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Sommario del 22/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco e i poveri nel Natale della misericordia

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Il Papa si prepara alle celebrazioni festive per il Natale e la fine d’anno che lo vedranno intensamente impegnato nei prossimi giorni. Domani, come noto, Francesco non presiederà l’udienza generale del mercoledì. Il 24 dicembre, alle 21.30 sarà nella Basilica Vaticana per la Messa della notte di Natale. Il servizio di Alessandro De Carolis

Un Natale incastonato in un Anno Santo che, con il suo pressante appello alla misericordia, invita i cristiani a cercare con più attenzione Gesù Bambino nelle “mangiatoie” di periferia, quelle dove di solito la luce colorata di una luminaria non arriva né danzano i babbi natali canterini ai lati delle vetrine – nelle case anziani, in qualche mensa per i poveri, nelle baraccopoli in cui gli immigrati provano a ritrovare la parvenza del calore domestico. “Se vuoi trovare Dio, cercalo nell'umiltà, cercalo nella povertà. Cercalo dove Lui è nascosto: nei più bisognosi, nei i malati, negli affamati, nei carcerati”, ha detto il Papa l’altro giorno aprendo la Porta della carità all’Ostello Caritas accanto alla Stazione Termini.

Avrà questo nel cuore Francesco quando alle 21.30 del 24 dicembre salirà sull’Altare in San Pietro per la Messa solenne della Natività e quando il giorno dopo si affaccerà a mezzogiorno dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana per impartire la Benedizione natalizia Urbi et Orbi.

Intanto, i palinsesti dei broadcaster mondiali si organizzano per fare spazio alle celebrazioni papali. Il 24, nella Sala Marconi della nostra emittente, ore 11.00, si terrà un briefing per i telecronisti della mondovisione sulle cerimonie pontificie del tempo di Natale, che comprendono anche l’Angelus del giorno di Santo Stefano e la celebrazione dei Primi Vespri e del Te Deum in ringraziamento per l’anno trascorso, che Papa Francesco presiederà mercoledì 31 dicembre  alle 17, sempre in San Pietro.

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Don Coda: catalogo delle virtù del Papa è distillato di Vangelo

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Nell’incontro di quest’anno con la Curia Romana per lo scambio degli auguri natalizi, Papa Francesco ha proposto nel suo discorso un vero e proprio “catalogo delle virtù necessarie” per chi opera al servizio della Chiesa, un sussidio per vivere il Giubileo della Misericordia. Sull’elenco, che si aggiunge al “catalogo delle malattie curiali” tracciato lo scorso anno, Fabio Colagrande ha sentito il commento di don Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia e membro della Commissione teologica internazionale: 

R. – Quest’anno, soffermandoci su questo “catalogo delle virtù”, il Papa – con molta puntualità, con grande esperienza di governo pastorale e di discernimento spirituale – offre delle indicazioni concretissime ma che vanno al cuore delle questioni delle nostre prassi, dei nostri modi di pensare, in qualunque comunità cristiana e in qualunque organizzazione di ispirazione cristiana ci troviamo, per poter essere all’altezza del Vangelo. Io direi che la nota fondamentale di questo “catalogo delle virtù” è prima di tutto l’“evangelicità”: essere coerenti con il Vangelo, essere creativi, essere umani, profondamente umani, essere professionali, perché lo slancio del Vangelo sia efficace e porti frutto.

D. – Al decimo punto del catalogo, il Papa si è soffermato sulla virtù della “doviziosità”, ricordando che è inutile aprire le Porte sante se il nostro cuore resta chiuso all’amore. Come commenta, don Piero?

R. – Penso che questo richiamo alla generosità, alla doviziosità, ci porta proprio nella logica dell’essenziale, a contemplare il cuore di Dio, cuore di Dio che si specchia nell’agire e nella missione della Chiesa: Dio è il generoso per eccellenza, Colui che ha creato, Colui che salva gli uomini, Colui che continuamente li riempie dei suoi doni, perché vuol comunicare agli uomini se stesso, la sua carità, il suo essere misericordia. Quindi, la generosità, la gratuità senza volontà di ritorno è la caratteristica fondamentale del Dio che Gesù ci rivela. La Chiesa è chiamata a essere specchio di questa generosità: la generosità – direi – è il modo in cui si esprime la misericordia, essere sempre al di là. C’è un passaggio alla fine del discorso del Papa che è molto bello, quando cita questa preghiera attribuita a Romero, quando si dice che “il Regno di Dio è sempre al di là di noi”. La generosità della Chiesa deve sempre guardare al di là, perché Dio è sempre al di là, il suo amore è sempre al di là. Ma questa generosità si coniuga – dice il Papa, in questo punto decimo – con l’attenzione nel curare i dettagli. Anche questa è la caratteristica del Dio della Misericordia, del Dio dell’amore di Gesù, un Dio cioè che conosce personalmente ciascuna delle sue creature: “Nulla sfugge al suo cuore e ai suoi occhi”. Quindi generosi e attenti al particolare: è questo equilibrio straordinario, che poi è la concretezza dell’amore.

D. – Nel suo discorso, il Papa ha ricordato gli scandali che hanno toccato in parte anche la Curia Romana, sottolineando però come le cadute siano sempre occasione di crescita, non di scoraggiamento: un rilievo importante…

R. – Penso proprio di sì. Tener conto della propria fragilità, che non vuol dire “buonisticamente” lasciar correre le cose, ma vedere il marcio dove c’è, eliminare il marcio quando c’è e, allo stesso tempo, perdonare le persone e – consapevoli della fragilità – camminare insieme. A me ha colpito molto questo fatto: quindici giorni fa ero in Vaticano, a Santa Marta, per la Commissione Teologica Internazionale, il Papa stava in viaggio in Africa, e le Guardie Svizzere mi hanno raccontato che spontaneamente hanno deciso di fare una Adorazione continua in Vaticano durante il viaggio per sostenere il Papa nella sua missione. Io sono rimasto veramente colpito da questo e quando ringraziavo di questa cosa le Guardi Svizzere che, man mano, incontravo nel mio cammino vedevo un grande sorriso che sbocciava dal loro cuore. Ecco, è sempre possibile ricominciare: laddove c’è qualcosa che non funziona, c’è tanto più grande bene e tanto più grande amore, speranza e fede.

