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Sommario del 09/02/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: custodire il creato è dei verdi? No, è cristiano!

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I cristiani sono chiamati a custodire il Creato. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice si è quindi soffermato sulla “seconda creazione”, quella operata da Gesù che ha “ri-creato” ciò che era stato rovinato dal peccato. Il servizio di Alessandro Gisotti

Dio crea l’universo ma la creazione non finisce, “Lui continuamente sostiene quello che ha creato”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia soffermandosi sul passo della Genesi, nella Prima Lettura, che narra la creazione dell’universo. Nel Vangelo odierno, ha poi commentato, vediamo “l’altra creazione di Dio”, “quella di Gesù, che viene a ri-creare quello che era stato rovinato dal peccato”.

Come rispondiamo alla creazione di Dio?
Vediamo Gesù tra la gente, ha detto, e “quanti lo toccavano venivano salvati”: è “la ri-creazione”. “Questa ‘seconda creazione’ – ha rilevato Francesco – è più meravigliosa della prima; questo secondo lavoro è più meraviglioso”. Infine, c’è “un altro lavoro”, quello della “perseveranza nella fede” che lo fa lo Spirito Santo:

“Dio lavora, continua a lavorare, e noi possiamo domandarci come dobbiamo rispondere a questa creazione di Dio, che è nata dall’amore, perché Lui lavora per amore. Alla ‘prima creazione’ dobbiamo rispondere con la responsabilità che il Signore ci dà: ‘La Terra è vostra, portatela avanti; soggiogatela; fatela crescere’. Anche per noi c’è la responsabilità di far crescere la Terra, di far crescere il Creato, di custodirlo e farlo crescere secondo le sue leggi. Noi siamo signori del Creato, non padroni”.

E’ compito del cristiano custodire il creato
Il Papa ha avvertito che dobbiamo avere “cura di non impadronirci del Creato, ma di farlo andare avanti, fedeli alle sue leggi”. Dunque, ha soggiunto, “questa è la prima risposta al lavoro di Dio: lavorare per custodire il Creato”:

“Quando noi sentiamo che la gente fa riunioni per pensare a come custodire il Creato, possiamo dire: ‘Ma no, sono i verdi!’ No, non sono i verdi! Questo è cristiano! E’ la nostra risposta alla ‘prima creazione’ di Dio. E’ la nostra responsabilità. Un cristiano che non custodisce il Creato, che non lo fa crescere, è un cristiano cui non importa il lavoro di Dio, quel lavoro nato dall’amore di Dio per noi. E questa è la prima risposta alla prima creazione: custodire il Creato, farlo crescere”.

Lasciamoci riconciliare con Gesù
Francesco si è dunque chiesto come rispondiamo “alla seconda creazione”. San Paolo, ha rammentato, ci dice di lasciarci “riconciliare con Dio”, “andare sulla strada della riconciliazione interiore, della riconciliazione comunitaria, perché la riconciliazione è opera di Cristo”. E ancora, riecheggiando l’Apostolo delle Genti, il Pontefice ha detto che non dobbiamo rattristare lo Spirito Santo che è in noi, che è dentro di noi e lavora dentro di noi. E ha soggiunto che noi “crediamo in un Dio personale”: “è persona Padre, persona Figlio e persona Spirito Santo”:

“E tutti e tre sono coinvolti in questa creazione, in questa ri-creazione, in questa perseveranza nella ri-creazione. E a tutti e tre noi rispondiamo: custodire e far crescere il Creato, lasciarci riconciliare con Gesù, con Dio in Gesù, in Cristo, ogni giorno, e non rattristare lo Spirito Santo, non cacciarlo via: è l’ospite del nostro cuore, quello che ci accompagna, ci fa crescere”.

“Che il Signore – ha concluso – ci dia la grazia di capire che Lui” è all’opera “e ci dia la grazia di rispondere giustamente a questo lavoro di amore”.

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Riforma Curia: ottava riunione del Papa con il Consiglio di Cardinali

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È iniziata questa mattina, alla presenza di Papa Francesco, l’ottava riunione del Consiglio di Cardinali, il cosiddetto C-9, impegnato sul progetto di riforma della Curia. I lavori dureranno fino a mercoledì 11 febbraio. Nei giorni seguenti, giovedì 12 e venerdì 13 febbraio, nell’Aula del Sinodo, avrà luogo il Concistoro del Collegio cardinalizio.

Sabato 14 febbraio, alle 11.00 nella Basilica Vaticana, il Papa presiederà il Concistoro ordinario pubblico per la creazione di 20 nuovi cardinali. Al termine del rito, Francesco terrà anche un Concistoro per la canonizzazione di tre Beate. Domenica 15 febbraio, alle 10.00 nella Basilica Vaticana, il Pontefice presiederà la Messa con i nuovi porporati.

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Papa, parrocchia: guerra opera del demonio, solo Gesù è pace

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Sono “tante” le guerre in corso nel mondo, tutte opera del demonio, ma l’unico che porta la pace e semina l’unità è Gesù, che “dobbiamo abituarci” ad ascoltare ogni giorno nel Vangelo. È l’essenza del messaggio che il Papa ha rivolto alla comunità parrocchiale romana di Pietralata, situata a nord di Roma, visitata da Francesco ieri pomeriggio. Il Papa ha incontrato come sua abitudine i gruppi parrocchiali e ha concluso con la celebrazione della Messa. Ma la visita è cominciata con un fuori programma. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis

Il cappotto bianco è inghiottito in un attimo da un capannello di occhi sgranati per la sorpresa. Un corri corri di gente, voci che chiamano voci: “El Papa! El Papa!”. Francesco entra a sorpresa in una “villa miseria” a pochi metri dall’Aniene, un agglomerato di baracche chiamato “Campo Arcobaleno” che accoglie sfollati dall’Africa e dall’America Latina, e oggi anche dall’Ucraina e dalla Russia. Francesco si lascia soffocare con grandi sorrisi dalla calca che lo cerca, lo stringe, lo trattiene, finché il “Padre Nostro” recitato in spagnolo scioglie in preghiera il calore che per dieci minuti ha riscaldato il cuore di vecchi e nuovi senzapatria.

Comincia così, dal bordo di una periferia, la visita del Papa alla parrocchia di San Michele Arcangelo. Comincia con una sorpresa a qualche centinaio di metri dalla chiesa a forma di capanna rivestita di laterizi rossi, che pure sorge su una terra cento anni fa popolata di casupole e baracche, quelle dei contadini del borgo dei primi Novecento e poi di quel “villaggio degli esclusi”, come lo chiama il parroco, una sequela di tuguri riempiti prima della guerra da famiglie povere scacciate d’autorità del centro cittadino. Adesso le baracche sono scomparse e lo skyline di Pietralata è dominato dai palazzi-alveare. Ottomila famiglie, tante schierate davanti alla chiesa, dietro le transenne, per ringraziare il Papa delle periferie che li è venuti a cercare fino in casa loro.

