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Sommario del 15/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Giornata della Pace. Francesco: no a globalizzazione indifferenza

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Il primo nemico della pace è l’indifferenza degli uomini per i propri simili, generata dal rifiuto di Dio. Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della pace, inizia proprio dall’invito ad impegnarsi con fiducia per costruire la pace, perché se è vero che quest’ultima è un dono di Dio è altrettanto vero che la sua realizzazione è affidata agli uomini e alle donne di buona volontà. Il servizio di Stefano Leszczynski. 

Il 2015 si conclude con un bilancio doloroso per la pace. Terrorismo e conflitti sembrano confermare la teoria della “terza guerra mondiale a pezzi”. Eppure, i motivi di speranza ci sono e Papa Francesco li individua proprio in alcuni recenti eventi internazionali, come l’accordo di Parigi sul clima o l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Sono situazioni che spingono a credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in spirito di solidarietà. Un atteggiamento nota il Papa che si sposa con quello della Chiesa degli ultimi 50 anni, orientata al dialogo, alla solidarietà e alla misericordia.

No alla globalizzazione dell'indifferenza
Le minacce alla pace, tuttavia, sono concrete e derivano in massima parte dall’indifferenza nei confronti del prossimo e di quella nei confronti del Creato. Un atteggiamento di chiusura talmente diffuso da essere indicato da Papa Francesco con il termine di “globalizzazione dell’indifferenza”. Un male che è generato innanzitutto dall’indifferenza che l’uomo nutre verso Dio. E’ proprio dalla rottura di questo rapporto preferenziale che nascono i mali della società che Papa Francesco denuncia in maniera ricorrente: la corruzione, la distruzione dell’ambiente, l’assenza di compassione nei confronti degli altri. La strada indicata da Papa Francesco per lottare contro la globalizzazione dell’indifferenza passa per una profonda conversione del cuore dell’uomo, che ci permetta attraverso la grazia di Dio di tornare ad essere capaci di aprirci agli altri con autentica solidarietà. E gli esempi di solidarietà cui Papa Francesco fa riferimento esigono un impegno diffuso, capace di creare una vera e propria cultura della misericordia.


Serve impegno solidale e misericordioso, a partire dalla famiglia
Le famiglie, gli educatori, i comunicatori sono i primi attori chiamati in causa come promotori di valori di libertà, rispetto reciproco e solidarietà. E proprio in questo contesto il Papa cita l’esmpio negativo di quegli operatori dei media che non si curano troppo del modo in cui si ottengono e diffondono le informazioni. Eppure la società è ricca di esempi di impegno solidale e misericordioso: le organizzazioni che si occupano di diritti umani e le associazioni caritatevoli, in particolare quelle realtà che operano in soccorso ai migranti in difficoltà. Queste azioni dice il Papa sono opere di misericordia corporale e spirituale. E la gratitudine di Papa Francesco va a coloro che nella Chiesa hanno fatto proprio il suo appello ad accogliere una famiglia di rifugiati.

Cancellare il debito dei Paesi poveri, basta pena di morte
Il Giubileo della Misericordia rappresenta un’occasione per riflettere sul grado di indifferenza che alberga nel cuore di ciascuno, per sconfiggerla e impegnarsi a migliorare la realtà che ci circonda. Il Papa conclude il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace  ricordando tutte le persone in condizione di fragilità o svantaggio e invocando la fine della pena di morte e l’amnistia. Ma è ai leader statali che il Papa lancia il suo appello, affidandolo all’intercessione di Maria: rifiuto della guerra; cancellazione dei debito dei paesi più poveri; adozione di politiche di cooperazione che non ledano il diritto dei nascituri alla vita.

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Nel Messaggio per la pace anche la speranza nell'uomo

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Il Messaggio di Papa Francesco per la 49.ma Giornata Mondiale della pace – incentrato sul tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace” - è stato presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. L’indifferenza – ha detto il card. Peter Turkson - ha superato l’ambito individuale producendo quel fenomeno che il Papa definisce “globalizzazione dell’indifferenza”. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Il Messaggio - sottolinea il card. Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace -  delinea alcune forme di indifferenza. Da quella verso Dio scaturisce l’indifferenza verso il prossimo e il creato.

La speranza nella capacità dell’uomo
Ma c’è una  capacità, quella dell’uomo di vincere il male con il bene, che può superare l’indifferenza radicata in molti ambiti della società:

“Non è solo l’indifferenza che sta al centro del Messaggio, ma anche la speranza nella capacità dell’uomo - con la grazia di Dio - di superare il male vale la nostra attenzione: non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza, contribuendo così alla pace con Dio, con il prossimo e con il creato. Per custodire questa speranza, il Papa sottolinea come anche noi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione e della misericordia un vero impegno di vita, rispondendo sempre all’appello del Signore di essere misericordiosi come il nostro Padre”.

Il tema dell’indifferenza nel Pontificato di Francesco
Il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace presenta elementi che caratterizzano fin dall’inizio il magistero di Papa Francesco. La dott.ssa Flaminia Giovannelli, sotto segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

 “Mi sembra che uno degli obiettivi del suo Pontificato sia proprio quello di scuotere le nostre coscienze. E’ una cosa che ha fatto fin dall’inizio… Questo punto dell’indifferenza è balzato molto evidente fin dall’inizio, fin dalla sua visita a Lampedusa, dove già parlava di ‘globalizzazione dell’indifferenza’. Mi è sembrato molto evidente anche il legame con il Messaggio per la Quaresima di quest’anno. Egli scrive: “Mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene”. Questo atteggiamento egoistico di indifferenza ha preso delle dimensioni mondiali e – aggiunge il Papa – costituisce un disagio che come cristiani dobbiamo affrontare.

La misericordia vince l’indifferenza
La misericordia è la vera chiave per combattere l’indifferenza. Il dott. Vittorio Alberti, officiale del pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

“Anche l’indifferenza va trattata con misericordia. Se io vedo Palmira distrutta, la corruzione che dilaga me ne sento schiacciato, perché non credo che tutti insieme possiamo cambiare le cose: questo è il nichilismo, non credere cioè che ci sia un orizzonte di possibilità. La misericordia non è solo un fatto morale, ma è un fatto mentale e intellettuale: è la libertà del pensiero. Francesco sta dando le chiave profonde – culturali e spirituali – per combattere l’indifferenza”.

Le testimonianze di mons. Pennisi e di don Ciotti
Durante la conferenza stampa è stata ricordata le testimonianze di mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, sul sistema carcerario. “La pena dentro la prigione – scrive il presule – ha senso se, mentre afferma le esigenze della giustizia e scoraggia il crimine, serve al rinnovamento della persona”. L’altra testimonianza proposta è stata quella di don Luigi Ciotti. “La pace – scrive il fondatore dell’Associazione Libera – è il contrario del quietismo, dello starsene in pace”. “la vera pace incomincia da un risveglio spirituale che ha immediate conseguenze pratiche”.

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Francesco: vera ricchezza della Chiesa sono i poveri, non i soldi

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La Chiesa sia umile, povera e fiduciosa nel Signore. E’ quanto affermato da Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che la povertà è la prima delle Beatitudini ed ha aggiunto che la vera ricchezza della Chiesa sono i poveri, non i soldi o il potere mondano. Il servizio di Alessandro Gisotti

Gesù rimprovera con forza i capi dei sacerdoti e li avverte che perfino le prostitute li precederanno nel Regno dei Cieli. Papa Francesco ha preso spunto dal Vangelo odierno per mettere in guardia dalle tentazioni che pure oggi possono corrompere la testimonianza della Chiesa. Anche nella Prima Lettura, tratta dal Libro di Sofonia, ha avvertito, si vedono le conseguenze di un popolo che diviene impuro e ribelle per non aver ascoltato il Signore.

Chiesa sia umile, non si pavoneggi dei poteri
Come dunque, si chiede Francesco, deve essere una Chiesa fedele al Signore? Una Chiesa che si affida a Dio, risponde, deve “avere queste tre tracce”: umile, povera, con fiducia nel Signore:

“Una Chiesa umile, che non si pavoneggi dei poteri, delle grandezze. Umiltà non significa una persona languida, fiacca, che fa gli occhi in bianco… No, questa non è umiltà, questo è teatro! Questo è fare finta di umiltà. L’umiltà ha un primo passo: ‘Io sono peccatore’. Se tu non sei capace di dire a te stesso che sei peccatore e che gli altri sono migliori di te, non sei umile. Il primo passo nella Chiesa umile è sentirsi peccatrice, il primo passo di tutti noi è lo stesso. Se qualcuno di noi ha l’abitudine di guardare i difetti degli altri e chiacchierare sopra non è umile, si crede giudice degli altri”.