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Nomine episcopali di Papa Francesco

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In Porto Rico, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ponce, presentata da Mons. Félix Lázaro Martínez, Sch. P., per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato Mons. Rubén Antonio González Medina, C.M.F., Vescovo di Ponce, trasferendolo dalla diocesi di Caguas.

A Saint Vincent e Grenadines, Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Kingstown il rev.do P. Gerard County, C.S.Sp., già Superiore Provinciale dei PP. Spiritani in Messico.

In Canada, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare della diocesi di Saint-Jean-Longueuil  il rev.do Claude Hamelin, Vicario Generale della medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Apollonia.

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20.mo Vatican.va. Mons. Ruiz: Chiesa va incontro a uomini anche nel Web

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Era il 25 dicembre del 1995 quando San Giovanni Paolo II faceva aprire il sito web Vatican.va dando vita all’esperienza della Santa Sede in Internet. Un gesto profetico se si considera che all’epoca il Web era ancora agli albori e non era prevedibile uno sviluppo come quello a cui abbiamo assistito soprattutto con la nascita dei Social Network. Sul significato di questo anniversario e l’importanza della presenza della Chiesa nel “Continente digitale”, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Lucio Adrian Ruiz, capo ufficio del Servizio Internet Vaticano e segretario della Segreteria per la Comunicazione: 

R. – La  grande celebrazione per noi dei 20 anni di Vatican.va è proprio questo: Internet e il World Wide Web, che conosciamo tutti, in questa modalità sociale, nacque proprio in quell’epoca. È un processo che non ha una data di inizio precisa, ma in quel periodo sono stati fatti i primi passi del World Wide Web. È stata una "profezia" di Giovanni Paolo II: al nascere di una realtà culturale nuova la Chiesa è presente. E questa presenza è la vera bellezza di questi punti storici così forti. La Chiesa legge i segni dei tempi, li capisce e cammina come appunto Gesù nel Natale. Il legame è molto bello: il 25 dicembre, Gesù che si fa storia, si fa cultura che cammina con l’uomo e la Chiesa cammina con l’uomo, nella cultura. Quindi capire che questa è una realtà importante, creare un ufficio, una pagina web, anche umile e piccola, perché nasce semplicemente con il saluto e con la Benedizione Urbi et Orbi del Santo Padre - quindi una cosa molto piccola - che però fa presenza, come a dire: “Ci siamo!”. La Chiesa ha capito la storia, legge i segni dei tempi, si fa presente e accompagna l’umanità.

D. – Nell’ultimo documento di Giovanni Paolo II prima della morte, “Il Rapido sviluppo”, si legge che il fenomeno delle comunicazioni sociali ed Internet in particolare "spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale". Quali passi si possono fare oltre a quelli che sono stati compiuti su questa via indicata da Karol Wojtyla?

R. – Credo che ci siano due assi portanti, uno evidenziato dallo stesso Giovanni Paolo II. Il suo motto dice: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate...” e un altro di Papa Francesco con: “Aprire le porte della Chiesa e andate, andate verso l’altro”. Quindi il cammino pastorale è proprio questo: non avere paura di questa cultura, di questa realtà che si pone in atteggiamento di sfida, sempre dinamica; questo può far provare un po’ di paura a tutti, no? Che cos’è? Come si muove? Tutti i giorni ci troviamo con una realtà diversa, nuova, che uno deve imparare, che cambia … Quindi non avere paura di questa realtà. L’altra è quella di Papa Francesco che ci spinge ad andare: "Preferisco una Chiesa che cade, che si ferisce perché va incontro agli altri, piuttosto che una Chiesa malata perché rimane rinchiusa in se stessa". Il fatto di andare, percorrere queste strade digitali deve spingere la Chiesa ad entrare in questo mondo soprattutto dove si trovano le nuove generazioni, quindi una strada missionaria come pastorale: la missione, l'andare.

D. – In questi 20 anni sempre più il Magistero della Chiesa e dei Papi in particolare si è confrontato con la realtà di Internet. Si può trovare una parola chiave, un tema che racchiude in qualche modo il significato di questa presenza?

R. – La tenerezza! La parola chiave che Papa Francesco ripete sempre è tenerezza. È una grande sfida, perché l’ambiente digitale potrebbe essere capito come macchine, fili, realtà tecnologiche… Sono, invece, realtà di persone e quindi la parola chiave che deve racchiudere tutto il senso della presenza della Chiesa è la tenerezza: portare a tutti, essere per tutti un veicolo della tenerezza di Dio, della Chiesa e della nostra stessa tenerezza verso gli altri, scoprire gli ambiti, dove e come si può esprimere questa tenerezza e fare legami – Network, appunto, Rete - fra le persone per trasmettere questo aspetto molto assente nella cultura temporanea che è la tenerezza.

D. – Negli ultimi anni, i Social Network hanno in qualche modo trasformato Internet da strumento a luogo. Cosa può dare un cristiano in questi nuovi "ambienti", seguendo anche l’esempio degli ultimi tre Pontefici ed in particolare di Papa Francesco?

R. – Se diciamo luogo, allora diciamo incontro! Quindi, che cosa possiamo portare noi? Come trasformare questo luogo dove le persone si trovano veramente in una maniera diversa, digitale. Se si osservano i giovani sono in relazione tra loro, comunicano, condividono immagini, video, una parola, un pensiero, un messaggio … Stanno comunicando tra loro, stanno trasmettendo affetti, pensieri, criteri di vita. Perciò quello che dobbiamo fare con questo strumento è generare incontro, che le persone possano capire che essendo un luogo le persone si devono incontrare e se le persone si incontrano si devono incontrare anche con Dio. Quindi come Chiesa la sfida è in questo: capire che è un luogo e quindi capire che dobbiamo generare un incontro con gli altri e con Dio!

D. – “Internet è un dono di Dio”, ha scritto anche Papa Francesco nel suo primo messaggio per le comunicazioni sociali. Come si può vivere dunque il Giubileo della Misericordia anche con questo dono, con Internet e in particolare sui Social Network?

