Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 30/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: guardare Gesù Bambino fa crescere nella fede

◊  

Non può essere senza motivo per la fede cristiana che Dio sia stato “un bambino”. È la considerazione dalla quale Papa Francesco ha fatto scaturire la catechesi dell’ultima udienza generale del 2015. Alla folla in Piazza San Pietro, il Papa ha spiegato che per amare Gesù Bambino è necessario mettersi dal punto di vista dei più piccoli e osservare il loro bisogno di essere protetti, accuditi, di voler sorridere e giocare. Il servizio di Alessandro De Carolis

La Croce, certamente. E la Risurrezione, massime espressioni dell’amore di Gesù per l’uomo. Ma oltre al Calvario non va mai dimenticata Betlemme. Papa Francesco lo sottolinea all’ultima udienza generale dell’anno, con il Presepe immerso nella folla di Piazza San Pietro a dare rotondità alla sua affermazione: “Per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più spesso Gesù Bambino”.

Far sorridere Gesù Bambino
Tanti Santi hanno coltivato nei secoli questa particolare “devozione”, ricorda il Papa, che cita Teresa di Lisieux, la quale volle portare da consacrata il nome di Gesù Bambino. E il fatto che vi sia stato “un tempo in cui, nella Persona divino-umana di Cristo, Dio è stato un bambino”, non può scivolare via, “deve avere – sottolinea Francesco – un suo significato peculiare per la nostra fede”. In che modo? Semplice, suggerisce il Papa: guardando ai bambini, a “cosa fanno” e preferiscono e in quello trovare il modo di amare Gesù Bambino. Per esempio, cominciando dal desiderio che ogni piccolo ha di “stare al centro”, perché ha bisogno di sentirsi “protetto”:

“E’ necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro. Inoltre, far sorridere Gesù Bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché Lui è in mezzo a noi. Il suo sorriso è segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati”.

Cambiare punto di vista
Secondo esempio: i bambini “amano giocare”. Ma far giocare un bambino, osserva Francesco, “significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua”:

“Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi. E’ un insegnamento per noi. Davanti a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia – e questo è il nocciolo del problema, eh?: la nostra pretesa di autonomia -, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo”.

A servizio dei più piccoli
Un invito che Francesco esplicita in modo ancor più diretto al momento dei saluti ai gruppi di fedeli in lingua francese:

“Desidero che in questo tempo di Natale, ciascuno di voi possa mettersi al servizio dei più piccoli e scoprire in loro il volto di Gesù, fonte di amore e di serenità”.

Un bacio per essere umili
Un terzo aspetto, il più tipico del Dio Bambino, è l’umiltà. La veste scelta da Gesù per venire fra noi a “mostrarci – ripete Francesco – il volto del Padre ricco di amore e di misericordia”:

"Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità. E sarà una bella cosa, oggi, quando torniamo a casa, andare vicino al presepe e baciare il Bambino Gesù e dire: ‘Gesù, io voglio essere umile come te, umile come Dio’, e chiedergli questa grazia”.

I saluti
Molti i gruppi di giovani presenti all’udienza salutati dal Papa, tra i quali i cresimandi della Valle Brembana e i ragazzi del Movimento dei Focolari. “A tutti – ha detto Francesco – auguro di diffondere nella quotidianità la luce di Cristo, che ha brillato sull’umanità nella Notte di Natale”.

inizio pagina

Gli auguri dei fedeli al Papa: andare avanti con la riforma

◊  

Per l'ultima udienza generale di Papa Francesco in questo 2015, erano presenti in Piazza San Pietro pellegrini giunti da tutto il mondo. Un’occasione per fare un bilancio dell’anno trascorso per la Chiesa e per porgere gli auguri al Papa per l'anno nuovo. Ascoltiamo alcune voci raccolte da Michele Raviart

R. – Papa Francesco è un grande Papa, è il più grande. Tanta salute a Papa Francesco, perché ci vuol bene a tutti.

R. – Spero che porti a termine la "rivoluzione" che sta facendo all’interno del Vaticano. Ha avuto un grande coraggio. Noi siamo tutti felici anche di questo, perché ha preso una posizione decisa all’interno della Chiesa e quindi fa molto bene a chi crede in Cristo e nella Chiesa. C’è un entusiasmo veramente molto forte nel venire a trovare il Papa. L’emozione che ci ha dato stare qui è veramente grandiosa. E’ sempre commovente, emozionante.

R. – Ha fatto viaggi in posti a rischio. Ha rischiato la sua vita per riunire i fedeli, per portare la religione cristiana nel mondo. E’ un grande uomo. Mi auguro che si occupi molto di chi soffre e della gente che ha bisogno.

R. – Mi auguro che ci sia più misericordia soprattutto tra gli uomini, la pace nel mondo, la comprensione reciproca e più amore.

R. – Io non sono cristiano, ma amo questo Papa, perché è aperto, perché vuole cambiare le cose e perché è un uomo semplice. Spero anche che lui riesca a fare tutti i cambiamenti che vuole fare nella Chiesa cattolica.

R. – La misericordia. Avere indetto un Giubileo speciale in un tempo così difficile è stato un messaggio incredibile, soprattutto per noi giovani.

R. – Per il Papa, che continui ad essere così, perché è un faro veramente per tutti; e per la Chiesa, che veramente riesca a dare questo volto misericordioso che tutti ci aspettiamo; e noi cattolici si riesca ad essere testimoni per i nostri fratelli, che spesso ci vedono un po’ distanti da quelle che sono le parole del Vangelo.

R. – Ha fatto avvicinare molte persone che si erano un po’ distaccate.

R. – Sta cercando la pace fra i popoli. Il fatto, quindi, di essere andato in Africa per l’apertura della Porta del Giubileo e che la prima Porta Santa l’abbia aperta là è molto significativo. Bisogna vedere se il mondo recepirà questo messaggio. Mi auguro che si guardi al futuro, rispetto alle persone che soffrono, rispetto veramente al terzo mondo che ha fame. Nell’Anno della Misericordia, quindi, sia misericordia in tutti i sensi.

