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Sommario del 11/02/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Lampedusa, oltre 300 morti. Papa: più solidarietà. Un infermiere: è disumano

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Sarebbero oltre 300 i morti nei naufragi avvenuti negli ultimi giorni nel mare di Sicilia. La denuncia è dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. E all’udienza generale alto si è levato il richiamo del Papa. Il servizio di Francesca Sabatinelli: 

E’ accorato l’appello del Papa, che invoca più solidarietà per chi arriva dal mare rischiando la vita:

"Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa, dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso".

Sono oltre 330 le vittime, è l’Unhcr che ne ha dato notizia, raccogliendo le testimonianze dei superstiti che hanno parlato di quattro gommoni partiti dalla Libia, probabilmente ciascuno con un centinaio di persone a bordo, e due dei quali naufragati: 420 i migranti partiti in tutto. E’ una delle più gravi tragedie dell’immigrazione degli ultimi tre anni. Le imbarcazioni, erano partite con mare "forza 7", senza cibo né acqua per oltre un giorno. A bordo giovanissimi, provenienti dai Paesi subsahariani, i sopravvissuti hanno raccontato di essere stati costretti a salire sui gommoni con la forza dai trafficanti, minacciati con armi e bastoni, derubati dei loro beni.

L’operazione "Triton", entrata in vigore alla fine del 2014 in sostituzione di quella italiana "Mare Nostrum", “non è all’altezza dei compiti” che deve svolgere è stata la denuncia oggi del Consiglio d’Europa. L’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace, si chiede da Strasburgo: “Questa tragedia è un’altra sciagura che poteva essere evitata”. Tra i quattro gommoni partiti dalla Libia, anche quello che domenica è stato soccorso dalla Guardia costiera e che purtroppo ha visto morire di freddo 29 persone. Tra i soccorritori, c’era Salvatore Caputo, infermiere di lunga esperienza, volontario del Cisom, il corpo di Soccorso dell’Ordine di Malta, da anni presente a Lampedusa e a bordo delle motovedette che soccorrono i migranti:

R. - Questa volta, purtroppo, è toccato a me fare la conta dei morti. L’ho vissuta direttamente a bordo della motovedetta. Domenica siamo stati chiamati, ci hanno allertato. Siamo partiti con la motovedetta e abbiamo affrontato cinque ore di navigazione con mare grosso per giungere sul posto a circa 130 miglia dalla costa di Lampedusa, al confine con le acque libiche. Le motovedette erano due, alla fine abbiamo trovato questo gommone con 105 migranti a bordo. I primi 60 sono stati caricati sulla nostra motovedetta, gli altri sulla seconda. Siamo partiti con condizioni veramente proibitive. Durante la traversata, nel corso della notte, facevamo pochissime miglia perché le condizioni meteo marine non consentivano di poter viaggiare a velocità sostenuta. Tra l’altro, avendo questi migranti a bordo non potevamo correre perché avrebbero avvertito ancora più freddo di quanto già sentivano. Nel corso della notte, dopo aver distribuito copertine isotermiche, offerto pasti caldi e fatto tutto il possibile, qualcuno non ce l’ha fatta. Mi sembra che il primo sia morto intorno alle 5. Il viaggio di ritorno è durato circa 21-22 ore, quindi può immaginare: un mare in tempesta forza otto, un vento che soffiava 72-75 km orari, onde alte dieci metri, un’apocalisse. Francamente, ci siamo spaventati, abbiamo avuto paura anche noi. Eravamo in una situazione veramente triste, vedevamo i ragazzi che continuavano a morire uno dopo l’altro. A turno li facevamo venire nella piccolissima plancia per cercare di dare loro un riparo e un ristoro caldo, però loro si accalcavano e nel concentrarsi tutti insieme in un posto chi era più debole soccombeva.

D. - Questi ragazzi sono morti per ipotermia, sono morti di freddo …

R. - Sì, tutti per ipotermia, perché ovviamente l’acqua veniva da tutte le parti, si sono bagnati. Si sono tolti i vestiti e sono rimasti solo con le copertine isotermi, però una copertina isotermica non risolve il problema in mare aperto e in quelle condizioni.

D. - Le vittime, è stato detto,  erano tutti giovanissimi, addirittura tre a i 15 e i 20 anni…

R. - Sì, giovanissimi, anche quelli che si sono salvati sono giovanissimi. La media è di 25 anni. Tra le vittime ci sono due minorenni di 17 anni, mi pare, tutti non identificati, tranne uno. Sappiamo che sono tutti  subsahariani, per la maggior parte. Alcuni miei colleghi, soprattutto chi è alle prime esperienze, sono provati da questo fatto. Magari io sono più avvezzo a queste cose perché tanti anni di pronto soccorso mi hanno un po’ abituato, però ho pianto, perché vedere ragazzi di 20 anni morire sotto i tuoi occhi e sentire quel senso di impotenza fa male. Vederli morire è qualcosa di disumano. È difficile da descrivere...

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Papa: i figli sono un dono, depressa la società che li rifiuta

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I figli sono un dono che Dio fa a una famiglia e al mondo e devono essere generati con generosità e responsabilità. Ma una famiglia e una società che non li sappia accogliere sono avare e depresse. È una delle considerazioni centrali della catechesi di Papa Francesco all’udienza generale presieduta in Piazza San Pietro. Il Papa ha concluso chiedendo preghiere per il Concistoro che si apre domani. Il servizio di Alessandro De Carolis

Unici, irripetibili, amati prima di vederli. Che ti ringiovaniscono e ti proiettano nel futuro se li accogli, mentre sconti un vuoto se li consideri un peso e li rifiuti. Che rendono una società viva, se composta di persone aperte alla vita, o al contrario “depressa” perché vittima della sua stessa chiusura. Tutto questo porta o non porta la nascita dei figli.

Un regalo di Dio, non un possesso dei genitori
Dopo aver parlato di madri e di padri, il Papa arriva al frutto del loro amore con una catechesi animata da grande passione pastorale. Tutto scaturisce da una constatazione, quella del “legame stretto” che passa “fra la speranza di un popolo e l’armonia fra le generazioni”:

“La gioia dei figli fa palpitare i cuori dei genitori e riapre il futuro. I figli sono la gioia della famiglia e della società. Non sono un problema di biologia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi. E tanto meno sono un possesso dei genitori.… No, no. I figli sono un dono, sono un regalo. Capito? I figli sono un dono”.

Dono per la famiglia e la società
Un figlio è un dono, afferma ancora Francesco, non perché è bello, “perché la pensa come me”, perché “incarna i miei desideri”. Un figlio lo si ama da subito e questa “vita generata da noi”, dice il Papa, “è destinata a lui, al suo bene”, a quello della “famiglia, della società, dell’umanità intera”. Eppure, questa bellezza spesso non viene capita:

“Oggi sembra più difficile per i figli immaginare il loro futuro. I padri – lo accennavo nelle precedenti catechesi – hanno forse fatto un passo indietro e i figli sono diventati più incerti nel fare i loro passi avanti. Possiamo imparare il buon rapporto fra le generazioni dal nostro Padre celeste, che lascia libero ciascuno di noi ma non ci lascia mai soli. E se sbagliamo, Lui continua a seguirci con pazienza senza diminuire il suo amore per noi”.

Società che non onorano genitori sono senza onore
La paternità di Dio, osserva Francesco, fa intendere anche la sacralità del rapporto genitori-figli. La stessa posizione del quarto comandamento – posto subito dopo i tre che riguardano Dio”, nota il Papa – indica quel “qualcosa di divino” che “sta alla radice di ogni altro genere di rispetto tra gli uomini”:

“Una società di figli che non onorano i genitori è una società senza onore; quando non si onorano i genitori si perde il proprio onore! È una società destinata a riempirsi di giovani aridi e avidi. Però, anche una società avara di generazioni, che non ama circondarsi di figli, che li considera soprattutto una preoccupazione, un peso, un rischio, è una società depressa”.

Generosi e resposabili, non egoisti
Ognuno di noi “pensi e risponda”, incalza sul punto il Papa, al fatto che l’Europa ha un tasso di natalità che “non arriva all’1%”:

“Se una famiglia generosa di figli viene guardata come se fosse un peso, c’è qualcosa che non va! La generazione dei figli dev’essere responsabile, come insegna anche l’Enciclica Humanae vitae del beato Papa Paolo VI, ma avere più figli non può diventare automaticamente una scelta irresponsabile. Non avere figli è una scelta egoistica. La vita ringiovanisce e acquista energie moltiplicandosi: si arricchisce, non si impoverisce!”.

