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Sommario del 25/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Urbi et Orbi. Francesco: dove nasce Dio, nascono pace e misericordia

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“Dove nasce Dio, nasce la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace”. E’ uno dei passaggi forti del messaggio natalizio di Papa Francesco, pronunciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, prima della benedizione Urbi et Orbi. Il Pontefice ha ricordato i popoli che soffrono a causa dei conflitti ed ha rivolto un pensiero speciale ai migranti che fuggono dai propri Paesi alla ricerca di un futuro dignitoso. Francesco ha infine sottolineato che questo Natale si celebra nell’Anno Santo della Misericordia ed ha quindi invitato tutti ad essere misericordiosi con i propri fratelli. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Apriamo i nostri cuori per accogliere Gesù in questo “giorno di misericordia, nel quale Dio Padre ha rivelato all’umanità la sua immensa tenerezza”. E’ il Natale del Giubileo della Misericordia e Francesco - rivolgendosi al mondo intero da San Pietro - sottolinea che in questo giorno la luce disperde le tenebre della paura e “diventa possibile incontrarsi, dialogare, soprattutto riconciliarsi”.

Solo la Misericordia di Dio può liberare l’umanità dal male
“Il Natale – riprende – è un avvenimento che si rinnova in ogni famiglia, in ogni parrocchia, in ogni comunità che accoglie l’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo”:

“Solo Lui, solo Lui ci può salvare. Solo la Misericordia di Dio può liberare l’umanità da tante forme di male, a volte mostruose, che l’egoismo genera in essa. La grazia di Dio può convertire i cuori e aprire vie di uscita da situazioni umanamente insolubili".

Pace per la Terra Santa, basta tensioni e violenze
“Dove nasce Dio, nasce la speranza. Lui porta la speranza. Dove nasce Dio – soggiunge – nasce la pace. E dove nasce la pace, non c’è più posto per l’odio e per la guerra”:

“Eppure proprio là dove è venuto al mondo il Figlio di Dio fatto carne, continuano tensioni e violenze e la pace rimane un dono da invocare e da costruire. Possano Israeliani e Palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere ad un’intesa che permetta ai due Popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni sull’intera Regione”.

Fermare guerre e atrocità, essere vicini a cristiani perseguitati
Al Signore, Francesco chiede che “l’intesa raggiunta” all’Onu “riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi in Siria e a rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata”. È altrettanto “urgente”, prosegue, che “l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese”. Ancora, il Papa chiede alla comunità internazionale di “far cessare le atrocità che, sia in quei Paesi come pure in Iraq, Yemen e nell’Africa subsahariana, tuttora mietono numerose vittime, causano immani sofferenze e non risparmiano neppure il patrimonio storico e culturale di interi popoli”:

“Il mio pensiero va pure a quanti sono stati colpiti da efferate azioni terroristiche, particolarmente nelle recenti stragi avvenute sui cieli d’Egitto, a Beirut, Parigi, Bamako e Tunisi. Ai nostri fratelli, perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, il Bambino Gesù doni consolazione e forza. Sono i nostri martiri di oggi”.

Ridare dignità ai poveri, ai bambini soldato, alle vittime della tratta
Pace e concordia chiede il Papa anche per i popoli della Repubblica Democratica del Congo, del Burundi e del Sud Sudan affinché, “mediante il dialogo, si rafforzi l’impegno comune per l’edificazione di società civili animate da un sincero spirito di riconciliazione e di comprensione reciproca”. Il Natale, auspica ancora, “porti vera pace anche all’Ucraina, offra sollievo a chi subisce le conseguenze del conflitto e ispiri la volontà di portare a compimento gli accordi presi, per ristabilire la concordia nell’intero Paese”. “La gioia di questo giorno – soggiunge – illumini gli sforzi del popolo colombiano perché, animato dalla speranza, continui con impegno a perseguire la desiderata pace”:

“Dove nasce Dio, nasce la speranza; e dove nasce la speranza, le persone ritrovano la dignità. Eppure, ancora oggi schiere di uomini e donne sono private della loro dignità umana e, come il Bambino Gesù, soffrono il freddo, la povertà e il rifiuto degli uomini. Giunga oggi la nostra vicinanza ai più indifesi, soprattutto ai bambini soldato, alle donne che subiscono violenza, alle vittime della tratta delle persone e del narcotraffico”.

Soccorrere e accogliere i migranti con generosità
“Non manchi il nostro conforto – ribadisce – a quanti fuggono dalla miseria o dalla guerra, viaggiando in condizioni troppo spesso disumane e non di rado rischiando la vita”.

“Siano ricompensati con abbondanti benedizioni quanti, singoli e Stati, si adoperano con generosità per soccorrere e accogliere i numerosi migranti e rifugiati, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso per sé e per i propri cari e ad integrarsi all’interno delle società che li ricevono”.

Dove nasce Gesù, fiorisce la misericordia: riscoprire la tenerezza di Dio
Il Papa rivolge dunque un pensiero a quanti non hanno lavoro, e "sono tanti", affinché il Signore ridoni loro “speranza” e a “quanti hanno responsabilità pubbliche in campo politico ed economico affinché si adoperino per perseguire il bene comune e a tutelare la dignità di ogni vita umana”.

