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Sommario del 04/02/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Appello del Papa per l'Ucraina: cessi orribile violenza fratricida

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All’udienza generale Papa Francesco ha lanciato un nuovo appello di pace per l’Ucraina. Nel Paese non cessano le violenze: oggi un colpo di mortaio ha colpito un ospedale nella città di Donetsk, roccaforte dei separatisti filo-russi. Almeno 3 i morti. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Dialogo, unica via possibile

Ancora una volta il pensiero del Papa è andato “all’amato popolo ucraino”. “Purtroppo – ha detto - la situazione sta peggiorando e si aggrava la contrapposizione tra le parti”:

“Preghiamo anzitutto per le vittime, tra cui moltissimi civili, e per le loro famiglie, e chiediamo al Signore che cessi al più presto questa orribile violenza fratricida. Rinnovo l’accorato appello affinché si faccia ogni sforzo – anche a livello internazionale – per la ripresa del dialogo, unica via possibile per riportare la pace e la concordia in quella martoriata terra”.

Guerra fra cristiani, è uno scandalo
Quindi a braccio ha aggiunto queste parole:  

“Fratelli e sorelle, quando io sento le parole ‘vittoria’ o ‘sconfitta’ sento un grande dolore, una grande tristezza nel cuore. Non sono parole giuste; l’unica parola giusta è ‘pace’. Questa è l’unica parola giusta. Io penso a voi, fratelli e sorelle ucraini … Pensate, questa è una guerra fra cristiani! Voi tutti avete lo stesso battesimo! State lottando fra cristiani. Pensate a questo scandalo. E preghiamo tutti, perché la preghiera è la nostra protesta davanti a Dio in tempo di guerra”.

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Papa: padri presenti non controllori, correggano figli senza avvilirli

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I padri siano presenti in famiglia, senza essere meri “controllori” dei figli. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza generale in Aula Paolo VI. Il Pontefice ha svolto una seconda riflessione sulla figura del padre, dopo quella di mercoledì scorso. Ed ha sottolineato che i padri devono essere pazienti e magnanimi, ma al tempo stesso devono saper correggere i figli con fermezza. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Padri presenti in famiglia

Un vademecum del buon padre di famiglia. E’ quello delineato da Papa Francesco nella seconda catechesi, dell’udienza generale, dedicata alla figura paterna. Il Pontefice ha preso spunto dall’esempio di San Giuseppe, “il padre della famiglia di Nazareth”, e da alcune espressioni che ritroviamo nel Libro dei Proverbi, dove un padre si rivolge con amore al proprio figlio. Ogni famiglia, ha osservato innanzitutto, “ha bisogno del padre”:

“La prima necessità, dunque, è proprio questa: che il padre sia presente nella famiglia. Che sia vicino alla moglie, per condividere tutto, gioie e dolori, fatiche e speranze. E che sia vicino ai figli nella loro crescita: quando giocano e quando si impegnano, quando sono spensierati e quando sono angosciati, quando si esprimono e quando sono taciturni, quando osano e quando hanno paura, quando fanno un passo sbagliato e quando ritrovano la strada”.

Attendere e perdonare, correggere senza avvilire
Padre presente, ha precisato, ma non “controllore”, perché “i padri troppo controllori annullano i figli, non li lasciano crescere”. Quindi, richiamandosi alla figura del “padre misericordioso” nella parabola del “figlio prodigo”, il Papa ha indicato alcune qualità che sono fondamentali in un padre per crescere i propri figli:

“I padri devono essere pazienti. Tante volte non c’è altra cosa da fare che aspettare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza, magnanimità, misericordia. Un buon padre sa attendere e sa perdonare, dal profondo del cuore. Certo, sa anche correggere con fermezza: non è un padre debole, arrendevole, sentimentale. Il padre sa correggere senza avvilire è lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi”.

Agire e parlare con saggezza e rettitudine
Un buon padre, è stata la sua riflessione, non è quello che dice al figlio “sono fiero di te perché sei proprio uguale a me”. No, gli dice qualcosa di “ben più importante”:

“Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti, perché diventasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con saggezza e rettitudine. E perché tu potessi essere così, ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi”.

Un padre saggio, un padre maturo
“Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto – ha proseguito Francesco – che forse non hai riconosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando avresti voluto soltanto complicità e protezione”.

“Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per portare il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso – continua il padre -, quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre. È così quello che dice un padre saggio, un padre maturo”.

La Chiesa sostiene i padri nelle famiglie
Un padre, ha detto ancora, “sa bene quanto costa trasmettere questa eredità: quanta vicinanza, quanta dolcezza e quanta fermezza”. Però, ha commentato, “quale consolazione e quale ricompensa si riceve, quando i figli rendono onore a questa eredità! E’ una gioia che riscatta ogni fatica, che supera ogni incomprensione e guarisce ogni ferita”.

Ancora, Francesco ha affermato che se c’è qualcuno che può spiegare “fino in fondo la preghiera del ‘Padre nostro’ insegnata da Gesù, questi è proprio chi vive in prima persona la paternità”. Senza la grazia “che viene dal Padre che sta nei cieli – ha soggiunto – i padri perdono coraggio, e abbandonano il campo”. Per questo, la Chiesa è “impegnata a sostenere con tutte le sue forze la presenza buona e generosa dei padri nelle famiglie”…

“…perché essi sono per le nuove generazioni custodi e mediatori insostituibili della fede nella bontà, della fede nella giustizia e nella protezione di Dio, come San Giuseppe”.

Al termine dell’udienza generale, tra gli altri, Papa Francesco ha salutato personalmente Lucia Annibali, l’avvocato sfigurata con l’acido nel 2013 dall’ex fidanzato recentemente condannato. L’Annibali, che ha intrapreso un cammino di fede dopo la tragica vicenda, era accompagnata dalla madre che ha potuto anch'essa salutare il Pontefice.

