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Sommario del 20/02/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco ai vescovi ucraini: ricercate la "pace possibile"

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Rispettare la tregua e i principi della legalità internazionale, non smettere di dialogare e collaborare per arrivare alla “pace possibile”. È il nuovo appello che Papa Francesco ha levato per l’Ucraina durante l’incontro in Vaticano con i vescovi del Paese europeo in visita “ad Limina”. Il Papa ha anche espresso dolore per le “incomprensioni” che corrono tra le comunità ecclesiali latina e greco-cattolica ucraine, esortandole all’unità. Il servizio di Alessandro De Carolis

Non arriva fino alla Sala Clementina il tuonare dell’artiglieria di Donetsk o Mariupol. Ad aleggiarvi è in un certo senso il rombo delle conseguenze, le urla dei “drammi umani” – come li chiama Francesco – che in quelle terre stanno riscrivendo la storia di una nazione con l’inchiostro della violenza, dopo aver polverizzato l’ennesimo tentativo di provare a ragionare guardandosi negli occhi e non da dietro il mirino di un mitra.

Rispettare tregua e legalità internazionale
Sono in tanti i vescovi ucraini seduti in ascolto davanti al Papa, presuli di tradizione greco-cattolico e latina. Francesco affronta due argomenti, il primo ovviamente è la crisi armata che, dice, “continua a mietere vittime innocenti” e a “causare grandi sofferenze all’intera popolazione”. L’appello del Papa è diretto alle parti in lotta perché, è la sua richiesta, “sia rispettato il principio della legalità internazionale” e in particolare, “sia osservata la tregua recentemente sottoscritta”.

Vicini alla gente
Ma in ballo c’è il ruolo che i vescovi sono chiamati ad assumere in questa fase e Francesco ribadisce un paio di volte che non spetta a un ministro di Cristo “promuovere una concreta soluzione politica”. Il vescovo è, insieme, cittadino e pastore e dunque la prima a essere oggetto di cura deve essere la gente. “Ascoltando il vostro popolo, voi vi fate solleciti verso i valori che lo caratterizzano: l’incontro, la collaborazione, la capacità di comporre le controversie. In poche parole: la ricerca della pace possibile”.

Riaffermate i valori
Inoltre, prosegue il Papa, guardando alla situazione del Paese voi “avete il diritto di esporre, anche in forma comune, il vostro pensiero circa i suoi destini”, cioè di riaffermare “i valori che costituiscono l’elemento coagulante della società ucraina”, sapendo che “la Santa Sede è al vostro fianco, anche presso le istanze internazionali, per far comprendere i vostri diritti, le vostre preoccupazioni e i giusti valori evangelici che vi animano”.

Difensori degli ultimi
Lo sguardo di Francesco non si allontana mai dalla carne viva, dai problemi che vivono madri, padri, giovani. Il conflitto, osserva, ha causato “gravi ripercussioni nella vita delle famiglie" e inoltre, stigmatizza, si è accentuato il divario dei pochi ricchissimi rispetto a tutti gli altri, fenomeno che “ha inquinato in varia misura, purtroppo, anche le istituzioni pubbliche. Ciò ha generato una iniqua povertà in una terra generosa e ricca”. E qui Francesco, esortando i presuli a ripetere che “il senso di giustizia e di verità, prima che politico, è morale”, li ha invitati ancora a essere i “difensori delle famiglie, dei poveri, dei disoccupati, dei deboli, dei malati, degli anziani pensionati, degli invalidi, degli sfollati”.

Comunione dei cuori
Ma c’è anche un secondo appello che il Papa leva, diretto ai vescovi latini e greco-cattolici. Il peso della storia condiziona i rapporti, e tuttavia, confessa Francesco, “a me personalmente fa male sentire che vi siano incomprensioni e ferite”. Gesù Cristo, dice loro, è il vostro “medico” e voi “siete un corpo unico” e la vostra unità farà bene sia alla Chiesa che alla nazione. “Unite le vostre forze e sostenetevi a vicenda – insiste ancora il Papa – facendo delle vicende storiche un motivo di condivisione e di unità” anche nel cammino ecumenico. Il “sangue dei vostri testimoni”, è l’augurio finale di Francesco, "sia ulteriore motivo che vi sospinge verso la vera comunione dei cuori”.

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Il Papa: mai usare Dio per coprire l'ingiustizia

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I cristiani, specie in Quaresima, sono chiamati a vivere coerentemente l’amore a Dio e l’amore al prossimo. E’ uno dei passaggi chiave dell’omelia che Francesco ha pronunciato nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Francesco ha messo dunque in guardia da chi invia un assegno alla Chiesa e poi si comporta ingiustamente con i suoi dipendenti. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Il popolo si lamenta davanti al Signore perché non ascolta i suoi digiuni. Papa Francesco ha mosso la sua meditazione partendo dal brano di Isaia nella prima Lettura. E subito ha sottolineato che bisogna distinguere tra “il formale e il reale”. Per il Signore, ha osservato, “non è digiuno, non mangiare la carne” ma poi “litigare e sfruttare gli operai”. Ecco perché Gesù ha condannato i farisei perché facevano “tante osservanze esteriori, ma senza la verità del cuore”.

L’amore a Dio e all’uomo sono uniti, fare penitenza reale
Il digiuno che vuole Gesù invece è quello che scioglie le catene inique, rimanda liberi gli oppressi, veste i nudi, fa giustizia. “Questo – ha ribadito il Papa – è il digiuno vero, il digiuno che non è soltanto esterno, un’osservanza esterna, ma è un digiuno che viene dal cuore”:

“E nelle tavole della legge c’è la legge verso Dio e la legge verso il prossimo e tutte e due vanno insieme. Io non posso dire: 'Ma, no, io compio i tre comandamenti primi… e gli altri più o meno'. No, se tu non fai questi, quello non puoi farlo e se tu fai questo, devi fare questo. Sono uniti: l’amore a Dio e l’amore al prossimo sono una unità e se tu vuoi fare penitenza, reale non formale, devi farla davanti a Dio e anche con il tuo fratello, con il prossimo”.

Peccato gravissimo usare Dio per coprire l’ingiustizia
Si può avere tanta fede, ha proseguito, ma – come dice l’Apostolo Giacomo – se “non fai opere è morta, a che serve”. Così, se uno va a Messa tutte le domeniche e fa la comunione, gli si può chiedere: “E com’ è il tuo rapporto con i tuoi dipendenti? Li paghi in nero? Paghi loro il salario giusto? Anche versi i contributi per la pensione? Per assicurare la salute?”:

“Quanti, quanti uomini e donne di fede, hanno fede ma dividono le tavole della legge: ‘Sì, sì io faccio questo’ – ‘Ma tu fai elemosina?’ – ‘Sì, sì, sempre io invio un assegno alla Chiesa’ – ‘Ah, beh, va bene. Ma alla tua Chiesa, a casa tua, con quelli che dipendono da te - siano i figli, siano i nonni, siano i dipendenti - sei generoso, sei giusto?’. Tu non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle della ingiustizia che fai con i tuoi dipendenti. Questo è un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l’ingiustizia”.

“E questo – ha ripreso – è quello che il profeta Isaia in nome del Signore oggi ci fa capire”: “Non è un buon cristiano quello che non fa giustizia con le persone che dipendono da lui”. E non è un buon cristiano, ha soggiunto, “quello che non si spoglia di qualcosa necessaria a lui per dare a un altro che abbia bisogno”. Il cammino della Quaresima, ha detto ancora, “è questo, è doppio, a Dio e al prossimo: cioè, è reale, non è meramente formale. Non è non mangiare carne solamente il venerdì, fare qualcosina, e poi fare crescere l’egoismo, lo sfruttamento del prossimo, l’ignoranza dei poveri”. C’è chi, ha raccontato il Papa, se ha bisogno di curarsi va in ospedale e siccome è socio di una mutua subito viene visitato. “E’ una cosa buona – ha commentato il Papa – ringrazia il Signore. Ma, dimmi, hai pensato a quelli che non hanno questo rapporto sociale con l’ospedale e quando arrivano devono aspettare 6, 7, 8 ore?”, anche “per una cosa urgente”.

