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Sommario del 21/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa elenca le 24 virtù necessarie per chi lavora nella Curia

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Dalla “missionarietà e pastoralità” alla “affidabilità e sobrietà”, passando per rispetto, fedeltà, sagacia, prontezza, onestà e molte altre ancora. È il lungo elenco delle “virtù” che Papa Francesco ritiene “necessarie” per chi lavora accanto al Successore di Pietro. La loro spiegazione è stata il fulcro della tradizionale udienza ai membri della Curia Romana per gli auguri di Natale. Il servizio di Alessandro De Carolis

Gli “antibiotici”, dopo le malattie. Dodici, anzi ventiquattro, “virtù necessarie” per “chi presta servizio in Curia”. Un anno dopo, Papa Francesco ribalta la prospettiva e gli auguri ai suoi primi collaboratori diventano la presentazione non più di ciò che rende una controtestimonianza il servizio ai vertici della Chiesa, ma di quello che è imprescindibile per renderlo autentico e credibile.

Lo scandalo non cancella l’impegno
Francesco – che pronuncia il suo discorso da seduto in Sala Clementina, scusandosi con i cardinali per l’influenza che lo costringe a questa "scortesia" – ricorda che il “catalogo delle malattie curiali” in realtà riguarda la comunità cristiana a ogni livello e riconosce che anche quest’anno “alcune” di queste malattie “si sono manifestate” ferendo “molte anime”. La riforma, afferma, “andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza” e assicura:

“Le malattie e perfino gli scandali non potranno nascondere l’efficienza dei servizi, che la Curia Romana con fatica, con responsabilità, con impegno e dedizione rende al Papa e a tutta la Chiesa, e questa è una vera consolazione”.

Le virtù del Buon pastore
Il grazie di Francesco è diretto, dice, “a tutte le persone sane e oneste che lavorano con dedizione, devozione, fedeltà e professionalità”, sostenendo con la loro “solidarietà e obbedienza” la missione del Papa e della Chiesa. Anzi, osserva, proprio le “cadute delle persone e dei ministri” sono “occasioni di crescita” per “tornare all’essenziale” che chiede l’Anno Santo della Misericordia. E proprio la parola cardine del Giubileo viene utilizzata in forma di acrostico dal Papa, ogni iniziale a ispirare una coppia di virtù, a cominciare da “missionarietà e pastoralità”.

“La missionarietà è ciò che rende, e mostra, la Curia fertile e feconda; è la prova dell’efficacia, dell’efficienza e dell’autenticità del nostro operare (...) La pastoralità sana è una virtù indispensabile specialmente per ogni sacerdote. È l’impegno quotidiano di seguire il Buon Pastore, che si prende cura delle sue pecorelle e dà la sua vita per salvare la vita degli altri”.

L’idoneità nemica delle tangenti
Seconda coppia individuata dal Papa è quella composta dall’“idoneità” e dalla “sagacia”:

“L’idoneità richiede lo sforzo personale di acquistare i requisiti necessari e richiesti per esercitare al meglio i propri compiti e attività, con l’intelletto e l’intuizione. Essa è contro le raccomandazioni e le tangenti. La sagacia è la prontezza di mente per comprendere e affrontare le situazioni con saggezza e creatività”.

Umani e non robot
La terza coppia di virtù si impernia sulla “spiritualità” – “colonna portante”, afferma, “di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana” – e sulla “umanità”:

“L’umanità è ciò che ci rende diversi dalle macchine e dai robot che non sentono e non si commuovono. Quando ci risulta difficile piangere seriamente o ridere appassionatamente sono due segni allora è iniziato il nostro declino e il nostro processo di trasformazione da “uomini” a qualcos’altro. L’umanità è il saper mostrare tenerezza e familiarità e cortesia con tutti”.

Razionali, amabili, determinati, onesti
Francesco esorta quindi all’“esemplarità” – per “evitare – ripete – gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza” – e alla “fedeltà” alla propria consacrazione e vocazione. Fondamentali, prosegue, sono anche la “razionalità” che salva dagli “eccessi emotivi” e l’“amabilità” che evita “gli eccessi della burocrazia, delle programmazioni e pianificazioni. E ancora, l’“innocuità” che – sostiene il Papa – “ci rende cauti nel giudizio” affrettato accompagnata dalla “determinazione” che invece spinge ad agire “con volontà risoluta” in “obbedienza a Dio”. Francesco enuncia poi “carità e verità” – la prima senza la seconda ridotta a “ideologia del buonismo distruttivo” e la seconda senza la prima trasformata in “giudiziarismo cieco” – per arrivare all’“onestà e maturità”:

“Chi è onesto non agisce rettamente soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui. L’onesto non spadroneggia mai sulle persone o sulle cose che gli sono state affidate da amministrare, come fa il ‘servo malvagio’. L’onestà è la base su cui poggiano tutte le altre qualità”.

Al proprio posto
Il Papa si scusa con simpatia “per il vizio dei neologismi” che conia in quantità, come quella che definisce la “rispettosità” in coppia con l’“umiltà”:

“La rispettosità è la dote delle anime nobili e delicate; delle persone che cercano sempre di dimostrare rispetto autentico agli altri, avere giusta considerazione degli altri, al proprio ruolo, ai superiori e ai subordinati, alle pratiche, alle carte, al segreto e alla riservatezza; le persone che sanno ascoltare attentamente e parlare educatamente”.

Il valore della sobrietà
“Impavidità e prontezza” sono le virtù che contrastano la paura delle difficoltà e spronano ad “agire con audacia”, “con libertà e agilità”. L’ultima, ma non ultima, coppia che Francesco fa scaturire dalla parola “misericordia” riguarda “affidabilità e sobrietà”. “Affidabile – nota – è colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova solo”. Sobrio è chi unisce “prudenza, semplicità, essenzialità, equilibrio e temperanza”:

“La sobrietà è guardare il mondo con gli occhi di Dio e con lo sguardo dei poveri e dalla parte dei poveri. La sobrietà è uno stile di vita che indica il primato dell’altro come principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli altri. Chi è sobrio è una persona coerente ed essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare e vivere con il senso della misura”.

“Siamo servitori, non messia”
Francesco fa precedere gli auguri finali dalla citazione di una preghiera attribuita al Beato mons. Romero ma pronunciata per la prima volta dal cardinale di Detroit, John Dearden. Una preghiera che sottolinea come il Regno di Dio sia “oltre i nostri sforzi” e “oltre le nostre visioni”:

“Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene”.

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Papa ai dipendenti vaticani: chiedo perdono per gli scandali

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Vi ringrazio per il vostro lavoro e vi chiedo perdono per gli scandali in Vaticano: così il Papa ai dipendenti della Santa Sede e del Governatorato incontrati con i familiari - nell’Aula Paolo VI - per gli auguri natalizi. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Il clima è gioioso, come sempre quando ci sono le famiglie e i bambini. Una “bella occasione” – ha sottolineato Francesco – per farci gli auguri:

“Prima di tutto desidero ringraziarvi per il vostro lavoro, per l’impegno che mettete per fare le cose bene, sempre, anche quando non c’è nessun riconoscimento”.

Poi un grazie particolare a quanti “da tanti anni fanno lo stesso tipo di lavoro, un lavoro spesso nascosto e cercano di fare le cose come si deve”:

“Sappiamo anche che per noi esseri umani non è facile, noi non siamo macchine – grazie a Dio! – e a volte abbiamo bisogno di un incentivo, o di cambiare un po’…”.

Il Papa ha lodato il “giusto orgoglio di fare al meglio le cose normali di ogni giorno”, “andiamo avanti” “insieme - ha chiesto - con pazienza, cercando di aiutarci a vicenda”:

“E mentre vi ringrazio, voglio anche chiedervi perdono per gli scandali che ci sono stati nel Vaticano.”

