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Sommario del 10/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco a Santa Marta: lasciamoci accarezzare dalla misericordia di Dio

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Dio è innamorato della nostra piccolezza, la sua misericordia non ha fine. E’ quanto affermato da Papa Francesco alla Messa mattutina a Casa Santa Marta, alla quale hanno preso parte anche i cardinali del Consiglio dei Nove, che iniziano oggi la dodicesima riunione di lavoro con il Santo Padre. I lavori del Consiglio proseguiranno fino a sabato 12 dicembre. Nell’omelia, il Pontefice ha sottolineato che la misericordia è come una carezza, come l’abbraccio di un genitore che dà consolazione e sicurezza al proprio bambino. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Il Signore è misericordioso e grande nell’amore”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia mattutina muovendo dalla prima Lettura – tratta dal libro di Isaia – laddove in un monologo del Signore si comprende che Dio ha scelto il suo popolo “non perché fosse grande o potente”, ma “perché era il più piccolo di tutti, il più miserabile di tutti”.

Dio si innamora della nostra piccolezza
Dio, prosegue, “si è innamorato di questa miseria, si è innamorato proprio di questa piccolezza”. E in questo monologo di Dio col suo popolo, ribadisce, “si vede questo amore”, un “amore tenero, un amore come quello del papà o della mamma, quando” parla con il bambino che “la notte si sveglia spaventato da un sogno”. E lo rassicura: “Io ti tengo per la destra, stai tranquillo, non temere”:

“Tutti noi conosciamo le carezze dei papà e delle mamme, quando i bambini sono inquieti per lo spavento: ‘Non temere, io sono qui; Io sono innamorato della tua piccolezza; mi sono innamorato della tua piccolezza, del tuo niente’. Anche: ‘Non temere i tuoi peccati, Io ti voglio tanto bene; Io sono qui per perdonarti’. Questa è la misericordia di Dio”.

Il Signore prende su di sé le nostre debolezze
Francesco rammenta, quindi, un Santo che faceva molte penitenze, ma il Signore gli chiedeva sempre di più fino a quando gli disse che non aveva più niente da donargli e Dio gli rispose: “Dammi i tuoi peccati”:

“Il Signore ha voglia di prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, le nostre stanchezze. Gesù quante volte faceva sentire questo e poi: ‘Venite a me, tutti voi che siete affaticati, stanchi e io vi darò ristoro. Io sono il Signore tuo Dio che ti tengo per la destra, non temere piccolino, non temere. Io ti darò forza. Dammi tutto ed Io ti perdonerò, ti darò pace”. 

La misericordia di Dio ci faccia più misericordiosi con gli altri
Queste, riprende, “sono le carezze di Dio, queste sono le carezze del nostro Padre, quando si esprime con la sua misericordia”:

“Noi che siamo tanto nervosi, quando una cosa non va bene, strepitiamo, siamo impazienti… Invece Lui: ‘Ma, stai tranquillo, ne hai fatta una grossa, sì, ma stai tranquillo; non temere, Io ti perdono. Dammela’. Questo è quello che significa quando abbiamo ripetuto nel Salmo: ‘Il Signore è misericordioso e grande nell’amore’. Noi siamo piccoli. Lui ci ha dato tutto. Ci chiede soltanto le nostre miserie, le nostre piccolezze, i nostri peccati, per abbracciarci, per accarezzarci”.

“Chiediamo al Signore – ha concluso Francesco – di risvegliare in ognuno di noi e in tutto il popolo la fede in questa paternità, in questa misericordia, nel suo cuore. E che questa fede nella sua paternità e la sua misericordia ci faccia un po’ più misericordiosi nel confronto degli altri”.

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Durante il Giubileo, rinviate le visite del Papa in Italia

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Questa mattina, nel corso di una conferenza stampa a Milano, il cardinale Angelo Scola ha informato di aver ricevuto comunicazione dalla Segreteria di Stato secondo cui, a causa  dell’intensificarsi degli impegni per il Giubileo, è intenzione del Papa di rinviare le visite pastorali in Italia. Di conseguenza, la visita a Milano già ufficialmente programmata e annunciata per il 7 maggio 2016, verrà posticipata all’anno 2017. Il cardinale Scola ha osservato che sarà l’occasione per il Santo Padre di concludere la visita pastorale in atto nell'arcidiocesi di Milano.

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Documento sui rapporti con l'ebraismo a 50 anni dalla Nostra aetate

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Una riflessione su questioni teologiche preparata dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, a cinquant’anni dalla Dichiarazione “Nostra aetate” del Concilio Vaticano II. Questo in sintesi il nuovo documento “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”, pubblicato oggi, a firma del presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il cardinale Kurt Koch. Il servizio di Giada Aquilino

Un documento non magisteriale
Non un documento magisteriale ma un “punto di partenza” per “arricchire” ed “intensificare” la dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico, sviluppatosi a partire dal Concilio Vaticano II. Alla base del nuovo documento - e di tale dialogo - è il quarto articolo della “Nostra aetate”, definito il “fulcro” della Dichiarazione conciliare, che fa spazio “anche alla relazione tra la Chiesa cattolica e le altre religioni”: esso “s’incentra sulla nuova relazione teologica con l’ebraismo”. In tal senso, il rapporto con l’ebraismo può essere considerato “come il catalizzatore per definire il rapporto della Chiesa cattolica con le altre religioni mondiali”. Ha quindi uno “statuto speciale” nel più ampio contesto del dialogo interreligioso. Nel testo vengono affrontate questioni teologiche quali l’importanza della rivelazione; il rapporto tra l’Antica e la Nuova Alleanza, di cui è ribadita l’“unità indissolubile”; la relazione tra l’universalità della salvezza in Gesù Cristo e la convinzione che l’alleanza di Dio con Israele non è mai stata revocata; il compito evangelizzatore della Chiesa in riferimento all’ebraismo.

Cattolici ed ebrei buoni amici
L’apprezzamento di fondo espresso nei confronti dell’ebraismo nella “Nostra aetate”, si sottolinea, ha contribuito a far sì che “comunità nel passato scettiche le une di fronte alle altre” si trasformassero col tempo in “partner affidabili e addirittura in buoni amici” in grado di far fronte “insieme” alle crisi e di gestire i conflitti in modo positivo. Negli anni, numerosi sono stati i passi compiuti. Nel 1974 Paolo VI istituì la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo; sono seguiti tanti testi e documenti che, “per quanto importanti”, non possono però “sostituire” gli incontri personali ed i dialoghi “faccia a faccia”. Ricordato l’impegno di Papa Montini, di San Giovanni Paolo II, poi di Benedetto XVI, di Francesco che, prima come arcivescovo di Buenos Aires e ora come Papa, ha particolarmente “a cuore” la promozione del dialogo.