“Dove nasce Dio, fiorisce la misericordia. Essa è il dono più prezioso che Dio ci fa, particolarmente in questo anno giubilare, in cui siamo chiamati a scoprire la tenerezza che il nostro Padre celeste ha nei confronti di ciascuno di noi. Il Signore doni particolarmente ai carcerati di sperimentare il suo amore misericordioso che sana le ferite e vince il male”.

Essere misericordiosi con i propri fratelli
Dopo la benedizione Urbi et Orbi, Francesco ha dunque rivolto un saluto ai fedeli in Piazza San Pietro e a quanti si sono collegati attraverso i mezzi di comunicazione:

“E’ il Natale dell’Anno Santo della Misericordia, perciò auguro a tutti di poter accogliere nella propria vita la misericordia di Dio, che Gesù Cristo ci ha donato, per essere misericordiosi con i nostri fratelli. Così faremo crescere la pace! Buon Natale!”

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Messa Natale. Francesco: Gesù cambia il mondo, vincere l'indifferenza

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Nel mondo attuale, “c'è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia”: questo l’invito di Papa Francesco nella Notte di Natale. Durante la Messa presieduta ieri sera nella Basilica Vaticana, il Pontefice ha esortato i fedeli a vivere in sobrietà, come Gesù, e a vincere la “cultura dell’indifferenza” con la pietà cristiana. Preceduta dall’antico canto della Kalenda, che annuncia il Natale, la celebrazione ha visto la preghiera dei fedeli anche in arabo e cinese, lingua in cui si è pregato per “i poveri e gli ultimi della terra”. Il servizio di Isabella Piro: 

La nascita di Dio cambia il mondo. Non c’è posto per dubbi e indifferenza
“Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia…Non siamo più soli e abbandonati”.

È vero: Dio nasce e cambia il mondo. Inizia da qui l’omelia di Papa Francesco, da quel cambiamento portato da Dio nel mondo attraverso suo Figlio. Una nascita che porta “gioia e letizia” nei cuori degli uomini perché “la promessa si è compiuta”, scacciando incertezze e timori:

“Non c’è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore”.

Non restare inerti, ma annunciare la gioia del Vangelo
Gesù Bambino è “principio di vita nuova”, “luce vera” che rischiara l’esistenza umana “rinchiusa nell’ombra del peccato”– sottolinea il Pontefice – e ci fa “scoprire nuovamente chi siamo!”, spingendoci alla gioia dell’evangelizzazione:

“Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è nato per noi, è dato a noi”.

Vivere con sobrietà, giustizia e pietà cristiana
Restiamo in silenzio e lasciamo parlare Gesù, dice allora il Papa, anzi: prendiamoLo in braccio e lasciamoci abbracciare da Lui, così “ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine”, insegnandoci le cose essenziali della vita:

“In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera”.

Da Gesù inizia il riscatto perenne per gli uomini dal cuore semplice
Di qui, l’invito finale di Papa Francesco a vivere “lo stupore e la meraviglia” del Natale guardando a Gesù Bambino, sul cui volto sono impressi “i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre” e dal quale derivano “la vera liberazione ed il riscatto perenne” per “gli uomini dal cuore semplice”.

Ed è stata con infinita tenerezza, quindi, che al termine della Messa, il Pontefice ha preso tra le braccia la statua del Bambinello posta davanti all’Altare della Confessione e, in processione, l’ha portata fino al Presepe allestito in Basilica, nella Cappella della Presentazione. Qui si è fermato in preghiera silenziosa. Attorno a lui, quindici bambini provenienti da diverse nazioni, tra cui Kenya, Centrafrica, Filippine, Sri Lanka e Stati Uniti, tutti Paesi visitati dal Papa durante quest’anno.

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Tweet Papa: quando hai Cristo come amico, hai gioia, serenità, felicità

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"Quando hai Cristo come amico, hai gioia, serenità, felicità". E' il tweet pubblicato da Papa Francesco, nel giorno del Natale del Signore, sul suo account Twitter in 9 lingue @Pontifex, seguito da oltre 25 milioni di follower.

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Natale. Card. Comastri: vera felicità è aiutare chi soffre

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Il Natale ci fa sentire tutti i fratelli, ma è necessario che ciò non sia solo “un vago sentimento che si spegne il giorno dopo”: così il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano, nella Messa di Natale presieduta stamani nella Basilica Vaticana, presso l’Altare della Cattedra. La Solennità della Nascita del Signore, ha sottolineato il porporato, non sia solo “frivolo divertimento”, perché “il Figlio di Dio si è fatto uomo, è entrato nella storia” per spingerla verso “l’orizzonte di una nuova umanità, liberata dal peccato e da ogni cattiveria”. Il cardinale Comastri si è poi soffermato sull’umiltà e la povertà, scelte da Dio – ha spiegato - per ricordarci che “la felicità non si raggiunge con la ricchezza, bensì facendo del bene a chi soffre”. “Se abbiamo capito che la felicità non si compra con i soldi, se siamo pronti ad asciugare le lacrime anche del nostro peggior nemico – ha concluso – allora sarà Natale veramente”. (A cura di Isabella Piro)

