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Sommario del 31/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa ai Pueri Cantores: il bene è Dio anche se non fa notizia

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Anche se non fa notizia in tv, il bene di Dio per l’uomo è sempre all’opera. Papa Francesco lo ha ribadito incontrando in Aula Paolo VI i circa 6 mila partecipanti al 40.mo Congresso dei “Pueri Cantores”, un gruppo internazionale di bambine e bambini che nei giorni scorsi ha allietato le chiese di Roma con alcuni concerti dedicati al Giubileo. Il Papa ha invitato i piccoli a pregare di più, esprimendo ammirazione per la loro bravura nel canto. Il servizio di Alessandro De Carolis

Papa Francesco: “Un giorno a casa, a tavola, mi è stato domandato: cosa ti piacerebbe diventare da grande? Sapete cosa ho detto? Macellaio!”.
Una grande risata, amplificata dall’applauso che corre lungo l’Aula Paolo VI, accende di divertimento gli occhi di migliaia di bambine e bambini. La confidenza è solo uno dei tanti ricordi e aneddoti che rendono speciale l’ultima udienza del Papa, che chiude l’anno circondato dai più piccoli, ai quali parla con la stessa genuinità di cuore e semplicità di linguaggio.

Il bene non ha "rating"
Lo stile dell’incontro è quello visto in tante occasioni simili: niente fogli e discorsi preconfezionati, solo una cartellina bianca per ricordare le sei domande che i “Pueri Cantores” gli hanno rivolto. Domande che scavano sui grandi temi della fede, sull’infinita lotta tra bene e male che anche chi ha pochi anni vede, capisce e patisce. Francesco passa in rassegna il brutto – mosaico di guerre, fame, ingiustizie – e assicura che il buono c’è, anche se quasi mai buca il video:

“Sembra che piaccia di più guardare le cose brutte che le cose belle, che le cose grandi. Il diavolo fa delle sue – questo è vero! – ma anche Dio fa delle sue: tanta gente santa! Non solo nelle missioni, ma nel mondo, nel lavoro, nelle famiglie (…) e questo non si vede in televisione. Perché? Perché questo non ha rating, non ha pubblicità (…) E’ vero o no questo? Se tu vuoi avere rating – sia giornalistico, sia televisivo o quello che tu vuoi – fa soltanto vedere le cose brutte… Con le cose buone la gente si annoia. O non sanno presentare e fare bene le cose, fare vedere bene le cose buone”.

Solo Dio è buono
La bontà, altra questione immensa. Come si fa a essere buoni?. Chiedendo aiuto – spiega Francesco - all’Unico che lo è davvero:

“E tu sai come faccio io per essere un po’ buono? Avvicinarsi al Signore. E chiedo al Signore: 'Signore, che non sia tanto peccatore, che non sia tanto cattivo, che non faccia cattiverie a nessuno, che non abbia gelosie invidie, che non mi mischio nelle cordate, che ci sono tante…', e tutte queste cose, no? Ma chiedere la grazia di essere buono, perché solo Dio è buono”.

"Mi arrabbio, ma non mordo"
Un limite della bontà è la rabbia, che tante volte annoda lo stomaco e inquina l’anima. “Anch’io mi arrabbio, ma non mordo”, esclama sorridendo il Papa, che si addentra tra le pieghe di un sentimento poche volte spiegato con cura ai bambini. Arrabbiarsi capita, ma la cosa peggiore – spiega Francesco – è il rancore inesausto di quelli che ogni mattina sembrano lavarsi, dice, “i denti con l’aceto”:

“L’abitudine di arrabbiarsi, l’abitudine di gridare, l’abitudine di sgridare gli altri, questo è un veleno… Domando a voi (…): come era l’anima di Gesù, dolce o amara? (Risposta: 'Dolce!'). Era dolce, perché? Perché quando si arrabbiava non arrivava alla sua anima, soltanto era per correggere e poi tornava alla pace”.

Pregare di più
Tanti spunti che la concretezza dei bambini chiede di incanalare in un impegno per l’Anno nuovo. Il Papa confida quale abbia preso per sé, “pregare di più”:

“Per un vescovo, il primo compito è la preghiera, il primo compito: non si può essere vescovo nella Chiesa senza la preghiera al primo posto. E poi l’annuncio del Vangelo. In questi giorni, rispondendo alla tua domanda, io ho pensato che un buon proposito per il prossimo anno sarebbe questo, pregare un po’ di più”.

Cantare fa bene all'anima
I “Pueri Cantores” sono educati all’arte della musica e Francesco, tra un ricordo e un aneddoto, esprime il suo apprezzamento per un linguaggio per il quale, ammette, non ha mai avuto doti particolari ma che da sempre lo affascina:

“Da bambini, la mamma, il sabato, alle due del pomeriggio, ci faceva sedere davanti alla radio per sentire. E cosa sentivamo? Tutti i sabati si faceva la trasmissione di un’Opera. E la mamma ci insegnava com’era quell’Opera (…) Il piacere di sentire cantare mi viene da bambino. Mi piace tanto la musica e il canto (...) Ma vi dico una cosa: il canto educa l’anima, il canto fa bene all’anima”.

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Il 2015 di Papa Francesco: la freschezza del Vangelo che tocca i cuori

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Anche il 2015 è stato un anno molto intenso per Papa Francesco: viaggi in tutti continenti, eccetto l’Oceania, il Sinodo sulla famiglia, l’apertura dell’Anno della Misericordia, l’Enciclica Laudato si’, la riforma della Curia che va avanti, le Messe a Santa Marta e poi lo scandalo di Vatileaks 2, sono solo alcuni elementi che hanno caratterizzato l’anno del Papa. Per un bilancio di questo 2015 ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti

Il protagonista è lo Spirito Santo
La freschezza del Vangelo: ecco cosa si sente nelle parole di Papa Francesco. E’ il Vangelo di Gesù che tocca il cuore ma disorienta, scandalizza, spinge gli sguardi oltre i nostri piccoli orizzonti. Noi cerchiamo sicurezze, tane, nidi. Invece, lo Spirito ci muove, ci mette in cammino, non ci lascia quieti, ci fa uscire. Il protagonista è lo Spirito Santo, ricorda Papa Francesco, e così è stato anche quest’anno. E’ Lui l’anima della riforma della Chiesa che resta sempre da riformare. E lo Spirito – osserva il Papa – “scombussola”, provoca resistenze, soprattutto in chi vuole trasformare il Vangelo in sentenza di condanna, nascondendosi perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa:

“Il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’ in pietre morte da scagliare contro gli altri (…) I veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule: sono necessarie; l’importanza delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia”. (Discorso a conclusione del Sinodo sulla famiglia, 24 ottobre 2015)

Annunciare la misericordia di Dio, non distribuire anatemi
Il Papa chiede una Chiesa dalle porte aperte, non una dogana, perché possa accogliere e perché Gesù possa uscire verso il mondo, verso chi è ferito, per annunciare a tutti il Vangelo della gioia:

“Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore”. (Discorso a conclusione del Sinodo sulla famiglia, 24 ottobre 2015)

Dio non condanna
E’ necessario – ribadisce il Papa – abbandonare uno stile difensivo e negativo, quella rigidità clericale che fa tanto male, senza cadere nel relativismo, ma ricordando che Dio è Amore:

“Dio non può non amare! E questa è la nostra sicurezza. Io posso rifiutare quell’amore, posso rifiutare come ha rifiutato il buon ladrone, fino alla fine della sua vita. Ma lì lo aspettava quell’amore … aspetta, non condanna … Perché? Perché ama!”. (Omelia a Santa Marta, 29 ottobre 2015)