A Quaresima, facciamo posto nel cuore per chi ha sbagliato
E c’è gente qui, a Roma, ha avvertito, che vive così e la Quaresima serve “per pensare a loro: cosa posso fare per i bambini, per gli anziani, che non hanno la possibilità di essere visitati da un medico?”, che magari aspettano “otto ore e poi ti danno il turno per una settimana dopo”. “Cosa fai per quella gente? Come sarà la tua Quaresima?”, domanda Francesco. “Grazie a Dio io ho una famiglia che compie i comandamenti, non abbiamo problemi…” – “Ma in questa Quaresima – chiede ancora il Papa - nel tuo cuore c’è posto per quelli che non hanno compiuto i comandamenti? Che hanno sbagliato e sono in carcere?”: 

“‘Ma con quella gente io no…’  - ‘Ma tu, lui è in carcere: se tu non sei in carcere è perché il Signore ti ha aiutato a non cadere. Nel tuo cuore i carcerati hanno un posto? Tu preghi per loro, perché il Signore li aiuti a cambiare vita?’ Accompagna, Signore, il nostro cammino quaresimale perché l’osservanza esteriore corrisponda a un profondo rinnovamento dello Spirito. Così abbiamo pregato. Che il Signore ci dia questa grazia”.

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Tweet del Papa: i Sacramenti sono la manifestazione della tenerezza e dell’amore del Padre

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“I Sacramenti sono la manifestazione della tenerezza e dell’amore del Padre verso ognuno di noi”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account @Pontifex in 9 lingue.

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Baldisseri: Sinodo famiglia in ascolto del popolo di Dio

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La costante attenzione della Chiesa al matrimonio e alla famiglia è stata ribadita dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, durante la presentazione del libro “Persona e matrimonio: mistero, riflessioni e vita” edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il volume ha dato l’occasione al porporato di evidenziare come finora il diritto ecclesiastico si sia occupato principalmente di matrimonio e poco di famiglia. Lo spiega lo stesso cardinale Baldisseri al microfono di Paolo Ondarza

R. – Si è accentuato molto nel passato il ruolo del matrimonio che è fondamentale, è la cellula fondamentale della società è quella che costituisce la famiglia. Ma l’accento ora vorremmo porlo sulla famiglia. La famiglia non è solo la coppia. Il matrimonio sono due persone che si uniscono, un progetto, quello di formare una famiglia. Ma poi la famiglia si costituisce soprattutto con la venuta dei figli. E allora la famiglia diventa una realtà molto più ampia, pertanto anche nel campo del diritto c’è bisogno di fare un passo in più. Si è parlato molto del bonum coniugum, cioè il bene dei coniugi, e noi vogliamo accentuare il bonum familiae.

D. – A che punto siamo nel cammino verso il prossimo Sinodo?

R. - Siamo nel momento inter-sinodale, tra una prima assemblea celebrata e l’altra assemblea del mese di ottobre 2015, il momento di riflessione su tanti punti ma specialmente quelli più sensibili che sono apparsi nella Relatio Synodi. Per questo siamo molto interessati di poter studiare, approfondire, avere poi anche elementi di risposta ai temi e ai problemi.

D.  – E’ in fase di svolgimento il questionario nelle diocesi di tutto il mondo. Attendete queste risposte?

R. – Il questionario, infatti, è stato inviato. C’è già un documento base che è quella Relatio Synodi dell’ultima assemblea e su quel testo abbiamo chiesto ancora, con delle domande, la reazione da parte delle Conferenze episcopali, del popolo di Dio nel mondo, che ci possano offrire qualche elemento in più. E’ piuttosto una riflessione: vedere loro oggi che cosa propongono, la gente, le componenti di tutta la Chiesa, che cosa possono offrire perché i sinodali possano avere elementi maggiori per trovare linee pastorali adeguate.

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Vaticano: nessun allarme su pensioni presenti e future

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Non c’è alcun allarme sulla situazione del Fondo Pensioni vaticano e sulla sua sostenibilità a fronteggiare gli impegni assunti verso gli iscritti, presenti e futuri: è quanto afferma un comunicato del Consiglio di Amministrazione e del Collegio dei revisori dei Conti del Fondo, in risposta a notizie di stampa che circolano da alcuni mesi.

I due organismi rendono nota in modo ufficiale la situazione attuariale, patrimoniale e reddituale del Fondo così come risulta dai Bilanci Tecnici attuariali redatti dall’attuario certificatore e dai Bilanci di esercizio regolarmente approvati dalla Segreteria di Stato.

Circa l’aspetto attuariale, si rileva il sostanziale equilibrio tra risorse disponibili e impieghi verso gli attuali e futuri pensionati, grazie anche ad interventi (approvati dalla Segreteria di Stato su proposta del Consiglio di Amministrazione) sia in ambito contributivo (aumento di aliquote nel corso degli anni fino ad arrivare all’attuale aliquota del 26% sull’ammontare delle retribuzioni imponibili) sia in ambito delle prestazioni (allungamento di due anni della vita lavorativa che ha fissato l’età di pensionamento a 67 anni per i laici e a 72 anni per gli ecclesiastici e i religiosi).

I Bilanci di esercizio evidenziano, nel corso degli anni, la solidità anche della struttura patrimoniale e finanziaria del Fondo stesso. Il rapporto di copertura del Fondo Pensioni (funding ratio) è del 95%.

Esperti del settore rilevano che, mediamente, i grandi Fondi pensioni internazionali raggiungono una copertura dell'80%.

Sul piano più strettamente reddituale, la situazione economica e patrimoniale dell’ente registra il progressivo incremento delle risorse finanziarie e immobiliari sia con i mezzi propri che, dal 1993 al 2013, sono mediamente aumentati di € 22.256.196 l’anno, sia per l’andamento in crescita dell’utile d’esercizio, che, negli ultimi 6 anni è passato da € 23.583.882 ad € 26.866.657, importi sufficienti a coprire il costo attuale delle pensioni.

A completamento del quadro, si evidenzia che il patrimonio del Fondo, al 31 dicembre 2014, è di € 477.668.000. Aggiungendovi l’avanzo preventivo di gestione previsto per il 2015 nella misura di € 27.140.000, è ipotizzabile, al 31 dicembre 2015, una consistenza patrimoniale di oltre 504 milioni di euro, a conferma della reale solidità del Fondo, che è passato da uno stanziamento iniziale di 10 miliardi delle vecchie lire italiane nel 1993 ad oltre 500 milioni di euro in poco più di venti anni.

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Presentato volume "Michelangelo agli Uffizi, dentro e fuori”

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Il "Tondo Doni" e il "David". Questi due capolavori dell’arte rinascimentale sono al centro del volume “Michelangelo agli Uffizi, dentro e fuori”, pubblicato da Maschietto editore e presentato ieri ai Musei Vaticani. Un libro nato dall’esigenza dell’autore, Antonio Natali, direttore del museo fiorentino, di guardare queste opere con uno sguardo dettagliato, lontano dalle convenzioni superficiali che le fanno diventare un semplice sfondo per le foto dei turisti. Il servizio di Michele Raviart

Michelangelo non si riteneva un pittore, eppure il suo “Tondo Doni”, realizzato qualche anno prima degli affreschi della Cappella Sistina, mostrano già un tratto maturo e tecnico. Il "David", invece, fu uno shock per il suo tempo, nel suo essere la prima statua moderna a rifarsi ai modelli classici ellenistici. Due capolavori che contengono dettagli che sfuggono a un occhio distratto e superficiale perché  – come spiega l’autore del volume, il direttore della Galleria degli Uffizi Antonio Natali – nell’arte nulla è raffigurato per caso.