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Papa agli slovacchi: difendere famiglia, sabato i referendum

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“Desidero esprimere il mio apprezzamento all’intera Chiesa slovacca, incoraggiando tutti a proseguire nell’impegno in difesa della famiglia, cellula vitale della società”. Lo ha detto Papa Francesco salutando i pellegrini slovacchi presenti all’udienza. Sabato prossimo la Slovacchia sarà chiamata a pronunciarsi tramite referendum su che cosa debba intendersi per matrimonio, sull’adozione nelle coppie omosessuali e sul ruolo dei genitori nell’educazione dei figli. Un pronunciamento popolare sollecitato da “Alleanza per la famiglia”, cartello di associazioni che in Slovacchia si impegnano a difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sostenuto dai vescovi locali. Al microfono di Adriana Masotti, sentiamo il padre gesuita Josef Bartkovjak, responsabile della sezione slovacca della nostra emittente: 

Importante appoggio del Papa
R. – Sulla questione la Chiesa in Slovacchia si è espressa molto chiaramente. Non è, però, una questione di stampo puramente religioso o ecclesiale, ma qualcosa di apolitico, che si estende a tutte le posizioni della gente in Slovacchia. L’appoggio del Papa alla Chiesa locale è importante, perché tanta gente ama il Santo Padre e sa che questi valori della famiglia sono cari al Santo Padre. A molta gente, quindi, questo dice chiaramente che quello che noi facciamo è utile: si tratta di difendere la famiglia e il matrimonio dall’ideologia. Noi in Slovacchia abbiamo esperienza con le ideologie del passato e vediamo che oggi si cerca di introdurne un’altra. Sentiamo che l’opinione pubblica vuole esprimersi, perché noi non vogliamo introdurre questa ideologia.

Si vogliono introdurre cambiamenti che non hanno appoggio popolazione
D. – Vogliamo dire di quale ideologia stiamo parlando e che cosa vorrebbe imporre?

R. – Si tratta di mettere sullo stesso piano il matrimonio tra un uomo e una donna e quello tra altri tipi di coppie, che possono essere presenti nella società. Nella nostra Costituzione già è scritto che il matrimonio tra un uomo e una donna gode di diritti. Oggi, però, ci sono anche altre discussioni pubbliche - a livello dei partiti politici, del  ministero, del governo  - che cercano di introdurre anche quelle cose che non hanno l’appoggio di tutta la popolazione. Infatti, questo referendum, che si sta organizzando ora, non vuole cambiare o introdurre altre leggi, ma vuole solamente appoggiare quello che già esiste e proteggere dall’introduzione di influssi ideologici in futuro.

Ideologia gender e eutanasia
D. – Che equiparino la famiglia, fondata sul matrimonio, con altri generi di unioni…

R. – Sì, si tratta soprattutto dell’ideologia gender, della sua influenza sull’educazione nelle scuole - si cerca di proteggere il diritto dei genitori di essere responsabili dell’educazione dei figli - e poi anche dell’eutanasia. La Slovacchia fa parte dell’Unione Europea e ci sono sicuramente valori che sono molto apprezzati, ma ci sono anche alcune tendenze che non sono condivise, che vengono da alcuni Paesi: ad esempio l’eutanasia dei bambini in Belgio, o cose successe in Francia come l’equiparazione del matrimonio con qualsiasi unione. Questa viene sentita come un’ideologia nuova, che nel futuro potrebbe essere nociva per la famiglia, per il futuro del Paese.

Raccolte 400 mila firme su un Paese di 5 milioni di abitanti
D. – In pochi mesi si sono raccolte oltre 400 mila firme. C’è una buona possibilità che il referendum raggiunga il quorum perché risulti valido?  

R. – Già 400 mila firme raccolte in una nazione di 5 milioni è un grande segno per tutti coloro che sono responsabili, per la politica. Adesso, però, anche tramite il referendum, si cerca di renderlo ancora più solido. La meta è molto alta - la partecipazione del  50 per cento – perché questo referendum stavolta non è collegato con nessun’altra votazione ed è una cosa abbastanza difficile da raggiungere. La voce del popolo, però, si sente fortemente.

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Mons. Romero martire: difese i poveri senza smettere di amare i ricchi

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“Un primo martire dei nuovi martiri contemporanei”. Così mons. Vincenzo Paglia ha definito l’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnolfo Romero, ucciso in odio alla fede il 24 marzo 1980. Il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia è intervenuto alla conferenza stampa sulla causa di beatificazione di mons. Romero, di cui egli è postulatore, tenutasi in Sala Stampa della Santa Sede. Papa Francesco ha infatti autorizzato la promulgazione del decreto riguardante il martirio del presule salvadoregno. La beatificazione, in Patria, “entro l’anno”, ha specificato l’arcivescovo Paglia. Il servizio di Giada Aquilino

“Romero è della Chiesa”. Mons. Vincenzo Paglia ricorda le parole di Giovanni Paolo II sull’arcivescovo di San Salvador, col quale nei primi incontri pure ci furono delle “incomprensioni”. Parlando del decreto di beatificazione di mons. Romero, firmato da Papa Francesco nel giorno della memoria di Sant’Oscar, l’arcivescovo Paglia esprime gratitudine e cita anche Paolo VI e Benedetto XVI, che della causa “ha deciso lo sblocco”. Quindi, ha aggiunto, “dovevamo aspettare il primo Papa latinoamericano per beatificare Romero”. Per cambiare il mondo - ha proseguito - “è necessario partire dagli ultimi, come fece Romero, come fa Papa Francesco con il suo pontificato”. A 35 anni dalla morte, avvenuta per mano di un sicario nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza a San Salvador, mons. Paglia ha ricostruito il contesto storico:

“C’era un clima di persecuzione contro un pastore che, a seguito dell’ispirazione evangelica, a seguito dei documenti del Vaticano II, di Medellin, ha scelto di vivere in mezzo ai poveri per difenderli dall’oppressione. Non c’erano motivi ideologici. Non c’erano le analisi anche sofisticate di un pensiero pseudo-marxista o analogo. Romero fu ucciso perché aveva scelto questa prospettiva”.

Lo stesso scenario, nelle parole dello storico Roberto Morozzo della Rocca, collaboratore del postulatore e biografo di mons. Romero:

“Il contesto è quello di una persecuzione in atto contro il clero e i fedeli nella Chiesa di San Salvador. E Romero non voleva distinguersi dalla loro sorte. Già sei preti, sul centinaio che contava l’arcidiocesi, erano stati uccisi e molti altri maltrattati e minacciati. Centinaia di catechisti erano stati assassinati, soprattutto nelle zone rurali. In certe parrocchie era diventato pericoloso andare a Messa, si rischiava di essere presi, di scomparire all’uscita. Ma pure si era arrestati con il rischio di sparire nel nulla quando nelle perquisizioni in casa i soldati trovavano una Bibbia o una fotografia di Romero”.