Radici ebraiche del cristianesimo
D’altra parte, si aggiunge, ebrei e cristiani possono arricchirsi “vicendevolmente” nella loro amicizia: il dialogo con l’ebraismo non può essere assolutamente comparato al dialogo con le altre religioni mondiali, a motivo delle radici ebraiche del cristianesimo. Senza le sue radici ebraiche, la Chiesa rischierebbe di “perdere” il proprio “ancoraggio nella storia della salvezza”. Ecco perché il loro dialogo “può essere definito solo per analogia ‘dialogo interreligioso’: non si tratta infatti di due religioni aventi natura “fondamentalmente diversa”, che si sono sviluppate l’una indipendentemente dall’altra senza reciproca influenza. L’“humus” di ebrei e cristiani - si specifica - è “l’ebraismo del tempo di Gesù”. La differenza di fondo tra le due consiste poi “nel modo in cui si ritiene di dover valutare la figura di Gesù”. 

Doni e chiamata di Dio sono irrevocabili
Soffermandosi sull’universalità della salvezza in Gesù e riaffermando che Cristo è il “mediatore universale” di tale salvezza, chiarendo - con San Paolo – che “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”, si mette in luce come il fatto “che gli ebrei abbiano parte alla salvezza di Dio” sia teologicamente “fuori discussione”: ma come ciò sia possibile “senza una confessione esplicita di Cristo”, prosegue il documento, “è e rimane un mistero divino insondabile”.

Mandato evangelizzatore in relazione all'ebraismo
Per quanto riguarda il mandato evangelizzatore della Chiesa in relazione all’ebraismo, si chiarisce che è “facile” comprendere come la cosiddetta “missione rivolta agli ebrei” sia per essi una questione “molto spinosa e sensibile”, poiché “ai loro occhi riguarda l’esistenza stessa del popolo ebraico”. La Chiesa, si chiarisce, deve dunque comprendere l’evangelizzazione rivolta agli ebrei, che credono nell’unico Dio, in maniera “diversa” rispetto a quella diretta a coloro che appartengono ad altre religioni o hanno altre visioni del mondo. La Chiesa cattolica quindi “non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei”: rimanendo il “rifiuto” di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono dunque “chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei”, con “umiltà e sensibilità”, riconoscendo che gli ebrei sono “portatori” della Parola di Dio e non dimenticando la grande tragedia della Shoah.

Impegno comune per la giustizia e la pace
La parte finale del documento è dedicata all’impegno comune “a favore della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato e della riconciliazione in tutto il mondo”, evidenziando che “soltanto quando le religioni dialogano con successo” la pace “può essere realizzata anche a livello sociale e politico”.

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Koch: documento dialogo con ebrei è stimolo a proseguire

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Una pietra miliare nei rapporti tra cattolici ed ebrei. Così in sintesi è stato definito il documento pubblicato dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo dai partecipanti alla conferenza stampa di presentazione in Vaticano. Presenti tra gli altri il rabbino David Rosen e il cardinale Kurt Koch: per entrambi il testo non è un punto di  arrivo, ma uno stimolo a proseguire. Paolo Ondarza

Un documento esplicitamente teologico per approfondire il dialogo ebraico cattolico, particolarmente importante per Papa Francesco, così il cardinale Kurt Koch, presidente della Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo, parla del testo presentato esprimendo gratitudine per lo sforzo compiuto da entrambe le parti a favore del dialogo e nel contempo evidenziando come molte questioni restino aperte, richiedano ulteriore studio. Dunque il documento, formulato da una prospettiva cattolica, non è un punto conclusivo, ma uno stimolo a proseguire. Negli anni – constata il porporato citando Papa Francesco  – “da nemici ed estranei siamo diventati amici e fratelli”, “il cristianesimo – spiega – deriva dall’ebraismo” e obiettivo del dialogo è la lotta contro ogni forma di antisemitismo. Ma quale deve essere l’atteggiamento dei cristiani sulla questione dell’evangelizzazione in relazione agli ebrei? Lo spiega il cardinale Kurt Kock:

“La Chiesa cattolica non conduce né incoraggia alcuna missione istituzionale rivolta specificamente agli ebrei. Fermo restando questo rifiuto - per principio - di una missione istituzionale diretta agli ebrei, i cristiani sono chiamati a rendere testimonianza della loro fede in Gesù Cristo anche davanti agli ebrei; devono farlo però con umiltà e sensibilità, riconoscendo che gli ebrei sono portatori della Parola di Dio e tenendo presente la grande tragedia della Shoah”.

Anche il rabbino David Rosen ha parlato di una ritrovata fraternità tra cattolici ed ebrei, evidenziato la lunga strada nella riconciliazione percorsa negli ultimi cinquant’anni e definendo il documento una pietra miliare in questo percorso. Tuttavia  – ha detto Rosen - in esso manca il riferimento - necessario per  una piena comprensione dell’ebraismo - alla centralità che la Terra di Israele occupa nella vita religiosa, passate e presente, degli ebrei. Il rabbino ricorda con apprezzamento l’iniziativa di preghiera in Vaticano organizzata dal Papa  e rimarca il ruolo importante della Chiesa nella costruzione della pace in Medio Oriente, evidenziando come a volte i gesti valgano più di tanti testi scritti. A proposito del documento dei 25 rabbini ortodossi appena pubblicato per il 50.mo della Nostra aetate, Rosen, pur rimarcando la pluralità di vedute all’interno della comunità ebraica, commenta con favore che in esso il cristianesimo non viene definito né come un incidente né come un errore, ma un dono di Dio per affrontare le sfide morali della nostra epoca.

Da parte sua Edward Kessler, founder director del Woolf Institute di Cambridge, ha posto l’accento sulla necessità di confutare la controversa  “teologia della sostituzione” secondo la quale i cristiani sarebbero subentrati agli ebrei nei favori di Dio. Tra i temi "difficili" che però non hanno intralciato il dialogo il cardianle Koch ha citato la questione della preghiera nel rito latino del Venerdì Santo per la conversione degli ebrei. Secondo il porporato essa non è ben compresa:

“Il contenuto centrale è la preghiera escatologica alla fine del tempo. Ma è stato male interpretato come un appello alla trasmissione storica contro gli ebrei”.

Sulla figura di Pio XII e la sua beatificazione il cardinale Kock non ha escluso la volontà del Papa di aprire gli archivi vaticani:

“Per quanto riguarda la Beatificazione di Pio XII, questa è una questione, una cosa interna alla Chiesa cattolica. D’altra parte, è chiaro che la Chiesa cattolica vuole essere cauta e non danneggiare il dialogo tra ebrei e cattolici”:

Infine, sulla validità anche per i nostri giorni dell’espressione “ebrei–fratelli maggiori” usata da San Giovanni Paolo II, il rabbino Rosen ha detto di preferire quella di “genitori” pur attribuendo alle parole di Papa Wojtyla una “ricchezza enorme”.