E il “parroco” speciale si muove proprio come a casa sua – un passo, un “selfie”, una stretta di mano – per donarsi con grande senso di paternità ai gruppi che rendono viva la comunità locale. Scende prima nel salone, dagli ammalati, ai quali dice che anche quando “tutto è buio” c’è sempre un Padre che ama “e mai delude”. Poi, due piani sopra, è davanti ai senza fissa dimora, assistiti dalla Comunità di Sant’Egidio. Toccante ciò che dice loro:

“Il fatto che la gente non sa il vostro nome e vi chiama i ‘senzatetto’ e voi sopportate questo: è la vostra croce e la vostra pazienza. Ma c’è qualcosa nel cuore di tutti voi, di questo vi prego di essere sicuri: c’è lo Spirito Santo”.

Cambio di stanza e Francesco è con i genitori di bimbi battezzati durante l’anno. Educateli “bene” nella fede, li esorta, perché – dice – ci sono tanti “bambini cristiani che non sanno farsi il segno della croce”. Quindi, è la volta degli Scout che regalano cinque sacchi a pelo al Papa, che si passa al collo il loro “fazzolettone”. E arriva il momento, come sempre vivace, del faccia a faccia di Francesco con bambini più grandicelli, ai quali il Papa catechista regala un insegnamento fondamentale: le guerre non sono solo quelle che – e li sollecita a elencarle – uccidono bambini in Iraq, Ucraina, Africa. Le guerre nascono molto prima in persone che non hanno Dio:

“Chi è il padre della guerra? Forte! (bambini: “Il diavolo!”) Perché il diavolo è il padre dell’odio. D’accordo? E’ il padre delle bugie, il padre delle menzogne, eh. Perché? Perché non vuole l’unità. Invece Dio vuole l’unità (…) Se voi avete nel cuore gelosie contro un altro [un’altra persona], questo è l’inizio di una guerra. Le gelosie non sono di Dio”.

Un insegnamento che Francesco riprende con semplicità all’omelia della Messa, che presiede verso le 18 dopo aver confessato anche alcuni parrocchiani. Parole già sentite dalla grande finestra dell’Angelus o dal sagrato di San Pietro, risuonano forse ancor più nitide nel silenzio assoluto della piccola chiesa:

“Ma è triste quando in una famiglia i fratelli non si parlano per una stupidaggine, perché il diavolo prende una stupidaggine e fa un mondo. Poi le inimicizie vanno avanti tante volte per anni, eh. E si distrugge quella famiglia: i genitori soffrono perché i figli non si parlano o la moglie di un figlio non parla all’altro… E così le gelosie, le invidie… Questo lo semina il diavolo. E l’unico che caccia i demoni è Gesù. L’unico che guarisce queste cose è Gesù. Perciò ad ognuno di voi: ‘Lasciati guarire da Gesù’”.

Anche il proposito finale che il Papa formula a nome di tutti è un pezzetto di Magistero tra i più cari, da poco risuonato dall’altare di Santa Marta. Imparare ad ascoltare Gesù sull’unico “canale” che lo trasmette sempre, il Vangelo:

“Dobbiamo abituarci a questo: sentire la Parola di Gesù, ascoltare la Parola di Gesù nel Vangelo. Leggere un passo, pensare un po’ cosa dice, cosa dice a me. Se non sento che mi dice, passo ad un altro. Ma avere questo contatto quotidiano col Vangelo. Pregare col Vangelo. Perché così Gesù predica a me, dice col Vangelo quello che vuol dirmi”.

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Francesco: pianto di bambini a Messa, predica di Dio e della vita

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Nella visita a San Michele Arcangelo, il Papa in tutti i suoi incontri ha voluto calarsi direttamente nella comunità parrocchiale romana, specchio della realtà di periferia, ma anche di vita quotidiana. Figli, famiglia, rinunce, ricerca della sicurezza in Cristo: questi alcuni temi affrontati da Francesco a Pietralata. Il servizio di Giada Aquilino

Pianto dei bambini, predica di Dio
Quella dei bambini è la migliore predica. Da Pietralata all’Aurelio, Papa Francesco ha unito idealmente le comunità romane. Coi piccoli battezzati nell’ultimo anno nella parrocchia di San Michele Arcangelo, il Pontefice ha infatti ripreso un concetto già affrontato nella chiesa di San Giuseppe, in dicembre:

“A me piace sentire piangere i bambini, perché sono una promessa di vita! Quando piange un bambino, quando siamo in chiesa, nella Messa, e incominciano a piangere i bambini, forse alcune segretarie parrocchiali incominciano a dire: ‘Shh! Portalo fuori!’. No, no, deve rimanere lì, perché è la predica di Dio, è la predica della vita”.

Famiglie: mai finire la giornata senza ritrovare la pace
Nella sua visita a Pietralata, il Papa si è lasciato accompagnare dai vagiti dei bambini, così come ad esempio aveva fatto pure in Cappella Sistina, celebrando a gennaio la Santa Messa col rito del battesimo per 33 neonati. Quindi un pensiero, una parola, un’esortazione per i genitori, per le coppie sposate, per le famiglie, risuonata più volte anche alle udienze generali del mercoledì: mai finire la giornata senza fare la pace:

“Non è necessario dire: ‘Scusami caro, scusami’. No, a volte si fa la pace senza parole! Perché in un matrimonio una cosa brutta, brutta, brutta, è quando il rancore - o quello che si sente dopo aver litigato, viene freddo - il giorno dopo ancora c’è. No, no! Mai finire la giornata senza fare la pace, almeno con un gesto”.

La sicurezza interiore nella vocazione
E in quel quartiere di Roma nord - abitato da chi tutti i giorni fa i conti con la crisi della società, dell’economia, dei valori, ma che da quella realtà cerca di trarre forza per non perdere la speranza - a chi chiedeva al Papa un confronto sulle scelte da compiere, domandandogli delle rinunce compiute nella sua vita dedicata a Cristo, Francesco non ha avuto dubbi: “ci sono difficoltà sempre”, ha detto, nel matrimonio e anche nella vita di chi rinuncia ad esso per diventare prete o suora. Il segreto sta nella “sicurezza interiore”:

“Quando un prete va sicuro, ci sono difficoltà, ce ne sono tante, ma si va avanti: il lavoro, anche la solitudine, ma tante difficoltà, anche i propri sbagli, i propri peccati. Ma si sente quella chiamata di Gesù che ti dice: ‘Stai tranquillo, non scoraggiarti, io sono con voi’. Lo stesso nel matrimonio”.

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Conclusa plenaria Pontificia Commissione per Tutela dei Minori

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Si sono conclusi ieri a Roma i tre giorni di lavori della plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. La plenaria - afferma un comunicato finale - ha riunito per la prima volta la Commissione al completo dei suoi 17 membri, che hanno potuto condividere i progressi nel compito affidato loro da Papa Francesco in vista della tutela e protezione dei minori nella Chiesa.

Durante la plenaria, i membri hanno presentato i rapporti dei Gruppi di Lavoro degli esperti che hanno operato l’anno scorso. La Commissione ha poi completato le proprie raccomandazioni riguardanti la struttura formale dell’organismo ed ha concordato le varie proposte da sottoporre all’esame del Santo Padre.

