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Sommario del 08/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Festa dell'Immacolata, Papa apre la Porta Santa: Giubileo della tenerezza di Dio

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Papa Francesco ha solennemente inaugurato l’Anno Santo straordinario della Misericordia aprendo e varcando, poco dopo le 11, la Porta Santa della Basilica vaticana, dopo aver presieduto poco prima in Piazza San Pietro, di fronte a 70 mila persone, la Messa nel giorno della Solennità dell’Immacolata. In un tweet, Francesco ha condensato il suo auspicio per l’Anno Santo: “Che il Giubileo della Misericordia porti a tutti la bontà e la tenerezza di Dio!”. La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis: 

Un uomo con un abito color oro cupo – in precedenza verde, evoluzione di un’umanità che sta per essere redenta – trasportato sulle spalle da Cristo vestito di un bianco candido quasi accecante, i visi di entrambi che aderiscono in un gesto di così intima unità che l’occhio destro del Cristo e l’occhio sinistro dell’uomo sono la stessa cosa. La tenerezza fatta immagine sacra, la compassione divina condensata in una intuizione grafica.

Apritemi le porte della giustizia
È sotto questa immagine del buon samaritano, il “testimonial” dei prossimi dodici mesi giubilari, che Papa Francesco passa due volte, quando alle 9.30 esce sul sagrato della Basilica vaticana e poi poco dopo le 11, quando vi rientra per compiere il gesto che tutto il mondo attende, le mani poggiate a premere sul bronzo della grande Porta Santa – anche se il privilegio della prima apertura lo ha già riservato al cuore dell’Africa, al legno di una Porta meno maestosa ma per il Papa delle periferie non meno sacra:

“O Dio che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il persone, donaci di vivere un anno di grazia, tempo propizio per amare te e i fratelli nella gioia del Vangelo (…) Apritemi le porte della giustizia…”

L'apertura della Porta Santa
Alle 11.11 i battenti si schiudono e la sagoma in controluce a braccia spalancate di Francesco ripresa in mondovisione “buca” la penombra nella quale è immersa la Basilica. Alle sue spalle, distanziato leggermente sulla destra, staziona a mani giunte il Papa emerito, Benedetto XVI.

“…per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore”.

La Porta della tenerezza
Lentamente Francesco avanza verso l’Altare della Confessione, dietro di lui la lunga processioni di cardinali, presuli, sacerdoti. Fuori, negli stessi istanti, come per una misteriosa coreografia, anche i cumuli bassi e scuri che fin lì hanno appesantito il cielo di Roma, lucidandola con qualche spruzzo di pioggia, si allargano per far spazio a un raggio di sole che in breve aumenta di intensità orlando di luce le nuvole e dissipandole in gran parte:

“Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza”.

L’amore che perdona
Misericordia, tenerezza, perdono. In settantamila dentro la piazza e moltissimi altri rimasti all’esterno si sono sottoposti dall’alba al rito delle strettissime misure di sicurezza – ripetuti varchi di controllo, perquisizioni minuziose, processioni al metal detector prima che alla Porta Santa, elicotteri come uccelli da guardia alti e dissonanti col rumore dei rotori che si mischia al canto del coro della Sistina – tutto pur di ascoltare dal vivo il messaggio del Papa per l’Anno Santo. Francesco lo introduce con un pensiero a Maria Immacolata, nel giorno della solennità che la celebra, perché proprio in Lei, afferma, si vede come la “storia di peccato nel giardino dell’Eden” si risolva “nel progetto di un amore che salva”:

“C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. E’ questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Il peccato soltanto sotto questa luce si capisce. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre”.

Il Concilio che incontrò il mondo
E c’è un secondo filo di ordito a rendere più preziosa la trama del tessuto giubilare. È l’eredità del Vaticano II, che l’8 dicembre di 50 anni fa chiudeva i lavori per donare alla Chiesa, rammenta Francesco, una monumentale “ricchezza” di fede:

“Il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro”.

Come buoni samaritani
Un anno di grazia, conclude Papa Francesco, acceso dal propulsore della “stessa forza”, dello “stesso entusiasmo”, della “spinta missionaria” che scaturì mezzo secolo fa dal cuore dei padri conciliari:

 “Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”.

