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Sommario del 12/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco istituisce Commissione su attività sanitarie della Chiesa

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Papa Francesco ha deciso l’istituzione di una “Pontificia Commissione per le attività del settore sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa”, conferendone il mandato per l’istituzione al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. La nuova Commissione, si legge nel Rescritto pubblicato oggi, vuole “contribuire alla più efficace gestione delle attività e alla conservazione dei beni mantenendo e promuovendo il carisma dei Fondatori” delle realtà religiose. Il servizio di Alessandro Gisotti

La Commissione pontificia sulle attività del settore sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa, specifica il documento, nasce per far fronte alle “particolari difficoltà delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa operanti nel settore sanitario”. L’organismo sarà composto da un presidente e da 6 esperti nelle discipline sanitarie, immobiliari, gestionali, economico/amministrative e finanziarie. La Commissione potrà inoltre delegare parte delle proprie funzioni ad uno o più membri e sarà assistita da una Segreteria. La Commissione, che farà riferimento diretto al segretario di Stato, potrà compiere ogni azione giuridica e finanziaria finalizzata al valido e corretto adempimento del compito affidatole.

Da Commissione concessione a Congregazioni su attività e immobili settore sanitario
A tale scopo, prosegue il documento istitutivo, la Commissione rilascia alle Congregazioni della Curia Romana, da cui le persone giuridiche pubbliche interessate dipendono, il consenso necessario, vincolante per la concessione delle autorizzazioni canoniche in ordine alla dismissione o riorganizzazione delle attività e degli immobili relativi al settore sanitario. La Commissione, inoltre, è dotata dei poteri di accesso agli atti e di risorse per lo svolgimento della propria attività. L’organismo, infine, può assegnare incarichi a società, professionisti e consulenti.

I compiti affidati alla nuova Commissione pontificia
Tra i compiti specifici affidati alla nuova istituzione pontificia, prosegue il Rescritto: lo studio generale sulla sostenibilità del sistema sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa così da definire una possibile strategia operativa di lungo periodo anche in rapporto ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Alla Commissione spetta, inoltre, la proposta per la risoluzione delle situazioni di crisi in funzione delle risultanze dello studio più generale e attivando tutte le risorse possibili in collaborazione con i responsabili delle persone giuridiche pubbliche interessate. Infine, la Commissione dovrà provvedere allo studio e la proposta di nuovi modelli operativi per le persone giuridiche pubbliche operanti nel settore sanitario, in grado di attuare il carisma originario nel contesto attuale.

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Consiglio Cardinali vara task force su economia vaticana

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Si è chiusa la dodicesima Riunione del C9, il Consiglio dei Nove Cardinali istituito da Papa Francesco per aiutarlo nel governo della Chiesa universale e per riformare la Curia Romana. Il Pontefice è stato presente sin dall’inizio della riunione - il 10 dicembre - che si è incentrata principalmente su temi economici, sulla protezione dei minori e sullo sviluppo di nuovi dicasteri. Il prossimo incontro, a febbraio 2016, avrà una sessione speciale dedicata al discorso del Papa nel 50.mo anniversario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi. A riferire dei lavori, in Sala Stampa vaticana, il direttore, padre Federico Lombardi. Il servizio di Gabriella Ceraso:   

Febbraio, aprile, giugno, settembre e dicembre. Sarà questo il calendario del 2016 per le riunioni del Consiglio dei 9 cardinali; la dodicesima, si è aperta giovedì scorso con un approfondimento del cardinale Leonardo Sandri, sulla Congregazione per le Chiese Orientali di cui è prefetto, dicastero, ha sottolineato il direttore della Sala Stampa vaticana, importante, articolato e con diverse funzioni, specie in ambito ecumenico.

A febbraio una sessione speciale dedicata alla sinodalità
Il Consiglio ha inoltre rilevato l’importanza, anche nell’ottica della riforma della Curia, del discorso del Papa del 17 ottobre scorso, in occasione della Commemorazione del 50.mo anniversario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi. Da qui è scaturita una decisione per il prossimo febbraio, come ha annunciato padre Federico Lombardi:

“In tale discorso il Papa ha sviluppato ampiamente il tema della 'sinodalità', ma ha anche ricordato la necessità di procedere in una salutare ‘decentralizzazione’. Il Consiglio ha rilevato la necessità di approfondire il significato di tale discorso e il suo rilievo anche per il lavoro di riforma della Curia, tanto da decidere di dedicare a esso una specifica sessione durante la prossima Riunione nel febbraio 2016”.

Il lavoro di riforma di due nuovi dicasteri
Nei lavori del Consiglio anche l’approfondimento su due nuovi dicasteri. Quello dedicato a “Giustizia, pace e migrazioni”, che però deve ancora essere oggetto di considerazioni e proposte da affidare al Santo Padre, e quello dedicato a “Laici, famiglia e vita” – istituito dal Papa nel Sinodo di ottobre - sul quale i cardinali hanno invece terminato il loro lavoro. Ancora padre Lombardi:

“Il Papa aveva annunciato una decisione ma aveva detto che c’era da fare ancora un lavoro di riflessione e di precisazione delle competenze, della natura di questo dicastero, e che il Consiglio di Cardinali ne avrebbe discusso a dicembre. E questo è quello che è avvenuto, e allora adesso sulla base di questo, il Consiglio di Cardinali ha dato al Papa una proposta per questo dicastero che è un po’ definitiva; il Papa vedrà se deve fare studiare questa proposta anche dal punto di vista della formulazione specifica, giuridica e così via, e poi dopo procederà. Comunque, questo è un lavoro che sta giungendo alle tappe finali”.

Istituita un task force in materia di economia e controlli
Nella giornata di venerdì, ha informato padre Lombardi, il Consiglio ha ascoltato due relazioni in materia di riforma economica. La prima, quella del cardinale Reinhard Marx, presidente del Consiglio per l’Economia, ha informato sulla scelta del revisore esterno dei bilanci consolidati, la società PricewaterhouseCooper “PwC”, già recentemente resa pubblica. La seconda è stata la relazione del prefetto della Segreteria per l’Economia:

“Il cardinale Pell ha informato sulla costituzione di un gruppo di lavoro per una riflessione prospettica sul futuro dell’economia della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, sull’andamento e il controllo complessivo delle uscite e delle entrate. Il gruppo, a cui sono stati chiamati a partecipare, insieme alla Segreteria per l’Economia, rappresentanti della Segreteria di Stato, del Governatorato, dell’APSA, di Propaganda Fide, della Segreteria per la Comunicazione e dello IOR ha appena cominciato il suo lavoro con una prima riunione”.

E’ dunque un gruppo di lavoro interno, ha precisato padre Lombardi, con un "senso di sguardo complessivo sull’andamento e sulle prospettive dell’economia del Vaticano", a cui la Segreteria per l’Economia ha chiamato i rappresentanti della principali amministrazioni e istituzioni che hanno un rilievo di carattere economico importante.

Lavori della Commissione per la Protezione dei minori
All’attenzione del Consiglio anche il lavoro della Commissione Pontificia - di 17 membri - per la Protezione dei minori. A parlarne è stato nella sua relazione, il cardinale Sean O’Malley, con particolare riferimento ai programmi di educazione e formazione e all’assistenza a Conferenze episcopali per l’elaborazione delle linee guida a livello locale.

Cinque le riunioni del C9 nel 2016
Infine il Consiglio ha stabilito il calendario delle prossime riunioni del 2016, che sarà il seguente: 8-9 Febbraio, 11-12-13 Aprile, 6-7-8 Giugno, 12-13-14 Settembre, 12-13-14 Dicembre.