Chiesa non sia attaccata ai soldi, i poveri sono la vera ricchezza
Noi, ha ripreso, dobbiamo chiedere “questa grazia, che la Chiesa sia umile, che io sia umile, ognuno di noi” sia umile. Secondo passo: è la povertà, che – ha osservato – “è la prima delle Beatitudini”. Povero nello spirito, ha precisato, vuol dire essere “soltanto attaccato alle ricchezze di Dio”. No, dunque, a “una Chiesa che vive attaccata ai soldi, che pensa ai soldi, che pensa a come guadagnare i soldi”. “Come è saputo – ha affermato il Papa – in un tempio della diocesi, per passare la Porta Santa, dicevano ingenuamente alla gente che si doveva fare un’offerta: questa non è la Chiesa di Gesù, questa è la Chiesa di questi capi dei sacerdoti, attaccata ai soldi”:

“Il nostro diacono, il diacono di questa diocesi, Lorenzo, quando l’imperatore - lui era l’economo della diocesi - gli dice di portare le ricchezze della diocesi, così, pagare qualcosa e non essere ucciso, torna con i poveri. I poveri sono le ricchezze della Chiesa. Se tu hai una banca tua, sei il padrone di una banca ma il tuo cuore  è povero, non è attaccato ai soldi, questo è al servizio, sempre. La povertà è questo distacco, per servire ai bisognosi, per servire agli altri”.

La Chiesa confidi sempre nel Signore che non delude mai
Facciamoci dunque questa domanda, ha detto il Papa: se siamo “una Chiesa, un popolo umile, povero. ‘Io sono o non sono povero?’”. Infine, terzo punto, la Chiesa deve confidare nel nome del Signore:

“Dov’è la mia fiducia? Nel potere, negli amici, nei soldi? Nel Signore! Questa è l’eredità che ci promette il Signore: ‘Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero, confiderà nel nome del Signore’. Umile perché si sente peccatore; povero perché il suo cuore è attaccato alle ricchezze di Dio e se ne ha è per amministrarle; fiducioso nel Signore perché sa che soltanto il Signore può garantire una cosa che gli faccia bene. E davvero che questi capi sacerdoti ai quali si rivolgeva Gesù non capivano queste cose e Gesù ha dovuto dire loro che una prostituta entrerà prima di loro nel Regno dei Cieli”.

“In questa attesa del Signore, del Natale – ha concluso Francesco – chiediamo che ci dia un cuore umile, ci dia un cuore povero, e soprattutto un cuore fiducioso nel Signore perché il Signore non delude mai”.

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Presto santa: Maria Hesselblad, pioniera del dialogo ecumenico

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Ieri pomeriggio, Papa Francesco ha ricevuto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti riguardanti la prossima canonizzazione di una religiosa, straordinaria pioniera del dialogo ecumenico, la proclamazione di 4 nuovi Beati e di 12 Venerabili, di cui due sono laici.

La religiosa presto Santa è la Beata Maria Elisabetta Hesselblad, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida,  nata a Flågavik, Svezia, il 4 giugno 1870 e morta a Roma il 24 aprile 1957, beatificata da Giovanni Paolo II il 9 aprile 2000. Dopo  aver a lungo prestato servizio come infermiera in un ospedale, riformò l’Ordine di Santa Brigida, dedicandosi in particolare alla contemplazione, alla carità verso i bisognosi e all’unità dei cristiani.

Tre i Venerabili di cui è stato riconosciuto il miracolo dovuto alla loro intercessione: Mariae Celeste Crostarosa, monaca fondatrice delle Suore del Santissimo Redentore, nata a Napoli il 31 ottobre 1696 e morta a Foggia il 14 settembre 1755; Maria di Gesù, Fondatrice della Congregazione delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, nata a Palermo il 2 ottobre 1852 e morta a Cinisi il 27 gennaio 1923; Itala Mela, Oblata Benedettina del Monastero di San Paolo in Roma, nata a La Spezia il 28 agosto 1904 e morta sempre a La Spezia, il 29 aprile 1957.

Miracolo riconosciuto anche per il Servo di Dio Ladislao Bukowiński, sacerdote diocesano, nato a Berdyczów, Ucraina, il 22 dicembre 1904 e morto a Karaganda, Kazakhstan, il 3 dicembre 1974. Sacerdote instancabile tra i polacchi confinati da Stalin in Kazakhstan, si era fatto volontariamente internare per la loro cura pastorale. Don Bukowiński era stimato dall'allora vescovo Karol Wojtyla, è stato tumulato nella cattedrale di Karaganda.

I decreti riconoscono poi le virtù eroiche di 12 Servi di Dio. Questi i loro nomi: Angelo Ramazzotti, Patriarca di Venezia, fondatore dell’Istituto per le Missioni Estere, nato a Milano il 3 agosto 1800 e morto a Crespano del Grappa il 24 settembre 1861; Giuseppe Vithayathil, Sacerdote diocesano, Fondatore della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia, nato a Puthenpally, India, il 23 luglio 1865 e morto sempre in India a Kuzhikkattussery l’8 giugno 1964; Giuseppe Maria Arizmendiarrieta, sacerdote diocesano, nato a Markina, Spagna, il 22 aprile 1915 e morto a Mondragón il 29 novembre 1976; Giovanni Schiavo, sacerdote professo della Congregazione di San Giuseppe, nato a Sant’Urbano l’8 luglio 1903 e morto a Caxias di Sul, Brasile, il 27 gennaio 1967; Venanzio Maria Quadri, religioso professo dell’Ordine dei Servi di Maria, nato a Vado di Setta  il 9 dicembre 1916 e morto a Roma il 2 novembre 1937; Guglielmo Gagnon, religioso professo dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, nato a Dover , Usa, il 16 maggio 1905 e morto a Hô Chi Minh City, Vietnam, il 28 febbraio 1972; Teresa Rosa Ferdinanda de Saldanha Oliveira e Sousa, del Terzo Ordine di San Domenico, fondatrice della Congregazione di Portogallo delle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena, nata il 4 settembre 1837 a Lisbona, Portogallo, ed ivi morta l’8 gennaio 1916; Maria Emilia Riquelme Zayas, fondatrice dell’Istituto delle Missionarie dei Santissimo Sacramento e della Beata Vergine Maria Immacolata, nata a Granada, Spagna, il 15 agosto 1847 e morta il 10 dicembre 1940; Maria Speranza della Croce, cofondatrice delle Missionarie Agostiniane Recollette, nata a Monteagudo, Spagna, l’8 giugno 1890 ed morta nella stessa località il 23 maggio 1967; Emanuela Maria Maddalena Kalb, suora professa della Congregazione delle Suore Canonichesse di Santo Spirito in Sassia; nata a Jarosław, oggi Polonia, il 26 agosto 1899 e morta a Cracovia il 18 gennaio 1986. I due Servi di Dio laici sono: Nicola Wolf, nato a Neuenkirch, Svizzera, il 1° maggio 1756 e morto a Sant’Urbano, ancora in Svizzera, il 18 settembre 1832 e l’italiano Teresio Olivelli nato a Bellagio il 7 gennaio 1916 e morto nel campo di concentramento di Hersbruck, Germania, il 17 gennaio 1945.

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Francesco riceve il cardinale Walter Kasper

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Papa Francesco ha ricevuto ieri pomeriggio il card. Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Negli Stati Uniti, Francesco ha nominato Vescovo di Superior il rev.do James Patrick Powers, del clero della diocesi di Superior, finora Amministratore diocesano della medesima sede e Parroco della Saint Joseph Parish a Rice Lake.

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Mons. Gallagher: la Santa Sede promuove il dialogo e la pace

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Presso l'Istituto San Luigi dei francesi a Roma, si è tenuta ieri la Conferenza di mons. Paul-Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, sul tema "Una Terza Guerra mondiale frammentata? La diplomazia vaticana oggi". Al termine del suo intervento Antonino Galofaro ha chiesto a mons. Gallagher come rispondere agli ultimi eclatanti attentati di Parigi che sono una conseguenza di questa Terza Guerra mondiale e se non ci si sente impotenti di fronte a ciò che accade in Europa: 

R. - C'est evident, face à la mort de beaucoup de personnes...
Certo, di fronte alla morte di molte persone e di questo tipo di terrorismo proviamo un sentimento di impotenza, è vero; ma provare questo sentimento e restare paralizzati è un’altra cosa. Credo che dobbiamo renderci conto della situazione e dobbiamo analizzare cosa succede, perché succede e dobbiamo reagire in maniera cristiana, umana, in modo da proporre soluzioni per alcuni problemi di sicurezza che i governi affrontano adesso. Ma bisogna anche cercare di risolvere molti dei problemi che sono alla radice di questo conflitto.

D. - Quando parliamo di una “Terza Guerra mondiale a pezzi” pensiamo soprattutto e innanzitutto alla Siria, all'Iraq, all’Arabia Saudita, agli Stati Uniti, all’Iran, agli attori regionali, alle grandi potenze… Come si inserisce il Vaticano in questi rapporti diplomatici e quale messaggio porta?