Dio benedica genitori e figli
L’ultima immagine è quella di Papa Francesco in silenzio, in preghiera, gli occhi chiusi e la mano sul petto, dopo aver rivolto questo invito alla folla:

“Tanti di voi qui presenti hanno figli e tutti siamo figli. Facciamo una cosa, un minuto di silenzio. Ognuno di noi pensi nel suo cuore ai propri figli – se ne ha -  pensi in silenzio. E tutti noi pensiamo ai nostri genitori e ringraziamo Dio per il dono della vita. In silenzio, quelli che hanno figli pensino a loro, e tutti pensiamo ai nostri genitori. (Silenzio). Il Signore benedica i nostri genitori e benedica i vostri figli”.

E un’altra preghiera è quella con la quale Francesco ha concluso l’udienza generale alla vigilia dell’inizio del Concistoro. “Lo Spirito Santo – ha invocato – assista i lavori del Collegio Cardinalizio e illumini i nuovi Cardinali e il loro servizio alla Chiesa”.

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Riforma Curia: da C9 nessuna bozza della nuova Costituzione

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Giornata conclusiva per i lavori dell’ottava riunione del Consiglio dei nove cardinali, il cosiddetto C9, istituito per aiutare il Papa nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di riforma della Curia Romana. In Sala Stampa della Santa Sede, il direttore, padre Federico Lombardi, ha informato i giornalisti sugli ultimi incontri. Il servizio di Giada Aquilino

Alla vigilia del Concistoro dei cardinali, domani e venerdì in Aula Nuova del Sinodo, quando verrà presentato il cammino compiuto finora dal C9, padre Federico Lombardi ha fatto il punto sulla sessione dei lavori del Consiglio dei cardinali, che si concluderà nel pomeriggio, alla presenza di Papa Francesco, assente alla riunione di stamani perché occupato con l’udienza generale.

Riflessione su intervento cardinale Rodríguez Maradiaga
Dopo le riflessioni già compiute sulla relazione che al Concistoro verrà letta da mons. Marcello Semeraro, segretario del Consiglio, stamani si è parlato del contributo che darà domani il coordinatore, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. Altre considerazioni hanno riguardato, già ieri, la Segreteria e il Consiglio dell’Economia, in vista della finalizzazione degli Statuti di tali nuovi organismi. Quindi, stamattina, l’aggiornamento sulle attività e sull’organizzazione da parte del cardinale George Pell, che è il prefetto di tale Segreteria. In giornata, è attesa anche un’informazione del cardinale Sean Patrick O’Malley sulla prima sessione plenaria tenutasi nei giorni scorsi della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, da lui presieduta.

Prossima riunione in aprile
Il C9, ha aggiunto il portavoce vaticano, si riunirà nuovamente il 13-15 aprile, poi ancora con probabilità in luglio. Domattina, il Concistoro si aprirà, dopo la preghiera, con una breve introduzione di saluto del Pontefice, seguita da un intervento del cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio. Quindi, a porte chiuse, le relazioni di mons. Semeraro e del cardinale Rodríguez Maradiaga, sul progetto di riforma della Curia. A tal proposito padre Lombardi, sollecitato dai giornalisti, ha smentito bozze già circolanti della riforma:

Nessuna bozza
“Ci sono persone che hanno scritto in questi giorni che c’era un documento, una bozza di 66 pagine e con 100 e passa articoli. Ho quindi chiesto se davvero ci fosse questa bozza. Sono caduti dalle nuvole e mi hanno detto che forse la stampa fa riferimento ad un appunto dell’anno scorso. Questo è tutto. Il che vuol dire che non è un documento di lavoro presentato ai nove cardinali e su cui si sia discusso e si sia detto andiamo avanti. E’ uno dei tanti materiali. Mons. Semeraro ha raccolto pacchi di materiali da parte dei nove e da parte di altri che li hanno presentati e su cui poi si è impostato e portato avanti il lavoro. Quindi volevo semplicemente dire, non c’è una bozza e non c’è stata una bozza di lavoro della Costituzione come tale su cui si ragioni”.

Tempi non brevi
Il direttore della Sala Stampa ha inoltre precisato di non prevedere tempi brevi per la riforma della Costituzione apostolica Pastor Bonus:

“Ci sono alcune cose di cui si è già parlato con una certa concretezza: l’ipotesi di questi due nuclei dei Laici-famiglia-vita e Carità-giustizia-pace. Questi sembrano due argomenti già un po’ più maturi, perlomeno di questi hanno già parlato anche con i capi dicastero. Quindi mi immagino che, nella relazione, se ne parli come due idee, come due ipotesi che sono più mature. Su questo è probabile e possibile che poi anche i cardinali possano dire la loro. Non penso che ci siano molte altre cose concrete in discussione o come punti particolari su cui dare dei pareri 'sì' o 'no'. Credo che sia più una considerazione molto aperta ancora”.

Ipotesi infondate su attentato Papa
Infine, a proposito di un’eventuale ipotesi di attentato contro il Papa, nel recente viaggio nelle Filippine, padre Lombardi ha riferito che il cardinale Antonio Luis Tagle, arcivescovo di Manila, non ritiene fondate tali informazioni.

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Giornata Malato. Francesco: vita sempre sacra, anche se fragile

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Al termine dell’udienza generale, nell’odierna 23.ma Giornata Mondiale del Malato, Papa Francesco ha rivolto un pensiero ai malati, affidandoli alla Beata Vergine di Lourdes di cui ricorre oggi la memoria. Nel messaggio per la ricorrenza, il Pontefice sottolinea l’importanza della “sapienza del cuore” per servire il fratello che soffre. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Accanto a chi soffre, sperando contro ogni speranza. A conclusione dell’udienza generale, Francesco saluta i membri delle Associazioni genitori oncologia pediatrica. Alza lo sguardo il Papa come a cercare, tra i pellegrini in Piazza San Pietro, quelle mamme e quei papà che vivono una prova che toglie il respiro: una figlia, un figlio malati di tumore. A loro, come alle piccole degenti delle suore di San Giuseppe e ai volontari dell’Unitalsi, il Pontefice rivolge parole di incoraggiamento. E invita tutti a crescere “nell’amore per il Signore, nella sapienza del cuore e nel servizio generoso al prossimo sofferente nel corpo e nello spirito”.

Occhi per il cieco e piedi per lo storpio
Le parole assumono un significato particolare perché vengono pronunciate nella 23.ma Giornata Mondiale del Malato, voluta da San Giovanni Paolo II sotto la protezione della Beata Vergine Maria di Lourdes che, proprio oggi, si festeggia con particolare devozione da parte degli ammalati:

“Cari giovani, disponetevi ad essere ‘occhi per il cieco e piedi per lo storpio’; cari ammalati, sentitevi sempre sostenuti dalla preghiera della Chiesa; e voi, cari sposi novelli, amate la vita che è sempre sacra, anche quando è segnata dalla fragilità e dalla malattia”.

Il tempo accanto al malato è santo
L’espressione utilizzata dal Papa “occhi per il cieco e piedi per lo storpio”, tratta dal Libro di Giobbe, è al centro anche del Messaggio per la Giornata che Francesco ha dedicato alla “sapienza del cuore” che ci spinge a servire il fratello, nella consapevolezza che “il tempo passato accanto al malato è un tempo santo”. Nel documento, il Papa ribadisce inoltre che è una “menzogna” indurre a credere che le vite gravemente malate “non sarebbero degne di essere vissute”. Anzi, Francesco evidenzia che “le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore", "possono diventare testimoni viventi” della fede.

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Giornata Malato. P. Chendi: Francesco esorta a servire chi soffre

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Nell’odierna Giornata Mondiale del Malato, ricorre anche il 30.mo dell’istituzione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, voluto da San Giovanni Paolo II. Alessandro Gisotti ha chiesto a padre Augusto Chendi, sottosegretario del dicastero, di soffermarsi sul messaggio di Francesco per la Giornata e sulle attività del Pontificio Consiglio: 

R. - La Giornata Mondiale del Malato, istituita da San Giovanni Paolo II nel 1992, ha lo scopo di sensibilizzare l’intero Popolo di Dio nonché la stessa società civile circa i problemi afferenti al mondo della salute. Destinatari, quindi, di questa Giornata non solo soltanto le persone ammalate, ma anche le loro famiglie, i professionisti della salute, il ricco mondo del volontariato, ma anche coloro che detengono la responsabilità di determinare politiche sanitarie eque e giuste, ad esempio nell’allocazione-distribuzione delle risorse finanziarie; ed ancora, destinatari sono coloro che investono nella ricerca farmacologica e, non da ultimo, le stesse diocesi e parrocchie, impegnate in quella pastorale feriale, quotidiana che dovrebbe trovare nella cura delle persone ammalate un aspetto qualificante della missione della Chiesa.