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Francesco all’Angelus: non abbiamo paura, Dio è tanto buono e perdona tutto

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Dopo la Santa Messa e l’apertura della Porta Santa, Papa Francesco si è affacciato come di consueto dalla finestra dello studio nel Palazzo apostolico per la recita dell’Angelus.  Che la Festa dell’Immacolata diventi festa di tutti noi – ha auspicato - che sappiamo accogliere Dio ed essere artefici di misericordia. Il servizio di Roberta Gisotti

“Maria è la prima salvata dall’infinita misericordia del Padre”. Questo significa – ha spiegato Francesco – Immacolata Concezione, “primizia della salvezza che Dio vuole donare ad ogni uomo e donna, in Cristo".

“Pur vivendo nel mondo segnato dal peccato, non ne viene toccata: è nostra sorella nella sofferenza, ma non nel male e nel peccato. Anzi, il male in lei è stato sconfitto prima ancora di sfiorarla, perché Dio l’ha ricolmata di grazia".

Maria, “icona sublime della misericordia divina che ha vinto sul peccato".

“E noi, oggi, all’inizio del Giubileo della Misericordia, vogliamo guardare a questa icona con amore fiducioso e contemplarla in tutto il suo splendore, imitandone la fede".

“La Vergine Maria, mai contagiata dal peccato”, “è madre di una umanità nuova”. Celebrare questa festa richiede dunque – ha raccomandato il Papa –  di “accogliere pienamente Dio e la sua grazia misericordiosa sulla nostra vita"; e di “diventare a nostra volta artefici di misericordia, mediante un autentico cammino evangelico".

“La festa dell’Immacolata diventa allora la festa di tutti noi se, con i nostri  sì quotidiani, riusciamo a vincere il nostro egoismo e a rendere più lieta la vita dei nostri fratelli, a donare loro speranza, asciugando qualche lacrima e donando un po’ di gioia".

Questa festa, ha aggiunto il Papa, “ci ricorda che nella nostra vita tutto è dono, tutto è misericordia”, questa è “la parola sintesi del Vangelo”, “il tratto fondamentale del volto di Cristo":

“….quel volto che noi riconosciamo nei diversi aspetti della sua esistenza: quando va incontro a tutti, quando guarisce gli ammalati, quando siede a tavola con i peccatori, e soprattutto quando, inchiodato sulla croce, perdona; lì noi vediamo il volto della misericordia divina".

Dunque, “non abbiamo paura”, ha detto Francesco:

" ... lasciamoci abbracciare dalla misericordia di Dio che ci aspetta e perdona tutto. Nulla è più dolce della sua misericordia. Lasciamoci accarezzare da Dio: è tanto buono, il Signore, e perdona tutto".

Dopo la recita dell’Angelus, il Papa, ha ricordato che nel pomeriggio si recherà in piazza di Spagna, nel cuore di Roma, per pregare ai piedi del monumento dell’Immacolata.

“Vi chiedo di unirvi spiritualmente a me in questo pellegrinaggio, che è un atto di devozione filiale a Maria, Madre di Misericordia. A Lei affiderò la Chiesa e l’intera umanità, e in modo particolare la città di Roma".

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Migliaia i fedeli a San Pietro per l'apertura del Giubileo

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E' il Giubileo del perdono, della speranza, cosi i fedeli arrivati in piazza San Pietro,da ogni angolo del mondo, riassumono i sentimenti con cui hanno accolto l’apertura della Porta Santa. Ascoltiamo le loro emozioni raccolte da Marina Tomarro

R. – E’ il Giubileo del perdono, è il ritornare tra la gente.

R. – E’ una speranza: per noi, per la nostra famiglia, ma per tutta l’umanità.

R. – Per me l’Anno della Misericordia è Dio che ci apre le mani, le braccia per dire un semplice “ti amo, sono con te, tu sei nel mio cuore”. Lui ci ama così tanto che si fa “miser corde”, un cuore che si fa come noi.

R. – Noi veniamo da Siena; abbiamo fatto il pellegrinaggio a piedi sulla Via Francigena. Siamo partiti il 1° dicembre e siamo venuti qui a piedi, facendo tutte le tappe della Francigena. Noi abbiamo deciso di partire da Siena a piedi proprio perché ci sembrava che il viaggio per venire qui fosse parte di questo Anno che si apre, di questo evento.