Docili alla libertà dell'Amore
Il Vangelo non è dolciastro: è dolce e forte. E il Papa usa spesso parole forti: la corruzione puzza, la Chiesa non adori santa tangente, la teoria del gender è uno sbaglio della mente umana, il pensiero unico distrugge l’identità cristiana, custodire il creato non è dei verdi ma dei cristiani, Gesù include mentre i farisei chiudono le porte, la Chiesa sia Madre e non un’associazione rigida, di fronte ai tanti cristiani perseguitati ancora oggi c’è un vergognoso e complice silenzio di tante potenze. Dio - afferma il Papa - è la vera grande bellezza, tutto il resto tramonta. Allora si scopre che il Vangelo è davvero buona notizia. Perché la nostra durezza di cuore può essere vinta, non dai nostri sforzi, ma da chi è il protagonista, lo Spirito Santo:

“Tu puoi fare mille corsi di catechesi, mille corsi di spiritualità, mille corsi di yoga, zen e tutte queste cose. Ma tutto questo non sarà mai capace di darti la libertà di figlio. Soltanto è lo Spirito Santo che muove il tuo cuore per dire ‘Padre’. Soltanto lo Spirito Santo è capace di scacciare, di rompere questa durezza del cuore e fare un cuore… morbido?… Non so, non mi piace la parola… ‘docile’. Docile al Signore. Docile alla libertà dell’amore”. (Omelia a Santa Marta, 9 gennaio 2015)

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Papa, tweet: ringraziamo Dio sempre presente, vicino e misericordioso

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex, ancora ispirato alla “Misericordiae Vultus”. Questo il testo: “Ringraziamo Dio che è sempre presente, vicino e misericordioso (MV 6)”.

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Concerto natalizio dei Pueri Cantores per Benedetto XVI

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È stato un concerto molto speciale quello che si è svolto ieri pomeriggio nel “Salone Assunta”, lo studio musicale della storica sede della Radio Vaticana posta all’interno dei Giardini Vaticani: ad esibirsi è stato il Coro tedesco “Jugendkantorei am Eichstätter Dom” e ad assistere all’esibizione è stato un ascoltatore speciale, ovvero il Papa emerito Benedetto XVI. Il Coro, composto da circa 36 giovani tra i 12 ed i 18 anni, è in questi giorni a Roma per partecipare al 40.mo Congresso internazionale dei “Pueri Cantores”. A dirigere i ragazzi è stato il Maestro Christian Heiss.

Presente anche il fratello del Papa emerito mons. Georg Ratzinger
Il programma del concerto, ispirato al Natale, ha visto l’esecuzione di brani di Mendelssohn Bartoldy, Johannes Brahms, Benjamin Britten e del canto natalizio “O du fröhliche”, nell’arrangiamento composto da mons. Georg Ratzinger, fratello del Papa emerito, anch’egli presente al concerto, insieme a mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, ed al cardinale Giovanni Lajolo, già nunzio in Germania.

Il ringraziamento di Benedetto XVI
Palpabile la gioia sul volto dei ragazzi che hanno saputo del concerto soltanto la sera prima, davvero a sorpresa. Al termine della loro esibizione, Benedetto XVI li ha ringraziati, augurando loro “Buon Anno” ed una buona permanenza a Roma. (A cura di padre Hagenkord, Programma Tedesco)

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Oggi in Primo Piano



Centrafrica. Il nunzio mons. Coppola: il Papa ha cambiato il popolo

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Le elezioni legislative e presidenziali nella Repubblica Centrafricana si sono aperte ieri con una speranza nuova: quella alimentata dal recente viaggio apostolico di Papa Francesco nel Paese. Dopo quella visita, il popolo centrafricano è cambiato. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il nunzio apostolico  nella Repubblica Centrafricana e in Ciad, mons. Franco Coppola

R. – Un popolo che ha voglia di girare pagina, che ha preso coraggio grazie alla visita del Papa. La visita del Papa gli ha dato anche la possibilità di vedersi, di guardarsi in faccia, senza gli occhiali scuri. Gli ha dato la possibilità di riguardarsi in faccia e di riconoscersi concittadini che hanno voglia di far tacere le armi e di cominciare la vita democratica. Ieri c’è stato il primo turno delle elezioni, la gente si è presentata massicciamente ai seggi elettorali per votare. Ci arrivano notizie di una vigilanza particolare che la popolazione ha esercitato in questi seggi, facendo attenzione che non ci fossero imbrogli, che non ci fossero persone che si presentassero due volte a votare. Questa vigilanza della stessa cittadinanza sul buon svolgimento delle operazioni elettorali dice molto sulla volontà della popolazione di far in modo che questo processo arrivi ad uno sbocco positivo, da tutti sperato.

D. – La visita del Santo Padre in Centrafrica sembra aver lasciato speranze importanti e non ci sono più notizie di scontri quotidiani tra opposte fazioni. Già questo è molto. E' una speranza per la pace nel Paese?

R. – Sì, c’è stato un cambiamento repentino proprio del clima, grazie alla visita del Papa. C'è una serenità che non si era mai respirata. La gente è sollevata dalla scoperta che ha fatto, grazie al Papa, di poter visitare luoghi dove abitano gli altri, senza problemi, senza il rischio di essere uccisi. Ora la circolazione è assolutamente libera e tranquilla da tutte le parti, anche in quelle più malfamate, per così dire.

D. – L’Anno Santo della Misericordia, dunque, ha aperto un’importante via per la pace nel Paese?

R. – Assolutamente. Una delle frasi che girano fra la gente è: “Il Papa è venuto, non possiamo più tornare a dirci, a fare le cose di prima”.

D. – Questo spirito nuovo di confronto, di conoscenza reciproca, porta anche probabilmente ad una nuova prassi politica…

R. – Speriamo. Dipenderà un po’ anche dalle persone che verranno elette e se ci sarà anche in questo un cambiamento.  Fra i trenta candidati c’è di tutto: ci sono persone nuove, che non hanno mai avuto precedentemente un’esperienza politica, e ci sono persone già sperimentate.

D. – Possiamo dire, comunque, che sia nei candidati alle prime esperienze sia in quelli dove invece c’è un curriculum politico più sostanzioso, le parole del Papa possono fare breccia?

R. – Questo sicuramente. La campagna elettorale è stata condotta già in modo molto particolare. Non è stata una campagna in cui i diversi leader si sono presentati come i protettori di una parte contro l’altra. Tutti hanno cercato di accreditarsi come uomini che sanno riunire la nazione. E’ già un primo frutto. Nelle indicazioni che il Santo Padre stesso aveva dato nel corso del discorso rivolto al mondo politico, aveva appunto chiesto di farsi promotore di unità per la popolazione, piuttosto che essere difensori di una fazione contro l’altra. Certo i problemi sono notevoli, non sarà facile comunque per il nuovo governo uscirne fuori, perché comunque c’è una diffusione delle armi, a livello popolare, molto pericolosa. Per cui una delle prime sfide cui il governo nascente dovrà far fronte sarà quella del disarmo generalizzato. C’è bisogno di un progetto, c’è bisogno di mezzi. Ci sarà bisogno dell’aiuto e del sostegno della comunità internazionale.