Vorrei - ha aggiunto Francesco - che il mio e il vostro atteggiamento, specialmente in questi giorni, fosse soprattutto quello di pregare”:

“Pregare per le persone coinvolte in questi scandali, perché chi ha sbagliato si ravveda e possa ritrovare la strada giusta”.

C’è poi un'altra cosa, “forse la più importante”, ha rimarcato il Papa:

“Vi incoraggio a prendervi cura del vostro matrimonio e dei vostri figli. Prendervi cura, non trascurare: giocare con i bambini, con i figli!”

“Il matrimonio è come una pianta”:

“Non è come un armadio, che si mette lì, nella stanza, e basta spolverarlo ogni tanto. Una pianta è viva, va curata ogni giorno: vedere come sta, mettere l’acqua, e così via”.

“Il matrimonio è una realtà viva”:

"La vita di coppia non va mai data per scontata, in nessuna fase del percorso di una famiglia".

Perché “il dono più prezioso per i figli non sono le cose ma l’amore dei genitori":

“E non intendo solo l’amore dei genitori verso i figli, ma proprio l’amore dei genitori tra loro, cioè la relazione coniugale. Questo fa tanto bene a voi e anche ai vostri figli!”.

“Il Giubileo - ha auspicato Francesco - va vissuto anche nella chiesa domestica, non solo nei grandi eventi!”. “Puntiamo - allora - sulla misericordia, nelle relazioni quotidiane, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle; e prendiamoci cura dei nonni”, “tanto importanti nella famiglia”:

“I nonni hanno la memoria, hanno la saggezza. Non lasciare da parte i nonni! Sono molto importanti”.

Infine una raccomandazione accorata: “curare la pace nella famiglia”, perché litigare è normale nella coppia e tra fratelli:

“Avete fatto la guerra durante la giornata, la 'guerra calda'? Non lasciare che questa guerra divenga fredda: perché la 'guerra fredda' del giorno dopo è più pericolosa della 'guerra calda'. Capito? Fare la pace la notte, sempre!".

Il saluto finale di Francesco:

“Grazie del vostro lavoro, perdono per gli scandali e andate avanti…”.

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Altra udienza di Papa Francesco

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Papa Francesco riceve in udienza mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria (Italia).

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Nominati direttore Ctv e vicedirettore Sala Stampa vaticana

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Papa Francesco ha nominato direttore del Centro Televisivo Vaticano (Ctv) Stefano D'Agostini e vice-direttore della Sala Stampa della Santa Sede Greg Burke.

Stefano D’Agostini, responsabile tecnico del Ctv, dove lavora dal 1983, ha finora curato la pianificazione e la  messa in atto della maggior parte delle dirette papali, sia come supervisor che come regista.

Greg Burke, giornalista americano, corrispondente di “Time” e poi di Fox News Channel dal Vaticano e dall’Italia, nel 2012 era stato nominato consulente per la Comunicazione della Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Assumerà l’incarico di vicedirettore dal prossimo primo febbraio.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Il dovere dell’esemplarità: in prima pagina, un editoriale del direttore sul singolare “acrostico della misericordia” proposto dal Papa nella tradizionale udienza natalizia. 

Tre stupori: all’Angelus il Papa benedice i bambinelli per i presepi.

Francesco Citterich sul rebus spagnolo: Rajoy vince le legislative ma senza maggioranza.  

Maria Barbagallo su una vita controcorrente: il 22 dicembre 1917 moriva a Chicago madre Francesca Cabrini.

Casa della misericordia: Giuseppe Cassio sull’incontro con i lebbrosi, fase decisiva della conversione del Poverello d’Assisi.

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Oggi in Primo Piano



Spagna. Finisce bipartitismo: vincono i Popolari, ma serve coalizione

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Le elezioni in Spagna hanno fatto emergere uno scenario politico non più bipolare. Sono infatti quattro i partiti chiamati ad una complessa fase di consultazioni per formare il governo. Il Partito Popolare si conferma il più votato, ma con un numero di seggi ben al di sotto dei 176 necessari per ottenere la maggioranza assoluta. Alta l’affluenza alle urne che si attesta attorno al 73%. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Dopo quasi quarant’anni di bipartitismo con l’alternanza tra popolari e socialisti saranno determinanti in Spagna, per la formazione del governo, anche altre forze politiche. Il partito popolare del premier Mariano Rajoy si conferma, infatti, prima forza politica del Paese ma ottiene solo il 28,7% dei consensi e non conquista la maggioranza assoluta. Al secondo posto, il Partito socialista guidato da Pedro Sanchez con il 22% dei voti. Risultato oltre le aspettative per il partito di sinistra Podemos che, conquistando più del 20% dei voti, diventa il terzo partito a livello nazionale e il primo in Catalogna. Ottengono invece meno del 14% dei consensi i moderati di Ciudadanos. Hanno votato oltre il 73% degli elettori. Si è registrato, rispetto al 2011, un incremento nell'affluenza di 5 punti.

Partito Popolare: inizia una tappa non facile
Il primo ministro ha dichiarato che tenterà di formare" un governo stabile" aggiungendo che inizia per il Paese "una tappa non facile". "Sara' necessario - ha spiegato - parlare molto e raggiungere accordi".

Socialisti: la Spagna vuole una svolta a sinistra
Il leader socialista Pedro Sanchez ha dichiarato che spetta ora al premier Mariano Rajoy tentare di formare il nuovo esecutivo. “La Spagna vuole una svolta a sinistra”. Il partito socialista è pronto per i negoziati.

Podemos: nato un nuovo Paese
"E' nata una nuova Spagna" e il Paese - ha detto il leader di Podemos, Pablo Iglesias - ha optato per "un cambio di sistema". Podemos - ha sottolineato - è la prima forza politica nei paesi Baschi e in Catalogna.

Ciudadanos: riforme necessarie 
Il leader di Ciudadanos, Alberto Rivera, ha affermato che milioni di spagnoli si sono espressi per il cambiamento. In questo nuovo contesto - ha aggiunto - le priorità sono il dialogo e le riforme.

Spagna scossa da crisi e proteste
L'unica soluzione che matematicamente garantirebbe i 176 seggi è una grande coalizione fra popolari e socialisti. Il premier Rajoy venerdì scorso, per la prima volta, non ha escluso in modo categorico questa ipotesi. A far irrompere sulla scena politica i due nuovi movimenti Podemos e Ciudadanos sono stati, secondo diversi osservatori, la crisi economica e le proteste di piazza. Restano inoltre molto alti i livelli di disoccupazione. 

Cruciale il ruolo del re Felipe VI
Per governare è dunque necessaria una coalizione. Può rivelarsi determinate nelle trattative  l’opera di mediazione del re Felipe VI. L'articolo 56 della Costituzione stabilisce, in particolare, che il re "arbitra e modera il funzionamento regolare delle istituzioni". 

Per un commento sul voto Giancarlo la Vella ha sentito il prof. Alfonso Botti, ispanista dell’Università di Modena e Reggio Emilia: 

R. – Era in gran parte un risultato previsto, perché tutti i sondaggi dicevano che i due partiti tradizionali - socialisti e popolari -  non avrebbero raggiunto la maggioranza assoluta dei 176 seggi necessari per governare; d’altra parte tutti i sondaggi davano come fortemente in crescita le due nuove forze politiche “Podemos” e “Ciudadanos”. Le urne hanno confermato queste previsioni e hanno presentato un volto nuovo della Spagna: la Spagna ha voltato pagina. E’ finito il periodo del bipartitismo ed inizia ora una situazione più complicata per quello che riguarda le formazioni delle maggioranze: non a caso un articolo de “El País” titola oggi “Bienvenidos a Italia” (Benvenuti in Italia), benvenuti cioè in una situazione politica nella quale è necessario mediare, fare alleanze e fare coalizione. Cosa, questa, che non è avvenuta mai nella storia spagnola degli ultimi 30 anni.

