Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 19/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: vinciamo con la misericordia la guerra mondiale a pezzi

◊  

Tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio, soprattutto in questa guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo. Papa Francesco lo ha ribadito nel discorso rivolto ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato Italiane ricevuti in Aula Paolo VI. Il Pontefice ha ringraziato quanti ogni giorno lavorano per realizzare la rete ferroviaria italiana, rammentando quanti sono morti sul lavoro. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

Non solo treni e binari, ma anche strutture per aiutare i più poveri. Francesco ha ricordato gli Help Center, sportelli antenna per le persone in difficoltà, che vedono l’impegno delle Ferrovie con gli Enti locali, un’iniziativa che coopera a “tenere unito il Paese non solo dal punto di vista geografico, ma anche sul piano sociale”.

La misericordia è la prima e più vera medicina
Un’altra iniziativa importante, ha detto, è quella dell’Ostello Don Luigi Di Liegro alla Stazione Termini dove proprio ieri Francesco ha aperto la Porta della Carità:

“L’Anno Santo, che è iniziato da poco, ci insegni anzitutto questo, e imprima nella nostra mente e nei nostri cuori che la misericordia è la prima e più vera medicina per l’uomo - quante guarigioni fa una carezza, eh?, misericordiosa … - una medicina della quale ognuno ha urgente bisogno. Essa fluisce in modo continuo e sovrabbondante da Dio, ma dobbiamo anche diventare capaci di donarcela a vicenda, perché ciascuno possa vivere in pienezza la sua umanità”.

La misericordia più forte della guerra mondiale a pezzi
Proprio a questo, ha proseguito, ci richiamano le Porte Sante, che in questi giorni vengono aperte in tutte le diocesi del mondo: “chi le attraversa con amore – ha detto – troverà perdono e consolazione, e sarà spinto a donare e donarsi con più generosità, per la salvezza propria e dei fratelli”. “Lasciamoci tutti trasformare – ha ripreso - dal passaggio attraverso questa porta spirituale, in modo che segni interiormente la nostra vita”:

“Lasciamoci coinvolgere dal Giubileo della Misericordia: di un po’ di misericordia abbiamo bisogno tutti, eh? Lasciamoci coinvolgere dal Giubileo della Misericordia in modo da rinnovare il tessuto di tutta la nostra società, rendendola più giusta e solidale, soprattutto in questa terza guerra mondiale che è scoppiata: a pezzi, ma la stiamo vivendo”.

Anno Santo faccia aumentare l’amore vicendevole
Francesco ha così fatto riferimento ad una recente pubblicazione delle Ferrovie  intitolata “Giubileo” che raccoglie fotografie sui viaggi dei Pontefici in treno:

“Che la stima che ci lega, della quale è segno l’odierno incontro, possa rafforzarsi in quest’Anno Santo, cosicché l’Italia e tutti i Paesi del mondo diventino luoghi di reti solidali, più autenticamente umani, più capaci di gioire dell’amore di Dio e della comunione vicendevole”.

inizio pagina

Il Papa apre la Porta Santa della Carità: la salvezza è nell’umiltà

◊  

Il Giubileo della Misericordia si arricchisce di un altro toccante evento. Papa Francesco ha aperto la Porta Santa della Carità nell’Ostello della Caritas “Don Luigi di Liegro” nei pressi della stazione Termini di Roma. Le strade della ricchezza, della vanità, dell’orgoglio – ha detto il Santo Padre – non sono vie di salvezza. La salvezza è nell'umiltà. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

"E’ questa la porta del Signore. Apritemi le porte della giustizia. Per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore".

Con queste parole Papa Francesco ha aperto la Porta Santa dell’Ostello della Caritas, piccolo villaggio della carità nel cuore di Roma. Dopo aver sostato in preghiera, il Santo Padre è entrato nella sala della Mensa dove è stato accolto da oltre 200 ospiti, in rappresentanza di tutti i centri di accoglienza della Caritas diocesana, accompagnati da alcuni volontari e operatori. Per loro l’Ostello non è solo il luogo dove ricevere un pasto caldo o trovare un sicuro rifugio dal freddo, ma anche una porta di riconciliazione avvolta dall’abbraccio della misericordia.

Dio è tra i più bisognosi
Auspicando che il Signore apra la porta del nostro cuore, il Papa ha presieduto la Santa Messa animata dagli ospiti della struttura. Nell’omelia, il Pontefice ha esortato a cercare Dio tra i più bisognosi:

“Se vuoi trovare Dio, cercalo nell'umiltà, cercalo nella povertà. Cercalo dove Lui è nascosto: nei più bisognosi, nei i malati, negli affamati, nei carcerati". 

La salvezza è nell'umiltà
Le ricchezze, le onorificenze non aprono la porta del Cielo. La strada della salvezza – ha aggiunto – è la via dell’umiltà:

“Non c’è lusso, non c’è la strada delle grandi ricchezze, non c’è la strada del potere. C’è la strada dell’umiltà”.

Il Papa prega per Roma
Poi il Papa ha chiesto di pregare per Roma:

“Oggi noi preghiamo per Roma, per tutti gli abitanti di Roma, per tutti, incominciando da me, perché il Signore ci dia la grazia di sentirci scartati, perché noi non abbiamo alcun merito: soltanto Lui ci dà la misericordia e la grazia. E per avvicinarsi a quella grazia, dobbiamo avvicinarci agli scartati, ai poveri, a quelli che hanno più bisogno”.

Il Natale faccia nascere il Signore in ogni cuore
Dopo la Santa Messa gli ospiti dell'Ostello hanno cantato "tanti auguri a te, Francesco" per i 79 anni appena compiuti dal Pontefice. Il Papa ha infine espresso un auspicio:

“In questo Natale io vorrei che il Signore nasca nel cuore di ognuno di noi, nascosto così, che nessuno se ne accorga, me che il Signore ci sia”.

inizio pagina

Ospiti dell'Ostello Caritas: gioia e commozione per la visita del Papa

◊  

Una visita che ci ha lasciato commossi e pieni di speranza: così gli ospiti dell'Ostello Caritas presso la Stazione Termini hanno raccontato il loro incontro con Papa Francesco in occasione della Messa per l'apertura della Porta Santa della Carità. Ascoltiamo le loro emozioni raccolte da Marina Tomarro: 

R. – Papa Francesco è una persona speciale! Ti lascia sempre con una forte emozione dentro… la sua semplicità come persona. Lo senti come se fosse uno di noi, che si avvicina a noi. Le sue belle parole! Venire qui a vedere quest’Ostello per me è stata una grande emozione. E poi incontrare il Papa… è stata proprio una grazia!

R.  –  Io mi chiamo Berta, e per me entrare nella Porta Santa è prima di tutto una novità e poi è anche fonte di allegria il fatto che il Santo Padre abbia aperto la Porta. La Porta significa la pace e che non dobbiamo avere paura: così ha detto il Santo Padre!

D. – Lei è ospite di una delle strutture Caritas?

R. – Sì, certo.

D. – Per lei cosa ha voluto dire la misericordia della Caritas?

R. – La Caritas è tanto misericordiosa: ci danno da mangiare e pacchi da portare a casa per darli alle famiglie.

R. – Abbiamo sicuramente colto il messaggio: questi cuori aperti per noi e anche noi siamo aperti verso gli altri; come ricevere un dono e ridonare a sua volta. E poi quest’Ostello col motto: “Ero forestiero e mi avete accolto".