"Come non vedere nel 'David' una figura anomala rispetto alle nostre convinzioni: è un colosso, non è un giovinetto di bell’aspetto. Come non vedere che manca la testa di Golia, che per solito è l’attributo connotativo di Davide. Come non notare che non si vede il sasso e si vede a malapena il laccio della fionda. E così nel 'Tondo Doni': come non accorgersi della presenza di nudi che si tolgono i pochi abiti che hanno, dietro una Sacra Famiglia. Quale è il nesso? Porsi questi quesiti è già un passo avanti rispetto a chi guarda un’opera, cercando di sbalordirsi e basta".

Uno dei punti affrontati nel volume è il rapporto tra i ritrovamenti delle grandi statue classiche a Roma nei primi anni del Cinquecento, custodite ora in Vaticano, con queste opere fiorentine di Michelangelo e i suoi futuri lavori romani, come spiega Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

"Si parla proprio di questo, cioè delle relazioni che ci sono – per esempio – tra il 'Tondo Doni' e la Cappella Sistina, che viene subito dopo come cronologia. Oppure, dei rapporti che ci sono fra il David e l’Apollo del Belvedere e il  Laocoonte. Quindi, tutto un sistema di relazioni che legano le opere d’arte più tipiche e più celebri del Vaticano con le opere d’arte di Michelangelo a Firenze".

Il "David" e il "Tondo Doni" sono opere entrate nell’immaginario collettivo, che si rischia di guardare senza passione e curosità. Sfondo per le foto dei turisti, appunto, o come dice l’autore nell’introduzione: “comprimari d’autoscatto”:

"Ormai sono questo, sono celebri, e allora servono ad attestare una nostra partecipazione a un rito collettivo che è quello della visita del museo. E non si cerca più di farci toccare le corde del cuore da quello che si vede. Bisogna attestare che ci siamo stati e allora l’attestato maggiore è chiamarli come testimoni delle nostre fotografie".

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Alla ricerca della pace possibile: ai vescovi dell’Ucraina, il Papa assicura la vicinanza della Santa Sede.

Uomo per i diritti: Giorgio Filibeck secondo l’arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

Vandali a Roma: il centro devastato da teppisti arrivati dall’Olanda.

La panchina del riscatto: Giulia Galeotti sull’incontro di due solitudini nel Giappone contemporaneo.

Abitare le domande: Marco Valenti sulle rubriche settimanali di un parroco.

Un articolo di Anna Foa dal titolo: “Fermi al proprio posto”: il 6 marzo, la giornata europea dei Giusti.

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Oggi in Primo Piano



Libia. Nuovo attentato dell'Is provoca 40 morti

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Libia ancora nel caos: un triplice attentato nell’est del Paese, rivendicato dall’Is, ha provocato almeno 40 morti e 70 feriti. Intanto, lo Stato islamico ha ultimato la conquista di Sirte, imponendo dalle 20 ora locale il coprifuoco totale. Stati Uniti, Ue ed Egitto d'accordo sulla medizione politica. Il servizio di Cecilia Seppia: 

Tre autobomba quasi simultanee sono esplose ad Al Qubah, una cittadina nell’est della Libia, provocando decine di vittime, quasi tutte civili: è l’ultimo atto di terrore in ordine di tempo compiuto e rivendicato nel Paese nordafricano dallo Stato islamico che, stando al governo di Tobruk, starebbe velocemente guadagnando terreno. L’attentato ha preso di mira soprattutto il quartier generale della sicurezza e una stazione di servizio. Totalmente in mano ai jihadisti è anche Sirte, dove da questa sera entrerà in vigore per volere del’Is il coprifuoco totale. Il premier Al Thani accusa i deputati del parlamento di Tripoli a guida islamica, non riconosciuto ufficialmente, di “non volere il dialogo di pacificazione mediato dall’Onu”. La violenza dilaga anche sul fronte iracheno: nell’ultima settimana per mano dei jihadisti sono state uccise 150 persone. Washington non esclude di voler partecipare alla riconquista della città di Mosul, dove si ritiene che siano asserragliati circa duemila jihadisti sunniti, mentre un’offensiva tutta irachena potrebbe arrivare a maggio, al termine di una fase di addestramento. La violenza efferata dell’Is continua a viaggiare sul web, con minacce dirette anche a Roma.  Usa, Ue ed Egitto dopo l’incontro a Washington hanno ribadito pieno sostegno alla mediazione dell’inviato speciale dell'Onu in Libia, Bernardino Leon, per un governo di unità nazionale. “Bisogna restare uniti nel combattere la piaga del terrore”, aveva detto ieri il presidente americano, Barack Obama, che ha accusato lo Stato islamico di “genocidio”. 

“Non c’è più tempo per trascurare la situazione tragica umanitaria e sanitaria che da mesi regna in Libia, la stabilizzazione del Paese è necessaria soprattutto per la popolazione. E’ quanto dice il prof. Aldo Morrone, presidente dell’Istituto mediterraneo di ematologia, che più volte è stato ed ha operato in Libia. La sua testimonianza al microfono di Cecilia Seppia

R. – Purtroppo, la situazione sanitaria, negli ultimi tre anni, è decisamente peggiorata. C’è stato un tentativo di rialzarla attraverso l’assunzione di medici ed infermieri dalle Filippine, dopo che i medici locali sono fuggiti, ma la situazione è degenerata. Adesso non c’è un’assistenza sanitaria né per i libici, né per quell’uno o due milioni – probabilmente – di immigrati irregolari che sono presenti sul territorio libico. Oltre alle medicine, quello che soprattutto comincia a scarseggiare sono le risorse alimentari: non c’è da mangiare e non c’è acqua potabile per tutti. La situazione è drammatica e questo determina anche un peggioramento delle condizioni di salute di chi già poteva sufficientemente vivere.

D. – Gli ultimi degli ultimi, in questo scenario di conflitto, sono proprio i migranti. Però, ci si deve interrogare anche sulla popolazione locale: penso a Sirte, stretta sotto assedio in questi giorni dalla Stato islamico… Anche lì, sul terreno, immagino che la vita dei bambini, delle donne e degli adulti sia difficile e che non ci sia possibilità di curarli…

R. – Quello che abbiamo trovato noi è stata una situazione drammatica ed erano i giorni del conflitto tra le forze lealiste di Gheddafi e le forze rivoluzionarie. Successivamente, abbiamo lavorato altri due anni per tentare di collaborare alla formazione e alla strutturazione di un servizio sanitario che potesse essere, in qualche modo, universale per tutti. Ma ovviamente accadeva che soltanto le persone che potevano permetterselo avevano un servizio sanitario, gli altri no. All’interno di questo, pagavano un prezzo gravissimo i libici più poveri e gli immigrati. All’interno di questa situazione ancora più drammatica, soprattutto le persone ferite dalla guerra – e quindi ferite, ustionate o comunque con patologie legate agli eventi bellici – erano quelle meno curate…

D. – Lei è stato lì diverse volte nel dopo-Gheddafi, in una fase anche molto caotica. Che Paese ha trovato?

R. – Quello che ho trovato, da una parte, è stato un Paese con un forte entusiasmo di tentare di ritrovare democrazia e partecipazione, dall’altro una situazione che lentamente è andata sempre più in una prospettiva di caos totale, con gli studenti – soprattutto uomini, ma anche donne – che avevano una grande volontà di cambiare il Paese, di restituire dignità, salute, investimenti proprio sulla sanità. In questo Paese ho incontrato diverse volte i responsabilità della sanità locali, che sono stati poi mortalmente umiliati in questi ultimi mesi.

D. – Durante i bombardamenti, sono andati distrutti anche alcuni ospedali. Dove vengono curati i feriti, i sopravvissuti, quando non c’è una struttura sanitaria che li possa accogliere?

R. – Devo dire che i pochi medici che continuano a rimanere lì sono straordinari, sono degli eroi, così come lo sono gli infermieri, che ho conosciuto personalmente, perché anche nelle condizioni degli ospedali, della parte sana che è rimasta e che non è ridotta in macerie, riescono ad intervenire. Io ho delle riprese – e alcune immagini me le hanno mandate proprio in questi giorni – di interventi chirurgici di urgenza nelle condizioni più drammatiche e in posti improbabili.