D. – Ci troveremo di fronte ad un governo inedito tra Popolari e Socialisti o addirittura ad un esecutivo di ancora più ampie intese?

R. – Questo è difficilissimo dirlo ora. La Costituzione spagnola, all’art. 49, dice che nella seconda votazione per l'investitura è sufficiente una maggioranza semplice. Io credo che Rajoy, cui tocca il compito di formare il governo, proverà a sondare e negoziare con le forze politiche, ma soprattutto con le forze politiche nazionaliste, che continuano e che continueranno ad avere un ruolo nel quadro politico spagnolo per ottenere questa astensione che gli potrebbe consentire l’investitura e quindi la conferma alla presidenza del governo. Ma lo stesso percorso – dovesse fallire Rajoy – sarà quello che farà Pedro Sanchez. In ogni caso se uscirà un governo, qualunque esso sia, sarà un governo profondamente diverso da quelli precedenti, perché dovrà basarsi appunto su alleanze e su coalizioni, su intese e su negoziati, che in passato sono stati molto ridotti e molto limitati. Se non dovesse riuscire, la Costituzione prevede due mesi di tempo dal primo voto di investitura per tornare nuovamente alle elezioni.

D. – Qual è stata la vera novità di queste elezioni?

R. – Io ne vedo due di novità. Da una parte il crollo del Partito Popolare, che ha preso sì più voti degli altri, ma non ha vinto; rispetto alle elezioni del 2011 ha perso quasi 16 punti percentuali, ha perso 63 seggi, ha perso tre milioni e mezzo di voti. Quindi è vero che ha preso più voti degli altri, ma li ha presi con un risultato estremamente negativo. Lo stesso – anche se in proporzioni ridotte e minori – è avvenuto per il Partito Socialista. Questo, quindi, da un lato. Dall’altro, io credo che il dato nuovo sia la straordinaria vittoria di “Podemos”, che in un anno è riuscito a conquistare quasi 5 milioni di elettori e 69 seggi.

D. – “Podemos”, tra l’altro, è il primo partito in Catalogna: questo vuol dire che l’effetto indipendentismo ha avuto la meglio…

R. – Da un certo punto di vista, perché “Podemos” in Catalogna è arrivato a fatica a riconoscere la necessità della celebrazione di un referendum, ad essere d’accordo su un referendum… Quindi bisogna fare molta attenzione, perché in Italia questo spesso si confonde. Ci sono tanti catalani e catalanisti che vogliono fare il referendum, ma che non sono d’accordo sull’indipendenza: rivendicano semplicemente un diritto a decidere. “Podemos” si è schierato su questa posizione, ma sono tantissimi quelli che all’interno di “Podemos” non sono indipendentisti. D’altra parte una delle forze più indipendentiste della Catalogna, “Convergència i Unió”, che si presentava con un’altra sigla con un coalizione e che è sempre stata il primo partito, è diventata il quarto partito…

D. – Come analizzare questo voto in chiave europea?

R. – Esce rafforzata, con la vittoria di “Podemos” e il risultato degli altri partiti, una adesione all’Europa che non sia sulle posizioni dell’austerità, ma che sia invece sulle posizioni dello sviluppo. Non bisogna dimenticare che tutte le forze politiche spagnole – tutte, sia le grandi che le piccole, quelle diffuse su tutto il territorio dello Stato e quelle nazionaliste – sono europeiste e di contro in Spagna non si è presentata e non ha alcuno spazio una forza politica antieuropeista.

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Twal: solidarietà per la Terra Santa, venite a trovarci senza paura

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Un’esortazione ad agire per la pace, un appello ai pellegrini a recarsi in Terra Santa e un’iniezione di speranza alle popolazioni del Medio Oriente. Questo in sintesi il messaggio di Natale del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che nell’Anno Santo della Misericordia non dimentica le vittime del terrorismo e chi è costretto a lasciare la propria terra a causa delle guerre. Al patriarca Twal, Giada Aquilino ha chiesto perché abbia scelto di rivolgersi innanzi tutto ai leader israeliani e palestinesi: 

R. – Abbiamo bisogno del loro coraggio per fare insieme un passo concreto, per far capire che sono seri e cercano il bene dei popoli, perché la gente ha perso fiducia e non crede più nei discorsi di questi grandi leader, che ormai non servono a niente per fare la pace. Peccato dirlo, però se non fanno gesti concreti per convincere della loro buona volontà restano con poca credibilità nei comizi, negli incontri, nel dialogo, che finora non sono serviti.

D. – Lei ha evocato un’espressione che il Papa ripete spesso: “terza guerra mondiale a pezzi”…

R. – Nella guerra si conoscono i propri nemici, ma nella nostra situazione sono piccoli pezzi, troppo piccoli e non si conosce chi è il proprio avversario. Ci sono bambini, ragazzini che giocano con il coltello e ciò non aiuta nessuno, perché non è un gruppo, non è un esercito, non è un partito: sono giochi di disperati con i coltelli. Dall’altra parte ci sono i militari israeliani che hanno perso i nervi ed è facile che “giochino” con la mitraglietta, uccidendo senza esitare nemmeno un secondo. È un gioco sporco fatto da entrambe le parti che non risolve il problema e non aiuta: al contrario, aumenta l’odio, l’orrore, la sfiducia. Peccato!

D. – Lei ha denunciato chi alimenta la vendita di armi. Nelle ultime ore è salita la tensione al confine tra Israele e Libano. Perché?

R. – Finché ci sarà la vendita delle armi, i guerriglieri faranno la guerra. Ormai non sappiamo chi è terrorista e chi non lo è. Sappiamo che ci sono terroristi in Siria che si chiamano al Nusra e che, allo stesso tempo, vengono curati negli ospedali israeliani. Non capiamo più dov’è il terrorista, chi c’è dietro di lui, chi lo alimenta… È una confusione totale! Noi poi viviamo direttamente l’effetto della guerra in Siria: abbiamo circa un milione e mezzo di profughi solamente nella nostra diocesi in Giordania, per non parlare dei morti. Solamente l’Anno della Misericordia può dare una risposta: più rispetto per la dignità umana, più misericordia gli uni verso gli altri, più misericordia tra gli Stati. Ne abbiamo tanto bisogno. In questi giorni qui al Patriarcato non mancano gli incontri sia con gli israeliani sia con coloro che si occupano di sicurezza sia con i palestinesi. Non faccio che ripetere che è tempo di capire l’altro, la paura dell’altro, di avere misericordia dell’altro. In tutti questi momenti manca un aspetto umano: ci sono tanti ragazzi, bambini e bambine, anziani, mamme che non hanno niente a che fare con la guerra e nessuno prende in considerazione la loro sofferenza. Ci sono i terroristi, c’è la guerra, c’è l’esercito, ma c’è tutto un popolo che non ha nulla a che vedere con questo. Speriamo che il Natale che si avvicina sia un Natale nuovo che porti più pace, più misericordia per tutti.

D. – Che Natale è questo per i cristiani di Terra Santa nell’Anno Santo della Misericordia?

R. – A Natale abbiamo deciso di cantare la nostra gioia, di credere nel futuro e alla solidarietà dei nostri amici nel mondo: invitiamo tutti a venire a trovarci senza paura. Preghiamo gli uni per gli altri. Natale rimane Natale: e da qui parte la speranza, la gioia, la semplicità della vita, la fiducia di un bambino. Ieri ero a Gaza, dove hanno realizzato una grotta: anche Gesù Bambino ha avuto una grotta. Abbiamo tanti rifugiati, bambini piccoli che non hanno neanche quella per proteggersi dal freddo. Come a dire che il piccolo Bambino Gesù è stato fortunato, perché ha trovato una grotta. Sono tanti a non avere neanche questa. Crediamo ancora nella forza della preghiera. Che il Signore benedica tutti e ci dia un anno nuovo che – speriamo - sia pieno di pace e gioia.