D. – Cosa le rimarrà di quest’incontro nel suo cuore?

R. – Mi rimarrà la parola di aprire questi cuori, aprirli! E questo è un momento veramente importante!

R. – La misericordia è il cuore, è l’amore: è avere misericordia sempre per tutti quanti e soprattutto per chi sta male. Mentre adesso è completamente diverso: adesso sei uno scartato se stai male. E infatti è quello che lui ha detto.

R. – Per me è stata una gioia grandissima, specialmente fare la lettura davanti al Santo Padre. Mai mi sarei aspettato di poter un giorno leggere davanti al Papa, ma soprattutto di trovarmi davanti a lui nella mia condizione, quella di ospite di una struttura Caritas. Questo però non influisce assolutamente, anzi! Questa cosa ha fortificato e fortificherà la mia fede ancora di più!

D. – Cosa vuol dire la misericordia per te in questo momento?

R. – La misericordia del Padre: è il motto del Giubileo. E quindi l’amore del Padre verso gli ultimi, i poveri, verso chi soffre. E quindi dare un gesto di amore per tutti quanti.

R. - È una Porta importante perché noi serviamo i poveri: siamo, come dice Papa Francesco “i poveri con i poveri”. Quindi non è una cattedrale, non è un ospedale: è la Porta della carità, da noi vengono tutti!

D. – Cosa vuol dire allora la misericordia, concretamente?

R. – Concretamente la misericordia vuol dire sporcarsi le mani per gli altri. Ricevo di più di quello che do, molto di più!

R. – È un dono che soprattutto si riceve. Se parliamo del volontariato in Caritas, noi che andiamo lì convinti di fare chissà che cosa in realtà siamo noi che riceviamo: una carica di umanità, di fratellanza, di amore e di disponibilità che ci arricchisce giorno dopo giorno, volontariato per volontariato. È un’esperienza bellissima!

E grande la commozione di poter assistere all'apertura della Porta Santa per chi lavora in questo luogo quotidianamente. Gennaro Di Cicco responsabile dell'Ostello"Don Luigi di Liegro":

R. – Il momento è stato bellissimo. Mi preme sottolineare il gesto del Santo Padre, perché venendo oggi ad aprire questa Porta, in un posto di povertà, ha rimesso al primo posto gli ultimi; quindi ha incarnato un messaggio evangelico molto forte!

D. – Sarà possibile visitare questa Porta Santa?

R. – Già abbiamo tantissime richieste di gruppi, pellegrini, che a partire da domani, oltre a coloro che la stanno varcando questa sera, passeranno attraverso la Porta, ma soprattutto faranno servizio nella mensa e nel centro di accoglienza a sostegno di tanta povera gente che accogliamo.

inizio pagina

Tweet Papa: la misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo

◊  

"La misericordia è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre (MV 2)". E' il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex.

inizio pagina

Ospedale Bambino Gesù, visita del card. Parolin: la speranza oltre il dolore

◊  

L’Ospedale Bambino Gesù è un’istituzione “bella, eletta e complessa“. La vera missione è donare ai bambini malati un amore pieno di tenerezza. E’ quanto ha detto il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin visitando l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per i tradizionali auguri di Natale. C’era per noi Amedeo Lomonaco: 

Varcando la soglia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, il cardinale Pietro Parolin ha portato il saluto di Papa Francesco e attraversato porte di dolore e di speranza. In questi luoghi – ha ricordato il porporato - le famiglie possono trovare speranza e serenità anche in momenti di acuta apprensione. Poi ha spiegato il senso della sua visita:

“Io vengo qui e voglio fare questo per esercitare un’opera di misericordia. Le opere di misericordia sono soprattutto di beneficio a coloro che le esercitano: il Signore ha promesso ad ogni atto di carità che facciamo nei confronti dei fratelli più piccoli – e questo sono proprio i bambini, i bambini ammalati, che più hanno bisogno – la ricompensa del suo amore e di se stesso”.

Durante la visita del card. Pietro Parolin è stato anche confermato che, a partire da lunedì prossimo, l'eliporto nella Città del Vaticano sarà utilizzato per le emergenze pediatriche e per casi riguardanti espianti e impianti di organi. A margine della visita il presidente dell'ospedale, Mariella Enoc, rispondendo ad una domanda sulla vicenda della ristrutturazione dell'appartamento in cui vive il card. Tarcisio Bertone, ha poi precisato:

“Il card. Bertone non ha avuto direttamente denaro, però ha riconosciuto che tutto quello che è successo ha costituito per il nostro ospedale e per la nostra Fondazione un danno. E quindi ci viene incontro con una donazione, una donazione di 150 mila euro -  quindi una donazione importante - per sostenere i nostri progetti di ricerca sulle malattie orfane. Ovvero quelle malattie cioè che non hanno un nome e che quindi non si possono operare”.

inizio pagina

Papa nomina mons. Tighe segretario aggiunto dicastero della Cultura

◊  

Papa Francesco ha nominato segretario aggiunto del Pontificio Consiglio della Cultura mons. Paul Tighe, finora segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, elevandolo in pari tempo alla Sede vescovile titolare di Drivasto.

inizio pagina

Altre udienze e nomine di Papa Francesco

◊  

Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza: il Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi; Mons. Salvatore Pennacchio, Arcivescovo tit. di Montemarano, Nunzio Apostolico in India e in Nepal; Mons. Nikola Eterović, Arcivescovo tit. di Cibale, Nunzio Apostolico nella Repubblica Federale di Germania.

In India, Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Vijayawada (India) il Rev.do P. Joseph Raja Rao Thelegathoti, Provinciale dei Missionari Monfortani a Bangalore.

In Polonia, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare di Tarnów il Rev.do Mons. Leszek Leszkiewicz, finora Vicario foraneo e Parroco nella parrocchia di San Nicola a Bochnia, assegnandogli la sede titolare di Bossa.

Il Papa ha nominato il Card. Vinko Puljić, Arcivescovo di Vrhbosna, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni previste in Croazia per il 3 febbraio 2016, in occasione del XVII centenario del martirio di San Biagio, Patrono della Diocesi di Dubrovnik, e nel 600.mo anniversario della legge ragusina contro il commercio degli schiavi.

Il Santo Padre ha nominato Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Suo Inviato Speciale alla celebrazione della XXIV Giornata Mondiale del Malato, che avrà luogo a Nazaret l’11 febbraio 2016.

inizio pagina

Illuminati Albero di Natale e Presepe in Piazza San Pietro

◊  

Si è svolta ieri pomeriggio, tra musiche e canti natalizi, la cerimonia di illuminazione del Presepe e dell’Albero di Natale allestiti in Piazza San Pietro. L'abete, donato dalla Baviera è impreziosito quest'anno da speciali decorazioni, mentre il Presepe, proveniente dal Trentino, è composto da 24 figure in legno a grandezza naturale, tra cui un pastore che assiste un anziano in difficoltà, una scena ispirata al Giubileo della Misericordia. "Questo dono - ha detto il vescovo di Trento, mons, Luigi Bressan, intervenendo alla cerimonia - è un privilegio per tutti i trentini". L'opera è stata realizzata in collaborazione con l'associzione "Amici del Presepe di Tesero", composta da maestri scultori "che - ha ricordato la prima cittadina di Tesero, Elena Ceschini - dal 2006 condividono la loro arte con allestimenti presepiali di altre città italiane e internazionali". Alla cerimonia di illuminazione c'era per noi Elvira Ragosta

Sono stati Sara e Gabriele, due fratellini di Bolzano, ad attivare simbolicamente l’accensione del Presepe, donato quest’anno dalla Provincia autonoma  e dall’arcidiocesi di Trento e realizzato in collaborazione con l’associazione “Amici del presepe di Tèsero". L’opera - ha ricordato nei saluti iniziali il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato Vaticano - dopo le festività sarà trasportata ed esposta nella Basilica della Natività di Betlemme per volere del Santo Padre. Poi è stato illuminato l’Albero di Natale, un abete rosso a due punte di 25 metri, regalo giunto dalla Baviera. Un simbolo di speranza e di pace - ha detto la ministra del governo bavarese, Beate Merk, che esprime il legame della sua terra con Roma, Papa Francesco e con il Papa emerito Benedetto XVI. Ad accompagnare la cerimonia i canti del coro “Cima Tosa” e le musiche natalizie della Banda della Gendarmeria Vaticana e dalla cappella musicale della città di Hirschau. Ad impreziosire l’Albero di Piazza San Pietro, anche delle sfere colorate, realizzate da bambini in cura presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani, con la Fondazione Lene Thun, che ieri mattina hanno incontrato Papa Francesco e ieri sera hanno assistito all’illuminazione. Ascoltiamo la testimonianza dei volontari che li hanno accompagnati:

R. - L’emozione è stata enorme. Gian Luigi, mio figlio, è stato ricoverato all’ospedale di Merano e abbiamo aderito a questa gita.