D.- Il Messaggio del Papa per la XXIII Giornata Mondiale del Malato si sofferma sulla “sapienza del cuore”. Una sua riflessione…

R. - Il Messaggio che Papa Francesco ha inviato a tutta la Chiesa in occasione di questa XXIII Giornata Mondiale del Malato verte sull’emblematica esperienza di fede e di sofferenza coagulate nella figura di Giobbe. Prendendo spunto da un’espressione che esplicita la dimensione di servizio svolto nei confronti del povero e dell’indigente da parte di quest’uomo giusto, che godeva di una certa autorità ed aveva un posto di riguardo tra gli anziani della sua città, il Santo Padre ha qualificato il suo Messaggio con le parole di Giobbe: «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29, 15). Questa espressione costituisce per Papa Francesco la chiave per interpretare cosa sia e cosa comporti l’acquisizione della Sapientia cordis, della sapienza del cuore. Concretamente, per tutti coloro che sono coinvolti nel mistero del dolore e della sofferenza, la sapienza del cuore è anzitutto «servire il fratello». Al riguardo, il Papa sottolinea come tale servizio può diventare «via di santificazione», soprattutto quando gli anni si accumulano in un’assistenza continuativa, a volte anche senza alcun cenno di ringraziamento, perché le persone accudite non sono neppure in grado di tale gesto. Qui si realizza l’essere “occhi per il cieco”, “piedi per lo zoppo”, fratello per il fratello. Ancora, tale “sapienza del cuore” è «stare», spendere tempo con e per il fratello, nella certezza che stare accanto al malato, accompagnarlo e servirlo con premura, con tenerezza, con un cuore di madre - come diceva San Camillo de’ Lellis ai suoi Confratelli - è «un tempo santo». Questa “sapienza”, che è tutt’altro che la «fede tiepida» indicata da Papa Francesco per coloro che sono assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare e del produrre, è piuttosto un «uscire da sé verso il fratello». Acquisire tale Sapientia cordis comporta, quindi, il passaggio, la conversione dall’autoreferenzialità alla priorità dell'altro, alla gratuità, al prendersi cura e al farsi carico e promuovere l’altro, ancorché ammalato o in una qualsiasi situazione di indigenza fisica, morale o spirituale si trovi, senza giudicare il fratello - è questo l’ultimo aspetto indicato dal Santo Padre -, ma creando una solidarietà, che lo fa accogliere come qualcuno che mi appartiene. Questa Sapientia cordis ha un nucleo sorgivo dal quale attingere la forza che abilita tutto il popolo di Dio e lo inserisce nella missione evangelizzatrice della Chiesa: questo nucleo sorgivo è il mistero del Crocifisso Risorto, atto supremo di solidarietà di Dio con noi. In quelle «piaghe gloriose», che rimangono per sempre impresse nel corpo di Cristo risorto - sono le parole di Papa Francesco nella parte conclusiva del suo Messaggio -, non solo chi assiste ma le stesse persone ammalate possono diventare testimoni viventi di una fede che «permette di abitare la stessa sofferenza».

D.- Il prossimo anno, la Giornata Mondiale del Malato si celebrerà in forma solenne. Può darci qualche anticipazione?

R. - La Giornata Mondiale del Malato, analogamente a quanto disposto da Papa Benedetto XVI per le Giornate rispettivamente dei Giovani e della Famiglia, sarà celebrata in forma solenne a scadenza triennale. In particolare, tale celebrazione solenne della Giornata Mondiale del Malato avrà luogo l’11 febbraio 2016 e sarà celebrata a Nazaret, in Terra Santa. Per tale occasione Papa Francesco ha già indicato il tema del Messaggio che invierà a tutta la Chiesa e che sarà: Affidarsi a Gesù come Maria – “Fate quello  che vi dirà” (Gv 2, 5). L’intonazione mariana di tale celebrazione bene si iscriverà nel contesto della Basilica dell’Annunciazione, dove il “fiat” il “sì” di Maria potrà trovare eco nel cuore di coloro che vivono il mistero della sofferenza e del dolore, nonché di tutti coloro che con professionalità e amore si prendono cura, si chinano, - come afferma Papa Francesco nel Messaggio per l’odierna Giornata del Malato - spendono del loro tempo per questi fratelli infermi.

D.- Questo 11 febbraio ricorre il 30.mo dell’istituzione del dicastero. Quali sono le attività più significative che vuole menzionare?

R. - Senz’altro un’eco profonda delle attività appena svolte dal Dicastero ha avuto la XXIX Conferenza Internazionale che è stata celebrata in Vaticano dal 20 al 22 novembre scorso e che ha avuto come tema: La persona con disturbi dello spettro autistico: animare la speranza. In occasione di questo Conferenza, accanto a problemi più squisitamente scientifici e di ricerca, si sono affrontate questioni anche di ordine pastorale, afferenti all’aiuto alle famiglie, all’inserimento scolastico e professionale, ai percorsi di accompagnamento e di inserimento ecclesiale, all’impatto sociale che investono le persone con disturbi dello spettro autistico, superando in particolare lo stigma, che molte volte grava su queste persone e sulle loro famiglie, oltre all’isolamento che tali disturbi già in sé comportano. Per quanto riguarda la programmazione durante l’anno in corso, si deve significare il XX° anniversario della Lettere enciclica Evangelium Vitae. Al riguardo, il 25 marzo il dicastero riserverà una  apposita Giornata di Studio, sempre in Vaticano, sulla suddetta Lettera Enciclica, per valorizzare e richiamare l’impegno che la Pastorale della Salute riserva a tutti i problemi della vita, in tutti gli ambiti della sua parabola, e cioè dal suo sorgere fino alla sua fine naturale. In seguito, dal 15 al 16 maggio si svolgerà il Convegno Internazionale sulle Malattie rare e neglette, accomunate dal comune denominatore della solidarietà. Quindi queste malattie rare, che gravano in particolare sulle famiglie, spingono la nostra solidarietà. Ugualmente le malattie neglette, lontane dal nostro mondo, e che tuttavia comportano gravi sofferenze per un miliardo circa di persone; anche queste malattie neglette non possono essere disconosciute dalla nostra sensibilità, anzi fatte nostre nel segno della più ampia e profonda solidarietà. Sarà questa anche l’occasione per incontrare, il 18 maggio seguente, i vescovi delegati delle diverse Conferenze episcopali nazionali per la Pastorale della Salute, per verificare insieme le strategie, che possono essere messe in atto sia sul fronte delle malattie rare come sul fronte delle malattie neglette, e affrontare insieme anche le sfide che la Pastorale della Salute pone a ciascuno di noi e alla Chiesa, in particolare nei diversi continenti. Analogamente al Convegno sull’Autismo, nel novembre prossimo è prevista la XXX° Conferenza Internazionale sul tema: "Servire la cultura della vita e dell’accoglienza a vent’anni dall’Evangelium Vitae". Infine, nel corso dell’anno, in occasione di questo 30° anniversario della istituzione del Pontificio Consiglio, è prevista la pubblicazione della Carta degli Operatori Sanitari. In particolare, a seguito dell’aggiornamento e della revisione portati a termine da un apposito Gruppo di Studio del Dicastero, si stanno definendo i dettagli di carattere tipografico per una migliore presentazione di questo strumento, la cui prima edizione risale al 1994. La Carta di prossima pubblicazione non intende essere esaustiva di tutti i problemi e delle questioni che si impongono nell’ambito della salute e della malattia nell’intero arco della vita, dal suo sorgere fino al suo naturale tramonto, quasi fosse un “prontuario etico”; bensì intende offrire linee-giuda il più possibile chiare per singoli e più evidenti problemi etici, che si devono affrontare nell’esercizio delle diverse figure professionali del mondo della salute in genere, e laddove tali risposte godono di un consenso raggiunto dalla dottrina e dal Magistero della Chiesa.