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Messa di Papa Francesco per la Festa della Madonna di Guadalupe

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Papa Francesco celebra oggi alle 18.00, nella Basilica di San Pietro, la  Santa Messa in occasione della Festa di Nostra Signora di Guadalupe. È il secondo anno consecutivo che il Papa celebra la Messa, in onore della Patrona del Messico – dove si recherà in visita nel 2016 – e di tutta l’America Latina. Sulla storia della devozione alla Vergine di Guadalupe, Federico Piana ha intervistato il mariologo Antonino Grasso, docente all'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Catania: 

R. – Dieci anni dopo la sanguinosa conquista del Messico da parte degli spagnoli, un sabato – il 9 dicembre del 1531 – l’indio Juan Diego si recava per partecipare alla Messa a Tlatelolco; passando vicino alla collina del Tepeyac, sente un armonioso canto d’uccelli e una voce che lo chiama dolcemente. Salito sulla cima, vede una bella Signora che si presenta come la “Sempre Vergine Maria Madre del vero Dio”, ed esprime il desiderio che in quel luogo le venga edificata una cappella da dove potrà offrire amore e compassione ai suoi devoti. Invita quindi Juan Diego a recarsi dal vescovo per portargli questo messaggio. Il vescovo Juan de Zumárraga non crede al racconto dell’indio che, tornato sul Tepeyac, conferma alla Signora l’esito negativo dell’incontro. Ma ella lo rimanda più volte dal vescovo il quale, alla fine, pretende un segno per essere certo dei fatti narrati. E fu così che il 12 dicembre la Signora lascia crescere sulla collina, tra i cardi di quel terreno roccioso e nel pieno del rigido inverno, profumate rose di Castiglia. Insieme al veggente le raccoglie, le raggruppa a mazzetti e le depone nel ruvido telo del mantello di Juan Diego, detto “tilma”, dicendogli: “Figlio mio, questo è il segno che porterai al vescovo”. Ritornato da Zumárraga, Juan Diego apre davanti a lui la tilma e mentre le rose si spargono per terra, su di essa si viene via via imprimendo l’immagine della Signora, così come appariva sul Tepeyac. Il vescovo credette allora alle apparizioni e lasciò edificare sulla collina il tempio richiesto dalla Vergine.

D. – Il messaggio della Vergine di Guadalupe, possiamo dire, ben si sposa con il Giubileo della Misericordia che stiamo celebrando …

R. – Sì. E’ un messaggio indirizzato ai popoli delle Americhe, ma anche a tutta l’umanità. L’apparizione della Vergine nella tilma di Juan Diego – ha detto il Papa all’udienza generale dell’11 dicembre 2013 – anzitutto è il segno profetico di un abbraccio di Maria a tutti gli uomini delle terre americane, quelli che già vi erano e quelli che verranno. Quell’abbraccio indica il cammino che sembra aver caratterizzato l’America, cioè una terra dove popoli diversi convivono, in grado di accogliere i migranti così come i poveri e gli emarginati di tutti i tempi. Ma la Vergine di Guadalupe continua a trasmetterci il suo messaggio di amore sempre vivo e attuale, soprattutto in quest’Anno Santo della Misericordia. Ella ripete agli uomini quello che disse nella sua prima apparizione a Juan Diego: “Sappi, mio povero figlio amatissimo, che io sono la perfetta sempre Vergine Madre del verissimo e unico Dio. Desidero ardentemente mostrarlo, renderlo manifesto, darlo alle genti attraverso il mio amore, la mia compassione, il mio aiuto, la mia protezione, perché io sono la vostra Madre misericordiosa”.

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Porte Sante aperte nelle diocesi di tutto il mondo

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Entra nel vivo nelle diocesi di tutto il mondo il Giubileo della Misericordia. Tra sabato e domenica sono tante le aperture delle Porte Sante previste a cominciare da quella della Basilica di San Giovanni in Laterano con Papa Francesco. Il servizio di Paolo Ondarza

Dopo Bangui in Centrafrica e la Basilica di San Pietro in Vaticano, questa domenica mattina a Roma il Papa aprirà la Porta Santa di San Giovanni in Laterano, mentre il cardinale James Harvey compirà lo stesso gesto a San Paolo fuori le Mura. Per Santa Maria Maggiore bisognerà attendere il primo gennaio quando ad inaugurare l’Anno Santo sarà sempre Francesco. Questo pomeriggio intanto il Giubileo della Misericordia prende il via in varie parti del mondo: ad Amman in Giordania, a Sofia in Bulgaria nella cattedrale della Dormitio Mariae, a Port Louis nelle Mauritius, in Italia a Bologna, Campobasso, Teramo, Ragusa e Loreto. Ascoltiamo il delegato pontificio per il Santuario mariano di Loreto. mons. Giovanni Tonucci:

R. – Il Santuario di Loreto è un po’ da sempre un luogo della misericordia, perché i pellegrini che vengono trovano a disposizione sempre dei padri cappuccini disposti ad ascoltare le confessioni e quindi essere ministri della misericordia. Inoltre, noi apriamo una Porta in quello che si definisce il Santuario della Santa Casa per cui è come se ci fosse un dialogo tra la realtà della casa di Maria, quindi la casa in cui Gesù non solo è stato concepito, ma è cresciuto e ha vissuto la vita di famiglia, e questa Porta che è un po’ il segno, il simbolo della Misericordia del Signore che ci abbraccia tutti.

D. – L’apertura della Porta della Santa Casa cosa viene a dire in questo momento, quando in Italia e nel mondo i sentimenti prevalenti sono quelli della paura e delle diffidenza?

R. - È un ripetere e dirci con tutta la forza “Non abbiate paura”. Non dobbiamo avere paura. Non c’è nessuna ragione di restringerci nel nostro privato, ma apriamoci a quella che è una manifestazione di fede e di fiducia. Nel cuore delle religioni c’è questo anelare alla pace. Adesso il fenomeno del terrorismo, capisco benissimo che è qualcosa che sconvolge perché non è prevedibile, ma non possiamo lasciarci vincere da questa minoranza di fanatici. Dobbiamo guardare un pochino al grande cuore del mondo. Pensiamo anche all’ammirazione, alla stima e alla devozione che l’islam stesso – quello vero – ha per la Vergine Maria, riconosciuta come la Madre di Gesù. Certamente non è sentita al nostro stesso livello, però c’è ugualmente questa venerazione che è di tutto rispetto. Credo che noi dobbiamo affidarci alla misericordia del Signore senza avere paura, perché il sentimento della paura è quello che in quanto cristiani non dovremmo avere. Il Signore è un padre buono e si occupa e si preoccupa di noi.

Domani le Porte Sante saranno aperte in altre città italiane tra cui Milano, Venezia, Assisi. Nel resto del mondo sempre il Giubileo prenderà il via in varie diocesi degli Stati Uniti, Europa, Africa e poi in Libano, Giordania, Terra Santa e nei martoriati Paesi del Medio Oriente, teatri di guerra e persecuzione anticristiana: a Erbil in Iraq nella Cattedrale di San Giuseppe; ad Aleppo in Siria nella parrocchia di San Francesco colpita e danneggiata il 25 ottobre da un lancio di granate.

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Giubileo ad Aleppo, mons. Audo: sia il tempo della pace

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Apertura della Porta Santa oggi ad Aleppo, in Siria, nella Parrocchia di San Francesco, danneggiata lo scorso 25 ottobre da un lancio di granate. Sul significato del Giubileo della Misericordia per la Siria, martoriata da quasi cinque anni di guerra civile e ora anche dalla violenza dei miliziani del sedicente Stato islamico, con centinaia di migliaia di vittime e milioni di profughi, Elvira Ragosta ha sentito mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei e presidente di Caritas Siria: 

R. - È molto significativo. Penso che tutto quest’Anno della Misericordia abbia un significato molto importante per noi che ci chiediamo il perché di tutte queste violenze contro di noi e nel mondo. E la risposta è molto chiara: la ragione che ha portato il Santo Padre a scegliere questo come Anno della Misericordia e di riconciliazione è una verità che viviamo ogni giorno: abbiamo bisogno di pace - che venga dal cuore - di perdono e di misericordia.