R. – Giustamente se parliamo di questa realtà digitale come di un’altra dimensione, un’altra maniera di vivere la nostra umanità, lo sviluppo della vita cristiana deve seguire il ritmo dello sviluppo della vita normale, quindi la pastorale, la carità, devono trovare nei Social Network, nella realtà, uno spazio per uno sviluppo che abbia un proprio linguaggio perché non è semplicemente un passaggio da un mezzo ad un altro, da una maniera ad un’altra. C’è una maniera propria per esprimersi. Dunque, aiutando gli altri, con atti di aiuto concreto, la distribuzione del messaggio c’è! Aiutare la gente a conoscere questa misericordia, questo perdono. Vediamo come con i Social Network si può veramente arrivare a tanti che non avevano proprio idea che Dio Padre perdona il peccato, accoglie con misericordia e tenerezza chi è lontano. È veramente una possibilità, perciò è un dono di Dio. Noi possiamo parlare della misericordia, della tenerezza del Padre ovunque e con atti concreti poter individuare e fare "catene di carità", di tenerezza, di aiuti per convogliare gli sforzi d’amore per chi ha bisogno. Internet in tutte le sue versioni e tecnologie ci permette di fare veramente una rete umana che deve essere cristiana e di amore e di misericordia per portare l’amore del Padre fino agli estremi confini della terra.

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Radio Vaticana. P. Lombardi: fiducia in riforma media vaticani

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Messa natalizia stamani nella Cappella dell’Annunciazione alla Radio Vaticana, presieduta da padre Andrzej Majewski, neodirettore dei Programmi e concelebrata da padre Federico Lombardi, direttore generale della nostra emittente, e a seguire lo scambio di auguri fra tutti i dipendenti nella Sala Marconi di Palazzo Pio. Il servizio di Roberta Gisotti

Nella sua omelia a commento del brano evangelico del Magnificat di Maria, padre Majewski ha invitato la comunità della Radio a riflettere su quali sono le grandi cose che il Signore opera nella nostra vita a partire non dal privilegio di lavorare a servizio del Papa e per il Vaticano, o di vivere grandi eventi come il Giubileo della Misericordia, o di poter seguire il Papa nei sui viaggi e venire a contatto con grandi personalità, ma piuttosto nel riscoprire che Dio manifesta la sua grandezza nella piccolezza, operando una rivoluzione nei nostri cuori.

A tracciare quindi nella Sala Marconi un bilancio dell’Anno passato e a volgere uno sguardo d’incoraggiamento su quello nuovo è stato padre Lombardi. Il 2015, ha ricordato, è stato un anno di grande impegno organizzativo, tecnico e giornalistico per tutta la Radio a servizio di un Pontificato che si è fatto "globale", che ha visto Francesco presente in quattro continenti ed è stato anche “l’anno in cui, dopo quattro Commissioni durate tre anni”, si è “arrivati alla fatidica riforma delle comunicazioni sociali del Vaticano”: 

“Siamo molto contenti di vedere che le cose vanno avanti, anche per impulso del Papa, e quindi siamo parte di un progetto che si rinnova e che continua. Lo sappiamo bene, perché abbiamo qui in casa i rappresentanti, i capi che conducono questo nuovo progetto. E io vorrei veramente – sapendo che il 2016 sarà un anno in cui questo progetto andrà avanti, anche coinvolgendoci – che vivessimo l’inizio di questo anno con grandissima fiducia e anche con entusiasmo, avendo con noi, per collaborare e guidarci, persone che credono nel nostro lavoro, credono nella comunicazione al servizio del Santo Padre e sono anche consapevoli di quello che essa significa nella concreta realtà. Quindi, non abbiamo motivo di avere paura, di sentirci insicuri o frustrati. Dobbiamo essere anzi molto sereni e contenti di collaborare a un progetto importante di rinnovamento, al servizio del Papa e dell’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi. Con questo spirito, quindi, cominciamo l’anno nuovo augurandoci, augurando anche a chi si deve occupare di portare questo tipo di servizio, di poterlo fare nel modo migliore”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Ammazzateci tutti o lasciateci andare: in Kenya ostaggi cristiani salvati da musulmani.

Non solo numeri: hanno superato il milione i profughi e i migranti arrivati in Europa nel 2015.

Sulle orme di Costantino: gli auguri di Loris Francesco Capovilla con l'omelia tenuta, il 25 dicembre 1934, da Giovanni XXIII nel suo ultimo Natale a Sofia prima di raggiungere Istanbul.  

La ferita del Natale 1833: Melo Freni su Manzoni e i versi sulla Natività.

Un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "Quel piccolo bastone ricurvo": restaurato un rilievo frammentario in San Sebastiano. 

Elena Buia Rutt sul romanzo dell'indipendenza: il 23 dicembre 1815 usciva "Emma" di Jane Austen.

Recupero e prevenzione contro la droga: il cardinale segretario di Stato al centro italiano di solidarietà don Mario Picchi.

Segni di Dio: le nascite di Gesù e Maometto celebrate nella stessa data.

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Oggi in Primo Piano



Spagna: difficoltà per la formazione del nuovo governo

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Dopo le elezioni di domenica scorsa, domina l’incertezza politica. I Popolari del premier Rajoy, vincitori, ma fortemente ridimensionati, cercano di raccogliere consensi per la formazione di un governo di coalizione da parte degli altri partiti: i socialisti, avversari storici, la nuova sinistra indipendentista di Podemos e i centristi di Ciudadanos. Sulle ipotesi del possibile esecutivo, Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’ispanista Claudio Venza dell’Università di Trieste, condirettore della rivista “Spagna Contemporanea”: 

R. – Ci potrebbe essere un governo del Pp con l’accordo di Ciudadanos, oppure un’unione verso sinistra anche con gli autonomisti. Al di là della questione dei numeri, direi che con queste elezioni si è rivelata la fine del bipartitismo. Adesso la cornice parlamentare comprende quattro protagonisti e l’accordo può esistere in un senso paradossale contro il  Pp che in teoria ha vinto, ma in realtà ha perso.

D. – Ci sono invece delle chance per i socialisti - secondo partito - nel creare il governo? E con quali alleanze politiche?