I Gruppi di Lavoro fanno parte integrante della struttura della Commissione. Nel periodo che intercorre tra le plenarie, questi gruppi realizzano ricerche e progetti in settori che sono centrali per l’obiettivo di rendere la Chiesa una ‘casa sicura’ per bambini, adolescenti e adulti vulnerabili. Questi settori comprendono: la cura pastorale per le vittime e le loro famiglie, l’educazione, le linee guida per un approccio ottimale, la formazione al sacerdozio e alla vita religiosa, le norme ecclesiastiche e civili che regolano le accuse di abuso e "l'esercizio della responsabilità" (accountability) di persone in posizioni di autorità all’interno della Chiesa, quando trattino accuse di abuso.

La Commissione è consapevole che la questione "dell'esercizio della responsabilità" è quella di maggiore importanza. Durante la plenaria, i membri hanno concordato su una proposta iniziale che verrà sottoposta all’esame di Papa Francesco. Inoltre, la Commissione sta sviluppando le procedure per garantire "l'esercizio della responsabilità" per tutti coloro che lavorano con i minori all’interno della Chiesa, clero, religiosi e laici.

Parte "dell'esercizio della responsabilità" consiste nell’accrescere la consapevolezza e la comprensione a tutti i livelli della Chiesa sulla gravità e l’urgenza di mettere in pratica le corrette procedure di tutela. A tale scopo, la Commissione ha deciso di promuovere seminari per educare quanti hanno responsabilità nella Chiesa nel campo della tutela dei minori.

In seguito alla Lettera del Santo Padre ai presidenti delle Conferenze Episcopali e ai superiori degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica circa la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, datata 2 febbraio, la Commissione confida nella collaborazione con le Chiese locali, mettendo a disposizione la sua competenza per garantire un approccio ottimale alle linee guida per la tutela dei minori.

Inoltre, la Commissione sta preparando il materiale per la Giornata di Preghiera che sarà dedicata a tutte le vittime di abuso sessuale. Questo evento - si legge nel comunicato - sottolineerà la nostra responsabilità di lavorare per la guarigione spirituale ed anche per aiutare ad aumentare la consapevolezza nella comunità Cattolica della piaga degli abusi sui minori.

La Commissione ricorda quanto afferma Papa Francesco: “Le famiglie devono sapere che la Chiesa non risparmia alcuno sforzo per tutelare i loro figli”. “Consapevoli della gravità del nostro compito”, i membri invitano tutti i fedeli a pregare per il loro lavoro.

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Rinuncia episcopale a Timor Est

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Il Papa ha accolto le dimissioni dal governo pastorale della Diocesi di Dili, Timor Orientale, presentate da mons. Alberto Ricardo Da Silva, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

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Neocomandante Guardie Svizzere: Papa non pensa a scioglimento

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Sabato scorso il Papa ha nominato il colonnello Christoph Graf nuovo comandante della Guardia Svizzera Pontificia. 53 anni, sposato, due figli, il colonnello Graf era finora vicecomandante. E’ entrato nella Guardia Svizzera nel 1987 come semplice alabardiere. Mario Galgano lo ha intervistato: 

R. – Prima vorrei ringraziare il Santo Padre, Papa Francesco, per la sua fiducia nei miei confronti e devo dire che sono molto orgoglioso e fiero di essere al suo servizio.

D. – Ha qualcosa da dire al suo predecessore?

R. – Sì, un altro ringraziamento va al comandante uscente Daniel Anrig da parte mia. Lui, durante i suoi 6 anni al comando della Guardia Svizzera, ha migliorato soprattutto il reclutamento e la formazione e noi siamo molto grati per il suo servizio al Corpo.

D. – I media ultimamente hanno molto parlato molto Guardie Svizzere, anche con diverse speculazioni…

R. - Sì, la domanda di alcuni giornali era se con il congedo del comandante ci sarebbe stato anche uno scioglimento del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia. Confermo che il Santo Padre dimostra un grande interessamento al nostro Corpo oltre che affetto e stima nei nostri confronti e posso affermare con tutta tranquillità che il Santo Padre non pensa ad una decisione in tale senso.

D. – Com’è stato il suo primo giorno da neocomandante delle Guardie Svizzere?

R. – Sabato pomeriggio sono stato accolto dai membri del Corpo e dalle famiglie delle guardie nel cortile d’onore della nostra caserma e nel mio discorso ho raccomandato a tutti che uniti nella preghiera e con la fiducia nel Signore riusciremo ad andare aventi per un buon futuro della Guardia.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Una piaga vergognosa: nella prima giornata mondiale contro la tratta il Papa all’Angelus denuncia lo sfruttamento delle schiave e degli schiavi di oggi. E nel giorno di santa Bakhita, in prima pagina, un editoriale di suor Eugenia Bonetti, presidente dell’Associazione Slaves no More, sulla mobilitazione per la libertà.

La Croce nel sacco: Giuliano Zanchi sull'opera “Svelamenti” di Jannis Kounellis.

Educatrice con la passione per i gialli: Robert Gagnier traccia un ritratto della religiosa statunitense Saint George Skurla.

Tra Baltico e Mediterraneo: Sabino Caronia sulle anime in viaggio di Jan Brokken.

Crocevia del mito: Oddone Camerana su religione e narrazione nel mondo antico.

“Lilly stirava facendo finta di nulla”: Giovanni Preziosi ricorda Giovanni Palatucci, morto il 10 febbraio 1945 a Dachau.

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Oggi in Primo Piano



Iraq, a breve l'offensiva di terra contro jihadisti dell'Is

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E’ di oltre venti morti e decine di feriti il bilancio di una serie di attacchi, oggi, nella capitale irachena Baghdad. Finora nessuno ha rivendicato gli attacchi, riconducibili però all’estremismo sunnita legato ai jihadisti dell’Is, contro i quali presto sarà scatenata una offensiva di terra dell’esercito iracheno, con l’appoggio della coalizione. A renderlo noto è stato il comandante della coalizione a guida Usa, il generale John Allen, che ha poi spiegato i dettagli: 12 le brigate irachene addestrate da esperti di 10 Paesi, tra i quali anche l'Italia. Allen non ha però precisato se all’operazione su Mosul parteciperanno anche truppe di terra americane. Quali i possibili risultati di questa strategia? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Margherita Paolini, coordinatrice scientifica della rivista di geopolitica Limes: 

R. – Secondo me, questa campagna ha due motivazioni importanti. La prima: recuperare Mosul può cambiare un po’ le sorti della situazione in Iraq, anche se l’Isis se lo aspetta, tant’è che ha scatenato un’offensiva contro Kirkuk che non ha alcuna possibilità di riuscire, ma lo ha fatto per cercare di dirottare la pressione che si sta formando intorno alla città di Mosul. Qual è l’obiettivo di fondo di questa dichiarazione americana, di esserci sul terreno, insieme alle forze irachene? E’ per ri-bilanciare un po’ il fatto che i peshmerga sono quelli che hanno tenuto la situazione nel nord dell’Iraq. Avevano anche delle motivazioni, degli incentivi, importantissimi, perché respingere l’Isis ha permesso anche di estendere il loro controllo su zone di cui loro rivendicavano la “curdicità”. E in questo senso ci sono anche riusciti. Se si riconquista Mosul anche con intervento di truppe irachene, di consiglieri americani e così via, il congiungimento tra le zone nei territori curdi riconosciuti e quelli dell’est si compirebbe. Quindi, tutta la zona nord-nordest dell’Iraq diventerebbe una zona di forte influenza curda. Così come la suddivisione delle risorse idriche della diga di Mosul diventerebbe di gestione congiunta. L’impressione che tutti hanno avuto è che i bombardamenti americani abbiano aiutato moltissimo ovviamente i curdi, però di fatto hanno poi favorito l’espansione dei curdi su risorse idriche e di terra. Quindi, in questo modo si recupererebbe l’immagine delle truppe irachene a vantaggio, anche, dell’immagine dell’aiuto americano.