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Oggi in Primo Piano



Patriarca Gerusalemme: è Natale, regni la misericordia non la vendetta

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L’apertura della Porta Santa, il richiamo all’Anno della Misericordia e alle tragedie che sono accadute nel mondo. Ma malgrado tutto la speranza di una pace nel mondo. Questo il messaggio di Natale del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, per la Messa di Mezzanotte. Un vero sogno la celebrazione per i cristiani accorsi da tutto il mondo. Stamani, inoltre, mons. Twal, ha aperto una Porta Santa giubilare nella piccola parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza. Da Betlemme, il servizio di Miriam Bianchi, del Christian Media Center: 

E’ a Betlemme che più di 2000 anni fa il Cielo e la Terra si sono incontrati. Ed è da qui, ancora oggi, da quella stella, che parte il messaggio della Salvezza. Scende la notte sulla Piazza della Natività, la gioia e la festa per l’entrata solenne del Patriarca Latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, cedono il passo ad una atmosfera di attesa. E’ la vigilia di Natale, è la notte di Betlemme. Fedeli provenienti da tutto il mondo, insieme ai cristiani locali si mettono pazientemente in fila per entrare nella Basilica di Santa Caterina.

Patriarca Twal: volto misericordioso di Dio è l'essenza del Natale
Una Notte che ha il suo culmine proprio nella Santa Messa, presieduta dal Patriarca latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal, che poco prima della Mezzanotte ha aperto la Porta della Misericordia “nella speranza che l’attraversino molti fedeli e pellegrini durante quest’anno di Giubileo”, ha detto nella sua omelia letta dal vicario Patriarcale di Gerusalemme, mons. William Shomali. Un’omelia incentrata in particolare su quest’Anno Santo, in cui “Il volto misericordioso di Dio è l’essenza di questo Natale". "La misericordia deve comprendere tutti, vicini e lontani, coloro che amiamo e coloro che destiniamo”, ha scritto nella sua omelia il Pastore della Chiesa madre di Gerusalemme.

Un accenno è poi andato alla situazione attuale: “Il nostro cuore è con i milioni di rifugiati, i prigionieri e le vittime della violenza e del freddo pungente - ha proseguito - E’ con coloro che fuggono dalle zone di conflitto, attraversando il mare con mezzi di fortuna, e trasformandolo in un gigantesco cimitero”. E ancora “Il nostro pensiero va alle vittime del terrorismo, dovunque siano e a qualunque popolo appartengano. Sono tutti fratelli in umanità.”

E' Natale, la misericordia regni al posto della vendetta
L’omelia del Patriarca e’ poi continuata: “La misericordia non è un segno di debolezza, ma un ‘espressione dell’onnipotenza divina, che si esprime nel suo massimo grado nella misericordia e nel perdono”. E’ un appello quello del Patriarca “a tutti coloro che hanno in mano il destino dei popoli, a coloro che fanno scelte politiche portatrici di morte, perché si pentano e facciano prevalere la dignità dell’uomo sui loro interessi materiali”

“In questa notte - l’omelia si è conclusa - in cui celebriamo la nascita del Principe della Pace e della Misericordia, siamo venuti a pregare perché si trasformi la faccia della terra, perché il mondo divenga un luogo accogliente e sicuro, dove regnino la pace al posto della rivalità, la misericordia al posto della vendetta e la carità al posto dell’odio”. Anche quest’ anno, come consuetudine, era presente il presidente palestinese Mahmud Abbas.

Nella stessa ora veniva celebrata la Messa nella Grotta della Natività presso l’altare della mangiatoia, in un susseguirsi di canti, preghiere e tanta commozione, per i cristiani della parrocchia latina di Betlemme. Un privilegio unico per chi vi ha potuto partecipare. Al termine della celebrazione il Patriarca, con un gesto pieno di significato, è sceso in processione nella Grotta con il Bambino, per porlo nel luogo della nascita del Figlio di Dio. Durante la Notte, nella grotta, si sono poi alternate le Sante Messe, lì accanto a quella stella d’argento dove inneggiano le parole “qui dalla vergine Maria è nato Gesù Cristo". E’ Betlemme. E’ questo il luogo del Natale.

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Natale in Terra Santa. P. Pizzaballa: superare paura dell'altro

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Natale ci dice “che camminiamo verso un futuro, forse drammatico, faticoso” ma “che ha un unico volto: quello della misericordia del Padre”. A sottolinearlo è il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Nelle sue parole, raccolte da Giada Aquilino, il significato del Natale nei luoghi di Gesù, nell’Anno Santo della Misericordia: 

R. – Stiamo constatando che è un Natale un po’ povero: povero di pellegrini, di movimento - e quindi sarà povero per molte famiglie soprattutto cristiane che vivono dei pellegrinaggi - perché molti hanno deciso di restare a casa per paura della situazione politica. Nonostante la povertà, comunque, il Natale resta sempre un momento di gioia, di festa che ci dice che non dobbiamo demordere, che celebriamo una vita che rinasce, che deve essere non solo quella di Gesù di duemila anni fa ma anche la nostra oggi.