R. – Per il Papa, che continui a fare ciò che sta facendo, sia per la Curia Romana che per il resto della Chiesa; e per tutti noi, ciò che ognuno desidera di più nel suo cuore.

inizio pagina

Appello del Papa per le popolazioni colpite dal maltempo nel mondo

◊  

La solidarietà e le preghiere del Papa, oggi al termine dell’udienza generale, per le popolazioni di varie parti del mondo colpite da alluvioni. Negli Stati Uniti piogge torrenziali si stanno verificando nel Midwest; in Gran Bretagna paura per l’arrivo della tempesta “Frank”; in Sudamerica imperversa El Niño. Ascoltiamo l’appello di Papa Francesco nel servizio di Roberta Barbi

Papa Francesco:
“Invito a pregare per le vittime delle calamità che in questi giorni hanno colpito gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’America del Sud, specialmente il Paraguay, causando purtroppo vittime, molti sfollati e ingenti danni. Il Signore dia conforto a quelle popolazioni, e la solidarietà fraterna li soccorra nelle loro necessità”.

Usa, Mississippi a rischio esondazione
È soprattutto il numero dei morti causati dalle alluvioni che hanno colpito varie parti del mondo in questi giorni, ad addolorare: 13 negli Stati Uniti, dove in queste ore il sorvegliato speciale è il Mississippi, a rischio esondazione nello Stato del Missouri, in cui la città di St.Louis è chiusa al traffico navale a causa del livello dell’acqua che continua a salire. E se lo stato d’emergenza è stato dichiarato anche in Texas, New Mexico, Alabama, Mississippi e Georgia, il presidente Obama ha firmato una dichiarazione di disastro per l’Oklahoma, flagellato nei giorni scorsi da violente tormente e inondazioni.

Sudamerica: El Niño flagella Paraguay, Argentina, Brasile e Uruguay
Non va meglio nel Sud del continente americano, dove il consueto fenomeno di El Niño, secondo gli esperti il più forte di sempre, ha scatenato piogge torrenziali in Uruguay, Argentina e Brasile. La situazione peggiore si registra in Paraguay, dove molti grandi fiumi sono straripati: nella capitale Asuncion si contano 4 morti e 140mila persone evacuate, mentre il bilancio totale è di sei vittime e decine di migliaia di sfollati.

Ondata di maltempo eccezionale anche in Gran Bretagna
Al di qua dell’oceano, a essere colpito da forti nubifragi è il Regno Unito: dopo le alluvioni dei giorni scorsi che hanno messo in ginocchio la città di York, dove ci sono stati anche diversi episodi di sciacallaggio nelle case abbandonate, la nuova perturbazione “Frank” si sta abbattendo sulla parte settentrionale dell’isola: nel nord della Scozia sono 5500 le famiglie al buio, mentre un vecchio ponte è crollato nel North Yorkshire.

Ma c’è un filo conduttore che unisce tutte queste calamità? Lo abbiamo chiesto a Giampiero Maracchi, climatologo del Cnr:

R. - Il fil rouge è il cambiamento del clima e l’aumento degli eventi estremi. Le do semplicemente un dato: negli ultimi dieci anni la frequenza degli eventi estremi, per esempio delle piogge intense, è aumentata del 900%: cioè di 9 volte rispetto agli anni ’60-90. Quindi questi sono eventi che ci dobbiamo continuamente aspettare e anche nel nostro Paese ce ne sono tantissimi.

D. - Il 2015 che sta per concludersi è stato un anno in cui l’emergenza clima è stata alla ribalta, dall’Enciclica di Papa Francesco Laudato si' alla recente conferenza di Parigi. Ma quali sono le speranze per il futuro?

R. - Io ho detto in varie interviste che avrei voluto vedere l’Enciclica Laudato si’ come documento finale della Conferenza di Parigi, perché, mentre questa mette effettivamente l’accento sulle cose da fare, cioè cambiare il modello economico, purtroppo a Parigi nel concreto poi non c’è nulla.

inizio pagina

Rinunce e nomine episcopali

◊  

In Messico, Papa Francesco  ha nominato vescovo di Gómez Palacio il sacerdote José Fortunato Álvarez Valdéz, del clero di Mexicali, parroco della Parrocchia Nuestra Señora del Perpetuo Socorro. Il neo presule è nato l’8 novembre 1967 a Mexicalí. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario di Mexicali. Ha conseguito la Laurea in Diritto presso l’Università Iberoamericana del Nordest. Posteriormente ha conseguito la Laurea in Teologia e Scienze Patristiche nell’Istituto Patristico Agostiniano a Roma. Fu ordinato sacerdote per la diocesi di Mexicalí il 31 maggio 1998. È stato Coordinatore diocesano della Pastorale Vocazionale e Vicario della Cattedrale, Cancelliere, Parroco della Parrocchia Nuestra Sra. de la Caridad de la Medalla Milagrosa e Decano. Attualmente è Parroco della Parrochia Nuestra Señora del Perpetuo Socorro, Defensore del Vincolo del Tribunale diocesano e Membro del Consiglio Presbiterale, del Collegio di Consutori e del Consiglio dell’Economia.

In Brasile, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Porto Alegre il sacerdote Aparecido Donizete De Souza, finora parroco della parrocchia “São Francisco de Assis” a Cornélio Procópio, assegnandogli la sede titolare vescovile di Macriana minore”. Mons. De Souza è nato il 13 gennaio 1964 a Primeiro de Maio, arcidiocesi di Londrina, nello Stato di Paraná. Ha compiuto gli studi di Filosofia presso l’Istituto Filosofico di Apucarana e quelli di Teologia presso l’Istituto Teologico “Paulo VI” di Londrina. Ha ottenuto la Licenza in Spiritualità presso il Pontificio Istituto di Spiritualità “Teresianum” di Roma (2001-2003). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 dicembre 1992 ed è incardinato nella diocesi di Cornélio Procópio, nella quale ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale della Cattedrale (1992-1993); Parroco a Jataizinho (1994-2001); Rettore del Seminario “Menino Deus” (2004-2007); Parroco a Sapopema (2007-2011) e Rettore del Seminario maggiore “São José” (2012-2014). Attualmente è Parroco della parrocchia “São Francisco de Assis” a Cornélio Procópio, Direttore Spirituale del Seminario e Assessore diocesano per la Pastorale liturgica.