Tra quei poveri per cui si adoperava, assieme al padre gesuita Rutilio Grande, assassinato tre anni prima di mons. Romero e per il quale - ha annunciato mons. Paglia - tre mesi fa è stato aperto il processo di beatificazione, l’arcivescovo di San Salvador portava la parola del Vangelo:

“Romero era un grande predicatore, andava in giro con l’altoparlante sulla macchina e le tasche piene di caramelle. E andava in mezzo alla gente, come padre Rutilio Grande. E’ questa la Chiesa che si voleva far tacere ed è per questo che io sento di dover dire che Romero è davvero un martire della Chiesa del Vaticano II. Una Chiesa, come diceva Papa Giovanni, che è madre di tutti ma particolarmente per i più poveri”.

Una figura, quindi, quanto mai attuale:

“In questo momento di grande travaglio storico, Romero rappresenta quel coraggio evangelico di una fede che non resta nei principi, che sceglie di sporcarsi le mani con i più poveri, per far capire che Dio è dalla parte loro”.

Ma l’attenzione di mons. Romero non si fermava ai poveri: chiedeva la conversione ai ricchi per condividere i loro beni con chi aveva più bisogno. Padre Jesus Delgado, che di mons. Romero fu segretario personale:

“Sono sicuro di una cosa. L’ho conosciuto bene, da vicino. Mons. Romero ha preso ad amare i poveri alla luce del Vaticano II e di Puebla, ma allo stesso tempo e con la stessa intensità mai ha smesso di amare i ricchi. Chiedeva la conversione di tutti”.

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Oggi in Primo Piano



Mons. Zenari: spezzare la logica dell'odio e dell'orrore

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Bisogna spezzare la logica della violenza: è l'appello lanciato da mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, sui drammatici fatti che stanno accadendo in relazione all'orrore causato dal sedicente Stato islamico. Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente il presule a Damasco: 

R. – Abbiamo ormai strade insanguinate, abbiamo piazze insanguinate, abbiamo il deserto della Siria insanguinato, per questo sangue causato da bombe, causato da mortai, causato da esplosioni, causato da decapitazioni, da persone arse vive. E’ veramente qualcosa che fa riflettere. E questo sangue è, in gran parte, sangue innocente di bambini, sangue di giovani, di persone di ogni età, sangue di persone di ogni fede.  

D. – Come può operare la comunità internazionale per fermare questa spirale di violenza?

R. – Voglio sperare che ci sia una reazione adeguata - in senso positivo - della comunità internazionale, di tutti quanti, per riflettere, per cercare così di porre fine a questa violenza e far nascere un mondo nuovo di pace, perché non sia vano questo sangue innocente versato. Io vorrei che questo deserto di violenza venga cambiato, possa con la reazione positiva della comunità internazionale, di tutti quanti gli uomini di buona volontà che aspirano alla pace, far fiorire questo deserto, dove c’è la violenza, perché possiamo vedere qualche fiore di pace, di riconciliazione e di perdono. Direi che questo ci accomuna tutti: dobbiamo tutti lavorare per un mondo più riconciliato e più fraterno.

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Dopo barbara esecuzione del pilota giordano, Amman impicca jihadisti

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E’ stato barbaramente ucciso dai miliziani del sedicente Stato Islamico il pilota giordano da dicembre nelle mani dei jihadisti. Il tutto documentato da un agghiacciante video diffuso via web, in cui l’uomo viene arso vivo. Stamattina all’alba la durissima risposta di Amman. Sagida al Rishawi, la mancata kamikaze irachena, della quale l’Is aveva chiesto la liberazione per risparmiare la vita del pilota, è stata messa a morte assieme ad un secondo detenuto jihadista. Il servizio di Giancarlo La Vella

L’orrore senza fine ancora una volta messo in scena su internet. Chiuso in una gabbia e bruciato vivo. Il luogotenente Maaz al Kassasbeh, il pilota giordano rapito dai jihadisti del Califfato lo scorso dicembre, è morto così. Un ennesimo atto di barbarie che ha innescato l’immediata reazione della Giordania. La terrorista Sagida al Rishawi è stata messa a morte per impiccagione, insieme con l’altro jihadista, Ziad al-Karbouli, collaboratore di Abu Musab al-Zarqawi, catturato nel 2006. Sajida al-Rishawi era la moglie di uno dei tre terroristi suicidi, che riuscirono a farsi esplodere ad Amman, nel 2005, causando 57 morti. Indignazione e deprecazione hanno caratterizzato le reazioni internazionali. Estremamente cruento il commento del grande imam di Al Azhar del Cairo, uno dei principali centri d'insegnamento religioso sunnita. I terroristi dell’Is – ha dichiarato – “andrebbero crocifissi e mutilati”. Ma dal mondo islamico giungono commenti anche di altro tenore. Sentiamo Shahrzad Housmand, docente di Studi Islamici, all’Università Gregoriana:

R. - Siamo proprio di fronte a un evento di violenza ma soprattutto di una grande ignoranza, allora l’unica grande reazione che possiamo avere è quella di costruire più luoghi di incontro, di conoscenza, per mettere fine alla ignoranza, alla povertà e alla fame.

D. – Le religioni in dialogo possono fare qualcosa?

R. – Assolutamente sì. Lo diceva un pensatore: quando arriva la pace tra le religioni questa porterà pace tra i popoli. Ed è la vera risposta a questa ondata di violenza. In questo momento non dobbiamo avere paura ma reagire con la creazione di incontri che possano produrre veramente la pace.

D. – Un’istituzione importante sunnita come Al Azhar parla di necessità di rispondere duramente a questi episodi…

R. – Ricordiamo che anche il Dio del Corano è un Dio che innanzitutto perdona ed è amore e chiede, se si può, di rispondere al male non con un male uguale ma con un bene più grande. La violenza produce altra violenza. Allora, non ci rimane altro che rispondere con progetti pacifici e di grande maturità umana.