D. – Qual è il suo appello? Che cosa si deve fare in questo scenario?

R. – E’ un Paese che è grande quasi sei volte l’Italia, con una popolazione di soli 5-6 milioni di abitanti, più 1-2 milioni probabilmente di abitanti irregolari, di cui non abbiamo notizia, e che sono poi gli immigrati che vengono sfruttati in Libia. C’è bisogno di una partenza, di un impegno da parte dell’Occidente, di un impegno da parte di Stati Uniti e da parte delle Nazioni Unite in particolare per dare stabilità e fiducia a questo Paese, investendo però in questo Paese, e una soluzione politica che consenta di eliminare questi scontri, che già c’erano quando noi eravamo lì – dal 2011 al 2013 – tra le diverse fazioni. Ricordo ed è un punto importante: vengono ancora utilizzate armi che erano state vendute al regime di Gheddafi e poi ovviamente procurate dai vari gruppi prodotte in Occidente.

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Warduni: Is compie genocidio, comunità internazionale agisca

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In Iraq, nell’ultima settimana almeno 150 persone sono state uccise dal sedicente Stato Islamico (Is). Sono dati del governo iracheno che parlano di nuova ondata di attacchi nel Paese. Solo nella capitale Baghdad, ieri, 10 persone hanno perso la vita in diverse esplosioni. Gli sfollati interni sono oltre 2 milioni e mezzo. Per quanto sta accadendo nei vari Paesi colpiti dall’estremismo islamico, il presidente Usa Obama ha parlato di genocidio. Ascoltiamo, nell’intervista di Fausta Speranza, la riflessione di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad: 

R. – Questa è la notte del mondo: la situazione è sempre tragica, perché i Daesh o Isis o Is, come li si chiama, fanno come vogliono, anche perché ci sono tanti evidentemente in tutto il mondo, che li aiutano. Li hanno aiutati o comunque hanno venduto loro tutte le armi che hanno … E per questo la nostra situazione è tragica. La nostra gente vuole lasciare il Paese quanto prima.

D. – Obama ha parlato di genocidio per quanto sta accadendo con l’estremismo islamico violento, dall’Iraq alla Siria, Boko Haram in Nigeria, la Libia …

R. – Certo è così, però le forze internazionali potrebbero fare qualcosa, se volessero. Abbiamo gridato e gridiamo sempre di non vendere le armi, perché la guerra come si fa, con che cosa? Con i bastoni? Con i coltelli? Con che cosa? Non bisogna bombardare, però, bisogna non vendere le armi e dialogare. Quindi, il genocidio c’è: avete sentito tante cose, quante persone vengono uccise, anche di altre nazioni musulmane, in Libia come in altre nazioni! Solo la preghiera può fare qualcosa!

D. – La popolazione è stremata da anni di guerra, poi di guerra civile … Ora, l’incubo del cosiddetto Stato islamico. Davvero difficile … che dire?

R. – La popolazione, veramente, la gran parte, io dico, la maggioranza non vuole questi atti terroristici, disumani e queste cose che si sentono. Sentiamo che dicono: meglio un islam moderato, non vogliamo un islam fanatico che rende la vita dura a tutti, non solo per i cristiani o per altre religioni, ma anche per l’islam, perché vengono uccisi tanti di loro. E per questo la maggioranza preferisce una religione moderata per vivere tranquillamente su questa terra. Certamente sentono che c’è il conflitto, perché ci sono le voci delle armi, poi c’è la gente che uccide. Veramente incoscienti! Abbiamo detto già dalla prima guerra, da 10-15 anni fa: la guerra distrugge tutto, la guerra non fa il bene per niente, la guerra semina il terrore, l’odio e nessuno ci guadagna niente. Malgrado tutti i buoni consigli allora del Santo Padre e della gente che ama l’uomo, ci sono state le guerre. Nostro Signore ci ha indicato questi due comandamenti: amare Dio e amare il fratello. Questi possono salvare l’uomo. E adesso, noi cristiani siamo in Quaresima e dobbiamo veramente fare di tutto chiedendo al Signore la pace e la sicurezza nel mondo.

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Mali: accordo per fine violenze tra governo e gruppi Azawad

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Passa per Algeri la via per la pacificazione in Mali. Nella capitale algerina infatti il governo di Bamako e 6 gruppi armati hanno firmato un accordo che comporta la cessazione immediata di tutte le forme di violenza. A siglare l’intesa, raggiunta sotto l’egida dell’Onu al 5° round di negoziati da giungo 2014, anche il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), che da anni rivendica l’autodeterminazione delle regioni del nord. Da oltre un mese violenti combattimenti sono in corso nella zona di Tabankort, a metà strada tra Kidal, la roccaforte della ribellione, e Gao, controllata da forze favorevoli alle autorità di Bamako: entrambi gli schieramenti sono a prevalenza Tuareg. Sul significato del nuovo accordo, ascoltiamo l’africanista Angelo Turco, docente di Geopolitica all’Università Iulm di Milano, intervistato da Giada Aquilino

R. – E’ un passo interlocutorio perché bisogna vedere poi sul terreno, concretamente, come si posizionano i diversi gruppi rispetto a questi accordi, che seguono anche ad altre intese non del tutto positive nella loro applicazione.

D. – Che rivendicazioni ci sono da parte dei movimenti dell’Azawad?

R.  – I movimenti dell’Azawad sono alquanto divisi al loro interno, quindi non bisogna considerarli come un blocco monolitico. Alcuni sono decisamente irredentisti, quindi puntano su autonomie più o meno spinte per l’Azawad; altri invece reclamano l’unità del Paese, quindi puntano su una soluzione che salvi il carattere unitario del Mali; altri ancora sono contigui ad tipi differenti di interessi: non territoriali ma legati ai traffici che hanno ripreso alla grande attraverso l’Azawad.

D. - Su queste forti realtà si è innestata una presenza di gruppi estremisti islamici. Che pericoli ci sono ?

R. – I gruppi islamici sono ritornati, l’Aqmi (Al Qaida nel Maghreb islamico) è presente e si rafforza anche in relazione alle vicende che si sviluppano in questo momento più a nord, quindi soprattutto in Libia.

D.  – Proprio in Libia in questo momento le forze jihadiste che erano già presenti nel Paese sposano la causa del sedicente Stato Islamico: potrebbe essere un fenomeno più ampio tanto da riguardare realtà locali del Mali, dell’Algeria, della Nigeria, della Somalia?

R.  - Non lo vedrei come un fenomeno unitario. La circostanza fondamentale da tenere presente è che queste fenomenologie si influenzano vicendevolmente, ma sono fortemente legate alle realità territoriali locali e quindi hanno esiti largamente imprevedibili. Certo, una preoccupazione per una fiammata generale è presente e non è un caso che Algeri si faccia carico di queste preoccupazioni: la firma di questo accordo è avvenuta in Algeria, Paese capofila della mediazione per l’Azawad in Mali.

D. – Accennava ai traffici al confine tra Mali, Algeria, e Libia: si tratta di contrabbandi che di fatto poi collegano vaste aree, dal Sud America all’Europa?

R. – Si tratta di armi, di essere umani, di persone che sono diventate ormai una triste costante dei traffici trans-sahariani; ma soprattutto in questo momento il traffico che interessa e spadroneggia è il traffico della droga, in particolare di cocaina, che sviluppa una ‘connection’ con la Guinea Bissau e, attraverso di essa, con le mafie sudamericane, in particolare colombiane.