In Australia, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Brisbane, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Brian Finnigan.

inizio pagina

Papa, tweet: nessuno limita Dio che ama e perdona sempre

◊  

Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet dal suo account @Pontifex, ispirato alla “Misericordiae Vultus”: “Nessuno può porre un limite all’amore di Dio che è sempre pronto a perdonare”.

inizio pagina

Nel 2015 uccisi 22 operatori pastorali: in America il triste primato

◊  

Sono 22 gli operatori pastorali uccisi nel mondo durante il 2015. Tra loro, si contano 13 sacerdoti, 4 religiose e 5 laici. A tracciarne il drammatico bilancio è l’agenzia Fides, nello speciale dossier di fine anno. Il servizio di Isabella Piro: 

Spetta all’America, per il settimo anno consecutivo, il triste primato degli operatori pastorali uccisi nel corso dell’anno: nel 2015, infatti, ne sono morti 8, ovvero 7 sacerdoti e 1 religiosa. Segue l’Africa con 5 vittime (3 sacerdoti, 1 religiosa, 1 laica); al terzo posto l’Asia in cui risultano assassinati 7 operatori pastorali (1 sacerdote, 2 religiose, 4 laici); infine, l’Europa che ha visto l’omicidio di due sacerdoti, morti in Spagna.

Maggior parte uccisioni dovuta a tentativi di furto o rapina
“La maggior parte degli operatori pastorali - spiega l’agenzia Fides - è stata uccisa in seguito a tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti che denunciano il degrado morale, la povertà economica e culturale, la violenza come regola di comportamento, la mancanza di rispetto per la vita”. Si tratta di situazioni in cui “i sacerdoti, le religiose e i laici uccisi vivevano nella normalità quotidiana la loro testimonianza: amministrando i sacramenti, aiutando i poveri e gli ultimi, curandosi orfani e tossicodipendenti, seguendo progetti di sviluppo o semplicemente tenendo aperta la porta della loro casa”.

In atto persecuzione globalizzata
“La scia degli operatori pastorali uccisi - spiega padre Vito Del Prete, missionario del Pime - rivela in questa fase storica dell’umanità una recrudescenza inaudita che sembra non avere eguali nella storia, perché è in atto una persecuzione globalizzata”. “L’Isis, Boko Haram, la discriminazione in vari Paesi dove la religione è un affare di Stato – continua padre De Prete - rendono arduo ed eroico essere cristiani, soggetti ad attentati e a stragi”. Di qui, il richiamo del missionario “a portare alla luce questi drammi dell’umanità, al fine di risvegliare la coscienza di tutti gli uomini di buona volontà per la costruzione di una società più giusta e solidale”.

Tanti senza nome che pagano con la vita la loro fede in Cristo
Da ricordare - sottolinea il dossier - che al drammatico elenco pubblicato oggi, purtroppo provvisorio, “deve sempre essere aggiunta la lunga lista dei tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome, che in ogni angolo del pianeta soffrono e pagano con la vita la loro fede in Gesù Cristo”.

inizio pagina

I Pueri Cantores si preparano a incontrare Papa Francesco

◊  

Seimila Pueri Cantores sono a Roma per il 40.mo Congresso Internazionale e si preparano all’incontro con Papa Francesco, domani mattina, ultimo giorno dell'anno, nell'Aula Paolo VI in Vaticano. La musica riesce ad emozionare sia i giovani cantori sia i loro genitori e a portare un messaggio di pace nell’Anno Santo della Misericordia. Il servizio di Veronica Di Benedetto Montaccini

Il canto diventa l’unica lingua per i bambini che si esibiscono in un fitto programma di "Preghiere per la Pace" nella capitale. Hanno dai cinque ai ventotto anni, ad unirli la passione per la musica. Vengono da ogni angolo del mondo e si sono avvicinati alla tradizione dei Pueri Cantores, che esiste da quindici secoli, ognuno per un motivo diverso. Ascoltiamo le loro voci:

“La cosa più bella è riuscire a diventare un’unica voce”.

“E' fantastico esprimere la fede e farlo assieme ai miei amici”.

“Mi piace la convivenza stretta con gli altri, con le altre culture”.

“Mi rende felice creare dei bei suoni quando sono vicino ad altri ragazzi”.

La ricchezza spirituale dei giovani cantori vuole essere una speranza per il mondo, una motivazione di unione e un incoraggiamento da dedicare ad altri ragazzi:

“Cerchiamo sempre di sentirci un coro, invece di vedere le nazioni sempre divise e in guerra”.

“Dico che l’importante è partecipare per sentirsi una comunità. Non si è bravi a cantare? Bisogna trovare comunque la propria missione per gli altri”.

“Se uno fa entrare la musica nella propria vita, non se ne pentirà mai! Quando uno canta è felice, il canto è una soluzione per arrivare alla pace!”.

La soluzione alle incomprensioni o all’indifferenza, merito anche dei genitori che appoggiano questa attività e viaggiano insieme ai ragazzi:

"E' bello portarli in giro, nelle trasferte e riuscire a fare amicizia con gli altri Pueri Cantores".

"Sono ben contento che mia figlia abbia sviluppato questo spirito di aggregazione, che poi è anche divertimento, ricordi in comune che fanno un grande bagaglio culturale".

"La mia gioia si riflette nella gioia della mia bambina e viceversa".

"Sentirli cantare in un'unica lingua, sapendo che parlano decine di lingue e dialetti diversi...è da brivido".

"Il sacrificio e l'impegno ci sono, sono grandi. Ma è bello vederli sorridere dopo tutte le prove e gli sforzi valgono la grande soddisfazione finale e il messaggio che riescono a lanciare, che è un messaggio di pace più grande di loro".

I sacrifici dei Pueri Cantores verranno anche ripagati dall’incontro con Papa Francesco, previsto per festeggiare l’inizio del nuovo anno in musica.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Salvati da un bambino: con i fedeli in piazza San Pietro per l'ultima udienza generale del 2015 il Papa parla del Natale.

Porta sull'ignoto: Lucio Coco sulla conversione dell'Innominato.

Ragionevole speranza: Hermann J. Pottmeyer ricorda il teologo Giuseppe Colombo.

Un articolo di Anna Foa dal titolo "Nuova luce su Vichy" dopo il sì all'accesso agli archivi.

La guerra fredda secondo Spielberg: Gaetano Vallini recensisce il film "Il ponte delle spie".

Metamorfosi di El Greco: Gabriele Nicolò sulla mostra, a Treviso, sugli anni italiani dell'artista.

Collaborazione sul numero di gennaio di "donne chiesa mondo".

La scommessa del cristiano: il cardinale arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro ricorda il vescovo Filippo Iacopino.