D. – Questo significa che, almeno in quella parte, l’Is avrebbe i giorni contati?

R. – Lei pensi che partecipa anche Barzani, è sceso sul campo, con le tende. Quindi, se Barzani partecipa attivamente a questa operazione, vuol dire che sono quasi convinti di farcela. Io ho però preoccupazioni molto serie in merito al fatto che la situazione nella parte curda, o vicino alle zone curde, non è mai stata così grave se non per la faccenda della diga di Mosul, che rischia di crollare da un momento all’altro, ma quello perché è un progetto sbagliato da un punto di vista ingegneristico, è una crisi annunciata. Invece, il problema serio, su cui è da sconsigliare vivamente un intervento delle truppe irachene è nella zona di al-Anbar, in cui invece l’Isis continua a essere molto forte perché è il suo retroterra vero, che lo congiunge anche al retroterra siriano. Lì, purtroppo, le tribù sunnite sono ancora scottate dalle false promesse che avevano ricevuto dagli americani, quando si trattava di combattere al Qaeda, ecc. E di fatto, le tribù sono penalizzate dalla cattiva gestione politica del governo centrale che le ha emarginate. Quindi, riconquistare la fiducia di queste tribù è una cosa lunga: non è il caso di avventurarsi in riconquiste di terra che poi non potrebbero essere mantenute. Però, lì c’è tutta la filiera delle dighe che possono essere utilizzate come armi, dalla diga di Haditha a quella di Falluja, e a tutti i barrage che gestiscono il flusso dell’Eufrate verso Baghdad e verso tutti i territori al di sotto, cioè le zone agricole da cui dipende la vita delle comunità sciite. Lì bisogna cercare, secondo me, di mantenere invece il discorso dei bombardamenti per evitare che l’Isis, che assedia queste dighe, possa impadronirsene. Anche se occupassero le dighe per pochissime ore, sono in grado, come hanno già dimostrato, di aprire le chiuse delle dighe e inondare determinati territori, o di chiuderle a monte e quindi privare dell’acqua una serie di città e villaggi.

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Banca Hsbc indagata per rete di evasione fiscale mondiale

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E' scontro politico nel Regno Unito per lo scandalo della Banca Hsbc, secondo gruppo bancario mondiale, che avrebbe aiutato, attraverso la sua filiale svizzera HSBC Private Bank, centinaia di suoi clienti "Vip" in tutto il mondo a evadere 180 miliardi di tasse nel biennio 2005-2007. Il leader del Labour, Ed Miliband, chiede al governo Cameron chiarimenti sul ruolo dell'Agenzia delle entrate e sulla nomina a sottosegretario al Commercio dell'ex presidente della Banca al centro dello scandalo. Lo scandalo emerge dall’inchiesta del quotidiano francese Le Monde, che parla di un vasto sistema di evasione fiscale. Di questa sorta di "globalizzazione dell’evasione", Fausta Speranza ha parlato con Federico Rasi, docente di Diritto tributario internazionale: 

R.  – La particolarità di questo caso è che è stato allargato a dismisura il numero dei Paesi che sono coinvolti ma, nonostante ci sia un numero così ampio, sembra che il canale per l’evasione fiscale sia stato per così tante persone il medesimo. Non è un caso che a livello internazionale si discuta da tempo di evasione fiscale, di canale bancario: è un’urgenza avvertita a tutti i livelli.

D.  – Che cosa può significare se il problema dell’evasione fiscale non è più questione interna a un Paese, ma diventa un fatto internazionale?

R. – Significa che ci sono per ogni singolo Paese complicazioni molto più elevate per poter riuscire a scoprire, a risolvere questi casi. Occorre intervenire, avere informazioni dal primo Paese nel quale le somme sono transitate in altri Stati, tipicamente "paradisi fiscali", dove esistono società, costruzioni e dove l’opacità di questi Paesi rende difficile avere queste informazioni. Ma è un tema di cui da molti anni si sta discutendo a livello Ocse o di Unione Europea. Non a caso, paradisi fiscali oggi non sono tanto i Paesi che hanno un’aliquota di tassazione piuttosto bassa, ma sono i Paesi che non scambiano informazioni.

D. – Abbiamo pensato spesso alle banche come a un potere forte, ma alle banche in qualche modo “complici” dell’evasione fiscale non pensavamo…

R. – Esistono per le banche una serie di obblighi, di presidi, per sapere dal cliente come ha ottenuto le somme, e questi presidi, questo soglie, sono state mano a mano elevate. Quindi, c’è un onere dei governanti di prevedere soglie sempre più stringenti e un dovere assolutamente inderogabile per le banche di applicarle nella maniera più corretta possibile. In questo caso, si dovrà vedere le eventuali responsabilità o meno delle banche. A livello europeo, è proprio di qualche anno fa una raccomandazione dell’Ue che invita gli Stati membri a prendere iniziative per questo. Abbiamo modifiche normative discusse e approvate proprio nel gennaio di quest’anno su problemi di tassazione internazionale. E vi è anche qui un dibattito sul cercare di contrastare questo tipo di comportamenti. Le somme che possono essere in questi conti, di cui oggi noi leggiamo, possono essere frutto di evasione fiscale quanto possono essere frutto di elusioni fiscali e aggiramenti.

D. – Globalizzazione dell’evasione fiscale ma ci viene subito in mente che le leggi a proposito di fisco sono le più diverse nei Paesi, giusto?

R. – Assolutamente, sì. Ogni Paese ha una sua normativa tributaria, quindi l’evasore in Italia non rispetterà certe regole, l’evasore in altri Paesi non ne rispetterà altre. Ma in ogni caso c’è evasione o elusione. E c’è un tentativo da parte degli Stati sempre più forte di globalizzazione, di uniformazione dei principi per contrastare questa evasione. Parliamo di "common reporting standard", quindi di un meccanismo per scambiare le informazioni effettivamente unico. Questa è attualmente l’arma più importante per contrastare i fenomeni che oggi leggiamo sui giornali.