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CCS lancia sms solidale per finanziare progetto in Mozambico

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Ultimo giorno per poter contribuire alla campagna raccolta fondi “Ricomincio da te” per il finanziamento di un progetto a favore dei bambini di Gorongosa, in Mozambico. A proporla è il Centro cooperazione e sviluppo (CCS), Associazione genovese attiva nel Paese africano dal 1988. Il numero di cellulare a cui inviare un sms solidale è il 45503, ma allo stesso numero si può anche telefonare da rete fissa per una donazione di 2 euro. Per saperne di più, Adriana Masotti ha intervistato Daniela Fiori, responsabile comunicazione del Centro: 

R. – Il nostro progetto intende aiutare questi bambini proprio a ricominciare le loro vite. In Mozambico, nell’area di Gorongosa, negli ultimi due anni e mezzo circa, si è avuto un ritorno della guerra civile. Essendo questo il territorio dei ribelli, le popolazioni locali hanno subito gravissime conseguenze: sono state costrette a lasciare le loro case, si sono rifugiate nelle foreste, in alcuni casi sono stati allestiti campi profughi. E anche se c’è stato di recente un tentativo di ritornare alle proprie case, perché tra le due parti c’è un tentativo di accordo, di fatto queste popolazioni non hanno più nulla. Quel poco che faticosamente si era costruito, anche grazie alla nostra presenza, perché noi siamo lì da oltre 25 anni, è andato perduto: le scuole sono distrutte e la stessa cosa i centri sanitari. L’intento del progetto “Ricomincio da te”, cui si può partecipare, è quello di ricostruire le scuole, i centri di salute, riattrezzare il tutto e riavviare anche un ciclo di visite mediche per oltre 6 mila bambini di quest’area.

D. – Ecco il numero solidale a cui mandare un sms è il 45503, però solo fino a questa sera. Ma c’è la possibilità di contribuire anche dopo al finanziamento di questo progetto?

R. – Assolutamente sì, è vero. C’è il numero 45503 fino a mezzanotte di questa sera, abbiamo, quindi, ancora l’ultimo giorno dell’anno per mandare il messaggio o fare una telefonata da rete fissa. Tuttavia, andando sul nostro sito, www.ccsitalia.org, è possibile fare una donazione diretta al progetto. Ci sono vari esempi anche di come si può contribuire. Il progetto si sta avviando in questo momento. Quindi, qualsiasi tipo di aiuto e di sostegno per noi sarà importantissimo.

D. – Questa però non è l’unica iniziativa che vede impegnata l’associazione Centro Cooperazione e Sviluppo. Dove siete presenti e con quali progetti?

R. – Noi siamo presenti in Mozambico e in Zambia, per quanto riguarda l’Africa, e poi in Asia siamo in Cambogia e in Nepal. In tutti questi anni siamo stati al fianco delle popolazioni, in particolare dei bambini, nel cercare di fare da catalizzatori di processi che comunque sono già in atto in questi Paesi. Quindi, al fianco delle comunità, cercando attraverso soprattutto l’educazione di migliorare la condizione dei bambini. Il nostro intento è quello di fare in modo che i bambini possano essere veramente bambini. Nel concreto, quindi, abbiamo costruito scuole, abbiamo costruito pozzi, aiutato le comunità ad avere consapevolezza dell’utilizzo delle fonti di acqua potabile. Ma abbiamo anche un altro filone che è legato al benessere dei bambini, quindi all’alimentazione, alle condizioni igienico-sanitarie, alle visite mediche. Tutto sempre consentendo alle bambine, che spesso sono ostacolate soprattutto in questi Paesi, di accedere agli stessi servizi dei maschietti.

D. – Voi proponete anche il sostegno a distanza…

R. – Sì, sì. I nostri sostenitori sono in parte donatori sporadici, ma tantissimi – oltre 10 mila in tutta Italia – sono sostenitori a distanza, che scelgono di aiutarci con continuità, sostenendo una scuola o sostenendo un bambino, con il quale rimangono in contatto fino a che è possibile, sicuramente fino alla conclusione del ciclo scolastico principale. E questa è sicuramente una cosa, forse di questi tempi, impegnativa. Le persone temono di non farcela. Però, è molto bello e alla fine sono 70 centesimi al giorno.

D. – Per saperne di più di questo e delle altre vostre iniziative, ripetiamo l’indirizzo del vostro sito…

R. – Ve ne segnalo due: il nostro sito è www.ccsitalia.org, ma abbiamo da un paio d’anni anche un altro sito che si chiama www.esserebambini.org, che è più incentrato sul discorso dei diritti dei bambini, sul nostro essere al loro fianco, perché i diritti vengano rispettati. In questo secondo sito, sono presenti anche tutte le notizie che riceviamo quasi quotidianamente dai nostri colleghi sul posto.

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Libertà religiosa sotto attacco: i cristiani i più perseguitati

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Crescono nel mondo gli attacchi alla libertà religiosa: i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato, si parla di 150 milioni di persone a rischio. Vita dura anche per altre minoranze, come gli yazidi in Iraq. L’estremismo islamico è il primo nemico della libertà religiosa, ma non si possono dimenticare i regimi comunisti. Anche in alcuni Paesi occidentali crescono i problemi per chi crede, soprattutto là dove la religione viene emarginata alla sfera del privato e quando viene erosa la libertà di coscienza sui temi etici sensibili. Fausta Speranza ne ha parlato con Giampaolo Romanato, docente di Storia contemporanea all’Università di Padova e membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche: 

R. – Effettivamente, l’estremismo islamico ha questo triste primato nel negare la libertà religiosa. Non confonderei l’estremismo islamico con l’islam tout court: credo che sia un’equiparazione che non debba essere fatta.

D. – Certamente, di estremismo islamico parliamo spesso in relazione a conflitti veri e propri …

R. – Sì, ne parliamo in relazione a conflitti veri e propri, perché laddove ci sono i conflitti il fenomeno esplode in maniera più vistosa, più clamorosa, e anche con maggiore visibilità sui media occidentali. Però credo che l’estremismo islamico non sia legato soltanto ai conflitti o alle zone di tensione politica: è caratteristico di un certo islam estremo. Nel Nord Sudan non ci sono conflitti, in questo momento, che possano alimentare l’estremismo; però, l’intolleranza c’è. I conflitti politici acuiscono la visibilità del fenomeno, ma non è soltanto delle zone in cui ci sono conflitti politici.

D. – C’è poi la realtà di poteri dittatoriali o comunque poteri molto forti, che negano la libertà religiosa. Il primo esempio è la Corea del Nord?

R. – Purtroppo sì! Qui l’estremismo islamico non c’entra assolutamente nulla; c’entra l’intolleranza ideologica, c’entra l’intolleranza politica, c’entra la dittatura e forse ancora la tarda eredità della guerra fredda. La Corea del Nord, effettivamente, è il Paese che viene alle mente immediatamente …

D. - Non è l’unico …

R. – Non è l’unico: c’è la Cina. Parliamo poco della Cina, perché in fondo con la Cina ci sono dialoghi in corso da tutti i punti di vista, però, l’intolleranza religiosa è ancora un fattore presente nella realtà cinese.

D. – Proprio spaziando anche a Paesi democratici, ci sono forme di intolleranza ideologica?

R. – Sì, in maniera più strisciante, più latente ma ci sono: ci sono anche qui da noi, ci sono anche in Europa, nel Nord America, in particolare direi in Europa. Sto pensando in questo momento a tutta l’assurda polemica sul presepe che si è fatta in questi giorni anche in Italia: questo non ha nulla a che fare né con l’estremismo islamico, checché se ne dica, né con le dittature; ha a che fare con una intolleranza ideologica che è propria della nostra società. Il rifiuto del presepe – non nascondiamoci dietro a un dito – non è venuto dall’islam estremista ma è venuto da una certa ideologia laica che è gravemente intollerante.