Gesù ovvero Logos: nell'articolo di Maurizio Gronchi meditazioni sul prologo al vangelo di Giovanni.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Elezioni in Centrafrica. Una religiosa: Paese vuole risorgere

◊  

Elezioni generali nella Repubblica Centrafricana. Quasi due milioni gli elettori chiamati alle urne sotto il controllo di osservatori dell’Onu. Il Paese, dove il Papa ha aperto in anticipo l’Anno Santo della Misericordia, deve scegliere presidente e parlamento dopo quasi tre anni di violenze interne che hanno stremato la popolazione. Sulle sfide che attendono i prossimi vertici di una delle nazioni più povere al mondo, Giancarlo La Vella ha intervistato suor Elvira Tutolo, da 15 anni missionaria in Centrafrica tra le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, presidente della ong “Kizito”: 

R. – Noi siamo un Paese ricco e siamo stati impoveriti sia dall’esterno che dall’interno. Il Paese ha delle risorse e può riprendersi. Occorre allora un governo onesto che si renda conto delle realtà e delle ricchezze che ci sono e le gestisca onestamente per far risorgere il Paese. La gente non ne può più. La sanità è a terra; così la scuola, l’educazione… La Chiesa fa del suo meglio.

D. – E’ importante, dopo gli ultimi mesi di violenze, ricostruire anche un’unità nel tessuto sociale?

R. – Questo certamente. Quando io sono arrivata qui, nel 2001, c’era coesione. Io credo che nella vita ordinaria, normale, ci si possa ritrovare. Secondo me, dobbiamo perdonarci, accettarci nella differenza. Questo sicuramente si può fare. Occorre, però, tempo e pazienza.

D. – In questo clima, il recente appello per la pace di Papa Francesco all’apertura della Porta Santa della cattedrale di Bangui, quali reazioni ha provocato nella gente?

R. – Sì, la venuta del Papa ha dato vigore. E’ una grazia grande, davvero grande, e credo che abbia inciso profondamente nei cuori di tutti.

inizio pagina

Warduni: Ramadi è libera, ma sarà più difficile riprendere Mosul

◊  

Sono stati 28 i raid aerei condotti ieri contro gli uomini dell’Is in Siria e Iraq dalla coalizione internazionale a guida statunitense. In Iraq soprattutto, si sono concentrati su Mosul, dove sarebbe stata distrutta la cosiddetta Corte della Sharia, il Tribunale del sedicente Stato islamico. Sempre nei pressi di Mosul, sarebbe inoltre stata scoperta una fossa comune con i corpi di 120 persone, la maggior parte uomini della sicurezza irachena. A dare speranza nella lotta contro il califfato, è stata la ripresa della città di Ramadi. Francesca Sabatinelli

Dopo Ramadi, la bandiera irachena sventolerà di nuovo anche su Mosul. Il premier iracheno al Abadi twitta la sua speranza a due giorni dalla riconquista del capoluogo di Al Anbar, strappato alle mani del califfato, dopo sette mesi di occupazione sotto il vessillo nero del sedicente Stato islamico. Per l’80% la città è distrutta e ora inizia la caccia ai collaborazionisti, a quanti sono accusati di aver appoggiato l’Is. Le autorità locali hanno previsto che saranno necessari ancora “due mesi” per pacificare e rendere sicura la città che, per alcune zone, è ancora nelle mani dei jihadisti. Resta ora quindi da riprendere Mosul, ultimo bastione degli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi in Iraq, e ‘capitale dello Stato islamico’, sulla quale le forze di sicurezza irachene e della coalizione internazionale stanno preparando l’avanzata, i cui tempi, però, non saranno brevi. Il 2016, aveva detto il premier al Abadi, sarà “l’anno della vittoria finale” contro l’Is ed è questo l’auspicio di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:

R. – Noi chiediamo con grande speranza che l’anno 2016 sia anno di pace, non di guerra. E, certamente, che questa pace sia fatta per il bene degli iracheni, ma non solo per loro, anche per quegli stranieri, che voglio definire quantomeno “sciocchi”, che hanno lasciato il loro Paese e sono venuti qui a uccidere la gente. Noi preghiamo perché l’anno 2016 sia anno di pace, perché i cristiani iracheni tornino alle loro case, ai loro villaggi, e non solo i cristiani, ma tutti coloro che sono stati cacciati dalle loro città, dalle loro case: che tornino in pace nei loro villaggi.

D. – Un passo importante, necessario, da fare resta la liberazione di Mosul, della Piana di Ninive. Lì la situazione sembra molto più drammatica e più difficile rispetto a Ramadi …

R. – Certamente, è più difficile. E’ la seconda provincia in Iraq, quella di Mosul. Però, pensiamo un po’ alla velocità con la quale è stata presa dall’Is! In poche ore, perché c’erano tanti traditori! Altrimenti, come è possibile che un esercito ben armato che si confronta con poche persone, un migliaio, forse duemila, viene sconfitto in così poche ore? Se quella città è stata presa rapidamente, adesso è vero che è tanto difficile riconquistarla, anzi, cosa dico, ci vorrà un miracolo oppure una grande forza che venga in aiuto da parte di altre nazioni, dall’Europa o dall’America, non so. Però, ciò nonostante, il nostro esercito, insieme agli altri che combattono con loro, ha fatto un grande passo, ha conquistato una grande vittoria e speriamo che continui, perché tutti sanno, e non sono io a dirlo, che dopo la “liberazione” ci vuole tempo perché finisca tutto. Tutti siamo contenti che questo avvenga, anche perché la povera gente di Ramadi, di Falluja e di altri luoghi è anch’essa dispersa qui e là, nei campi profughi, in una situazione terribile! Due settimane fa sono andato a visitare un campo insieme a membri della Caritas, viene da piangere solo a guardare. Non si può dire in altro modo, è una cosa terribile, perché la guerra è del diavolo, quelli che vogliono la guerra sono diavoli, non hanno coscienza, non hanno intelletto, non hanno spirito!