R. – Il Psoe è un po’ l’ago della bilancia, perché è un po’ diviso tra chi vorrebbe accettare una sorta di grossa coalizione, come pare richieda anche il Paese guida in Europa, la Germania, oppure chi vorrebbe invece orientarsi verso un accordo più caratterizzato, più progressista - per così dire - accordandosi con Podemos, questo nuovo movimento, sorto dalle grandi mobilitazioni di qualche anno fa e che rappresenta la parte più viva, più attenta e più disponibile ad una sorta di protagonismo della società spagnola.

D. – Tra l’altro Podemos pone come condizione, per la partecipazione a qualsiasi governo, l’effettuazione del referendum in Catalogna …

R. – Questo è un tema centrale. Accanto alla Catalogna, ricordiamo che c’è anche la situazione dei Paesi Baschi, che non è assolutamente risolta né pacificata. Non è un caso che sia la Catalogna, che i Paesi Baschi, sono le due regioni nelle quali questo neo-partito si è affermato sugli altri, anche sui grandi apparati del Pp e del Psoe.

D. – Molti osservatori parlano della possibilità di un governo di minoranza …

R. – Potrebbe essere una soluzione estrema, in attesa di una chiarificazione, che forse dovrebbe avvenire con ulteriori consultazioni elettorali, ma è un’ipotesi che si fonda sempre su un sostanziale accordo. Se tutti gli altri votano contro in modo massiccio, anche questo governo di minoranza non starebbe a lungo in piedi.

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Frana in Cina, la metropoli industriale sotto il fango

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In Cina 85 persone sono ancora disperse sotto i detriti crollati nello smottamento di domenica scorsa nell’area industriale di Shenzhen, a sud est del Paese, molto vicino ad Hong Kong. Un’ondata di fango alta 20 metri che ha distrutto 33 palazzi e danneggiato anche il gasdotto principale della PetroCina, costringendo 1500 abitanti della zona ad evacuare. I cittadini sul web denunciano i danni, mentre le autorità cinesi ridimensionano i numeri e manipolano le notizie sul disastro avvenuto. Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Francesco Sisci, corrispondente in Cina per il Sole24Ore: 

R. – E’ una crescita e un'espansione industriale che è avvenuta molto, molto in fretta e in maniera spesso selvaggia. C’è stata, quindi, a Shenzhen, evidentemente - e probabilmente anche in altre zone della Cina – una mancanza di controlli. Chi ha costruito questi palazzi è possibile che abbia ignorato dei regolamenti, ma è possibile anche che questi limiti, questi regolamenti semplicemente non esistessero, nessuno se li era mai posti. Ovvero non ci sono regole da evadere perchè non esistono ancora, non ci sono limiti nelle costruzioni industriali in Cina.

D. – Sul web gli abitanti del luogo si mobilitano per denunciare i danni. Invece, il governo cinese come sta filtrando le notizie rispetto a questa frana?

R. – Certamente il governo cerca di controllare come viene diffusa una certa notizia e sicuramente in generale non c’è libero accesso all’informazione. Però, secondo me, rispetto a questa frana, non c’è un grande filtraggio di notizie. Più che altro per le migliaia di persone coinvolte e per il luogo in cui è successa la frana, le notizie di Shenzhen filtrano facilissimamente ad Hong Kong e poi da Hong Kong arrivano in tutto il mondo. In questo modo, una censura sistematica sarebbe estremamente difficile in questo caso specifico e quindi molti giornalisti riporteranno le notizie come stanno. 

D. – Si tratta di una catastrofe creata solo dall’uomo, secondo lei?

R. – Quella cinese è una economica che è passata dall’essere comunista a capitalista, ma senza una pianificazione, un’organizzazione, lasciando grande libertà all’iniziativa individuale, imprenditoriale che spesso non si è posta tanti problemi. 

D. – Mi può spiegare che forma sta prendendo l’economia del Sud della Cina e a quale costo?

R. – In 30 anni la Cina si è costruita così, cioè senza regole. E oggi mezzo miliardo di persone abitano in palazzi costruiti dove? Boh. Bisognerebbe indagare su ogni songola costruzione per verificare abusi edilizi, sicuramente molto diffusi.

D. – Come saranno evitati disastri del genere in futuro? 

R. – Le rigiro una domanda: come funziona la Cina? Perché questo è il problema vero. Infatti è solo ex post, ovvero dopo che è successo un disastro che vengono redatte le norme. Queste leggi naturalmente non sono, né possono essere, retroattive. Cioè nessuno andrà a sindacare sul palazzo che è stato costruito fino a questo momento. Sarebbe impossibile! Questa norma potrà eventualmente valere per il futuro. Per i futuri palazzi, per le future costruzioni, probabilmente ci saranno delle norme nuove su dove si deve costruire e dove non si deve costruire, ma la Cina è ancora indietro su questo.

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L'Ue prolunga le sanzioni a Mosca e fa accordo con Kiev

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Sanzioni Ue alla Russia per altri sei mesi. Inoltre, l'accordo di libero scambio Ue-Ucraina entrerà in vigore dal primo gennaio, nonostante l'opposizione russa. Sono falliti, infatti, i negoziati trilaterali che hanno visto, in un anno e mezzo, 22 incontri per trovare soluzioni alle preoccupazioni di Mosca per l'intesa Kiev-Bruxelles. Delle tensioni ma anche delle sfide globali che vorrebbero l’Europa e la Russia complici, Fausta Speranza ha parlato con Massimo De Leonardis, docente di Relazioni internazionali all’Università La Sapienza di Roma: 

R. – In un momento in cui sembrava che fosse ripreso un dialogo, una collaborazione con la Russia - che evidentemente è necessaria per il problema più grave che esiste al momento, quello del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica - si rinnovano queste sanzioni e questo sembra molto discutibile. Insomma, da una parte si chiede la collaborazione della Russia, dall’altra si continua ad ostracizzarla. Sembra una politica alquanto incoerente.

D. – C’è da dire che, però, resta l’inadempienza da parte di Mosca degli accordi di Minsk sulla questione ucraina…

R. – Per quanto riguarda l’inadempienza di questi accordi, credo che – come sempre in questi casi – le versioni siano alquanto diverse. Si tratta di accordi che lasciano molti margini di ambiguità. Forse, la cosa più opportuna sarebbe stata trattare,  negoziare, trovare un’intesa attraverso gli organismi che sono previsti da questi accordi, invece di ricorrere a decisioni unilaterali.