D. – Perché dà tanto fastidio la libertà religiosa?

R. – Perché in fondo è la libertà delle libertà, è il “primum” delle libertà. La libertà religiosa riguarda le convinzioni profonde dell’uomo, riguarda l’intimo della coscienza, riguarda il rapporto più personale che ciascuno di noi ha con l’aldilà e con l’assoluto. Se si coarta questo, poi, possono derivarne conseguenze in mille altri campi. Riguarda il nucleo profondo della libertà dell’uomo: per questo è così importante difendere la libertà religiosa e opporsi a tutte le forme di coartazione.

D. – I cristiani restano i primi perseguitati nel mondo. Nel messaggio cristiano, il riconoscimento dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio è un elemento primo di riconoscimento della dignità di ogni essere umano. Forse è proprio questo, anche, che dà fastidio?

R. – Forse sì. Nel messaggio cristiano è insito un aspetto di totale valorizzazione dell’uomo: la valorizzazione dell’uomo e dell’umanità profonda dell’uomo, che c’è nel cristianesimo, probabilmente urta. Urta più di altre cose.

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Mons. Marcianò a Natale tra i militari italiani all'estero

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L’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Santo Marcianò, ha trascorso il periodo di Natale con i militari italiani impiegati nella missione "Unifil" di stanza a Shama, in Libano, accolto dal generale di Divisione, Luciano Portolano, "Head of Mission e Force Comander" di Unifil, e dal comandante del contingente italiano, il generale Franco Federici. Mons. Marcianò ha visitato la "Blue Line" che separa il Libano da Israele, incontrando i militari italiani. Nella base di Shama, ha celebrato la Messa nel corso della quale 20 militari hanno ricevuto il Sacramento della Cresima. Con l’Ordinario hanno concelebrato il cappellano italiano, don Mauro Capello, e i cappellani francese e irlandese. Presenti anche i cappellani protestanti, in particolare francese, ugandese e finlandese, oltre al cappellano francese per i musulmani. Alla fine della celebrazione, il cappellano metodista ugandese ha offerto un dono al vescovo, mentre il cappellano musulmano, un iman francese, ha letto una preghiera per la pace. Mons. SantoMarcianò ne parla al microfono di Luca Collodi

R. – E’ stato un momento di grande intensità e, direi, di profonda preghiera ecumenico-interreligiosa, potremmo definirla cosi. Ha partecipato alla celebrazione del Natale l’imam francese e hanno partecipato anche i pastori dei contingenti protestanti presenti in Libano, hanno partecipato alla celebrazione eucaristica. Al termine, li ho invitati a stare accanto a me e insieme – anche a tutti i militari – abbiamo steso le mani in segno di accoglienza, come si fa con il Padre Nostro, come si fa quando si invoca lo Spirito Santo, chiedendo il dono della pace al Signore. La cosa bella è che è nato spontaneo – alla fine di questa invocazione – abbracciarci e ringraziare il Signore per il dono della fraternità. E’ stato anche interessante l’intervento dell’imam che ha voluto, al termine, fare lui stesso una preghiera in cui invocava il dono della fraternità, dell’unità e soprattutto della comunione tra le diverse religioni. Credo che questo sia ecumenismo da una parte e sia costruzione della pace dall’altra.

D. – Mons. Marcianò, che senso ha parlare di dialogo interreligioso e di ecumenismo tra chi porta le stellette?  

R. – E’ una domanda per la quale la ringrazio. Sono ormai all’incirca tre anni che svolgo questo ministero all’interno della Chiesa, e dell’Ordinariato militare in particolare, e ho potuto verificare come questo ambito ecclesiale favorisca, proprio per le presenze diversificate, un dialogo intanto a livello ecumenico. Tra i militari italiani, infatti, cominciano ad esserci soldati di altre confessioni cristiane, così come comincia a esserci qualche presenza militare che appartiene o che vive una fede di altre religioni. Questo dà ai cappellani la possibilità – e direi che sta diventando sempre di più lo specifico del ministero del cappellano militare – di costruire attraverso il dialogo, inizialmente con i rappresentanti religiosi e poi con gli stessi militari, quella possibilità di intesa, chiamiamola pure pace. Perché,  soprattutto nei teatri operativi si vive una fraternità incredibile: cosa che ho potuto verificare in Kosovo, in Libano, in Afghanistan e in altre zone operative. Credo che le “stellette”, sia dei militari che dei cappellani militari, diventino oggi una via possibile per la costruzione della pace.

D. – La vigilia di Natale l’ha trascorsa, invece, in Kosovo dove, a Pristina, ha aperto la Porta Santa per i soldati che partecipano alla missione "KFOR". L’apertura della Porta Santa in ambiente militare che significato ha?

R. – Guardi, i nostri sono militari che operano per la pace, ci tengo a sottolinearlo. La militarità italiana ripudia la guerra. Questo è un principio che i nostri soldati applicano. Ripudiare la guerra non significa però rifiutare l’obbligo di difendere soprattutto i deboli, chi non si può difendere. Per cui, il fine dell’azione militare, almeno per i militari italiani, è e resta la difesa. Credo che ciò metta i nostri militari in una situazione non solo nella condizione di interrogarsi a livello di coscienza, ma anche dinanzi a scelte concrete qualora la loro azione non fosse coerente con quella scelta etica che coincide con la voce che suggerisce a ogni cristiano di non combattere contro, di non uccidere. Per cui, resta una possibilità per ogni militare: interrogarsi seriamente sulla propria fede, sulla propria coscienza e di vivere – diciamo – una obiezione, che è quella ovviamente della guerra e di una risposta offensiva laddove, invece, bisogna rispondere solo per difendere e per costruire la pace e la civiltà. Allora, la Porta Santa è diventata quasi la sintesi di questa riflessione, di questo atteggiamento e di questa missione che i militari vivono quotidianamente, rischiando anche la vita.

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Marcia della Pace a Molfetta in memoria di don Tonino Bello

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La 48.ma Marcia della Pace, promossa dalla Chiesa italiana come da tradizione per l'ultimo giorno dell'anno, riprende il tema voluto da Papa Francesco per la Giornata del primo gennaio 2016: "Vinci l'indifferenza e conquista la pace". Questa edizione si svolge a Molfetta, in provincia di Bari, nella terra in cui fu vescovo don Tonino Bello. L'appuntamento cade a 23 anni dalla marcia da lui guidata proprio nella cittadina pugliese, a pochi mesi dalla sua morte. Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia, approfondisce le ragioni di questa scelta, al microfono di Antonella Palermo

R. – Abbiamo voluto ritornare sui passi di un grande testimone, un grande profeta di pace come don Tonino Bello: un “grande piccolo”, un uomo che se lo incontravi non ti lasciava certo indifferente. Nel 1992 a Sarajevo, dopo mesi di assedio, si rischiava l’abitudine e l’indifferenza. Abbiamo deciso, insieme ad altre persone, di andare direttamente - di persona - dove lui ci ha ricordato il valore della non violenza, e non da uno studio tranquillo dove si sta a riflettere, ma dal cuore della guerra: ci ha ricordato che il futuro è solo nella non violenza.