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Fatebenefratelli: cura malati non è mestiere ma una missione

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Hanno contato vittime in Liberia e Sierra Leone, eroi sconosciuti ai più, in una tragedia scomparsa dalle prime pagine dei media, quella del virus Ebola. E da secoli, per carisma e vocazione, si dedicano alla cura degli ammalati, non solo nel corpo. È l’Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli, per il quale l’odierna Giornata del malato è un momento privilegiato dell’anno per fare il punto sull’opera quotidiana dell’Istituto, ispirata anche dalle parole di Papa Francesco, che nel suo Messaggio per questa circostanza ha affermato, fra l’altro, che “il tempo passato accanto al malato è un tempo santo”. Fra Marco Fabello, direttore generale dell'Ircss San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, spiega il perché nell’intervista di Alessandro De Carolis

R. – Questa è la nostra vita. Siamo diventati religiosi per stare accanto ai malati,  perché vivere accanto ai malati è la nostra vocazione. Quindi, non solo è un tempo santo per noi perché ci impegniamo con la Chiesa ad assistere le persone, ma è un tempo santo per tutti coloro che volessero impegnarsi in questa bellissima avventura di stare accanto a chi soffre. Il fatto che il Papa lo richiami forse è necessario perché anche nel mondo sanitario molti vivono questa situazione come un puro mestiere invece che una missione da compiere.

D. – Verrebbe da dire che anche i malati sono cittadini “involontari” di quel mondo che Francesco definisce “cultura dello scarto”. Perché in una civiltà che spinge molto sui diritti individuali, quelli dei malti non riescono ad essere in primo piano come gli altri?

R. – Credo perché spingendo molto sui diritti individuali si finisce per diventare un po’ egoisti. E allora si pensa ai propri diritti, a se stesso, e l’altro  passa in secondo piano soprattutto nelle categorie dello scarto: i malati, i carcerati, le periferie di cui parla spesso Papa Francesco. Ed è questa una delle grandi sfide a cui la Chiesa è chiamata: ridonare luce a queste situazione di emarginazione che si presentano sempre più spesso.

D. – Il vostro Ordine ha un’esperienza plurisecolare di assistenza ai malati e certamente, specie negli ultimi decenni, in questo macrocosmo della sofferenza è cresciuto il numero di chi è affetto da disturbi come ansie e depressioni, anche in età molto verde. Qual è la vostra esperienza in questo ambito?

R. – L’esperienza è che il disagio psichico dei giovani cresce ad altissima percentuale, per cui è preoccupante come il mondo giovanile sia intaccato dalla depressione. Assistiamo bambini depressi ormai. La depressione della famiglia, che è sempre più in difficoltà… Ricordiamoci bene che il malato ha dietro di sé una famiglia e questa molto spesso è lasciata sola a vivere con il suo disagio, con la sua situazione di difficoltà.

D. – Non se ne parla più, ma i Fatebenefratelli sono stati in prima linea nell’assistenza ai malti di Ebola e anche per questo, e non solo, il vostro Ordine è stato insignito del premio “Cittadino europeo 2014”. In particolare, parlando di Ebola, che esperienza ha fatto il vostro istituto?

R. – È un’esperienza dolorosa, perché molte vite sono state donate per assistere queste persone, ma anche un’esperienza vocazionale intensa perché ci ha fatto capire davvero che al nostra vita è per gli altri e deve essere disponibile fino all’ultimo respiro. La testimonianza che ci hanno lasciato i religiosi che sono morti per Ebola credo fosse il culmine della grazia che il Signore ci poteva fare,  pur leggendo questa situazione con molta sofferenza.

D. – Si parla molto in Italia della Carta dei diritti del malato. A che punto si è?

R. – Mi sovviene a questo punto un ricordo, bello credo, che ci fa il nostro nuovo presidente della Repubblica, quando richiama chiaramente ad avere cura delle categorie deboli, la rimozione delle barriere verso ogni forma di disabilità… Ci troviamo di fronte a una situazione in cui Chiesa e società civile vanno nella stessa direzione. Quindi, spero e credo che questa Carta dei diritti trovi più facilmente una sua concretizzazione.

D. – E allora, che auguri fa ai malati che vivono oggi la loro condizione di sofferenza?

R. – Credo che l’augurio che si possa fare è di aver fiducia in sé stessi e, per chi crede, nel Signore. Ma soprattutto di avere accanto a sé gli affetti familiari e di avere quella comprensione quella vicinanza che è necessaria per poter vivere meglio ogni stato di malattia.

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Nomine del Papa in Guinea Equatoriale e Repubblica Democratica del Congo

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In Guinea Equatoriale, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Malabo, presentata da mons. Ildefonso Obama Obono, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato arcivescovo di Malabo mons. Juan Nsue Edjang Mayé, finora vescovo di Ebebiyin.

Nella Repubblica Democratica del Congo, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lisala, presentata da mons. Louis Nkinga Bondala, C.I.C.M., per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato vescovo di Lisala il rev.do padre Ernest Ngboko Ngombe, C.I.C.M., vicario generale della Congregazione dei Missionari di Scheut.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Una lunga catena di morte: oltre duecento migranti annegano nel Canale di Sicilia dopo aver subito le brutalità dei trafficanti.

Come le dita della mano: all'udienza generale Papa Francesco parla dei figli.

Sogno di un piccolo principe: Leonardo Lugaresi sulla Biblioteca Malatestiana di Cesena.

Per fare gli interessi del bambino: Carlo Petrini illustra la nozione di "rischio minimo" nella sperimentazione in pediatria.

Povero Bob: Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini sull'ultimo lavoro di Dylan.

Schiavi a fumetti: Roberto Genovesi su una storia ambientata nell'Africa subequatoriale.

Per una Chiesa in uscita: in un articolo di Piergiorgio Confalonieri la lezione di Giuseppe Lazzati.

Utilità comune: a dieci anni dalla morte, Guzman Carriquiry ricorda don Giussani.

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Oggi in Primo Piano



Ucraina: a Minsk vertice Putin, Poroshenko, Merkel, Hollande

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Al via oggi a Minsk il summit dei leader di Russia, Ucraina, Francia e Germania, da cui si attende una soluzione politica alla crisi nell’Est dell’Ucraina, dopo la nuova escalation del conflitto. L’incontro del cosiddetto quartetto “formato Normandia” è stato preceduto, nella notte, dai colloqui tra esponenti di Kiev e dei filo-russi, che avrebbero trovato un accordo preliminare sul cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti. Ma anche stamane sul terreno si segnalano nuove vittime civili e militari. Il servizio di Marco Guerra: 

Circa 500 giornalisti sono presenti a Minsk per il vertice tra Merkel, Hollande, Poroshenko e Putin, con quest’ultimo che ha formalizzato la sua partecipazione solo in giornata. Tutti sottolineano la necessità di una soluzione politica, come ribadito anche nella telefonata avuta ieri sera, su iniziativa americana, tra Obama e il presidente russo. Colloqui telefonici intercorsi poi stamane tra il presidente francese e la cancelliera tedesca, che si sono detti pronti a “tutto per la pace” sebbene sul tavolo rimangano molte questioni irrisolte: dalla definizione della linea del fronte, mutata dopo l’avanza dei filo-russi,  allo status speciale per le regioni separatiste. Soluzioni che non sono ancora a portata di mano e se fallisse Minsk, avvertono fonti Ue, ci sarebbe un inasprimento delle sanzioni alla Russia. Intanto sul terreno non si fermano le violenze, 19 soldati ucraini sono morti nelle ultime 24 ore e questa mattina sei persone sono state uccise dai colpi di artiglieria che si sono abbattuti su una stazione degli autobus a Donetsk. Ma per un commento sul vertice in bielorussia sentiamo Aldo Ferrari, esperto di Russia e Caucaso dell’Ispi e docente alla Ca’ Foscari di Venezia:

R. - Il presupposto di partenza è l’estremo timore che la situazione possa ulteriormente degenerare. La minaccia americana di fornire armi all’Ucraina ha sicuramente alzato ulteriormente il livello di rischio. Si vuole assolutamente scongiurare un’ulteriore escalation e da questo punto di vista forse questa volta c’è davvero la volontà politica di voler arrivare ad una soluzione condivisa e non solo temporanea.

D. - Quindi oggi l’obbiettivo  è un cessate il fuoco o ci si può aspettare un accordo quadro per una soluzione più duratura?

R. - Credo che oggi si tenderà semplicemente a porre le condizioni per il cessate il fuoco. Ma credo che in questo momento ci sia anche la volontà di tentare una soluzione che a partire da questo indispensabile cessate il fuoco riesca a gettare le basi non solo per il superamento del conflitto, ma ancora di più per il recupero delle relazioni tra Russa e Occidente.