D. – Quindi è uno dei piccoli artisti …

R. – E’ un artista che ha realizzato con la ceramica un addobbo dell’albero, sì.

R. – Noi siamo di Bolzano e siamo qui da stamattina. Eravamo presenti con la Fondazione Contessa Lene Thun. Abbiamo accompagnato questi bimbi davanti al Santo Padre in udienza e devo dire che è stata un’esperienza più che emozionante, sia per noi sia per i bimbi, stanchi come succede in queste occasioni, ma veramente ancora pieni di una carica unica. Bellissimo!

D. – Cosa rappresenta l’albero e il presepe per voi, soprattutto quest’anno con il regalo di questi piccoli artisti per Papa Francesco?

R. – Secondo me, è un simbolo. Il Natale di per sé dovrebbe essere il calore, un qualcosa che riunisce. Quello che hanno fatto questi bambini con quest’albero, e il regalo che ha fatto poi il Comune di Tesero, la Valle di Fiemme, con questo presepe, racchiude un po’ quello che deve essere il calore e la vicinanza anche, secondo me, ai bambini.

R. – Ha una duplice azione, quella di far trascorrere loro un paio di ore di svago e nello stesso tempo creare un qualcosa che aiuti la loro autostima e che sia utile: in questo caso la collaborazione per allestire l’albero di Natale.

Tanti i fedeli accorsi in Piazza San Pietro per assistere alla cerimonia di accensione.  Ad alcuni abbiamo chiesto cosa rappresenti per loro il presepe e l’albero:

R. – Un simbolo importante, specialmente in questo momento.

R. – Che la gioia di tutte le famiglie entri nei cuori di tutti noi, la pace e che questa guerra finisca.

R. – Emozionante. E’ la prima volta che ci capita di essere qui per l’accensione sia del presepe che dell’albero e abbiamo una certa età.

D. – Che cosa rappresenta per lei l’albero e il presepe natalizio?

R. – Il presepe, soprattutto la Natività. E’ una cosa legata all’infanzia, che accompagna tutti gli anni. Un cammino lungo ormai. E l’albero l’ho scoperto da poco, grazie al Papa, che lo ha valorizzato e gli ha dato un significato per noi.

inizio pagina

Santa Sede su crisi in Burundi: agire subito per ricostruire la pace

◊  

La drammatica situazione in Burundi, scatenata dalle proteste a causa della terza ricandidatura alla presidenza di Pierre Nkurunziza, al centro della recente dichiarazione di mons. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu di Ginevra. Ce ne parla Isabella Piro: 

Agire subito per ricostruire la pace: questo il cuore della dichiarazione rilasciata il 17 dicembre da mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, per la sessione speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, dedicata alla crisi in Burundi. Da molti mesi, infatti, il Paese africano è devastato dalle proteste della popolazione contro la rielezione, per la terza volta consecutiva, del presidente Nkurunziza, malgrado il limite di due mandati sancito nel 2000 dall'accordo di Arusha che mise fine a 12 anni di guerra civile. Negli scontri tra militari e civili, sono numerose le vittime che già si registrano sul terreno.

Porre fine alle violenze, promuovere la pace e ristabilire la democrazia
Di fronte a tale crisi ed agli “ostacoli” che impediscono “l’esercizio dei diritti umani nel Paese”, mons. Tomasi auspica che il Consiglio Onu possa “agire immediatamente” per “mettere in atto sforzi internazionali che garantiscano la fine della violenza sfrenata e prevengano il traffico di armi”. Il presule chiede anche “la promozione di tentativi efficaci, obiettivi, aperti e trasparenti in favore della riconciliazione, del dialogo e della costruzione della pace”, insieme ad una “mediazione imparziale del conflitto, per ristabilire processi democratici inclusivi di tutti i settori della popolazione”. Necessaria, inoltre – sottolinea l’Osservatore permanente – “la costruzione di condizioni che permettano la sicurezza ed il ritorno spontaneo dei rifugiati” burundesi in patria.

Perseguimento del bene comune, obiettivo primario
Infine, il presule richiama quanto detto da Papa Francesco in Africa, in particolare nel discorso rivolto, il 25 novembre scorso, alle autorità del Kenya: “Nell’opera di costruzione di un solido ordine democratico, di rafforzamento della coesione e dell’integrazione, della tolleranza e del rispetto per gli altri, il perseguimento del bene comune deve essere un obiettivo primario. L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione”.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

La chiave nelle mani dei poveri: il Papa apre la porta della carità dell'ostello della stazione Termini.

Francesco Citterich alla vigilia delle elezioni politiche in Spagna.

Narrazione carsica: Fortunato Frezza sull'unità del racconto biblico.

Avventura spirituale: Franco Giacone sui romanzi di Georges Bernanos secondo Monique Gosselin-Noat.

Luce verde: Gabriele Nicolò ed Emilio Ranzato per l'anniversario della morte (21 dicembre 1940) dello scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald.

Un articolo di Carlo Petrini dal titolo "Farmaci per soli ricchi": insostenibili i costi di medicine assai efficaci per combattere malattie tumorali.

Una grande opera di misericordia: il cardinale segretario di Stato in visita all'ospedale Bambino Gesù.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Patriarca Sako: Porta Santa a Baghdad, simbolo di riconciliazione

◊  

“La Misericordia è il cammino del cristiano”. Questa la lettera pastorale del patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako, con cui ha invitato i cristiani d’Iraq, ormai meno di 500mila rispetto al milione e mezzo dei primi anni Duemila, a celebrare il Giubileo. Oggi a Baghdad, l’apertura della Porta Santa nella prima cattedrale del Paese, intitolata alla Madonna Addolorata: con il patriarca Sako, tutti i vescovi e i sacerdoti locali, in un momento particolarmente difficile per la minoranza cristiana che vive, da sfollata all’interno del proprio Paese, questo Anno Santo e il prossimo Natale, a causa delle continue violenze del sedicente Stato islamico (Is). Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Baghdad sua beatitudine Sako: 

R.  – Per noi è un cammino molto doloroso, la nostra notte è lunga e oscura purtroppo ma abbiamo anche tanta speranza basata sulla parola del Signore Gesù. Questo Anno della Misericordia è all’inizio del Natale, in un momento di preparazione. È dunque una chiamata per noi, malgrado tutto, ad entrare nei valori e nel senso del Natale. Aprire una Porta Santa è una cosa simbolica: vuol dire uscire o passare da ciò che noi viviamo qui e andare verso la misericordia, la riconciliazione, ma anche la gioia della grazia del perdono, che il Signore ci dà. Come sta facendo Papa Francesco con tanto entusiasmo, dobbiamo comprendere la nostra situazione e il senso di questi eventi con fede, fiducia e speranza. Ma dobbiamo anche avere coraggio e pazienza.