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Il governo vara il Jobs Act, tutele crescenti e via i cocopro

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Il governo punta molto sul Jobs act per rilanciare il lavoro. Il Consiglio dei Ministri sta approvando gli ultimi decreti attuativi. Per Renzi "oggi è il giorno atteso da anni. Il Jobs act rottama i cococo, i cocopro vari e scrosta le rendite di posizione dei soliti noti". Ieri l’Ocse ha affermato che le riforme messe in campo dell’esecutivo, tra cui appunto quella sulle forme contrattuali, potrebbero avere effetti positivi del 6% sul Pil. Alessandro Guarasci: 

Il nodo del provvedimento è il contratto a tutele crescenti. Per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato in caso di licenziamento il lavoratore avrà un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio. Il reintegro rimane solo in caso di licenziamento discriminatorio o se il fatto non sussiste. Per la Cisl bisognava evitare di includere i licenziamenti collettivi, ma per il resto la riforma è positiva, dice il segretario confederale Gigi Petteni:

R. - Io credo che la cosa più importante sia stata quella di fare una riforma mettendo delle risorse perché negli anni si è cercato di fare troppe riforme fatte sulle parole senza risorse. In questo caso ci sono risorse significative, soprattutto su un punto a noi caro, le risorse per incentivare il contratto a tempo indeterminato. E riteniamo questa una svolta importante, cercata e voluta dalla Cisl, per cui su questo aspetto siamo molto interessati a valorizzarlo, anche perché potrà diventare un punto di riferimento per i lavoratori e le imprese: più stabilità per i lavoratori ma alla lunga una convenienza anche sulle imprese. Per noi, questo è il cuore dell’intervento ed è la ragione per cui abbiamo sempre espresso anche una grande attenzione. E poi c’è una volontà di lavorare per migliorare alcuni aspetti. Bisogna cercare di fare un po’ di pulizia rispetto a quelle forme contrattuali che hanno mascherato il lavoro subordinato con tinte e forme di lavoro diverse, per cui bisogna cercare di fare pulizia in questa direzione. Poi, auspichiamo che con gli appuntamenti prossimi ci sia una riforma vera sul tema della Cassa integrazione ma accompagnata dalle politiche attive. In questo  Paese, quando un lavoratore perde il posto di lavoro non può essere lasciato solo, va riaccompagnato e va preso in carico.

D. – Sui centri per l’impiego in realtà siamo rimasti al punto di partenza, è quello il vero nodo italiano rispetto al resto d’Europa…

R.  – Bisogna avere dalle strutture che siano pubbliche o private, ma bisogna mettere a disposizione anche risorse perché il lavoratore, perché coloro che fanno servizi, abbiano una premialità alla ricollocazione del lavoratore. Per cui, occorrono mezzi a disposizione, risorse, per fare politiche attive e poi avere servizi adeguati che siano in grado di accompagnare i lavoratori.

Contraria la leader della Cgil Susanna Camusso, convinta che così si liberalizzino i licenziamenti. Saltano poi i co.co.pro. L’obiettivo così è dare lavoro più stabile, dice l’economista Claudio Lucifora:

R. - Consentire alle imprese di scommettere su un lavoratore, e quindi assumerlo a tempo indeterminato. Quindi se l’incontro tra le caratteristiche del lavoratore e quelle del posto del lavoro funziona portarlo via via ad un contratto a tutti gli effetti a tempo indeterminato.

D. - Certo, l’occupazione riparte se riparte la produzione. A dicembre gli ordinativi dell’industria sono cresciti del 4,5%, con un’impennata della domanda estera...

R. - L’Italia non dovrebbe solamente contare sulla domanda internazionale e quindi sulla crescita di altri Paesi, ma dovrebbe anche avviare misure per far ripartire la domanda aggregata interna.

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Tifosi olandesi: danni indelebili alla Barcaccia del Bernini

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Danni al patrimonio storico di Roma, al suo tessuto commerciale e l’arresto di 6 tifosi olandesi. E’ questo il bilancio, ancora parziale, degli scontri avvenuti ieri nella zona di Piazza di Spagna prima della partita di calcio Roma–Feyenoord. L'ambasciatore olandese ha riferito al sindaco della capitale, Ignazio Marino, che l'Olanda non si ritiene responsabile dell'esborso economico per riparare la fontana del Bernini, danneggiata durante gli scontri. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Il centro storico di Roma porta ancora i segni del passaggio degli ultras olandesi. La celebre fontana della Barcaccia è scheggiata in più punti. Ancora da quantificare il costo per l’intervento di restauro ma per il sovrintendente dei Beni del Comune di Roma, Claudio Parisi Presicce, si tratta di ferite indelebili. E’ stato duramente colpito anche il tessuto commerciale della capitale. Confcommercio stima danni per i negozi, costretti a chiusure forzate, pari a circa 3 milioni di euro. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, sottolinea inoltre che “gli inqualificabili episodi” avvenuti nella capitale “rappresentano solo la conferma di una inaccettabile e reiterata tendenza legata agli atti di violenza compiuti dalle tifoserie straniere” in Italia in occasione delle partite di calcio. 

Ma come spiegare una simile devastazione da parte dei tifosi del Feyenoord? Risponde il giornalista olandese Martinn Van Aalderen, corrispondente da Roma per il quotidiano De Telegraaf: 

R. – Purtroppo c’è una combinazione fatale tra i tifosi del Feyenoord che sono i peggiori tifosi dell’Olanda, soprattutto quando sono in trasferta all’estero. Non è la prima volta che succede che i tifosi Feyenoord si scatenano soprattutto quando vanno all’estero, in trasferta: hanno questi comportamenti terrificanti che rappresentano un danno sia per Roma sia per l’immagine dell’Olanda.

D. – Quali sono le componenti sociologiche negative dietro la tifoseria del Feyenoord?

R. – E’ un po’ una tradizione tipica di Rotterdam, che è una città nella quale c’è sempre stato fanatismo di questi tifosi. Mentre – per esempio – la tifoseria di Amsterdam ha questo umorismo un po’ ironico, che è tipico della città e che si ritrova un po’ anche presso i tifosi dell’Ajax, quelli di Feyenoord sono sempre stati più fanatici. E’ anche una questione della mentalità di Rotterdam, dove da decenni c’è questa tifoseria più violenta. C’è stato addirittura l’omicidio di un tifoso dell’Ajax, che si chiamava Carlo Picornie, ammazzato proprio da tifosi del Feyenoord che avevano armi, mentre questo tifoso dell’Ajax era disarmato.

D. – Come lo Stato olandese affronta il fenomeno degli hooligan in Olanda?

R. – Devo dire che dopo gli episodi che sono accaduti adesso, si sono resi conto di nuovo – dopo un periodo di relativa tranquillità – che dobbiamo essere più allertati e più severi. Devo dire che il giornale per il quale scrivo, il “Telegraaf”, ha lodato la giustizia italiana per aver punito così velocemente, almeno con una multa alta e con il carcere. Il mio giornale ha anche detto che sono da prendere ad esempio questi giudici italiani, che sono stati così veloci a punire questi cosiddetti tifosi di Feyenoord.

D. – A proposito dell’Olanda, questi cosiddetti “tifosi” sono responsabili in patria di azioni simili, oppure in Olanda queste scene non si vedono?

R. – Molto meno. Normalmente, i tifosi Feyenoord si scatenano soprattutto quando vanno all’estero; in Olanda sono più tranquilli. Ci sono sempre stati casi di vandalismo, da decenni, ma negli ultimi anni questi fenomeni ci sono soprattutto nel momento in cui vanno all’estero.

Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, dopo un sopralluogo stamani in Piazza di Spagna, ha dichiarato che a Roma “la gestione della sicurezza deve essere all’altezza di un Paese del G8”. Su quanto accaduto nella capitale si sofferma Daniele Tissone, segretario generale del sindacato italiano dei lavoratori di Polizia, affiliato alla Cgil: 

R. – Credo che non sia giusto addossare le uniche responsabilità sulle forze dell’ordine. Possiamo ragionare, eventualmente, su un qualcosa di più dinamico che ci consenta di avere una situazione immediata nelle varie parti della città, se questi tifosi si radunano al Testaccio, magari, piuttosto che a Villa Borghese, al Pincio o a Campo dei Fiori; è chiaro che, però, è difficile riuscire a monitorare contemporaneamente tutti gli ambiti cittadini.