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Si è spento il card. Terrazas. Il Papa: ha servito Vangelo, giustizia e pace

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Si è spento ieri il cardinale boliviano Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo emerito di Santa Cruz de la Sierra. Aveva 79 anni. Papa Francesco, in un telegramma inviato all’arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, mons. Sergio Alfredo Gualberti Calandrina, esprime il suo profondo cordoglio per la morte del porporato che – afferma - “con la luce della fede e la forza della speranza si è mantenuto fedele al ministero ricevuto e con generosità e coraggio ha consegnato la sua vita al servizio del Vangelo, della giustizia e della pace.

Il porporato, noto per il suo impegno a favore dei più poveri del Paese, era nato a Vallegrande il 7 marzo 1936, è stato il secondo cardinale nella storia della Bolivia e il primo boliviano di nascita. Entrato nella Congregazione del Santissimo Redentore, viene ordinato sacerdote il 29 luglio 1962. Superiore della comunità redentorista di Vallegrande, viene nominato vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di La Paz nel 1978. Per numerosi anni è stato presidente della Conferenza Episcopale Boliviana e della Commissione Episcopale per i Laici del Celam. Nel 1982 è nominato vescovo di Oruro e nel  1991 arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra. Ha profuso grande impegno per la promozione delle vocazioni. Nel 2001 San Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale. Nel luglio scorso, Papa Francesco, durante la sua visita in Bolivia, si era recato a salutarlo nella clinica dove era ricoverato.

Dopo la sua scomparsa, il Collegio Cardinalizio conta  216 porporati, di cui 117 elettori e 99 non elettori.

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Morte card. Furno. Il Papa: prezioso collaboratore

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E’ morto ieri il cardinale Carlo Furno, gran maestro emerito dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e arciprete emerito della Patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore. Aveva 94 anni. Papa Francesco, in un telegramma, ricorda “con animo grato la preziosa collaborazione” prestata dal porporato “per tanti decenni alla Santa Sede”.

Nato a Bairo Canavese (Torino), in Diocesi di Ivrea, il 2 dicembre 1921, era stato ordinato sacerdote nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale.  Svolge il suo apostolato nella Diocesi come vice parroco di Ozegna (Torino) per tre anni. A Roma studia presso il Pontificio Seminario Romano per gli Studi Giuridici, ottenendo il dottorato in «Utroque iure» nel 1953. Compiuto nel frattempo il biennio come alunno della Pontificia Accademia Ecclesiastica, è inviato prima come addetto e poi come segretario alla Nunziatura Apostolica in Colombia passando poi, dopo quattro anni, a quella in Ecuador, quindi dopo tre anni alla Delegazione Apostolica in Gerusalemme.

Nel settembre 1962 prende servizio presso la Segreteria di Stato, nell'allora Prima Sezione, dove lavora per undici anni. Nel 1973 Papa Paolo VI lo nomina arcivescovo titolare di Abari e nunzio apostolico in Perù. Nel 1978 Giovanni Paolo II lo trasferisce come nunzio in Libano, in una terra duramente provata dalla guerra. Nel 1982 è nunzio in Brasile e nel 1992 nunzio in Italia, incarico mantenuto fino al novembre del 1994. Nel 1995 è gran maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, nel 1996 delegato pontificio per la Patriarcale Basilica di San Francesco d’Assisi. Dal 1997 al 2004 è arciprete della Patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore. Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale nel Concistoro del 26 novembre 1994, del Titolo di S. Onofrio.

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Nuovo ostello Caritas a Roma. Vallini: esempio positivo per la città

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Una struttura completamente rinnovata con 195 posti letto e in grado di erogare 600 pasti ogni sera. E’ il nuovo ostello della Caritas don Luigi di Liegro alla Stazione Termini di Roma. Un esempio per tutta la città, ha detto il cardinale vicario Agostino Vallini, che però ha fatto notare come Roma sia “affetta da un'anemia spirituale”. Alessandro Guarasci: 

Poco più di quattro anni di lavoro hanno cambiato volto all'ostello "Don Luigi Di Liegro" e alla annessa mensa "San Giovanni Paolo II", in via Marsala a Roma. Tutto questo grazie a una serie di sponsor e all'8 per mille. Dal 1987, anno della fondazione, più di 11 mila persone hanno trovato alloggio in questa struttura. Il 18 dicembre l’apertura della Porta Santa della Carità con il Papa. “Qui le forze positive sono tante” dice il cardinale vicario Agostino Vallini;

“Sono convinto che l’esperienza di vita quotidiana, serale, notturna dell’ostello, proprio qui nel cuore di Roma, può aiutare anche a dire: 'Ma forse lo faccio anch’io!'. Roma è l’esempio della carità”.

La struttura è ospitata dalle Ferrovie dello Stato. E quello di Roma non è l’unico caso. L’amministratore  delegato di Fs Renato Mazzoncini:

“L’anno scorso 31.000 persone in 16 strutture. Abbiamo fatto circa 470.000 interventi di assistenza: un bel numero, purtroppo!”.

Una struttura funzionale è una spinta morale anche per i tanti volontari che ogni giorno prestano la loro opera qui dentro. Gabriele è uno di loro:

“Vedendo questi luoghi davvero siamo stati colpiti ripensando a com’erano… E quindi dare ancora più dignità e accoglienza alle persone in difficoltà”.

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Giubileo. Aperta "Porta della Speranza" all'ospedale Bambino Gesù

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La “Porta della Speranza”, simbolo del Giubileo: ad aprirla sono stati ieri i piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Speranza, una parola che scalda il cuore ai piccoli pazienti ospiti del nosocomio vaticano e alle loro famiglie, segnate dalla sofferenza - a volte insopportabile - della malattia che colpisce i loro bambini. Da qui l’iniziativa di riprodurre la Porta Santa della Basilica di San Pietro, aperta dal Papa, nella Festa dell’Immacolata. Una copia preziosa chiamata "Porta della Speranza", forgiata dai piccoli degenti, negli spazi ludici nella sede del Gianicolo, trasformati in laboratori creativi, guidati dai maestri della Scuola in Ospedale, gestita dall’Istituto comprensivo Virgilio. Tante piccole mani hanno lavorato le lastre di rame, imprimendovi sopra scene religiose, scelte da loro, riprese dall’Antico e Nuovo Testamento, unendo idealmente in un percorso dell’anima fedi, culture, Paesi. Un itinerario storico artistico che proseguirà nei prossimi mesi per illustrare i pellegrinaggi del passato, traendo spunto dai luoghi prossimi all’Ospedale Bambino Gesù: Trastevere, via della Lungaretta, via della Lungara, il carcere di Regina Coeli, il Gianicolo e San Pietro, centro della cristianità.

Un altro appuntamento di comunione giubilare sarà l’apertura, giovedì prossimo 17 dicembre, della “Porta della Misericordia” nella cappella dell’ospedale Bambino Gesù a Palidoro, località laziale, nei pressi di Santa Marinella. Tra le quattro Porte Sante, designate dal vescovo Gino Reale per la diocesi di Porto S. Rufina.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Da nemici ad amici: a cinquant'anni dalla "Nostra aetate" un documento della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo illustrato dal cardinale Kock, dal rabbino Rosen e dal teologo Kessler, e una dichiarazione sul cristianesimo sottoscritta da venticinque rabbini ortodossi.