D. – Cosa significa varcare la Porta Santa per la minoranza cristiana d’Iraq?

R. – È un passaggio, dunque è quasi una Pasqua: una realtà terribile, ma non la fine del mondo. Anche davanti a questa sofferenza, che è molto forte, noi leggiamo la mano di Dio che ci salverà, perché non ci lascerà mai. Ci sono difficoltà, ma Dio è più forte anche della morte.

D. – Lei ha chiesto di vivere la misericordia per avere pace, per servire tutti, cristiani e musulmani. Come è possibile farlo di fronte alla violenza del sedicente Stato Islamico, di Daesh?

R. – Avevo così tanto desiderato che anche le autorità musulmane facessero una dichiarazione affinché questo fosse un Anno della Misericordia per tutti, perché anche per loro Dio è misericordioso. Senza misericordia e riconciliazione non c’è futuro! Alcuni hanno capito questo messaggio. Ma mi aspettavo tanto da parte delle autorità sciite e sunnite: che, come ha fatto il Papa, anche loro facessero un anno di misericordia e riconciliazione, davanti a questo cancro del fondamentalismo e del terrorismo, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Pakistan, in Mali, in Nigeria… Dappertutto c’è violenza.

D. – Non ci sono state queste dichiarazioni?

R. – Purtroppo no… C’è una mentalità terribile di vendetta e questo fa male.

D. – Oggi la Porta Santa a Baghdad, domenica scorsa a Erbil. I cristiani che stanno varcando le Porte Sante d’Iraq con quale spirito lo fanno? Molti sono lontani dalle loro case…

R. – Sì, è vero. La cattedrale della Madonna Addolorata, molto antica, è anche un simbolo: è bellissima e quest’anno l’abbiamo restaurata, anche per mostrare che è un patrimonio cristiano da salvaguardare. È la prima Chiesa cattolica a Baghdad che, proprio come simbolo, darà ai cristiani tanta speranza. Diciamo sempre: “non abbiate paura”. I cristiani iracheni sono coraggiosi ed entusiasti per la loro fede. Veramente siamo orgogliosi di ciò che il nostro popolo ha vissuto. In una sola notte, 120mila persone hanno lasciato tutto per la loro fede (di fronte all’avanzata dell’Is): potevano essere forzatamente convertiti all’islam e rimanere lì e invece neanche uno è rimasto, neanche uno si è convertito. È un miracolo!

D. – Molti di questi cristiani vivono nelle tende, nella zona di Erbil…

R. – A Erbil, ma anche qui. Questa settimana andrò a celebrare la Messa in un campo profughi. Ci sono 1000 famiglie di rifugiati a Baghdad. C’è una tenda che è anche una cappella: io aprirò pure per loro la Porta Santa e offrirò un pranzo con tutti anche per incoraggiarli. Non abbiamo più niente, siamo tribolati, ma non schiacciati.

inizio pagina

Siria. Risoluzione Onu per la pace: entro 18 mesi la svolta politica

◊  

“Appoggiamo questo tentativo e speriamo possa essere un successo. In Siria la strada non poteva essere solo quella delle armi”. Così il Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin saluta la firma della risoluzione Onu arrivata in nottata per l’avvio dei colloqui di pace a partire da gennaio 2016, tra il governo di Damasco e le opposizioni. Il testo prevede entro 6 mesi la formazione di un governo di transizione inclusivo che voti una nuova Costituzione quindi entro 18 mesi, lo svolgimento di elezioni sotto egida Onu. Uniti nella decisione per la prima volta Stati Uniti e Russia, anche se tanti nodi restano da sciogliere. Qual'è dunque il valore di questo passo politico e quali gli esiti possibili? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Massimiliano Trentin ricercatore al dipartimento di Scienze politiche e sociali all’Università di Bologna: 

R. – Sicuramente è un passo positivo, perché queste risoluzioni rappresentano delle pietre miliari che una volta messe in campo difficilmente è possibile allontanarsi dalle condizioni poste.

D. – Quindi il minimo comune denominatore dell'accordo è un dialogo interno in Siria sotto egida Onu?

R. – Esattamente! Gli altri due punti importanti, secondo me, sono che la risoluzione della crisi in Siria deve avvenire all’interno della legalità internazionale; il secondo elemento è che tutti i soggetti principali coinvolti nella crisi devono entrare a far parte del processo e la soluzione non potrà che essere di compromesso, per cui nessuno potrà reclamare di essere stato completamente escluso e di conseguenza andare a boicottare il processo che dovrà portare alla soluzione sia nel mentre che dopo. Diciamo che sono dei processi molto difficili, affatto scontanti negli esiti, senza i quali però – onestamente – non si è mai giunti alla fine dei massacri di crisi che sono tanto guerre civili quanto anche guerre regionali.

D. – Quanto conta l’assenza di una lista chiara di oppositori e quanto conta anche l’assenza di una lista chiara dei terroristi?

R. – Questo è uno dei punti importanti, ma in questo caso è un problema oltre che di rapporti di forza sul campo, che possono variare da zona a zona, è un problema soprattutto che riguarda i sostenitori esterni. Già il fatto che siano potenze o Paesi stranieri a stilare la lista dei terroristi in Siria e la lista di chi potrà invece partecipare al dialogo, è abbastanza indicativo di come tutto questo sia un oggetto di politica estera. E' un problema che si porrà ma non a tal punto da far saltare il processo negoziale. E poi obiettivamente in questi processi le forze radicali estreme  – se hanno un minimo di senso politico – annusano dove va il vento, per cui cominceranno a cambiare posizioni, come già da qualche mese molte formazioni siriane hanno iniziato a fare: quindi cambiando retorica, cambiando il linguaggio, assumendo certe posizioni… Insoma tutto diciamo "per prendere il treno". 

inizio pagina

Vescovo Frosinone: smog, cambiare stile vita come chiede il Papa

◊  

Allarme smog in Italia. Numerose città hanno adottato le targhe alterne. La città di Frosinone, secondo un recente studio ambientale, è al primo posto nel Paese per la presenza di polveri sottili nel 2015. Le targhe alterne utilizzate dalle autorità locali per limitare l’inquinamento dell’aria, dovuto alla mancanza di pioggia, non sembra risolvere il problema. Un dato preoccupante che richiama alla nostra attenzione l’impegno per la difesa dell’ambiente sollecitato dal Papa nella Enciclica Laudato si' sulla cura della casa comune. Luca Collodi ne ha parlato con mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone: 

R. – Devo dire che purtroppo siamo tristemente abituati, da anni, all’inquinamento perché questo è un territorio che si è sviluppato molto. Frosinone è una città non grande, non raggiunge i 50 mila abitanti, ma nell’hinterland sono 150 mila; è una zona di pianura, con ristagno di aria; c’è l’autostrada che passa accanto alla città; l’industrializzazione selvaggia della Cassa del Mezzogiorno ha contribuito non poco ad inquinare l’aria e ci sono 700 auto ogni mille abitanti. La città è cresciuta in modo spropositato, ma non c’è una rete stradale che permetta uno scorrimento veloce. Questo purtroppo è il guaio. Una situazione molto difficile, che provoca tante conseguenze, come le malattie cardiorespiratorie. Siamo molto preoccupati!