R. - Avant tout on parle de Troisième guerre mondiale parce que tous ces conflicts...
Innanzitutto parliamo di “Terza Guerra mondiale” perché tutti questi conflitti sono complessi  e interconnessi. E questo è il pericolo perché quello che accade oggi può avere ripercussioni in Medio Oriente e viceversa. Come Santa Sede cerchiamo di continuare il nostro lavoro diplomatico di impegno con la comunità internazionale, i nostri partner, di lavorare con i pastori della Chiesa per proteggere le nostre comunità che sono in difficoltà, in pericolo, e anche di promuovere il dialogo e la pace nel mondo e cercare sempre una soluzione diplomatica e politica ai grandi conflitti del momento.

D. - I conflitti, che sono molto vari, come i conflitti in Africa e quello in Burundi, che lei conosce bene, rientrano in questa Terza Guerra mondiale? E come rispondere a queste problematiche molto diverse? Il Burundi non è il Centrafrica, dove il Papa è andato…

R. - Je crois que le danger du moment...
Credo che il pericolo del momento, se noi prendiamo la mappa del mondo e vediamo tutte le regioni che sono in pericolo o che sono già in conflitto, vediamo che non è impossibile collegare questi conflitti, e questo è il grande pericolo. Abbiamo visto Presidenti in altre grandi guerre perdere il controllo della situazione ed esplodere… Questo è quello che bisogna evitare e bisogna impegnarsi come fa la comunità internazionale, che è molto impegnata per risolvere questi problemi in Siria, in Libia, e per tutto quello che succede nelle regioni dei Grandi Laghi adesso.

D. - Una delle conseguenze di questi conflitti è anche l’immigrazione. Lo vediamo in Europa, ci sono molte discussioni tra i Paesi dell’Unione Europea… Il Vaticano accoglie simbolicamente delle famiglie; come spiega che i Paesi dell’Europa non riescono a mettersi d’accordo sull’accoglienza dei rifugiati e discutono di cifre….

R. - Comme j'avais dit plusieurs fois, les pays de l'Europe...
Come ho detto molte volte, i Paesi dell’Europa riflettono le loro società. Le loro capacità di accogliere i migranti sono diverse, ci sono tradizioni differenti, ci sono Paesi che hanno accolto per 50-60 anni, regolarmente, gruppi di migranti e di rifugiati. Ci sono altri che non l’hanno fatto. Allora bisogna prendere in considerazione queste cose ma bisogna allo stesso tempo cercare insieme una politica che l’Europa sia capace di tracciare e di perseguire. Altrimenti potrebbe verificarsi in Europa una situazione molto difficile a livello delle politiche domestiche dei Paesi e anche della politica in generale dell’Unione.

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Nullità matrimoniale: convegno all'università Gregoriana

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La riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio al centro del convegno organizzato questa mattina a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana. L’evento dedicato alla memoria del card. Urbano Navarrete si è svolto in occasione della Giornata dell’Avvocatura Ecclesiastica. Sulle novità apportate dal Motu Proprio di Francesco, Paolo Ondarza ha intervistato uno dei membri della commissione ad hoc istituita dal Papa, Paolo Moneta, professore ordinario all’università di Pisa e avvocato della Rota Romana: 

R. – La riforma parte dalla preoccupazione di Papa Francesco verso quei fedeli che hanno avuto un’esperienza matrimoniale negativa, e che quindi vorrebbero tornare in piena comunione con la Chiesa. Ora, la Chiesa – come noto – non ammette il divorzio, però ammette con una certa ampiezza una verifica e un accertamento della originaria validità del matrimonio, e quindi si è dotata da secoli di un processo per accertare la nullità del matrimonio. Questo processo, come un po’ tutti i processi, si era un po’ appesantito: in certe situazioni finiva per protrarsi troppo a lungo … Quindi il Papa ha invitato a una riflessione sulla possibilità di snellire questo processo, e quindi ha istituito una Commissione apposita che ha preparato un progetto che poi il Papa ha sostanzialmente approvato e promulgato in forma di Motu Proprio. I Motu Propri sono due: uno riguarda la Chiesa latina e uno le Chiese orientali, però hanno lo stesso contenuto.

D. – Lei ha fatto parte di questa Commissione: obiettivo, ci conferma, non è tanto la nullità dei matrimoni quanto la celerità dei processi. La nullità resta, all’interno della visione promossa da questo pronunciamento, un evento eccezionale, o no?

R. – Resta certamente un evento non consueto, però certamente si è preso atto che specialmente nei tempi moderni, con la disgregazione della famiglia, con la mentalità che si è diffusa anche nelle nostre società occidentali e anche nell’ambito della Chiesa, più spesso possono verificarsi dei motivi di nullità.

D. – Solo una considerazione sulla non-necessità della doppia sentenza conforme: questa riguarderà solo i nuovi processi o anche quelli già in corso?

R. – La disposizione entra in vigore l’8 luglio, e quindi i processi iniziati anche precedentemente, processi che attualmente sono in corso, o anche arrivati alla fine ma non alla pubblicazione della sentenza, beneficeranno di questa abolizione della “doppia conforme”. In sostanza, tutte le sentenze pubblicate a partire dal 9 dicembre diventano immediatamente esecutive senza che occorra la conferma in sede di appello.

D. – Aspetto importante a cui il Papa ha tenuto molto è quello della gratuità delle procedure …

R. – La gratuità delle procedure in Italia c’è già per disposizione della Conferenza episcopale italiana, di almeno 15 anni fa: quindi, la Conferenza episcopale ha deciso di finanziare i Tribunali ecclesiastici con i proventi dell’8 per mille, e di istituire presso i Tribunali ecclesiastici alcuni avvocati che prestino la loro opera gratuitamente. Dico: quasi gratuitamente, perché i Tribunali sono tenuti a percepire un contributo forfettario alle spese processuali di 520 euro, che però rimane l’unico contributo che viene chiesto ai fedeli.

D. – La figura dell’avvocato, come esce da questa riforma?

R. – La figura dell’avvocato praticamente non subisce particolari cambiamenti, nel senso che le procedure rimangono sempre di tipo contenzioso e quindi richiedono la presenza dell’avvocato. Quindi, l’avvocato svolge una funzione importante che il Motu Proprio sottolinea, cioè di preparazione alla causa della nullità di matrimonio. E poi, è importante la funzione dell’avvocato perché è lui che può instradare la causa verso un tipo di processo chiamato “più breve”, che consente uno snellimento veramente importante della causa. E’ compito dell’avvocato cercare di mettere in luce che si tratta di una causa che presenta i presupposti per essere trattata in via breve.

D. – Processo breve che presuppone l’accordo dei coniugi, all’interno del quale è centrale la figura del vescovo?

R. – Sì: il processo breve viene sottoposto al giudizio finale del vescovo: questa è una novità importante. Certamente, c’è il problema che i vescovi non sono naturalmente strettamente esperti di questo tipo di cause e quindi possono avere difficoltà di valutazione. Però, è previsto che ci sia un giudice che svolge l’istruttoria della causa e che quindi poi potrà riferire al vescovo e indirizzarlo sulla decisione più appropriata per il caso.

D. – L'aspetto della gratuità è importante per venire incontro alle tante coppie che fanno richiesta di questo processo, ma può penalizzare la libera professione degli avvocati, ad esempio degli avvocati rotali?

R. – Bè, questo è un punto molto delicato. Sì, sì: perché gli avvocati stabili, quelli cioè che sono stipendiati dai Tribunali ecclesiastici, certamente tolgono molte cause al mercato dei liberi professionisti, e quindi c’è preoccupazione, scontento, soprattutto presso i giovani avvocati, di vedere limitato ulteriormente il loro ruolo. Proprio recentemente è uscito un Rescritto del Santo Padre che prevede anche presso la Rota una maggiore presenza degli avvocati “ex ufficio”: è un’indicazione che dovrà poi essere tramutata e regolamentata a livello della Rota. Però, anche questo suscita qualche preoccupazione, nel senso che potrebbe preludere a una maggiore limitazione del patrocinio di fiducia, anche nell’ambito della Rota.

D. – In questa sede del convegno qui alla Gregoriana vengono prese in esame anche alcune criticità, alcuni aspetti che vanno meglio approfonditi …

R. – Sì. Si tratta di aspetti a volte tecnici: questo convegno aveva lo scopo e la finalità di chiarire. Sono convinto che la normativa processuale di qualunque tipo sia abbia bisogno di un  riscontro pratico: disposizioni che a volte sembrano chiare, a contatto con la pratica, poi, fanno sorgere problemi imprevisti o imprevedibili. Io come consiglio direi: sperimentiamo questa normativa a livello di pratica dei tribunali; dopo di ché, senz’altro, come è sempre avvenuto, si troverà la strada più opportuna per attuare l’intento del Santo Padre, cioè quello di rendere i processi più rapidi.

D. – Ed è concreto il rischio di un uso illegittimo del processo breve?

R. – Bè, nella situazione italiana direi di no; in altre situazioni, forse sì. Penso soprattutto ai Paesi di tradizione anglosassone dove già i processi vengono svolti in maniera piuttosto superficiale, quindi il processo breve potrà incentivare maggiormente una trattazione piuttosto ridotta della causa.