D. - Come accostare quindi la gioia del Natale alla violenza che sconvolge la Terra Santa?

R. - È vero: quando tutto intorno a noi sembra parlare di morte, di violenza, è molto difficile parlare di gioia, sembra di essere fuori dal tempo, dalla storia. Ma il Natale è proprio questo: il Natale è Dio che entra nella nostra storia e dà un senso diverso. E noi cristiani vogliamo fare questo, cercando di ricostruire nel nostro piccolo contesto un modo diverso di stare qui, di relazionarci con il mondo, di fare delle piccole cose: gesti di vita e non di morte.

D. - Lei nel suo messaggio di Natale ha sottolineato che c’è purtroppo un sentimento che si vive in questo periodo, c’è paura dell’altro. Perché? E come superarlo?

R. – È quello che si constata girando un po’ dappertutto: gli ebrei hanno paura degli arabi, gli arabi hanno paura degli ebrei, l’Occidente ha paura dell’Oriente e viceversa. Tutti hanno paura di qualcuno e questo “altro” è diventato quello che ci ruba anche la speranza del futuro, la sicurezza, tutto insomma. Bisogna superare questa mentalità e questa prospettiva che ci chiude e che non ha alcuno sbocco. Dobbiamo innanzitutto partire da noi stessi, avere fiducia: Dio ha avuto fiducia in una circostanza terribile duemila anni fa, ma non meno terribile di oggi; ha avuto fiducia dell’uomo, nascendo, mettendosi in gioco. Così anche noi dobbiamo continuare a costruire nel nostro piccolo contesto uno stile diverso di vita.

D. – Come lo testimoniano i cristiani di Terra Santa?

R. – Sono molto orgoglioso di vedere questi cristiani che, nonostante tutto, sanno fare festa: famiglie, bambini cercano comunque di fare festa, di esprimere la loro gioia di essere cristiani e di essere qui nonostante tutto. E lo fanno anche con tanta solidarietà: è molto bello vedere che, nonostante questa povertà, non solo economica, ma della situazione in genere, fanno collette di solidarietà per i loro fratelli in Siria soprattutto. Si ricordano anche degli altri.

D. – Un appello allora ai pellegrini a venire in Terra Santa, soprattutto nell’Anno Santo della Misericordia che il Papa vuole sia un Giubileo delle Chiese particolari…

R. – Il mio invito è quello di venire in Terra Santa. Innanzitutto vorrei dire che il pellegrinaggio in Terra Santa è sicuro, non c’è alcun pericolo ed è un modo molto bello di fare esperienza della misericordia, di vedere come Dio ha avuto misericordia di noi, nascendo e incarnandosi in questa terra. Venire qui ci fa prendere coscienza di ciò.

D. – Nel giorno del Giubileo della Famiglia, festa della Santa Famiglia, l’apertura della Porta Santa della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth che segno è?

R. - È un segno in continuità con quello che abbiamo fatto al Getsemani, dove la Porta Santa è stata aperta il 13 dicembre scorso. Ci ricorda il passaggio che tutti dobbiamo fare: il Getsemani, il Calvario, la Risurrezione che arriverà certamente, la Croce come un passaggio fondamentale anche per la nostra vita di fede, che è il simbolo della misericordia del Padre. Con Nazareth celebriamo un altro aspetto: la famiglia. Non si può parlare di misericordia nel mondo, nella vita sociale, se prima non si parte dalla famiglia. Con l’apertura della Porta Santa a Nazareth vogliamo mettere in connessione in maniera particolare la misericordia e la famiglia.

D. – Cosa significa essere famiglia oggi in Terra Santa?

R. – Oggi, come in tutto il mondo, anche qui essere famiglia è una grande sfida perché c’è la tendenza a rimandare il fare famiglia o comunque a non scommettere con un impegno definitivo come quello della famiglia, come quello dei figli. Oggi fare famiglia significa credere. È un segno molto concreto di fiducia nella vita, nel futuro e capacità di volersi bene, amarsi, perdonarsi per costruire qualcosa insieme.

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Natale in Iraq. Patriarca Sako: cristiani iracheni missionari del perdono

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Un Natale “nel silenzio e nelle lacrime” nella speranza di un Iraq “più giusto e un avvenire migliore”. Questa la riflessione del patriarcato caldeo di Baghdad nel giorno della nascita di Gesù, con l’auspicio di pacifica convivenza tra le varie comunità del Paese, in cui i cristiani rappresentano una minoranza, con ormai meno di 500 mila presenze rispetto al milione e mezzo dei primi anni Duemila. Giada Aquilino ne ha parlato con il patriarca Louis Sako, raggiunto telefonicamente nella capitale irachena: 

R. – Noi abbiamo deciso di non fare celebrazioni “sociali” né decorazioni particolari. Celebriamo il Natale con silenzio e lacrime per dire ai musulmani: “Non è giusto, noi siamo cittadini come loro, non siamo cittadini di seconda classe”. Abbiamo gli stessi diritti, la libertà religiosa è per tutti. Nelle chiese, nelle parrocchie celebriamo le Messe per i bambini, per i giovani, per le famiglie. Il governo ha realizzato un albero molto grande, alto 25 metri, in un giardino qui vicino al Patriarcato. Ne ha fatto uno anche al Parlamento. Ma per noi questo non significa nulla: vogliamo atti di pari cittadinanza, gli stessi diritti degli altri. Questo ci dà fiducia per un futuro migliore. Se si continuano a fare persecuzioni non va bene!