D. – Quello che si teme possa accadere a Ramadi ora è una vendetta contro le persone che si pensa abbiano collaborato con Daesh …

R. – Certo, questo è un grande problema. Speriamo che il governo mandi persone veramente sagge. Un altro problema è che Ramadi è stata quasi distrutta e anche per sostenere le persone che hanno perso la casa, che hanno perso tutto, ci vuole una saggezza fondata certamente su Dio. Io dico a tutto il mondo: care persone che vivete su questa terra, pensate bene alla pace, a seminare l’amore tra tutti gli uomini, quell’amore che Dio ha fatto per noi.

inizio pagina

Castro Quiroga: Anno Misericordia provvidenziale per la pace in Colombia

◊  

In Colombia, il 2016 potrebbe essere finalmente l’anno della pace dopo oltre 50 anni di guerra civile. La firma per la fine del conflitto più lungo del mondo, che oppone il governo e le Farc, le Forze armate rivoluzionarie colombiane, dovrebbe dunque avvenire durante il Giubileo della Misericordia. Ascoltiamo in proposito la riflessione di mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja e presidente della Conferenza Episcopale della Colombia, al microfono di Alvaro Vargas Martino

R. - Per la Chiesa in Colombia, l’Anno della Misericordia è veramente provvidenziale. Il Paese ha proprio bisogno di un’ondata di misericordia. Questi ultimi cinquant’anni hanno indurito i cuori di fronte alle sofferenze altrui. Perché? Perché dobbiamo difenderci da tanti colpi che riceviamo, tante notizie brutte. Quando uno si difende dalla sofferenza che arriva dai fatti esterni, diventa un po’ indifferente di fronte al dolore degli altri. In Colombia, sono circa otto milioni le vittime del conflitto, ma se teniamo conto che ogni vittima ha almeno due vittime in più, cioè i genitori e i figli, allora le vittime diventano 24 milioni. Questo cosa significa? Significa che molte di queste persone hanno il cuore spezzato, hanno l’odio nel cuore e desideri di vendetta. Quindi, l’Anno della Misericordia è un invito alla purificazione del cuore per poter essere attenti alla sofferenza altrui, per perdonare e giungere alla riconciliazione, perché senza perdono e riconciliazione, non c’è misericordia. Pertanto, penso che quest’Anno della Misericordia sarà molto positivo per la Colombia sia a livello personale sia a livello delle famiglie, dove tante volte non c’è misericordia perché c’è violenza. A livello nazionale, poi, dobbiamo imparare di nuovo a convivere come fratelli che si aiutano e non come nemici che non si fidano l’uno dell’altro.

D. - Durante l’Anno della Misericordia dovrebbe dunque essere firmato il tanto atteso accordo di pace, frutto dei dialoghi dell’Avana...

R. - Sì, durante l’Anno della Misericordia speriamo avvenga la firma dell’accordo di pace. Un accordo che aprirebbe le porte alla fase successiva, il cosiddetto post-conflitto, cioè, la costruzione di una Colombia nuova, come una casa nuova con stanze nuove: dobbiamo ricostruire la stanza politica senza i difetti che hanno causato la guerra, quindi una politica inclusiva, che apra le porte a tutti; poi un’economia non di accumulo di beni ma un’economia veramente solidale; una stanza sociale per favorire la fiducia e così via. Come dice il Vangelo occorre costruire la casa sulla roccia, altrimenti non dura a lungo: serve prima di tutto l’etica e cioè dobbiamo lottare con forza contro la corruzione che può distruggere tutto. Serve anche una base spirituale formata da tre pilastri: il perdono, la riconciliazione e la misericordia. Infine, abbiamo bisogno della cultura: noi dobbiamo continuare a favorire una cultura della vita, non una cultura della morte; una cultura del rispetto dei diritti umani, una cultura della cittadinanza. Per concludere, direi proprio che la misericordia deve proprio entrare nel cuore di questa nuova Colombia da costruire.

inizio pagina

Crisi aziende: molte le vertenze ancora aperte in Italia

◊  

Giorni decisivi questi per il futuro degli operai dell’Eurallumina, che oggi hanno manifestato davanti al palazzo della Regione a Cagliari, per chiedere la riapertura dello stabilimento di Portovesme. Proprio ieri, la Giunta regionale sarda ha deciso di presentare al governo l'istanza di riconoscimento della situazione di "Crisi industriale complessa" per i poli di Portovesme e Porto Torres. Ma si tratta solo di due delle tante aree in difficoltà oggi in Italia, come tanti sono i grandi e medi stabilimenti in crisi. Si pensi all’Ilva di Taranto, alla Fiat di Termini Imerese, all’ Alcoa ecc…  Adriana Masotti ne ha parlato con Giampiero Castano, responsabile dell’Unità gestione vertenze del Ministero dello Sviluppo economico: 

R. – Tutte quelle che lei ha citato sono situazioni di crisi e al tempo stesso cantieri di lavoro, nel senso che siamo attivamente impegnati per cercare una soluzione a tutti questi casi difficili. Proprio perché difficili, ci vuole del tempo, ci vuole pazienza, occorre trovare gli imprenditori che assumano la gestione di questi impianti, occorre trovare le risorse finanziarie… Stiamo cercando di recuperare il terreno, trovare gli imprenditori che si occupino di questi impianti. Ilva è uno dei casi più difficili: ora è un’azienda in amministrazione straordinaria, nei prossimi giorni uscirà il bando per ricercare nuovi investitori che vogliano prendersi l’impianto e tornare a farlo funzionare come deve.

D. – Quante sono le vertenze in corso?

R. – Le vertenze sono sempre tante e non sono tutte quelle che dovremmo gestire. Noi abbiamo una struttura abbastanza piccola, per cui riusciamo a gestire contestualmente fra le 100 e le 150 situazioni di crisi. Ma ce ne sono, purtroppo, moltissime di più. Anche in una fase di ripresa economica come questa, di tendenza positiva, le situazioni di difficoltà ci sono. Ma questo non vuol dire che la crisi non sia superata o che siamo sempre in una situazione difficile. Le aziende in difficoltà c’erano anche prima del 2007-2008…

D. – E’ possibile dire quante persone in complesso sono precarie in questo momento, cioè sono in attesa di capire che cosa succederà?

R. – Io parlo di quello che conosco, quindi per quanto riguarda queste 150-200 realtà: i dipendenti di queste aziende sono circa 150-170 mila; i posti di lavoro in crisi, in discussione, sono circa 20-25 mila. Noi ci auguriamo di salvare anche questi posti di lavoro e stiamo lavorando per questo. Sono numeri molto alti, concentrati in alcune aree territoriali. Purtroppo, ci sono anche aree territoriali al Nord in difficoltà, in crisi, e queste non vanno mai dimenticate.

D. – Nel corso di quest’anno c’è stato anche qualche successo, qualche vertenza che si è chiusa in modo favorevole per i lavoratori?