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Truppe Ciad in Nigeria per combattere Boko Haram

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In Nigeria, nel Nord-Est del Paese, l’aviazione nigeriana - assieme a quella ciadiana - ha bombardato postazioni di Boko Haram in villaggi e cittadine. A questa grande offensiva contro gli estremisti islamici partecipano le truppe del Ciad, il cui esercito è riuscito a riconquistare la città nigeriana di Gamboru, da mesi nelle mani di Boko Haram e completamente abbandonata dalla popolazione. E’ la prima volta che l’esercito del Ciad penetra in territorio nigeriano. Francesca Sabatinelli ha intervistato padre Efrem Tresoldi, direttore della rivista dei missionari comboniani Nigrizia: 

R. - È il segnale di una regionalizzazione del conflitto. Da tempo si vedevano già dei segnali di questa estensione del conflitto. Ad esempio, il Camerun ha tentato, in maniera timida, di respingere, di "buttar fuori", Boko Haram dal suo territorio confinante con la Nigeria, ora invece è entrato in campo il Ciad che in questi anni vuole proporsi un po’ come potenza regionale. Lo ha fatto in Mali quando, nel 2013, ha appoggiato l’esercito francese per respingere i jihadisti qaedisti che volevano conquistare il Paese. Lo ha fatto in maniera più subdola, però ugualmente potente, quando ha sostenuto i Seleka nella presa del potere del Centrafrica, sempre nel 2013. Quindi c’è questo attivismo da parte di Idriss Déby, il capo di Stato del Ciad, per imporsi proprio come una potenza nuova nello scacchiere regionale del Sahel. In questo caso è la prima volta che è entrato in maniera forte con le sue truppe, appoggiato da raid aerei, e all’interno del territorio nigeriano.

D. – Questa presenza del Ciad in Nigeria è da attribuirsi, come si diceva ora, alla voglia di emergere del Ciad, e comunque di conquistarsi uno spazio importante, o c’è la paura dello sconfinamento di Boko Haram?

R. – Sì, da una parte c’è la paura di uno sconfinamento di Boko Haram, che ha dichiarato l’intenzione di creare un califfato che comprenda parti della Nigeria, del Niger, del Ciad e del Camerun. Non dobbiamo inoltre dimenticare che nel 2012 attorno al Lago Ciad, non molto distante da Gamboru, dal confine con la Nigeria, sono stati rinvenuti importanti giacimenti di idrocarburi. Quindi, se Boko Haram riesce ad uscire dalla Nigeria e ad avere il controllo di un territorio più vasto che includa il Lago Ciad, fondamentale per l’approvvigionamento di idrocarburi per il Ciad stesso, sarebbe certamente una grave minaccia per il potere  di Idriss Déby. C’è da aggiungere però un’altra dimensione: tra dieci giorni ci saranno le elezioni politiche in Nigeria. Questa entrata in gioco delle truppe ciadiane nella lotta contro Boko Haram è sicuramente un appoggio a Goodluck Jonathan, il presidente della Nigeria, la cui autorevolezza e autorità sono messe in dubbio proprio da questa spina nel fianco che è Boko Haram. Quindi, se questa carta diventa vincente sarebbe sicuramente un punto in più che si guadagna Goodluck Jonathan.

D. – L’entrata in campo così diretta del Ciad può fermare l’avanzata di Boko Haram, che fino ad oggi ha trovato strada libera?

R. – Direi proprio così. È un po’ l’ultima chance, perché le truppe nigeriane non solo sono state accusate di inefficienza, ma addirittura di complicità! Ormai le prove sono schiaccianti, a partire da ordini che vengono dall’interno dell’establishment militare nigeriano. È una partita persa in partenza, quella di Goodluck Jonathan, quella di pensare di poter sconfiggere Boko Haram con un esercito che in effetti è in combutta invece con il nemico. Ci troviamo di fronte ad una banda di terroristi che non si ferma di fronte a niente per arrivare ai propri fini. Quindi di fronte ai criminali bisogna difendersi e difendere la popolazione. Detto questo non bisogna dimenticare anche quali sono stati i motivi che hanno dato origine a Boko Haram, è stata proprio la marginalizzazione degli Stati del Nord-Est a favorire l’espansione maggiore del movimento, laddove c’è un tasso di povertà che riguarda circa il 70 percento della popolazione, contro il 25-27 percento della popolazione che invece vive al Sud del Paese. Quindi, questa marginalizzazione, questo impoverimento, continueranno ad essere terreno fertile per nuovi movimenti di rivolta se non si mette mano a progetti di sviluppo, di istruzione scolastica e di inserimento a livello politico di queste popolazioni, affinché abbiano un maggior peso anche a livello centrale. Questi problemi continuano a rimanere, non dobbiamo pensare che l’intervento militare possa risolverli.

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Londra, sì a bimbi con Dna 3 genitori: prevalgono interessi economici

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Il Regno Unito apre la strada, primo Paese nel mondo, alla creazione di embrioni con il Dna di tre genitori, al fine di permettere  alle donne portatrici di gravi malattie genetiche di non trasmetterle ai figli. La legge è stata approvata ieri dalla Camera dei Comuni ed è scontata la ratifica alla Camera di Lord. Ma sono molte le contestazioni etiche, e non solo, anche in ambito scientifico a questa tecnica rivoluzionaria. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Bruno Dallapiccola, genetista, direttore scientifico dell’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma: 

Accanimento riproduttivo
D. - Dove ci porterà questa nuova frontiera?

R. – Ci porterà nell’ambito di quell’accanimento riproduttivo che, purtroppo, va molto di moda di questi tempi. Tutto questo solleva certamente dei problemi di tipo etico, di tipo legale e di sicurezza. L’idea è che mentre nel nucleo abbiamo il patrimonio del papà e della mamma; il patrimonio genetico, che rappresenta circa lo 0,2 per cento di tutto il nostro patrimonio genetico, che sta nel citoplasma della cellula, viene contribuito solo dalla cellula uovo. Ci sono un gruppo di patologie ereditarie che sono dovute alla mutazione di questo genoma, che è situato nel citoplasma, che è il genoma mitocondriale. Allora se una mamma ha dei mitocondri mutati, che sono causa di malattia, tutte le sue cellule uovo e quindi tutti i figli concepiti da questa donna avranno la malattia. L’idea è: sostituiamo questo tipo di citoplasma con quello di una donna normale. Per cui la mamma trasmetterà il 99,8 per cento del patrimonio ereditario, ma una piccola parte del genoma del nascituro apparterrà ad un terzo genitore.