La tregua di Homs: centinaia di civili e miliziani abbandonano la città dopo l'intesa tra governo siriano e ribelli.

I passaggi salienti dell'intervento del cardinale Turkson alla conferenza di Parigi sul clima.

Carezza di padre: Messa a Santa Marta.

La morte dei cardinali Julio Terrazas Sandoval e Carlo Furno.

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Oggi in Primo Piano



A Damasco un ambulatorio gratuito per i profughi

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“Quella contro lo Stato Islamico è una vera e propria guerra”. L’ammissione è del segretario americano alla Difesa, Carter, che ha parlato al Congresso sulla strategia di lotta al Califfato. Giudicate inquietanti, invece, le dichiarazioni del presidente russo, Putin, che ha evocato un possibile uso di armi nucleari contro l’Is. Intanto non mancano le iniziative umanitarie. A Damasco verrà aperto un ambulatorio gratuito per i profughi, che arrivano numerosi nella capitale. L’iniziativa è promossa, tra gli, altri dal Patriarcato siro-cattolico. Ce ne parla il dott. Basem Battah, tra i promotori della manifestazione, intervistato da Giancarlo La Vella

R. – Tanta la gente che scappa da posti pericolosi in questo tempo di guerra. Sono persone che hanno perso il lavoro, la casa. Hanno bisogno di aiuto per continuare la vita normale. La salute è la prima necessità. Per questo abbiamo scelto di realizzare un presidio medico gratuito. Abbiamo optato per la città di Damasco perché la gente che arriva qui chiede la pace. Per la maggior parte si tratta di bambini, donne.

D. – La popolazione siriana dopo cinque anni di conflitto come sta vivendo questo momento drammatico?

R. – Il Paese è molto stanco. Sicuramente la vita, dopo cinque anni di guerra, è cambiata: molte famiglie sono scappate dopo gli attacchi del terrorismo e sono venute a Damasco per cercare lavoro, un’altra casa. Dal punto di vista psicologico queste persone sono distrutte. Anche io ad esempio, quando ho fatto il mio master, ho avuto molte difficoltà per recarmi al policlinico, perché ci sono tanti cecchini che sparano sulle persone.

D. – La Siria è un Paese in cui tradizionalmente hanno convissuto sempre realtà anche diverse …

R. – Sì, in Siria noi cristiani viviamo insieme con i musulmani. A Damasco musulmani e cristiani vivono in pace, insieme, come fratelli e sorelle senza problemi. Secondo il mio punto di vista il problema non è in Siria, ma proviene da fuori. I siriani vivono insieme da tanti anni. Ho molti amici musulmani che frequento senza nessun problema.

D. – L’iniziativa verrà promossa anche attraverso una tre giorni con il concerto “Roma canta Damasco”. Quale il significato di questo titolo che avete scelto?

R. – Tutto il mondo sta parlando della guerra. Noi abbiamo scelto una lingua internazionale: la musica, una lingua di pace. “Roma canta Damasco”: perché Roma? Perché Damasco? A Roma c’è San Pietro, a Damasco c’è San Paolo. Il progetto unisce idealmente queste due realtà antichissime, perché se non c’è pace nella terra della pace non ci sarà pace in tutto il mondo. Spero che la guerra finisca il prima possibile e che i siriani possano iniziare a ricostruire il loro Paese tutti insieme, musulmani e cristiani. Speriamo che in futuro la Siria sarà il luogo del dialogo e della pace.

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Onu: in un anno e mezzo 9 mila morti nel conflitto ucraino

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Il conflitto in Ucraina sta assumendo proporzioni drammatiche. Secondo un rapporto Onu, dall’aprile del 2014 si contano oltre 9 mila morti e quasi 21 mila feriti. Le cifre riguardano sia civili che unità combattenti e dimostrano come la crisi, in piena Europa, non possa passare in secondo piano, sia pure di fronte alla gravità dell’emergenza terrorismo causata dall’Is. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vice direttore di Famiglia Cristiana

R. – Il rapporto della missione Onu segnala che per fortuna – almeno quello – c’è anche un forte calo nelle ostilità. Però certamente il problema dell’Ucraina rischia di incancrenirsi nel cuore dell’Europa e di aprire una ferita di giorno in giorno sempre più difficile da guarire.

D. – Secondo te è lecito considerare come alleata la Russia nella lotta all’Is e invece antagonista nella crisi ucraina?

R. – La crisi ucraina andrebbe considerata in una prospettiva più ampia. Comincia nel momento in cui si rompe un equilibrio in Europa con l’installazione del cosiddetto "scudo stellare" in Polonia e Repubblica Ceca; quello fu un atto ostile che ruppe un equilibrio che durava da molti anni: da quando era iniziato il processo di disarmo nucleare. La crisi dell’Ucraina è stata resa poi più aspra dalla reazione militare russa, che non ha potuto tollerare di trovarsi in uno stato di inferiorità strategica in Europa e, per di più, con l’Ucraina, Paese decisivo per i suoi commerci di gas e petrolio, di fatto sotto tutela americana. In questo scontro tra Usa e Russia, l’Europa fa la figura del vaso di coccio, di quella che deve appoggiare la politica americana, sopportarne in buona parte costi, e perdere comunque un riferimento strategico, che era quello della Russia per questioni economiche. Bisogna vedere se l’Europa ha una convenienza in questo oppure no. Personalmente penso che a lungo termine non abbia una convenienza.

D. – Quindi, come dicono in molti, sarebbe il caso di ammorbidire le sanzioni a Mosca?

R. – Non è un mistero per nessuno che in molti Paesi d’Europa la questione delle sanzioni alla Russia venga digerita politicamente, ma non sia assolutamente gradita e considerata anche poco convincente. Che cosa si debba fare con la Russia a questo punto è molto difficile dirlo, perché sono ormai anni che su ogni fronte si applica una politica di esclusione della Russia dal contesto internazionale. Stiamo cercando di trasformarla in uno Stato canaglia. Questo è strategicamente un grosso errore. Forse può convenire agli Stati Uniti, ma non conviene a nessun altro e lo si vede anche, per esempio, sul fronte mediorientale, perché la Russia in Siria forse segue un’agenda fatta dai suoi interessi strategici esclusivi, però è anche vero che l’agenda occidentale finora non ha prodotto altro che l’espansione dell’Is. Quindi sarebbe molto meglio cercare di trovare una diversa composizione dei diversi interessi. Avere interessi diversi è legittimo, farli deflagrare così secondo me è un errore da parte di tutti.