R. – Certo, abbiamo lavorato molto su questo. Ricordo nel settore elettrodomestico, Electrolux e Whirlpool. La questione delle acciaierie di Terni si è conclusa positivamente. Anche il caso della Lucchini con l’assegnazione al nuovo imprenditore algerino. Alcune piccole aziende si sono risolte: per l’Om di Bari abbiamo concluso di nuovo un accordo con la Bridgestone, stiamo lavorando molto bene con la Natuzzi per dare una prospettiva anche agli ultimi 300 esuberi. Ultimamente, siamo tornati a occuparci della Novelli di Terni che produce uova, pane e altri alimenti: anche qui, un nostro recente intervento ha consentito il superamento di una difficoltà finanziaria importante che rischiava di mettere in discussione il lavoro fatto in tutti questi anni, per cercare di riportarla in positivo dopo una fase molto negativa. Questo è il segnale che vogliamo dare a tutte le vertenze che ancora non si sono concluse. Il fatto che per alcune importanti si sia trovata una soluzione positiva è di buon auspicio anche per le altre: questo è l’augurio che io faccio a tutti, perché si fidino e insieme a noi lavorino per trovare una soluzione.

D. – Insomma, lei guarda al 2016 con fiducia…

R. – Io guardo al 2016 sicuramente con fiducia, altrimenti non farei questo lavoro. La cosa che io chiedo è che anche gli imprenditori abbiano fiducia in questo nostro Paese. Insomma, non è solo speranza: occorre crederci e purtroppo in questi anni molti si sono ritirati. E’ bene invece che tutti escano di casa e insieme camminino per trovare una soluzione. Perché la soluzione ci può essere.

D. – Lei chiaramente dialoga, incontra le diverse parti, perché è il suo lavoro. Ma credo che non sia da poco anche il coinvolgimento personale…

R. – Io faccio questo lavoro perché mi interessa, perché mi piace. Lo faccio con spirito di servizio, con molta passione e molto volentieri.

inizio pagina

Torino, sindaco a arcivescovo servono i poveri a tavola

◊  

Al Lingotto Fiere ieri sera si è svolta la “Cena a mille”, organizzata dal Banco Alimentare: mille torinesi in difficoltà serviti a tavola anche dal sindaco, Piero Fassino, e dall’arcivescovo, Cesare Nosiglia. Diventata ormai una tradizione, al suo quinto anno, la cena è una delle risposte a una povertà alimentare crescente in Piemonte. Il servizio di Veronica Di Benedetto Montaccini

Un pasto speciale che invita a sperare. Si rinnova così l’appuntamento della “Cena a mille” che Banco Alimentare insieme con la città dedica alle persone povere. Sono 70 le associazioni che schierano 170 volontari e sono tutti "stellati" gli chef in cucina. Salvatore Collarino, presidente del Banco Alimentare Piemonte, spiega il senso dell'iniziativa:

“Noi diciamo che questo è un segno di fiducia, anche perché spesso ci siamo resi conto che la povertà si accompagna a un altro dramma che è la solitudine. Con la nostra iniziativa vogliamo aiutare a far sì che le persone possano riemergere da questa situazione di difficoltà, anche acquistando fiducia nella loro dignità di esseri umani”.

In questi ultimi anni, c’è una maggiore attenzione a ridurre gli sprechi: per esempio, 180 supermercati riforniscono il Banco Alimentare con tutti gli alimenti a breve scadenza che altrimenti andrebbero buttati. 5.100 tonnellate di cibo che vengono smistate tramite 598 strutture caritative per iniziative sociali come la “Cena a Mille”. Ma questo, secondo il presidente, non basta per far fronte a un’emergenza di povertà alimentare crescente:

“Non c’è una riduzione di questi segnali importanti di povertà, anzi vediamo ogni giorni aumentarne l'entità. In Piemonte, secondo l’Istat, si stima siano circa in 250 mila le persone al di sotto della soglia di povertà assoluta. Con la sola riduzione degli sprechi noi riusciamo ad aiutare la metà di queste persone”.

Occorrono aiuti alimentari a lungo termine nei quali si uniscano diversi attori locali, dall'amministrazione alle associazioni, dalle strutture di carità alle parrochhie del territorio. Un percorso che passa anche dall’apertura della Porta Santa del Cottolengo, a Torino, avvenuta il 20 dicembre scorso. In quel momento, la città si è avvicinata ai poveri e ha compreso pienamente il significato dell'accoglienza, come racconta l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia:

“Ho invitato per l'occasione anche le persone importanti in vari ambiti - industriale, economico, culturale - per venire assieme ai poveri in occasione dell’apertura della Porta Santa. Si sono così ritrovati a stare insieme con loro, a conoscerli da vicino, a parlare e a condividere un pranzo. Un esempio di come è importante dire alla città che conta che, se si vuole veramente fare questo Giubileo, si deve partire dai poveri”.

E attraverso una tavola o una cena con mille commensali come quella promossa dal Banco Alimentare - conclude mons. Nosiglia - si può riacquistare il senso di comunità.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Filippine: decalogo dei vescovi per le elezioni del 2016

◊  

“Siate astuti come serpenti e puri come colombe” (Mt 10,16). È ispirato al Vangelo di San Matteo il titolo dello speciale decalogo preparato dalla Conferenza episcopale filippina (Cbcp) in vista delle prossime elezioni presidenziali e legislative nel Paese, in programma il 9 maggio 2016. Dieci punti per orientare gli elettori cattolici durante la campagna elettorale alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.

La Chiesa non ha propri candidati: spetta ai fedeli scegliere in coscienza
Nel documento, i vescovi ribadiscono, innanzitutto, che la Chiesa non ha propri candidati: essi invitano quindi a diffidare di chi si presenta come un candidato dell’episcopato o di un vescovo. Da parte loro, i presuli si impegnano ad astenersi da dichiarazioni o azioni che possono dare l’impressione che la Chiesa appoggi un determinato leader politico. La valutazione delle qualità di un leader e di un’opzione politica – precisano – spetta ai fedeli laici che le giudicheranno alla luce degli insegnamenti della Chiesa. L’elettore cattolico dovrà pertanto valutare i candidati avendo “come modello Cristo, che è venuto per servire e non per essere servito” e verificare che le loro azioni e parole corrispondono ai valori del Vangelo.

No a candidati che promuovono ideologie laiciste
Al quinto punto del decalogo, i vescovi esortano i fedeli a non farsi condizionare dai sondaggi, ma a scegliere in piena autonomia la persona giusta. Fondamentale in questo senso è l’atteggiamento di un leader politico verso la religione: “Un elettore cattolico non può e non deve sostenere nessun candidato la cui ideologia voglia trasformare le Filippine in uno Stato laicista che non tollera la presenza della religione nello spazio pubblico”.  Analogamente, egli “non può sostenere programmi politici che comprendono iniziative diametralmente opposte agli insegnamenti morali della Chiesa su questioni come l’aborto, l’eutanasia, il ripristino della pena di morte, il divorzio o la definizione del matrimonio cristiano”.