D. – Al Convegno di quest’anno, che precede la Marcia e che ha per titolo: “In marcia, artigiani della pace”, cercate peraltro di mettere in evidenza i tratti comuni tra Papa Bergoglio e don Tonino Bello…

R. – La sua passione, l’amore per i poveri, la semplicità, una fede concreta, una Chiesa dei poveri. Don Tonino parlava della “Chiesa del grembiule”. Credo che se fosse stato vivo oggi con Papa Bergoglio, don Tonino avrebbe davvero proclamato il suo motto episcopale: “Ascoltino gli umili e si rallegrino”. Papa Francesco usa questa espressione: gli “artigiani della pace”, e - io dico - un po’ in contrapposizione alle industrie della guerra. Abbiamo ascoltato alcune testimonianze significative di questo territorio pugliese: di chi lavora nel carcere, di alcuni progetti di accoglienza, non caritatevole come immaginiamo noi, ma progetti concreti di lavoro per togliere dal lavoro nero, dallo sfruttamento sessuale, dalla prostituzione, da tutte quelle condizioni che cancellano la dignità. Ci sarà anche la testimonianza di Guglielmo Minervini che è stato un obiettore di coscienza giovane ai tempi di don Tonino Bello. Abbiamo il tema della legalità che non si ferma certo a questi confini: è un problema internazionale quello della corruzione e della illegalità.

D. – Don Sacco, una marcia della pace quest’anno in una dimensione giubilare…

R. – L’orizzonte è quello di quest’Anno della Misericordia. Noi siamo invitati tutti a trovare una “Porta” da attraversare: la porta del perdono, del perdono del grande debito dei Paesi poveri; però poi anche a chiedere misericordia per ognuno di noi. La pace non si può costruire urlando e gridando, come a volte si dice, “sul muso contro qualcuno”: la pace parte da una riconciliazione anche con se stessi, da un riscoprire il volto di quel Padre misericordioso che è padre e madre, e che ci aiuta a riconoscere tutte le figlie e i figli suoi come nostri fratelli e sorelle.

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Associazioni dicono no a spot unilaterale adozione gay in tv

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No a una propaganda unilaterale in tv del matrimonio e delle adozioni gay. A chiederlo è l’associazione “Non si tocca la famiglia”, che denuncia la promozione in più occasioni sulle reti Rai dell’adozione per coppie omosessuali. Polemiche si registrano anche per uno spot sul canale "Disney Junior", nel quale tra le immagini di famiglie viene proposta anche quella costituita da due papà e un bambino. Solo ieri la relatrice del ddl sulle unioni civili, Monica Cirinnà, ha ribadito che “gennaio sarà la volta buona” e che nel provvedimento ci sarà anche la contestata "Stepchild adoption". Paolo Ondarza ha intervistato Giusy D’Amico, presidente di "Non si tocca la famiglia": 

R. – Noi sottolineiamo che c’è stata una fortissima strumentalizzazione a livello politico delle reti nazionali, cui tutti i contribuenti pagano un canone. E crediamo che questa sia una strumentalizzazione proprio in un momento in cui c’è un passaggio decisivo al Senato della legge sulle unioni civili, che ha saltato anche il passaggio in Commissione, e che la tv di Stato sta promuovendo senza dare assolutamente uno spazio – diciamo – contraddittorio e di par condicio sugli argomenti, che ovviamente sono oggetto del dibattito pubblico.

D. – Nel contempo, fa discutere uno spot di auguri, trasmesso proprio in queste giornate natalizie, non dalla Rai ma dal canale "Disney Junior", durante il quale alle immagini dell’amatissimo cartone animato "Frozen" sono intervallate quelle di famiglie di vario tipo, tra queste figurano anche le cosiddette “famiglie arcobaleno”, quindi coppie omosessuali con bambini. Il tutto rivolto proprio ai minori…

R. – Si utilizza un messaggio che colpisca l’immaginario del bambino per inviare messaggi occulti, perché in tutta questa presentazione di immagini di famiglie diverse, felici, di varie razze ed estrazioni culturali, poi nell’insieme figurano due papà con un bambino… Il bambino cattura quell’immagine, la fa sua e pian piano, nel tempo, questa entra nella sua costruzione mentale. Noi non riteniamo che nel nostro Paese questo tipo di impostazione possa passare inosservata: ci sono volute un milione di persone, il 20 giugno a Piazza San Giovanni, per ribadire che la famiglia è formata da un papà e da una mamma e che il bambino ha diritto ad avere un papà e una mamma e ha diritto a sapere da chi è stato generato. Purtroppo, non abbiamo spazi in tv per poterlo esprimere, non abbiamo spazi per poter rilasciare anche noi spot semplicissimi di questo tipo, perché c’è una manipolazione evidente dell’informazione e del tipo di informazione che si vuole veicolare nel nostro Paese. Questo noi lo abbiamo denunciato, chiedendo espressamente che venga dato questo spazio al presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, Massimo Gandolfini, che rappresenta in questo momento in Italia il movimento popolare che sostiene e difende la famiglia formata da un papà e da una mamma.

D. – Quindi, nonostante abbia riempito Piazza San Giovanni in Laterano, il “popolo del 20 giugno”, voi dite, non trova spazio nelle trasmissioni televisive…

R. – In questo momento preciso, no. Non abbiamo possibilità di replica. Il “popolo del 20 giugno” è pronto a una nuova mobilitazione nazionale. Noi comprendiamo profondamente cosa significhi il desiderio legittimo in due persone che sia amano di poter avere figli, perché il desiderio di paternità e di maternità è dentro di noi. Però, continuiamo a sottolineare che questo desiderio, pur comprensibile, non può diventare autonomamente un diritto, con un normative legislativa, con qualcosa che preveda che questo sia un delitto inalienabile, quando il primo diritto a essere danneggiato è quello del bambino ad avere un papà e una mamma.

D. – Solo ieri, la relatrice del Ddl sulle unioni civili, Monica Cirinnà, ha detto: “A gennaio sarà la volta buona”. Nel provvedimento ci sarà anche la “Stepchild adoption”, ovvero l’adozione da parte di uno dei due componenti di una coppia, anche omosessuale, del figlio naturale o adottivo del partner. Le intenzioni dichiarate sono quelle di tutelare i minori nel caso del decesso del genitore biologico. Ma voi dite che le cose non stanno così…

R. – Noi crediamo che questo aspetto il tribunale – per il bene supremo del minore – già lo preveda, perché prevede che il bambino rimanga con la persona di riferimento che ovviamente ha conosciuto, con cui ha condiviso gli anni della sua vita. Ma non crediamo che sia un diritto per legge negare ad un bambino di conoscere la madre e il padre. Questa proposta di legge, purtroppo, introduce di fatto la pratica dell’utero in affitto e la rende lecita. Su questo noi continueremo a esprimere il nostro dissenso. Pensiamo che il primo diritto che deve essere tutelato sia quello del bambino.

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Roma: prima unità mobile pediatrica per famiglie in difficoltà

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Una rete di assistenza e solidarietà sul territorio in favore della parte più debole della comunità presente a Roma. L'auspicio del Santo Padre ha trovato una risposta concreta nella collaborazione tra Vicariato di Roma, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Cooperativa Osa. Si chiama "Non ti scordar di me" ed è attivo dal mese di novembre il progetto che prevede la prima unità mobile pediatrica per tutelare la salute dei bambini e delle famiglie in difficoltà nelle periferie di Roma. Federica Baioni ha intervistato sull'argomento il presidente di Osa, Giuseppe Milanese. 

R. – Abbiamo strutturato questo progetto, il cui nome è stato ideato dalla dott.ssa Giampaolo del Bambin Gesù, “Non ti scordar di me”, abbiamo raccolto dei fondi e costruito un camper dedicato ai bambini. Con questo camper, quindi, spostiamo dei medici volontari del Bambin Gesù insieme a degli infermieri della cooperativa Osa nelle parrocchie che ci accolgono. Qui si creeranno dei punti di informazione per le famiglie e i pediatri del Bambin Gesù faranno attività di formazione, prevenzione e cura, nelle periferie di Roma.