D. - Che significato assume celebrare la nascita di Cristo per la minoranza cristiana irachena, costretta a vivere lontana dalla propria casa?

R. - È pieno di senso! Anche il Bambino Gesù nasce fuori dalla sua città, dalla sua casa; è un profugo con la sua famiglia. Poi non solo questo: viene minacciato come lo sono i cristiani e lascia Betlemme, Nazareth, va in Egitto. Anche i nostri cristiani hanno lasciato tutto perché c’è un pericolo, ma questo pericolo finirà. Io sono sicuro che i villaggi della Piana di Ninive, di Mosul, saranno liberati presto e potranno ritornare a festeggiare.

D. - Un appello allora ai cristiani di Iraq a resistere…

R. - Non ho il diritto di impedire alla gente di partire, è una decisione personale, familiare. Ma veramente spero che tutti rimangano qui, dove c’è la nostra identità. Ma soprattutto questa è la nostra vocazione: siamo missionari. La nostra Chiesa è stata missionaria, ha portato il Vangelo un po’ ovunque in Cina, in India. Oggi noi, in mezzo alla maggioranza musulmana, siamo missionari di una cosa diversa: il perdono, l’amore, la collaborazione con tutti, con gioia, con fraternità.

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Centrafrica. Rettore Cattedrale Bangui: è un Natale di speranza

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In Centrafrica il Natale viene vissuto con sentimenti di particolare speranza. E’ ancora viva la gioia nei cuori per la recente visita del Papa e per l’apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia, la prima in tutto il mondo. Il 30 dicembre si svolgeranno le elezioni presidenziali, tappa cruciale per capire se la pace si sta consolidando dopo anni di violenze. Sul Natale di quest’anno, ascoltiamo il rettore della Cattedrale di Bangui, don Mathieu Bondobo, al microfono di Sergio Centofanti

R. – E’ un Natale diverso. Diverso nel senso che abbiamo vissuto delle cose veramente particolari in Centrafrica: la visita del Santo Padre, la Porta Santa e poi le elezioni presidenziali. E quindi, l’insieme di tutto questo ti fa capire che la grazia del Signore che scende, che è scesa su di noi tramite la Porta Santa, tramite l’Anno giubilare iniziato prima in Centrafrica, questa grazia si sta diffondendo nel nostro Paese per una pace vera, per la misericordia. Quindi, viviamo un Natale di pace, di misericordia. La venuta di Dio tra noi sta dando frutti di pace e di misericordia: è una grazia dell’abbondanza.

D. – Com’è il rapporto oggi tra la comunità cristiana e quella musulmana?

R. – Il rapporto tra queste due comunità – cristiana e musulmana – sta andando sempre nel senso positivo. Perché – voi lo sapete – è da tanti anni che questo Paese è ferito da una guerra civile che a volte è assimilata a un conflitto interreligioso, anche se noi della Chiesa abbiamo sempre detto che questo conflitto non ha niente a che vedere con la religione. La visita del Santo Padre ha portato qualcosa di nuovo in questo rapporto. Il quartiere musulmano del "Km5" non è più una zona chiusa: questa zona è frequentata. E anche i giovani di là, che avevano paura di uscire, hanno incominciato a uscire e tra cristiani e musulmani è iniziato un rapporto vero, di pace e – direi – di fratellanza. Perché il Papa l’ha detto e ripetuto: “Siamo fratelli, tra cristiani e musulmani!”. Siamo fratelli e quindi non c’è separazione, non c’è guerra, non c’è conflitto tra di noi. E questo abbiamo iniziato a viverlo, nel senso vero e proprio del termine, dopo la visita del Santo Padre.

D. – Come vivono i musulmani del Centrafrica questo Natale?

R. – Questo Natale, anche i musulmani lo vivono in modo particolare. Perché vedete, in tutta la città, Natale ha anche l’aspetto – lo sappiamo – commerciale, si vendono giochi per i bambini e così via. Quindi, l’atmosfera è quella della festa. Ma accanto a questo, c’è anche una serenità nelle famiglie, perché le persone possono incontrarsi in famiglia, mangiare in pace: questa è una cosa molto importante, che ci sia serenità e ci sia pace, che siamo tutti riuniti e che non c’è più questo conflitto e questa paura, perché in passato era questo prima di tutto. Si viveva la festa in un contesto di paura, di conflitto. Questa volta, questo aspetto di conflitto e di paura non esiste più. Quindi, un Natale di pace, di serenità anche nelle famiglie, e nelle famiglie musulmane soprattutto.