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Yemen, nessun accordo e pace ancora lontana

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Sullo Yemen, nessun accordo ma si parla di progressi al termine dei sei giorni di colloqui in Svizzera. Le parti si sono impegnate a proseguire le trattative il 14 gennaio e la delegazione a guida saudita e quella dei ribelli Houthi hanno concordato per creare una commissione bilaterale di distensione. Quali sono gli sviluppi possibili per una tregua in Yemen? Veronica Di Benedetto Montaccini lo ha chiesto a  Eleonora Ardemagni, ricercatrice dell'Ispi esperta dell'area medio orientale: 

R. – I nuovi progressi ottenuti nei sei giorni di colloqui a Ginevra sono stati ottenuti principalmente per il fatto che si siano seduti allo stesso tavolo i rappresentanti delle due delegazioni. Questo è già un evento nuovo rispetto alla precedente tornata di negoziati, nel giugno scorso, in cui le due delegazioni non si sono mai incontrate direttamente ma hanno sempre parlato attraverso il delegato Onu.

D. – Il mediatore Onu in Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, ha riferito che la delegazione saudita e quella dei ribelli Houthi hanno concordato una "commissione bilaterale di distensione". Come si potrà ora evolvere il dialogo?

R. – Questi sei giorni di colloqui hanno, comunque, aperto uno spiraglio su due questioni fondamentali, che sono lo scambio di prigionieri come nodo centrale per risolvere i negoziati e gli aiuti umanitari. Il progresso è che le due parti non hanno sospeso e non hanno abbandonato mai il tavolo negoziale.

D. – Quali strategie militari sono in campo? Ci sono anche soldati mercenari che combattono da entrambe le parti?

R. – I miliziani sciiti, gli Houthi e i reparti dell’esercito ancora fedeli all’ex presidente Saleh sono un’alleanza militare di tipo ibrido, fra una milizia  e reparti dell’esercito tradizionale. Dall’altra parte abbiamo l’esercito regolare - molto debole, perché si base su lealtà tribali - e una serie di milizie, sia indipendentiste del sud che di tipo salafita jihadista, che sono invece sostenute dall’Arabia Saudita e che insieme combattono contro gli Houthi, ma non per il ripristino di un sistema di potere come quello che c’è stato finora. Ci sono anche milizie composte da soldati mercenari, con numerosi soldati sudamericani e in particolare colombiani, che sono stati ingaggiati recentemente dagli Emirati Arabi Uniti.

D. – Mentre si parla di negoziati, si continua a combattere e a violare il cessate-il-fuoco. Ci saranno altre tregue per riuscire a fronteggiare la forte crisi umanitaria?

R. – Per quello che riguarda gli aiuti umanitari, non bisogna dimenticare mai che lo Yemen era un Paese in profondo malessere sociale ed economico già prima dell’inizio di questo conflitto. Lo Yemen è il Paese più povero del mondo arabo e il blocco navale ed aereo, che la coalizione a guida saudita ha imposto, ha fatto precipitare questo Paese in una situazione umanitaria già molto drammatica precedentemente.

D. – L’instabilità che sta vivendo lo Yemen ha radici molto lontane. Nel 1990 si sono uniti Yemen del Nord e Yemen del Sud con dei problemi già da questo momento. Come si è inserita la minoranza dei ribelli Houthi in questo contesto?

R. – Il conflitto yemenita ha radici lontane e ha soprattutto radici interne. Il contrasto fra il potere politico militare di Sana’a, la capitale, e i gruppi tribali locali periferici del nord e del sud è sempre stato forte, proprio perché queste tribù del nord e del sud hanno – per ragioni diverse – rivendicato sempre maggiori autonomie territoriali e risorse economiche che, invece, Sana’a ha trattenuto. Gli Houthi sono una parte strutturale dello scenario yemenita, nel senso che sono un movimento politico, ma anche un movimento religioso e militare, che nasce negli anni Ottanta, all’interno degli sciiti zayditi dello Yemen, proprio per reazioni alle politiche di Sana’a che tendevano a marginalizzare il movimento sciita, che è una parte storica dello scenario yemenita che vuole far sentire le sue ragioni.

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Slovenia: referendum boccia legge su nozze e adozioni gay

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Per la seconda volta dal 2012, la Slovenia ha detto no all’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio tra un uomo e una donna e alla possibilità che coppie dello stesso sesso possano adottare bambini. Contro la legge che introduceva il nuovo diritto di famiglia, ieri si è espresso il 63,3% degli sloveni che si sono recati alle urne per il referendum abrogativo. Ampiamente superato il quorum del 20% degli aventi diritto al voto. Decisiva la mobilitazione dal basso dei movimenti pro-family e anche della Chiesa locale, come conferma, al microfono di Marco Guerra, il vescovo ausiliare di Lubiana, mons. Franc Sustar

R. – Posso salutare con la gioia nel cuore dopo questa vittoria del referendum sulla famiglia, perché sembrava una vera battaglia, non solo negli ultimi mesi ma già da qualche anno: due anni e mezzo fa c’era già stato un referendum che aveva rifiutato una legge che voleva cambiare l’impostazione della famiglia. Poi, adesso è venuto un governo nuovo, ancora più a sinistra e alcuni mesi fa, hanno preso la stessa legge con lo stesso contenuto. Allora sono state avviate le iniziative per svolgere un referendum contro questa legge votata dal Parlamento. Così, veramente l’abbiamo vissuta come una battaglia. In questi ultimi mesi ci sono state molte occasioni per parlare della problematica della famiglia, dell’omosessualità: mi sembra che sia stata un’occasione opportuna per chiarire molte cose che riguardano la famiglia, il ruolo del padre, della mamma e soprattutto il problema dell’adozione. E’ stata veramente una lotta, perché il governo ha parteggiato per questa legge mentre dall’altra parte ci sono state molte iniziative civili, molti movimenti cristiani, cattolici ma anche altri movimenti non legati alla Chiesa, di gente però che ha riflettuto sul valore della famiglia intesa nel senso tradizionale. Tante discussioni, tanti convegni ma anche tanta, tanta preghiera. Molte iniziative ci sono state, che però non sono risaltate pubblicamente.

D. – E’ stata una vittoria dal basso, del popolo, che però è stata aiutata dalla Chiesa: la Chiesa si è mobilitata. Quindi, se si lavora, si vince, se ci si mobilita si vince: questo è il messaggio che si manda all’Europa …

R. – Sì, questo è il messaggio. Anche noi vescovi abbiamo preso una posizione chiara, molto chiara, senza offendere gli altri ma per esprimere in poche parole il riferimento della Chiesa e lo sguardo che la Chiesa ha per la famiglia e per le coppie. E questo ha aiutato molto i laici ad andare e lavorare per la famiglia. Non era un’azione “contro” gli altri, ma noi lavoriamo, ci battiamo “per” la gente, “per” la famiglia, “per” i bambini. E quello che è accaduto comporta un messaggio che significa che si può vincere se si lavora in modo molto preciso, organizzato e ben preparato. Ci sono state molte iniziative con conferenze, con filmati, con internet … tante, tante iniziative civili. Ringraziamo tanto i media cattolici…Radio Ognjišče e anche la Radio Vaticana, soprattutto il Programma sloveno, con Ivan Herzog, il padre gesuita che ogni giorno tanto fedelmente ha trasmesso tutte le informazioni. Ci ha incoraggiato anche Papa Francesco: cinque giorni fa ha mandato un augurio, una preghiera per queste nostre situazioni e si è soffermato, sottolineandola, sull’importanza della famiglia e della lotta per la famiglia. Siamo tanto grati al Santo Padre e anche alla Radio Vaticana.