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India. Elezioni New Delhi. Exit poll: sconfitto premier Modi

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Sabato scorso, si sono svolte in India le elezioni per il governo della capitale New Delhi. I risultati saranno resi noti domani, ma gli "exit poll" hanno decretato una vittoria netta del Partito dell’uomo comune e del suo leader Arvind Kejriwal, che avrebbe conquistato forse 43 seggi su 70, ai danni del Partito popolare (Bjp) del premier in carica, Narendra Modi, cui andrebbero solo 26 seggi. Mentre al Partito del Congresso di Sonia e Rahul Gandhi resterebbe un solo seggio. Il servizio di Roberta Gisotti

Sono proiezioni su dichiarazioni di voto, passibili quindi di essere ribaltate dopo lo spoglio reale delle urne. Ma a che cosa si potrebbe attribuire questa vittoria: alla personalità di Kejriwal, noto anche come il “Beppe grillo indiano”, o alla cattiva politica del premier Modi? Lo chiediamo al collega Maurizio Salvi dell’agenzia Ansa a New Delhi:

R. – Il risultato in parte non era atteso in questo momento, perché da quando mesi fa il premier è venuto al potere tutte le elezioni che si erano svolte a livello degli Stati dell’Unione indiana erano andati a favore del Bjp, il partito di Modi. Invece, a New Delhi il ritorno del Partito dell’uomo comune di Kejriwal è stata la grande sorpresa di questi giorni. Infatti, per il 90% degli analisti della vigilia questo risultato doveva essere solamente una conferma della vittoria del partito di Modi. Perché questo? Probabilmente perché le tensioni sociali che si sono concentrate in New Delhi in questi ultimi giorni hanno contribuito al fatto che la popolazione tema la forza politica di Modi, una forza anche di carattere religioso, perché il suo è un partito induista e tende a limitare un po’ le libertà individuali. Bisogna aggiungere che negli ultimi mesi ci sono stati degli attacchi verso chiese cattoliche, che hanno messo in guardia non solo la popolazione di origine cristiana, che è una piccola parte, ma soprattutto i musulmani che invece a New Delhi sono molto numerosi e che probabilmente di fronte a questa prospettiva si sono riversati sul voto a Kejriwal.

D. – Nelle ultime elezioni del 2013 il partito di Modi conquistò 31 seggi – non abbastanza, ne servivano 35 per governare la città – contro i 28 del partito di  Kejriwal, che provò ad allearsi con il partito del Congresso che ne aveva 8. Ma la coalizione durò solo 49 giorni e New Delhi, da un anno, è sotto il controllo del commissario governativo. Dunque, quali scenari si prospettano?

R. – Possiamo dire che la carta vincente di Kejriwal, che potrebbe formare quindi un governo da solo senza bisogno di sostegni esterni, è stata la volontà di fare "piazza pulita" di tanti fenomeni di corruzione legati alla vita di New Delhi, che è una delle metropoli più grandi del mondo, e anche la promessa di abbassare il prezzo dell’acqua e dell’elettricità che sono due cose fondamentali per gli abitanti della capitale.

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Blitz antimafia. Card. Romeo: tutti si impegnino contro la criminalità

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A Palermo nuova maxi operazione antimafia. Sono state arrestate almeno 30 persone. Grande slancio alle indagini lo hanno fornito le numerose vittime del "pizzo". Diversi imprenditori hanno denunciato i loro estorsori. Quali le cause di questo progressivo sfaldamento del muro dell’omertà? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo

R. - Questi arresti - di cui ancora si hanno notizie sommarie - si susseguono con una certa regolarità, perché un mese e mezzo fa è stata fatta un’operazione simile nel quartiere Brancaccio. Innanzitutto perché le forze dell’ordine - soprattutto la magistratura - hanno cercato di sofisticare i loro sistemi di indagine e poi perché in questo momento di crisi non c’è più tolleranza da parte degli imprenditori. Ci si sente leggermente più protetti rispetto al passato nella misura in cui lo stato di diritto viene affermato. E la gente prende coraggio perché non ha alternativa. Oggi poi, arrestando i capi, ci sono capi meno esperti che quindi diventano più violenti, più aggressivi e la gente fa quadrato; sta prendendo coscienza che questo sistema favorisce un comportamento mafioso di cui ciascuno di noi deve sentirsi responsabile.

D. - Cosa è più forte della paura? C’è anche forse un valore etico che comincia ad essere sempre più diffuso…

R. – Personalmente su questo valore etico  - di cui la gente sta prendendo certamente coscienza - ho i miei dubbi perché quello che ci colpisce è sì una crisi economica, ma alla base c’è crisi dei valori. E se io osservo tutto questo mondo dell’illegalità, mi accorgo che cresce in un modo sempre più esponenziale. La corruzione la vediamo crescere dovunque! Allora questo mondo dell’illegalità sta continuando ad andare avanti; un mondo che vede violata la dignità umana perché non ha lavoro, non ha dignità. Ora, queste angosce pesano gravemente sulla società di oggi e le minacce sono da parte di tutti: la minaccia dell’insicurezza nelle case, la minaccia del furto, della rapina. La minaccia è generalizzata.

D. - In questa società sconvolta da minacce, da angosce, qual è oggi il migliore “antivirus” contro il mondo dell’illegalità, contro il mondo della mafia?

R. - Io credo che quello che diceva Pino Puglisi abbia piena attualità. Per questo motivo lo hanno ucciso: perché andava al nocciolo delle questioni. Ognuno deve fare qualcosa. Quante volte ho discusso con gli amministratori locali quando veniva un presidente della Regione o un sindaco e dicevano: “Io lotto contro la mafia, lei faccia funzionare bene il Comune. Lei – replicavo - faccia funzionare bene la Regione”. La mafia la lottiamo tutti! La lotta il padre di famiglia quando forma i figli; la lotta il prete quando confessa, quando fa catechesi, quando forma le coscienze … Un maestro che fa il suo dovere educativo sta lottando contro la mafia, così come un giudice quando conduce le sue indagini, come le forze dell’ordine quando cercano di proteggere la vita e i beni dei cittadini.

Se pensiamo che l’antimafia la fa il politico, questo parla, parla tanto di antimafia ma forse è colui che, magari, si trova nelle grinfie della mafia stessa. Quindi ognuno di noi deve fare qualcosa; nessuno deve dire: “Ma è un fenomeno che devono risolvere gli altri”. No! C’è qualcosa che ognuno di noi deve fare. Noi ci troviamo di fronte ad una situazione in cui deleghiamo agli altri; restiamo affacciati alla finestra e noi diciamo: “ lo facciano le forze dell’ordine, lo faccia la magistratura”. No, non è così. La città – la polis – siamo tutti noi. E qui è il problema: perché da una parte la mafia continua a crescere o a sopravvivere? Se non c’è lavoro, una persona cosa fa?

Sentiamo la responsabilità di una persona costretta all’ozio perché non ha lavoro è esposta al vizio; l’uso della droga aumenta, l’uso dell’alcol aumenta, la prostituzione è a 360 gradi … E dall’altra parte, il vizio è come una calamita che attira manovalanza, che sfrutta le frustrazioni delle persone. È lì che dobbiamo interromperla! Allora, è finita la grande stagione della mafia che attaccava le istituzioni; è arrivato un altro tipo di mafia, quella della corruzione. E allora la confisca dei beni dà i suoi frutti. La mafia prende altre forme, si sposta nel territorio. Adesso si accorgono che l’Expo è stata infiltrata; si accorgono che nel Mose ci sono giri di centinaia di milioni, perché se qui in Sicilia si muovono le briciole, là si muovono i “grossi pani”. Veramente dobbiamo dire: “Ognuno di noi deve fare qualcosa”; non possiamo delegare a nessuno questo mandato. Questo è l’antivirus contro la mafia.