D. – Questo progetto sarà itinerante, partirà da Roma. L’idea è già sviluppata su territorio nazionale?

R. – Sì, partirà da Roma e poi vedremo cosa si può fare. Quando si affrontano queste tematiche bisogna costruire affinché non sia solo demagogia e slogan, costruire passo dopo passo. Il 28 febbraio, nell’incontro, nell’udienza con Confcooperative il Santo Padre disse una frase che è rimasta nel cuore di molti di noi: “Sarebbe bello se le cooperative, gli ospedali – se penso al Bambin Gesù – e le parrocchie si mettessero insieme per costruire una rete di solidarietà”. Abbiamo raccolto questo invito, ci siamo incontrati e abbiamo pensato di partire dai più piccoli, per poi arrivare non solo sul territorio nazionale, ma anche ad altre fasce della popolazione. Pensiamo ad un’altra tipologia di assistenza che il Santo Padre ci ha sollecitato sempre quel giorno: l’assistenza agli anziani soli. Come dicevo all’inizio, bisogna partire e andare passo passo. Abbiamo, dunque, messo su un primo camper e stiamo andando per le periferie di Roma e nelle parrocchie. Poi vedremo cosa nascerà da questo seme.

D. – In ultima battuta, un aneddoto rispetto agli incontri che ci sono già stati nella nostra città con questo progetto e soprattutto l’incontro con i più piccoli. Qual è stata la loro reazione?

R. – La reazione è stata bellissima nella parrocchia di Santa Maria Madre dell’Ospitalità proprio nella periferia di Roma, una parrocchia peraltro carica di solidarietà grazie a persone veramente eccezionali. Mentre i bambini giocavano a nascondino nel camper e lo riempivano di allegria, qualcuno di loro veniva acciuffato per verificarne lo stato di salute. Abbiamo quindi strutturato un camper che fosse per i più piccoli nell’immagine e nei colori. Come ha detto un bambino: “E’ l’ospedale che viene da noi”. Sì, è l’ospedale, però colorato, con quell’allegria che serve per poter assistere i più piccoli.

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Venezia: opere d'arte accessibili ai non vendenti

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Opere d’arte accessibili al pubblico con disabilità visive: e’ questo il progetto  “Doppio senso: percorsi tattili”, realizzato con la partecipazione dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti al museo Guggenheim di Venezia. Quattro appuntamenti fino a gennaio, guidati da Valeria Bottalico, ideatrice e curatrice del progetto. Al microfono di Maria Cristina Montagnaro spiega come avverrà l’attività. 

R. – Un percorso di avvio all'accessibilità museale, legato ad un progetto educativo che ha come destinatari persone non vedenti e ipovedenti. In realtà, poi, estendiamo tutto il progetto a chiunque voglia partecipare.

D. – Come è nata l’idea?

R. – Le persone non vedenti possono accedere alle immagini attraverso la fruizione di strumenti e riproduzioni a rilievo e conoscere le opere e quanto li circonda attraverso il tatto, ma anche attraverso altri canali sensoriali, come olfatto, udito, gusto… Quattro appuntamenti – uno al mese, il primo il 31 ottobre e fino a metà gennaio – presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, che si tiene il sabato. Un appuntamento dedicato ad un pubblico adulto, costituito da una visita tattile, in cui è possibile fruire – attraverso una esplorazione tattile – di opere della collezione permanente e in particolare a due dipinti: il “Ritratto di Frau P” di Paul Klee e “Verso l’alto” di Vasily Kandinsky; e due opere – due dipinti - dell’artista indiano che in questo momento è protagonista della mostra temporanea. La visita avviene proprio attraverso una esplorazione tattile, da me condotta, in cui si guidano, si accompagnano le mani dei visitatori in quella che è la visione dell’opera: quindi non con gli occhi ma attraverso le mani.

D. – Normalmente quando visitiamo una mostra ci dicono immediatamente di non toccare le opere d’arte…

R. – Non toccare, esatto! Sono stati disposti degli strumenti, dei materiali ad hoc per effettuare questa visita. Sono stati riprodotti in tavolette in resina, tutti a rilievo, i due dipinti di Klee e di Kandinsky della collezione permanente e gli altri due dipinti della mostra temporanea. Quindi sono strumenti ad hoc realizzati in collaborazione con l’Istituto dei ciechi di Milano, che ha collaborato insieme a noi per la produzione di questi materiali.

D. – Come è andato il primo giorno di visita?

R. – E’ stata una festa! Hanno partecipato 7 persone non vedenti provenienti da diverse parti d'Italia: da Roma a Cattolica, a Padova, a Milano, a Treviso, a Venezia-Mestre… Assieme a loro hanno potuto partecipare anche alcuni accompagnatori. La sfida e la parte sperimentale del progetto è rendere accessibili non solo i dipinti in generale, ma rendere anche accessibile e fruibile l’arte astratta.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Padre Pizzaballa: nessun contatto per padre Azziz

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“Abbiamo capito che è stato preso da qualcuno, ma non siamo in grado di dire chi sia e, soprattutto, non siamo ancora in grado di dire nemmeno se sia ancora vivo. Se sapessimo chi l’ha preso, potremmo avere una conferma, ma non sappiamo neanche questo ad oggi”. Come conferma all'agenzia AsiaNews padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, resta ancora avvolta nel mistero la sorte di padre Dhiya Azziz, francescano di origini irakene, parroco di Yacoubieh (in Siria), rapito l’antivigilia di Natale. “In questi giorni abbiamo cercato di avviare dei contatti - aggiunge il Custode, senza scendere nei particolari per non comprometterne l’esito - ma finora non vi è molto più di quanto già detto”. 

Volontariamente aveva deciso di assistere la comunità di Yacoubieh in una zona a rischio
Padre Dhya Azziz è nato a Mosul, l’antica Ninive, in Iraq, il 10 gennaio 1974. Dopo alcuni studi presso l’Istituto medico della sua città, ha abbracciato la vita religiosa e dopo il noviziato ad Ain Karem, ha emesso la prima professione dei voti religiosi il 1° Aprile 2002. Nel 2003 si è trasferito in Egitto, dove è rimasto per diversi anni. Nel 2010 rientra in Custodia e viene inviato ad Amman. E subito dopo in Siria, a Lattakia. Si è reso poi disponibile su base volontaria ad assistere la comunità di Yacoubieh, nella regione dell’Oronte (provincia di Idlib, distretto di Jisr al-Chougour), in un contesto di grave pericolo e sotto il controllo delle milizie di Jabhat al-Nusra.

Padre Azziz già sequestrato e subito rilasciato nel luglio scorso
Già nel luglio scorso egli era stato oggetto di un sequestro lampo, che si è concluso in modo positivo nel giro di pochi giorni con la sua liberazione. In un primo momento i sospetti si erano concentrati sui miliziani di al-Nusra, emanazione di al Qaeda in Siria; tuttavia, i leader del movimento hanno negato ogni coinvolgimento. Con tutta probabilità egli era stato prelevato da un altro gruppo jihadista che sperava di ottenere un ingente riscatto. Tuttavia, questa volta la situazione appare molto diversa. come conferma lo stesso padre Pizzaballa "abbiamo individuato la zona del sequestro, e si tratta di un’area di forte conflitto, al confine fra i territori sotto il controllo del governo e quello delle forze ribelli. In quel settore sono attivi molti gruppi, affiliati a tante denominazioni diverse e senza un coordinamento fra loro, ciascuno va per contro proprio, per questo è difficile capire chi ha agito”. 