D. – Quindi, su questioni come l’adozione per le coppie dello stesso sesso, sulla filiazione tra coppie omosessuali, vediamo che bisogna prendere una posizione in difesa del bambino. Questa è una posizione anche laica, che va al di là del credo religioso …  Avete quindi visto la partecipazione di persone di ogni provenienza?

R. – E’ proprio così: tutte le persone, di ogni provenienza, anche di altre religioni, anche da parte degli ortodossi, anche dei musulmani, la loro posizione è stata chiara. Siamo andati insieme alle urne del referendum. E’ importante vedere che qui non si trattava soltanto di persone omosessuali, ma che c’era dietro un’altra teoria, un’ideologia: l’ideologia del gender; è solo una scusa parlare tanto delle persone omosessuali, ma dietro c’è l’intenzione di introdurre la teoria del gender, estranea alla mentalità della gente.

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Giubileo in Bulgaria. Il nunzio: vivere misericordia con gli ultimi

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L’Anno della Misericordia è iniziato anche in Bulgaria, dove nelle tre diocesi cattoliche ci sono sei Porte Sante: a Plovdiv, Russe, Pleven,Varna e Sofia. Ieri sera, il nunzio apostolico per la Bulgaria e la Macedonia, mons. Anselmo Guido Pecorari, ha aperto la Porta Santa della concattedrale “San Giuseppe” di Sofia. Il servizio di Iva Mihailova

"Aprite le porte a Cristo”.

Queste parole pronunciate di fronte alle migliaia di Porte Sante aperte nel mondo, risuonano anche nell’atrio della gremita concattedrale di Sofia. La porta è l’entrata semplice della Chiesa, ma con il Giubileo giunto anche in Bulgaria acquisisce un significato speciale: “diventa accesso al Padre” e “l’occasione di ricevere grazie speciali”, come affermato dal nunzio apostolico mons. Anselmo Guido Pecorari, che ha officiato il rito dell’apertura. L’emozione è grande. In processione entrano il parroco padre Zbigniew Tecza, gli altri sacerdoti, le suore di Madre Teresa e molti fedeli. Nella capitale bulgara vivono circa duemila cattolici su due milioni di abitanti, una comunità piccola ma molto viva, visto che in dieci anni il numero dei fedeli è triplicato. Sul significato del Giubileo in Bulgaria, ascoltiamo il nunzio mons. Anselmo Guido Pecorari:

“Ecco, la Bulgaria è un crocevia dell’Europa, tra cattolici, ortodossi, ebrei, evangelici e musulmani. Vivere quindi qui l’Anno Santo - e io ne ho vissuti già altri - significa viverlo in dialogo e in apertura verso tutte le realtà”.

In realtà, la parrocchia cattolica di Sofia fa parte del singolare quadrilatero religioso composto dalla cattedrale ortodossa “Santa Nedelja”, dalla moschea “Banja Bashi”, dalla grande sinagoga, e, appunto, dalla maestosa cattedrale cattolica.

La vita nel Paese balcanico, però, non è molto facile: un quinto dei bulgari vive sotto la soglia della povertà:

“Qui non solo siamo in periferia, siamo anche in una parte molto povera dell’Europa. Quindi, vivere la misericordia con i nostri fratelli più poveri, non solo europei”.

E’ l’invito del nunzio mons. Pecorari a condividere anche quel poco che si ha, soprattutto con i migranti che transitano per la Bulgaria e la Macedonia, perché nei bisognosi, in modo particolare, si rispecchia il Volto di Cristo.

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Legge stabilità. De Palo: manca vera attenzione alle famiglie

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La legge di stabilità approvata dalla Camera nella notte tra sabato e domenica, è tornata oggi in Senato per la terza e ultima lettura, con via libera definitivo atteso entro Natale. 839 gli emendamenti presentati dalla commissione Bilacio. Tra i vari provvedimenti, anche alcuni che potrebbero migliorare le condizioni delle famiglie, specie quelle più povere e più numerose. Roberta Barbi ha raccolto in merito il commento di Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle Famiglie: 

R. – Sicuramente la legge di stabilità, mettendo anche a punto la Carta Famiglia, in un certo senso muove la classifica rispetto al nulla degli anni precedenti. Quello che preoccupa è che non ci sia una visione sistemica, una visione a tutto tondo del tema famiglia. Non si attuano dei provvedimenti che vanno ad aiutare le famiglie in maniera reale: uno fra tutti il quoziente familiare. Oggi noi abbiamo una situazione che induce le persone che fanno un figlio a diventare povere.

D. – L’Italia si conferma un Paese a crescita zero. Come si può aiutare la natalità?

R. – Sicuramente capendo che la famiglia non è una questione ideologica. In Italia noi abbiamo un deficit di famiglia, perché abbiamo famiglie che, nonostante tutto, vanno avanti e fanno il loro dovere e fanno risparmiare lo Stato; ma abbiamo uno Stato che non investe minimamente sulla famiglia, che induce anzi a separarsi perché in questo modo puoi avere delle convenienze. Se tu investi sulla famiglia, fai risparmiare anche lo Stato, quindi il problema delle risorse economiche si potrebbe, nel lungo periodo, risolvere investendo delle risorse nella famiglia che fa risparmiare. Una famiglia non lascia gli ultimi per strada: una famiglia con un disabile si fa carico di quel disabile e non lo lascia ai servizi sociali, facendo risparmiare le amministrazioni; una famiglia che al suo interno ha una nonna malata di Alzheimer, non la abbandona, ma cerca di farsene carico. C’è poi l’aspetto educativo: una famiglia ha a cuore l’educazione dei figli e questi sono tutti costi che lo Stato risparmia perché funzionano le famiglie.

D. – Il bonus alle famiglie numerose è stato criticato, perché coinvolge un numero troppo ristretto di famiglie…

R. – Bisognerà vedere, perché so che stanno presentando ulteriori emendamenti. Ad esempio: una delle cose che faceva un pochino storcere la bocca era il fatto che si considerassero i figli fino al 18.mo anno di età, quando noi sappiamo che in Italia una famiglia è numerosa anche dopo il 18.mo anno di età, quindi non è che perdi lo status di famiglia numerosa semplicemente per il fatto che tuo figlio diventi maggiorenne … Bisogna vedere anche come si riuscirà a declinare questa Carta Famiglia nei territori e nelle varie amministrazioni. Ben venga che ci sia ed è un primo mattoncino, però non possiamo non fare una riflessione sul fatto che abbiamo bisogno di una rivisitazione totale delle politiche familiari in Italia e soprattutto di un fisco più equo che tenga conto dei carichi familiari.

D. – Questa legge cosa dà e cosa toglie alle famiglie e cosa le famiglie possono ancora chiedere al governo?

R. – Purtroppo non dà e non toglie nulla! Bisognerà vedere se la Carta Famiglia porterà dei vantaggi … Per quanto riguarda il resto della legge di stabilità, c’è poco e niente che riguarda le famiglie: andrebbe creato una sorta di fil-rouge che li leghi tutti e soprattutto dobbiamo cercare di insistere, dobbiamo lavorare per un quoziente familiare all’italiana. Meglio chiedere una cosa ma in modo chiaro, che tante cose che sono poi difficili da mettere in rete e che magari non vanno a incidere realmente sulla vita delle famiglie. Le famiglie hanno bisogno di una politica che riesca a incidere concretamente sulla loro capacità contributiva, cercando di aiutarle ad arrivare a fine mese.