D. - Quello che avviene a Frosinone, la città più inquinata di Italia per le polveri sottili, è certamente responsabilità dell’uomo che non ha difeso il proprio territorio…

R. – Senza dubbio! Questa è una zona molto inquinata. E anche le acque sono molto inquinate… Pensi che nella provincia di Frosinone ci sono 121 discariche che dovevano essere bonificate: ad oggi ne sono state bonificate – credo – 7 forse 8. Questo, è un altro segnale che ci fa capire come viviamo in questa zona, attraversata dal fiume Sacco. Il fiume è talmente inquinato che non si può neanche coltivare la terra per un tot numero di ettari, da una parte e dall’altra, vicino al fiume. E’ una situazione molto drammatica! I comuni gli sforzi li fanno, si impegnano, ma lei capisce che c’è un problema di infrastrutture fatte male, un problema di trasporto pubblico scarso, di una viabilità totalmente al di fuori delle possibilità concrete perché le cose migliorino.

D. – Mons. Spreafico, la popolazione di Frosinone come reagisce?

R. – La popolazione di Frosinone mi sembra un po’ rassegnata, perché anche l’anno scorso non è stato migliore di questo. C’è una certa rassegnazione. Bisognerebbe fare un discorso un po’ complessivo sul territorio: un discorso sull’inquinamento atmosferico, ma anche sull’inquinamento dovuto alla industrializzazione, sull’inquinamento da trasporto pubblico. Qui ci sono molte ditte di trasporto su gomma, perché la ferrovia è tale che per andare a Roma sembra di prendere una tradotta militare… Mancano adeguate risposte dal punto di vista complessivo e fino quando non si prenderà in mano la situazione con una visione complessiva del problema, credo che non usciremo da questa situazione.

D.  – Frosinone potrebbe essere l’occasione concreta per attualizzare la Laudato si’ di Papa Francesco e  ripensare uno sviluppo ecosostenibile del territorio?

R. – Senza dubbio! Sono d’accordo con lei e credo che noi dobbiamo – come dice Papa Francesco – imparare nuovi stili di vita, cui forse talvolta è difficile adeguarsi. Noi abbiamo fatto – ad esempio – una cooperativa di agricoltura sociale per coltivare alcuni terreni che ci sono stati donati. Abbiamo in mente anche di utilizzare le nostre risorse boschive per una produzione di energia verde. Stiamo lavorando su questo. Credo che insieme, ognuno secondo le proprie responsabilità – io sono solo un vescovo e quindi non ho potere politico né amministrativo sulle nostre città – dovremmo creare sinergie per rispondere a questa emergenza, che purtroppo è continua: questo bisogna dirlo!

inizio pagina

Giubileo: una Porta Santa anche all'aeroporto di Fiumicino

◊  

Un vero e proprio "hub" della Misericordia per passeggeri e personale di volo e di terra. E’ la Porta Santa che verrà aperta domani nella cappella dell’aeroporto internazionale Leonardo Da Vinci, a Fiumicino, con una semplice cerimonia e la celebrazione della Santa Messa. Voluto da mons. Gino Reali, vescovo della diocesi di Porto e Santa Rufina, questo singolare luogo giubilare avrà anche l’obiettivo di dare sollievo dopo la fatica quotidiana e rispondere a quel desiderio di pace di cui il viaggiatore è spesso alla ricerca. Federico Piana lo ha intervistato: 

R. – Fiumicino è una grande realtà: è come una città nella città, una città mobile, fatta di persone – tante persone – che lavorano lì, ma ancora di più fatta di gente che transita, che viaggia. Quindi mi sembrava doveroso, bello, che all’interno di questa città ci fossero uno spazio di preghiera e una possibilità per tutti; un invito ad entrare proprio nel messaggio dell’Anno della Misericordia, così come ce lo ha voluto dare e donare Papa Francesco.

D. – Un motivo che l’ha spinta ad aprire questa Porta Santa all’aeroporto di Fiumicino è la presenza di molti viaggiatori, i cosiddetti “frequent flyers”: persone che viaggiano spesso e che magari, viaggiando in tutto il mondo per motivi di lavoro, non hanno poi la possibilità di andare a varcare un’altra Porta Santa, e tanto spesso vivono in solitudine…

R. – L’aeroporto è un luogo nel quale la gente transita, ma anche dove sosta. Ci impressiona sempre quando entriamo in un aeroporto vedere la gente: chi va, chi si ferma, chi magari è costretto anche a rimanere per tanto tempo. Penso che la Porta Santa sia una proposta e un’offerta di aiuto per quelle persone che in quel momento magari - come diceva - vivono e sentono fortemente anche la solitudine, hanno bisogno di un momento e di un ambiente accogliente di preghiera, di riflessione. Basta solo attraversare quella Porta, poi il Signore farà il resto. La Porta Santa di Fiumicino non è la Porta della grande basilica, non ci saranno grandi celebrazioni: è l’offerta di uno spazio di silenzio, di preghiera personale, di un percorso di accoglienza, proprio del dono della misericordia che il Signore personalmente vuole fare a tutti.

D. – Un’attenzione dedicata anche ai professionisti che lavorano lì…

R. – Incontrando tante persone che lavorano nell’aeroporto, nei mesi precedenti ho raccomandato di prepararsi per un servizio straordinario nel tempo giubilare di accoglienza per i pellegrini. Ho avvertito il desiderio di tante persone costrette a trascorrere intere giornate in aeroporto, e spero che possano avere anche loro un accesso facilitato a questo momento di preghiera, e possano sentirsi parte di un popolo, di quel Popolo di Dio che ha più occasioni di tante persone che lavorano lì di radunarsi nelle proprie comunità. Certamente questa Porta Santa sarà per coloro che sono costretti dal proprio lavoro a rimanere lontani dalla celebrazione o dalla preghiera della propria comunità, l’occasione per recuperare questa possibilità.

D. – Torniamo ai pellegrini, mons. Reali, perché la Porta Santa di Fiumicino è la prima Porta Santa che tecnicamente vedono: nel senso che arrivano lì con gli aerei e potrebbero già andare in cappella e attraversare questa Porta Santa…

R. – Sì, mi viene il pensiero di riproporre il pensiero della nostra chiesa diocesana. Noi, come comunità cristiana, siamo nati nei primi tempi della Chiesa, e siamo nati proprio come porta di accoglienza e accesso alle tombe degli Apostoli. Una volta a Fiumicino c’era il porto, oggi c’è l’aeroporto: principale punto di arrivo. Questo fatto ci consente di tener fede a una vocazione che la Provvidenza ha voluto affidarci: quella di accogliere i pellegrini, accompagnarli con la fraternità di cui siamo capaci nel loro pellegrinaggio verso le Tombe degli Apostoli.

inizio pagina

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

◊  

Nella quarta Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Maria, dopo l’annuncio dell’angelo, si reca nella casa di Elisabetta, sua cugina. Ap­pena Elisabetta sente il saluto di Maria, il bam­bino le sussulta nel grembo. Quindi esclama:

«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti

Il Vangelo di questa IV domenica di Avvento ci presenta Maria che, ricevuto l’annuncio dell’angelo, in fretta, si reca in casa di Zaccaria ed Elisabetta, portando in grembo Gesù, l’atteso di ogni uomo. Al saluto di Maria, il bimbo che anche Elisabetta porta in grembo, “sussulta” di gioia. Vogliamo sapere cosa sia davvero il Natale? È questo evento: “ci viene fatto il dono di Dio”, Dio nasce tra di noi, Dio, uno di noi! E come Maria, ogni donna, ogni uomo è ora chiamato a dare alla luce questa vita divina. L’uomo ha raggiunto il suo fine, ciò per cui Dio l’ha creato. Il Concilio Vaticano II afferma che solamente nel mistero del Verbo incarnato si illumina veramente il mistero dell’uomo (GS 22). Per questo Elisabetta, ed il bimbo nel suo seno, esultano. Questa esultazione ora percorre tutta la terra, deve giungere ad ogni uomo. Dio si è fatto come noi, per farci “divini”, come Lui. Ma questa gioia – cuore del Natale – rischia di essere soffocata e non percepita perché banalizzata da festoni, cenoni, alberi, addobbi…, non c’è più posto per la “grotta”, per il presepe, che ha caratterizzato il Natale per tanti secoli. Magari l’incontro con la Vergine Maria, oggi, facesse sussultare anche noi in attesa di questo bimbo divino, di questo Dio che viene a portare il fuoco, Spirito Santo, la pace e la speranza! Riscopriamo il presepe, la grotta, nelle nostre case, accogliamo questa Madre Benedetta che viene a spalancare le porte alla grazia divina. Con Lei facciamo risuonare il suo cantico di lode in noi e attorno a noi: “L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”! E con Maria saremo beati!

