logiche di violenza e terrore".(D.S.)

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Vescovi del Belgio: non cedere all'aggressività cieca

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Un accorato appello dei vescovi belgi a non cedere alla “aggressività cieca” e a perseguire sulla strada del “dialogo e dell’incontro” in queste ore drammatiche per il Belgio dove l’allarme terrorismo si è alzato dopo le operazioni di polizia a Verviers, città al confine con la Germania, nella quale ieri sono stati uccisi due sospetti jihadisti.

Appello al dialogo
A prendere la parola - riferisce l'agenzia Sir - è mons. Jean-Pierre Delville vescovo di Liegi, che proprio nelle ore del blitz delle forze di sicurezza belga si trovava nella moschea di Verviers: “Nel momento in cui ero in visita alla moschea di Céciv in rue de Hodimont a Verviers - racconta il vescovo -, un gruppo di terroristi sono stati localizzati e alcuni uccisi dalla polizia. Il calore dimostrato dalla comunità musulmana di Hodimont contrasta con la violenza di coloro che tradiscono l’Islam con la loro aggressività cieca. La guerra genera guerra. Solo il dialogo e l’incontro conducono alla pace”. (R.P.)

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Patriarca copto Tawadros: offensive le vignette su Maometto

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Le vignette su Maometto pubblicate dal magazine satirico francese Charlie Hebdo sono “offensive” e ogni oltraggio va rigettato “a tutti i livelli”. Così il patriarca copto ortodosso Tawadros II ha espresso un chiaro giudizio di disapprovazione rispetto alla scelta operata dai superstiti dello staff della rivista, la cui redazione è stata decimata dall'attacco terroristico dello scorso 7 gennaio. Dopo la strage, la rivista è tornata in edicola mercoledì scorso con un fascicolo – stampato e diffuso in tutto il mondo in 5 milioni di copie – sulla cui copertina compare una vignetta raffigurante il Profeta Maometto che piange e che tiene un cartello con la scritta “je suis Charlie”, sotto il titolo “tout est pardonné” (tutto è perdonato).

Le offese alle religioni non aiutano la pace
“Io - ha spiegato il patriarca - rifiuto ogni forma di insulto personale, e quando le offese riguardano le religioni, esse non sono approvabili né sul piano umano, né su quello morale e sociale. Esse non aiutano la pace del mondo, e non producono nessun beneficio”. Il Patriarca copto ha rilasciato le sue dichiarazioni incontrando alcuni giornalisti in margine alla importante visita compiuta in Egitto dall'Abuna Mathias, patriarca della Chiesa ortodossa etiope.

Mons. Mina: la vera libertà è sempre responsabile
“Le vignette - aggiunge all'agenzia Fides Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh - vengono esaltate come espressione di libertà. Ma la vera libertà è sempre responsabile. Non offende gratuitamente, non ridicolizza e non ferisce gli altri, toccandoli nelle cose che hanno più a cuore, soprattutto in materia di religione e di fede. Forse è bene non dare importanza a queste derisioni, e non avere reazioni che poi vengono strumentalizzate e travisate come oscurantismo. Anche perché, per noi cristiani, la fede è dono gratuito di Dio, che la dà a chi vuole. E chi la riceve non solo non può imporla agli altri, ma non ha neanche il problema di difenderla dalle offese. Perché a difendere il dono della fede ci pensa il Signore”. (R.P.)

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Lettonia: le Chiese europee incontrano la presidenza Ue

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Nonostante la “grave preoccupazione per la sicurezza interna”, le Chiese chiedono “il rispetto costante dei diritti e delle libertà dei cittadini dell‘Ue”: questo uno dei messaggi che arrivano da Riga, dove ieri una delegazione di rappresentanti delle Chiese cristiane ha incontrato il ministro della giustizia lettone Dzintars Rasnačs, a una settimana dall’inizio della presidenza lettone del Consiglio europeo. Lo riferisce una nota diffusa oggi dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) che presenta la sintesi del dialogo tra il ministro e i nove rappresentanti di Comece, Conferenza delle Chiese europee (Cec) e Chiese locali.

Nel dialogo: libertà religiosa e tolleranza
“La crescente minaccia del terrorismo sul territorio dell’Ue”, hanno concordato i partecipanti all’incontro, avrà ripercussioni sulla “elaborazione della nuova strategia europea per la sicurezza e la prevenzione dei conflitti” al vaglio delle istituzioni dell’Ue. Nel dialogo - riferisce l'agenzia Sir - si è parlato anche di “libertà religiosa e tolleranza, cambiamenti climatici, migrazioni e politica di vicinato nell’Ue”. Guardando all’atteso summit del partenariato orientale in calendario a Riga per il maggio prossimo, i rappresentanti delle Chiese hanno espresso l’auspicio che “i legami tra i Paesi coinvolti siano rafforzati”. 