D. – Le forze di polizia sono adeguatamente supportate proprio per affrontare situazioni di emergenza come quelle legate al tifo violento, al mondo degli hooligans?

R. – La professionalità è alta. Ovviamente, mancano le risorse, mancano i mezzi, molto spesso mancano gli strumenti … Credo che anche qui si debba ragionare in termini preventivi. Andrebbe perseguito anche chi, andando oltre i divieti di somministrazione di bevande alcooliche, in modo abusivo somministra a questi stranieri – ma anche agli italiani – bevande oltre un determinato orario. Quindi è evidente che c’è anche una maggiore necessità di intervenire pure su questi fenomeni, perché è come gettare benzina sul fuoco.

D. – Oltre questo, come prevenire in futuro situazioni simili?

R. – Ritengo che su questo fenomeno, che è anche incontrollabile dal punto di vista di un monitoraggio completo, possa esserci una sorta di dinamicità ulteriore o maggiore da parte delle forze dell’ordine che, girando sovente in tutti i luoghi della città, possano dare la comunicazione del concentramento di queste persone in un luogo anziché in un altro. E quindi intervenire in maniera rapida e immediata spostando i contingenti da un luogo a un altro.

D. – In questo periodo segnato da una costante allerta anche per il timore di attacchi terroristici, è più complesso gestire la sicurezza e l’ordine pubblico in una città come Roma?

R. – Ma io direi che è complesso gestirla non solo a Roma ma in tutto il Paese, perché per la sicurezza bisogna ragionare sempre in termini di investimento e non di taglio. Ahimè, i sette miliardi di taglio degli ultimi dieci anni oggi si fanno sentire in maniera pesante, aumentando le responsabilità e anche il sacrificio da parte delle donne e degli uomini in divisa. Certo che i tagli aggravano le condizioni di vita e di lavoro degli operatori e possono pregiudicare anche l’attività di ordine pubblico. Va detto però che, fortunatamente, c’è un’alta professionalità da parte degli operatori che hanno bisogno, però, di essere gratificati anche attraverso quegli strumenti come quelli del rinnovo contrattuale, perché sono cinque anni che gli operatori di polizia hanno gli stipendi bloccati. Poi abbiamo anche la necessità di avere strumentazioni e mezzi adeguati, sia sul versante dell’intelligence con strumentazioni e apparati sempre più moderni. Abbiamo bisogno su tutti i versanti di maggiori risorse, di maggiori investimenti che si devono tradurre anche in un impegno del governo a far sì che la sicurezza divenga un bene primario sul quale investire e non tagliare.

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Lampedusa: minori immigrati, progetto accoglienza nelle famiglie

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252 migranti, fra cui 83 minori sono stati imbarcati a Lampedusa su un traghetto di linea per essere trasferiti a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. I minori verranno accolti nelle comunità. La situazione dei più piccoli nell’isola, tuttavia, resta difficile. Anna Zizzi ha sentito il responsabile del progetto di Ai.Bi. (Amici dei Bambini) “Bambini in Alto Mare”, Diego Moretti: 

R. - L’isola sta un po’ rivivendo quello che visse qualche anno fa con l’emergenza Nord Africa. A fronte di una capacità di accoglienza di circa 400 posti, il centro che c’è sull’isola, ad oggi, è al collasso perché si contano  più di mille persone arrivate negli ultimi giorni. Quindi, giustamente, anche gli operatori all’interno del centro non riescono a dare il soccorso necessario alle persone che arrivano.

D. – In accordo con le famiglie di Lampedusa è stato ideato il progetto “Bambini in Alto Mare”. Cos’è e di cosa si occupa?

R.  – Il progetto “Bambini in Alto Mare" nasce nel 2013, quando ci fu il triste evento del naufragio con molti morti (3 ottobre 2013 ndr): i nostri operatori iniziarono ad andare sull’isola e a rendersi conto di ciò che l’associazione avrebbe potuto fare. Ai.Bi nasce come movimento di famiglie adottive e famiglie affidatarie, quindi la nostra risposta a questa emergenza è quella di offrire accoglienza attraverso la nostra rete famigliare. Quindi, famiglie che si mettono a disposizione, che possono accogliere a casa loro un bambino, un minore, o anche una mamma con bambino che è in difficoltà quindi, quella fascia di persone fragili che hanno bisogno di calore umano, innanzitutto, a differenza di ciò che può avvenire in grandi centri di accoglienza, dove il rapporto con il personale è molto deficitario da questo punto di vista.

D. - Ma il numero dei minori non accompagnati e quello delle famiglie disponibili ad ospitarli è compatibile?

R.  – Ovviamente il numero di minori che arrivano in Italia è molto grande. E’ fattibile nel senso che laddove è possibile affidare un minore a una famiglia, a questa persona si cambia sicuramente la vita. Le nostre esperienze sono molto concrete, cioè ai ragazzi viene data la possibilità di iniziare un percorso di integrazione, caratterizzato da inserimento sociale, formazione professionale, e successivamente inserimento lavorativo.

D. -  Le famiglie hanno seguito corsi appositi affinché potessero essere pronte ad affrontare questa emergenza?

R.  – Sì, l’associazione ha formatori specializzati, quindi attraverso serate e giornate prepariamo queste famiglie, inoltre le accompagniamo anche in itinere. Quindi, una famiglia non è mai sola, grazie all’aiuto degli operatori e della rete famigliare, che si crea nei vari territori, può ricevere tutto il supporto necessario.

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Convegno sulle sfide di Francesco: solidarietà e trasparenza

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“Diritto e spiritualità sono connessi”. Così il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, si è espresso intervenendo ieri in Campidoglio ad un incontro su “Il cammino e le sfide di Papa Francesco”, organizzato dall’Associazione “Buona cultura” e dalla “Lumsa” . Il servizio di Elvira Ragosta

Una riflessione a quasi due anni dall’inizio del Pontificato, con diverse testimonianze sul cammino e sulle sfide di Papa Francesco e anche sul processo di riforma promosso dal Pontefice. Dell’ermeneutica della persona, ovvero il modo di interpretare la realtà di Papa Francesco anteponendo la persona, parla il card. Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, che si sofferma anche sul legame tra diritto e spiritualità:

“Diritto e spiritualità sono connessi, perché il diritto significa tutto ciò che nella persona c’è di più profondo, di più ontologico, quindi di più sacro e se c’è una spiritualità è quella di contemplare la persona, di amare la persona e quindi contemplare e amare ciò che nella persona è più intimo, è più radicato è più radicato, più ontologico, e cioè il diritto”.

L’attenzione alle periferie, soprattutto quelle esistenziali, il messaggio di speranza ai giovani, la richiesta di più etica nella politica e nell’economia, sono tanti i temi - si è ricordato - cari a Papa Francesco, che è stato anche il primo Pontefice a scomunicare esplicitamente i mafiosi nel suo viaggio in Calabria, come ha ricordato il magistrato, ex procuratore antimafia, Giancarlo Caselli:

Corruzione, male peggiore
“E’ una scomunica esplicita, senza riserve, e conseguentemente l’invito a tutta la Chiesa a superare quei ritardi, quelle incongruenze, quelle disattenzioni che magari c’erano state in passato. E per quanto riguarda la corruzione, se possibile, Papa Francesco è anche più  - difficile usare questo aggettivo parlando di lui - duro, perché considera la corruzione uno dei mali peggiori, quando dice, e ripetutamente lo ha detto, che i corrotti danno da mangiare ai loro figli del pane marcio, del pane guasto, quando dice che i corrotti sono sepolcri non soltanto imbiancati ma verniciati di putredine, dice delle cose molto robuste, molto forti, per condannare senza riserve un fatto gravissimo che è anche impoverimento della collettività. I suoi discorsi sono rivolti, sì, anche alle autorità, per così dire, alla magistratura, al legislatore, ma soprattutto, in modo particolarmente attento, in modo da creare nuova sensibilità e determinare uno scatto di orgoglio, di attenzione, ai cristiani, ai cittadini”.