D. – Anche la scelta della città di Aleppo per l’apertura della Porta Santa ha un suo significato: Aleppo era la città più popolata dai cristiani della Siria prima della crisi…

R. – Sì, era la città più popolata dai cristiani, con sei vescovi cattolici. Per esempio oggi riceviamo l’arcivescovo maronita di Aleppo che è stato consacrato pochi giorni fa. Allora, tutto questo ha un grande significato e noi continuiamo a credere che alla fine l’ultima parola sarà quella della pace e della riconciliazione. Ma vogliamo la buona volontà delle potenze mondiali, affinché mettano da parte i loro interessi economici e militari e cerchino una via di riconciliazione, di pace e di sviluppo per tutti i Paesi della regione.

D. – Lei ha incontrato molti fedeli in questi giorni. Come vivono l’apertura della Porta Santa?

R. – È una cosa molto profonda, delicata. Questi fedeli della Siria hanno perso tutto a causa delle violenze e della guerra… Rimane loro soltanto una cosa: un atteggiamento di fede; la fiducia che ci sia un futuro e che sia possibile riprendere la vita e continuare a vivere nella pace. Questo è il solo desiderio che ci rimane e che alla fine viene dalla fede, dalla pazienza e dal cuore di Dio. C’è un dubbio profondo, ma allo stesso tempo c’è anche il desiderio di mettere tutto nelle mani di Dio, capace di fare un miracolo e lasciar trasformare i cuori degli uomini… Pregate per noi, affinché possiamo continuare ad aspettare i frutti di questo Anno veramente speciale! Pensiamo che quest’Anno sia fatto in modo particolare per noi e che il Papa, quando ha deciso, ha pensato a noi: al Medio Oriente, alla Siria, all’Iraq e alla Terra Santa.

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Apertura Porta Santa ad Assisi. Sorrentino: misericordia tra religioni

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Il Giubileo della Misericordia inizia ad Assisi nel pomeriggio di questa domenica: ad aprire la Porta Santa nella Cattedrale di San Rufino, il vescovo della città, mons. Domenico Sorrentino. Il 20 dicembre sarà poi la volta delle Porte Sante delle Basiliche di San Francesco e Santa Maria degli Angeli. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino: 

R. – Ad Assisi l’esperienza di Francesco ha portato un particolare accento alla misericordia e questo anche nel suo cammino personale: è egli stesso che lo narra quando ricorda nel testamento che la sua conversione avvenne spingendosi tra i lebbrosi. E poi perché, una volta avviato nel cammino di santità, egli volle propagare la misericordia del Signore chiedendo la speciale indulgenza alla Porziuncola, il cosiddetto “Perdono di Assisi”.

D. – Se si guarda il calendario si vede che diverse giornate sono dedicate anche ad ampi settori della società civile: per esempio i notai cattolici, i medici, le Forze Armate… Insomma il concetto di misericordia va fatto capire anche ai laici?

R. – A tutti quanti noi. E’ un concetto fondamentale della vita cristiana. C’è anche una misericordia da esercitare anche a livello sociale e politico che possa ispirare le leggi, gli atteggiamenti, la stessa maniera in cui ci si rapporta tra popoli. Non a caso il Papa, nella sua Bolla di Indizione, ricorda una misericordia da vivere persino nel rapporto tra le religioni. E oggi vediamo quanto questo sia urgente.

D. – Lei ha parlato di religioni, verrà ricordato anche l’incontro interreligioso di Giovanni Paolo II. Che cosa succederà ad Assisi, dunque, nel 2016?

R. – Ricorderemo il 30.mo di questo incontro, che ha dato una grande svolta o almeno un grande impulso al dialogo interreligioso, ma anche all’impegno comune, all’impegno orante e alla collaborazione tra le religioni per la pace. Ci sarà una particolare celebrazione: normalmente facciamo ad Assisi una commemorazione ogni anno, ma l’anno venturo uniremo le forze anche con la Comunità di Sant’Egidio, che è solita portare in diverse nazioni del mondo questo spirito di Assisi, e faremo insieme una grande commemorazione in settembre, con la partecipazione non soltanto di Sant’Egidio, ma anche di altre realtà ecclesiali. Abbiamo di questo avvertito anche il Santo Padre: noi auspichiamo che in un modo o nell’altro, in un momento o nell’altro di questo Anno della Misericordia possa dare anche un’attenzione speciale a questa città, che gli sta sicuramente nel cuore per il fatto di essere la città di San Francesco, del quale ha preso il nome. 

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Francesco nomina nunzio in Marocco mons. Vito Rallo

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Marocco mons. Vito Rallo, arcivescovo titolare di Alba.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Per una gestione più efficace: eretta la Pontificia Commissione per le attività del settore sanitario delle persone giuridiche pubbliche della Chiesa.

Dio è misericordia: in prima pagina, un editoriale del cardinale Gualtiero Bassetti sull’anno santo straordinario nelle diocesi di tutto il mondo.

Accordo sul clima: alla conferenza di Parigi annunciata la bozza conclusiva sul riscaldamento globale.

La piovra: Felice Accrocca su Matilde Serao e gli effetti nefasti del gioco del lotto.

“Lei deve scrivere un giallo tomistico!”: l’ambasciatore d'Ungheria presso la Santa Sede, Eduard Habsburg-Lothringen, su un singolare incontro in Piazza San Pietro.

Soprattutto la voce: Gaetano Vallini ricorda Frank Sinatra a cent’anni dalla nascita.

La postfazione dell’arcivescovo emerito di Milano, Dionigi Tettamanzi, al volume di Ettore Malnati sul Concilio Vaticano II.

Pecunia in sette quarti: una celeberrima canzone dei Pink Floyd in versione latina.

Tutto il bello della liturgia: il cardinale Gianfranco Ravasi sulle componenti essenziali del rito ortodosso, tempio, icone e musica sacra.

Il bene non fa rumore: l’omelia del cardinale decano Angelo Sodano durante i funerali del cardinale Carlo Furno.

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Oggi in Primo Piano



Parigi: accordo a Conferenza sul clima, sarà vincolante

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Ambizioso, equilibrato, vincolante e che riflette le posizioni delle parti: ecco come Laurent Fabius, ministro degli Esteri francesi, e presidente della Cop21, ha presentato oggi a Le Bourget, in Francia, la bozza definitiva dell’accordo sul clima, finalizzata nella notte e tradotta in sei lingue. Accordo che, ha precisato Fabius, ai 195 Paesi partecipanti, sarà giuridicamente vincolante. Nel pomeriggio l’approvazione del documento. Francesca Sabatinelli: 

Fragorosi applausi hanno accompagnato un emozionato Laurent Fabius nella presentazione della bozza d’accordo sul clima. Una svolta storica, spiega il ministro degli Esteri francese, “necessaria per il mondo intero e per ciascuno dei nostri Paesi”. Un testo, spiega poi, “che sarà al servizio delle grandi cause: sicurezza alimentare, lotta alla povertà, diritti essenziali e, alla fine dei conti, la pace”.  Un accordo che, sebbene non soddisfi tutte le richieste, “vale però per un secolo”, aggiunge il presidente Francois Hollande, sorridente al fianco di Fabius, assieme al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.

Tredici i giorni di negoziati per arrivare ad una bozza che prevede una revisione ogni cinque anni dei piani nazionali per il taglio dei gas serra e che, sottolinea ancora Fabius, “conferma l’obiettivo di contenere l'aumento della temperatura ben al di sotto di 2 gradi e di sforzarsi di mantenerla a 1.5, il che consentirebbe di limitare significativamente i rischi e gli impatti del riscaldamento". L’accordo è accompagnato da un progetto di decisione che stabilisce in cento miliardi di dollari, da qui al 2020, il finanziamento per l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo. Cifra che andrà rivista nel 2025. "Il traguardo è in vista, ora finiamo l'opera", è l’incoraggiamento del  segretario generale Onu Ban Ki-moon, per il quale "le soluzioni al cambiamento sono sul tavolo, sta a noi prenderle". “Siamo al momento decisivo”, la conclusione di Hollande, che esorta  la platea ad adottare “ il primo accordo universale nella nostra storia”. Voci fuori dal coro quelle dei rappresentanti della rete di Ong Climate Action Network, per i quali nel progetto di accordo "non c’è garanzia di assistenza" per le persone che subiscono i più gravi effetti del cambiamento climatico”.