D. – Vuol dire ricevere la misericordia di Dio per trovare la conversione davanti a lui, cambiare vita, non soltanto in senso negativo ma anche in senso positivo. Abito a Roma, in questo momento, ma vengo dall’Argentina e ho pensato in tutto questo tempo alle persone che sono là; e anche a venire alla Porta Santa a chiedere a Dio la grazia per ricevere la sua misericordia, il suo perdono.

D. – Da dove venite?

R. – Veniamo da Verona.

D. – Siete una bella famiglia numerosa con sei figli: cosa vuol dire per voi l’inizio di questo Giubileo della Misericordia?

R. – Per noi come famiglia vuol dire provare a sperimentare nuovamente l’amore di Dio nella famiglia, quindi insegnare ai nostri figli l’accoglienza, il perdono e l’amore grande del Signore.

D. – Come si educa alla misericordia?

R. – Principalmente, come genitori, amandoci, vivendo del nostro amore, riversandolo su di loro. Noi crediamo che se vedono i genitori che si amano, si perdonano, si accolgono ogni giorno, loro impareranno ad amarsi e ad amare e ad accogliere e a essere misericordiosi.

R. – Non tanto con le parole ma con i fatti, per cercare di insegnare. Anche se è difficile anche per gli adulti.

D. – Il Papa ci ha invitati a essere prossimi a coloro che hanno bisogno. Allora, in che modo rispondere a questo suo invito?

R. – Tutti abbiamo bisogno; nessuno può dire di non avere bisogno dell’altro: tutti ne abbiamo bisogno. Per me l’invito è sia per quelli che sono lontani sia per quelli che sono vicini a me, perché la misericordia è la vita e vivere insieme è la fraternità.

D. – Per te, invece?

R. – E’ condividere le gioie e i dolori dell’altro, non avere paura di mostrare le proprie. Questo unisce, fa comunione: è il sogno di Dio.

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L'indulgenza per rimettere i peccati in comunione con Dio e gli uomini

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Le colpe davanti agli uomini e a Dio, la confessione, la remissione dei peccati e l’indulgenza: sono temi di attualità nell’Anno giubilare della Misericordia appena inaugurato. Federico Piana ha intervistato don Giulio Maspero, teologo e docente alla Pontificia Università della Santa Croce. 

R. - L’essenza è che quando noi commettiamo un peccato, offendiamo Dio – questa è la parte più grave e più seria, potremmo dire ‘infinita’, quasi, del peccato stesso – però anche offendiamo tutte le altre persone, offendiamo la natura stessa. Appunto, quando uno si confessa, Dio perdona, quindi viene tolta quella che si chiama ‘la colpa’, la condanna eterna, la separazione di Dio che uno ha scelto peccando, viene risolta, viene tolta. Però, rimane l’offesa compiuta nei confronti di tutti gli altri uomini, quindi anche degli uomini di tutti i tempi e anche l’offesa rivolta alla natura. Il Signore che è giusto, oltre che misericordioso, vuole che noi anche chiediamo perdono per questo, in un certo senso, e quindi quando uno pecca c’è una dimensione di pena temporale che è ciò che, secondo la tradizione cattolica, si sconta nel purgatorio, potremmo dire: “che si ripara”. Allora, l’indulgenza, effettivamente, quello che fa è rimettere questa pena temporale: è sciolta, è eliminata. E’ un messaggio di profonda speranza e di profonda comunione con tutti.

D. – Come si ottengono queste indulgenze?

R. – L’indulgenza giubilare perché venga resa plenaria, richiede di confessarsi: bisogna prima farsi togliere la colpa, cioè l’offesa a Dio. E poi, l’altra condizione è legata all’Eucaristia: è fare la comunione eucaristica, che è l’unione della nostra vita con la vita di Cristo, del nostro corpo con il corpo di Cristo. E poi, c’è l’impegno a pregare per le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa: quindi, magari uno dice un Padre Nostro, un’Ave Maria, un Gloria oppure il Credo, per esprimere che sta pregando per il Sommo Pontefice che è il Padre di questa famiglia, anche perché come Vicario di Cristo può amministrare il ‘tesoro’: queste chiavi che Gesù ha lasciato a Pietro e poi ai suoi vicari, sono le chiavi di un tesoro, di un forziere pieno di misericordia. E poi ci sono concrete opere legate al conseguimento dell’indulgenza stessa: per esempio,  il 2 agosto, visitando la Porziuncola oppure una chiesa parrocchiale, si può ottenere l’indulgenza.