Mancano punti di contatto con la Custodia di Terra Santa
Il Custode di Terra Santa confida nella preghiera e spera di “avere qualche notizia, che ci facciano sapere”. Il religioso aggiunge che “è la prima volta che ci troviamo in una situazione così strana”, perché in passato, in caso di rapimenti di francescani o altri conoscenti, “abbiamo sempre trovato un punto di contatto. Questa volta niente, certo è una situazione molto diversa rispetto a luglio”. 

In questa travagliata regione l'unica arma è la misericordia
Ricordando l’Anno giubilare indetto da papa Francesco, padre Pizzaballa afferma infine che nella regione “c’è estremo bisogno di misericordia”. “È chiaro per per chiunque conosca il territorio - conclude il Custode - che non si può uscire da questa spirale di odio, rancori, vendette se non si ha il coraggio di voltare pagina, di perdonare e usare misericordia, altrimenti è un circolo vizioso destinato a degradarsi sempre più”. 

Diverse personalità cristiane sequestrati in questi ultimi anni
Dall'inizio del conflitto siriano, le milizie jihadiste e i gruppi combattenti hanno sequestrato diverse personalità di primo piano della comunità cristiana locale. Fra queste ricordiamo i due vescovi, il metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e il metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa) prelevati il 22 aprile 2013; il padre Paolo Dall'Oglio e ancora, il sacerdote padre Jacques Mourad, della Chiesa siro-cattolica, per cinque mesi nelle mani del sedicente Stato islamico (Daesh). (D.S.)

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Patriarca Sako: l'Iraq ha bisogno di un progetto politico

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“L’Iraq ha un grande bisogno di un progetto politico concreto e chiaro, capace di arrestare il degrado, riunendo tutte le sue componenti in un progetto civile, di contribuire alla stabilità del Paese e in grado di sostenere l’unità nazionale e respingere divisione tra gli iracheni facendo sentire loro che sono tutti cittadini uguali e non di diversi gradi”. È l’auspicio del Patriarcato caldeo di Baghdad contenuto nel messaggio augurale in vista del 2016. Un nuovo anno che porta “una bella notizia, la liberazione della città di Ramadi, che rafforza la nostra speranza per quella delle città di Mosul, della Piana di Ninive e di tutte le altre terre irachene”. Per questo motivo il Patriarcato esprime “congratulazioni all’esercito iracheno e ai peshmerga”. 

Appello ai leader religiosi a formare gli iracheni con una cultura sana e aperta
Nel testo si ribadisce la necessità di fronteggiare le divisioni che “contribuiscono alla demolizione dell’Iraq” e si sottolinea “l’importanza di adottare una nuova cultura e una chiara visione politica” da utilizzare come una road map “in grado di assicurare agli iracheni un futuro migliore e un Paese più prospero” per il suo popolo e per quelli vicini. Anche i leader religiosi sono chiamati a dare il loro contributo formando i cittadini  “con una cultura sana e aperta, per promuovere i valori della tolleranza, dell’accoglienza e del rispetto degli altri. Senza questa cultura – conclude il Patriarcato caldeo – il Paese non troverà pace e non si rialzerà”. (R.P.)

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Terra Santa: scambio d'auguri presidente Rivlin e capi delle Chiese

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“Un fedele ebreo non può essere anti-cristiano o anti-musulmano”: lo ha detto  il Presidente israeliano Reuven Rivlin incontrando, il 28 dicembre scorso, a Gerusalemme, i capi religiosi delle comunità cristiane per lo scambio di auguri in occasione del nuovo anno. Il Presidente - secondo quanto riferisce il sito Terrasanta.net, ripreso dall'agenzia Sir - ha ricordato il 50° anniversario della dichiarazione conciliare Nostra Aetate che segnò una svolta nelle relazioni tra ebrei e cattolici e alimentò l’impegno di questi ultimi sul fronte dell’antisemitismo. Citando in proposito il suo incontro con Papa Francesco in Vaticano il 3 settembre scorso, il Presidente ha menzionato un’affermazione del Pontefice: “Un vero cristiano non può essere antisemita”. “Israele – ha ribadito Rivlin – intende garantire libertà di culto e di espressione a ciascuno, qualunque sia il credo che professa. Vogliamo che la comunità cristiana prosperi e giochi il suo ruolo nella società israeliana”, ha concluso.

Il saluto del Patriarca greco-ortodosso Teofilo III
Al Presidente sono giunti il saluto e gli auguri, a nome dell’intera delegazione dei capi religiosi cristiani, del Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Teofilo III che ha voluto ringraziare il capo dello Stato ebraico per aver più volte espresso rispetto per tutte le componenti religiose presenti sul suolo nazionale e per l’impegno a difendere le minoranze, condannando ogni ricorso alla violenza. 

L'integrità della Terra Santa sta in una ricca diversità di tradizioni etniche e religiose
“Noi rappresentanti delle comunità cristiane – ha detto il Patriarca – ci uniamo a lei in queste affermazioni e nelle condanne. Siamo consapevoli che l’integrità di questa regione sta in una ricca diversità di tradizioni etniche e religiose, nelle quali c’è vera coesistenza con rispetto vicendevole e sicurezza per tutti. Rigettiamo anche tutte le forme di violenza e terrorismo, in qualunque circostanza. È totalmente inaccettabile usare la religione in questo modo, e in questa stagione di luce e di pace, vorremmo riaffermare il nostro impegno per la pace e la riconciliazione nella nostra diletta Terra Santa”.

Missione dei cristiani: salvaguardare la ricchezza spirituale della Città Santa
Teofilo III ha osservato inoltre che la missione dei religiosi cristiani a Gerusalemme consiste anche “nel salvaguardare e servire la ricchezza spirituale e la bellezza della Città Santa”. In questo senso “il rispetto dello 'status quo', che vige tra le comunità religiose nei principali Luoghi Santi, rimane la chiave all’armonia e alla pace, oltre che al rispetto dei privilegi legittimi e ai diritti che la storia ci ha riconosciuto”. Della delegazione facevano parte, per la componente cattolica, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e padre Ibrahim Faltas, in rappresentanza della Custodia di Terra Santa. (R.P.)

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Congo: vescovi preoccupati per stallo nel processo elettorale

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Sono preoccupati i vescovi della Repubblica Democratica del Congo per lo stallo del processo elettorale, dopo che la Corte Costituzionale ha invalidato il calendario delle elezioni che prevedeva tra l’altro le presidenziali nel novembre 2016. Ad esprimere le perplessità dei presuli, riferisce Mediacongo, è stato il segretario generale della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), padre Léonard Santedi, al termine di un incontro dell’episcopato con Aubin Minaku, presidente dell’Assemblea nazionale e segretario generale della coalizione dei partiti che sostengono l’attuale presidente Joseph Kabila, e con i rappresentanti dell’opposizione. Nel rispetto della Costituzione, ha riferito il segretario generale della Cenco, i vescovi hanno cominciato una serie di consultazioni con diversi esponenti politici perché si possa giungere ad una soluzione.