Per un commento sull'accordo ascoltiamo Veronica Caciagli, presidente dell’Italian Climate Network, presente a Parigi, al microfono di Veronica Di Benedetto Montaccini: 

R. – E' un accordo che è stato definito storico e universale. Una delle grandi novità di questo negoziato è l’obiettivo. Mentre nei precedenti negoziati si parlava di mantenere l’aumento medio della temperatura entro i 2°, adesso si parla di arrivare a 1.5°. Se questo verrà confermato, sarà un miglioramento molto positivo che dovrà però essere monitorato ciclicamente.

D. – L’ accordo è stato definito durante la presentazione “giuridicamente vincolante”: Cosa vuol dire?

R. – E' un grande traguardo anche solo l'idea che i punti del trattato di COP21 diventino delle regole ben precise da seguire. Però, la definizione “vincolante” in ambito internazionale è un po’ ambigua. Ci saranno infatti alcuni elementi del Trattato che saranno effettivamente vincolanti, mentre altri no.

D. – Il ministro degli Esteri francese, Fabius, ha parlato anche di un consistente aiuto per adattarsi ai cambiamenti climatici per i Paesi in via di sviluppo. Quali sono questi aiuti?

R. – Sono 100 miliardi di euro all’anno che i Paesi industrializzati dovranno mettere in un Fondo per finanziare delle attività di mitigazione e adattamento nei Paesi in via di sviluppo. Significa che i Paesi industrializzati prendono coscienza e si prendono anche la responsabilità delle emissioni storiche che sono state rilasciate nell’atmosfera a partire dalla Rivoluzione industriale. E quindi riconoscono che sono i primi responsabili dei cambiamenti climatici.

D. – Anche Ban Ki-moon ha parlato di un lavoro condiviso e universale. Come mobilitare capi di governo di Stati così diversi tra loro? 

R. – Questo è uno dei punti chiave, anche perché quello che si sta definendo in questo momento a Parigi è un percorso. Di questo percorso faranno parte i governi, ma faremo parte anche tutti noi con le nostre azioni, sia con le azioni quotidiane che poi anche con la pressione che eserciteremo sui nostri governi per attuare gli strumenti nell’accordo di Parigi.

D. – Perché  questo accordo è politicamente importante?

R. – Essenzialmente si tratta di definire un nuovo modello di sviluppo. Significa quindi abbandonare il modello di produzione con energie fossili e andare verso le rinnovabili. Si sta parlando quindi di una rivoluzione.

D. – Il tuo punto di vista su COP21 è particolare perchè sei stata responsabile dei lavori della COP21 dei giovani: che responsabilità hanno e che cosa portano in eredità?

R. – Nell’accordo finale c’è un principio molto importante: quello di lasciare alle generazioni future un mondo che dia risorse e disponibilità come le abbiamo adesso. Sono i giovani che nel 2030 dovranno fare i conti con quello che si decide qui a Parigi oggi e anche impegnarsi a controllare che vengano rispettati i limiti prefissati.

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Libia verso l’accordo Onu per governo di unità nazionale

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In Libia, è partito il conto alla rovescia per l’accordo sul governo di unità nazionale che sarà guidato da Fayez el Sarraj: le delegazioni di Tobruk e Tripoli hanno fissato al 16 dicembre la data della firma, poi il 24 del mese dovrebbe arrivare il riconoscimento dell’Onu ed una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Domani il Paese sarà al centro della conferenza di Roma con i rappresentanti di Usa, Russia, Ue, Onu, Turchia, Egitto e Arabia Saudita. Intanto sul terreno il sedicente Stato islamico continua a mostrare i muscoli: ieri i jihadisti hanno sfilato con i pickup armati nel centro di Sabrata, sede di un sito archeologico patrimonio dell’Unesco e ora minacciano di colpire i pozzi petroliferi ad Est di Sirte. Ma come considrare questo accordo? Al microfono di Cecilia Seppia il commento Bernard Selwan Khoury, direttore di Cosmonitor ed esperto dell’area. 

R. – Questo accordo è ovviamente un punto di partenza molto importante, sicuramente diverso da quelli passati, per vari motivi. Innanzitutto, c’è un nuovo attore che rappresenta le Nazioni Unite, Kobler, che ha preso il posto di Leon, che negli ultimi mesi non aveva più un forte sostegno, soprattutto da parte della comunità libica politica. Un secondo aspetto è la minaccia incombente del cosiddetto Stato Islamico, che nelle ultime settimane ha alzato i toni. Questo in particolare potrebbe essere un elemento che a differenza del passato, potrebbe veramente spingere questa volta alla formazione di un vero governo di unità e concordia nazionale. Ed è in questo contesto, appunto, che la diplomazia si sta muovendo con forza, con decisione per far sì che il 16 dicembre sia una data storica per il Paese, a tre anni circa dalla rivoluzione e poi dalla guerra civile, dal caos che si è innescato.

D. – Possiamo dire che questo governo reggerà proprio per lo sforzo diplomatico che c’è dietro, anche per il nome di  Fayez Serrai, che guiderà il governo nazionale e che ha avuto un largo consenso…

R. – Assolutamente, il nome del premier si sapeva già da qualche giorno, e il nome di Fayez è anche la prova di come si stanno muovendo, si sono mosse, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la diplomazia italiana, la diplomazia statunitense e - ricordiamolo - anche la diplomazia vaticana, sebbene indirettamente attraverso la Comunità di Sant’Egidio che ha cercato di offrire il suo supporto a livello di mediazione tra le tribù libiche dei Tebu e dei Tuareg, per mettere armonia, avvicinare una parte sociale fondamentale della Libia, ovvero quella delle tribù.

D. – Altro punto che ha inasprito la crisi libica, è il terrorismo. Quanto è grave la minaccia dell’Is in Libia oggi?

R. – Questa è una questione molto importante. Ovviamente dai media generalmente traspare la forza di un'organizzazione che in realtà sul terreno non esiste. Questo non significa assolutamente che lo Stato Islamico non sia presente in Libia, non abbia commesso azioni simili a quelle commesse in Siria e in Iraq, però bisogna anche contestualizzare questa realtà. L’organizzazione è presente sul territorio, ma ad oggi non ha la capacità militare di poter occupare una fetta del territorio così come è accaduto in Siria e in Iraq. E’ ovvio che nel caso in cui continuasse una situazione di vuoto di potere, di caos di sicurezza in Libia, l'Is potrebbe approfittarne per riempire questo vuoto. Secondo aspetto, in Libia, lo Stato Islamico, anche da un punto di vista ideologico, non gode assolutamente di alcun sostegno da parte della popolazione. Ed è il motivo per cui buona parte dei membri di questa organizzazione presenti in Libia non sono libici, ma sono stranieri.

D. – Domani alla Farnesina si mettono a punto gli ultimi dettagli dell’intesa. Il ministro degli Esteri italiano, Gentiloni, ha detto che l’obiettivo del Summit è la soluzione politica e diplomatica. Mi chiedo, però, quali saranno le urgenze che il nuovo esecutivo, per quanto fragile, e la comunità internazionale insieme, dovranno affrontare?

R. – Questo incontro, che si terrà domani a Roma, ovviamente è un incontro molto, molto importante. Ci sono ovviamente due priorità fondamentali nel Paese. La prima priorità riguarda la situazione di sicurezza. Attualmente nel Paese ci sono decine e decine di milizie, e il prossimo governo dovrà riuscire a riunire tutte queste milizie, o meglio a trasformarle in brigate e poi riunirle sotto un unico esercito nazionale, che attualmente è guidato dal generale Haftar. Questa è una priorità molto importante, in quanto permetterebbe al governo di, quantomeno, limitare la proliferazione di armi illecite nel Paese. La seconda priorità ovviamente è quella di muoversi sul piano economico, ma questo è un aspetto molto più semplice per un Paese - ricordiamolo - ricco di risorse, soprattutto petrolifere, come la Libia. Il Paese sarà in grado di risollevarsi, da un punto di vista economico, in pochissime settimane.