D. – Qual è la situazione umanitaria, oggi, in Centrafrica?

R. – La situazione umanitaria … se dico che tutto è risolto non è vero. Ma si tende a un miglioramento. E l’augurio è che con le elezioni presidenziali si arrivi a una situazione positiva, perché ci sono ancora tanti campi profughi, campi di fortuna, di persone che sono scappate di casa e che non sanno dove andare, e che ancora vivono lì. Il Papa ha visitato uno di questi campi, ma ce ne sono ancora, in questo Paese. E quello ci fa capire che c’è ancora molto da fare. E accanto a questo aspetto, c’è anche la situazione degli ospedali: una persona malata che va all’ospedale non può curarsi come si deve. Lì c’è ancora molto da lavorare. Anche la scuola, nell’ambito educativo: oggi si va a scuola, domani no … non c’è ancora una stabilità definitiva e continua. Ma si spera. Si spera perché c’è una convinzione dentro, che quella situazione nella quale siamo rimasti per troppo tempo, sta cambiando e quindi la speranza non è più una questione solo del futuro, ma è una cosa di cui già si incomincia a vedere il seme.

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Bosnia ed Erzegovina. Mons. Sudar: abbiamo bisogno di un Dio vicino

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Dove ci sono difficoltà, c’è spazio per Dio. Il Natale è anche l’occasione per capire che non si deve fuggire dai problemi. E’ quanto afferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons. Pero Sudar: 

R. – Il Natale ha due facce. La prima è quella familiare. Le famiglie cercano di essere serene, cercano di riunirsi. Purtroppo molte di loro sono separate: figli da una parte del mondo e genitori e nonni in Bosnia ed Erzegovina... Prima, negli anni passati, i figli si sono sempre sforzati di tornare a casa dai genitori, dai nonni e così via. Adesso, purtroppo, i genitori e i nonni se ne vanno per andare dai loro figli, dai loro nipoti all’estero. Ho visto questo pellegrinaggio all'inverso in questi giorni nelle parrocchie. L’altra faccia della medaglia è quella sociale, quella più ampia e vasta che è un po’ deprimente. Purtroppo, infatti, la situazione politica resta ferma, resta bloccata e anche la situazione economica resta sempre molto difficile: molta gente è senza lavoro, molte famiglie non hanno nessuno che lavora. Questa pesantezza della situazione generale impedisce, in qualche modo, questa gioia genuina e condivisa non soltanto nelle famiglie, ma anche nelle parrocchie, nella società. Si nota quest’anno che nelle città, nei piccoli villaggi, ci sono i segni visibili della festa del Natale. Questa manifestazione visibile dimostra la presenza dei cattolici in Bosnia Erzegovina.

D. – Questo Santo Natale può essere anche l’occasione  per capire che non bisogna fuggire, scappare davanti alle sfide della vita, davanti alle difficoltà che il Paese ancora attraversa…

R. – Bisogna sempre sottolineare e bisogna anche dire che lì dove non c’è sicurezza, lì dove non c’è opulenza, lì c’è il Natale. Lì abbiamo bisogno di Dio e lì Dio ci è più vicino. Si nota anche che dove si ha tutto, dove si pensa di avere tutto, molto spesso ci si scorda di avere bisogno di Dio.

D. – Invece è soprattutto dove ci sono le difficoltà che nasce Gesù…

R. – Dove ci sono le difficoltà, notiamo che abbiamo proprio bisogno di Dio e che c’è spazio per Dio. Purtroppo, però, siamo troppo concentrati su ciò che ci rende tranquilli, che ci rende capaci di vivere un Natale dove non manchi niente.

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Arcivescovo New Delhi: Natale all'insegna della riconciliazione

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Un giorno speciale all’insegna della riconciliazione e del perdono. E' il Natale dei cristiani in India che hanno partecipato alle celebrazioni in tutto il Paese. Ascoltiamo l'arcivescovo di New Delhi mons. Anil J.T. Couto, al microfono di Marina Tomarro: 

R. – I cristiani hanno vissuto il Natale come sempre, senza nessuna tensione, ma con la pace e con la gioia che questa festa ci porta sempre. Quest’anno per noi è stato veramente un anno di riconciliazione, di pace e anche di speranza nel futuro.

D. – Da poco è stato dato anche l’annuncio della prossima Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta: cosa vuol dire questo per voi? Naturalmente, ha reso ancora più gioioso il vostro Natale?

R. – Sì, senz’altro, perché questo annuncio della Canonizzazione di Madre Teresa è stato per noi un grande regalo. Il Natale per noi è stato più gioioso degli anni passati perché questo evento della Canonizzazione di Madre Teresa per la Chiesa in India è un evento grande spiritualmente: Madre Teresa per noi è una persona che simbolizza tutto quello che Gesù Cristo Nostro Signore ci ha portato in questo mondo.

D. – Da pochi giorni è iniziato il Giubileo della Misericordia, come lo vivono alla luce del perdono della persecuzione?

R. – L’Anno della Misericordia è cominciato in tutte le diocesi dell’India. Noi abbiamo inaugurato l’Anno della Misericordia il 13 dicembre e ogni diocesi ha il suo programma spirituale e anche verso i poveri, verso gli orfani, gli anziani… Speriamo sia per noi veramente un anno per sperimentare la misericordia, la compassione del nostro Signore Gesù Cristo.

D. - In che modo vivono in questo momento i cristiani, in India, in che modo anche riescono a convivere con le altre religioni?