D. - Ma quali sono le questioni irrisolte più difficili da affrontare?

R. - Il problema principale è che la Comunità internazionale, in particolare Europa e Stati Uniti, fatica ad accettare la realtà sul campo, vale a dire che la Crimea è persa per l’Ucraina - ormai è parte della Russia - e che le regioni orientali, in particolare il Donbas, andranno sicuramente individuate come zone di statuto speciale di autonomia, se non addirittura andare verso una federalizzazione dell’Ucraina. Dal punto di vista europeo questo è molto difficile da accettare, ma se non si accetta questo processo di federalizzazione i dialoghi falliranno.

D. - Poroshenko è stato invitato al vertice. Che tipo di segnale politico è?

R. - Naturalmente non poteva non esser invitato. La libertà di movimento dell’Ucraina è estremamente limitata. È un Paese che dipende completamente dall’esterno da un punto di vista sia politico che economico. Non invitarlo avrebbe voluto significare esplicitamente il fatto che l’Ucraina non è voce in capitolo ma è solo oggetto di politiche internazionali anziché soggetto. Quindi invitarlo corrisponde sia alla realtà che alla logica delle relazioni internazionali.

D. - Putin e Obama hanno tenuto una conversazione telefonica dove hanno sottolineato l’importanza di una soluzione politica. Anche la Casa Bianca cerca di avere un ruolo in questa trattativa: da una parte mostra i muscoli e dall’altra utilizza le vie diplomatiche...

R. - Sì è così. La politica internazionale è estremamente complessa. Finora i vari attori non sono riusciti a trovare un linguaggio comune. È assolutamente necessario che questo avvenga. Gli Stati Uniti hanno spinto molto contro la Russia a livello di sanzioni, a livello di appoggio incondizionato all’Ucraina,  l’Europa si è accodata. Probabilmente sarebbe il caso di cominciare a riflettere più attentamente verso i passi già compiuti dalla politica estera occidentale sia statunitense che europea. Ci siamo mossi commettendo molti errori e dall’altra parte la Russia si è mossa con la sua consueta aggressività. Entrambe le parti dovrebbero riconsiderare alcuni dei passi già compiuti a mio giudizio.

D. - Intanto sul terreno si continua a combattere. Le conquiste territoriali dei filorussi peseranno sul processo di pace?

R. - Non possono non pesare. Esiste la realtà di una regione dominata da separatisti; in una regione che è comunque abitata in maniera dominante da russi non si può prescindere da questo fatto. Limitarsi ad a agitare la legge internazionale, il diritto internazionale, può essere legittimo dal punto di vista dei principi ma non per giungere ad una soluzione.

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Il leader cinese a settembre in Usa: progressi in relazioni

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Progressi nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Lo annunciano i due leader, Obama e Xi Jinping, che nella notte si sono parlati al telefono, in vista di un prossimo incontro che – annunciano le agenzie – si terrà a settembre. Si tratta della prima visita ufficiale del presidente cinese, dopo un colloquio informale nel 2013 in California. Ma per capire di quale processo di avvicinamento tra Washington e Pechino si possa parlare, Fausta Speranza ha intervistato Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento: 

R. – Assolutamente positivo è il fatto che i due presidenti si siano parlati dopo un periodo di incomprensioni, perché sul tavolo c’è, è vero, qualche punto di avvicinamento, come sulla questione del cambio climatico, ma ci sono altre questioni che separano notevolmente le due nazioni: penso al cyber-spionaggio, alle richieste marittime cinesi nel Pacifico, soprattutto nei confronti di due storici alleati degli Stati Uniti come Giappone e Filippine. Quindi, il fatto che si siano parlati e che abbiano stabilito un incontro ufficiale per la prima volta, è assolutamente positivo.

D. – Pensiamo subito ad un nuovo scenario geopolitico? Che dire?

R. – Questo forse no, però ci sono in questo momento sul tavolo internazionale alcune questioni che necessitano che i due Paesi si avvicinino. Penso anche adesso alla questione africana e ad una possibile collaborazione, come so che c’è già stata, nel prevenire una diffusione dell’ebola. Quindi, sono punti di partenza per nuove questioni, per nuovi avvicinamenti. Scenari geopolitici non lo so… In questo momento, probabilmente, sono troppo importanti le crisi che ci sono sul tappeto per preannunciare nuove alleanze.

D. – Nella telefonata tra Obama e Xi Jinping sembra si sia parlato di Iran…

R. – Sì, la questione dell’Iran preoccupa più – devo dire – gli Stati Uniti che la Cina. Ma, in ogni caso, il presidente Obama credo abbia fatto le dovute pressioni sul presidente cinese, perché la questione nucleare iraniana è una questione che riguarda strettamente cinque Paesi che hanno il seggio permanente all’Onu e va risolta. Quindi, avere dalla propria parte, o comunque far sì che il governo di Teheran sia influenzato dalla Cina, sarebbe un guadagno per Washington.

D. – Sullo sfondo delle questioni politiche sempre l’economia. Sappiamo che le imprese americane lamentano chiusura del mercato cinese e chiedono un pieno accesso…

R. – Sì, questa è una questione molto interessante, perché le aziende cinesi in un modo o in un altro hanno utilizzato il sistema aperto del mercato globale per entrare in quello occidentale. Però, dall’altra parte invece utilizzano i vecchi sistemi protezionistici dell’Ottocento per chiudere il proprio mercato e renderlo non totalmente impermeabile, ma comunque difficoltoso nell’accesso da parte di quelle aziende – non solo americane, ma occidentali in generale – che invece tentano di aprirsi al mercato cinese, che è un mercato in totale espansione. 

D. – Se parliamo di mercati, pensiamo che in qualche modo l’avvicinamento degli Stati Uniti a Cuba apra un po’ agli Stati Uniti il mercato dell’America Latina. Questo ci può entrare nel riassestamento dei mercati internazionali o è fanta-politica?

R. – Io sulla questione cubana sono ancora sono un po’ cauto, perché è vero ci sono state delle mosse formali molto forti – un chiaro coinvolgimento del Vaticano – però al momento di pratico non riesco a vedere ancora nulla di effettivamente concreto. Io spero naturalmente che i rapporti si normalizzino tra i due Paesi. In ogni caso, il mercato latinoamericano degli Stati Uniti è sempre stato molto aperto, tranne alcuni Paesi come il Brasile, come il Venezuela, con cui gli Stati Uniti hanno dei rapporti leggermente complicati.  

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Tsipras: la Grecia non tornerà ai piani di sottomissione

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Oggi riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles, nel quale il nuovo governo greco presenta un piano in 5 punti, in vista di un accordo ponte, che permetta ad Atene di ottenere 10 miliardi di euro e tempo fino ad agosto per negoziare un nuovo programma di aiuti contro la crisi. Il premier Tsipras, nonostante le pressioni della Germania, ha ribadito che il Paese ellenico non tornerà ai piani di sottomissione del passato e non adotterà nuove misure di austerità. Il parlamento di Atene, intanto, ha votato la fiducia al neo-governo ellenico eletto nelle scorse settimane. Della crisi greca Giancarlo La Vella ha parlato con Antonio Ferrari, analista politico del Corriere della Sera: 

R.  – Ieri la borsa di Atene è salita. Questo  vuol dire che i mercati credono in un accordo. Io credo che un compromesso si troverà. Sia pure per tappe, ci sarà questo accordo ponte, ma bisognerà fare in modo che nessuno perda la faccia: il governo Tsipras, per quello che ha proposto ai suoi elettori per vincere le elezioni, e anche la Germania. Io credo che oggi Berlino, ma anche il mondo intero siano molto preoccupati per l’Ucraina. Quindi,  anche questo potrà favorire una soluzione.

D . - C’è il rischio che Tsipras non riesca a mantenere le sue promesse, quindi si crei una fronda a livello popolare anche nei confronti di questo nuovo governo?

R.  – Il rischio c’è, perché oltre alla disperazione, la lotta contro gli immigrati, che purtroppo sostiene anche Kammenos, cioè l’alleato di estrema destra del governo di estrema sinistra, eppure c’è anche un Paese che guarda a tutto questo con simpatia, perché Tsipras vuole far uscire il Paese dalla crisi, cercando di riaggiustare gli effetti più devastanti, ma, dall’altra parte, si sa benissimo che tutti i debiti della Grecia sono in euro e devono essere pagati. Ma non credo che oggi ci possa essere uno Stato europeo che dica: “Signori, cancelliamo tutto e non se ne parla più". No, non è più possibile.