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Gentiloni al Med 2015: priorità dell'Italia è sconfitta dell'Is

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“Lavoriamo perché il Mediterraneo sia sempre meno un rischio e sempre più un’opportunità”. Così il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha concluso i lavori della “Med 2015”, conferenza di tre giorni organizzata a Roma dall’Ispi, l’Istituto italiano di studi politici internazionali. Un’occasione per fare il punto sulla politica estera italiana, alla vigilia della Conferenza intergovernativa sulla Libia. Il servizio di Michele Raviart

“Un Occidente assente, un’Italia assente non aiuta il Mediterraneo nei processi di pace…”

Il “Mare nostrum” dei romani non può diventare un “mare nullius”, un mare di nessuno, spiega il ministro Gentiloni, e per questo l’Occidente non deve indugiare su “un senso di colpa paralizzante” che porta a non agire. La priorità deve essere la sconfitta dello Stato Islamico, che non può prescindere dall’impegno militare – Gentiloni ha ricordato il ruolo dell’Italia nella coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti - e politico. In questo senso, afferma il titolare della Farnesina, sarebbe utile coordinarsi con l’intervento della Russia, non privo di contraddizioni, ma di cui non si può non tenere conto. In un contesto in cui le minoranze religiose, soprattutto cristiane, rischiano di scomparire, non bisogna commettere “l’illusione pericolosa” di far passare in secondo piano il conflitto israelo-palestinese. “Se diventasse un conflitto di natura religiosa tra lo Stato di Israele e la versione fondamentalista dell’Islam, ci sarebbero pericoli ancora maggiori di quelli attuali”, ha detto il ministro. Sulla crisi in Libia, che sarà discussa domani a Roma, “non dobbiamo imporre niente a nessuno”, ma “creare condizioni perché fra le parti libiche si possa allargare e rafforzare l’embrione di intesa per arrivare a un governo di unità nazionale”.

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Presepe vivente di Matera: protagonisti anche i "visit-attori"

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E’ animato da oltre 300 figuranti il Presepe vivente di Matera giunto quest’anno alla VI edizione. Suggestive le rievocazioni storiche dedicate al tema della Famiglia arricchite con scenografie cinematografiche. E diverse le novità pensate in questo nuovo allestimento dove anche i visitatori potranno entrare a far parte del presepe scegliendo di vestire i panni di un soldato, un pastore, un popolano o un sacerdote del tempio. Ne parla al microfono di Tiziana Campisi il direttore del Matera Convention Bureau Luca Prisco:  

R. - Quest’anno le novità sono diverse. Innanzitutto, un prolungamento delle date, infatti si arriverà fino al 3 gennaio. Avendo già fatto la prima parte – 4 e 8 dicembre – ora, praticamente, andremo incontro ai week-end: 13, 19 e 20 dicembre, e 1, 2 e 3 gennaio. La seconda novità sono le scenografie. Quest’anno abbiamo stretto una partnership con Cinecittà Studios, parte, quindi, dei pezzi del presepe ricordano Ben Hur. Un’altra cosa bella è che, partendo da questa domenica 13, fino alla fine del mese, ci sarà la possibilità di fare il “visit-attore”, cioè daremo la possibilità a chiunque lo volesse di vestirsi ed entrare dentro il presepe con l’aspetto del soldato romano, del pastore, del fabbro - quindi tutti quelli che erano i vecchi mestieri di una volta - e soprattutto di entrare in questa atmosfera del presepe.

D. – Ci riveli alcune curiosità del presepe…

R. – Innanzitutto, Matera ha sempre ospitato e accolto tutti. Il presepe è fatto da diverse pro loco provenienti da tutta Italia. Quest’anno una di esse ha fatto partecipare al presepe una trentina di profughi.

D. – Ci descriva alcune scene del presepe di Matera…

R. – Noi abbiamo innanzitutto una scenografia ricca nei contenuti, ma molto semplice. Parliamo di ricostruzione di antichi mestieri. E’ una scenografia, quindi, particolare, curata. E’ una situazione molto bella, proprio per rivivere una sensazione soprattutto spirituale: questo è quello che i visitatori commentano. Sono stati, cioè, toccati nel profondo.

D. – Il 3 gennaio accesso per portatori di handicap e disabili…

R. – L’idea nasce da un confronto con la Curia, ed è quella di dedicare una parte del presepe anche ai nostri amici disabili, di poter fare godere anche a loro le meraviglie della vita di Gesù. I sassi, purtroppo, sono alquanto scomodi, perché sono tutti gradini. Un piccolo sforzo da parte di tutti e si farà sì che la passeggiata diventi meno impegnativa.

D. – Qual è il messaggio che attraverso il presepe di Matera si vuole dare?

R. – Matera, innanzitutto, è la città capitale europea della cultura 2019. Quindi, attraverso questi eventi, si vogliono dare anche dei punti di contatto per quello che potrà accadere nel 2019 in questa città. Innanzitutto la cultura: la cultura dell’accoglienza e la cultura del vivere insieme, che è una cosa che soprattutto oggi – se si guarda quello che sta accadendo nel mondo – bisognerebbe recuperare. Meno fanatismo, quindi, e più Parola di Dio, cioè volersi bene, accogliersi, integrarsi e soprattutto accettare il diverso.

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Al Festival Courmayeur “Il ponte delle spie” di Spielberg

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In programma questa sera fuori concorso al Noir in Festival di Courmayeur “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg, ambientato negli anni della Guerra Fredda. Un tempo che ci sembra lontano ma che proietta non pochi riflessi sui nostri giorni. Il film, dopo questa anteprima, sarà nei cinema italiani dal 16 dicembre. Il servizio di Luca Pellegrini

Non ci furono campi di battaglia, armi schierate, eserciti in movimento, stragi di soldati ed esodi di civili. Ma fu pur sempre una Guerra, anche se fredda, che milioni di famiglie americane, assai più che quelle sovietiche tenute all’oscuro di tutto, vissero negli anni ’50 tra le mura domestiche, negli uffici e nei pub dove si scambiavano pareri, paure e invettive per l’odiato nemico comunista. Steven Spielberg, appassionato di storia contemporanea, dalla quale ha attinto alcuni importanti capitoli per formidabili soggetti e indimenticabili film, ha vissuto in prima persona, da ragazzino, il periodo di massima tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, con tutte le tese dinamiche sociali e politiche che questa drammatica contrapposizione riuscì ad alimentare e diffondere. Quei ricordi non l’hanno più abbandonato e “Il ponte delle spie” vi torna con tutto il gusto narrativo tipico del regista americano. Come se intuisse che, in fondo, quelle paure non ci hanno mai del tutto abbandonato, mentre anche oggi la reciprocità dei rapporti tra le due grandi potenze è minata dai sospetti e dall’incapacità di dialogare, cosa che sarebbe necessaria. Il film è la storia, realmente accaduta, di James Donovan, interpretato da Tom Hanks, bravissimo, avvocato assicurativo che si trova catapultato nei territori infidi della Guerra Fredda, dovendo difendere la spia sovietica Rudolf Abel prima e organizzandone lo scambio con due prigionieri americani poi, in una Berlino nella quale un muro si alza, le spie dilagano e i civili soffrono. Il cinema di Spielberg è ancorato ai valori della democrazia, alla tutela dei diritti della persona e al riconoscimento della sua indelebile dignità. Donovan incarna questo spirito alto e nobile, nella sua semplicità che confina con l’ingenuità: per questo combatte l’ipocrisia e la diffidenza che lo circondano, cercando di imporre un processo equo alla spia, diritto tutelato dalla Costituzione: “La chiamano così – afferma chiarendo i suoi principi – ed è ciò che ci rende americani”. E Spielberg s’immedesima perfettamente nel suo protagonista. Nel segmento narrativo berlinese Donovan diviene anche un abile prestigiatore, districandosi in trattative sempre fragili e ingannevoli, assumendo la statura dell’eroe ignoto e quotidiano che salva due vite e forse molto di più. Di questi eroi nascosti, che si muovono anche nei nostri tempi così difficili, ne verremo a conoscere molti. Se la storia ce lo permetterà.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella terza Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il Vangelo in cui in tanti chiedono a Giovanni il Battista cosa debbano fare per convertirsi e si domandano se sia lui il Cristo. Giovanni risponde:

“Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Il Vangelo parla di folle in attesa: “Cosa dobbiamo fare?”, chiedono a Giovanni Battista, che si presenta loro con i segni degli antichi profeti, inviati da Dio per aiutare il suo popolo a prepararsi alla venuta del Messia. C’è inquietudine! C’è attesa! Anche oggi c’è tanta inquietudine in noi e attorno a noi. Ma forse più per l’andamento delle borse o per la precarietà del lavoro o l’aumento delle tasse, che per altro! Forse non sappiamo neppure formulare più la domanda della folla: “Cosa dobbiamo fare?” Alle nostre inquietudini ci sono anche timidi tentativi di risposta da parte di ideologie politiche – fallite miseramente – o culturali – ora ci stanno riempiendo la testa con l’ideologia del “gender”: se cancelliamo ogni differenza tra uomo e donna, saremo veramente felici – o ecologiche – siamo in troppi sulla terra, bisogna limitare le nascite, ridurre i consumi, trovare equilibri sostenibili…! Ma il risultato è lo stesso: una solitudine sempre più dilagante, sempre più disperata. E non sono certo i rumori delle discoteche o le estasi delle droghe a strapparci da essa! Fermiamoci un momento! Ascoltiamo il cuore! Giovanni ci annuncia: “Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me… Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Il fuoco che brucia e consuma ogni impurità, ogni doppiezza, ogni violenza…, le tante cose inutili con cui, proprio in questi giorni, riempiamo le nostre case… Il fuoco prepara il cuore a ricevere il dono dello Spirito Santo. La vita divina. Il Signore, che viene in questo Avvento e a Natale, è il Figlio di Dio, ci porta in dono la vita di Dio, questa, sì, riempie il cuore e ci rende capaci di farci dono agli altri.

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Nella Chiesa e nel mondo



Appello vescovi svizzeri al governo: fare di più per i rifugiati

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La Svizzera non fa abbastanza sul fronte degli aiuti umanitari in Medio Oriente e in Africa, di cui è “corresponsabile”. A denunciarlo sulle pagine del quotidiano “Schweiz am Sonntag” è mons. Markus Büchel, presidente della Conferenza episcopale Svizzera (Ces).

Il dovere di proteggere i rifugiati che non scelgono di fuggire dal loro Paese
Il presule è rientrato da poco da una visita di cinque giorni in Libano, insieme a Gottfried Locher, presidente della Federazione delle Chiese protestanti svizzere (Feps), in cui ha incontrato rappresentanti delle comunità cristiane locali e delle ong svizzere impegnate nell’aiuto ai rifugiati siriani. La delegazione ha potuto constatare le difficili condizioni nei campi profughi del Paese dei Cedri che accoglie 2 milioni di rifugiati, pari alla metà della popolazione libanese. Per mons. Büchel, la Svizzera dovrebbe impegnarsi di più nella crisi della regione per assicurare più protezione a queste persone e fare in modo che non debbano fuggire.

No alla riduzione degli aiuti umanitari
Il presule ha quindi puntato il dito contro le forze politiche elvetiche che vorrebbero ridurre gli aiuti umanitari, perché, ha detto, “siamo corresponsabili, con la nostra ricchezza, della miseria in Medio Oriente e in Africa”. “Molti dimenticano – ha aggiunto - che i rifugiati che vengono in Svizzera hanno perso la loro casa e il loro Paese. La grande maggioranza non viene volontariamente”. Per questo – ha concluso - è importante affrontare il problema alla radice, invece di “concentrare il dibattito politico sugli eventuali immigrati economici e le persone pericolose”. Da ricordare che l’emergenza rifugiati è stato uno dei temi discussi alla recente assemblea ordinaria dei vescovi svizzeri svoltasi dal 30 novembre al 2 dicembre Saint-Maurice. (L.Z.)

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Arcivescovo Bangkok: con Giubileo ritornare a confessione e carità

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Il Giubileo voluto da Papa Francesco «sia una chiamata per tutti i fedeli a ritornare alla confessione, necessaria per l’indulgenza, e alla pratica delle opere di misericordia». Lo scrive l’arcivescovo di Bangkok, cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, nella lettera pastorale inviata ai fedeli in occasione dell’Anno Santo, e citata da L’Osservatore Romano.

Porte Sante nelle diocesi, “un dono del Papa”
Come ogni altra diocesi del mondo, anche Bangkok aprirà la sua Porta Santa domenica 13. “Si tratta  - spiega il porporato - di un dono speciale del Papa. Nella tradizione cattolica, infatti, sono 7 le cattedrali al mondo con una Porta Santa, ma la possibilità di varcare la porta in ogni diocesi è speciale e caratterizza questo Anno Santo». Per ottenere l’indulgenza, ricorda il porporato «è necessario accostarsi al sacramento della riconciliazione. A nome della Conferenza episcopale e dei miei fratelli vescovi, vorrei invitare ogni cattolico a confessarsi almeno una volta durante questo giubileo».

Praticare la misericordia, come veri discepoli del Signore
Allo stesso modo, il cardinale invita i fedeli «a praticare le opere di misericordia cui quest’anno è dedicato. Siamo consapevoli dell’importanza di quelle materiali: dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, consolare i carcerati. Cristo ci ha chiesto di riconoscere il Suo corpo in tutti coloro che soffrono. Ma, anche se non lo comprendiamo con facilità, anche le opere di misericordia spirituali sono fondamentali per noi”. “Portare Gesù a chi non lo conosce, istruire gli ignoranti  – conclude l’arcivescovo -  sono atti importantissimi. Dobbiamo praticare con la nostra vita queste indicazioni, da veri discepoli del Signore».

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In Turchia, Anno Santo nel segno dell’ecumenismo

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A un anno dalla visita di Papa Francesco, e nel segno dell’ecumenismo, anche la cattedrale dello Spirito Santo di Istanbul, in Turchia, ha aperto la sua Porta Santa e martedì 8 dicembre numerosi fedeli l’hanno attraversata con le fiaccole in mano. La stessa Porta Santa per tutti i cattolici: armeni, siriaci, caldei e di rito latino. Tutti insieme perché l’unità della Chiesa sia visibile, come ha chiesto il Papa. «È un segno importante — spiega il francescano padre Anton Bulai, segretario generale della Conferenza episcopale turca, citato da L’Osservatore Romano — perché significa tornare a riunirsi dove abbiamo celebrato insieme, facendo unità nello Spirito Santo». All’apertura della Porta Santa a Istanbul sono stati invitati anche i cristiani ortodossi, «per farli partecipi — ha ricordato padre Bulai — di questo evento della Chiesa cattolica».

Preghiera del Giubileo tradotta anche in turco
Per tutta la durata dell’Anno Santo, e quindi fino al 20 novembre del 2016, i gruppi e le comunità parrocchiali di Istanbul si organizzeranno per il passaggio della Porta Santa nella cattedrale, dove troveranno la preghiera del Giubileo che è stata tradotta anche in turco. «In una città cosmopolita come Istanbul — sottolinea il segretario generale della Conferenza episcopale turca — anche gli ospiti e i turisti potranno, se vorranno, passare attraverso la Porta Santa e trovare qui la possibilità di pregare nella propria lingua».

Avviare riflessione comune con i musulmani sulla misericordia
I cattolici in Turchia sono una piccola parte di un insieme di cristiani che comprende tra le 100mila e le 150mila persone, cioè appena lo 0,15 per cento della popolazione. «L’Anno Santo — conclude padre Anton Bulai — deve essere quindi l’occasione per poter avviare una riflessione comune con i musulmani sul concetto di misericordia. L’islam, così come il cristianesimo, conosce Dio misericordioso e questa attitudine deve esprimersi anche nei nostri rapporti interpersonali».