D. – Parliamo di risvolti economici, sia delle sanzioni imposte da Bruxelles a Mosca sia dell’embargo dei prodotti agroalimentari dai Paesi dell’UE verso la Russia…

R. – Quando ci sono questi scontri economici nessuno vince. Se adottiamo uno sguardo storico di lungo periodo, noi vediamo che difficilmente, molto raramente, le sanzioni economiche, solo le sanzioni economiche hanno costretto dei Paesi a cambiare la propria linea politica. Certamente, quindi, queste sanzioni danneggiano alcuni Paesi soprattutto dell’Unione Europea – tra i quali, in primis, c’è l’Italia – e danneggiano – come si vuole - la Russia, perché la Russia è un Paese che importa molte derrate alimentari. Quindi è certamente una situazione negativa. Putin ha dichiarato l’altro giorno che la Russia è uscita dalla crisi, ma per ora segnali precisi in questo senso non se ne vedono.

D. – C’è da dire che le sanzioni sono lo strumento che ci siamo “inventati” dopo le guerre: prima il conflitto rappresentava la risposta a mosse come l’annessione della Crimea da parte della Russia, adesso si agisce con le sanzioni…

R. – Certo, meglio le sanzioni delle guerre. Le sanzioni, però, da sole non bastano. In fin dei conti, anche le sanzioni sono una guerra di tipo economico. Fin dal 1932, un famoso politologo, Carl Schmitt, prevedeva appunto che in futuro per costringere alla resa un Paese si sarebbero utilizzati strumenti di tipo economico e non più esclusivamente le armi. Ed è quello che è avvenuto in molti casi. Ripeto, però, il successo di queste misure è molto dubbio. Si arriva sempre ad una fase in cui c’è una trattativa. E’ difficile che ci sia un Paese che sotto il peso delle sanzioni, da un momento all’altro, cambia completamente.

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Kenya: musulmani difendono cristiani da attacco di al Shabaab

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Sta facendo il giro del mondo la notizia che in Kenya un gruppo di musulmani ha evitato l’ennesima carneficina di civili cristiani ad opera del gruppo jihadista Al Shabaab. E’ accaduto nel nordest del Paese, al confine con la Somalia. I miliziani hanno assalito un bus intimando ai musulmani di separarsi dai cristiani per ucciderli, ma nessuno si è mosso. Anzi, secondo testimoni, la risposta è stata: “Uccideteci tutti o lasciateci andare”. Un episodio che sorprende e lascia ben sperare, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso, il parroco di Iriamurai, nella diocesi di Embu, don Piero Primieri: 

R. – La stampa locale, soprattutto il giornale più diffuso, il “Daily Nation”, riporta la notizia con grande evidenza, a tutta pagina, scrivendo come i musulmani abbiano fatto scudo ai cristiani contro al Shabaab, anche se uno è stato ucciso e tre feriti. Ma la notizia è veramente di grande incoraggiamento, è una gioia, vedere come le cose stanno cambiando.

D. – Non è la prima volta che succedono attacchi in quell’area. Che zona è?

R. – E’ proprio nordest del Kenya, incuneata tra la Somalia e l’Etiopia. Una zona un po’ difficile, perché oltre ai somali ci sono anche e spesso gli Oromo che si muovono dall’Etiopia e vengono giù. Quindi, è una zona molto difficile. Nello stesso posto, sono stati già fatti altri attacchi.

D. – Quanto è importante che la forza, la decisione di questa iniziativa parta dai musulmani?

R. – E’ veramente di grande incoraggiamento. In verità, il governo sta facendo con gli imam e i leader musulmani locali uno sforzo per cercare di contenere e anche recentemente in tutto il Kenya i leader musulmani hanno invocato veramente un cambiamento di atteggiamento. Chissà, un po’ loro, un po’ la visita del Papa, ecco qualcosa sta cambiando anche tra i musulmani.

D. – Lei ha citato la visita del Papa: mi veniva in mente l'incontro con i giovani segnato proprio dalle parole del Papa che invitava a essere un’unica nazione, a sentirsi un’unica nazione. Ma anche il presidente Kenyatta lo ha chiesto e sottolineato...

R. – Sì, sì. Io penso che quella visita del Papa abbia portato tante conseguenze. Qui attorno sento la gente che sta commentando positivamente quanto accduto e dice: è veramente frutto della visita del Papa, di quanto ha detto e dell’atteggiamento che ha avuto nei confronti di tutti, perché ha saputo veramente toccare, appellarsi alle cose più profonde della persona umana. Deve avere avuto un grande impatto sulla gente.

D. – Quanto accaduto è anche di auspicio un po’ per quello che sta succedendo oggi nel mondo. Si dice: contro il terrorismo tutti devono fare corpo. E se gli atteggiamenti nuovi fossero anche proprio quelli dei musulmani, contro un terrorismo che distrugge il cuore dell’islam, forse le cose cambierebbero?

R. – Vedere che una sessantina di passeggeri si tengono assieme e i musulmani che gridano e scacciano via i guerriglieri è veramente un segno di un cambiamento, anche perché ci vuole tanto coraggio…

D. – Lei dice “coraggio”: che clima si respira quando tutti i giorni si ha a che fare con attacchi di questo tipo?

R. – Qui nel Paese stiamo passando un momento molto difficile, anche perché politicamente stanno venendo fuori un sacco di abusi che sono stati fatti in passato e la gente è molto scoraggiata e sconcertata. Io penso che una notizia del genere darà coraggio e coscienza, anche, che bisogna incominciare dalla base a cambiare attitudine e atteggiamento nei confronti degli altri. La fraternità comincia così. Non è facile, perché naturalmente sono tutti più portati alla divisione, al contrasto... Ma quell’appello del Papa a non chiudersi nel tribalismo, nel clanismo, forse sta portando qualche frutto.