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Roma. Al Miur mostra per riscoprire la scuola di Don Milani

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Il Ministero dell’Istruzione ricorda uno dei più importanti educatori italiani. A metà febbraio, la storia di Don Lorenzo Milani diventerà una mostra accolta proprio nella sede del MIUR a Roma e organizzata in collaborazione con la Fondazione Don Luigi Milani. Al microfono di Corinna Spirito, il direttore del Comitato scientifico della Fondazione, Sandra Gesualdi, ci dice di più sull’esposizione che proprio in questi giorni è stata presentata in Senato. 

R. – Pensavamo di mettere a disposizione 20-30 fotografie circa che tracciano proprio, quasi come biografia per immagini, quella che è stata l’esperienza della scuola di Barbiana. Ci fa piacere che Don Milani possa entrare quasi come monito e come stimolo dentro il ministero dell’Istruzione a ricordare quella che è stata una scuola di libertà. Presumibilmente si inaugurerà verso metà febbraio, però l’organizzazione è in mano al Miur.

D. – Chi era don Milani e quale contribuito diede all’istruzione?

R. – Don Milani è stato sicuramente un prete che poi ha concentrato il suo mandato apostolico facendo il maestro. Proveniva da una famiglia molto colta. In casa Milani passavano i maggiori pensatori della cultura mitteleuropea degli anni Trenta. All’improvviso, a 20 anni, quindi abbastanza tardivamente, dopo un’educazione agnostica ricevuta da parte della famiglia, si converte ed entra in seminario a Firenze. Da qui viene mandato a San Donato, una piccola parrocchia della Toscana, e si rende conto subito che la base della società, le persone che lavorano tutto il giorno avevano un’istruzione bassissima, non avevano l’uso della parola, in modo adeguato, e soprattutto non riuscivano a recepire neppure l’omelia che lui proponeva. Da qui, iniziò la sua missione. Istituì una scuola popolare dopo cena, proprio per gli operai che lavoravano tutto il giorno. E poi, quando fu mandato a Barbiana, istituì la prima scuola popolare privata. Quando fu mandato nel ’54 a Barbiana, in esilio, Barbiana era il nulla del nulla, era una canonica con 20 case e 80 anime, un popolo sottomesso culturalmente: erano contadini senza la proprietà della terra, il semianalfabetismo e il non dominio della parola provocavano un destino bieco. Soprattutto i ragazzini di queste famiglie contadine non avrebbero avuto nessun altro destino se non quello di proseguire il lavoro nei campi perché non possedevano nessun tipo di scolarizzazione. Lui svuotò la canonica di Barbiana e istituì una scuola di avviamento industriale. Probabilmente, adesso, è inconcepibile però studiavano 12 ore al giorno, 365 giorni all’anno. Però, come diceva lui, questo era il tempo che la terra richiedeva, quindi per i ragazzini che non dovevano andare più a lavorare nei campi  venire a scuola era un privilegio. E fu una scuola di libertà. Oltre a essere un maestro, fu un educatore: quindi “ex-ducere”, colui che tira fuori il meglio, il talento da ogni ragazzo. Il contributo che ha dato questa scuola potremmo riassumerlo in tre punti. Tutti i ragazzi sono adatti a studiare: non c’è un ragazzo che è più svogliato, che è inadatto e quindi va respinto. Sta nel maestro conquistare, come si  direbbe oggi, il “link” che fa esplodere la passione verso l’arricchimento del sapere e verso la scuola. Poi, a scuola si va per studiare, non si va per prendere un voto o essere giudicati. Si va proprio per acquisire l’istruzione che ti permetterà di evolverti, non soltanto intellettualmente ma anche moralmente. Era una scuola molto etica. E il terzo punto: a scuola non si studia soltanto per se stessi, ma per aiutare anche gli altri. Molti dei ragazzi di Barbiana sono diventati o maestri loro stessi o sindacalisti o comunque hanno fatto un lavoro che poi è risultato utile alla loro comunità.

D. – Oggi, la Fondazione come prosegue il percorso didattico iniziato da don Milani?

R. – Intanto, è stata costituita da tre ex ragazzi di don Milani, quindi cerca diportare avanti il pensiero di questa figura. Stiamo lavorando molto sul territorio per far proprio conoscere questa figura e il suo operato, la sua filosofia, e per far capire ai ragazzi che la scuola è fondamentale come luogo di crescita in cui il piccolo cittadino si forma e poi un giorno sarà sovrano.

D.  – In questo senso la mostra potrebbe essere un pretesto per ricordare alla scuola italiana i valori di don Milani…

R. – L’intento nostro è questo, l’importante è che Don Milani non sia soltanto uno slogan ma che veramente si ricominci a leggere i suoi libri e probabilmente ripensare a una didattica più incentrata sul ragazzo, sulla capacità di tirargli fuori le passioni piuttosto che una scuola burocratizzata o senza valori. Lui diceva umilmente: “Io cresco insieme ai ragazzi”. Quindi, una scuola che è un dare-avere, il maestro deve prendere tanto dal ragazzo, e il ragazzo deve a sua volta prendere tanto dal maestro.

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Nella Chiesa e nel mondo



Ucraina, verso vertice di Minsk. Ue, minaccia nuove sanzioni

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E’ stato rinviato a mercoledì prossimo, a Minsk, l’incontro tra Ucraina, Russia Germania e Francia, per discutere il piano di pace per l’est ucraino. Questo quanto emerso dopo il colloquio telefonico di ieri. E, mentre oggi la cancelliera tedesca, Merkel, incontra negli Stati Uniti il capo della Casa Bianca, Obama, il presidente russo Putin, che non ha ancora deciso se partecipare all’incontro diplomatico in Bielorussia, torna a puntare il dito contro le responsabilità dell’Occidente.
Intanto i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno approvato nuove sanzioni contro la Russia, la cui applicazione però è condizionata dall’esito del vertice di Minsk.

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Card. Gracias: in India clima di impunità contro i cristiani

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Vescovi indiani in marcia per la pace. Card. Gracias confermato presidente
In marcia, con le candele accese, per promuovere la pace e dire no alle violenze contro i cristiani: hanno sfilato così, a Bangalore, venerdì scorso, oltre 100 vescovi indiani, provenienti da tutto il Paese. L’iniziativa si è tenuta in concomitanza della 27.ma Assemblea Plenaria dedicata a “Liturgia e vita”, che si conclude oggi. A guidare il corteo è stato il card. Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale cattolica (Ccbi), il quale ha ricordato i numerosi attacchi avvenuti negli ultimi due mesi contro luoghi di culto cristiani. Episodi che preoccupano, ha detto, perché fanno pensare “a un piano strategico per ridurre i membri della comunità cristiana a cittadini di seconda classe”.

Dare garanzie costituzionali anche ai cristiani
“Nella nostra patria – ha ribadito il card. Gracias – la comunità cristiana ha dato un immenso contributo nel campo dell’educazione, della sanità e dei servizi sociali, arrivando anche nei territori più remoti”. Ribadita, quindi, la necessità di applicare alla comunità cristiana “le garanzie costituzionali”. Anche perché, ha sottolineato il porporato, “gli assalti ricorrenti e gli atti di vandalismo contro obiettivi cristiani, avvenuti in diverse zone del Paese”, insieme alla “incapacità dei legislatori di sottoporre a giudizio i colpevoli hanno peggiorato il clima di impunità”.