R. -  In ogni parte dell’India noi viviamo con persone appartenenti ad altre religioni… Noi abbiamo legami bellissimi e profondi con i vicini delle altre religioni… Non ci sono persecuzioni… Specialmente nei giorni come il Natale vengono tantissime persone di altre religioni nelle chiesa per venerare Gesù Cristo Nostro Signore. Questo è un fenomeno grandissimo in India… Non c’è persecuzione come è stato nell’anno passato…

D. – Qual è un’immagine emblematica di questo Natale, secondo lei? C’è un ricordo che lei porterà nel cuore?

R. – Questo Natale è veramente speciale per due ragioni. La prima è l’Anno della Misericordia, la seconda è l’annuncio della Canonizzazione di Madre Teresa. Porto nel cuore la memoria della grande folla dei non cristiani, dei nostri amici che sono venuti in chiesa per condividere con noi la gioia e anche la fede del Natale. Questa è la memoria che porto nel mio cuore di questo Natale.

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Cuba: Natale festoso nel ricordo della visita di Francesco

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Una grande festa delle famiglie per la Nascita di Gesù. E’ lo spirito di questo periodo natalizio nell’isola di Cuba. Moltissimi i fedeli che, in questi giorni, si sono recati nel Santuario della Patrona di Cuba, Nostra Signora della Carità del Cobre. Al microfono di Marina Tomarro, il commento del rettore del Santurario, padre Ariel Suarez

R. – Natale è stata una grande festa quest’anno per noi. Il giorno di Natale prima era un giorno in cui si lavorava, si andava a scuola, a Cuba, fino al momento in cui ci ha visitato il grande Papa Giovanni Paolo II. Dal ’98, dunque, il giorno di Natale è stato un giorno di festa nazionale ed è stata una novità per il popolo di Cuba. La grande sfida, allora, per la Chiesa, dopo questo momento, è stata quella di dare contenuto alla festività. Tutte le comunità e le parrocchie si sono incontrate per la Messa ovviamente, ma anche per concerti e rappresentazioni teatrali del Natale, fatte dai bambini del catechismo, dai ragazzi.

D. – Ancora vivo è il ricordo della recente visita di Papa Francesco. Cosa è rimasto di quelle giornate?

R. – La visita di Papa Francesco è stata riconosciuta sicuramente dalla grande maggioranza del popolo cubano come un momento di grande benedizione per tutti. Io mi meraviglio quando gente che frequenta la Chiesa - e anche quelli che non frequentano, ma ogni tanto passano - ti parla e ti commenta qualcosa della visita di Papa Francesco. Alcune delle sue frasi, ad esempio, sono rimaste impresse nei cuori dei cubani. Questo Natale, dunque, è stato sicuramente vissuto con la sfumatura di questa visita di Papa Francesco, che ha invitato la nazione, i giovani, il popolo, le famiglie, a rinnovarsi e ad aprire le porte a Cristo, alla sua forza di speranza.

D. – E’ passato anche un anno dalla ripresa dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Quanto anche ha influenzato tutto questo?

R. – Secondo me, la differenza più grande che percepiamo tutti è nei viaggi degli statunitensi che vengono nell’isola o dei cubani che possono andare a visitare lì le loro famiglie. Questo è sicuramente cresciuto molto. C’è un dialogo, ricreato tra popolo e popolo, che certamente apre nuovi orizzonti. E ci auguriamo sicuramente che questa situazione pian piano vada sempre più avanti e porti ancora frutti migliori per i nostri due Paesi, per i nostri due popoli.

D. – Questo è un Natale speciale, perché è un Natale nell’anno del Giubileo della Misericordia. Come state vivendo questo momento?

R. – Tra di noi chi conosce e vive un po’ più intensamente questa realtà del Giubileo della Misericordia sono i nostri fedeli. Il popolo in generale, secondo me, ancora non lo sa. Questa è sicuramente una missione, una sfida per la Chiesa di Cuba. La realtà della misericordia, comunque, è fondamentale all’interno del nostro popolo, perché ci sono delle ferite nella nostra storia recente. Il messaggio e la realtà della misericordia divina sarà la forza e sarà sicuramente anche la medicina, la spinta per nuovi traguardi e nuove mete di riconciliazione, di pace e crescita della fede nel nostro popolo e nella nostra Chiesa.

D. – Cosa le rimarrà di questo Natale?

R. – Il sorriso dei bambini, la gioia di tante famiglie radunate insieme, per vivere un’esperienza di fede.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nigeria: esplode gas cisterna, almeno 100 morti

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Tragedia in Nigeria, dove un camion cisterna contenente gas butano è esploso mentre decine di persone stavano facendo la fila per riempire le bombole da cucina in vista del pranzo natalizio. L’incidente è avvenuto nella cittadina di Nnewi, nello Stato meridionale di Anambra a maggioranza cristiana. Decine le vittime arse vive nell’incendio, secondo fonti ufficiali, anche se testimoni oculari parlano di almeno un centinaio di morti. Il camion esploso aveva appena finito di scaricare il gas nello stabilimento di distribuzione ed è ripartito senza aspettare il tempo di raffreddamento previsto. “L’incendio è esploso come una bomba e l’intera stazione di servizio è stata avvolta da un denso fumo nero”, ha affermato un testimone. Un messaggio di cordoglio del presidente Buhari è stato rivolto ai famigliari delle vittime. (M.R.)