Siamo all’alba di una rivoluzione evangelica, così Guzmàn Carriquiry, primo segretario laico della Pontificia Commissione per l’America Latina, che sottolinea come l’affetto dei fedeli per Papa Francesco in tutto il mondo non è solo il risultato del suo carisma mediatico, ma dell’intensità del suo operato nei primi due anni di Pontificato. E dell’importanza del tema e del luogo del Convegno parla il presidente dell’Associazione "Buona Cultura", Valerio Toniolo:

Cambiamento forte
“Riteniamo che questo luogo e questo momento di incontro sia di buon auspicio per il futuro, ma soprattutto che racconti un presente fatto di tante difficoltà, di tante sfide ma aperto a un cambiamento forte, che noi sentiamo, che noi ci aspettiamo come Chiesa ma anche per Roma perché il Papa è vescovo di Roma, quindi riteniamo che il suo impegno pastorale sia fondamentale per la città. E’ nata un po’ per gioco, un incontro a un bar a Trastevere tra me, Marco Politi e Marcello Filotei. Ci siamo interrogati sull’idea di approfondire questi due anni e abbiamo voluto farlo convocando una grande assemblea, farla in Campidoglio, che è un luogo simbolo, soprattutto dopo le ultime vicende che ci sono state a Roma, per ripartire da questo luogo”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Unicef: in Ucraina 134 mila i bambini sfollati

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Dal mese di marzo 2014, oltre 1 milione di persone sono sfollate all'interno dell'Ucraina. Di questi, oltre 134 mila sono bambini. Gli sfollati affetti da tubercolosi non sono monitorati e i pazienti sieropositivi non hanno accesso ai farmaci. Inoltre, è interrotto il controllo delle malattie e focolai di malattie potrebbero avere conseguenze catastrofiche. “I bambini che vivono nelle zone colpite da conflitti o che in qualche modo sono fuggiti continuano a sopportare il peso del conflitto", ha detto Giovanna Barberis, Rappresentante Unicef in Ucraina.

In pericolo la vita dei bambini
"E' fondamentale avere un accesso umanitario costante per portare aiuti a quante più persone e bambini in difficoltà possibili. La mancanza di cibo, la scarsità d'acqua, l’impossibilità di accedere alle strutture mediche nelle zone di combattimento mettono in pericolo la vita dei bambini, in particolare dei più vulnerabili – quelli che vivono nei rifugi, con disabilità e affetti da Hiv". "I bisogni umanitari in Ucraina sono reali e forti", ha detto Neal Walker, UN Resident Coordinator. "Sono appena tornato da una rapida visita in Ucraina orientale. Abbiamo rivisto l’Humanitarian Response Plan (Hrp) e lo lanceremo nei prossimi giorni con il sostegno del governo e di operatori umanitari. Non possiamo raggiungere le persone più vulnerabili, specialmente quelli nelle aree controllate dai non-governativi, senza il vostro finanziamento e di sostegno".

L'Onu consegna 62 tonnellate di aiuti umanitari 
Le Nazioni Unite hanno consegnato ieri a Donetsk 62 tonnellate di aiuti umanitari, che comprendono: kit per l'igiene, vestiti invernali, coperte, acqua potabile, e forniture mediche predisposte da Unicef, Unhcr e Oms.Tra i circa 5 milioni di civili colpiti dalla crisi in Ucraina, quelli che vivono in zone di combattimento attivo sono particolarmente vulnerabili per un accesso limitato all'assistenza umanitaria. Questa convoglio di inter-agenzie è solo una delle tante iniziative che le Nazioni Unite e i suoi partner umanitari stanno portando avanti per fornire soccorsi. 

Preoccupazione Onu per mancanza di corridoi umanitari sicuri
"Ci auguriamo che l'assistenza fornita allevierà le sofferenze dei più bisognosi, in particolare di coloro che vivono nei rifugi di fortuna". Insieme con le organizzazioni umanitarie che operano in Ucraina, le tre Agenzie dell'Onu sono preoccupate per la mancanza di un accesso umanitario sicuro, per portare aiuti ai bambini e alle famiglie colpite dal conflitto in tutto il Paese. Con il continuo flusso di sfollati dalle zone colpite dal conflitto, le Nazioni Unite stanno aumentando l'assistenza nelle zone di difficile accesso e in altre aree già raggiunte. (R.P.)

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Gregorio III: Quaresima in Medio Oriente nel segno della Via Crucis

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Il Medio Oriente sta vivendo "una Via Crucis, la più grande tragedia mondiale dai tempi della II Guerra mondiale". Lo scrive il patriarca melchita Gregorio III Laham nel Messaggio per la Quaresima 2015. Gregorio III, siriano, è patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente. Secondo il prelato - riferisce l'agenzia AsiaNews - la Chiesa "nonostante i suoi sforzi sta affrontando diverse difficoltà nel rispondere ai bisogni sempre crescenti nella regione. Stiamo fallendo davanti alle sofferenze del nostro popolo, che siano cristiani o musulmani. È una sofferenza universale".

La Chiesa è con il popolo che soffre
Come pastori - scrive ancora - "siamo con il nostro popolo. Al loro fianco, davanti a loro, dietro di loro. È come se continuassimo a lavare i loro piedi, i piedi di chi soffre, come ci ha insegnato Gesù che lavava i piedi ai suoi discepoli. Siamo nel quinto anno di questa nostra Via Crucis, un percorso doloroso che colpisce in maniera particolare Siria, Iraq, Territori palestinesi e Libano che sono colpiti in maniera tragica da questa guerra che ci circonda".

Questo conflitto è la più grande tragedia dalla II Guerra Mondiale
Questa, sottolinea ancora Gregorio III, "è una delle più grandi tragedie avvenute nella storia recente. Non soltanto per la regione, ma per tutto il mondo: è la cosa più terribile dalla II Guerra mondiale. Ci appelliamo ai nostri cittadini e ai nostri bambini, che sono il futuro: lavorate insieme, lavorate con noi e con Papa Francesco per non permettere alla fiamma della speranza di spegnersi nei vostri cuori". (R.P.)

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Siria: rilasciato il prete siro-ortodosso fermato dai curdi

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E' stato rilasciato nella serata di ieri, il sacerdote siro ortodosso Gabriel Daoud, in precedenza fermato e tenuto in detenzione dalle forze armate curde legate al Pyd (Partito curdo di Unione democratica, sezione siriana del Pkk) insieme ad altri responsabili di associazioni cristiane sire in un villaggio contiguo alla città di Hassakè. Lo riferiscono fonti locali rilanciate dal sito d'informazione iracheno ankawa.com. Dei fermati – più di una dozzina – soltanto due rimangono in stato di fermo, mentre tutti gli altri sono stati liberati. Padre Gabriel era da poco rientrato da una trasferta a Damasco, e in precedenza aveva respinto la proposta di essere rilasciato da solo, mentre gli altri arrestati rimanevano in stato di detenzione.

Incidente causato da antagonismi tra diverse fazioni curde
L'incidente - riporta l'agenzia Fides - appare legato agli antagonismi tra diverse formazioni militari e politiche curde che operano nel territorio della provincia siriana nord-orientale di Jazira. Una situazione complicata anche dalla presenza di gruppuscoli armati assiri e siriaci, anch'essi divisi tra loro, che si contendono l'esclusiva della sigla “Sotoro” e sono schierati in parte con l'esercito governativo e in parte con le milizie curde legate al Pkk.

Pulsioni autonomiste delle fazioni non sempre in sintonia con la gente curda
Nel gennaio 2014, i curdi siriani avevano compiuto un passo avanti verso la creazione di una entità politica autonoma nel nord-est del Paese, annunciando la formazione di un governo autonomo composto da 20 ministri. In quella auto-proclamata compagine governativa, erano stati arruolati anche tre ministri cristiani siri. Ma già prima di allora, l'arcivescovo siro-cattolico Behnam Hindo, – titolare della eparchia di Hassakè-Nisibi aveva riferito a Fides che le pulsioni autonomiste promosse dalle sigle curde militanti non esprimevano i sentimenti prevalenti nella stessa popolazione locale curda. (G.V.)