Rafforzare lo Stato di diritto per costruire la pace
“Il silenzio del governo – ha evidenziato ancora il card. Gracias – e dei responsabili dei diritti costituzionali, insieme alla mancanza di tutele per la comunità, sono davvero sconcertanti”. È tempo, quindi, ha concluso il porporato, di rafforzare “lo Stato di diritto e di frenare gli attacchi, per costruire la pace e l’armonia nella nazione”.

Card. Gracias rieletto presidente dei vescovi
Da segnalare, infine, che nel corso della 27.ma Plenaria, il card. Gracias, arcivescovo di Mumbay, è stato rieletto presidente della Conferenza episcopale. Confermati il vice-presidente ed il segretario generale, rispettivamente mons. Filipe Neri Ferrao, arcivescovo di Goa, e mons. Varghese Chakkalakal, vescovo di Calicut. (I.P.)

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Usa, Settimana del matrimonio e Giornata del rispetto nuziale

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Stati Uniti: sesta edizione della Settimana nazionale per il matrimonio
Un’occasione per celebrare “il dono e la benedizione” del matrimonio e per riaffermare il “sostegno alle coppie sposate e ai fidanzati”, in un momento in cui viene rimessa in discussione la definizione stessa dell’istituto matrimoniale quale unione definitiva tra un uomo e una donna. Questo vuole essere la Settimana nazionale per il matrimonio che la Chiesa degli Stati Uniti sta celebrando in questi giorni fino al 14 febbraio, Festa di San Valentino. Lo spiega mons. Richard J. Malone, presidente della Commissione per i Laici, il matrimonio, la famiglia e i giovani  della Conferenza episcopale (Usccb) nella lettera di presentazione dell’iniziativa, giunta alla sua sesta edizione. Un’iniziativa che quest’anno si inserisce nel contesto dei preparativi per l’Incontro mondiale della famiglie di Filadelfia in calendario a settembre e dell’Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, previsto il prossimo ottobre a Roma sulla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.

Il materiale messo a disposizione delle diocesi per la settimana
Nella lettera, mons. Malone segnala il materiale a disposizione delle parrocchie e delle diocesi per le iniziative in programma durante la settimana. In particolare, la Usccb ha messo in rete un sussidio di preghiera per la Giornata Mondiale del Matrimonio (World Mariage Day) celebrata ieri, un appuntamento promosso ogni anno dal movimento internazionale "Mariage Encounter". Sono inoltre disponibili uno speciale inserto con dati statistici che dimostrano il valore insostituibile del matrimonio tradizionale quale fondamento della società, una raccolta di sussidi in inglese e spagnolo per le singole giornate della settimana dal titolo “For your Mariage – Por tu Matrimonio” e un video che illustra il carattere unico del matrimonio.

13 febbraio, Giornata di preghiera per il rispetto del matrimonio
Mons. Malone invita inoltre i fedeli a partecipare il 13 febbraio a una speciale Giornata di preghiera e di penitenza per il rispetto del dono del matrimonio e della famiglia nel Paese e per tutti i mariti e le mogli, affinché perseverino nella fedeltà coniugale anche nei momenti più difficili della vita di coppia. (L.Z.)

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Nuova Zelanda. Diocesi sul questionario del Sinodo famiglia

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Messaggio dei vescovi neozelandesi per Sinodo sulla famiglia
“Qual è l’impatto della nostra voce, della nostra testimonianza nell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo?”: si apre così il messaggio del vescovi della Nuova Zelanda, diffuso in vista del 14.mo Sinodo generale ordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre prossimi. Nel documento, i presuli sottolineano che l’Assemblea sinodale porta a una riflessione che “emerge da un periodo collettivo di preghiera, ascolto, consultazione e profonda meditazione”.

Guardare agli approcci pastorali concreti
Entrato, dunque, in una “nuova fase”, dopo quella dell’Assemblea straordinaria sempre sulla famiglia, svoltasi ad ottobre 2014, il Sinodo – spiegano i vescovi neozelandesi – si concentrerà ora “sugli approcci pastorali concreti necessari per mantenere e rafforzare la bellezza della vita matrimoniale, così come per accompagnare e guidare coloro che non sono uniti dal vincolo coniugale”. La Chiesa di Wellington invita quindi i fedeli a rispondere al questionario che la Segreteria generale del Sinodo ha inviato alle diocesi di tutto il mondo, le cui risposte serviranno alla stesura dell’"Instrumentum laboris", il documento di lavoro dell’assise.

Incoraggiare una maggiore partecipazione alla vita della Chiesa
“Siamo consapevoli – si legge nel messaggio – delle tante persone che si considerano cattoliche nel cuore ma non vanno regolarmente in Chiesa e per questo vogliamo incoraggiarle a una maggiore partecipazione” alla vita comunitaria ecclesiale. Il pensiero dei presuli va anche a coloro che “si considerano lontani dalla Chiesa”, come “i divorziati risposati o gli omosessuali”: esortandoli a “condividere la loro testimonianza attraverso il questionario”, i vescovi neozelandesi sottolineano che “nessuno cammina lontano dal Buon Pastore”.

Ascoltare le singole voci
Poi, i presuli ribadiscono che non è necessario che tutti rispondano a tutte le domande, perché certe tematiche possono coinvolgere maggiormente alcune persone rispetto ad altre. L’importante, però, è sapere che “qualunque esperienza si decida di condividere, le singole voci saranno ascoltate”. In questo modo, sarà possibile “approfondire la conoscenza del popolo di Dio e dare una risposta veramente collettiva all’opera che lo Spirito Santo sta compiendo in ognuno di noi e nella Chiesa”.

Risposte da consegnare entro il 15 aprile
Da ricordare che lo scorso 9 dicembre sono stati pubblicati i "Lineamenta" del Sinodo, ovvero i documenti preparatori, contenenti il questionario. Le risposte andranno poi inviate, entro il 15 aprile, alla Segreteria generale del Sinodo (I.P.)

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Egitto, Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

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Egitto. Inizia oggi la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Inizia oggi, in Egitto, la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. L’evento, che si concluderà domenica 15 febbraio, sarà vissuto da tutte le Chiese e comunità cristiane presenti nel Paese anche per invocare insieme la protezione e l'aiuto del Signore su tutta la nazione egiziana, nel delicato momento che essa sta attraversando.

Una preghiera per la pace nel Paese
“Ogni giorno, al Cairo - riferisce all'Agenzia Fides il vescovo Adel Zaki ofm, vicario episcopale di Alessandria d'Egitto per i cattolici di rito latino - una Chiesa ospiterà presso la propria cattedrale o presso la propria basilica i rappresentanti delle altre Chiese e denominazioni, per condividere insieme la liturgia della Parola e la preghiera comune. Quest'anno, le riflessioni e le omelie prenderanno spunto dalla richiesta (“dammi da bere”) che Gesù rivolge alla Samaritana nel loro incontro davanti al pozzo. Ma più delle altre volte, nella preghiera comune l'intenzione ecumenica dell'unità tra i cristiani si fonderà con la condivisa sollecitudine di tutte le Chiese per le sorti della nostra Patria, in questo delicato momento di transizione”. 