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Storico incontro a sorpresa tra premier India e Pakistan

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Visita a sorpresa del primo ministro indiano, Narendra Modi, in Pakistan, dove a Lahore ha incontrato il suo omologo Nawaz Sharif. Erano più di dieci anni che un premier indiano non si recava in Pakistan. La decisione è stata presa da Modi di ritorno dal suo viaggio in Afghanistan, dove aveva inaugurato la nuova sede del parlamento di Kabul, finanziato dall’India. I leader dei due Paesi, rivali fin dalla spartizione territoriale del 1947, avevano avuto una breve conversazione durante la Conferenza sul clima di Parigi. Al centro del colloquio, fanno sapere fonti pakistane, ci saranno questioni bilaterali, tra cui la regione contesa del Kashmir e il futuro dell’Afghanistan. (M.R.)

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Il Natale nelle principali diocesi italiane

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Milano, card. Scola: Gesù vince ogni paura. Educarsi alla gratuità
È un Natale di festa, ma anche di preghiera e riflessione quello che si celebra oggi nelle principali diocesi italiane. Tanti i fedeli che, in diverse città, hanno partecipato alle Messe della Notte e del Giorno per celebrare la nascita di Gesù. A Milano, stamani in Duomo, l’arcivescovo Angelo Scola ha esortato i fedeli a “non temere”, perché Gesù è “la sorgente della speranza che vince ogni paura”, anche se oggi “la guerra dilaga in tutto il pianeta, migliaia di uomini e donne sono costretti a fuggire dalle loro terre e le nostre esistenze appaiono minacciate” dal terrorismo, dallo scarto, dalla fame, dalla miseria, “da una cultura incapace di accogliere la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. “Questo Natale del Giubileo della misericordia - ha esortato il porporato - sia occasione per tutti di educarsi alla gratuità”, così da inaugurare “un legame sociale nuovo e rigenerante per la comunità".

Torino, mons. Nosiglia: Natale non è consumismo. Testimoniare fede con carità
Di accoglienza ha parlato, invece, il Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia: nel suo messaggio natalizio, il presule ha sottolineato che il Presepe è “un richiamo all’attenzione per i deboli ed alla riconciliazione, in opposizione all’individualismo che crea divisione e scarto”. “Il Natale - ha aggiunto - ci indica la strada per un’umanità nuova”. Dal suo canto, l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nella Messa celebrata stamani in Cattedrale, ha esortato i fedeli a non ridurre il Natale ad “una festa buonista o al consumismo sfrenato”, incoraggiandoli così ad “andare controcorrente e fare concreti gesti di solidarietà verso i più poveri”. Centrale anche l’appello a non vergognarsi mai di essere cristiani, ma a dare “una buona testimonianza di fede” mediante “la carità”.

Bologna, mons. Zuppi: non dimenticare il dramma dei cristiani in Iraq e Siria
Clima di preghiera anche a Bologna, per il primo Natale di mons. Matteo Zuppi come arcivescovo della città: alla Messa della Notte celebrata nella Cattedrale di San Pietro, il presule ha ricordato il dramma dei profughi siriani “che scappano dalla guerra”, “i cristiani in Iraq colpiti doppiamente dalla violenza" ed “il buio” di chi non ha lavoro o rischia di perderlo. “Sarà Natale – ha detto l’arcivescovo – quando uno straniero scoprirà di avere una casa lontano dalla sua e quando la solidarietà  abbatterà il muro” dell’emarginazione.

Napoli, card. Sepe: senza lavoro, non c’è dignità. Appello alla pace
Dall’arcivescovo di Campobasso-Bojano, mons. Giancarlo Bregantini, arriva invece l’esortazione ad “aprire il cuore”, perché oggi “si proclama la democrazia”, ma poi “non si vive da fratelli. E la porta aperta per il Giubileo fa poi fatica ad aprirsi nelle nostre case”. Si sofferma, al contrario, sul dramma della disoccupazione il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli che, in un breve video-messaggio natalizio, ribadisce: “Finché non diamo il lavoro, non rispettiamo la dignità”. Di qui, l’appello alle istituzioni affinché abbiano come priorità il tema dell’occupazione. L’auspicio del card. Sepe è anche che Napoli ritrovi la pace fondata su rispetto, dialogo e solidarietà.

Palermo, Mons. Lorefice: Natale è stare dalla parte degli esclusi
Anche il neo arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, ha rivolto un video-messaggio natalizio ai suoi fedeli: “Celebrare il Natale – ha detto - significa deporre ai piedi della mangiatoia ogni potenza, ogni vanità, ogni presunzione”, perché Dio è “Colui che sta in basso”, come il Bambino “posto nella mangiatoia”. Per celebrare degnamente la Natività, allora – è l’invito del presule – bisogna “stare dalla parte di chi, come Gesù, porta i segni dell’emarginazione, della sofferenza e dell’esclusione”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 359

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.