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Etiopia: rischio carestia per 10 milioni di persone

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Dieci milioni di persone rischiano di morire di fame per la siccità che sta colpendo l’Etiopia. Anche se ha uno dei tassi di crescita più elevati in Africa, l'economia dell'Etiopia dipende ancora pesantemente dall'agricoltura, che impiega tre quarti della forza lavoro della nazione che conta 95 milioni di persone. E’ la più grave siccità degli ultimi trent’anni e dimostra come i cambiamenti climatici siano strettamente legati all’emergenza alimentare. Veronica Di Benedetto Montaccini ne ha parlato con Vichi De Marchi, portavoce del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. 

R. – Sappiamo che in questi mesi “El Niño” sta causando fortissime perturbazioni, con conseguenti zone esposte a siccità. E ad essere colpita è soprattutto l’Africa australe e orientale. È una spirale: si inizia dal raccolto; e poi la siccità arriva anche al bestiame, che non ha di che abbeverarsi né di che mangiare. La siccità è insomma una catena talmente intrecciata che le conseguenze della siccità sull’agricoltura hanno un impatto immediato sulle condizioni di vita in generale della popolazione.

D. – L’Africa è più vulnerabile di altri Continenti ai cambiamenti climatici?

R. – Assolutamente sì, perché non solo ci sono moltissime regioni molto povere, ma perché gran parte del sistema economico di molti Paesi africani è basato sull’agricoltura, sulla pastorizia, tutte attività che dipendono dalle precipitazioni. Dobbiamo pensare che nel mondo ci sono 500 milioni di piccole famiglie contadine, che sono il cuore del mondo agricolo, e gran parte di queste sono contadini che dipendono dal clima. Proprio in questi giorni di conclusione dei lavori di COP21, abbiamo presentato una mappa interattiva per poter incrociare i dati che riguardano l’andamento climatico, l’insicurezza o la sicurezza alimentare, e gli elementi economici o sociali. E facendo delle proiezioni da qui al 2030, al 2050 fino al 2080, vediamo che senza un drastico intervento per ridurre le emissioni nocive, il clima sarà sempre più un fattore di insicurezza alimentare.

D. – E questo porta anche a conflitti per le risorse?

R. – Ci sono due elementi che riguardano i conflitti: da una parte le guerre generano fame; e nello stesso tempo la fame è un generatore di conflitti. La fame, il cibo e l’acqua. Sempre di più oggi i conflitti nascono anche per il controllo di quest’ultima risorsa che sta diventando più preziosa che mai.

D. – L’Etiopia negli ultimi dieci anni ha avuto una grande crescita economica, di 10 punti di Pil, ma è ancora legata all’andamento delle piogge e della carestia. Come si fa a prevenire una siccità di tale portata?

R. – Innanzitutto c’è una responsabilità del mondo internazionale nell’affrontare il tema del clima. L’altro elemento è che bisogna costruire i fattori di resilienza, per non far trovare le popolazioni impreparate alla siccità. Per esempio le sperimentazioni sulle sementi più resistenti anche a periodi di poca pioggia. Ora, proprio in Etiopia c’è un progetto che ha avuto moltissimo successo – il “Progetto Meret” – basato sul lavoro in campagna per costruire vasche d'acqua comunicanti, in modo che anche quelle poche risorse che ci sono siano gestite al meglio e in tutto il loro valore.

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Fallimento banche, pensionato suicida. Allarme risparmiatori

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Il governo italiano ha varato un decreto che ha permesso di salvare 4 banche in crisi, posti di lavoro e conti correnti. Ma non è stato possibile, in base alle regole europee, tutelare azioni e obbligazioni subordinate. E’ quanto ha dichiarato il premier Matteo Renzi all’indomani della drammatica notizia del suicidio del pensionato che si è tolto la vita dopo aver perso i suoi risparmi a causa del fallimento della sua banca. Speriamo - ha detto il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino - che questo tragico episodio “faccia riflettere tutti quanti noi a non misurare la vita e il progresso della civiltà soltanto con il Pil o con le percentuali dei soldi”. Molti di coloro che hanno perso i loro risparmi sono pensionati. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, la portavoce del gruppo “Vittime del Salva Banche”, Letizia Giorgianni: 

R. - Il 70 per cento delle persone che hanno aderito al nostro gruppo e che ogni giorno ci chiamano sono persone - purtroppo - come il pensionato, che avevano investito tutto in queste obbligazioni e che, con questo decreto, si sono viste non solo derubate, ma anche truffate, umiliate. Abbiamo tante testimonianze. Nel nostro gruppo ci sono tanti nipoti o figli che stanno portando, insieme a noi, avanti questa causa proprio per non far saper niente ai loro genitori o ai loro nonni, che non reggerebbero… Lo abbiamo visto con quel signore: non reggerebbero questo colpo! Questo decreto sta uccidendo le persone e probabilmente non è neanche il primo caso…

D. – Soffermiamoci sui risparmiatori che hanno perso i loro soldi, sulle “vittime di questo Piano Salva Banche”. Tra loro ci sono molti pensionati. Ma perché a questi pensionati venivano consigliate delle "obbligazioni subordinate"?

R. – C’è sicuramente stata una leggerezza. Io dico leggerezza per non utilizzare termini forti, che potrebbero crearmi anche problemi, perché potrei dire frode. Io dico leggerezza nel personale della banca a consigliare questo tipo di investimento, sfruttando il fatto che nei piccoli centri la figura del direttore di banca, la figura del bancario è una figura di riferimento. C’è quasi un rapporto di amicizia. Non solo: fino a due settimane fa avevamo delle rassicurazioni da parte degli organismi interessati – Banca d’Italia, Abi e altri organi di vigilanza in generale – che ci rassicuravano. In due settimane che cosa è successo? Cosa è successo ai nostri risparmi? Dove sono questi soldi?

D. – Lei, nello specifico, di cosa è stata vittima?

R. – Sicuramente non ci hanno consigliato bene. Mia mamma aveva investito, anche per me, questi soldi, con un investimento fatto nel 2007. Il tasso di rendimento era del 4,1 per cento lordo… Non era un tasso che poteva far prevedere un certo rischio. Noi siamo persone che andavano in banca. Perché allora il personale della banca ci ha rassicurato? Perché ci hanno detto: se vendi adesso – come abbiamo chiesto noi – ci rimetti 12 mila euro, ti conviene aspettare… Adesso abbiamo perso tutto! Erano 100 mila euro…

D. – La platea di chi rischia di perdere i propri risparmi è molto ampia…

R. – Attenzione, nessuna banca è solida! Adesso noi stiamo parlando di quattro banche, ma secondo i dati di ieri sono almeno 16 le banche in sofferenza, che ancora non sono arrivate al commissariamento. Sono 16! Attenzione, nessun risparmio è più al sicuro! Il cittadino si può sentire adesso tranquillo anche in virtù di quello che è successo a noi? E’ il caso di essere uniti o dire ancora che noi abbiamo speculato con questi soldi? Attenzione! I nostri risparmi, se questa sarà la decisione definitiva e se questo decreto diventerà legge, non saranno più sicuri.