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Terra Santa: Messaggio di Natale di Padre Pizzaballa

◊  

“Stiamo vivendo un tempo arduo, il cui susseguirsi di tragedie e di violenze ci ha colmato di paure”. Davanti alla cronaca attuale è “difficile attendere il Natale con sentimenti di gioia, di festa, di vita. La paura sembra dettare il nostro agire, anche nelle piccole azioni quotidiane. Abbiamo paura del musulmano, dell’ebreo, dell’orientale o dell’occidentale, secondo dove ci troviamo”. È quanto scrive il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, nel suo Messaggio di Natale - ripreso dall'agenzia Sir - in cui fa una disamina della situazione attuale in Medio Oriente. 

Abbiamo perso il coraggio di credere nell'altro
“In Siria, in Iraq, in Terra Santa, in Oriente così come in Occidente, sembra che la forza della violenza sia l’unica voce possibile per contrastare la violenza che ci sovrasta” scrive il Custode che punta l’indice contro “la paura dell’altro”. Ci si comporta “come se avessimo perso il coraggio di credere nell’altro. Non ci fidiamo più. Il nemico è diventato “gli altri”; pensiamo che “gli altri” siano contro di noi, che ci minaccino e ci rubino la speranza di un mondo sicuro, di un futuro migliore”. Aspettare il Natale in queste circostanze, si legge nel messaggio, “interroga la nostra fede e fa nascere il bisogno di una speranza più grande. Sono questi i sentimenti che ci hanno accompagnato nella partecipazione alle varie cerimonie per l’accensione dell’albero di Natale (5 dicembre, ndr.) e la benedizione del Presepe”. 

Riscoprire il senso originario del Natale
Spesso, durante la celebrazione della festa, ricorda padre Pizzaballa, “attorno a noi si sentivano le sirene d’allarme, segno certo di scontri e disordini. E, sempre, abbiamo riconosciuto un senso d’inadeguatezza rispetto alla situazione. Ci sembrava di essere fuori dal tempo e dalla storia”. “Ma non è così” scrive il Custode. “Il Vangelo ci dice che la pienezza del tempo si è compiuta in un tempo difficile. La festa, le luci, i colori, pur necessari, desiderati e celebrati nelle circostanze che viviamo, ci guidano a pensare con più verità al senso originario del Natale: Dio che entra nel nostro tempo e nella nostra storia”. Questo, per padre Pizzaballa, è il tempo di “cercare motivazioni autentiche. Ragioni e motivazioni che rimangano, che tengano, che non subiscano le altalenanti fasi delle nostre angosce o delle nostre esaltazioni, che abbiano il sapore di una misura giusta, di un orizzonte reale". 

È tempo di cercare domande e risposte, orientamenti, per ritrovare l’Oriente
"Questo Oriente è il Cristo. Natale, ci dice che la nostra vita è Avvento, che camminiamo verso un futuro, forse drammatico, faticoso, non camminiamo verso il nulla, verso l’ignoto, verso il buio ma verso un incontro”. Da qui l’augurio di Padre Pizzaballa: “questo tempo difficile sarà comunque un tempo buono, se ci restituirà la consapevolezza che è il tempo dell’incontro; se ci renderà più attenti a chi abbiamo vicino, perché il futuro verso cui camminiamo potrà essere soltanto il compimento di ogni relazione di cui avremo avuto cura, qui, ora. Anche in queste circostanze drammatiche. L’augurio di quest’anno, è di percorrere con fiducia questa strada, aperta nel deserto di tante nostre vite, verso questo futuro buono, che ha un unico Volto: quello della misericordia del Padre”. (R.P.)

inizio pagina

Venezuela. Appello dei vescovi: lavorare per la democrazia

◊  

Un appello a “lavorare lealmente per il benessere del Paese ed il  rafforzamento della democrazia, in una prospettiva di misericordia” è stato lanciato dalla Conferenza episcopale del Venezuela (Cev), in una nota diffusa ieri. La dichiarazione arriva dopo le elezioni parlamentari del 6 dicembre che hanno visto, per la prima volta in 17 anni, la vittoria dell’opposizione antichavista, con 99 seggi su 167. L’attuale Presidente Nicolas Maduro conserverà, ancora per tre anni, il potere esecutivo e la direzione delle Forze Armate, ma dovrà convivere con l’opposizione parlamentare della Tavola dell’Unità Democratica, composta da circa trenta diversi partiti. 

Nuova Assemblea nazionale escluda proposte contro vita e famiglia
Di fronte a questo nuovo scenario, dunque, i vescovi fanno sentire la loro voce, innanzitutto esprimendo apprezzamento per “lo svolgimento civile, pacifico ed esemplare della giornata elettorale” e per il modo con cui “il popolo venezuelano ha dato esempio di responsabilità ed impegno civico”. Quindi, guardando alla neo-eletta Assemblea nazionale, i presuli auspicano che essa sia “un luogo idoneo di confronto e dialogo per mantenere il rispetto dei diritti delle persone e delle comunità e per elevare moralmente la vita pubblica nazionale escludendo dall’agenda legislativa proposte contro la vita, come l’aborto e l’eutanasia, o contro l’integrità del matrimonio e della famiglia”.

Risanare situazione economica del Paese senza dimenticare i più bisognosi
Quanto alla situazione economica del Paese, definita “grave”, la Cev raccomanda l’attuazione di politiche che “facciano attenzione ai più bisognosi”, per evitare “il rischio di una reazione violenta da parte della popolazione, come valvola di sfogo per le sofferenze, la carestia, l’insicurezza e le inefficienze governative che derivano dagli anni passati”. “È responsabilità dei diversi poteri dello Stato – ribadisce la Chiesa di Caracas – e principalmente dell’esecutivo, promuovere in modo etico i cambiamenti necessari e pertinenti nel settore dell’economia e della sicurezza dei cittadini, nei programmi sociali e nei servizi alla comunità come la sanità, l’alimentazione, l’abitazione e l’educazione”.