D. – Le chiedo, avendo lei lavorato appunto all’interno della Commissione, se secondo lei il contenuto di queste novità apportate è stato ben compreso dall’opinione pubblica?

R. – La stampa in generale ha – direi – accentuato l’aspetto di riforma, di rottura con il passato: è stata una riforma che si inserisce e mantiene le coordinate tradizionali, quindi per usare un’espressione cara al precedente Pontefice, “un rinnovamento nella continuità”. Cioè, si è inciso sul processo matrimoniale ma non si è stravolto questo processo. Quindi, non dovrebbero esserci fughe in avanti: si tratta di una riforma sì, certamente importante, però non rivoluzionaria.

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Papa Francesco raccontato da vicino in un libro di mons. Edoardo Viganò

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Cosa cambia nella Chiesa? Come? Quale sarà il ruolo di innovatore di Papa Francesco di un’istituzione millenaria come la Chiesa. La prima rivoluzione del Papa venuto dalla “fine del mondo” è un mutamento formale dalle profonde implicazioni sostanziali: sta nei gesti e nelle parole con cui si è manifestato quale “Papa del dialogo”, capace di andare incontro a tutti. Una rivoluzione anche comunicativa, quella del Papa, sia verso la gente sia nei confronti di quanti hanno il compito di raccontare il suo Pontificato.  Sono parole tratte dalla presentazione del libro “Fedelta è cambiamento. La svolta di Francesco raccontata da vicino” (Rai Eri) scritto da mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e direttore del Centro Televisivo Vaticano. Luca Collodi ha chiesto a mons. Viganò quali sono le caratteristiche della comunicazione di Papa Francesco.

R. – Diciamo che questo libro nasce dal desiderio di raccontare quello che succede dietro le quinte. Racconta questa vicenda straordinaria del pontificato di Papa Francesco che ha molto della creatività, tipica, di un uomo radicato nel mistero di Dio. Già dalle prime battute, il libro si apre raccontando il momento in cui, dopo la fumata bianca, le telecamere del Centro Televisivo Vaticano si attivano per documentare prima, e poi raccontare al mondo, chi è il nuovo Pontefice. 

D. – Il libro si legge molto bene, ma, c’è anche la sensazione di vedere. Il racconto, infatti, apre nel nostro pensiero di lettori le immagini televisive che rimandano alla fine del pontificato di Benedetto XVI e all’elezione di Papa Francesco…

R. – Sì, il libro è scritto un po’ come una sceneggiatura, a parte forse la terza parte; quando uno scrive un film deve sapere che scrive per immagini, che è molto diverso dallo scrivere, per esempio, un romanzo. Ed è emersa questa scrittura un po’ “naturale”, forse perché volevo raccontare i racconti – scusate il gioco di parole – fatti attraverso le immagini del Centro Televisivo Vaticano. Quindi, da questo punto di vista sì, è un testo che si legge come una sceneggiatura.

D. – Uno dei dati che emerge dal libro è l’importanza che il Papa dà alla comunicazione…

R. – E’ un’importanza non strategica, direi. Cioè, è importante nel senso che il Papa è un uomo talmente attento alle persone che crea comunione che, appunto, passa attraverso la comunicazione. La sua parola è una parola che ha il peso della sua vita: questa è la forza della sua comunicazione. Come dice il Premio Nobèl Dario Fo: “Non si tratta di una strategia, meno ancora di un modo recitativo-attoriale”. Il Papa è così. Sa squarciare le pieghe, a volte anche indurite, del cuore delle persone. Perché chiama i problemi con il loro nome e soprattutto richiama continuamente alle cose essenziali, non ai barocchismi. Da questo punto di vista uno è anche disponibile all’ascolto, perché la parola che dice è una parola… Quando dice: “Io sono un uomo perdonato”, no?, in questo modo sta avvicinando tutti, perché tutti noi siamo peccatori e se lo è lui, se lui lo comunica e se lui è un grande, così anche noi, allora, possiamo essere portatori di speranza come lui, portatori di carità, di solidarietà come è effettivamente Papa Francesco.

D. – Una comunicazione, mons. Viganò, che passa attraverso i gesti…

R. – Molto, molto. Perché la sua comunicazione è il suo corpo. Ricordiamo tutti quando Papa Francesco si è presentato alla Loggia delle benedizioni poco dopo la sua elezione: era la sua presenza che comunicava, la sua postura, il suo modo di sorridere. Quando guarda le persone, ognuno pensa che quello sguardo è per sé; è un corpo che parla molto, è un corpo che scrive la storia, è come il corpo di Geremia nella Bibbia.

D. – Mons. Viganò, con Papa Francesco la Chiesa ha una presenza pubblica ma non come istituzione. E’   pubblica perché sta tra la gente. E’ così?

R. – Mi pare che si possa dire così: Papa Francesco ama essere in mezzo, ma non ama essere al centro. In mezzo alla gente, la sua gente, come il lievito deve essere mescolato con la farina per funzionare, ma sempre decentrato, perché il centro è Gesù Cristo. Lo vediamo anche nella scelta che fa nel non distribuire la Comunione durante le celebrazioni eucaristiche, proprio perché quello è il momento dell’incontro di ciascun uomo e di ciascuna donna con il Signore. Quindi non può essere inficiato dall’attenzione del fotografo o anche solo dalla semplice curiosità.

D. – Tuttavia Papa Francesco porta molto idee nel campo del dibattitto pubblico…

R. – Eh sì! E grazie a Dio è quello che determina un po’ l’agenda dei media, perché in fondo vediamo come anche oggi i media stiano approfondendo quello che lui aveva intuito un anno fa: la terza guerra mondiale a pezzi; oppure alcune scelte legate alla interdipendenza tra la cultura del Creato e la società. C’è una visione complessiva che – credo – sia anche una visione molto profetica.

D. – Mons. Viganò, nel libro c’è un’immagine del cardinale Bergoglio a Buenos Aires: aveva la televisione in casa, ma non la vedeva. Da arcivescovo preferiva ascoltare la radio…

R. – Sì, assolutamente. Ha aperto Canale 21 (la tv diocesana di Buenos Aires, ndr)  perché si rende conto della forza dei media di massa. Parlo della televisione ma c’è un po’ tutto dentro… Ascoltava però la radio anche perché - lui dice - la radio era quella che aveva solo due pulsanti, uno per l’accensione e il volume e l’altro per la sintonizzazione: “E siccome – dice – io sono un uomo di un’altra epoca, oltre i due tasti non vado”.

D. – Mons. Viganò, lei è prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede. Come procede il lavoro di armonizzazione degli strumenti della Santa Sede al servizio della Chiesa?

R. – Diciamo che è una fase, questa, in cui si devono espletare tutta una serie di necessarie attività legate più agli aspetti istituzionali, formali, etc. Credo che da gennaio si inizierà a capire che cosa dobbiamo fare, quali sono i punti di forza, i valori maggiori che possiamo continuare a veicolare o che possiamo anche enfatizzare. E da lì vedremo quale sarà il cammino, un cammino che deve essere in qualche modo condiviso. Certo, c’è poi anche la responsabilità di assumere delle decisioni, però sono decisioni che vanno sempre nella linea di un servizio - che è un servizio di tipo apostolico il nostro, tenendo conto del valore e delle eccellenze che abbiamo.

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Oggi in Primo Piano



Terrorismo: dopo appello Usa, Arabia Saudita forma coalizione islamica

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Lotta al terrorismo islamico :“I successi ci sono, ma occorre che tutti facciano di più e più velocemente”. A chiederlo è il presidente Usa Obama che si prepara ad inviare nell’area mediorientale il capo del Pentagono Carter, mentre il suo segretario di Stato, Kerry, è già oggi a Mosca. Ma è agli alleati sunniti, che Obama sembra rivolgersi, tanto che dopo qualche ora dal suo intervento ieri sera, l’Arabia Saudita ha annunciato la nascita di una “alleanza militare islamica”. 34 i Paesi che la compongono, ma manca l’Iran. Si può parlare di una effettiva risposta islamica al Califfato e con quali compiti? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Tiberio Graziani presidente dell’Istituto di Alti studi in Geopolitica e Scienze ausiliari: 

R. – Questa iniziativa di Riad è una iniziativa di tipo diplomatico, politico e militare. E questo perché l’Arabia Saudita così mantiene il proprio prestigio nei confronti delle altre nazioni islamiche e dà una risposta al suo alleato principale, che sono gli Stati Uniti.

D. – Potrebbe essere quella forza sul terreno che fino ad ora è mancata nel contrasto ai miliziani jihadisti?

R. – In potenza potrebbe essere. Sul terreno non sono presenti, se non in parte i curdi, esponenti di Paesi che fanno parte di queste coalizioni; essendo, però, guidata e formata dall’Arabia Saudita – che ha avuto negli ultimi periodi una posizione molto ambigua, per quanto riguarda il daesh, l’Is – ci fa pensare che molto probabilmente non sarà una coalizione che entrerà in campo o meglio entrerà in campo solo quando i maggiori Paesi che sono interessati a quell’area - vale a dire gli Stati Uniti e la Russia - troveranno una sinergia tale da poter sconfiggere l’Is.