Sostenere le sfide dei Paesi in via di sviluppo
Rispetto ai temi dei cambiamenti climatici e al ruolo dell’Ue in vista dell’appuntamento Onu di Parigi (dicembre 2015), la richiesta delle Chiese è che “le sfide affrontate dai Paesi in via di sviluppo a questo riguardo siano presi in considerazione in tutte le proposte” che l’Ue vorrà presentare al vertice, ha detto padre Patrick Daly (Comece), assicurando che in Europa le comunità cristiane locali continueranno nel loro sforzo per l’efficienza energetica.

Migrazioni e fuga dei cristiani perseguitati
Quanto alla “irrisolta sfida della migrazione e dell’asilo”, la nota Comece spiega: “La discussione si è incentrata sulla responsabilità degli Stati membri di condividere il dovere di ospitalità verso i migranti provenienti da Paesi terzi” ma le Chiese hanno anche sollecitato “la presidenza sulle esigenze specifiche dei cristiani in fuga dalle persecuzioni”.

Riga dialoga con le comunità ecclesiali
Il ministro Rasnačs ha offerto in modo “franco e prudente - ancorché provvisorio - le proprie valutazioni sulle difficoltà e opportunità in ciascuno di questi settori”, sintetizza la nota, e “ha esortato le Chiese a contribuire al dibattito pubblico su questi temi”, dichiarando che “il governo della Lettonia è molto impegnato nel dialogo con le comunità ecclesiali” soprattutto attraverso incontri “regolari con i leader religiosi riuniti in un Consiglio spirituale”. Gli incontri tra le Chiese e il Paese di turno alla presidenza dell’Ue è ormai una prassi costante a ogni cambio di presidenza. (R.P.)

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Mozambico: morti e dispersi per le piogge torrenziali

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Le piogge torrenziali che stanno duramente colpendo il Mozambico continuano a far registrare morti e circa 20 mila dispersi. E’ quanto riporta un comunicato di Radio Mozambique inviato all’agenzia Fides. Alcune persone sono morte nel tentativo di attraversare il fiume Licungo, nella provincia di Zambezia, altre sono state spazzate via insieme alle loro automobili. Altri morti ancora ci sono stati a causa di un fulmine nella provincia settentrionale di Niassa.

Numerosi bambini scomparsi
La polizia sta cercando dei bambini scomparsi mentre andavano verso la regione di Mocuba vicino al fiume Licungo. Le inondazioni hanno danneggiato una delle strade principali che collegano il nord e il sud del Paese. I servizi di emergenza utilizzano le barche per raggiungere e soccorrere gli alluvionati. 
Il governo del Mozambico ha emesso un allarme rosso per le province centrali e settentrionali, e ha esortato gli abitanti delle zone più basse a spostarsi in aree più elevate.

Inondazioni anche in Malawi
Da oltre un mese le inondazioni stanno distruggendo anche il vicino Malawi, dove sono stati registrati diversi morti e circa 70 mila sfollati. Il responsabile dei Servizi Metereologici teme che le alluvioni continueranno soprattutto nelle zone settentrionali e centrali del Paese. Nel distretto meridionale di Mangoche, a circa 100 chilometri a sud della capitale commerciale, Blantyre, quando i villaggi sono stati inondati, ci sono state delle vittime. Bestiame, raccolti, case sono stati spazzate via dalle acque, e diverse abitazioni completamente sommerse. (R.P.)

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Egitto: Assemblea dei vescovi su sostegno a scuole cristiane

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Nei giorni 13 e 14 gennaio, nel distretto cairota di Maadi, si è riunita la periodica Assemblea dei vescovi cattolici in Egitto. All'incontro, svoltosi sotto la presidenza del patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak, ha preso parte anche il patriarca greco-melchita Grégoire III, in qualità di vice-presidente dell'organismo ecclesiale.

Compito prezioso delle scuole cristiane
Al centro dei lavori è stato posto il necessario coordinamento tra le diverse comunità cattoliche nella condivisione della comune missione apostolica, e particolare attenzione è stata dedicata alle iniziative del Segretariato delle scuole cristiane, che continuano a svolgere un compito prezioso e universalmente apprezzato nella società egiziana nella fase storica complessa e problematica attraversata dal grande Paese africano.

Anno della Vita Consacrata ed ecumenismo
I vescovi cattolici presenti in Egitto si sono anche confrontati sulle iniziative messe in cantiere per celebrare e vivere in maniera feconda l'Anno dedicato alla Vita Consacrata, ed è stato da tutti rimarcato il miglioramento dei rapporti ecumenici con la Chiesa copta ortodossa, iniziato dopo l'elezione a patriarca di Tawadros II. “Il patriarca Tawadros - conferma all'agenzia Fides Anba Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh - trova ancora alcune resistenze in certi ambienti ecclesiali, anche su questioni ecumeniche delicate. Lui, con la sua saggezza pastorale, sa che il terreno deve essere preparato, e per fare questo occorre tempo e pazienza”. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 16

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.