No all’insulto o all’intimidazione contro gli avversari
Detto ciò, il documento precisa che la Chiesa non è contraria alla candidatura di un non cattolico: “Esistono infatti candidati validi di altre comunità cristiane e altre religioni”. Il decalogo mette poi in guardia da quei politici che insultano e diffamano gli avversari, invece di concentrarsi sui programmi” e dal ricorso a qualsiasi forma di coercizione o intimidazione per favorire alcuni candidati. Infine, l’appello al Comitato elettorale a garantire la corretta implementazione della legge sul voto elettronico: in gioco, affermano, “è la credibilità delle elezioni e la stabilità della nostra democrazia”. (L.Z.)

inizio pagina

Francia. Anniversario Charlie Hebdo. I vescovi: no alla paura

◊  

Era il 7 gennaio 2014 quando un attentato contro la sede del giornale satirico “Charlie Hebdo” faceva precipitare Parigi nel terrore. A quasi un anno di distanza dal quel tragico evento, la Chiesa francese si prepara a commemorarne le vittime. In particolare, il Servizio episcopale nazionale per le relazioni con l’Islam cambia nome in “Servizio episcopale nazionale per le relazioni con i musulmani”. La differenza non è da poco: come spiega in una nota padre Vincent Feroldi, direttore dell’organismo, “si tratta, da una parte, di prendere in considerazione la diversità che c’è tra i differenti componenti dell’Islam”, perché “non si può ridurre a una cosa sola tutta la religione e la comunità musulmana”.

Promuovere incontro, conoscenza e dialogo tra cristiani e musulmani
Dall’altra parte, “è essenziale mettere al centro delle relazioni le persone, gli uomini e le donne testimoni di una fede e di una ricerca spirituale”. Di qui, il richiamo a “la promozione dell’incontro, della conoscenza e del dialogo reciproco tra cattolici e musulmani”. “L’anno 2015 – spiega ancora padre Feroldi – in Francia è stato caratterizzato da un filo rosso, il colore del sangue provocato da attentati, aggressioni e crimini che hanno lasciato un segno profondo”. Di fronte a tale scenario, si deve forse “cedere alla paura e fermare il dialogo con il mondo musulmano?”, chiede il sacerdote francese. La risposta, naturalmente, è “no”, perché “tale atteggiamento non sarebbe evangelico”.

Formare alla verità e cercare la pace per ridare speranza
Al contrario, è proprio questo il momento di “reintrodurre il dibattito, l’analisi e la riflessione, in un tempo in cui dobbiamo effettivamente cambiare i nostri paradigmi”. Per questo, sottolinea padre Feroldi, è necessario che “il dialogo e l’incontro siano al centro delle nostre comunità”, “formando lo spirito alla verità” e “ricercando la pace”. Bisogna agire, dunque, insiste padre Feroldi: agire “per il dialogo e l’incontro, per tracciare cammini di speranza, ridare un senso alla vita sociale e prendersi cura gli uni degli altri”.

Religiosi e laici impegnati nel dialogo interreligioso
Per il 2016, inoltre, il Servizio episcopale nazionale per le relazioni con i musulmani ha coprodotto, insieme a "Kto" e "Hurricane Production", un documentario intitolato “Il dialogo nelle azioni”: si tratta di un film di 52 minuti che mostra il lavoro concreto portato avanti da sacerdoti, laici ed associazioni francesi in favore una conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani. (I.P.)

inizio pagina

A Macao le celebrazioni per il Giubileo della Misericordia

◊  

Il Giubileo straordinario della Misericordia è iniziato anche a Macao, l'ex colonia portoghese, ritornata alla Cina nel 1999. L’8 dicembre scorso, pur non essendo giorno festivo, il vescovo della diocesi, mons. José Lai, ha comunque voluto segnalare l’evento facendo suonare le campane di tutte le chiese della città. Poi, il 13 dicembre il presule ha aperto la Porta Santa della Cattedrale che si è riempita di fedeli: un dettaglio significativo per un Paese a maggioranza buddista, ma con una popolazione multiculturale e multilinguistica. Tanti, infatti, gli idiomi che qui si parlano: cinese, portoghese, inglese, filippino ed altri.

Eucaristia e Confessione, sacramenti fondamentali del Giubileo
Nella sua omelia, mons. Lai ha spiegato il senso dell’Anno Santo, indicandone i sacramenti fondamentali: l’Eucaristia e la confessione. Ogni fedele, ha detto, potrà avvicinarsi al Santissimo Sacramento, parlare con Dio, pentirsi e chiedere perdono al Signore con la confessione. Il vescovo di Macao ha ricordato, poi, che l’Anno Santo permette di ottenere l’indulgenza per le anime del purgatorio e che, dopo aver sperimentato la misericordia da parte del Signore, bisogna manifestarla anche verso i nostri fratelli con atti di carità.

Celebrazioni in ogni parrocchia, secondo diversità linguistiche
Sempre in occasione dell’apertura dell’Anno Santo, mons. Lai ha pubblicato una Lettera pastorale in cui sottolinea che ognuna delle nove parrocchie della diocesi potrà commemorare il Giubileo con celebrazioni proprie, rispettando la diversità culturale e linguistica dei parrocchiani.

L’operato della Chiesa nel settore caritativo ed educativo
In questo angolo del mondo che ha conosciuto un rapido sviluppo economico per via anche ai casinò e al turismo, il presule ha ribadito che la Chiesa è particolarmente attiva nel settore della solidarietà grazie alla Caritas e all’operato di molte suore e religiosi, perché giustizia e carità – ha sottolineato mons. Lai – non vanno ricordate solo a parole, ma bisogna anche metterle in pratica. Da ricordare che la Chiesa a Macao è presente anche nel settore dell’insegnamento con più di trenta scuole e un’Università cattolica, frutto della collaborazione tra la diocesi locale e l’Università cattolica portoghese. L’Ateneo “San Giuseppe” ospita studenti di 45 nazionalità diverse, soprattutto cinesi, ma anche di altri Paesi asiatici o di Paesi di lingua portoghese, come Capo Verde e Brasile, insieme a giovani provenienti da Australia e Stati Uniti.