Non basta votare, serve impegno costante per il bene comune
Quindi, la Cev ricorda che “tutti i cristiani hanno una responsabilità etica nella soluzione dei problemi del Paese, ciascuno secondo il proprio livello di influenza”; perciò “non basta votare, ma bisogna anche andare oltre, verso l’impegno costante in favore del bene comune”. E qui i vescovi citano l’Esortazione apostolica “Evangelii gaudium” di Papa Francesco in cui si afferma: “Nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”. (n.183)

Rispettare il risultato elettorale
​La Chiesa venezuelana sottolinea, inoltre, che “la Costituzione nazionale esige il rispetto reale ed effettivo dei risultati elettorali”, “espressione della volontà” del “popolo sovrano”, e che quindi “non si può impedire l’insediamento ed il funzionamento della nuova Assemblea”. Infine i vescovi affidano il Paese a Maria, Regina della Pace. (I.P.)

inizio pagina

Burundi: appello ecumenico per la pace nel Paese

◊  

Fare un passo indietro sulla via della violenza ed uno in avanti sulla strada della pace: questo, in sintesi, l’appello congiunto lanciato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc) e dalla Conferenze delle Chiese di tutta l’Africa (Aacc) per promuovere la riconciliazione in Burundi. Dallo scorso maggio, infatti, nel Paese africano si registrano violenze legate alle proteste contro la rielezione, per la terza volta consecutiva, del Presidente Nkurunziza, malgrado il limite di due mandati sancito nel 2000 dall'accordo di Arusha che mise fine a 12 anni di guerra civile.

In arrivo le forze di pace dell’Unione Africana
Proprio ieri, l'Unione Africana ha deciso l'invio nel Paese di una forza di pace di 5mila uomini per “prevenire il deterioramento della situazione della sicurezza”, mentre pochi giorni fa, a Bujumbura, circa 90 persone sono rimaste uccise in scontri con l’esercito, ed altri 150 uomini armati sono stati fermati dalla polizia, dopo aver attaccato tre basi militari nei pressi della città.

Occorre leadership responsabile, che non sia complice di violenze
Una situazione che il Wcc e l’Aacc definiscono di “estrema tensione”, segnata da “violenze brutali, attacchi mirati e grave oppressione”. Di qui, l’invito alla comunità internazionale affinché “acceleri e rafforzi l’attuazione” di misure adeguate per risolvere la situazione, ed una richiesta al governo di Bujumbura perché ponga fine alle violenze ed intraprenda la via della pace. “Invochiamo una leadership responsabile – si legge nell’appello congiunto – che non tolleri complicità nelle uccisioni e nelle altre forme di violenza che prevalgono nel Paese”.

Appello al dialogo inclusivo e veritiero tra tutti i burundesi
Rivolgendosi, poi, direttamente al capo di Stato Nkurunziza, il Wcc e l’Aacc lo esortano ad essere coerente con “la sua proclamata fede cristiana” e ad “agire con amore cristiano e compassione”. In quest’ottica, si auspica “la fine delle uccisioni, degli attacchi e delle sparizioni forzate” e si invoca “un dialogo inclusivo e veritiero tra i burundesi, per trovare una soluzione condivisa, a livello nazionale, per la crisi attuale”.

Le Chiese locali lavorino insieme per la pace e la giustizia
Quanto alle Chiese del Burundi, i due organismi ecumenici sperano che esse possano avere “la forza e la capacità di lavorare insieme per la pace, contro le violenze e le divisioni, così da essere testimoni fedeli e punti di riferimento per un cammino di giustizia e pace nel Paese”. Infine, in prossimità del Natale e della nascita di Gesù Bambino, “Principe della pace”, il Wcc e l’Aacc pregano affinché “tutti coloro che ora sostengono la violenza e la divisione in Burundi imparino a perseguire la riconciliazione in questa nazione ferita”.

Già a novembre, l’appello di Papa Francesco alla riconciliazione
​Da ricordare che anche Papa Francesco, nel suo recente viaggio in Africa, ha lanciato un appello per la pace in Burundi: nel discorso consegnato al clero ed ai religiosi dell’Uganda, incontrati il 28 novembre nella Cattedrale di St. Mary a Kampala, Francesco esorta a non dimenticare tutti i popoli che “anelano” ad una vita nuova, al perdono e alla pace, pensando alle “tante situazioni che preoccupano”, a partire dalle realtà “più vicine”, come il Burundi percorso da sanguinose violenze. “Il Signore – scrive il Pontefice - susciti nelle autorità e in tutta la società sentimenti e propositi di dialogo e di collaborazione, di riconciliazione e di pace”. (I.P.)

inizio pagina

Vescovi europei sollecitano l'integrazione richiedenti asilo

◊  

La Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) si dice “fondamentalmente d’accordo” con le conclusioni del Consiglio europeo di mercoledì che ha fissato le tappe indispensabili per attuare le decisioni in merito alla crisi dei rifugiati, ma “deplora che gli Stati membri non siano stati incoraggiati a intraprendere ulteriori passi per l’integrazione dei richiedenti asilo”.

Promuovere cultura dell’accoglienza e dell’apertura alla pluralità
In un breve comunicato ripreso dall’agenzia Sir, si dà anche notizia di un documento, redatto il 2 dicembre dal vescovo austriaco Äegidius Zsifkovics, coordinatore Comece per le migrazioni, e spedito dal card. Reinhard Marx, presidente dell’organismo, ai capi di Stato e di governo prima del summit. Tale documento, intitolato “Riflessioni della Comece sui rifugiati, la migrazione e l’integrazione”, afferma che “Stati, società e cittadini europei hanno bisogno di fiducia reciproca” per far nascere un “clima politico e sociale favorevole al fiorire di una cultura dell’accoglienza e dell’apertura alla pluralità”.

Serve nuovo modello di cooperazione internazionale, con accordi vincolanti
“Senza una collaborazione migliore tra gli Stati membri dell’Ue – si legge ancora nel documento - non si può immaginare alcuna risposta adeguata” alla crisi attuale. Ciò che occorre, quindi, è “una risposta responsabile e condivisa”, che “sviluppi un nuovo modello di cooperazione internazionale ed elabori accordi vincolanti”.

Rafforzare solidarietà verso i bisognosi
​Inoltre, in una lettera del card. Marx ai vescovi europei si ribadisce che “bisogna incoraggiare le autorità pubbliche, la società civile ed i fedeli d’Europa a rafforzare la loro solidarietà nei confronti delle persone bisognose, compresi i migranti ed i rifugiati che attraversano o che si stabiliscono nel Vecchio Continente”. “Il Giubileo straordinario della misericordia – conclude il porporato – invita tutti a ricordare che accogliere l’altro significa accogliere Dio in persona!”. Infine, la Comece rende noto che all’inizio del 2016, a Vienna, terrà un incontro tra i vescovi dei Paesi di origine, transito e destinazione dei migranti per concertare e coordinare misure di accompagnamento e integrazione dei rifugiati. (A cura di Isabella Piro)

inizio pagina

Lettonia: evento ecumenico per la pace con luce di Betlemme

◊  

Sarà un’iniziativa ecumenica particolare, perché illuminata dalla luce che arriva dalla Basilica della Natività di Betlemme, quella che vivranno domani oggi, le Chiese della Lettonia. A Riga, infatti, nella Chiesa di Santa Maria Maddalena, si terrà una celebrazione alla quale sono invitati a partecipare cattolici, ortodossi, luterani e battisti. Il rito – spiega l’agenzia Sir – prevede un momento di preghiera comune per la pace nel Paese e nel mondo; poi, ogni denominazione porterà la luce di Betlemme nelle propria Chiesa per donarla a ciascun credente.

La luce di Betlemme in più di 30 Paesi del mondo
L’iniziativa lettone è parte della campagna “Luce nel buio” nata nel 1986 in Austria, in associazione con la campagna d’Avvento di raccolta fondi della televisione Orf. Nel corso degli anni, il percorso della luce di Betlemme si è arricchito, tanto che oggi arriva a toccare più di trenta Paesi in Europa, ma anche Nord America, Messico e Canada. Nello specifico, per la Lettonia si tratta della 7.ma edizione.