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Nasce piattaforma web per accoglienza domestica di rifugiati

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Benvenuti rifugiati: nasce dall’impegno e dall’autofinanziamento da una rete di volontari e studiosi la piattaforma web dedicata all’accoglienza domestica di rifugiati e richiedenti asilo registrati in Italia. Il servizio di Fabio Brenna

Un modello già attivo con successo dal 2014 in Germania e che si propone di sviluppare percorsi di inclusione sociale dei profughi che superino le grandi strutture spersonalizzanti applicando il modello della famiglia e della persona amica che dà una mano per imparare la lingua, trovare un lavoro, successivamente un’abitazione. Non si tratta di una sorta di “Airbnb” dell’accoglienza, ma piuttosto di un progetto che garantisce assistenza completa e una guida al processo di integrazione, come spiega Germana Lavagna, fra i fondatori di Refugees-welcome.it:

“Questa è un’azione che richiede responsabilità. Non è soltanto uno slancio emotivo, ma è qualcosa che richiede un minimo di impegno. Anche se il richiedente asilo continuerà a fare capo all’associazione che lo accoglie, quindi l’accompagnamento legale, quello sanitario, corsi professionalizzanti di lingua italiana sono sempre in capo all’associazione che lo ha accolto”.

La piattaforma, attiva a livello sperimentale da qualche mese, intende promuovere un cambiamento culturale nei confronti del fenomeno delle migrazioni, ancora trattato come emergenza. Lo scorso anno i 28 paesi dell’Unione Europea hanno registrato 570.800 domande di asilo, poco più della metà di profughi riversatisi in Libano, paese di soli 4 milioni di abitanti. La convinzione è che poche unità di profughi messe accanto a persone che conoscono il territorio, possono attuare quell’integrazione necessaria per sminare un tema sempre caldo come quello dell’immigrazione. Fabiana Musicco, ricercatrice e promotrice di Refugees-welcome:

“Siamo profondamente convinti che questa sia una chiave per dare un’accoglienza umana, calda, relazionale e per facilitare tutto il processo successivo, perchè dall’accoglienza, da come arrivo in un Paese, da come vengo accolto, a nostro parere, dipende molto di quello che avverrà dopo, quindi processi di inclusione, di integrazione. Secondo noi passano molto per quel periodo”.

Nel team di Refugees-welcome sono presenti tutor per assistere chi accoglie e attivisti per creare e gestire rapporti con le istituzioni.

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Al cinema, "Francofonia", nuovo capolavoro di Alexandr Sokurov

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“Francofonia”, il nuovo capolavoro di Alexandr Sokurov, è nei cinema. Una riflessione che dalla Parigi occupata dai nazisti e le sale del Louvre in pericolo, si lega al valore e alla sacralità dell’opera d’arte e alla situazione drammatica dell’Europa di oggi. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Una nave in balia della tempesta, una città alla mercé dei nazisti. Una metafora, un capitolo di storia. Sia la nave che la città custodiscono opere d'arte e sull'arte - la sua fragilità, la sua sacralità - medita il siberiano Alexandr Sokurov, perché i frutti dell'ingegno e dello spirito umano sono essenziali allo sviluppo della civiltà e alla vita dell'uomo. Dunque, vanno protetti nella loro caducità e dalla follia del potere. I protagonisti del film sono il regista stesso che dialoga con il capitano del bastimento assalito da un terribile dilemma - salvare l'equipaggio o i capolavori che trasporta? - e due figure singolari, il direttore del museo parigino Jaujard e l'ufficiale tedesco Wolff-Metternich, che a Parigi, nel tragico 1943, la guerra divide e l'arte avvicina. “Francofonia” non è un film storico, piuttosto una riflessione sull'Europa di oggi, ammalata. Sokurov ne identifica la causa principale, come confessa ai nostri microfoni:

R. – (Parole in russo)
L’impotenza dovuta al fatto di non sapere con quale mezzo superare questa disarmonia, questo caos.

D. – In “Francofonia” c’è una grande attenzione all’Europa: nella sua considerazione personale l’Europa va verso il collasso o verso una rigenerazione?

R. – (Parole in russo)
Di sicuro non rigenerazione, perché non c’è alcun segno che la possa testimoniare! Non ci sono dei leader umanisti che guidano l’Europa, non ci sono artisti di valore umanista al giorno d’oggi: chiari segni, questi, di rigenerazione societaria. Quindi rigenerazione di sicuro no. Invece è del tutto palese un vuoto mentale assoluto, un vuoto intellettuale assoluto dell’élite politica in Europa ed una assoluta incapacità di intervenire anche a livello vero, fisico: ovvero difendersi e difendere la cultura, la civiltà europea. L’Europa è scoperta…E’ una delusione assoluta, una delusione profonda che provo perché per quanto la Russia possa sembrare lontana, l’Europa è la nostra sorella, la nostra sorella maggiore e se è ammalata anche noi non possiamo stare bene.

D. – Lei è nato nel 1951: come le veniva tramandato in famiglia il periodo della occupazione nazista e della guerra?

R. – (Parole in russo)
Mi padre ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale e non ha mai parlato in casa di questa sua esperienza, perché tale è stato l’incubo, tale è stato l’orrore che ha provato, che non voleva tornarci – come diceva – con le parole, figuriamoci con la memoria, con i ricordi a quella esperienza orribile, perché la guerra – diceva mio padre - è effettivamente una esperienza talmente orribile, talmente repellente e talmente insensata. Non amava il cinema di guerra e mi aveva chiesto di non fare film sulla guerra…

D. – I due personaggi di “Francofonia” sono per noi dei profeti o testimoniano, invece, l’illusione che quanto accade nel film sia accaduto una volta sola e non possa accadere di nuovo nella storia?

R. – (Parole in russo)
Sono piuttosto esempi semplici, esempi di umanità che testimoniano che l’uomo ha il dovere morale – o come vogliamo chiamarlo… - un dovere che esige anche il coraggio. Questo ci insegnano loro, quando ognuno ha compiuto il proprio dovere. In un certo senso possiamo paragonarli a dei preti: i preti – come sappiamo – devono celebrare la Messa ogni giorno. Ma cos’è la Santa Messa? La Santa Messa è un atto sacro che esige molto. Quindi i preti, che ogni santo giorno hanno questo rito da compiere, questa Messa da celebrare, eventualmente la Confessione, fanno questo enorme lavoro spirituale giorno dopo giorno con umiltà. Se noi andassimo in Chiesa all’orario prestabilito e trovassimo le porte chiuse all’orario della Messa, come ogni giorno, come lo interpreteremmo? La Chiesa è chiusa e quindi la Messa non ci sarà: un brutto segno, un segno molto inquietante…

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Nella Chiesa e nel mondo



Terra Santa: 600 “permessi” israeliani ai cristiani di Gaza

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Le autorità israeliane hanno concesso 600 permessi nominativi ad altrettanti cristiani residenti nella Striscia di Gaza per consentire loro di visitare i Luoghi Santi – a cominciare da quelli situati a Betlemme – in occasione delle festività natalizie. I permessi hanno durata mensile, a cominciare da ieri, domenica 20 dicembre. Fonti palestinesi, consultate dall'agenzia Fides, sottolineano che nessun permesso è stato concesso a persone comprese nella fascia di età tra i dodici e i trent'anni. Tale selezione renderà buona parte dei permessi inutilizzabili, soprattutto tra quelli concessi a bambini di coppie giovani, che non potrebbero essere accompagnati dai propri genitori.