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Italia, un migrante su 4 accolto in strutture ecclesiali

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Sono "oltre 23 mila i richiedenti asilo e rifugiati accolti nelle diocesi italiane". Lo precisa una nota congiunta degli uffici stampa di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, che sottolinea come "1 su 4 dei richiedenti asilo in Italia sia accolto in una struttura ecclesiale”. Il servizio di Alessandro Guarasci

La Chiesa accoglie più di quanto in tanti sappiano. Caritas e Migrantes rispondono all’articolo di ieri di Repubblica, dal titolo: "Porte chiuse agli immigrati la solidarietà flop delle parrocchie”. In alcune regioni come la Lombardia, gli organismi della Chiesa accolgono una persona su due. “Senza contare – dicono Caritas e Migrantes – che accanto alle accoglienze in emergenza c'è da sempre un impegno ordinario in favore di migliaia di persone in difficoltà”. Olivero Forti, responsabile immigrazione della Caritas:

R. – Come Caritas, abbiamo proposto alle famiglie e alle parrocchie di attivarsi. Già oggi circa mille beneficiari potranno entrare in queste nuove forme di accoglienza. Quindi, la nostra opera non si ferma e non si fermerà anche nei prossimi mesi. È evidente che il nostro limite è quello collegato alla qualità dell’accoglienza. Noi ci impegniamo nel momento in cui sappiamo di poter garantire a queste persone una buona accoglienza. Non possiamo dare spazio in questo frangente all’improvvisazione.

D. – Spesso, sono le prefetture a porre dei paletti, viste anche le attuali norme?

R. – Con le Prefetture abbiamo diverse migliaia di accoglienze oggi attivate. Per poterle attivare – si tratta di prime accoglienze – è necessario rispondere a determinati requisiti e criteri collegati giustamente alla tipologia di struttura che andrà ad accogliere e la tipologia di servizio che verranno garantite. Questo sempre nell’ottica di dare una qualità che rispetti gli standard nazionali ed internazionali. Questa preoccupazione per noi rimane sempre, anche laddove le nostre accoglienze non siano frutto di accordi con Prefetture o altri soggetti pubblici.

D. – Quali obiettivi vi ponete per il 2016 a questo punto?

R. – Il 2016 sarà un anno importante, perché bisognerà continuare a rispondere a un fenomeno che ormai si è stabilizzato su numeri pari ad almeno 150 mila ingressi l’anno. Quindi, sappiamo che il sistema istituzionale, nonostante il nostro supporto, non è ancora in grado di dare una risposta a tutti. Cercheremo di attrezzarci – come già stiamo facendo – per aumentare ulteriormente i 23 mila posti che oggi stiamo garantendo al Paese.

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Torna la "Guida Michelin per i poveri" a cura di Sant'Egidio

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E’ giunta alla sua 26.ma edizione la cosiddetta "Guida Michelin" per i poveri, l'opuscolo a cura della Comunità di Sant’Egidio che offre informazioni dirette ai senza fissa dimora su dove mangiare, dormire e lavarsi a Roma. Un appuntamento annuale, la presentazione di oggi, che ha richiamato ad una riflessione sulla povertà. Il servizio di Francesca Sabatinelli

Tredicimila le copie in distribuzione a operatori dei servizi sociali e ai poveri che sono, con la Comunità di Sant’Egidio, gli autori di questa Guida, che suggerisce i luoghi più importanti per chi vive per strada. Seicento indirizzi fondamentali per un esercito di 7.700 senza dimora, cifra che si può definire drammaticamente stabile negli anni e che negli ultimi tempi è stata ingrossata da separati, immigrati, ma anche giovani e anziani. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

“Ci sono essenzialmente tre categorie di persone che vivono in isolamento. La prima riguarda i giovani, che spesso hanno alle spalle situazioni di separazione matrimoniale o di rapporti di coppia andati male e soprattutto della mancanza del lavoro, che si ritrovano in situazioni di estrema vulnerabilità e finiscono per la strada. Abbiamo notato una diminuzione dell’età di chi vive per strada. La seconda categoria riguarda gli immigrati, perché purtroppo la nostra legge sui ricongiungimenti familiari non permette alle famiglie in senso largo di venire, di partecipare alla vita sociale nel nostro Paese e quindi spesso si tratta di stranieri senza famiglia che si ritrovano per strada. La terza categoria riguarda gli anziani, le principali vittime dell’isolamento. Tutti i dati ci dicono che la maggior causa di morte oggi tra gli anziani è proprio la solitudine. Quindi, da una parte c’è la crisi della famiglia, ma dall’altra anche la mancanza di reti nei condomini, nei palazzi, un’attenzione maggiore che tutta la nostra società – come Papa Francesco ci ripete continuamente – deve avere verso gli anziani”.

“Meno reti sociali più povertà” lo slogan con il quale la Comunità di Sant’Egidio presenta la Guida 2015, sottolineando dati sui quali è necessario riflettere: soltanto 2.500 persone trovano riparo presso centri di accoglienza notturna, in oltre 5.000 sono sui marciapiedi o in ripari di fortuna:

“Da una parte, c’è stato lo scandalo di Mafia capitale che ha interrotto tanti rapporti che il Comune aveva con cooperative che fornivano questo tipo di servizi. La magistratura sta indagando, per cui quei rapporti – giustamente – non sono stati ripresi. Recentemente, è stato fatto un bando da parte del Comune per questo, ma è andato deserto perché non esistono oggi cooperative che lavorano a questo livello. Per paura? Per compromissione? Non si sa. Questo è preoccupante, perché sono diminuiti i posti istituzionali che il Comune dava per dormire (100 posti in meno rispetto allo scorso anno - ndr). Sono invece aumentati grazie al nuovo centro che il Papa ha voluto a Via dei Penitenzieri o in tante parrocchie e altri luoghi dove persone di buona volontà hanno aperto le loro case e le loro strutture. Però, naturalmente, lo scollamento tra chi vive per strada e il numero dei posti letto è ancora enorme nella nostra città di Roma. Abbiamo fiducia che la predicazione del Papa, ma anche l’esempio di tante associazioni da Sant’Egidio in poi, possa suscitare nei cittadini nuove forme di risposta laddove le istituzioni non riescono o non fanno”.