Una bimba araba cristiana ha acceso la prima fiammella
La luce di Betlemme è arrivata in Europa, precisamente in Austria, il 28 novembre scorso, con un volo delle Austrian Airlines.  Il lume era stato acceso a Betlemme da una bambina di nove anni, di famiglia araba cristiana, nel corso di una cerimonia ufficiale nella Basilica della Natività, alla presenza anche del sindaco della città, Vera Baboun.

Il saluto del Papa all’udienza generale
​Mercoledì scorso, poi, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha ricordato questa iniziativa: “Saluto cordialmente la delegazione dell’Alta Austria che ci ha portato la luce della pace di Betlemme – ha detto il Pontefice - Prepariamoci alla Festa di Natale spalancando la porta del nostro cuore per non escludere nessuno”. (I.P.)

inizio pagina

Ghana. Appello dei vescovi: se c'è corruzione non c'è pace

◊  

Se c’è corruzione, non c’è pace: questo, in sintesi, l’allarme lanciato dalla Conferenza episcopale del Ghana nella lettera pastorale siglata dal suo presidente, mons. Joseph Osei-Bonsu, in vista del Santo Natale. Non è la prima volta che la Chiesa locale fa sentire la sua voce contro questa piaga sociale che ha portato il Paese - secondo le ultime analisi dell’ong Transparency International - al secondo posto per indice di corruzione percepito dalla popolazione, pari al 71%.

Allarme corruzione tra politici e mass-media
Di qui, il richiamo di mons. Osei-Bonsu innanzitutto ai politici che – spiega – nel tentativo di restituire il denaro ricevuto dai sostenitori delle loro campagne elettorali, cercano di eludere o di violare i protocolli delle gare di appalto. Ma il presidente dei vescovi ghanesi punta il dito anche contro chi corrompe i processi elettorali con la compravendita dei voti, e contro chi paga una tangente per iscrivere i figli a scuola. Pure i mass-media vengono chiamati in causa dal presule: “Alcuni di essi – sottolinea – diventano corrotti quando accettano denaro dai partiti politici per diffondere notizie false che aumentano la tensione nel Paese”. Di qui, l’esortazione rivolta ai giornalisti ad essere nei loro articoli e reportage “leali, onesti, obiettivi, attenti”.

La religione non si lasci contaminare dalla corruzione
Non solo: mons. Osei-Bonsu lancia l’allarme anche sulla corruzione che “contamina” l’ambiente religioso. “Ciò si verifica – si legge nelle lettera pastorale – quando alcuni leader religiosi usano la fede come un mezzo per ottenere denaro, diventando così ministri per soldi e cercando di estorcere in tutti i modi denaro ai fedeli”. Guardando, poi, al Natale e soprattutto al messaggio pacifico che la nascita del Signore porta nel mondo, il presule ricorda che “la pace non è solo assenza di guerra: in Ghana, ad esempio, non c’è guerra, ma la pace non è presente nella società, nelle case, in famiglia”.

Agire con integrità in ogni settore
Per questo, bisogna “cercare di trasformare la riconciliazione in una realtà, affinché non resti soltanto un sogno”, perché “non ci può essere pace nel Paese quando si è inghiottiti dalla corruzione”, “principale ostacolo” alla riconciliazione. Di qui, l’appello conclusivo del presule a cercare di porre fine a questa piaga – “cancro della società” l’ha definita Papa Francesco - “agendo con integrità in ogni luogo in cui operiamo”. (I.P.)

inizio pagina

Spagna. Chiesa in missione: presentato piano pastorale

◊  

Favorire la trasformazione missionaria di diocesi, parrocchie e comunità cristiane, con l’intento di realizzare una conversione della Chiesa in Spagna, ravvivandone l’ardore evangelizzatore. Per riuscirci occorrerà uscire e andare incontro ai cristiani praticanti ma «routinari e conformisti», ai molti cristiani battezzati non praticanti e al «crescente numero di concittadini che non hanno ricevuto l’annuncio di Gesù Cristo, che vivono ai margini della Chiesa di Dio senza il dono della fede». È questo il principale obiettivo del Piano pastorale 2016-2020 della Conferenza episcopale spagnola, intitolato Iglesia en misión al servicio de nuestro pueblo e presentato mercoledì scorso a Madrid.

Una nuova tappa evangelizzatrice
Come riferisce L’Osservatore Romano, il documento, approvato dall’assemblea plenaria svoltasi dal 16 al 20 novembre, trae spunto in particolare dall’invito di Papa Francesco, contenuto nell’Evangelii gaudium, a «una nuova tappa evangelizzatrice». Nella sua prima parte, dal titolo «Uno sguardo compassionevole al nostro mondo», il piano offre una descrizione allarmata della cultura dominante. «Si percepisce — scrivono i vescovi — la scarsa valorizzazione sociale della religione»; l’«aconfessionalità dello Stato si esprime in una secolarizzazione di tutta la società» e «si dà un valore assoluto alla propria libertà che porta alla conclusione che tutto ciò a cui aspiriamo è giusto.

Al via il 22 gennaio, con Giornata di digiuno e preghiera
Attraverso questa chiave di lettura, i desideri bastano per creare veri diritti», «l’uomo è diventato la misura di tutte le cose e la realtà ha valore solo se favorisce o pregiudica interessi e desideri particolari». Nonostante le difficoltà, l’episcopato spagnolo invita a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento. Le proposte pastorali, contenute nella seconda parte del documento, individuano cinque tappe, una per ogni anno del piano che prenderà il via con una Giornata di digiuno e preghiera il 22 gennaio.

2016: esigenze dell’evangelizzazione. 2017: missione e vocazione
Per il 2016 è prevista, in ogni organismo ecclesiale, una riflessione sulle esigenze attuali dell’evangelizzazione, allo scopo di porre i servizi pastorali «in stato di revisione, conversione e missione», nel cinquantesimo anniversario dell’istituzione della Conferenza episcopale spagnola, datata 3 ottobre 1966. Un congresso internazionale ne approfondirà le dimensioni teologica, canonica e pastorale. Nel 2017 si porrà la Chiesa in «stato di missione permanente»: tutte le comunità cristiane saranno invitate, con la loro azione, «a irradiare nel mondo la gioia di Cristo», e ci si concentrerà sulla generale vocazione alla santità e sulla specifica vocazione al ministero sacerdotale, alla vita consacrata e al laicato cristiano.

2018: annuncio Parola di Dio. 2019: liturgia
L’annuncio della Parola di Dio sarà invece al centro del piano pastorale per il 2018. Per rafforzare la catechesi e la predicazione, i vescovi si rivolgono agli agenti pastorali che sono al servizio della trasmissione della fede: sacerdoti, genitori, catechisti, missionari, educatori, docenti. Verranno «sostenuti nella loro identità cristiana, nell’adeguata formazione, nella specifica spiritualità, nell’impegno ecclesiale». Si cureranno pastorale familiare e preparazione al matrimonio. Nel 2019 attenzione sarà data alla celebrazione del mistero cristiano, con l’obiettivo di promuovere una partecipazione dei fedeli alla liturgia «più autentica, fruttuosa e attiva», rivitalizzando per esempio l’appuntamento domenicale.

2020: dimensione caritativa
Il 2020, anno conclusivo del piano pastorale, verrà invece dedicato alla dimensione caritativa, per soddisfare le necessità dei più poveri e rinnovare lo spirito dell’azione ecclesiale, attraverso anche una migliore conoscenza della dottrina sociale, a partire dall’enciclica Laudato si’. Formare persone in grado di essere testimoni di Cristo nel mondo e, con il loro impegno, favorire la trasformazione della società secondo il piano di Dio: questo — sottolinea la Conferenza episcopale spagnola — l’obiettivo finale del piano pastorale. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 353

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.