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Filippine. Settimana biblica dedicata alla famiglia

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“La Parola di Dio: forza della famiglia, speranza della nazione”: questo il tema della Settimana biblica nazionale che si terrà nelle Filippine dal 25 al 31 gennaio 2016. La scelta di tale argomento – spiega il sito web della Conferenza episcopale filippina – “è ispirata in parte al Salmo 33, che recita ‘Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede’ e in parte al passo degli Atti degli Apostoli (At 16,31) in cui si legge: ‘Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia’”. Culmine della Settimana sarà la Domenica nazionale biblica, in programma il 31 gennaio.

In programma, una lettura pubblica delle Sacre Scritture
Diversi gli eventi in programma per l’iniziativa, spiega Nora Lucero, segretario generale della Società biblica filippina, ente organizzatore della Settimana, tra i quali “Proclaim”, ovvero la lettura pubblica delle Sacre Scritture; manifestazioni sportive ed artistiche sul tema ed una petizione affinché il legislatore locale promulghi una legge che sostenga la celebrazione della Settimana biblica.

Coincidenza con il Congresso eucaristico internazionale di Cebu
Da ricordare che nello stesso periodo, dal 24 al 31 gennaio, sempre nelle Filippine, a Cebu, si terrà il 51.mo Congresso eucaristico internazionale sul tema “Cristo in voi, la speranza della gloria” (Col 1,27). Per l’occasione, il Papa ha nominato suo Inviato speciale il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon in Myanmar. (I.P.)

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Giubileo Etiopia. Card. Souraphiel: non dimenticare poveri

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Non dimenticare i poveri e gli emarginati e fare di tutto per offrire loro il massimo conforto: questa l’esortazione lanciata ai fedeli dal card. Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, in occasione del Giubileo straordinario della misericordia. In Etiopia, l’Anno Santo si è aperto domenica 6 dicembre - due giorni prima dell’avvio ufficiale stabilito dal Papa - a causa di un diverso calendario liturgico seguito alla Chiesa locale. Presiedendo, quindi, la Santa Messa nella Cattedrale di Lideta Mariam della capitale, il card. Souraphiel ha invitato i fedeli ed i pellegrini a riflettere sul concetto della Misericordia di Dio.

Sperimentare la Misericordia di Dio attraverso la confessione
“Siamo tutti chiamati – ha detto il porporato – a sperimentare tale Misericordia nel confessionale, riconoscendo tutti i nostri peccati”. Di qui, il richiamo anche alla “necessità di perdonarsi l’uno con l’altro, come Dio ha perdonato noi uomini, attraverso Cristo”. Nella sua omelia, l’arcivescovo di Addis Abeba ha sottolineato anche l’importanza dell’indulgenza, che si può ottenere solo con “una conversione interiore, passando sotto la Porta Santa della Misericordia”.

Documenti del Papa sul Giubileo tradotti in lingua locale
Da ricordare che, per espressa volontà di Papa Francesco, l’attuale Giubileo - che si concluderà il 20 novembre 2016 - ha un carattere per così dire “diffuso”, perché in ogni diocesi si possono aprire speciali Porte Sante e quindi vivere l’Anno giubilare a livello locale. Per l’occasione, la Chiesa di Addis Abeba ha organizzato numerosi eventi, sia a livello nazionale che diocesano. Ad esempio: sono in preparazione seminari e workshop formativi, così come un incontro nazionale riservato ai pellegrini di tutto il Paese. Si lavora anche alla traduzione, in lingua locale ovvero in amarico, di materiale informativo sul Giubileo, inclusi i documenti del Papa come la preghiera da lui scritta per questo Anno Santo. (I.P. /Programma Etiopico-Eritreo)

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“Farmacie della misericordia” per la raccolta di medicinali

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Sono oltre 50 le farmacie di Roma che, in occasione del Giubileo, si trasformano in “farmacie della misericordia”, ovvero luoghi in cui si potranno recuperare medicinali da destinare ai cittadini in difficoltà. I farmaci dovranno avere almeno 8 mesi di validità, essere correttamente conservati nella loro confezione integra, con l'esclusione dei farmaci appartenenti alla catena del freddo, quelli ospedalieri (fascia H) e quelli appartenenti alla categoria delle sostanze psicotrope e stupefacenti.

Un gesto di solidarietà contro la povertà
Si tratta di “un gesto di solidarietà” – spiega una nota del Banco Farmaceutico – di fronte ad una “povertà farmaceutica che a Roma colpisce oltre 29mila persone”. Nel 2015, in particolare, la richiesta di medicinali nella Capitale ha avuto un incremento del 4,9% rispetto al 2014. I medicinali raccolti nelle “farmacie della misericordia” verranno poi devoluti a 33 centri assistenziali, tra cui Caritas diocesana, Centro Astalli, Comunità di Sant' Egidio, Croce Rossa Italiana, Medicina Solidale ed Unitalsi. 

Evitare gli sprechi
"Sono molti i farmaci che per il termine della terapia non vengono più utilizzati e portati fino alla loro scadenza – spiega Paolo Gradnik, presidente del Banco Farmaceutico - questo spreco è evitabile con un semplice gesto di donazione e grazie al lavoro di controllo dei farmacisti, che selezionano i farmaci che possono effettivamente essere riutilizzati”. L’elenco completo delle 53 “farmacie della misericordia” di Roma è consultabile sui siti bancofarmaceutico.org e www.mediolanum-farma.it.

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Cop21. Appello Agenzie cattoliche: priorità a persona umana

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“Non accetteremo un accordo che non ponga la persona umana al primo posto”: scrive così la Cidse (Alleanza internazionale delle Agenzie cattoliche per lo sviluppo), in una nota diffusa in vista della conclusione della Cop21, la Conferenza internazionale sul clima in programma a Parigi. “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune" – sottolinea la Cidse, riprendendo l’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco - "comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”.

Accordo finale dia ascolto ai più vulnerabili del pianeta
“Chiediamo a tutti i leader mondiali – aggiunge Bernd Nilles, segretario generale dell’Alleanza internazionale – di fare tutto il possibile per raggiungere un accordo che dia ascolto alle voci dei più vulnerabili del pianeta e non li lasci indietro”. In particolare, la Cidse auspica che l’intesa finale della Cop21 non tralasci il principio della difesa dei diritti umani, “messi in pericolo da alcuni progetti climatici”.

Garantire l’accesso al cibo, tutelare le comunità indigene
Altro punto essenziale per le Agenzie cattoliche è “la sicurezza alimentare”. “Assicurare un’alimentazione adeguata ai più vulnerabili” significa garantire loro “l’accesso” al cibo – spiega la nota – "perciò parlare semplicemente di salvaguardia della produzione non assicura il cibo, né tutela il diritto ad esso; al contrario, può portare ad un aumento delle emissioni dannose per l’ambiente". La Cidse, inoltre, lancia un appello affinché siano protette le comunità indigene che vivono in determinati territori, affinché non vengano espropriate ingiustamente, a causa della riduzione dei loro terreni agricoli.

I Paesi più ricchi paghino i loro debiti ecologici
L’Alleanza chiede maggiori garanzie economiche per i Paesi in via di sviluppo, affinché non siano “abbandonati a se stessi”. “Chi ha più responsabilità nel causare i cambiamenti climatici – scrive la Cidse – deve provvedere”, perché “è tempo, per i Paesi ricchi, di pagare il loro debito ecologico”. L’auspicio della Cidse, infine, è che l’accordo di Parigi “dia un segnale chiaro ed inequivocabile a tutto il mondo del fatto che l’era dei combustibili fossili è giunta al termine”, senza lasciare spazio ad “ambiguità” che “aprano la porta a nuovi investimenti sui combustibili fossili, distogliendo l’attenzione dalla possibilità di energia pulita ed a basso costo che va incontro ai bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili”. (I.P.)

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L'apertura delle Porte Sante nei luoghi feriti da violenza e guerra

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“L’Anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa Terra. Una terra che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui, per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo, per i Paesi che soffrono la guerra chiediamo la pace!”. Le parole di Papa Francesco all'apertura della Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, durante il suo recente viaggio apostolico in Africa, hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale su quei Paesi che stanno vivendo la guerra, come la Siria, la Libia e l'Iraq, e su altri dove le ferite sono ancora aperte come Gaza, Sarajevo, Ucraina e Crimea. Anche in questi luoghi verranno aperte le Porte Sante della Misericordia. Piccole porte che attestano la presenza e la vita di altrettanto piccole comunità cristiane, spesso perseguitate, in luoghi dove la pace e la convivenza solo un miraggio. Ne fa una rassegna l’agenzia Sir.