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Nella Chiesa e nel mondo



Centrafrica. Mons. Nzapalainga: il Papa ha segnato i musulmani

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“Il Papa è venuto come pellegrino per invitarci alla pace. Ora noi dobbiamo farci pellegrini di pace nel nostro stesso Paese” dice all’agenzia Fides mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, spiegando il suo gesto di percorrere a piedi il quartiere musulmano PK5, dopo le tensioni dei giorni scorsi per l’esclusione della candidatura dell’ex Presidente François Bozizé alle elezioni presidenziali.

Mons. Nzapalainga nel quartiere musulmano come pellegrino di pace
“Ieri ho fatto fermare l’auto e ho proseguito a piedi nel quartiere PK5 insieme ai giovani, in una carovana della pace, salutando coloro che incontravamo nel nostro passaggio. Dobbiamo far cadere il muro della paura e della diffidenza, per andare incontro all’altro, salutandolo e parlando con lui” spiega mons. Nzapalainga. “Ho camminato nel quartiere come pellegrino di pace, invitando gli uni e gli altri ad accogliersi e a perdonarsi e a ricostruire il Paese sulla base della riconciliazione, che possiamo tradurre nel termine della Misericordia che Papa Francesco è venuto a proporci”.

Lo spirito donato dal Papa continua a soffiare sul Paese
A proposito della visita che il Santo Padre ha effettuato nel Paese, mons. Nzapalainga afferma che “sono per primi i musulmani a dire ‘il Papa è venuto, vogliamo la pace, non vogliamo più la guerra’. Il Papa ha segnato profondamente la comunità musulmana. È significativo che i giovani musulmani del quartiere PK5 abbiano deposto le armi per parlare con i loro fratelli cristiani”. “Lo spirito che ci ha donato il Papa continua dunque a soffiare sul Paese” conclude mons. Nzapalainga. (L.M.)

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Siria: rilasciati dai jihadisti altri 25 ostaggi cristiani

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I jihadisti affiliati al sedicente Stato Islamico (Daesh) hanno rilasciato ieri altri 25 cristiani assiri, che facevano parte del consistente gruppo di ostaggi da essi catturati lo scorso 23 febbraio, quando le milizie jihadiste avevano scatenato un'offensiva contro i villaggi a maggioranza cristiana assira sparsi lungo la valle del fiume Khabur, nella provincia siriana nord-orientale di Hassakè. Secondo quanto viene riferito da fonti locali, e rilanciato dall'Assyrian International News Agency (Aina), il gruppo di ostaggi liberati - riporta l'agenzia Fides - comprende uomini, ragazzi e due bambini sotto i dieci anni, che dopo essere stati liberati hanno raggiunto – tutti in discrete condizioni di salute – la cittadina di Tel Tamar.

Altri 130 ostaggi nelle mani dei jihadisti
I cristiani assiri della valle del Khabur presi in ostaggio dai jihadisti a febbraio erano più di 250. Da allora si sono succeduti diversi rilasci di gruppi di prigionieri. L'ultima volta, lo scorso 24 novembre, erano stati 10 i cristiani assiri del Khabur rilasciati dal Daesh. Al momento, gli ostaggi di quel gruppo che rimangono ancora nelle mani dei jihadisti dello Stato Islamico sono più o meno 130.

Video dei jihadisti per far pressione sul riscatto
All'inizio di ottobre, sui siti jihadisti era stato diffuso il video dell'esecuzione di tre cristiani assiri della valle del Khabur. Il filmato, girato secondo i macabri rituali scenici seguiti anche in altri casi analoghi dalla propaganda jihadista, avvertiva che le esecuzioni degli altri ostaggi sarebbero continuate fino a quando non fosse stata versata la somma richiesta come riscatto per la loro liberazione. (G.V.)

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Yemen: nuovo attentato ad una chiesa cattolica ad Aden

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In Yemen, un gruppo di uomini armati hanno fatto saltare ieri una chiesa cattolica ad Aden, la seconda città del Paese, teatro in questi mesi di un’ondata di attentati, l’ultimo dei quali domenica in cui sono rimasti uccisi il governatore della provincia e altre sei persone.

Probabile la matrice islamista
Secondo fonti locali citate dal quotidiano libanese L’Orient le Jour e dall’agenzia turca Anadolu, quattro uomini mascherati hanno fatto irruzione nel quartiere residenziale Hafoune a Moualla, dove hanno distrutto con esplosivi la chiesa al grido "Allahou Akbar". L’edificio è adesso ridotto a una massa di macerie.  La chiesa,  adiacente al cimitero cristiano era stata costruita negli anni '50 sotto il dominio britannico. L’attacco non è stato rivendicato, ma un funzionario della polizia ritiene probabile la pista dei jihadisti di Al Qaeda e del sedicente Stato Islamico, che in questi mesi hanno aumentato la loro presenza nel territorio, approfittando della guerra civile tra i ribelli Huthi e le forze sunnite fedeli al Presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi e del vuoto di potere che si è venuto a creare. Il 16 settembre scorso era stata incendiata la chiesa di San Giuseppe, situata in un altro quartiere di Aden.

Dallo Yemen partiti quasi tutti i cattolici
A causa della guerra, dallo Yemen sono partiti quasi tutti i cattolici. I pochi rimasti sono assistiti da fratel Thomas A. Kizhake Nellikunnel e da fratel George Muttathuparambil, ambedue salesiani indiani. A settembre invece risultavano essere restate  tutte le Missionarie della carità di Madre Teresa, una ventina  distribuite in quattro case – Sana’a, Hodeida, Taiz e Aden – per assistere malati mentali. (A cura di Lisa Zengarini)

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Pakistan: cristiani in preghiera per minacce a chiese per Natale

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I cristiani e le chiese a Youhanabad, quartiere della città di Lahore, uno dei più grandi insediamenti cristiani nella provincia del Punjab, hanno ricevuto minacce di attacchi terroristici per il Natale. Come riferisce l'agenzia Fides, diverse chiese hanno segnalato tali minacce alle autorità interessate, chiedendo di aumentare le misure di sicurezza.

La paura per le strade di Youhanabad
Dopo gli attentati suicidi del marzo scorso, quando due kamikaze si sono fatti esplodere davanti a due chiese a Youhanabad, una cattolica e una protestante, i residenti vivono nella paura costante e i recenti messaggi hanno generato una nuova ondata di panico. Nusrat Bibi, insegnante di Youhanabad, nota che “quest'anno, paura e incertezza regnano per le strade di Youhanabad, nessuno si sente al sicuro. Difficilmente ci saranno le consuete bancarelle e decorazioni natalizie. Ci si sente come se qualcuno avesse rubato la nostra felicità”.