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L'Anno Santo ricorda i 50 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II

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Cinquant’anni fa, il 7 dicembre del 1965, Paolo VI chiudeva il Concilio Vaticano II. Papa Francesco ha voluto aprire il Giubileo straordinario della Misericordia in coincidenza con questo significativo anniversario. “La Chiesa - scrive Papa Francesco nella Bolla d’indizione del Giubileo - sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del  loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo. Una nuova tappa dell’evangelizzazione di sempre. Un nuovo impegno per tutti i cristiani per  testimoniare con più entusiasmo e convinzione la loro fede. La Chiesa sentiva la responsabilità di essere nel mondo il segno vivo dell’amore del Padre”. Sul rapporto tra il Concilio che ha promosso il dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo e l’Anno Santo che intende aprire la Porta della Misericordia a tutta l’umanità, Francesca Sabatinelli ha intervistato Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano: 

R. – Indubbiamente, c’è un nesso molto forte tra questo Giubileo della Misericordia e il Concilio Vaticano II. Anzitutto, la parola “misericordia” ci conduce nel cuore del Vaticano II: nel discorso di apertura, Giovanni XXIII indicava proprio questa parola come chiave di una scelta di tutta la Chiesa di superare una logica, pur legittima, di giustizia, la quale però poi restringe molto spesso le prospettive, blocca i processi e forse anche intristisce l’esperienza della Chiesa che è esperienza, invece, del dono della misericordia di Dio che deve essere comunicata agli uomini. Quindi, credo che, in questo senso, ci sia anzitutto un legame forte con le intenzioni che furono allora di Giovanni XXIII e che oggi Papa Francesco rilancia con tanta forza.

D. – Il Concilio Vaticano II è ricordato per i tanti documenti, per le Encicliche però, indubbiamente, il Concilio fu una svolta per la Chiesa …

R. – Fu un momento di svolta e direi che lo capiamo sempre di più man mano che ci allontaniamo nel tempo. Quella svolta che i contemporanei e gli stessi protagonisti, i Padri conciliari, coloro che erano loro vicini, forse non hanno capito, noi tutti non abbiamo capito, nella sua profondità, nella sua intensità, perché i documenti lasciati dal Vaticano II sono certamente molto ricchi e molto importanti, ma ancora più significativi sono i temi che vengono affrontati: la Parola di Dio, il rapporto con le altre confessioni cristiane, i rapporti con le altre religioni, la natura stessa della Chiesa, cioè, evidentemente, c’è dentro una spinta a un rinnovamento pur nella tradizione, perché poi c’è tutto un senso di recupero della tradizione più profonda che la Chiesa ha voluto fare con il Vaticano II, ma svincolandola da quelle rigidità di cinque secoli di storia europea, perché poi di questo si tratta: di un forte legame che è stato pur ricco e importante tra la Chiesa cattolica e la realtà dell’Europa, che era poi l’Europa nel momento del suo fulgore, l’Europa dell’età moderna ma che, man mano che la prospettiva della Chiesa è diventata sempre più ampia, sempre più globale, ha incominciato a rappresentare un limite, un freno da cui bisognava uscire e direi che il Vaticano II, con molta felicità, ha aperto delle strade che permettono, appunto, di andare in una prospettiva sempre più globale.