D. – Siamo alla vigilia dell’inizio della missione del capo del Pentagono Carter nella regione mediorientale. C’è, invece, quella già realizzata di Kerry in Russia: l’America sta premendo per avvicinare la Russia, per farle cambiare i suoi piani in Siria?

R. – L’obiettivo è quello di premere, per quanto riguarda l’allentamento dei rapporti tra la Russia, la Federazione Russa e il presidente Assad. Tuttavia sarà molto difficile, perché per la Russia è molto importante il presidente Assad, che non può essere considerato come un ostacolo al terrorismo: così è stato più volte ribadito. C’è da dire, però, che il fatto che sia stato Kerry ad andare a Mosca, dopo gli incontri che ci sono stati recentemente a Roma per quanto riguarda il Medio Oriente e la Libia in particolare, è un fatto positivo e che va letto in una chiave chiaramente diplomatica. Per cui qualche passo avanti possiamo dire che si sta facendo.

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Putin firma la legge per bloccare le sentenze della Cedu

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Con la firma del presidente russo Putin, entra oggi in vigore la legge che concede il diritto alla Corte costituzionale russa di stabilire se applicare o meno le sentenze di istituzioni sovranazionali in materia di diritti umani e civili, nello specifico della Cedu, la Corte europea dei diritti umani. La Russai è uno tra i Paesi maggiormente colpiti dalle sentenza della Cedu. Secondo Human Rights Watch questa legge serve a bloccare la possibilità delle vittime di violazioni dei diritti umani in Russia di avere giustizia tramite gli organismi internazionali. Francesca Sabatinelli ha intervistato Massimo De Leonardis, ordinario di Storia delle Relazioni e delle Istituzioni Internazionali alla Cattolica del Sacro Cuore di Milano: 

R. – In linea di principio è una riaffermazione del fatto che la Russia, come del resto gli Stati Uniti o la Cina - cito non a caso questi Paesi perché sono le grandi potenze del momento - è una potenza, come si usa dire, “sovranista”, cioè non fa cessioni di sovranità. Quindi, da questo punto di vista è come gli Stati Uniti che, per esempio, non accettano la giurisdizione della Corte penale internazionale. Ma direi che c’è un altro esempio. Noi sappiamo che anche la Corte costituzionale tedesca, la corte di Karlsruhe, è titolata a decidere se certe decisioni prese in sede di Comunità europea siano applicabili alla Germania, coerenti con la Costituzione tedesca. Quindi, abbiamo altri esempi in questo senso. Nel concreto direi che non cambia granché, perché dobbiamo essere consapevoli che queste questioni relative ai diritti umani sono sempre trattate su un piano politico e non su un piano giuridico, questo da tutti.

D. – Quanto conta il fatto che la Russia sia tra i Paesi con il più alto numero di denunce alla Cedu? Si parla di 122 casi nel 2014, in cui Mosca ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo…

R.  – Non sarò certo io a sostenere che in Russia c’è una democrazia limpida e cristallina. Rendiamoci conto però che ci sono altri Paesi che stanno molto peggio da questo punto di vista e mi chiedo se per esempio il ricorrente uso facile delle armi da fuoco da parte dei poliziotti americani non sia anch’esso una violazione dei diritti umani. Gli Stati comunisti si chiamavano “democrazie popolari” e di democratico avevano poco. Adesso Putin chiama la sua “democrazia sovrana” ed è chiaro che evidentemente sono violazioni dei diritti umani. Ma vogliamo parlare allora della Turchia? O forse la Turchia, perché fa parte della Nato, viene condannata di meno?

D. – Queste sentenze quanto sono vincolanti?

R. – Il diritto internazionale è profondamente e strutturalmente diverso dal diritto interno. E’ chiaro che se un Tribunale approva una sentenza, e questa passa in giudicato, la sentenza viene eseguita. Nel campo internazionale, se una Corte come quella di cui parliamo emette una sentenza, una delibera, un regolamento, l’attuazione di questo è sempre oggetto di una decisione di carattere politico. E’ chiaro che ci possono essere delle reazioni, delle sanzioni, delle condanne, ma è evidente che non è che la Corte dei diritti dell’uomo può mandare poliziotti ad eseguire una sentenza.

D. – Sappiamo anche che spesso sono state emesse delle sentenze molto controverse…

R.  – C’è purtroppo una ricorrente espressione che abbiamo sentito infinite volte, tutte le volte che in Italia non si approvavano i matrimoni omosessuali, non si riconoscevano certi cosiddetti diritti, lo slogan ricorrente era: “Così ci allontaniamo dall’Europa”. A queste osservazioni rispose 20 anni fa San Giovanni Paolo II quando, in un viaggio in Polonia, disse: “Che cosa vuol dire entrare in Europa, uccidere un bambino non ancora nato?”, riferendosi chiaramente all’aborto. Quindi, credo che le sentenze che hanno fatto discutere siano quelle di questo tipo. Per esempio anche quelle che sono state, a seconda dei gradi di giudizio, relative alla possibilità di esporre o meno il Crocifisso.

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Caporalato, solo un'azienda su 1000 ottiene il bollino etico

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Tre mesi fa nasceva il bollino etico, una certificazione che dovrebbe garantire la legalità della filiera agricola, ma sono solo 207 le aziende che hanno aderito all’iniziativa. Ma il fenomeno del caporalato purtroppo avanza a livello europeo, soprattutto in Italia, Spagna e Romania, come sottolinea anche il progetto della commissione europea Agree (Agricultural job right to end workers exploitation) . Il servizio di Veronica Di Benedetto Montaccini

Un fenomeno sommerso quello dei nuovi schiavi, dei lavoratori sfruttati tra le coltivazioni. Solo in Italia sono 400 mila i braccianti a cui vengono calpestati i diritti. Pagati 3 euro l’ora e costretti a chiamare padrone il datore di lavoro. A difendere i lavoratori per ora solo il decreto 603bis che però non protegge chi denuncia e non considera la figura dell’intermediario. Figura che esiste anche in Spagna, come spiega il sociologo Daniel Garrel:

“In Spagna il fenomeno si può riscontrare in Andalucia, in Castiglia, in alcune regioni della Catalunya e anche nelle isole Canarie. E in tutti questi luoghi, facendo delle ricerche, abbiamo potuto notare che tra chi fa da intermediario tra i lavoratori e i caporali, solo una piccola parte lo fa in modo disinteressato per aiutare degli stranieri appena arrivati in cerca di un'occupazione. Gli altri invece hanno trasformato questa intermediazione in una professione e lucrano sulle spalle dei lavoratori”

In Europa non sono solo gli uomini a subire il caporalato, è il caso della Romania dove si ritrovano ad essere schiave le categorie più vulnerabili. Florentina Enache, del sindacato Fratia:

“In Romania ci sono 60 mila lavoratori agricoli sfruttati provenienti da 100 paesi diversi. Ma la maggior parte di loro è di cittadinanza rumena. Quindi si tratta di un traffico interno di lavoratori, soprattutto donne e bambini. Ci ha sorpreso e indignato lo sfruttamento nei campi di bambini dai 7 ai 10 anni, che vengono praticamente venduti dalle famiglie più povere ai caporali”

Dietro lo sfruttamento lavorativo ci sono le agromafie, secondo la Coldiretti un business illegale di 15 miliardi di euro. Oltre che dai sindati, dalle amministrazioni e dalle associazioni locali, il contrasto a questo fenomeno può partire dai consumatori secondo Stefania Crogi, segretario generale della Flai Cgil:

“Tutto questo è un grande business e la criminalità organizzata c’è dentro fino al collo. Il consumatore dal canto suo dovrebbe cominciare a guardare se c’è una tracciabilità del prodotto. Può cominciare a guardare anche il prezzo di quel prodotto. Se c’è un prezzo troppo basso infatti, è difficile che provenga da una filiera legale. Dovrebbe iniziare a cercare quella che noi stiamo promuovendo, ovvero la certificazione etica, un bollino di qualità che indica che quel prodotto ha rispettato le leggi e i contratti”

Il bollino etico per le aziende era previsto dal decreto legge competitività del 2014 ma ad oggi solo 669 aziende hanno fatto domanda, e solo 207 hanno ottenuto la certificazione, ovvero una su mille. Un numero ancora troppo basso per tutelare la dignità dei lavoratori nei campi.