Fecondazione in vitro aumenta rischi difetti congeniti
D. – Prof. Dallapiccola obiezioni etiche hanno posto la Chiesa cattolica, la Chiesa anglicana e la stessa comunità medica. E poi ci altri aspetti…

R. – Questo tipo di manipolazione solleva ovvii problemi di tipo etico, ma solleva anche problemi di tipo legale: la donna potenziale donatrice di questo patrimonio genetico potrà avvalersene in qualche maniera? E poi ci sono i problemi di sicurezza: nessuno sa ancora se questo tipo di tecnologia nel lungo periodo determinerà dei problemi. Noi sappiamo che la fecondazione in vitro, come tale, aumenta del 3 per cento – quindi raddoppia – il rischio di difetti congeniti. E qualcuno addirittura paventa che ci sia un potenziale rischio dell’aumento di tumori. Quindi stiamo parlando di una frontiera senza neanche sapere i punti fondamentali della medicina, che sono – fra l’altro – quello di fare un qualcosa che non crei dei danni superiori alla limitazione che avrebbe quella famiglia, in cui esiste questo problema, che ovviamente non si potrebbe riprodurre se non con tecnica di questo tipo, perché altrimenti tutti i figli sarebbero ammalati.

Interessi commerciali prevalgono su quelli etici
D. – Prof. Dallapiccola, di fronte a questo continuo avanzare di tecniche che pongono appunto rischi così gravi, come è possibile che – in qualche modo – il mercato e anche gli interessi che vi sono dietro vadano avanti e non si possa fare qualcosa per fermarli?

R. – Il problema è che purtroppo c’è un interesse commerciale che sta prevalendo su quelli che sono i valori etici e questo in tutti i settori, non solo quelli della medicina. Certi scandali che sono venuti dalla classe politica nei tempi recenti dimostrano che gli interessi economici mandano ‘a quel paese’ quelli che sono i valori fondamentali ed etici, che dovrebbe sentire un politico… Questo è ancora peggio quando capita nella medicina! Purtroppo la nostra civiltà è contaminata fortemente, è disorientata o meglio orientata in maniera negativa, ha dimenticato quelli che sono i valori profondi dell’essere uomo. Quindi voglio dire, quando tu cominci a pensare ad un individuo che viene fuori da tre genitori, ovviamente tu stai facendo qualcosa che è del tutto contro natura. E’ veramente difficile in una civiltà come questa, con le pressioni che ci sono massmediatiche e gli interessi che ci sono, trovare dei sistemi che soltanto col ragionamento, col convincimento, con le parole, riescano a controvertere questo ordine di fatti. Quindi credo che bisognerà arrivare ad un nuovo umanesimo e riscoprire dei valori che in questo momento abbiamo perso. La modalità con cui li possiamo riscoprire? Non è facile dire quale sia la ricetta giusta.

D. – …anche di capire che quando si pongono obiezioni etiche non è un qualcosa che riguardi altri, la vita di qualcun altro, ma direttamente la nostra vita…

R. – L’esistenza dell’uomo, chiaramente! Se l’uomo non potesse più far riferimento ai valori etici, scomparirebbe anche il concetto di uomo.

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Tre ddl contro famiglia, ma società civile sempre più vigile

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Continua a crescere la mobilitazione della società civile sul tema della famiglia: oltre 60mila le firme già raccolte dalla petizione online contro l’ideologia gender a scuola promossa da Provita onlus e altre associazioni laiche e cattoliche. Scopo dell’iniziativa è anche indire un nuovo Family Day contro tre progetti di legge -  Scalfarotto, Cirinnà e Fedeli - allo studio del Parlamento che, con il pretesto della "non discriminazione", mirano a scardinare la famiglia naturale. Paolo Ondarza

Si vuole imporrre una nuova antropologia senza basi scientifiche
Tre distinte proposte di legge, unica la strategia. Un attacco alla famiglia senza precedenti secondo l’avvocato Simone Pillon, consigliere nazionale del Forum delle famiglie:

“Siamo davanti a un coagulo di un modo di pensare l’uomo che ormai giunge al potere legislativo e cerca – a colpi di legge – di cambiare l’antropologia. Tutte e tre i progetti di legge hanno come obiettivo quello di scalzare la visione antropologica dell’uomo composto dai due generi, il maschio e la femmina, e portare invece una nuova antropologia, priva di basi scientifiche serie ed affidabili, che è l’antropologia del gender”. 

Ddl Scalfarotto vuole impedire ogni libero pensiero contrario ad antropologia gender
Il primo ddl porta la firma di Ivan Scalfarotto, deputato del Pd, sottosegretario al Ministero delle Riforme istituzionali e attivista dei diritti Lgbt. Ancora Pillon:

“Il ddl Scalfaratto ha come finalità quella di impedire qualsiasi manifestazione del libero pensiero, che sia contraria alla antropologia del gender. E’ un progetto di legge liberticida, che ha come volontà specifica – appunto – quella di arrestare il dibattito pubblico su questi argomenti e poi dare spazio evidentemente agli altri due progetti di legge. Non so se lei sa che proprio qui a Perugia, dove io abito, sono stato protagonista di una vicenda nella quale dopo aver denunciato all’opinione pubblica che in un liceo scientifico era circolato materiale assolutamente inappropriato e inadatto, di contenuto quasi pornografico, sono stato querelato per diffamazione, perché ho osato denunciare questo stato dei fatti. Questa è un'interessante anticipazione di quello che succederà quando la Legge Scalfarotto sarà in vigore”. 