D. – Sembra proprio che Papa Francesco voglia ricondurre oggi questa Chiesa post-conciliare a una maggiore attenzione verso i poveri. In fondo, ne è stata dimostrazione l’apertura del Giubileo a Bangui, in Centrafrica, una terra dilaniata da violenza e da povertà …

R. – Sì, questo è stato molto bello. Lui stesso ha parlato di Bangui come  “capitale spirituale del mondo”, grazie a questo gesto. In effetti, è un rovesciamento della classica ottica centro-periferia: il centro del mondo è stato, con l’apertura di questa Porta Santa, Bangui, e questo deve diventare una prospettiva più ampia. In questo senso, il discorso sui poveri è un discorso che ha molte valenze importanti e anche qui ci ritroviamo nel cuore del Vaticano II, perché nel Vaticano II c’è stato il senso della Chiesa di tutti e in particolare dei poveri, per usare le parole di Giovanni XXIII. Forse poi si è un po’ perso, in un dibattito post-conciliare che a volte è stato confuso, ma ora invece a distanza riemerge con forza - grazie proprio a Papa Francesco – questo tema dei poveri, perché i poveri sono innovativi, i poveri sono il futuro del mondo, le Beatitudini sono rivolte ai poveri e questo non è affatto secondario, perché il Regno di Dio lo si vede nella prospettiva dei poveri, con gli occhi dei poveri. E allora, se vogliamo guardare al futuro del mondo, è da lì che bisogna ricominciare. Anche nella “Laudato si’”, c’è questo senso molto forte che i problemi dell’ambiente, oggi, richiedono di privilegiare il punto di vista dei poveri.

D. – Papa Francesco, a suo giudizio, che cosa sta cercando fortemente di recuperare, del Concilio Vaticano II?

R. – Io credo che stia cercando di recuperare lo spirito più profondo del Vaticano II, non la lettera, ma lo spirito. E insieme allo spirito, naturalmente, il senso storico di questo grande evento. Che cosa questo voglia dire, direi che ancora non lo sappiamo. In un certo senso, appunto, è un percorso, quello che stiamo facendo, per andare a recuperare ciò che davvero è essenziale di questo Concilio e ciò che magari, invece, è stato meno importante. Io credo che sicuramente ci sia un senso missionario molto forte, nel Vaticano II. Giovanni XXIII parlava di una novella Pentecoste e anche Paolo VI, al momento della chiusura, ha dato una grande prospettiva: quella del Buon Samaritano che si apre all’umanità intera e la soccorre. Quindi, c’è questo senso fortissimo, nel Vaticano II, della missione, di una Chiesa in uscita, appunto, per usare la parola di Papa Francesco. E in questo Pontificato, questo senso di apertura missionaria, questo senso di una Chiesa che si deve liberare con grande energia, con grande forza di tutto ciò che l’appesantisce o che la richiude, mi pare che sia sicuramente al cuore del Vaticano II e del messaggio di Papa Francesco.

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Luci della natura e della dignità umana sulla Basilica Vaticana

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Nella Solennità dell'Immacolata, a partire dalle 19.00, la Basilica di San Pietro sarà illuminata da una proiezione architettonica ispirata alla dignità umana, alla natura e ai cambiamenti climatici. Una festa di luci e di colori che accoglierà i tanti fedeli presenti in Piazza San Pietro fino a tarda serata. Ce ne parla Elvira Ragosta

Un appello alla protezione della casa comune come dono a Papa Francesco nella giornata iniziale del Giubileo della Misericordia. La facciata e la Cupola della Basilica di San Pietro vengono illuminate da proiezioni di opere di rinomati artisti internazionali. “Fiat lux: illuminare la nostra casa comune” è il nome dell’evento realizzato in partnership e a scopo benefico da 5 tra fondazioni, organizzazioni e società internazionali, con il patrocinio della Connect4Climate e del World Bank Group. Tre i set di proiezioni che illumineranno e proietteranno sulla Basilica immagini del mondo naturale e animale. Sono state scelte tra i lavori di alcuni dei più importanti fotografi e cineasti, dal maestro della fotografia Sebastiano Salgado a Joel Sartore, autore di numerosi fotoreportage per il National Geographic, da David Doubilet a Greg Hugling e altri. Immagini ispirate al cambiamento climatico, alla dignità umana e alle creature presenti sulla terra, temi contenuti nell’Enciclica Laudato si' di Papa Francesco. Lo spettacolo, che sarà proiettato in contemporanea anche alla Conferenza delle Nazioni unite sul Clima in corso a Parigi, sarà un’occasione per sensibilizzare i cittadini alla protezione sempre più attenta della nostra casa comune raccontando attraverso una storia visiva la dipendenza reciproca degli uomini e della vita sulla terra con il pianeta. La proiezione potrà essere seguita in diretta televisiva attraverso i numerosi network mondiali che seguiranno l’evento e in streaming via internet. Candele, incantevoli paesaggi marini ed animali per rappresentare la bellezza e la tenerezza della natura: lo spettacolo di illuminazione scenografica è il frutto di una partnership benefica tra la Vulcan Inc, la Li Ka Shing Foundation e da Okeanos, in collaborazione con the Ocean Preservation Society e Obscura Digital.