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"Giubileo per i romani" in aiuto a pellegrini e cittadini nel disagio

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Oltre 40 associazioni riunite nel coordinamento “Giubileo per i romani”, per offrire sostegno e servizi a cittadini e pellegrini durante l’anno Santo dedicato alla Misericordia. Il progetto è stato presentato ieri  a Roma, presso la sede del Cesv. Servizio di Elvira Ragosta

Quarantadue associazioni laiche e religiose insieme a sostegno delle realtà disagiate della capitale e delle periferie in occasione dell’Anno Santo. È la risposta del Terzo settore all’appello alla Misericordia, il tema scelto da Papa Francesco per il Giubileo straordinario. Il coordinamento ”Giubileo per i Romani” potenzierà i 42 presìdi in cui le associazioni operano già, nei settori della povertà sociale, culturale e ambientale. Ogni presidio sarà una “Porta Sociale” e nuove porte saranno aperte per accogliere e sostenere persone in difficoltà. Gianni Palumbo, portavoce del Forum Terzo settore Lazio:

R. - L’obiettivo primario è quello di accendere una luce su molti problemi sociali che esistono nella città, in maniera che poi le istituzioni, la parte politica, siano in grado di intervenire. Noi stessi apriamo presìdi municipali in sedi nostre per poter andare incontro alle esigenze soprattutto delle periferie, delle fasce deboli, delle marginalità. E poi vogliamo trasferire, come Forum del Terzo settore, anche queste esperienze all’interno del progetto che sta sviluppando il Comune di Roma, e di cui siamo partner, per creare nuovi servizi e nuove attività innovative: farle entrare anche all’interno del piano sociale e regionale come esperienze che si stanno sviluppando e che possono essere divulgate anche nelle altre realtà della regione.

D.  – Quanto è difficile questo lavoro?

R. – Purtroppo è molto difficile perché intanto le persone che hanno bisogno spesso non sanno dove andare, a chi chiedere, come avere aiuto. Molti si vergognano. Quindi  bisogna fare azioni in profondità per aiutare anche senza essere invadenti. Però poi bisogna che le istituzioni facciano attività che siano permanenti perché intervenire per il Giubileo va benissimo, lo facciamo e siamo felici, però le cose devono proseguire perché le persone continuano ad esistere, la fame continua ad esserci, la povertà continua ad esserci.

Tanti i volontari impegnati in quest’azione come sottolinea il portavoce del Cesv, Massimiliano Trulli:

R. - Tre, quattrocento i volontari già attivi in queste realtà. Come Centro di servizio al volontariato-Cesv abbiamo un servizio 'trova volontariato', che serve proprio ad alimentare questo settore con nuovi volontari, cittadini che si rivolgono a noi per essere orientati a realtà dove fare volontariato. Inoltre, a metà gennaio partiranno i volontari del servizio civile del bando straordinario per il Giubileo, che solamente nei progetti di Cesv sono una sessantina. Infine, punteremo molto sui volontari immigrati. Ci sono tantissime associazioni di volontariato delle comunità immigrate che vogliono dare il loro tempo e le loro competenze per la città di Roma e potranno fare un lavoro molto utile nella mediazione linguistica e culturale, ad esempio con i pellegrini che vengono da altri Paesi.

Una rete di servizi che non si esaurirà con la fine del Giubileo, ma vuole diventare elemento strutturato anche per il futuro. La prima Porta Sociale sarà aperta il 22 dicembre nel carcere di Rebibbia, come spiega Laura Braghetti, dell’associazione “Pronto intervento disagio”:

La “Porta Sociale” vuol dire far uscire una persona che sta scontando la pena, che lavora nella società e svolge anche attività di volontariato e pertanto verrà accompagnata in questa sua giornata, il 22 dicembre, simbolica, verso il lavoro, verso il volontariato.

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I mosaici del Duomo di Monreale in un video per il Giubileo

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Presentato il video “Buono e misericordioso è il Signore”, prodotto dall’arcidiocesi di Monreale per il Giubileo della Misericordia che, attraverso il racconto dei mosaici della cattedrale normanna, patrimonio dell’Unesco, narra la storia della salvezza. Alessandra Zaffiro. 

Dalla creazione dell’uomo al dramma del peccato, dall’ingresso del Verbo divino nella storia all’itinerario quaresimale per rinascere alla vita nuova, in cui ogni penitente si converte e ritorna al Padre.

In un crescendo di emozioni, la Misericordia di Dio è protagonista assoluta nei mosaici d’oro del Duomo di Monreale e nel video voluto fortemente dall’arcivescovo, mons.  Michele Pennisi che, in relazione al tema, parla della Sicilia.

“La Sicilia ha bisogno di tanta misericordia. La contemplazione della bellezza nella nostra cattedrale, che è l’anticipazione del Paradiso della Gerusalemme Celeste, si mette in contrasto con l’Inferno che magari è presente in Sicilia attraverso quelli che sono stati, in questi ultimi decenni, i delitti di mafia, la corruzione. Entrare, quindi, nel Duomo di Monreale provoca una specie di catarsi”.

Le immagini, dirette con sapiente professionalità dal regista Alessandro Spinnato, sono accompagnate dal prezioso lavoro di don Nicola Gaglio, parroco del Duomo, che ha scritto i testi e curato l’opera.

“In cattedrale i mosaicisti hanno riservato le navi minori al racconto della compassione del Cristo, per l’uomo piagato nel corpo e piagato nello spirito, l’uomo ferito dalla malattia fisica, dalla malattia spirituale. Ed è proprio la conoscenza di questa misericordia che fa andare oltre, cioè fa vedere Cristo, l’inviato del Padre, il compassionevole, Colui che è venuto a – per così dire – riportare la pecorella a casa. E’ proprio l’amore il segno più evidente che Gesù è il Salvatore”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Papa in Messico: presentato motto e logo del viaggio apostolico

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Il motto e il logo del viaggio che Papa Francesco compirà dal 12 al 18 febbraio in Messico sono stati presentati dall’episcopato messicano poco dopo l’annuncio ufficiale fatto dallo stesso Pontefice durante la Messa celebrata, il 12 dicembre, nella  Basilica Vaticana per la festa di Nostra Signora di Guadalupe.

Il motto della visita pastorale
Il motto scelto per l’evento è “Papa Francesco: Missionario della misericordia e della pace” che vuole riunire i temi ricorrenti dei suoi viaggi apostolici e, in generale, di tutto il suo pontificato: la misericordia, la giustizia, l’impegno, la pace e la speranza. In particolare – spiega il sito ufficiale dell’evento www.papafranciscoenmexico.org – sta a significare che “Francesco  va incontro a tutti, come missionario della misericordia soprattutto tra i bisognosi, per fare loro incontrare l’Amore di Dio e la Sua presenza di pace in questo mondo”. Significative in questo senso le tappe della visita, dal Chiapas, dove il Papa incontrerà i più poveri, a Morelia, dove sarà vicino a quelli che “subiscono violenza”,  a Ciudad Juárez, dove incontrerà  chi è “costretto ad abbandonare la propria casa” e infine la Basilica di Guadalupe , dove porterà “la consolazione di Cristo, espressione dell’Amore del Padre, e di sua Madre, che intercede per noi ed è esempio di discepolato missionario che sa accogliere tutti sotto il suo mantello”.

Il logo
Il logo presenta al centro la sagoma del Santo Padre che si unisce, nella parte inferiore, ai contorni geografici del Messico ed è affiancata, sulla destra, dalla sagoma della Madonna di Guadalupe con il suo manto stellato. Il tutto sotto la Croce che sormonta la porta del Santuario di Nostra Signora di Guadalupe e sopra la scritta “Messico 2016” accompagnata dal motto. I colori rosso e verde su uno sfondo bianco sono quelli della bandiera messicana, ai quali si aggiunge il giallo delle stelle disegnate sul mantello della Madonna, la tilma, che richiama la costellazione della volta celeste corrispondente al giorno della sua apparizione a Juan Diego, il 12 dicembre 1531.

La gioia e la gratitudine dei vescovi messicani al Papa
In un comunicato, i vescovi esprimono grande gioia per la conferma del viaggio proprio nel giorno della festa mariana più importante del Paese e in occasione dell’Anno Santo della Misericordia appena inaugurato. La presenza del Papa in Messico, scrivono, “ci confermerà nella fede, nella speranza e nella carità e aiuterà la Chiesa a continuare la Missione Permanente, incoraggerà i credenti e non credenti ad impegnarsi nella costruzione di un Messico giusto, solidale, riconciliato e pacifico”. Quindi il ringraziamento per la vicinanza e l’amore dimostrato da Papa Francesco per il popolo messicano con questa visita “la prima di un Papa latinoamericano in Messico” che viene come “Missionario di misericordia e di pace”.

La visita sul web e i social network
Il viaggio del Papa in Messico potrà essere seguito oltre che sul sito ufficiale www.papafranciscoenmexico.org , su Twitter (@ConElPapa), Youtube  (“Con el Papa en México”), su Facebook (“ConElPapa”), con  Instagram e Snapchat. (A cura di Alina Tufani)

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Appello vescovi Centrafrica: no alla violenza, promuovere pace

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“Riponi la tua spada nel fodero e vai alle urne”: scrivono così i vescovi della Repubblica Centrafricana, in un lungo documento pubblicato in vista delle elezioni legislative e presidenziali, in programma il prossimo 27 dicembre. La nota episcopale è stata diffusa domenica scorsa, mentre il Paese affrontava un altro appuntamento consultivo, ovvero il referendum sulla Costituzione in una nazione devastata, da circa tre anni, da un pesante conflitto tra i ribelli della coalizione “Seleka” e le milizie di autodifesa “Anti-Balaka”.