Ddl Cirinnà equipara nozze etero e omo aprendo la strada a adozione per coppie omosessuali
Altro disegno di legge è quello presentato dalla relatrice Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico, in tema di unioni civili, che – denunciano le associazioni - aprirà alle “nozze gay”, all’adozione di minori da parte di omosessuali e alla filiazione tramite fecondazione eterologa. Simone Pillon:

“Il governo su questo non sta dando dei segnali molto tranquillizzanti. Anzi sembra che ci sia una volontà di procedere spediti nell'approvazione di questa legge. Ma la domanda è: l’opinione pubblica è informata che con la Legge Cirinnà di fatto le coppie omosessuali non solo avrebbero accesso al matrimonio a tutti gli effetti, ma avrebbero accesso anche alla possibilità di avere figli? E l’aspetto vergognoso è che il dibattito su questa legge viene tenuto rigorosamente sotto silenzio”. 

Ddl Fedeli su introduzione gender a scuola: colonizzazione ideologica in aula
Infine c’è il ddl a firma della senatrice Pd Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, sull’introduzione dell’educazione di genere obbligatoria nelle scuole. La parola ancora all’avvocato Simone Pillon: 

“Non è un mistero che da anni sia in corso nelle scuole italiane una violentissima campagna che si sta sempre più acuendo per l’indottrinamento sul gender. Ne ha parlato il Santo Padre: è’ in corso un'autentica colonizzazione ideologica dei nostri figli, senza che la famiglia sia minimamente informata di tutto questo. E questo in piena violazione della Costituzione, del Codice Civile ed anche dell’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo che impone alla famiglia il diritto di priorità nelle scelte educative che riguardano la prole”.

Ideologia gender: élites culturali usano la legge per cambiare la "testa" del popolo
D. – Ma la legge non dovrebbe rispondere a una esigenza del popolo, che viene dal basso, piuttosto che avere la pretesa di cambiare la società?

R. – Questo che lei dice centra in pieno il problema. Ci sono delle minoranze, delle élites culturali nel nostro Paese che sono convinte di poter usare lo strumento legislativo non per servire il popolo, ma per cambiare la testa del popolo. Questo modo di usare lo strumento legislativo a fini ideologici deve essere stigmatizzato in quanto tale, perché è evidente che dopo la Seconda Guerra Mondiale ci si è resi conto che ogni volta che lo Stato pretende di imporre un modo di pensare, si arriva sempre al disastro!

Il presidente Mattarella sia custode della Costituzione e della famiglia naturale
D. – La tutela della famiglia e la difesa della Costituzione sono stati indicati come pilastri nel discorso di insediamento del nuovo presidente della Repubblica Mattarella…

R. – Ha parlato di famiglia al singolare e non di famiglie al plurale: questo è stato certamente un segnale politico molto forte. Ho ascoltato con interesse e sono convinto che il presidente Mattarella, in questo modo, abbia voluto stigmatizzare il rischio di fughe in avanti. Confidiamo che la scelta di Mattarella di iniziare la sua presidenza con frasi e con parole che noi condividiamo assolutamente, sia poi seguita anche dai fatti.

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Nella Chiesa e nel mondo



Giordania: campane a morto in tutte le chiese per pilota arso vivo

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A mezzogiorno di oggi, le campane di tutte le chiese cattoliche della Giordania hanno suonato a morto in segno di lutto per il brutale assassinio di Muath al-Kaseasbeh, il 26nne pilota giordano finito nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico che il 3 gennaio scorso lo hanno arso vivo dopo averlo cosparso di liquido infiammabile mentre era chiuso in una gabbia. Ieri è stato diffuso online il video della barbara esecuzione. Lo riferisce all'Agenzia Fides l'arcivescovo Laroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme.

Ondata di sdegno per una simile uccisione
“Nella giornata di oggi, alle ore 18 - aggiunge l'arcivescovo Lahham - in tutte le parrocchie giordane, in contemporanea, si celebrano Messe di suffragio per il soldato. Una delegazione ufficiale della Chiesa cattolica si recherà a presentare le proprie condoglianze alla famiglia e alla tribù a cui apparteneva Muath ”. L'esecuzione del pilota ha suscitato un'ondata di sdegno in tutta la nazione. I capi religiosi invitano in maniera unanime i cittadini a rimanere saldi nella prova e a custodire l'unità nazionale.

L’orrore del sondaggio su web per stabilire le modalità dell’omicidio
Il pilota era stato catturato il 24 dicembre a Raqqa, dopo che il suo aereo, impegnato a bassa quota contro le postazioni anti-aeree dello Stato islamico, era precipitato. Poco dopo la cattura, sui siti jihadisti si era aperto un sondaggio per decidere in che modo il prigioniero dovesse essere ucciso. Dopo la diffusione del video, il governo giordano ha fatto giustiziare i jihadisti Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli, detenuti nelle prigioni del Regno. La donna era stata condannata a morte per il suo ruolo negli attentati del 2005 ad Amman, in cui morirono 60 persone, e negli ultimi giorni era stata al centro di una trattativa tra il governo giordano e i miliziani dello Stato Islamico, volta alla liberazione di Muath.

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India. Nunzio: Chiesa vicina a dalit contro ogni discriminazione

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Lottare contro le discriminazioni e promuovere l’armonia ed il dialogo interreligioso: queste le raccomandazioni del nunzio apostolico in India, mons. Salvatore Pennacchio, rivolte ai 140 vescovi indiani riuniti in assemblea plenaria a Bangalore. L’incontro, il 27.mo della serie, ha per tema “Liturgia e vita” e si concluderà il 9 febbraio. “La testimonianza cristiana – ha detto mons. Pennacchio – deve sempre essere offerta in spirito di dialogo sincero e rispettoso, in armonia con tutti i fratelli di religioni diverse, per costruire ponti di mutua fraternità e pacifica solidarietà per una società migliore”.

Lottare contro tutte le discriminazioni
Quindi, il nunzio apostolico ha esortato i fedeli a “lavorare insieme per stabilire una comunione più efficace tra tutti i componenti della Chiesa e, in senso più ampio, tra tutti i membri della società civile, senza discriminazioni o parzialità”. Per questo, mons. Pennacchio ha sottolineato che “la vera esperienza di Dio deve guidare i sacerdoti ed i laici all’impegno ed alla solidarietà con gli emarginati dalla società”, perché “la Chiesa in India deve riaffermare la sua vicinanza ai dalit” e “restare unita nella lotta contro tutte le forme di discriminazione, così da garantire uguali prospettive a tutti i fedeli”.