D. – E la questione dei debiti di guerra che Atene vanta ancora oggi nei confronti di Berlino?

R.  – Certo, Atene dice una cosa: nel ’53, quando voi avete avuto bisogno, vi sono stati abbonati il 50% dei debiti e il resto da restituire in 30 anni, anche per favorire la futura riunificazione, che, quindi, in parte è stata pagata da tutti noi. Allora ciascuno ha rinunciato al rigore assoluto proprio per consentire alla Germania di uscire dai binari della crisi postbellica, fino a quando ci fosse stata la riunificazione. Dall’altra parte, la Grecia è stata vittima del fascismo italiano e del nazismo tedesco. Ora, io credo che sia impossibile oggi andare a pretendere una riparazione dei danni della Seconda Guerra Mondiale, però è anche questa una pressione da parte della Grecia su Berlino. Come a dire: “Sentite, avete ottenuto molto nel passato. Anche noi oggi chiediamo qualcosa. Cercate di essere più comprensivi e non essere barricati dietro il muro del rigore".

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Embrioni congelati. Mons. Pegoraro: offrire possibilità di vita

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E’ necessaria una riorganizzazione della legge per tutelare la vita nascente, la donna e la coppia. Così in sintesi mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia Pro Vita, sul caso di una vedova cinquantenne che ha ottenuto dai giudici di Bologna la possibilità di impiantare un embrione concepito 19 anni fa. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso mons. Pegoraro: 

R. – In questo caso specifico, gli embrioni esistono già, sono creati 19 anni fa e poi congelati. Il problema che si pone è anche quello di offrire una possibilità di poter nascere. Quindi, da un lato c’è questa possibilità, una soluzione positiva e, dall’altro, dopo 19 anni, anche da un punto di vista strettamente medico, tecnico, è molto improbabile la riuscita. Inoltre, c’è l’età ormai della donna, quasi cinquantenne, e il fatto di essere rimasta vedova: un assetto di coppia e di famiglia cambiato rispetto a 19 anni fa.

D. – Lo ribadiamo, questa situazione si è generata prima dell’entrata in vigore della legge 40 che regola la materia …

R. – Infatti la legge 40 prevedeva che ogni ciclo si concludesse in sé e tutti gli embrioni ottenuti venissero immediatamente impiantati, evitando embrioni congelati, proprio per evitare situazioni come queste dove tutto poi si complica.

D.  – La legge 40  nel tempo è stata smantellata a colpi di sentenze, c’è la necessità di una nuova riorganizzazione?

R. – Condivido la necessità di una riorganizzazione e sistematizzazione della materia con una regolamentazione più attenta, più precisa e anche di maggior tutela dei soggetti coinvolti, specialmente della vita nascente, degli embrioni, ma anche della donna della coppia e della famiglia nel suo insieme. La legge 40 aveva posto limiti per avere tutele più precise. Adesso ci si trova in questa situazione di smantellamento dell’impianto complessivo della legge e il fatto che poi ogni tribunale possa decidere caso per caso senza che ci sia un criterio generale più preciso.

D. – Di nuovo siamo di fronte a una realtà dove si congela una vita, si lascia in uno stato di sospensione: non si sa cosa accadrà …

R.  – La legge 40 voleva evitare questo che non ci fossero embrioni soprannumerari e non venissero congelati come è accaduto. Nel caso della signora il problema si è creato 19 anni fa. Adesso come uscirne e come almeno tentare di offrire questa possibilità agli embrioni che già esistono e la madre è la loro?

D. – La Chiesa è per il rispetto della vita, quindi è contraria a ogni manipolazione, invece sostiene la lotta alla sterilità. Eppure molti continuano sulla via che viene definita come “il figlio ad ogni costo”…

R.  – Credo che tante volte le tecniche abbiano spinto verso una direzione più sbrigativa ed efficace perdendo di vista tutto quello che può essere proprio il compito della medicina attento anche a un’ecologia umana e un rispetto umano di prevenzione della sterilità o di cure ormonali, chirurgiche che possano dare risultati nel rispetto della procreazione umana in quanto tale.

D.  – Secondo lei è necessaria una riflessione profonda in materia?

R. – In ogni caso una riflessione è necessaria da un punto di vista etico e da un punto di vista normativo, legislativo: un’etica che sostiene un approccio alla procreazione in termini di responsabilità, di tutela dei più deboli, in particolare del concepito, della stessa donna, della sua corporeità e anche una normativa più precisa, perché aver smantellato la legge 40 ha aperto tutta una serie di varchi che diventa poi difficile governare.

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Unitalsi: fare di più per abbattere le barriere architettoniche

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Alla vigilia della 23.ma Giornata Mondiale del Malato, a Roma, l’Unitalsi ha promosso - ieri sera - un momento  di preghiera dedicato agli ammalati e ai disabili della capitale. L’iniziativa, si è svolta con una processione partita da Piazza di Spagna che si è poi conclusa nella Basilica di Sant’Andrea delle Fratte. Il servizio di Marina Tomarro. 

E’ una Piazza di Spagna illuminata dalla luce di migliaia di candele accese quella che ha accolto la statua della Madonna di Lourdes portata in processione dall’Unitalsi. E dietro di lei, tanti i fedeli e gli infermi in carrozzina, molti dei quali ogni anno si recano nella cittadina francese, per pregarla in quella grotta, dove nel 1858 apparve a Santa Bernardette. Ma tanti sono anche i malati che vivono il loro dolore in solitudine lontano da tutti. Alessandro Pinna, presidente dell’ Unitalsi Roma:

R.  – Nella nostra città gli "invisibili" sono tutte quelle persone che non riescono a svolgere nella quotidianità tutti quegli atti che normalmente si devono compiere. Noi, come Unitalsi, dopo aver fatto anche un sondaggio su un target di 1.500 famiglie, ci siamo resi conto che c’è una grossa percentuale di famiglie che non vogliono affrontare le barriere architettoniche che la nostra città si propone. E noi stiamo a fianco di queste persone cercando di aiutarle ad affrontare e a cercare di superare queste barriere.

D. - Ma per i malati cosa si potrebbe e si dovrebbe fare di più?

R. – Spesso ci scordiamo che ci sono persone su una carrozzina o in un istituto che soffrono della solitudine: basterebbe un po’ del nostro tempo per cercare di alleviare anche questo problema grosso della solitudine perché la malattia è anche solitudine. Quando racconto la storia della nostra associazione, dico sempre che da un atto di disperazione è nata una speranza perché il nostro fondatore è andato a Lourdes volendosi uccidere davanti alla grotta. E’ tornato, ha fondato l’Unitalsi, ha detto: se Lourdes ha fatto bene a me farà bene a tante altre persone. Quindi, ecco, questo è quello che mi piace: da un atto di disperazione è nata una speranza per tante persone. Si torna da Lourdes cambiati, sicuramente, guariti nell’anima.

E la Giornata del Malato diventa quindi anche un'occasione per riflettere sulla fragilità della condizione umana. La testimonianza del vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale della salute diocesana:

R. – La Giornata mondiale del malato è un’occasione per tutta la Chiesa per riflettere, innanzitutto, di come senza la malattia il Mistero di Cristo non può essere completamente vissuto ma anche per annunciare a tutti che la persona umana vale in tutti i momenti della sua esistenza. Esiste una dignità trascendente della persona umana che prescinde ogni riconoscimento culturale giuridico, perché ogni persona vale per quella che è, e che è Dio stesso che si prende a cuore la vicenda umana. Per cui la Giornata mondiale del malato è una grande occasione non soltanto per riflettere con gli operatori socio-sanitari le loro responsabilità nei confronti di coloro che sono i loro assistiti ma anche per comprendere che una società che non mette al centro di se stessa la condizione di sofferenza e di malattia è una società che non potrà costruire il suo futuro promuovendo tutte le persone quali che siano le loro condizioni.