Le fazioni politiche divise sul calendario elettorale
Il Congo è precipitato in una nuova crisi politica dal novembre 2011, dopo la rielezione di Kabila segnata da sospette frodi alle urne. Nel gennaio di quest’anno l’ipotesi di un terzo mandato, in violazione della Costituzione, ha suscitato forti proteste, sfociate in scontri con morti e feriti. I disaccordi poi sul calendario elettorale (elezioni locali, provinciali, legislative e presidenziali) – con una serie di rinvii – hanno creato un clima di incertezza. Il sospetto è che tali rinvii facciano parte di una strategia messa in atto dalla maggioranza presidenziale per ottenere un prolungamento automatico ed indeterminato del mandato del presidente. Il 28 novembre scorso, per risolvere lo stallo, Kabila ha convocato un “dialogo nazionale” da cui far scaturire un “consenso responsabile” per rilanciare il processo elettorale e garantire stabilità e pace durante e dopo il voto. L’iniziativa non ha però avuto successo e il tema delle elezioni sta continuando a dividere la politica congolese.

L’impegno della Chiesa per la salvaguardia dell’interesse comune
Per padre Santedi occorrerebbe mettersi attorno ad un tavolo mediando condizioni accettabili. Per questo i vescovi hanno interpellato i politici insistendo perché le presidenziali abbiano luogo secondo i tempi stabiliti dalla Costituzione. Più volte, inoltre, soprattutto in questi ultimi mesi, i presuli sono intervenuti sulla questione elettorale, forti dell’ampio ascolto di cui gode la Chiesa - anche da parte di non cattolici - grazie al ruolo svolto nella transizione democratica negli anni ‘90. Accusata recentemente dal governo di sostenere l’opposizione, la Cenco ha ribadito nelle scorse settimane che la Chiesa non si schiera a favore di nessuno, ma che è piuttosto impegnata “per la salvaguardia dell’interesse comune”. (T.C.)

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Vescovi Sudafrica: sul nucleare si decida con un referendum

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Sulla questione del nucleare, il governo lasci decidere ai cittadini, tramite referendum: questo l’appello dei vescovi del Sudafrica al governo locale. In una nota a firma di mons. Abel Gabuza, presidente della Commissione episcopale Giustizia e pace, si fa riferimento alla decisione del Dipartimento dell’energia che nei giorni scorsi ha formalmente annunciato di voler proseguire sulla via del nucleare, in vista di un nuovo progetto per la fornitura di 9.600 mw di energia. Di qui, la messa in guardia della Chiesa, considerando che “i rischi per l’economia e la sicurezza nazionale della scelta nucleare sono superiori ai rispettivi benefici”.

Investire in energie rinnovabili. Rischi del nucleare superiori ai benefici
Esortando, poi, il governo a “concentrare gli sforzi e le risorse nel campo delle energie rinnovabili”, la Commissione episcopale sottolinea: “Sebbene la probabilità di un incidente nucleare sia relativamente bassa, le sue conseguenze danneggerebbero la salute di migliaia di persone e renderebbero centinaia di km di terra inabitabili e non sfruttabili in alcun modo per decenni”. Un incidente atomico, infatti – spiega mons. Gabuza – provoca “danni enormi” che mettono gravemente in pericolo “la vita umana”.

Indire un referendum, guardando all’esempio dell’Italia
Per questo, la Chiesa sudafricana chiede al governo di indire un referendum sulla questione, affinché siano i cittadini a decidere se dire sì o no al nucleare: una consultazione popolare, infatti – si legge nella nota – “è lo strumento migliore per realizzare il bene comune su questo importante tema”. Ed a questo proposito, i vescovi di Johannesburg citano, come modello di riferimento, l’Italia che nel 2011 ha indetto un referendum sul nucleare che ha portato all’abrogazione del programma atomico. “Se il nostro governo – concludono i vescovi – crede davvero che l’opzione nucleare sia utile ai migliori interessi della maggioranza dei sudafricani, non dovrebbe temere di emulare l’esempio italiano e di indire un referendum nazionale in materia, prima di procedere formalmente oltre”. (I.P.)

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Brasile: nota dei vescovi su tragedia mineraria di Mariana

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Continua l’emergenza ambientale in Brasile, a quasi due mesi dal più grave disastro della sua storia: il 5 novembre scorso, infatti, crollavano due dighe contenenti vari milioni di rifiuti tossici, esiti di operazioni minerarie. Fanghi ferrosi contaminati da arsenico, piombo, cromo ed altri metalli pesanti invadevano la città di Mariana, nello Stato di Minas Gerais, e le località circostanti, provocando almeno 17 le vittime e centinaia di sfollati. Per questo, la diocesi locale, insieme alle altre circoscrizioni ecclesiastiche della regione, ha diffuso in questi giorni una speciale nota “in favore di tutti coloro che sono stati colpiti” da tale disastro.

Avvenimento tragico che ha scioccato il mondo. Non dimenticare le vittime
Nel documento, i presuli brasiliani definiscono l’avvenimento come “un evento che ha scioccato il mondo” e le cui conseguenze “devono ancora essere calcolate con precisione”. Oltre alle vittime, che “non verranno mai dimenticate”, infatti, i vescovi citano il danneggiamento dell’ecosistema e l’inquinamento del Rio Doce, che ha provocato, a sua volta, l’impossibilità di irrigare i terreni agricoli, la crisi del settore ittico ed il turbamento della vita culturale e religiosa degli indios locali, legata alle acque del fiume. Di fronte a tale drammatica situazione, la Chiesa brasiliana “manifesta chiaramente il suo appoggio a tutte le vittime” e ribadisce il suo “impegno permanente nella difesa dei loro diritti e nella garanzia che giustizia sia fatta”.

I colpevoli si assumano le loro responsabilità
“È giunto il momento di unire gli sforzi – si legge ancora nel documento – in favore delle vittime e della piena ricostruzione socio-ambientale”, il che implica “l’assunzione di impegni e di responsabilità da parte di coloro che hanno causato questa tragedia”. Per questo, affermano i presuli, “è quanto mai urgente appurare le cause del crollo della diga, identificare i responsabili e far sì che nessuno resti impunito, affinché i diritti delle vittime vengano tutelati”. Di qui, il richiamo che la Chiesa brasiliana fa alla necessità di “compensare ed indennizzare” coloro che sono stati colpisti dal disastro.

Ripensare attuale modello di sviluppo, incentrato su idolatria del denaro
Non solo: i presuli sottolineano che “questa tragedia insegna a ripensare l’attuale modello di sviluppo in un Paese che colloca il guadagno al di sopra di tutto, trascurando la vita umana e del pianeta”. “Non è più possibile – ribadiscono i vescovi – vivere in una sorta di asfissiante gara del consumismo, alimentato da un’economia che fa del denaro un idolo di fronte al quale tutti si inginocchiano”. “Rivedere le politiche minerarie è inevitabile”, si legge poi nella nota, così come è “irrinunciabile” guardare “al bene comune e non agli interessi particolari dei gruppi che detengono il potere economico”. Lontana dalla “tentazione della corruzione o da qualsiasi altro tipo di pressione”, dunque, la società civile, insieme agli organismi preposti, sia coinvolta “nell’elaborazione di un nuovo Codice minerario”.

Fare giustizia nei confronti degli uomini e del Creato
Ulteriori appelli i vescovi li rivolgono “alle autorità competenti affinché non dimentichino l’impegno di fare giustizia nei confronti delle persone e dell’ecologia”, mentre ai mass-media viene richiesto di “essere fedeli al loro dovere di informare con verità ed etica, senza cedere alla corruzione economica o alla tentazione di spettacolarizzare un avvenimento tragico”. In nome “della solidarietà e della giustizia”, infine, la Chiesa brasiliana “si pone al servizio di questa causa” ed incoraggia “la formazione di associazioni per le vittime” con l’unica motivazione “della forza del Vangelo che ci esorta a farci prossimi gli uni degli altri”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 365

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.