In Siria
Nella martoriata Siria, domenica 13 dicembre, in concomitanza con l’apertura della Porta Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano, saranno aperte tre Porte Sante, a cominciare dalla città martire di Aleppo. Essa si trova nella parrocchia di San Francesco, nel quartiere di Aziziyeh, colpita alla fine di ottobre da una granata. Altre due Porte saranno spalancate nella capitale Damasco e a Latakia.

In Iraq
Anche la comunità cattolica irachena si appresta a vivere il Giubileo della Misericordia da sfollata all’interno del proprio Paese. Molti dei cristiani che non sono fuggiti all’estero sono ora concentrati intorno a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, ritenuto più sicuro, in particolare nel sobborgo cristiano di Ankawa. Ed è qui che, sempre il 13 dicembre, l’arcivescovo caldeo Bashar Matti Warda, aprirà la Porta Santa nella Cattedrale di San Giuseppe. Ma si lavora anche per aprire una “Tenda Santa” nelle tendopoli degli sfollati. Una piccola Porta Santa è stata aperta anche nel villaggio Enishke, nelle montagne fra Zakho e Dohuk, estremo Nord del Kurdistan iracheno. Qui, su richiesta del parroco, padre Samir Yousif,  è stato il Segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, in missione di solidarietà in Kurdistan, ad aprire l’anno giubilare, alla presenza anche dei capi della comunità yazida. A Baghdad la Porta Santa sarà invece aperta il 19 dicembre dal Patriarca Mar Sako nella prima cattedrale del Paese, intitolata alla “Madonna Addolorata”.

In Libia
In Libia, anch’essa divisa e sconvolta da sanguinosi conflitti intestini, la Porta Santa è stata aperta l’11 dicembre nella cattedrale di San Francesco a Tripoli dal vicario coadiutore, padre George Bugeja. Nella serata si è svolta anche una celebrazione ecumenica con i rappresentanti delle diverse denominazioni cristiane, presenti per pregare per la pace e la riconciliazione. A Bengasi, invece, non ci sarà alcuna celebrazione a causa della delicata situazione sul terreno.

In Ucraina e Crimea
Nei territori non ancora pacificati del Donbass, nell’Ucraina Orientale, dove il conflitto ha provocato finora la morte di 1.129 civili, il ferimento di almeno 3.442 persone e 700mila sfollati, la Porta Santa del Giubileo si aprirà nella Cattedrale di Kharkiv e nella Concattedrale di Zaporizhya, il 13 dicembre. Le Porte Sante si apriranno, sempre domenica, nella vicina Crimea, la regione dell'Ucraina annessa alla Russia nel 2014 in seguito a un contestato referendum. Si tratta di quelle della Cattedrale di Odessa, della Concattedrale di Simferopoli e delle Chiese di Bilgorod-Dniestrovski, Balta, Kirovograd, Nikolaiv, Kherson. Le Porte del Giubileo, invece, resteranno chiuse nelle chiese delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk. 

In Tunisia
La Porta Santa sarà aperta anche a Tunisi il 13 dicembre, in una capitale che resta sotto coprifuoco dopo i recenti attentati. Si tratta di quella della Cattedrale di San Vincenzo de’ Paoli, non sarà però la porta principale, bensì quella secondaria, posta in un cortile interno, per evitare - spiega l’arcivescovo Ilario Antoniazzi - che la celebrazione possa essere vista come una forma di proselitismo. All’evento sono attesi centinaia di fedeli, “la maggioranza dei quali - aggiunge mons. Antoniazzi - sono stranieri, studenti sub-sahariani in modo particolare, molto attivi nella vita pastorale”.

Nei Territori Palestinesi
A Gaza, la Porta Santa sarà invece aperta il 20 dicembre nella piccola parrocchia della Sacra Famiglia, dal Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. A varcarla saranno poco meno di 200 fedeli, guidati dal parroco, padre Mario da Silva.

In Bosnia-Erzegovina
A Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina che porta ancora visibili i segni della guerra degli anni ’90, sarà il cardinale Vinko Puljić ad aprire, sempre il 13 dicembre, la Porta Santa della Cattedrale del Sacro Cuore, a due passi dall'antico quartiere di Baščaršija, non lontano dalla moschea, dalla Cattedrale ortodossa e dalla Sinagoga. Oltre a questa, verranno aperte altre sei porte: quella del santuario di San Giovanni Battista a Podmilaćje, del santuario di San Leopoldo Mandić a Maglaj, della chiesa dedicata a San Alojzije Gonzaga a Travnik, e quelle di tre chiese e santuari mariani dedicati all’Assunzione della Beata Vergine Maria a Tolisa, Komušina e Olovo. “L’apertura del Giubileo della Misericordia — ha spiegato il cardinale Puljić — ci aiuterà a sanare tante ferite, a ripulire il nostro cuore, a creare un clima di fiducia dopo tutto quello che di brutto è accaduto in passato”. (L.Z.)

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La Radio Vaticana vince il Premio Ucsi per un giornalismo solidale

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Eliana Astorri della Radio Vaticana, Lucia Bellaspiga di Avvenire e Claudio Moschin della Televisione Svizzera Italiana, sono i vincitori della 21a Edizione del Premio Giornalistico Nazionale “Natale Ucsi 2015”, promosso dall’Unione Cattolica Stampa Italiana, sezione di Verona. Un riconoscimento dedicato ai giornalisti di stampa, TV e Radio che, attraverso articoli e servizi, raccontano fatti e testimonianze di solidarietà, integrazione sociale e attenzione verso il prossimo. Premio Ucsi Radio alla giornalista Eliana Astorri della Radio Vaticana, per il servizio radiofonico “Agevolando”, dedicato all’associazione che aiuta nell’inserimento sociale e lavorativo i ragazzi ospiti di case famiglia o in affido, i quali, raggiunta la maggiore età, perdono ogni sostegno pubblico. Premio Ucsi Stampa alla giornalista di Lucia Bellaspiga per l’articolo “Raro sono io, non la malattia”. Premio UcsiTV al giornalista Claudio Moschin, per il reportage dal titolo “I senzatetto di Milano”. Ai vincitori, una scultura in argento del maestro veronese Alberto Zucchetta e un assegno del valore di 2mila euro. La cerimonia di premiazione avrà luogo sabato 19 dicembre alle ore 11,  nella Sala Arazzi di Palazzo Barbieri, sede del Municipio di Verona.

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Opam: a Natale, tanti progetti per l’alfabetizzazione

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“Garantire l’istruzione ad ogni bambino resta una priorità se desideriamo costruire un mondo migliore per tutti”. E’ quanto si propone l’Opam, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo, presieduta da mons. Aldo Martini. Nel 2015, avverte l’Opam, per mancanza di risorse sono state respinte oltre 100 richieste di aiuto. Per il periodo di Natale, dunque, l’organizzazione chiede un aiuto per sostenere i tanti progetti volti a promuovere l’istruzione nel Sud del Mondo. In particolare, l'Opam propone adozioni scolastiche a distanza e ancora adozioni di infermieri ed insegnanti.

Costruire una scuola nei villaggi delle zone rurali del Sud del mondo
Tra i progetti messi in campo anche l’adozione di seminaristi per sostenere le vocazioni sacerdotali nei Paesi più svantaggiati. Per Natale, poi, si può anche contribuire alla costruzione di una scuola in un villaggio, nelle zone rurali del Sud del Mondo: 30 euro per 1 mq di mattoni, 50 euro per un banco, 70 euro per una lavagna. Per informazioni sull’Opam, da oltre 40 anni impegnata per l’alfabetizzazione, e sui progetti che sta portando avanti in questo momento, si può visitare il sito web www.opam.it. (A.G.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 346

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.