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Arresto sindaco di Caracas. I vescovi: a rischio democrazia

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L'arcivescovo venezuelano di Coro, mons. Roberto Lückert, ha affermato che con l'arresto di Antonio Ledezma, sindaco di Caracas, "si sta gettando benzina sul fuoco". Ieri un centinaio di agenti della polizia venezuelana sono entrati con violenza negli uffici del sindaco e lo hanno portato via. Secondo alcuni giornalisti, il sindaco sarebbe stato anche malmenato. In serata il Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha dato la notizia che il sindaco è stato arrestato perché "golpista", in quanto membro di una presunta cospirazione degli Stati Uniti contro il governo "chavista" venezuelano.

Il sindaco favorevole ad un governo di transizione
L'arresto è stato effettuato da membri del Servizio Bolivariano d'Intelligence (Sebin). Il sindaco Ledezma, insieme a Leopoldo López (leader dell'opposizione, in carcere) e alla ex-deputata Maria Corina Machado, avevano firmato una dichiarazione, pubblicata dal quotidiano “El Nacional”, in cui si chiedeva un accordo nazionale per un governo di transizione, al fine di affrontare la grave crisi economica che attraversa il Paese.

Calpestate tutte le norme di legge
Nella nota inviata all’agenzia Fides, mons. Lückert afferma: "Il defunto Presidente non aveva torto quando ha detto che ci portava nel mare della felicità cubana, e questo ne è la prova. Qui si stanno calpestando tutte le norme di legge". Quindi aggiunge che il popolo venezuelano “è offeso ed esasperato, si sta gettando benzina sul fuoco". Per l’arcivescovo di Coro questo arresto è un esempio di "dittatura" e una prova evidente, a suo parere, della "mancanza di democrazia". (C.E.)

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India. Chiesa al governo: eliminare discriminazione sui dalit cristiani

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La Chiesa indiana chiede al governo di eliminare le discriminazioni legalizzate esistenti per i dalit cristiani: come ha dichiarato l’arcivescovo di Delhi, mons. Anil Couto, è tempo di reintrodurre a beneficio dei dalit cristiani, le disposizioni negate per sei decenni, di cui invece godono i dalit indù. “Si tratta di un chiaro caso di ingiusta discriminazione e sulla base religiosa, che non può esistere in una nazione laica” ha notato. L’arcivescovo si riferisce all’Ordine presidenziale del 1950, che dispone speciali garanzie nel campo dell’istruzione, del lavoro e dei servizi sociali per promuovere l’emancipazione e lo sviluppo dei dalit, ma riservandole solo ai dalit di religione indù.

Provvedimento per questa "discriminazione di Stato"
Come riferisce l'agenzia Fides, la richiesta è stata ribadita dal card. George Alencherry, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese. Negli ultimi sei decenni gruppi cristiani hanno condotto una campagna per porre fine a questa “discriminazione di Stato”, ma finora i governi indiani non hanno adottato alcun provvedimento.

Nel Vangelo i dalit ritrovano la dignità di figli di Dio
I vescovi indiani si sono spesso focalizzati sull’accesso ai diritti e sulla pari dignità per le minoranze religiose e sui dalit. Secondo la tradizione induista, i dalit sono coloro che “non nacquero da Dio” e sono fuori dal sistema castale che include bramini, guerrieri, mercanti, contadini. Molti dalit si convertono alla fede cristiana perché nell’annuncio del Vangelo ritrovano la dignità di figli di Dio. I dalit cattolici costituiscono oltre il 60% della comunità dei cattolici indiani (17 milioni di fedeli in tutto). (P.A.)

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Vescovi filippini: Quaresima, tempo favorevole di solidarietà

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Nell’Anno dei Poveri, la Quaresima è un tempo favorevole per la solidarietà, è un'opportunità per aiutare le persone in difficoltà, e impegnarsi nel “farsi prossimo”: lo ha detto l’arcivescovo di Caceres, mons. Rolando Tirona, presidente della Caritas delle Filippine, chiamata dai vescovi filippini “Segretariato nazionale per l'azione sociale, la giustizia e la pace” (Nassa).

Quaresima: tempo per la carità
Come riferisce l'agenzia Fides, l’arcivescovo ha invitato i fedeli a partecipare all’iniziativa “Alay Kapwa” (“Aiuta il tuo prossimo”), il programma di evangelizzazione e azione quaresimale creato nel 1975 dalla Chiesa filippina, che ha recentemente celebrato il 40° anniversario di istituzione. Il tempo di Quaresima è un tempo opportuno per la preghiera, i digiuni e le penitenze, ma anche “per mettere in pratica le opere di carità, vivendo il messaggio di misericordia e compassione rimarcato da Papa Francesco” ha detto l’arcivescovo.

Programma per migliorare la vita dei poveri
Il programma, ha spiegato don Edu Gariguez, segretario esecutivo della Caritas, non è animato da una logica assistenzialista ma mira a rendere i poveri protagonisti e a migliorare la qualità della loro vita, favorendo una “cultura dell’autonomia” tra i suoi beneficiari. Secondo il sacerdote, il programma “Alay Kapwa” risponde pienamente all’appello del Papa di una Chiesa che “si rivolge alle persone ai margini della società” e si lascia interrogare, stando dalla parte dei poveri e degli oppressi. (P.A.)

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Irlanda: Campagna di Quaresima di Trócaire sui cambiamenti climatici

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Si chiama Mahlet, ha 13 anni e vive nell’Etiopia del nord, in una zona che sta lottando contro la siccità provocata dai cambiamenti climatici: è lei la “testimonial” della campagna di Quaresima 2015 di Trócaire. L’organismo caritativo della Chiesa cattolica irlandese, infatti, ha deciso di dedicare la tradizionale raccolta-fondi del periodo quaresimale proprio al tema delle mutazioni del clima. “In tutto il mondo – si legge sul sito di Trócaire – le comunità più povere e più vulnerabili stanno lottando contro siccità, tifoni ed alluvioni”. “La comunità cui appartiene Mahlet – spiega l’organismo caritativo irlandese – sta lavorando più duramente che mai per auto-sostentarsi, ma le piogge sempre più rare ostacolano la crescita del raccolto”.

Oltre 150mila morti all’anno a causa dei cambiamenti climatici
Di qui, l’invito a sostenere la missione di Trócaire per “aiutare le popolazioni delle zone più indigenti del mondo ad adattarsi ai cambiamenti climatici ed a coltivare il cibo necessario al sostentamento”. “Per i bambini come Mahlet – si legge ancora sul web – combattere la carestia significa più cibo e più salute”. Quindi, l’organismo caritativo ricorda alcuni dati drammatici, elaborati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Gli effetti dei cambiamenti climatici sono responsabili di oltre 150mila morti all’anno. Solo nel 2011, dieci milioni di persone hanno dovuto affrontare la carestia provocata dalla siccità, mentre nel 2013, il tifone Hayan ha travolto le Filippine provocando oltre 6mila morti e quattro milioni di sfollati”.

Un’App per donare un contributo
Per aiutare Trócaire, si può fare una donazione anche tramite un’apposita App, denominata “Trócaire Box”. I fondi raccolti verranno così ripartiti: il 91% andrà direttamente ai progetti caritativi; l’8% verrà investito nella promozione della campagna di Quaresima, mentre il restante 1% sarà impiegato per i costi di governance. Nato nel 1973 per volontà della Conferenza episcopale irlandese, oggi Trócaire opera in più di venti Paesi del mondo, donando mezzi di sussistenza, promuovendo i diritti umani e le pari opportunità, lottando contro l’Aids, i cambiamenti climatici e le situazioni di emergenza. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 51

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.