La preghiera è un'arma contro la violenza
Anche se la presenza della polizia è aumentata, le Chiese si sono dotate di un proprio corpo di vigilanza. Ma “un'arma speciale è la preghiera”, nota l'Ong cristiana pakistana “Life For All” (Lfa), invitando la società civile a partecipare a una campagna di “preghiera per la pace” in vista del Natale. Xavier Williams, il presidente Lfa, nota a Fides. “Da anni il Pakistan si batte contro il terrorismo che ha colpito strade, piazze, scuole, moschee e chiese. Noi continueremo a pregare incessantemente Dio per il dono della pace, invocando la forza per superare momenti difficili come questo. Il terrorismo è una sfida che ci riguarda tutti. Il Natale è un messaggio di gioia, di speranza e di vittoria sulla morte”. (X.P.-P.A.)

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A Tirana le esequie dell'arcivescovo Rrok Mirdita

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Si sono svolti oggi nella cattedrale di Tirana i funerali  di mons. Rrok Mirdita, arcivescovo di Tirana-Durazzo, morto il 7 dicembre scorso. Il presule, colpito da un ictus celebrale, aveva 76 anni. A presiedere le esequie è stato il nunzio apostolico mons. Ramiro Molinar Ingles. L’omelia è stata tenuta dal vescovo ausiliare, mons. George Anthony Frendo. Il rito di sepoltura è stato officiato da mons. Angelo Massafra, presidente della Conferenza episcopale albanese.

Una figura molto amata dagli albanesi
Figura di grande rilievo della Chiesa in Albania sia nel periodo della dittatura comunista sia durante la restaurazione democratica, mons. Mirdita era molto amato dagli albanesi.

Una vita al servizio della Chiesa albanese
​Nato il 28 settembre 1939, venne consacrato sacerdote a New York il 2 luglio 1965 da mons. Aleksandar Tokić, arcivescovo di Antivari, e divenne parroco in una parrocchia albanese nel Bronx, a New York. Il 1º luglio 1986 il card. John Joseph O’Connor, allora arcivescovo di New York, lo nominò “amministratore della Chiesa cattolica albanese”. Mons. Mirdita venne nominato arcivescovo di Tirana-Durazzo il 25 dicembre 1992 e consacrato da Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale in Albania il 25 aprile 1993 dopo una sede vacante durata più di 40 anni. Assieme a lui, il Papa consacrò altri tre vescovi: mons. Zef Simoni, mons. Frano Illia e mons. Robert Ashta. In tal modo veniva ricostruita la gerarchia cattolica nel Paese, dopo gli anni della persecuzione comunista. Presidente, per più mandati, della Conferenza episcopale albanese, mons. Mirdita era anche direttore della Caritas albanese. Il 21 settembre 2014 ha accolto, insieme altri vescovi, Papa Francesco nel suo viaggio apostolico in Albania.

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Vescovi: Australia rispetti diritti umani di aborigeni e migranti

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L'odierna Giornata Onu per i diritti umani, deve generare un riflessione sul rispetto dei diritti umani in Australia, soprattutto nei confronti delle popolazioni native come gli aborigeni e nei confronti degli immigrati: lo afferma una nota dell’Australian Catholic Social Council (Acsjc) , ripresa dall’agenzia Fides. La nota, firmata dal vescovo Vincent Long, presidente dell’Acsjc, ricorda che, nei confronti degli aborigeni, “ben poco è stato fatto per colmare il divario su temi come l’aspettativa di vita, l'alfabetizzazione, l'occupazione”.

Le violazioni dei diritti umani sui migranti
Sul versante dei richiedenti asilo, l’Australia si distingue per la “prolungata detenzione nelle strutture al largo di Manus Island e Nauru”, dove avviene “un disastro per i diritti umani”, dati i casi accertati di abusi sui minori, lo stupro, la violenza e il trattamento disumano. Commentando il ruolo dell'Australia nella promozione dei diritti umani nella regione dell’Asia Pacifico, il vescovo Long osserva che “vi sono molte aree in cui l'Australia può essere una forza positiva”, ricordando il sostegno per l'abolizione globale della pena di morte e per affrontare le violazioni dei diritti umani contro le donne e le ragazze. Per questo, conclude, l’Australia può promuovere con maggiore convinzione i diritti umani nella regione e “avere una maggiore credibilità quando esercitiamo la nostra leadership in conformità con la nostra tradizione e lo status di nazione accogliente e ricca”. (P.A.)

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Portogallo: aperta la Porta Santa al Santuario di Fatima

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Aperta martedì in Portogallo la Porta Santa del Santuario di Fatima. A presiedere la celebrazione mons. António Augusto dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fatima, dopo il pellegrinaggio simbolico dalla Cappella delle Apparizioni alla Basilica della Santissima Trinità.

Il Giubileo della Misericordia opportunità per un grande rinnovamento spirituale del mondo
Il presule ha sottolineato che il Giubileo straordinario della Misericordia risponde alla necessità di un grande rinnovamento spirituale del mondo e che la misericordia, come dono di Dio, è un obiettivo da raggiungere, un cammino da percorrere che invita ad un pellegrinaggio interiore e ad accogliere il dono di Dio. Mons. dos Santos Marto, riferisce l’agenzia Ecclesia, ha spiegato inoltre che la Porta Santa ricorda che la porta è proprio Cristo, che apre il suo cuore nella parte superiore della croce dalla quale scorre il flusso d’amore che attraversa tutte le generazioni.

Varie iniziative al Santuario di Fatima con particolare attenzione alle confessioni
​Migliaia le persone che hanno preso parte alla Messa anche in coincidenza con la solennità dell’Immacolata. “La misericordia è la parola chiave che ci permette di vedere il messaggio di Fatima nella sua interezza”, ha detto il rettore del Santuario di Fatima, padre Carlos Manuel Pedrosa Cabecinhas. Diverse le proposte spirituali per i pellegrini che raggiungeranno Cova da Iria e che vorranno varcare la Porta Santa; una “particolare attenzione” sarà riservata alle confessioni di servizio come “tempo per sperimentare la misericordia di Dio”. (T.C.)

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Usa: card. Wuerl apre la Porta Santa a Washington

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Anche negli Stati Uniti sono iniziate le aperture delle Porte Sante nelle varie diocesi.  Tra queste l’arcidiocesi di Washington, dove il 7 dicembre scorso il card. Donald W. Wuerl ha presieduto la Veglia per l’apertura della Porta Santa della cattedrale di San Matteo Apostolo, nel cuore della capitale e l’8 dicembre la Messa per la Solennità dell’Immacolata

Maria Madre della Misericordia
Nell’omelia l’arcivescovo di Washington si è soffermato sull’importante significato della scelta della giorno dell’Immacolata quale data di inizio di questo anno straordinario della Misericordia. “Maria offre un segno luminoso nel mondo ed è per i credenti una testimone di bontà e santità in questo anno giubilare”, ha detto, invitando i fedeli a prendere a modello la fede della Vergine nella misericordia amorevole di Dio e di suo Figlio.