Apertura della Porta Santa a Gaza
Intanto, sempre ieri, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha aperto la porta santa della parrocchia di Gaza, dedicata alla Sacra Famiglia. Il Patriarca, insieme al vescovo Giacinto Boulos Marcuzzo (vicario patriarcale per Israele) e ad alcuni sacerdoti di Gerusalemme e dei Territori Palestinesi, ha partecipato alla festa natalizia dei bambini che ha avuto luogo nei locali polifunzionali della parrocchia, inaugurati di recente. (G.V.)

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Giordania. Mons. Lahham: il Medio Oriente ha bisogno di pace

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“Che tutte le sanguinose dispute del nostro amato Oriente abbiano fine”, perché “oggi più che mai abbiamo un disperato bisogno di pace”: è questo l’auspicio dell’arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme, in occasione del Natale. In un messaggio diffuso per la Solennità, il presule auspica che “tutti i popoli della regione ricostruiscano la convivialità, incoraggiano iniziative di fraternità ed amore, affinché si possa vivere tutti come una famiglia unita”.

Consolidare l’attenzione verso poveri e bisognosi
Mons. Laham ricorda, poi, due eventi importanti del 2015: il 50.mo anniversario della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”, “primo documento sul dialogo cristiano-islamico”, i cui frutti “intellettuali e culturali vanno preservati”. E poi il Giubileo straordinario della misericordia, inaugurato dal Papa ufficialmente l’8 dicembre scorso: “Misericordia è sinonimo di amore fraterno – spiega l’arcivescovo – e da essa dobbiamo apprendere cosa ci spinge a consolidare le attenzioni dell’umanità verso i fratelli e le sorelle che soffrono a causa della povertà, del disagio o per l’aggravarsi di difficoltà”.

Rafforzare carità e cooperazione
A tal proposito, mons. Laham ricorda che proprio oggi, 21 dicembre, apre ad Amman il “Ristorante della Misericordia”, nel quale la diocesi locale e la Caritas Giordania servono gratuitamente circa 500 pasti al giorno a poveri e bisognosi e 100 pasti supplementari ad operatori ecologici. “Spero che questa iniziativa – sottolinea il vicario patriarcale – contribuirà a rafforzare le opere di carità e la cooperazione nella nostra amata patria”. Soffermandosi, poi, sul significato del Natale, mons. Laham ricorda che Gesù Bambino viene al mondo per portare “gioia e salvezza, dissipare la paura, rassicurarci sul fatto che il bene vince il male, la luce è più forte delle tenebre, la grazia è più forte del peccato e l’amore più forte dell’odio”.

Porre fine a uccisioni e trasferimenti forzati
La nascita del Signore, continua il presule, garantisce che “l’ondata di violenze, uccisioni e trasferimenti forzati nel mondo arabo è solo un evento passeggero e che lo status quo sarà ripristinato”. Allora, “non ci saranno differenze tra noi riguardo alla religione, all’etnia, al colore o al genere, perché i più nobili tra noi allo sguardo di Gesù sono i più giusti”. Infine, l’arcivescovo invita a meditare in silenzio il messaggio del Natale, pregando “la Parola incarnata di Dio che ci ha amati come nessun altro”. (A cura di Isabella Piro)

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Colombia. Messaggio dei vescovi: un Natale di giustizia e di pace

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I vescovi colombiani, nel tradizionale messaggio di Natale, hanno chiamato i colombiani, e in particolare i governanti, a diventare autentici strumenti di riconciliazione, di giustizia e di pace. “Coloro che hanno scelto la via delle armi e della violenza, della corruzione e della ingiustizia” i presuli li invitano a “scoprire nel Presepe il vero senso della grandezza e della ricchezza, della promozione dei diritti umani e dei valori che costruiscono la società”. A coloro che promuovono e difendono la vita, arriva un incoraggiamento perché “non si stanchino di annunciare il valore dell’esistenza in tutte le sue fasi”.

Incontro fraterno e perdono sincero
Il Messaggio ricorda che la celebrazione della nascita di Gesù “ci deve portare ad un tempo di gioia, di incontro fraterno, di generosa condivisione, di perdono sincero e di pace”. In tal senso, i vescovi ricordano che oggi più che mai non basta celebrare questo evento nella “comodità delle nostre case, ma bisogna esprimere la nostra compassione a tante persone prive di affetto, di una casa dignitosa, di un pasto quotidiano, di pace a causa della violenza o di opportunità per andare avanti”. “Solo in questo modo – si legge - le nostre vite potranno diventare dei presepi viventi che accolgono il Bambino Gesù e dei simboli di speranza per la nuova società che tutti sognano di costruire”

Il Natale tutti i giorni
Sebbene il Natale si festeggi solo per pochi giorni, i vescovi colombiani affermano che nel suo profondo significato, questo tempo si potrebbe prolungare tutti i giorni dell’anno, attraverso la vicinanza, la gioia, il rispetto, la misericordia, il perdono e la pace. Il messaggio episcopale sottolinea, poi, che anche se si vivono momenti di aridità, di dolore, di sofferenza, oppure di guerra, niente di tutto questo potrà azzittire la grande Novella della nascita del Salvatore. “Niente e nessuno – si legge - potrà spegnere la voce che viene a liberarci di tutto quello che schiaccia, distrugge e annienta la dignità umana e la condizione di figli di Dio”

Natale è molto di più delle luci nelle strade
​Le luci e le decorazioni nelle strade e nelle case rammentano il tempo di natale ed evocano la grotta di Betlemme, ma “il Natale è molto di più” - affermano i vescovi - che invitano a celebrare autenticamente questo tempo e ricevere i doni di Dio con fede. “Questa fede - concludono i presuli - implica un sì al Signore in modo che la sua grazia arrivi e avvolga tutta l’esistenza”. Infine, i vescovi augurano un felice Natale  a tutto il popolo colombiano con la benedizione del Signore in tutte le case e le famiglie. (A cura di Alina Tufani)

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Indonesia: massima allerta a Natale per il timore di attentati

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In Indonesia le autorità hanno lanciato l’allerta massima per possibili attacchi terroristi in concomitanza con le prossime festività natalizie. In queste ore si è tenuta una riunione a porte chiuse fra i vertici governativi a Jakarta, cui ha partecipato anche il Presidente Joko “Jokowi” Widodo e il ministro di gabinetto Anung Pramono. Per i responsabili dell’esecutivo le minacce sono “imminenti e concrete". Le prove - riferisce l'agenzia AsiaNews - sarebbero contenute all’interno di alcuni documenti sequestrati di recente dalle squadre dell’anti-terrorismo, in cui vi sono riferimenti diretti a due parole chiave: “concerti” e “le spose”. 

La polizia teme attacchi su vasta scala ad azioni solitarie suicide
In Indonesia i terroristi hanno iniziato a utilizzare di recente questi due termini per riferirsi ad attentatori o movimenti estremisti attivi sul territorio nazionale. La parola “concerto” è equiparabile agli attentati su vasta scala, come avvenuto a Parigi nella serata del 13 novembre scorso, con più persone e diversi obiettivi da colpire. Di contro, il termine “sposa” - già usato da tempo - serve a indicare il singolo attentatore suicida, il “lupo solitario” pronto a farsi esplodere fra la folla. Secondo fonti investigative, vi sarebbe la prova di attacchi terroristi “imminenti” in concomitanza con le feste; nei documenti rinvenuti dagli inquirenti, vi sarebbero anche i nomi di terroristi e delle loro “spose”, mappe, armi e nomi di luoghi obiettivo di potenziali attentati.

Gruppi estremisti legati all'Is
Badrodin Haiti, capo della polizia indonesiana, riferisce che questi gruppi terroristi con base a Central e East Java sono legati a vario titolo alle milizie del sedicente Stato Islamico (Is). “Tuttavia, li abbiamo presi - afferma - prima che potessero colpire”. Gli inquirenti hanno arrestato nove persone, alcuni dei quali ex membri Isis tornati da missioni jihadiste oltremare; altri sono simpatizzanti dei miliziani attivi e operativi sul territorio indonesiano. 