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Madonna di Lourdes. P. Grasso: luogo di ricerca di Dio

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Migliaia di pellegrini affollano oggi Lourdes nel giorno in cui la Chiesa ricorda l'apparizione della Madonna a Bernadette Soubirous avvenuta l'11 febbraio 1858. Tra i fedeli tanti sono i malati giunti nella cittadina francese ai piedi dei Pirenei: oggi si celebra infatti anche la Giornata mondiale del malato. Sul rapporto tra guarigioni e fede, ascoltiamo padre Antonino Grasso, mariologo, docente all’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Luca di Catania, al microfono di Luca Collodi

R. – Parlando dei miracoli che avvengono a Lourdes, una fondamentale constatazione che dobbiamo fare è questa: Lourdes non è una clinica o un laboratorio, ma prima di tutto ed essenzialmente è un luogo di preghiera, di ricerca di Dio, di conversione. Il pellegrinaggio a Lourdes contribuisce a far prendere coscienza della prospettiva escatologica in cui si muove il cristiano, tra l’oscurità della fede e la sete di Dio, tra la limitatezza del tempo e l’aspirazione ad una vita senza fine, tra la fatica del vivere e la brama della felicità. Il significato di Lourdes, perciò, è soprattutto spirituale: il suo segreto misterioso è in Dio, che con la sua grazia, attraverso Maria, si fa compagno di viaggio del suo popolo, pellegrinante tra pericoli e affanni. Solo in questa prospettiva si possono comprendere le guarigioni di Lourdes e cioè solo nel loro esclusivo significato di esplicitazione visibile di questa presenza operante e confortante del Dio Salvatore, nel loro essere – come scriveva il vescovo di Lourdes, mons. Perrier – come tanti sassolini che aprono una strada verso il cielo. E segno visibile di tutto questo è la sorgente dell’acqua della grotta, mezzo di tante guarigioni, ma prima di tutto simbolo del rinnovamento e del lavacro sacramentale del Battesimo e della Confessione. Con la sua sorgente, Lourdes visualizza simbolicamente la promessa del Signore rivolta ad ogni creatura: “l’acqua che Io gli darò, diventerà in lui sorgente che zampilla per la vita eterna”. Il cuore dell’uomo, ferito dal peccato, perduto nel deserto della siccità spirituale e fisica, è simboleggiato dalle erbe amare e dal fango. Ma in fondo a questo cuore può ritornare la vita stessa di Dio, significata dalla sorgente.

D. – Chi va in pellegrinaggio a Lourdes, soprattutto i malati, non nascondono la loro speranza spirituale e corporale. Tra l’altro vi sono molte guarigioni a Lourdes che la Chiesa ha riconosciute come miracolose…

R. – Sì. In realtà ogni anno accorrono a Lourdes circa 80 mila malati di ogni genere: portatori di handicap, invalidi, malati terminali o cronici, dializzati… Insomma una moltitudine di umili e di afflitti che sin dalle origini non ha mai cessato di accedere alla Grotta delle apparizioni e alla sorgente miracolosa. Nel contesto di questo pellegrinaggio, alcuni di loro sono stati immediatamente, inspiegabilmente e completamente liberati dalle loro gravi malattie. Dal 1858, anno delle apparizioni, fino al 2013 la Chiesa ha riconosciuto, come dovute al solo intervento di Dio e quindi miracolose,  69 di queste guarigioni. Sebbene dobbiamo dire che negli archivi di Lourdes sono conservati migliaia di dossier di guarigioni inspiegabili… Analizzando queste guarigioni dobbiamo dire che i 69 miracolati appartengono a tutte le fasce di età, sono in maggioranza donne e provengono da sei nazioni diverse. Le guarigioni non si sono verificate tutte allo stesso posto: alcune sono avvenute nelle piscine, altre davanti alla Grotta o sulla scalinata della Basilica del Rosario o durante la processione pomeridiana del Santissimo Sacramento. Addirittura due guarigioni – quella di Pierre de Rudder e della bambina siciliana Delizia Cirolli – sono avvenute nei loro Paesi di origini e quindi a centinaia di chilometri da Lourdes, confermando che l’acqua, portata dai malati al ritorno in patria, provoca guarigioni anche ben lontano dal santuario. Le ultime due guarigioni miracolose sono state riconosciute in Italia.

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Nella Chiesa e nel mondo



Iraq. Mons. Warda: non bastano i raid aerei per battere l'Is

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Ai cristiani in Iraq "non resta molto tempo", se non sarà attuata un'azione militare diretta sul terreno perché i raid aerei "non bastano" per sconfiggere le milizie del sedicente Stato Islamico. È quanto ha affermato l'arcivescovo caldeo di Erbil (Kurdistan irakeno) mons. Bashar Warda, intervenendo al Parlamento di Londra. Il prelato ha "implorato" i governi occidentali affinché schierino truppe sul campo, unica via per battere i jihadisti e consentire ai cristiani - fuggiti da Mosul e dai villaggi della piana di Ninive - di tornare nelle loro abitazioni. Il governo britannico - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha assicurato che gli sforzi per combattere gli islamisti sono "globali".

Chiesta solidarietà per i profughi cristiani iracheni
L'intervento a Westminster di mons. Warda si inserisce nel contesto di una visita dell'arcivescovo caldeo di Erbil in Gran Bretagna, per perorare la causa dei profughi cristiani irakeni vittime delle violenze islamiste. Dopo il discorso alla Camera, il presule ha avuto un altro intervento al Sinodo generale della Chiesa anglicana.

Mons. Warda auspica un intervento militare di terra
Nell'ultimo decennio, ha spiegato il prelato, il numero dei cristiani è "drammaticamente crollato" rispetto agli 1,4 milioni dai tempi della dittatura di Saddam Hussein. "Da cattolico, trovo molto difficile fare queste affermazioni" ha sottolineato mons. Warda, ma "auspico un'azione militare, perché non c'è ad oggi altra via" per risolvere la situazione. "Vi prego di considerare - ha aggiunto, facendo riferimento alle truppe britanniche - di concentrare la vostra attenzione sulla necessità di un'azione militare".

I jihadisti dell'Is peggiori dei talebani afghani
Per il vescovo caldeo la situazione in Iraq "è peggiore di quanto è successo in Afghanistan" sotto i talebani, con un numero sempre crescente (in particolare fra i giovani) di persone che "vogliono combattere fra le fila di Daesh", il nome arabo dello Stato islamico. Negli ultimi tempi i vertici della Chiesa caldea e i leader cristiani irakeni riconoscono, con sfumature diverse, la necessità di un intervento militare contro i jihadisti, anche se si tratta di una "soluzione spiacevole". Al contempo il patriarca, i vescovi e i sacerdoti moltiplicano gli appelli alle famiglie cristiane, perché non abbandonino il Paese svuotandolo di una presenza minoritaria ma significativa per lo sviluppo dell'intera nazione. (R.P.)

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Siria: oltre 20 mila combattenti stranieri con i jihadisti

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Nell'ultimo periodo il numero di militanti stranieri giunti in Siria attraverso la Turchia per combattere nelle file dei jihadisti è aumentato con un ritmo "senza precedenti": da tutto il mondo più di 20mila persone si sarebbero unite alle truppe dell'autoproclamato Stato Islamico o ad altri gruppi estremisti. È quanto hanno riferito fonti ufficiali dell'intelligence statunitense, secondo cui - riferisce l'agenzia AsiaNews - i volontari della guerra santa provengono da più di 90 nazioni e, di questi, almeno 3.400 da Stati occidentali (150 gli americani).

I combattenti prediligono lo Stato Islamico
Nel documento diffuso dal National Counter-Terrorism Center (Nctc), con sede in Virginia, emerge che i combattenti stranieri prediligono arruolarsi fra le milizie del sedicente Stato Islamico, che esercitano oggi maggiore attrattiva rispetto ad altri movimenti estremisti e terroristi. Gli esperti hanno ritoccato le stime diffuse a gennaio, secondo cui i jihadisti giunti in Siria sarebbero stati circa 19mila. Non vi sono dati certi ma, secondo quando riferisce il direttore Nctc Nicholas Rasmussen, le "linee di tendenza sono chiare e preoccupano".

In Siria la maggioranza dei combattenti stranieri
Per chiarire le dimensioni del fenomeno, l'esperto di intelligence spiega che "il numero dei combattenti stranieri diretti in Siria non ha precedenti" e "supera" quello relativo a quanti sono andati "in Afghanistan e Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia o in altre zone negli ultimi 20 anni". Molto varia è anche la tipologia dei jihadisti stranieri diretti in Medio Oriente, tanto che non "non rientrano in alcuno stereotipo" o categoria particolare cui ricondurli. Da tempo i governi occidentali hanno lanciato l'allarme in merito al numero crescente di concittadini che partono per la Siria e l'Iraq, per combattere fra le fila dei gruppi islamisti. Un fenomeno che è cresciuto ancor più all'indomani degli attentati di Parigi, che hanno causato 17 morti e seminato il panico per giorni nel cuore dell'Europa.