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Al via, a Brazzaville, la plenaria dei vescovi del Congo

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Sarà il Centro interdiocesano delle Opere, a Brazzaville, ad ospitare dall’11 al 13 febbraio la sessione pastorale della Conferenza episcopale del Congo. Ogni anno i presuli si riuniscono nel mese di febbraio per la sessione pastorale, ossia l’incontro con le commissioni episcopali, e nel mese di maggio per l’assemblea plenaria. Questa settimana, riferisce il portale www.lasemaineafricaine.net, i vescovi ascolteranno le relazioni delle 13 commissioni episcopali e delle 3 sottocommissioni circa i diversi settori della vita pastorale nelle 9 diocesi della Repubblica del Congo. Le 13 commissioni episcopali si occupano di dottrina delle fede, evangelizzazione e catechesi, infanzia e giovani, liturgia, apostolato dei laici, pastorale della salute, comunicazioni sociali, educazione cristiana, clero e seminari, ecumenismo e dialogo interreligioso, pastorale familiare, pastorale sociale e dello sviluppo con le sottocommissioni giustizia e pace, Caritas-Congo e migranti e rifugiati. (T.C.)

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Unitalsi in preghiera per i bambini disabili di Roma

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Un segno di solidarietà per i tanti bambini disabili di Roma: con questo obiettivo, l’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e Santuari internazionali) organizza domani, 10 febbraio, alle ore 18.30, una grande processione “aux flambeaux” con la statua pellegrina della Vergine di Lourdes per i disabili, gli ammalati e gli "ultimi" della Capitale. L’evento, informa una nota, prenderà il via dall’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, in piazza di Spagna, e arriverà alla Basilica di Sant’Andrea delle Fratte, in Via Sant’Andrea delle Fratte, dove alle ore 19 si terrà un momento di preghiera.

Difficoltà per 67% delle famiglie con figli disabili
“Il 67 per cento delle famiglie romane con bambini disabili - spiega l’Unitalsi - dichiara di avere le maggiori difficoltà con le barriere architettoniche, una grave piaga della Capitale dove le strade sono inadeguate, come altrettanto inadeguato è il trasporto pubblico”. E così come i bambini, “anche le persone anziane che vivono sole e le persone senza fissa dimora hanno difficoltà a sopravvivere in città. Un vero e proprio popolo di invisibili che vive nella Capitale”. Ulteriori dati, inoltre, rivelano che il 40 per cento delle famiglie preferisce non fare uscire il proprio figlio disabile e frequenta solo ambienti familiari, mentre il 20 per cento affronta le barriere architettoniche e la mancanza di servizi. Nel 78 per cento dei casi, per di più, si tratta di nuclei familiari monoreddito perché la quasi totalità delle mamme ha lasciato il posto di lavoro per seguire i figli.

Costruire una rete di solidarietà
“Domani abbiamo deciso di dare un segno forte – spiega Alessandro Pinna, presidente dell’Unitalsi di Roma – a tutta la città”, per dimostrare che “nonostante tutte le difficoltà, c’è sempre una rete di solidarietà forte”. L’iniziativa, promossa in collaborazione con l’ufficio per la Pastorale della Salute della Diocesi di Roma e l’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, si tiene alla vigilia della 23.ma Giornata Mondiale del Malato, che si celebra ogni anno l’11 febbraio, memoria della Vergine di Lourdes. (I.P.)

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Giornata Radio. Signis: strumento insostituibile anche nell'era del web

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“I giovani e la Radio”: questo il tema della Giornata mondiale della Radio (World Radio Day) 2015, che ricorre il 13 febbraio. Promossa dall’Unesco, l’iniziativa è giunta alla quarta edizione, sempre con l’obiettivo di “ricordare il ruolo unico della radio nel raggiungere le persone in ogni angolo del mondo”. “Grazie a notizie, dibattiti pubblici, musica ed intrattenimento – si legge in una nota di Signis, l’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione – la radio continua ad informare, attrarre ed ispirare le persone in un modo unico, rispetto agli altri mass-media”.

La radio, ponte di comunicazione in tutto il mondo
Non solo: Signis sottolinea che “la radio raggiunge molte più persone e molti più luoghi rispetto ad ogni altro mezzo di informazione, perché essa crea ponti di comunicazione tra comunità lontane, portando lo sviluppo nelle regioni remote e tra le popolazioni più vulnerabili, che talvolta non hanno altri contatti con il resto del mondo. In questo senso, forse, nessun altro mezzo ha la capacità di raggiungere, in tempo reale, popoli e culture diverse”.

Duttilità di fronte alle nuove tecnologie
La radio, inoltre, ricorda Signis, è “il mass-media che si adatta meglio di ogni altro alle nuove frontiere digitali”. Tecnologie come Internet o l’uso di supporti mobili (smartphone o Android, con le relative app) “hanno superato la dinamica tradizionale con cui operano i media, mentre i giovani sono in prima linea nel seguire le nuove tendenze”. La giornata del 13 febbraio, dunque, conclude Signis, deve essere un modo “per celebrare l’importanza della radio nelle nostre vite oggi, ma anche per assicurare la sopravvivenza del suo enorme potenziale nel futuro”.

Incrementare l’inclusione sociale dei giovani
Dal suo canto, la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bukova, in un messaggio per la ricorrenza, esorta ad incrementare l’inclusione sociale dei giovani al di sotto dei trent’anni, i quali rappresentano più della metà della popolazione mondiale, ricordando che la radio ha la possibilità di contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. “I giovani sono poco rappresentati nei media – scrive la Bukova – e questa esclusione è, troppo spesso, un riflesso della loro esclusione sociale, economica e democratica”.

La radio, vettore di coesione e di lotta alla discriminazione
Ed è in quest’ambito che la radio rappresenta “un mezzo per il cambiamento”, poiché “è un vettore di coesione, istruzione e cultura, una piattaforma di condivisione in cui i giovani devono trovare il loro posto per potersi esprimere”. Il messaggio ricorda, poi, i tanti giovani che hanno perso la vita in nome dell’informazione e la necessità, quindi, di dare loro sostegno, così da moltiplicare “i punti di vista e le energie collettive”, “in linea con la lotta dell'Unesco contro ogni forma di discriminazione”.

Strumento a servizio delle popolazioni in difficoltà
Anche perché, ricorda la direttrice generale dell’Unesco, “la radio crea un senso di appartenenza, aiuta le comunità a rompere il loro isolamento in situazioni di conflitto armato, di tensione politica o di dramma umanitario”: ad esempio, la radio viene utilizzata dall’Unesco per diffondere messaggi di emergenza sanitaria riguardo all’Ebola. Lo stesso dicasi per il settore dei rifugiati, poiché la radio è capace di “ricreare i legami sociali” tra loro, diffondendo “l’istruzione, la cultura e le informazioni”.

Un premio per la Radio Vaticana
“Esorto tutti gli Stati membri ed in particolare il mondo della radio – conclude la Bokova – a mobilitarsi attorno a questo mass-media, rendendolo una forza di inclusione, di dialogo tra le generazioni e di cambiamento sociale”. Da segnalare, infine, che in occasione della Giornata, la Radio Vaticana verrà insignita, a Madrid, del “Premio Internazionale dell’Accademia Spagnola della Radio”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 40

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.