Opere di misericordia per i poveri
Il card. Wuerl ha poi ricordato come il Giubileo offra un’occasione speciale per ricevere il dono della misericordia attraverso il sacramento della riconciliazione: “Quando abbiamo conosciuto questa misericordia, questo perdono e questo amore siamo pronti a condividerlo con altri”.  Al termine delle celebrazione il card. Wurel ha quindi rinnovato l’invito a rivolgere i loro pensieri  a Maria, Madre della misericordia durante tutto l’anno giubilare.   

17 le Porte Sante negli Stati Uniti
​Secondo quanto riportato dal sito www.iubilaeummisericordiae.va/content, sono 17 le Porte Sante designate per il Giubileo della Misericordia negli Stati Uniti. La quasi totalità sarà aperta il 13 dicembre, in concomitanza con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano, presieduta da Papa Francesco e con quella della Basilica di San Paolo fuori le Mura, presieduta dal cardinale delegato James Harvey. (L.Z.)

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Brasile: vescovi sull’impeachment contro presidente Roussef

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La Chiesa brasiliana segue con grande preoccupazione la crisi politica ed economica del Paese, dove,  una settimana fa, il presidente della Camera dei Deputati ha autorizzato l'apertura di un procedimento di impeachment nei confronti della Presidente Dilma Rousseff, accogliendo la mozione presentata lo scorso 21 ottobre da deputati dell'opposizione. Rousseff è accusata di aver violato le leggi fiscali brasiliane lo scorso anno per operazioni di governo e di aver manipolato le finanze del Paese per favorire la propria campagna elettorale dello scorso anno. Accuse fermamente respinte dall’interessata.

Salvare l’etica nella politica e la pace sociale
In una nota diffusa l’8 dicembre, i vescovi brasiliani esortano tutte le forze politiche al senso di responsabilità “per non mettere a rischio l’ordine costituzionale”:  “I diritti democratici e soprattutto la difesa del bene comune del popolo brasiliano – ammoniscono - devono stare sopra agli interessi particolari dei partititi e di qualsiasi altro gruppo”. La nota, firmata dal presidente della Conferenza episcopale (Cnbb), mons. Sergio da Rocha, dal vice-presidente Murilo S. R. Krieger e dal segretario, mons. Leonardo Ulrich Steiner, sottolinea quindi l’urgenza di “salvare l’etica nella politica e la pace sociale attraverso la lotta alla corruzione, con rigore e imparzialità, in linea con le prescrizioni della legge e le esigenze della giustizia”.

No alla violenza politica
Di qui, in conclusione, l’appello dei presuli brasiliani a un dialogo pacato “per preservare e promuovere la democrazia”: “Rifiutiamo il ricorso alla violenza e all’aggressività nelle diverse manifestazioni politiche e, con le parole di Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale per la pace 2014, esortiamo tutti a ‘riscoprire in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere vostro fratello e fermate la vostra mano e ad andare ‘incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!’”

Sospesa la commissione speciale per valutare la richiesta di impeachment
​Il Supremo Tribunale Federale (Stf) ha intanto sospeso martedì scorso la commissione speciale della Camera insediata il 7 dicembre per valutare la richiesta di procedere all’impeachment. L’Alta Corte ha accolto la richiesta avanzata dal Partido Comunista do Brasil, (PCdoB) per presunte irregolarità nella composizione della commissione. La misura cautelare sospende la procedura per determinare se Rousseff è incorsa in reati tali da giustificarne la rimozione almeno fino al 16 dicembre: quel giorno lo stesso Stf si riunirà per analizzare la validità della procedura svolta finora. (L.Z.)

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Vescovi Irlanda: tutelare diritto fondamentale all’abitazione

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Il diritto all’abitazione è un diritto umano fondamentale che necessita di maggiori tutele: questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale irlandese (Icbc), in una nota diffusa in vista della Giornata internazionale dei diritti umani, che ricorre il 10 dicembre. Nel documento, i presuli ricordano quanto scritto nell’enciclica 'Laudato si’ di Papa Francesco, ovvero che l’emergenza abitativa è “uno dei temi principali dell’ecologia umana” e sottolineano come tale principio sia contenuto anche nella Dichiarazione universale dei diritti umani (art.25), quando afferma: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'abitazione”.

Emergenza abitativa ha gravi conseguenze sui bambini e la famiglia
Pensando, in particolare, ai “senzatetto”, i vescovi di Dublino evidenziano le conseguenze negative dell’insicurezza abitativa, in particolare sulla “salute, i rapporti umani, l’accesso all’educazione ed al lavoro, la possibilità di partecipare alla vita sociale e di contribuire alla comunità”. Non solo: “Gravi conseguenze a lungo termine, derivanti da tale emergenza – nota l’Icbc – possono ricadere sui bambini o portare alla disgregazione familiare”. Di qui, il richiamo dei presuli alla “promozione del bene comune e della coesione sociale”, che devono essere “una priorità dell’agenda politica”.

La casa è qualcosa di più di un bene immobiliare
Al centro della preoccupazione dei vescovi anche la questione delle ipoteche per i proprietari di abitazioni: serve “una strategia” – spiegano i presuli – per affrontare tale problema, tenendo conto che “la casa di famiglia è molto più di una semplice proprietà o di un bene immobiliare”. È quindi “vitale” che “le banche e le istituzioni finanziarie” abbiano, nei confronti dei proprietari e degli inquilini, “un atteggiamento non solo conforme ai più alti standard etici, ma anche in favore del bene comune, mettendo le famiglie in condizione di poter conservare la propria abitazione”.

Non stigmatizzare i senzatetto. Aiutare rifugiati e richiedenti asilo
Soprattutto, in vista dell’inverno, “è urgente evitare che sempre più famiglie diventino senzatetto”, poiché il non avere una casa “può portare ad un senso di alienazione e rigetto della società”.  Infatti, “un terribile stigma ed un senso di vergogna ricade sui senzatetto, portandoli all’isolamento”. La Chiesa irlandese, poi, non dimentica i rifugiati ed i richiedenti asilo, in particolare provenienti da Siria ed Eritrea, ribadendo che “tale situazione deve essere risolta urgentemente, supportando l’integrazione e la coesione sociale” all’interno della popolazione. Lo stesso dicasi per “le persone che escono di prigione”: nei loro confronti, la società non deve apparire “inospitale o poco solidale”.

Investire nel sociale per risolvere la crisi abitativa
“L’inadeguata tutela del diritto abitativo – continuano i presuli – sta causando crisi umanitarie e ponendo le basi per ulteriori emergenze in futuro”, mentre “nessuna nazione può esimersi dalle sue responsabilità nell’affrontare la situazione degli sfollati a causa di conflitti, povertà o degrado ambientale”. In questo tempo di Avvento, dunque, è importante stare accanto a tutti coloro che “vivono la penosa realtà del non avere una casa” e per questo è fondamentale anche “sostenere quelle organizzazioni, comunità di base ed associazioni di volontariato che operano nel settore”, investendo anche nel sociale “per trovare soluzioni sostenibili”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 344

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.