L'Is affascina per l'uso ottimale della propaganda
Secondo il direttore di Nctc le milizie dello Stato Islamico riescono a richiamare un numero così elevato di combattenti grazie anche all'uso ottimale della propaganda sul web e sui social media; la produzione di video e filmati, realizzati in diverse lingue e molto curati, ha esercitato un grande fascino sui giovani occidentali. Oltre alle immagini di decapitazioni e violenze, il gruppo ha capito come si possono raggiungere e indottrinare migliaia di ragazzi e ragazze; ad una vita "alienata" e senza speranza, essi oppongono una immagine "bucolica" e affascinante nei territori occupati dal cosiddetto "Califfato". "Al Qaeda e le sue varie affiliazioni in Medio Oriente e in Africa - conclude Nicholas Rasmussen - non hanno mai mostrato un tale acume in tema di propaganda". (R.P.)

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Chiesa indiana: vittoria dell’AAp riflette le speranze della gente

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Una vittoria elettorale che “riflette le speranze della popolazione” perché si lavori “al benessere di tutti, a prescindere dalle caste, dal credo e dalla classe sociale” e si promuovano “la pace e l’armonia interreligiosa”: così l’arcivescovo di Delhi, Anil Couto, commenta la vittoria elettorale del partito dell'Uomo comune (Aam Aadmi party - AAp), guidato da Arvind Kejrival. Alle elezioni nella capitale indiana, New Delhi, Kejrival ha infatti conquistato 67 dei 70 seggi dell'assemblea locale, sconfiggendo il partito nazionalista hindu Bharatiya Janata party (Bjp) del primo ministro Narendra Modi. Al centro del suo programma elettorale, l'Aap ha posto la lotta alla corruzione, la riduzione delle bollette e il contrasto alla violenza sulle donne.

Nuovo governo garantisca rispetto della legge
Ricordando, poi, i recenti attacchi contro luoghi di culto cristiani avvenuti nel Paese, mons. Couto esprime l’auspicio che “il nuovo governo agisca rapidamente per far sì che la legge e l’ordine siano garantiti nella capitale”. Sulla stessa linea, anche mons. Agnelo Gracias, vescovo ausiliare di Mumbai: condannando l’esecutivo attuale per essere rimasto in silenzio di fronte a tali attacchi e per aver permesso che continuassero a verificarsi, mons. Gracias ha sollevato un interrogativo inquietante: “Simili attentanti contro i cristiani, che rappresentano un bersaglio facile e una minoranza pacifica non minacciosa, sono episodi isolati o fanno parte di un piano sistematico? Si fermeranno qui o ne seguiranno altri ancora?”.

A Mumbai, manifestazione di solidarietà per i cristiani
Si tratta forse di un tentativo, ha ribadito mons. Gracias, di trasformare l’India in un Paese con un’unica religione, uguale per tutti? Per questo, ha concluso il presule, bisogna domandarsi se il silenzio del governo sia stata “una coincidenza o una scelta”, tanto più che gli attacchi avvengono in condizioni di “impunità”. Da ricordare, infine, che ieri, a Mumbai, si è tenuto un “raduno di solidarietà” nei confronti dei cristiani, organizzato dall’ong “Bombay Catholic Sabha”. (I.P.)

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Vescovi irlandesi: sostegno della società a famiglia naturale

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Il matrimonio e la famiglia naturale godono complessivamente di un ampio sostegno nella società irlandese, in controtendenza con l’idea ormai prevalente nei Paesi occidentali della crisi del modello tradizionale di famiglia. E’ quanto emerge da una ricerca pubblicata da Accord, l’agenzia dei vescovi irlandesi per la preparazione e il sostegno al matrimonio.

Cinque i quesiti dell’indagine 
L’indagine condotta dall’istituto di ricerca Amárach Research ha messo a confronto i dati raccolti su un campione di 1.000 adulti in due anni distinti, il 2006 e il 2014, per verificare eventuali cambiamenti nei trend di opinione. Cinque i quesiti all’esame della ricerca: come viene visto l’impegno del matrimonio; quale importanza e valore viene data alla famiglia; qual è il modello ideale di famiglia per un bambino; quanto è importante che le coppie con bambini siano sposate e quanto sono conosciuti Accord e i suoi servizi.

Mons. Denis Nulty: risultati nell’insieme incoraggianti
Soddisfatto nell’insieme dei risultati dell’indagine, mons. Denis Nulty presidente di Accord. Le risposte sembrano confermare infatti che la definizione del matrimonio quale unione fedele tra un uomo e una donna aperto alla vita goda ancora di un ampio consenso nella società irlandese. Alla presentazione del rapporto il vescovo di Kildare e Leghlin ha richiamato in particolare l’attenzione sulle risposte date a due quesiti: il 65% degli intervistati ha dichiarato di ritenere che un bambino possa crescere meglio in una famiglia con un padre e una madre, mentre il 61% pensa che le coppie che si uniscono in matrimonio assumono un impegno reciproco a vita che può essere interrotto solo in gravi circostanze. Si tratta di un dato in crescita rispetto alla precedente indagine del 2006, quando solo il 56% per cento si era espresso in questo senso.

In aumento i matrimoni in crisi
Più preoccupante, per altro verso, un altro dato sullo stato di salute dei matrimoni in Irlanda: sono infatti in diminuzione (dal 60 al 51%) le persone che conoscono coppie che vivono un matrimonio felice. Da notare poi che appena un terzo degli intervistati ritiene che le coppie con figli debbano sposarsi.

Accord: 53 anni di attività a sostegno del matrimonio
Infine circa metà degli intervistati conosce l’opera svolta da Accord. Istituita nel 1962 l’agenzia svolge diverse attività a sostegno al matrimonio: da corsi di educazione sulla sessualità umana nelle scuole, ai corsi di preparazione al matrimonio per i fidanzati a diverse attività di sostegno alle coppie sposate. (A cura di Lisa Zengarini)

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Vescovi canadesi: questionario del Sinodo invita alla riflessione

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“Le domande contenute nei Lineamenta non sono concepite per lanciare un sondaggio nell’opinione cattolica, ma sono piuttosto un invito alla riflessione”: scrive così la Conferenza episcopale canadese (Cecc), in una nota diffusa in vista del 14.mo Sinodo generale ordinario che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre prossimi, sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. In particolare, la Cecc fa riferimento al questionario contenuto nei Lineamenta, ovvero il documento preparatorio dell’Assise: inviato a tutte le Chiese particolari, il questionario dovrà essere compilato e rispedito alla Segreteria generale del Sinodo entro il 15 aprile. In base alle risposte pervenute, poi, si lavorerà all’Instrumentum laboris, ossia al documento di lavoro dell’Assemblea.

Incoraggiare la diffusione del questionario nelle diocesi locali
Esortando, quindi, i vescovi locali a rispondere al questionario, la Cecc informa di averne preparato una versione di più facile lettura, riorganizzandone la struttura: “I cambiamenti apportati – scrive la Conferenza episcopale – non riguardano la formulazione delle domande, quanto l’ordine in cui vengono poste”, per raggiungere un triplice obiettivo: “Semplificare la consultazione del questionario e facilitarne l’uso nelle diocesi; incoraggiare suggerimenti concreti e migliorie pratiche; suscitare riflessioni pertinenti sulla realtà e la situazione di ogni diocesi”.

Sollecitare un ampio coinvolgimento dei fedeli
All’origine di questi cambiamenti, specifica la Cecc, c’è la volontà di adeguarsi al metodo “vedere, giudicare, agire” metto in atto dal Sinodo straordinario sulla famiglia, svoltosi ad ottobre 2014, e di cui i Lineamenta sono un primo risultato. Lo stesso approccio, dunque, è stato utilizzato dalla Chiesa di Ottawa per classificare le domande del questionario. Per questo, i presuli auspicano che per le risposte vengano consultati “sacerdoti ed altri membri del clero, laici e gruppi di discussione, coppie di coniugi e famiglie, esperti diocesani o di altri ambiti della vita familiare”. Lo stesso auspicio viene espresso affinché si risponda alle “questioni aperte” poste in calce al questionario, al fine di raccogliere “ulteriori commenti”.

Sinodo, occasione meravigliosa per la Chiesa
“Le assemblee del Sinodo – sottolinea la Cecc – sono occasioni meravigliose, per tutta la Chiesa, per pregare e riflettere sulle più importanti questioni di attualità. Le risposte al questionario sono, soprattutto, un mezzo, per i vescovi, di condividere le loro idee e le loro esperienze pastorali con il Papa” ed anche per “comprendere meglio come i fedeli affrontino questioni particolari”. Infine, la Conferenza episcopale informa che le risposte non saranno rese pubbliche, ma verranno inviate direttamente alla Segreteria generale del Sinodo. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 42

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