Allargare gli orizzonti della comprensione reciproca
Guardando, poi, al Natale ed al suo significato, mons. Lai ha detto che in questo mondo di difficile comprensione, la cosa più importante è vedere nell’Anno Santo della Misericordia un’occasione per allargare gli orizzonti della mutua comprensione e accettazione, del dialogo sincero e franco, così da imitare Dio e la sua misericordia. “Se Lui è tanto misericordioso con noi – ha concluso il presule – noi dobbiamo cercare di essere il più possibile misericordiosi con il prossimo”. (A cura di Dulce Araujo)

inizio pagina

Algeria: al Monastero di Tibhirine forse nuovo gruppo orante

◊  

A vent’anni dall’assassinio di sette monaci trappisti di Tibhirine, nel 2016 il Monastero di Notre Dame dell'Atlante, in Algeria, potrebbe accogliere un nuovo “gruppo orante”. Lo ha anticipato mons. Paul Desfarges, vescovo di Costantina e Ippona, in un’intervista al quotidiano francese “La Croix”.

Il monastero non ha mai interrotto le sue attività
Di fatto, ha precisato il vescovo gesuita, dopo il rapimento e il barbaro assassinio dei religiosi nella primavera del 1996, il monastero situato nella provincia di Medea a 90 chilometri da Algeri non ha mai interrotto le sue attività, anche se non ospita più una comunità monastica. Dal 2001, è padre Jean-Marie Lassausse, sacerdote della Missione di Francia e autore del “Giardiniere di Tibhirine”, a garantire una presenza costante in questi luoghi, assieme a un laico consacrato. Inoltre, il monastero ospita visite regolari di sacerdoti e religiosi che vivono in Algeria e le sue terre continuano a essere coltivate da alcuni contadini algerini.

Il 20.mo anniversario dell’assassinio celebrato ad aprile
Il 20.mo anniversario dell’assassinio dei monaci di Tibhirine – ha detto mons. Defarges – sarà ricordato ad aprile alla presenza dei familiari e forse con un pellegrinaggio a piedi da Algeri. Il presule non ha peraltro dato ulteriori dettagli sul nuovo gruppo orante che potrebbe stabilirsi nel monastero.

Non ancora chiarite le circostanze dell’assassinio dei monaci
Christian de Chergé, Luc Docher, Christophe Lebreton, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Celestin Ringeard e Paul Favre-Miville furono rapiti nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996 da un commando formato da una ventina di uomini armati. Il sequestro fu rivendicato un mese dopo dai terroristi islamisti del Gruppo Islamico Armato (Gia), che propose alla Francia uno scambio di prigionieri. Dopo inutili trattative, il 21 maggio i terroristi annunciarono l'uccisione dei monaci, di cui furono ritrovate solo le teste tagliate. Le circostanze esatte della loro morte non sono mai state completamente chiarite e nel 2013 la magistratura francese ha riaperto le indagini. (L.Z.)

inizio pagina

Accordo Ospedali Bambino Gesù-Gaslini per aiuto a Paesi emergenti

◊  

Portare aiuto nei Paesi in via di sviluppo: con questo obiettivo, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’Istituto Giannina Gaslini di Genova hanno siglato, ieri nel capoluogo ligure, un accordo di collaborazione, alla presenza dei rispettivi presidenti, Mariella Enoc e Pietro Pongiglione.

Programmi di formazione sanitaria e amministrativa
“Lo scopo dell’accordo tra i due Istituti sanitari pediatrici – informa una nota – è di promuovere attività di supporto sanitario nei Paesi in cui è maggiore il bisogno di solidarietà. I progetti di collaborazione internazionale si concentreranno nel fornire cure pediatriche e assistenza alle popolazioni disagiate e nel dotare il personale sanitario locale delle competenze necessarie per proseguire il lavoro in autonomia, attraverso programmi di formazione in ambito pediatrico e amministrativo-gestionale, sia nei Paesi di origine, sia presso le sedi dei due Ospedali”.

Missioni internazionali in 31 Paesi del mondo
Da ricordare che già negli ultimi anni gli Ospedali Bambino Gesù e Gaslini hanno effettuato missioni internazionali in 31 Paesi, mentre medici e infermieri specializzati dei due enti effettuano attualmente missioni in nazioni come Cambogia, Vietnam, Tanzania, Haiti, Russia, Giordania, Macedonia, Cile, Venezuela, Tunisia, Marocco, Kurdistan iracheno, Honduras, Repubblica Dominicana, Cuba, Kenya, Emirati Arabi Unit

Globalizzare la solidarietà
“Globalizzare la solidarietà – spiega la presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc – significa soprattutto fare formazione, trasferire conoscenze e competenze. Con il Gaslini condividiamo il comune valore della ricerca del dialogo interculturale. Per questo siamo convinti che la collaborazione reciproca possa portare grandi benefici laddove la domanda di salute, che è sempre anche un sintomo di povertà, si fa sentire più forte, nei Paesi in via di sviluppo. Insieme proveremo a dar loro una risposta”.

inizio pagina

Giubileo: dopo Roma, spoglie di Padre Pio esposte a Pietrelcina

◊  

In occasione dell’Anno Santo della Misericordia, l’urna che conserva le spoglie di Padre Pio sarà accolta nella sua terra natale, Pietrelcina. L’evento si terrà a febbraio 2016, dopo che le spoglie verranno esposte a Roma e nella Basilica Vaticana. L’annuncio, riferisce l’agenzia Sir, è stato dato in questi giorni dai Frati cappuccini di Pietrelcina ai tanti pellegrini che, nel periodo natalizio, hanno visitato il  paese d’origine di San Pio.

Pietrelcina sempre nel cuore di San Pio
“Di Pietrelcina ricordo pietra su pietra”, diceva Padre Pio ai suoi compaesani che lo andavano a trovare a San Giovanni Rotondo, dove visse 52 anni della sua esistenza nel convento dei Cappuccini. “Pietrelcina la tengo tutta chiusa nel mio cuore”, scriveva il 22 dicembre 1926 al fratello Michele. “Padre, quando ci faremo una bella passeggiata a Pietrelcina?”, gli chiese un frate qualche mese prima della sua morte. E lui rispose: “Parecchi anni dopo la mia morte”. A Pietrelcina, nella parrocchia di Santa Maria degli Angeli, oggi Santuario diocesano di San Pio da Pietrelcina, il futuro Santo celebrò la sua prima Messa.

Il luogo delle prime stimmate
Il paese di Pietrelcina, per questo Santo venerato in tutto il mondo, “non è solo quello che gli ha dato i natali”, si legge nel volume “Quei tre giorni di Padre Pio” (Tau editrice), ma è anche il luogo in cui “circa un mese dopo la sua ordinazione, ricevette le prime stimmate, quelle da tutti definite ‘invisibili’, ma non per questo meno dolorose”.

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 364

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.