Votare non è solo un diritto, ma anche un dovere
Mettendo in luce la situazione di precarietà e insicurezza in cui versa il Centrafrica, le “gravi violazioni dei diritti umani” che vengono perpetrate e “la derisione dell’autorità statale”, i presuli esortano i fedeli a “passare dalla spada alle urne, dalle violenze alle elezioni pacifiche”. I vescovi ricordano poi che il voto non è solo “un diritto civico, ma anche un dovere morale ed una responsabilità” e si rivolgano, quindi, a tutte le parti in causa affinché le prossime consultazioni elettorali possano “ristabilire il quadro giuridico necessario al rilancio del Paese”.

Garantire elezioni libere e trasparenti. Candidati non cedano a corruzione
In particolare, al governo i presuli chiedono di “garantire la trasparenza delle elezioni, creando delle buone condizioni per la partecipazione dei cittadini al voto”, in una “dinamica di cambiamento democratico per una nazione riconciliata e prospera”. Dai candidati, invece, la Chiesa di Bangui si attende qualità come “integrità, onestà, verità”, ma anche “responsabilità, saggezza e sensibilità ai bisogni legittimi di tutti i cittadini per garantire la pace”. “Unità, dignità, lavoro” sono, in particolare, i tre obiettivi a cui i candidati devono mirare – si legge ancora nella nota – tenendo sempre conto dell’interesse di tutta la nazione e restando lontani da “corruzione, assolutismo e intolleranza”.

Cristiani operino in favore di pace e giustizia
I vescovi si appellano, poi, ai cittadini cristiani sottolineando la loro responsabilità nell’operare “come artigiani della pace e servitori degli indifesi in favore dell’abolizione delle ingiustizie”. “Il cristiano non è indifferente al mondo – spiegano i presuli – ma partecipa alla realizzazione della volontà di Dio per la società umana”. Di qui anche il richiamo a non vendere il proprio voto ed a scegliere i candidati in base “al loro merito ed alla loro integrità morale”. Di qui, l’appello affinché i cittadini siano bene informati sui programmi elettorali, collaborino a che le procedure di voto si svolgano in modo pacifico, nel rispetto delle scelte di ciascun elettore.

Confessioni religiose formino la coscienza dei cittadini
Un ulteriore appello viene lanciato alle diverse confessioni religiose affinché “ciascuna secondo la propria vocazione, promuova la giustizia fondata sul rispetto di ogni persona”. Esortate anche a “incoraggiare la libertà politica ed a formare la coscienza dei cittadini attraverso la promozione del bene comune e della cultura del diritto”, le confessioni religiose devono anche – sottolineano i vescovi centrafricani – “vigilare affinché le elezioni siano libere, giuste e trasparenti, denunciando gli eventuali abusi”.

Gruppi armati depongano le armi, la guerra non è una soluzione
Quindi, i presuli si rivolgono ai gruppi armati: “Vi esortiamo a deporre le armi e a rinunciare ad ogni forma di violenza – è l’accorato appello episcopale – perché la soluzione al conflitto del Paese non si trova nella guerra”. È tempo, allora, “di riflettere sull’impatto che la scelta belligerante ha sulla società e sullo sviluppo nazionale”, smettendo di “versare il sangue dei nostri fratelli e sorelle” per “seguire tutti insieme il cammino della legalità e della cittadinanza responsabile al servizio della nazione”.

Comunità internazionale garantisca voto sicuro, senza interferire in politica  
Anche la comunità internazionale viene chiamata in causa, affinché “garantisca la sicurezza e la logistica delle elezioni” ed “accompagni i nuovi eletti nell’esercizio delle loro funzioni, ma nel rispetto degli accordi internazionali”, evitando così di “interferire negativamente nella gestione politica” nazionale. Un appello specifico riguarda anche i mass-media, che vengono esortati a “garantire l’equità nella copertura informativa delle elezioni”.

Riconoscere la dignità di tutti, in unità e responsabilità
Infine, nell’ambito del Giubileo straordinario della misericordia, i presuli ricordano la Porta Santa aperta dal Papa nella cattedrale di Bangui, lo scorso 29 novembre, e esortano i fedeli ad “intraprendere il cammino della riconciliazione per riconoscere e promuovere la dignità di tutti e di ciascuno, in unità e responsabilità”. “La speranza di una Repubblica Centrafricana stabile, equa, giusta e sovrana resta alla nostra portata – concludono i vescovi – Mobilitiamoci per la nostra sicurezza, l’educazione dei nostri bambini ed il rilancio socio-economico del Paese, affinché sia unito, democratico e prospero”. (A cura di Isabella Piro)

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India: l’apertura delle Porte Sante a Bombay e Ranchi

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“La Porta della Misericordia è aperta a tutti gli uomini e le donne”. Lo ha ricordato mons. John Rodrigues, vescovo ausiliare di Bombay, in India, ai fedeli riuniti questa domenica per l’apertura della Porta Santa nella cattedrale del Santo Nome, chiesa madre della città, alla quale seguirà, il 20 dicembre, quella della Basilica di Mount Mary. Il presule ha presieduto la celebrazione in rappresentanza del card. Oswald Gracias.

Tenere fisso lo sguardo sulla misericordia
Dopo queste parole introduttive e la lettura del Vangelo di Luca 15,-1-7, è stata data lettura alle prime parole della “Misericordiae Vultus”, la Bolla di indizione del Giubileo di Papa Francesco, per ricordare il senso profondo di questo Anno Santo straordinario e quindi esortare i fedeli a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia, di cui Gesù Cristo è il volto, “per diventare segno efficace dell’agire del Padre”. Mons. Rordrigues ha quindi guidato la processione verso la Porta Santa. Alla solenne apertura con le formule di rito, è seguita la benedizione dell’acqua santa, memoria del Battesimo. A concludere le celebrazione una preghiera a Maria, Madre della Misericordia: “Possa il suo sguardo misericordioso – ha detto il presule - vegliare su di noi per tutto questo Anno Santo affinché possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio”. 

L’apertura della Porta Santa a Ranchi insieme ai tribali
​A Ranchi, capitale dello Stato indiano del Jharkhand con una forte presenza tribale, è stato il card. Telesphore Toppo ad aprire la Porta della Misericordia , nella cattedrale di Santa Maria. Alla celebrazione – riferisce l’agenzia AsiaNews - hanno partecipato 5mila tribali ai quali il porporato ha ricordato che in un mondo segnato dal dolore la sola risposta “è la compassione di Dio offerta all’umanità”, sottolineando il ruolo centrale della famiglia, quale missionaria della misericordia.  Insegnare la misericordia e comprenderla, ha detto, “è la missione che ogni famiglia deve portare avanti. In famiglia i genitori e i figli devono riflettere sul concetto e riuscire a divenire una vera chiesa domestica. Perché a sua volta questo nucleo può convertire prima la parrocchia e poi la società. Soltanto così ha concluso cambieremo la nostra nazione e il mondo”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Polonia: aperte 500 Porte della misericordia

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Sono oltre 500 le “Porte della misericordia” che sono state aperte in Polonia tra sabato 12 e domenica 13 dicembre, per inaugurare il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. In particolare - riferisce l’agenzia Sir - nell’arcidiocesi di Cracovia ne sono state aperte undici; altre dieci nell’arcidiocesi di Gniezno, la più antica diocesi polacca, mentre quindici sono state inaugurate a Plock e ben trentasei nell’arcidiocesi di Varsavia-Praga.

I vescovi: la via della misericordia implica perdono e riconciliazione
Per l’occasione, la Conferenza episcopale polacca ha diffuso uno speciale messaggio a firma del presidente, del vicepresidente e del segretario generale, rispettivamente mons. Stanislaw Gadecki, mons. Marek Jedraszewski e mons. Artur Mizinski. Il documento, rivolto a tutti i fedeli, ricorda che l’appello alla “via della misericordia significa soprattutto il cammino del perdono e della riconciliazione”, il quali donano “la forza capace di ridare vita nuova e coraggio per guardare al futuro con speranza”, auspicano un cambiamento dello stile di vita, e la conversione specie di coloro “che sono lontani dalla grazia di Dio”.

A Varsavia, Porte della misericordia nel carcere della città
Dal suo canto, l’arcivescovo di Varsavia, card. Kazimierz Nycz, l’8 dicembre ha inaugurato le celebrazioni dell’Anno Santo in una delle carceri della città, dove le Porte della misericordia sono quelle delle celle dei detenuti. (T.C.)

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Apertura Porte Sante nelle diocesi della Federazione Russa

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Domenica scorsa sono state aperte le Porte Sante nelle varie diocesi della Federazione Russa. Durante le Messe celebrate nella terza domenica dell’Avvento, nella diocesi della Madre di Dio con sede a Mosca si è pregato per la sovrabbondanza della Divina misericordia per l’arcidiocesi, per tutta la Chiesa, per la Russia e per tutto il mondo. L’apertura della Porta Santa nella cattedrale dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio a Mosca, è stata anticipata da un pellegrinaggio di tutti i fedeli verso la cattedrale. Con l’arcivescovo mons. Paolo Pezzi hanno concelebrato il nunzio apostolico mons. Ivan Jurkovic e sacerdoti di varie parrocchie dell’arcidiocesi.