Nel mirino dei terroristi, chiese, caserme e minoranza sciita
Fra gli obiettivi nel mirino dei terroristi chiese e caserme della polizia, fra cui lo stesso quartier generale a South Jakarta. Del resto già da tre mesi, aggiunge il capo della polizia, l’allerta in Indonesia - nazione musulmana sunnita più popolosa al mondo, in cui i cattolici sono una piccola minoranza (3%) - è “massima” per il timore di attentanti in occasione della festa cristiana del Natale. Nel mirino dei terroristi, oltre ai cristiani e ai loro luoghi di culto, vi sono anche i membri della minoranza musulmana sciita, concentrati in alcuni sobborghi fra cui Pekalongan (Central Java), Bandung (West Java) e Pekanbaru (Sumatra). Il gen. Anton Charliyan, capo della polizia, conferma gli obiettivi dislocati fra Java, Sumatra e Kalimantan. In queste ore stanno circolando banner e scritte in rete che invitano a colpire la comunità sciita. Egli aggiunge che, rinvigoriti dal successo e dal clamore mediatico della strage di Parigi, i miliziani “stanno pianificando un grande ‘concerto’ anche qui in Indonesia”.

Il Presidente Widodo in Papua per festeggiare il Natale con le comunità cristiane
Per questi timori il Presidente Joko Widodo ha emanato un’ordinanza di massima allerta e ha rafforzato le misure di sicurezza attorno ai luoghi di culto e ai principali obiettivi istituzionali. Inoltre, nei prossimi giorni egli è atteso a Papua, estremità orientale dell’arcipelago indonesiano, in cui si trovano le uniche province a maggioranza cristiana del Paese, per celebrare la festa del Natale. (M.H.)

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Bangladesh: estremismo religioso preoccupa cristiani e attivisti

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"Il 2015 è stato un anno di violenza inaudita e di gravi violazioni dei diritti umani in Bangladesh. Donne, bambini e anziani sono stati colpiti, persone innocenti uccise. Scuole, istituzioni, moschee, chiese, attivisti, missionari sono stati bersaglio di attacchi. L'intolleranza si è manifestata in modo molto visibile durante l'intero anno": lo dice all’agenzia Fides Rosaline Costa, attivista cattolica per anni impegnata nella Commissione "Giustizia e pace" e oggi direttrice della Ong "Human Rights Trust". "L'aumento dell'estremismo religioso e dell'intolleranza è una preoccupazione per tutti noi. Per la prima volta nel Bangladesh cittadini stranieri sono stati attaccati e uccisi" nota.

Minacce di morte contro i cattolici
"Si è registrato un aumento degli attacchi degli estremisti islamici contro liberi pensatori, blogger, scrittori, giornalisti, missionari, leader religiosi, cooperanti. Questi incidenti hanno trasformato il Paese in una valle di morte. Durante l'anno molti hanno lasciato il Paese silenziosamente" prosegue. Ci sono state diverse vittime, e oltre a quanti hanno perso la vita, osserva, "dodici tra sacerdoti e pastori, un vescovo, 14 docenti universitari, e attivisti per i diritti umani hanno ricevuto minacce di morte", riferisce.

La Chiesa in difesa dei poveri
​"Il governo ha cercato più volte di controllare i media con l'introduzione di una legge che limita la libertà di espressione. Il governo ha anche bloccato i canali dei social media come Facebook, WhatsApp, Viber, Twitter, Skype" prosegue. "La vita dei popoli tribali e delle minoranze religiose è stata di continuo sotto minaccia per il fenomeno di land grabbing", ricorda Costa. In tale situazione, "i cristiani, la comunità più piccola in un Paese a maggioranza musulmana, continuano ad offrire un contributo notevole nel campo dell'istruzione , dello sviluppo e della promozione della giustizia, della pace e dei diritti umani per i poveri bisognosi", conclude. (P.A.)

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Polonia: card. Dziwisz preoccupato per divisioni nella società

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“Con preoccupazione guardiamo le divisioni sempre più profonde nella nostra società”: lo ha affermato ieri, domenica 20 dicembre, a Cracovia il card. Stanislaw Dziwisz. Il porporato - riferisce l'agenzia Sir - ha preso la parola nel corso di una cerimonia di auguri natalizi organizzata per la cittadinanza sulla grande Piazza del mercato “poiché da più parti viene chiesto alla Chiesa un pronunciamento” in merito alla situazione del Paese, agitato da manifestazioni di sostenitori e oppositori del nuovo governo di Beata Szydlo. Ricordando “le difficoltà dell’arte di governare”, l’arcivescovo di Cracovia ha ribadito la necessità “di rispettare la dignità dell’altro” nel servizio svolto “con umiltà, sacrificio e generosità”.

Card. Dziwisz ai politici: non fomentate le divisioni tra i partiti
“È naturale e giusto che cambino i governi poiché nessuno ha il monopolio di esercitare il potere in un modo unico e migliore di tutti”, ha osservato il cardinale, rilevando che “quando qualcuno, dopo la vittoria nelle elezioni democratiche, arriva al potere e non deve spartirlo formalmente con nessun altro, con tanta più responsabilità deve esercitarlo, tenendo conto delle sensibilità di una società pluralista”. Il porporato, voce autorevole della Chiesa polacca, si è rivolto “ai politici di tutti gli schieramenti, nell’Anno santo della misericordia e nell’approssimarsi del Natale” con l’appello “a non fomentare le divisioni tra partiti che a sua volta istigano inutilmente la società civile”. (R.P.)

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Vescovi Usa: religioni unite contro la violenza in nome di Dio

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“Affrontiamo le minacce estremiste con coraggio e compassione, riconoscendo che cristiani, ebrei, musulmani e molte altre religioni sono unite nell’opporsi alla violenza perpetrata nel loro nome”: scrive così mons. Joseph Kurtz, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, nel suo messaggio per il Santo Natale. Nel documento, il presule fa riferimento anche alla recente strage di San Bernardino, in California, costata la vita a 14 persone e rivendicata dal sedicente Stato Islamico, e sottolinea: “Violenza ed odio, nel mondo, devono essere affrontate con determinazione”.

Cristiani siano messaggeri di speranza
Per questo i cristiani sono “chiamati ad essere messaggeri di speranza e voci profetiche contro la violenza insensata, che non può mai essere giustificata invocando il nome di Dio”. Pensando alle “vite innocenti” strappate via da simili episodi, il presule statunitense incoraggia i fedeli a “resistere all’odio ed al sospetto che portano a politiche di discriminazione” ed esorta, al contrario, ad “incanalare le emozioni verso la cura e la protezione che nascono dall’amore e divengono una vibrante testimonianza della dignità di ogni persona”.

Leggi su immigrazione siano umane, no a politiche della paura
Quindi, lo sguardo del presidente dei vescovi Usa si allarga alla questione migratoria per chiedere “leggi umane che garantiscano la sicurezza del Paese, ma non colpiscano specifiche classi di persone, basate sulla religione”. Infatti, spiega il presule, “politiche della paura servono solo ad offrire agli estremisti un terreno fertile ed a spianare la strada verso un futuro timoroso e diviso”. Di qui, l’appello contro “le discriminazioni religiose”, incluse quelle subite dai “fratelli e sorelle musulmani”.

Regolamentare in modo responsabile le armi da fuoco
“Salda nell’impegno verso i rifugiati in fuga da gravi persecuzioni”, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti conclude il suo messaggio natalizio ricordando il suo “sostegno ai servizi sociali per i disabili mentali” ed auspicando una “regolamentazione responsabile per le armi da fuoco”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 355

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.