Lo Stato intervenga per fermare atti vandalici contro le chiese
L’appello di mons. Pennacchio arriva in un momento di tensione nel Paese: nei giorni scorsi, infatti, la chiesa cattolica di Sant’Alfonsa, a New Delhi, è stata presa d’assalto dai vandali che hanno aperto il tabernacolo, rubato la pisside e gettato a terra le ostie. Si è trattato del quinto episodio, nell’arco di due mesi, contro un luogo di culto cattolico. Condanna e preoccupazione è stata espressa dall’arcivescovo di Faridabad, mons. Kuriakose Bharnikulanagara che, in una nota, ha lanciato un appello alle forze governative affinché prendano “provvedimenti immediati ed appropriati” per prevenire il ripetersi di simili, violenti atti contro le minoranze religiose. Auspicando, quindi, che le autorità riescano a garantire la sicurezza e la protezione dei cristiani, il presule ha ribadito che tali episodi “feriscono i sentimenti religiosi”. (I.P.)

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Cile. Card. Ezzati: no a progetto di legge su aborto

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“L’embrione è una persona che ha dignità, merita rispetto ed è soggetto di diritto”: così, in un’intervista al quotidiano “El Mercurio”, il card. Ricardo Ezzati Andrello, presidente della Conferenza episcopale cilena, respinge con decisione il progetto di legge sull’aborto presentato in questi giorni dal capo dello Stato, Michelle Bachelet. La proposta normativa mira a depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza in tre casi: quando la gestazione mette in pericolo la vita della madre; quando il feto presenta malformazioni incompatibili con la vita e nel caso in cui la madre sia rimasta incinta in seguito ad uno stupro.

Ogni bambino è unico ed irripetibile, tutelarlo sin dal concepimento
“L’aborto è una pratica che va contro ogni logica”, sottolinea il card. Ezzati, evidenziando poi che “un bambino non è solo parte della madre, ma è una creatura unica ed irripetibile. Per questo, la vita va difesa sin dal concepimento, che è l’unica origine biologica che possiamo definire”. Inoltre, poiché il progetto di legge mira a rendere obbligatorio in tutti gli ospedali, anche quelli cattolici, l’applicazione di tale normativa, il presidente dei vescovi cileni ricorda: “Lo Stato deve permettere l’espressione delle diverse identità e missioni degli ospedali. Non si può forzatamente andare contro la coscienza di un medico” e “non si può imporre l’obbligo di eliminare un bambino in gestazione”, perché “la missione degli ospedali cattolici è quella di tutelare la vita”.

Favorire l’obiezione di coscienza per i medici
Quindi, il card. Ezzati esprime l’auspicio che “i legislatori, i governanti ed i professionisti della sanità, consapevoli della dignità umana e del fondamento del nostro popolo nella famiglia, difendano e proteggano tali principi da crimini abominevoli come l’aborto e l’eutanasia, poiché questa è la loro responsabilità”. In quest’ottica, il porporato ribadisce che “di fronte a leggi e disposizioni governative che sono ingiuste alla luce della fede e della ragione, si deve favorire l’obiezione di coscienza”.

Dalla difesa della vita dipendono tutti i diritti umani
Infine, riprendendo quanto scritto da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, il presidente dei vescovi cileni sottolinea che il nascituro “è un fine di per sé e non è mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se questa convinzione cade, vengono a mancare i fondamenti per la difesa dei diritti umani, che diverrebbero oggetto di tornaconti temporanei dei potenti di turno”. (I.P.)

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Chiese Africa centrale: incontro su famiglie e rifugiati

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La difesa della famiglia, l’accoglienza dei rifugiati e la promozione della pace: su queste tre sfide si è concentrata la riunione del Comitato permanente dell’Aceac (Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale, comprendente Repubblica democratica del Congo, Rwanda e Burundi), svoltasi recentemente a Kigali, in Rwanda. Nel messaggio conclusivo dei lavori, rilasciati dalle tre Chiese rappresentate, i presuli hanno ribadito la necessità di “testimoniare il Vangelo vivendo la fede in Cristo e condividendo i valori cristiani, tanto richiesti nella Regione”.

La Chiesa sia “sale della terra”
In particolare, il vescovo burundese Joachin Ntahondereye, primo vice-presidente dell’Aceac, ha sottolineato l’importanza, per la Chiesa, di essere “oggi più che mai, sale della terra”, poiché il contesto politico, soprattutto in Burundi, è molto agitato a causa dei preparativi per le elezioni generali, previste nel corso di quest’anno. “Ci sono quelli che vogliono restare al potere – ha detto mons. Ntahondereye – e quelli che cercano di ricorrere ad ogni mezzo, incluso l’omicidio, pur di raggiungere il loro obiettivo”. Di qui, la richiesta di pregare per questo contesto “teso e tumultuoso”.

Campagna per la pace nella regione dei Grandi Laghi
Dal suo canto, il vescovo ruandese mons. Smaragde Mbonyintege, presidente dell’Aceac, ha ricordato il ruolo dell’Associazione “nell’accompagnamento di programmi socio-politici di pace, unità e riconciliazione nella Regione”, grazie anche alla “Campagna per la pace nei Grandi Laghi”. Iniziativa congiunta dei vescovi cattolici ed anglicani dei Paesi inclusi dall’Aceac, la campagna è iniziata nel 2013 con l’obiettivo di testimoniare la fede in Gesù Cristo Principe della Pace; aiutare la popolazione a ricostruire la coesione sociale; fare emergere alternative di pace che vadano oltre il cessate-il-fuoco tra belligeranti; operare per la promozione nella vita pubblica di una solida cultura di giustizia.

Famiglia e nuova evangelizzazione, priorità dei vescovi
Per quanto riguarda la sfida della famiglia, mons. Mbonyintege ha sottolineato che essa “è al centro delle preoccupazioni pastorali dell’Aceac e si inserisce specificamente nelle priorità dei vescovi per la Nuova evangelizzazione”, allo scopo di trovare “soluzioni durature alle minacce con cui i nuclei familiari devono attualmente confrontarsi”. Il tutto, guardando anche al prossimo Sinodo generale ordinario dei vescovi, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre prossimi, e dedicato al tema de “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.