Per il Giubileo: pellegrinaggi e conferenza sulla misericordia
Durante l’Anno Santo si terranno due pellegrinaggi diocesani a Roma – nei mesi di aprile e settembre del 2016 - e un pellegrinaggio nazionale. Alla fine dell’Anno giubilare, nella diocesi della Madre di Dio, si svolgerà la conferenza sulla Dottrina sociale e ministero ecclesiale, dedicata alla riflessione sull’attuazione della misericordia nella Chiesa e nella società. (D.D.)

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Solo dall’Elemosineria pergamene con benedizioni apostoliche

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Pergamene contraffatte e benedizioni apostoliche false. Sono state queste le prove di una truffa, architettata in vista del Giubileo della Misericordia, che hanno portato i finanzieri del Comando provinciale di Roma, in coordinamento con la Gendarmeria vaticana, a sequestrare oltre 3500 false pergamene, per una valore complessivo di almeno 70mila euro.

Scovata una stamperia abusiva
Gli attestati posticci riportavano, tra l’altro, l'immagine del Papa e gli stemmi contraffatti dello Stato Vaticano. Ai pellegrini veniva anche fatto compilare e sottoscrivere un finto modulo per la “richiesta di benedizione apostolica”. La stamperia abusiva è stata scovata in un negozio a pochi passi dalla Basilica di San Pietro. Il negoziante è stato denunciato.

Solo l’Elemosineria rilascia pergamene con benedizioni apostoliche
Pergamene con benedizioni apostoliche vengono rilasciate solo dall’Elemosineria Apostolica, l’Ufficio della Santa Sede (telefono 06.69873279 o 06.69871100) che ha il compito di esercitare la carità verso i poveri a nome del Pontefice. Tutte le entrate dell’Elemosineria Apostolica, soprattutto le offerte per il rilascio dei diplomi di benedizione, sono interamente devolute per la carità.

Come ottenere la benedizione apostolica
Per ottenere la benedizione apostolica su pergamena è possibile accedere personalmente agli uffici dell’Elemosineria Apostolica all’interno della Città del Vaticano, con entrata dall’Ingresso Sant’Anna (sulla destra del Colonnato della Piazza San Pietro) negli orari di apertura, dalle 8.30 alle 13.30 (dal lunedì al sabato). Si possono anche inoltrare domande indirizzate all’Elemosineria Apostolica mediante posta (Elemosineria Apostolica, Ufficio pergamene 00120 Città del Vaticano) o tramite fax (06.69883132).

Alcune informazioni sulle pergamene
Per ottenere la benedizione si deve compilare un modulo scaricabile dal sito dell’Elemosineria Apostolica. Nella richiesta si devono tra l’altro fornire alcune informazioni tra cui il nome e il cognome del richiedente e il motivo per cui viene chiesta la benedizione. Per alcune particolari occasioni è richiesto il nulla osta del parroco o di altra persona ecclesiastica. I tempi necessari per ricevere la pergamena sono di circa un mese dal giorno della richiesta. La Benedizione Apostolica è concessa per varie occasioni, tra cui il battesimo, la prima comunione, la cresima, il matrimonio, l’ordinazione presbiterale e la professione religiosa. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Filippine: il tifone Melor minaccia Manila

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A un giorno dall’arrivo del tifone Melor, forti piogge hanno colpito la capitale Manila e frane e inondazioni potrebbero oltrepassare i confini dell’arcipelago filippino in direzione delle coste cinesi e vietnamite.

Il tifone in numeri
Sono per ora sette le province attraversate da Melor, quattro i morti, tre milioni le persone rimaste senza elettricità e 750.000 quelle evacuate. Il tifone, terzo nella categoria Saffir-Simpson, ha imposto la chiusura delle scuole in una dozzina di province, fermato traghetti e pescherecci e fatto sospendere, finora, più di 70 voli civili.

Luzon, l’isola maggiore dell’arcipelago filippino, sotto scacco
Nel suo passaggio sulla ‘bowling alley’, Melor ha investito per prima l’isola agricola Samar, già vittima nel 2013 del super-tifone Hayan, poi le coste delle isole Romblon e le regioni centrali e meridionali dell’isola di Luzon, territorio che include la capitale, Manila.

Massima allerta nelle Filippine ed oltre
Nelle Filippine, dove l’80% della popolazione è cattolica, i giorni che separano dal Natale si preannunciano tesi. Sono per ora 8 milioni gli abitanti in pericolo e il loro numero potrebbe aumentare. A due mesi dai devastanti effetti del tifone Koppu, Melor potrebbe espandersi e raggiungere nelle prossime ore le coste della Cina e del Vietnam. (N. L.)

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Messaggio di Natale del Consiglio delle Chiese: aiutare i rifugiati

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“Abbiamo molto da offrire gli uni agli altri, in particolare la compassione, la speranza e l’amore”: è quanto scrive il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) nel suo messaggio di Natale dedicato quest’anno ai rifugiati.

Quest’anno 60 milioni di persone costrette a lasciare le loro case
“La storia del Natale e dell’Epifania è incompleta se non menzioniamo i rifugiati” sottolinea il segretario generale del Coe che ricorda i circa 60 milioni di persone, nel 2015, che sono state costrette a lasciare le loro case. Si tratta del più alto numero che sia mai stato registrato, come emerge dal rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. “Queste cifre impressionanti – afferma il pastore Tveit – rappresentano decine di milioni di donne come Maria, di uomini come Giuseppe e bambini come il Bambin Gesù. Le ragioni di questi spostamenti sono molteplici e terribili in se: guerra, ingiustizia, persecuzione, malattia e altre catastrofi naturali, così come gli effetti dei cambiamenti climatici”.

Aiuti e assistenza ai rifugiati anche attraverso cooperazioni ecumeniche ed interreligiose
Per il segretario generale del Coe occorre affrontare le cause fondamentali e allo stesso tempo cercare di offrire aiuti attraverso il soccorso e l’assistenza. Tanta la generosità che Chiese e istituzioni stanno offrendo a quanti sono in difficoltà, ha osservato il pastore Tveit, che nel presente riconosce un momento critico che necessita di collaborazioni  e cooperazioni ecumeniche ed interreligiose. Infine, nel ricordare quanto Dio ha fatto per il mondo donando Gesù Cristo, il segretario generale del Coe esorta a non dimenticare quanti sono in cerca di accoglienza ed invita a rispettare ogni membro della famiglia umana. (A cura di Tiziana Campisi)

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Vescovi Malta per Giubileo: mai disperare nella Misericordia di Dio

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“’Misericordiosi come il Padre’”: è questo il messaggio centrale che vuole trasmettere a tutti il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco”. Lo ricordano i vescovi maltesi nella lettera pastorale inviata ai fedeli per l’inizio dell’Anno Santo. La misericordia di Dio, sottolineano i presuli, citando la “Misericordiae Vultus”, è “al cuore del Vangelo” ed è “un segno del Suo amore che siamo chiamati a condividere” con la compassione, il sostegno a chi è in difficoltà, la ricucitura delle ferite, lo sforzo di superare i conflitti, l’odio e la gelosia e senza giudicare gli altri.

La difesa dei più deboli, dei migranti e dell’ambiente segni di misericordia
Essa ci chiama a “salvaguardare i più deboli e vulnerabili” e ciò implica proteggere innanzitutto la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Ma anche accogliere i migranti che raggiungono le sponde dell’Europa è un segno di misericordia.  “Il razzismo e i sentimenti di odio” - ammonisce la lettera - sono contrari alla nostra fede. Un altro segno concreto – proseguono i vescovi  - è la protezione e la difesa del Creato,  verso il quale abbiamo una grande responsabilità, come ci ricorda Papa Francesco nella “Laudato si’”.

Perdonare i nemici
Il documento richiama quindi un imperativo fondamentale del Vangelo: il perdono dei propri nemici. Un imperativo di particolare attualità nell’era del terrorismo globale.  Anche di fronte a questa violenza efferata perpetrata contro vittime innocenti in nome di Dio – affermano i vescovi maltesi - i cristiani devono seguire l’esempio di Cristo, rifiutando la logica della vendetta e la tentazione di rispondere alla violenza con la violenza e perseguendo invece la strada della riconciliazione.

L’importanza del Sacramento della Riconciliazione
Dopo avere ricordato l’importanza delle opere di misericordia corporali e spirituali da compiere durante l’anno giubilare, la lettera conclude ricordando che il Giubileo dovrebbe incoraggiarci a non disperare mai nella Misericordia di Dio: “Se vogliamo credere in Gesù, dobbiamo credere nella sua compassione”, perché “ci ama nonostante i nostri peccati”. Di qui l’esortazione ad avvicinarsi al Sacramento della Riconciliazione per potere ricevere il “balsamo della misericordia”. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 349

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.