Accanto a una frammentazione sociale che ha portato a un aumento dei poveri, cammina una crescita di solidarietà a Roma, negli anni sono sempre più le realtà che tendono la mano ai meno fortunati. Le persone sono più recettive ai messaggi positivi e quello di Papa Francesco è il più significativo. Ancora Impagliazzo:

“Oggi, tanta gente capisce quello che il Papa dice. I suoi discorsi restano nel cuore, toccano il cuore, restano nella mente delle persone e spingono ad agire. Il problema è che spesso le persone che vorrebbero fare qualcosa non trovano i luoghi dove farlo. Vediamo che nella Comunità di Sant’Egidio c’è stato un aumento di domande di persone che vogliono aiutare e noi siamo una risposta. Ma il mio appello è che le parrocchie, l’associazionismo cattolico si ricordino che, al di là di tanta o poca burocratizzazione, ci deve essere una risposta personale. Apriamo le porte delle parrocchie, dei nostri luoghi, delle nostre strutture diamo la possibilità alla gente che vuole di aiutare. Tante volte siamo noi a non permettere alla gente di aiutare. In questo senso, il fatto che Sant’Egidio metta a tavola tra chi serve e chi è servito 20 mila persone quest’anno a Roma nel giorno di Natale è veramente qualcosa di eccezionale”.

Misericordia significa anche ricostruire le reti sociali che si sono rotte, resta questa l’unica risposta all’isolamento e alla povertà estrema, le grandi malattie delle città.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: nuova chiesa maronita tra le rovine a Damasco

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Nel bel mezzo delle rovine e della distruzione, dopo tre anni di guerra, a Damasco sorgerà una nuova chiesa maronita. Sarà inaugurata l'8 gennaio nel quartiere di Kachkoul, alla periferia est di Damasco, e sarà intitolata ai Beati Fratelli Massabki, martiri di Damasco, uccisi nel 1860. E' quanto riferisce all'agenzia Fides mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, definendo l'evento “un autentico dono del Natale: sarà un'oasi di preghiera e un segno di gioia e di speranza in mezzo a un mondo di violenza, di intolleranza e di paura”. “In mezzo alle rovine, questa nuova cappella si presenta come la stella dei Magi, che conduce al Bambino Divino” rimarca.

E' la prima di tre cappelle a Damasco
“Nonostante la guerra, nonostante i gravi problemi sociali ed economici – racconta l'arcivescovo all'agenzia Fides – i nostri sacerdoti e fedeli hanno avviato tre progetti per sviluppare tre cappelle in tre quartieri di Damasco. Ora sorge la prima. Le altre due saranno nei quartieri di Douwaylaa e Jaramana. Questi luoghi servono a rinsaldare le comunità dei fedeli, a organizzare catechesi e incontri sulla Bibbia e serate di preghiera e fraternità. In questo tempo difficile, di precarietà e violenza, Cristo continua ad attrarre sempre di più”.

Quest'anno a Damasco sarà un Natale di Resurrezione
“Costruire una chiesa in tempi di guerra e di desolazione – conclude l'arcivescovo – esprime il desiderio di vincere la morte e il coraggio di vivere la fede. I nostri coraggiosi fedeli hanno scelto di restare in città, di andare contro corrente e di riporre la loro fiducia in Gesù Cristo, in questa notte oscura. Quest’anno Natale a Damasco sarà anche una festa di Resurrezione”. (P.A.)

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Nicaragua e Costa Rica, pronte al dialogo, ringraziano il Papa

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All’Angelus di domenica scorsa, 20 dicembre, il Santo Padre Francesco aveva espresso il suo sostegno all'impegno di collaborazione tra Costa Rica e Nicaragua, auspicando che “un rinnovato spirito di fraternità rafforzi ulteriormente il dialogo e la cooperazione reciproca, come anche tra tutti i Paesi della Regione". Le parole del Papa facevano riferimento alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia con cui è stata riconosciuta la sovranità della Costa Rica sull'isola fluviale Portillos (o Calero), nella costa caraibica. Il Nicaragua deve quindi risarcire la Costa Rica per "i danni materiali causati dalle attività illegali nel territorio del Costa Rica". Inoltre il Nicaragua ha violato il territorio della Costa Rica con una presenza militare, e i suoi diritti di navigazione sul fiume San Juan.

Il Nicaragua è pronto a rispettare la dichiarazione della Corte internazionale
"Questo fine settimana abbiamo appreso anche del richiamo del Santo Padre Francesco a Nicaragua e Costa Rica per una convivenza migliore" ha detto la coordinatrice delle Comunicazioni del governo, Rosario Murillo. "In questo senso ribadiamo che dal giorno in cui la Corte Internazionale di Giustizia si è pronunciata, il nostro governo ha pubblicato una dichiarazione, che negli ultimi due paragrafi si riferisce specificamente all'impegno del Nicaragua in questa direzione".

Nicaragua e Costa Rica devono ripristinare il dialogo e la convivenza
​“Il governo del Nicaragua ritiene che questa decisione come un mandato per chiudere questo capitolo, come la Corte ha stabilito e ha deciso. Adesso Nicaragua e Costa Rica devono prepararsi a ripristinare il dialogo e la convivenza che ci permettano di garantire il rispetto, la tranquillità e la pace, come corrisponde alle relazioni tra i popoli dell'America Centrale" ha detto Murillo. "Vogliamo dire al Santo Padre che siamo pienamente disponibili, come abbiamo ribadito, a contribuire per garantire il rispetto, la tranquillità e la pace" ha concluso la coordinatrice delle Comunicazioni. Anche il governo della Costa Rica ha emesso un comunicato per ringraziare il Santo Padre del suo messaggio e della chiamata alla cooperazione regionale. (C.E.)

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Slovacchia: nuovo progetto a sostegno degli immigrati

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“L’Europa ha attraversato la più grande ondata migratoria degli ultimi decenni. Le nostre esperienze dicono che deve essere prestata molta attenzione all’integrazione e alla scelta di misure che aiutino gli immigrati a diventare, quanto prima, parte integrante della nostra società”: lo dice Radovan Gumulak, segretario generale di Caritas Slovacchia.

Il progetto finalizzato all’integrazione degli immigrati nelle comunità locali
La Caritas – si legge sul sito ripreso dall’agenzia Sir - ha lanciato un progetto dedicato al percorso  di integrazione chiamato Rafael III, che dovrebbe durare fino al 30 novembre 2016. “Lo scopo è quello di aiutare queste persone a trovare una nuova casa in Slovacchia e a evitare la creazione di comunità chiuse e di divisioni sociali”, spiega Gumulak. Il progetto è svolto da alcuni consultori per l’integrazione di Bratislava, Zilina e Kosice. Le attività includono l’insegnamento della lingua slovacca e l’offerta di consulenza legale, psicologica e sociale.

Particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili di immigrati
“Sarà prestata particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili di immigrati, tenendo conto delle loro situazioni e problemi specifici. Vorremmo, inoltre, lavorare sul processo di accoglienza dei richiedenti asilo da parte della maggioranza dei cittadini, per costruire ponti di comprensione e di rispetto reciproco” aggiunge Jana Verdura, coordinatrice del progetto Rafael III. (A cura di Lisa Zengarini)

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India. Card. Gracias: Natale, festa della Misericordia

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Il Natale “è un dono della misericordia di Dio. Si tratta di una festa rivoluzionaria”, perché “la misericordia può trasformare il mondo”:  è quanto ha detto il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, aprendo, il 20 dicembre, la Porta Santa della Basilica di Mount Mary a Bandra, in India. Al centro della riflessione del porporato, il significato profonda della Natività cui il Giubileo straordinario della misericordia dona un valore aggiunto.

Misericordia, fulcro del messaggio evangelico
“Mentre ci avviciniamo alla festa del Natale – ha detto il card. Gracias, citato dall'agenzia AsiaNews – apriamo la Porta Santa della Misericordia”. Essa “è il fulcro del messaggio del Vangelo. È il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si rivela nel Vecchio Testamento e pienamente in Gesù Cristo, l’incarnazione dell’amore creatore e redentore”.

Tutti abbiamo bisogno di misericordia
​Ricordando, inoltre, come il tema della misericordia di Dio sia al centro del pontificato di Papa Francesco, nella sequela dei suoi predecessori, Benedetto XVI e San Giovanni Paolo II, l’arcivescovo di Mumbai ha sottolineato: “Misericordia è il significato più profondo di amore, è l’effusione continua dell’amore di Dio”. Di qui, il richiamo del porporato: “Ognuno di noi ha bisogno di misericordia” ed è quindi “importante aprire i nostri cuori a ricevere la misericordia di Dio e a donarla agli altri”, così da essere veri essere “discepoli della misericordia di Cristo, agenti dell’amore di Dio per il prossimo”. (A cura di Isabella Piro)

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Vescovi Argentina: senza Gesù il Natale non ha senso

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“Il Natale è Gesù. Senza di Lui, questa festa non ha senso”: scrive così la Commissione permanente della Conferenza episcopale argentina (Cea) in un breve messaggio diffuso in vista del Santo Natale. In particolare, i presuli esortano i fedeli a “condividere la gioia della nascita di Gesù con i nostri fratelli e sorelle cristiani e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà”.

Gesù, il regalo di Natale da scambiare gli uni con gli altri
Al centro di questa solennità, spiega la Cea, c’è “la gioia di sapere che la misericordia di Dio si è manifestata all’uomo in modo così vicino e tenero da scegliere una famiglia per entrare nella nostra storia, per sempre”. Di qui, la sottolineatura importante che la Chiesa di Buenos Aires fa: “Il regalo che dobbiamo scambiarci è, innanzitutto, Gesù stesso”, perché “Lui è venuto tra noi affinché lo portassimo agli altri” ed in Lui “possiamo contemplare la riconciliazione definitiva tra Dio e l’uomo”.

Il Natale parla all’uomo della sua dignità di figlio di Dio  
Ma il Natale, ribadiscono ancora i vescovi argentini, “ci parla anche della nostra dignità: Dio si è fatto uomo perché noi uomini arrivassimo ad essere figli di Dio e vivessimo come fratelli”. Di qui, il richiamo a celebrare questa solennità “impegnandosi per la fraternità e praticando le opere di misericordia”, tanto più che “in questo Anno Santo della misericordia dobbiamo comprendere che l’uomo possiede solo ciò che dona a Dio ed agli altri”, per essere – come dice Papa Francesco – “un’isola di misericordia nel mare dell’indifferenza”.

Consolare i malati e gli afflitti
Infine, la Cea esorta i fedeli a pregare affinché “la grazia del presepe si diffonda sulle nostre famiglie, curi i legami infranti, porti amore e gioia in tutte le case e doni consolazione ai malati, ai carcerati ed alle persone sole”. “La pace del Natale – conclude il messaggio – possa raggiungere tutti gli uomini”. (I.P.)

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Chiesa del Portogallo: scuola cattolica in grande difficoltà

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La scuola cattolica in Portogallo sta incontrando “grandi difficoltà di affermazione, a causa del contesto sociale e degli attuali problemi economici e demografici”. Lo sostiene mons. António Monteiro, vescovo di Aveiro, intervistato durante il programma televisivo Ecclesia (Rtp2).

I sostegni finanziari da parte dello Stato in continua diminuzione
“Stiamo vivendo una crisi che colpisce le università e ogni grado d’insegnamento: senza aiuti e investimenti è evidente che la qualità delle nostre scuole si va gradualmente impoverendo”. Il presule portoghese – riferisce l’agenzia Sir - ha spiegato che la scuola cattolica ha fatto “uno sforzo enorme per stare al passo con i tempi, per accogliere tutti gli alunni, per attualizzare i propri programmi, pur all’interno dei valori evangelici che intende trasmettere”; tuttavia, i sostegni finanziari da parte dello Stato sono andati sempre più diminuendo, insieme al manifestarsi di una tremenda crisi demografica. “Si tratta di una serie di difficoltà oggettive, dovute ai cambiamenti sociali e a un mutare della civiltà, che rendono difficile alle diocesi, alle congregazioni religiose e ai cristiani di associarsi e investire nella scuola cattolica”, ha aggiunto il responsabile della Commissione episcopale dell’Educazione cristiana e della dottrina della fede.

Necessario un maggiore sostegno pubblico all’educazione cattolica
Ricordando l’attualità dei documenti “Ex corde Ecclesiae” e “Gravissimum educationis”, mons Monteiro ha concluso auspicando quindi un maggiore sostegno pubblico all’educazione cattolica: “Compete allo Stato garantire l’insegnamento della religione nelle scuole, quale componente della formazione del cittadino, e in quanto dimensione fondamentale dell’essere umano, smettendo di considerare il fenomeno religioso come il parente povero dell’educazione”. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 356

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.