Necessaria cooperazione per assistere i profughi
Infine, a proposito dei rifugiati nella Regione dei Grandi Lahi, l’Aceac ha raccomandato alle Caritas locali di facilitare la cooperazione con le Caritas dei Paesi di accoglienza dei profughi “al fine di favorire le visite, nei campi di accoglienza, da parte delle Chiese dei Paesi di provenienza”. A conclusione dei lavori, i membri del Comitato permanente hanno reso omaggio al Memoriale di Kabgay per ricordare le vittime del genocidio contro i tutsi, avvenuto in Rwanda nel 1994. (I.P.)

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Chiesa portoghese: aiutare reinserimento detenuti nella società

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“Dare dignità ai detenuti: dalle parole all’azione”. Sarà questo il tema del 10.mo Incontro nazionale di Pastorale penitenziaria che si terrà a Fatima, in Portogallo, l’8 ed il 9 febbraio prossimi. Nel comunicato di presentazione dell’evento, padre João Gonçalves, coordinatore della Pastorale penitenziaria portoghese, ribadisce che “è sempre bene parlare di carceri e di detenuti, poiché si tratta di un argomento poco conosciuto e del quale si discute poco all’interno delle nostre comunità, ecclesiali o no”.

Aiutare detenuti a reinserirsi nella società
“In carcere – continua padre Gonçalves – il nostro rispetto ed il nostro aiuto vanno a tutti, sia nel periodo di reclusione, sia successivamente, nella fase di reinserimento familiare, lavorativo e sociale”. I lavori del convegno si apriranno domenica prossima, nel pomeriggio, con la prima sessione, dedicata al settore religioso della Pastorale carceraria. Il giorno seguenti, dalle 9.30 alle 12.30 si discuterà dell’argomento dal punto di vista giuridico, mentre dalle 14.30 alle 17.30 si affronterà la questione sociale.

Servono processi equi, no a inasprimento delle pene
L’incontro nazionale di quest’anno segue quello del maggio 2014 a carattere transnazionale, al quale hanno preso parte rappresentanti di Spagna, Gibilterra, Andorra e Portogallo. Nel comunicato congiunto diffuso lo scorso anno, si ribadisce la necessità di tutelare i diritti dei detenuti e ci si appella alle istituzioni affinché ricorrano alla pena della privazione della libertà solo come ultima scelta. Inoltre, si sottolinea l’impegno della Pastorale penitenziaria ad offrire supporto educativo ai prigionieri e si ricorda la necessità di una giustizia più umana, che implichi il perdono e la misericordia, e non sia solo “il prolungamento di una condizione di povertà” in cui si trovano molti detenuti ancor prima di commettere un reato. Di qui, l’invito a far passare il messaggio che “non è l’inasprimento delle pene che riduce i casi di recidiva nel crimine, bensì processi penali equi e dalla giusta durata, che guardano alla persona nella sua integrità”. (I.P.)

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Australia. Servizi sociali cattolici: no a tagli nei finanziamenti

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Profondo disappunto e preoccupazione vengono espressi dal Servizio sociale cattolico australiano (Cssa) per i tagli finanziari nel settore, stabiliti dal governo. In particolare, l’organismo lamenta il fatto che tali decisioni siano state prese senza una valutazione precisa ed accurata dei servizi offerti efficacemente dal Cssa. “Negli ultimi sette mesi – si legge in una nota – le agenzie cattoliche hanno lavorato con le comunità locali per promuovere interventi ed offrire servizi, ad esempio nel campo educativo”.

Limitare i servizi sociali significa indebolire la società
Non solo: molte di esse hanno investito consistenti fondi prelevandoli dalle “loro limitate risorse per implementare infrastrutture specifiche”: a Melbourne, per esempio, un’agenzia cattolica ha lavorato con gli ospedali locali per aiutare le coppie dopo la nascita del primo figlio. Ma, a causa dei tagli ai finanziamenti, nota il Cssa, “è andato perduto il potenziale di simili iniziative nella costruzione di una società più forte”. Inoltre, il Servizio sociale ricorda di aver sempre espresso “la volontà di lavorare insieme al governo nello sviluppo di nuovi servizi che assicurassero il sostegno migliore agli australiani più vulnerabili”. “Speravamo – prosegue la nota – che questa dimostrazione di buona fede da parte nostra potesse trovare una risposta simile nel governo”.

Necessaria cooperazione per aiutare i più bisognosi
Per questo, il Cssa lancia un appello affinché le politiche e l’impegno finanziario nei servizi sociali siano “chiari e consistenti e tengano conto dell’esperienza e delle novità proposte nel settore”. “I servizi sociali – conclude la nota – devono poter avere la certezza di lavorare, insieme al governo, per portare aiuti agli australiani più bisognosi, affinché possano partecipare pienamente alla vita della comunità”. (I.P.)

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Giornata contro il cancro: fondamentale puntare sulla prevenzione

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Ogni anno a più di 12 milioni di persone viene diagnosticato un tumore e 7,6 di queste muoiono. Se non si prenderanno iniziative concrete si arriverà a 26 milioni di nuovi casi e a 17 milioni di morti entro il 2030, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. E’ quanto sostiene – nella Giornata Mondiale contro il cancro – l'UICC (Unione Internazionale Contro il Cancro). 

In Italia, meno casi di tumore
In Italia i decessi per cancro sono in netto calo. In circa vent'anni (1996-2014) sono diminuiti del 18% fra gli uomini e del 10% fra le donne. La prevenzione rimane lo strumento più efficace per combattere i tumori, vivere bene e più a lungo. Non a caso il tema scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’odierna Giornata è “Combattere il tumore con la Prevenzione”.

L'impegno dell'Airc contro il cancro
Intanto, sempre oggi,
l’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) lancia il sito Internet lanostrastoria.airc.it. Una “biografia online” che come in un album di famiglia racconta la parabola dell'onlus: da avventura iniziata 50 anni fa a Milano a realtà nazionale che conta 17 comitati regionali, oltre 20 mila volontari e 4,5 milioni di sostenitori. Un network attivo in tutta la penisola, grazie al quale 5 mila ricercatori possono portare avanti la loro guerra al cancro. Solo nel 2014, sono stati oltre 97 milioni di Euro i fondi distribuiti. (A.G.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 35

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.