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Card. Turkson: Cop21 sia ambiziosa. Puntare a bene comune e solidarietà

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Ambizione e coraggio, per raggiungere un accordo “etico” e “condiviso”, in nome “del bene comune e della solidarietà”: questo l’auspicio del card. Peter Turkson per i risultati della Cop21, la Conferenza internazionale sul clima in corso a Parigi. Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace è intervenuto, stamani, nella capitale francese, ad un incontro Onu ad alto livello, alla presenza di Capi di Stato e di governo di tutto il mondo.

Nessuno ha il diritto di abusare dell’ambiente
Ricordando che il punto di vista della Chiesa non è quello di “una particolare nazione”, bensì di “tutta la famiglia umana”, il porporato sottolinea che “nessuno ha il diritto di abusare dell’ambiente” e che quando esso viene danneggiato, “i poveri, i più impossibilitati a difendersi, sono coloro che soffrono maggiormente”. Per questo, dice il card. Turkson, “non si può rimanere ciechi di fronte alle ingiustizie ed alle iniquità con qui vengono maltrattati il nostro pianeta e milioni di persone”, poiché “nessuno ha il diritto di confinare alcuni popoli nella disperazione e nella miseria”, con “azioni distruttive o indifferenza”. Non solo, incalza il porporato: “Nessuno ha il diritto di privare le generazioni future della possibilità di vivere sul nostro pianeta”.

Occorre sviluppo più umano, altrimenti progresso diventa regresso
Riprendendo, poi, alcuni punti essenziali dell’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco, il card. Turkson sottolinea che “il deterioramento climatico deriva da un nozione obsoleta di sviluppo” e che “ciò che occorre, invece, è un altro tipo di progresso, che sia più salutare, più umano, più sociale e più integrale”. Di qui, l’invito agli Stati presenti alla Cop21 a raggiungere un accordo che non guardi solo “gli interessi ristretti” di ogni singola nazione, perché “è giunto il momento di agire”, puntando ad una “conversione ecologica”. Il progresso, infatti – spiega il presidente del dicastero Giustizia e pace – “si è basato troppo a lungo sull’energia fossile ed ora, a causa dell’accumulo di emissioni, tale progresso è diventato un regresso”.

Etica, bene comune e solidarietà: virtù indispensabili
Etica, bene comune e solidarietà sono, quindi, “le virtù indispensabili” indicate dal card. Turkson “perché qualunque impegno al cambiamento risulti efficace”. Anzi: è proprio “la mancanza di linee-guida etiche a rendere difficili i negoziati attuali”. Un altro punto essenziale evidenziato dal porporato riguarda “la differenziazione delle responsabilità”: le nazioni che “hanno contribuito maggiormente alle emissioni di gas-serra ed hanno beneficiato di più del periodo industriale devono ora agire per aiutare maggiormente i Paesi che hanno appena iniziato a svilupparsi”. L’auspicio, dunque, è che l’accordo finale della Cop21 sia basato su “una visione condivisa, rafforzata dalla determinazione e dal coraggio di garantire un’intesa giuridicamente vincolante ed equamente trasformante”.

Dialogo costruttivo, essenziale per i negoziati e per la pace
“La Cop21 deve essere ambiziosa – continua il porporato – Gli investimenti mondiali per l’energia pulita dovrebbero essere di circa 2 trilioni di dollari all’anno, tra ora ed il 2030”. Si tratta di “una cifra enorme – sottolinea il card. Turkson – che rappresenta meno del 2 per cento del Pil mondiale ed è pari, all’incirca, alla spesa militare annua in tutto il mondo”. Infine, il porporato richiama ad “uno spirito di dialogo genuino e costruttivo, essenziale per costruire la fiducia all’interno dei negoziati”, per “riscoprire la nostra dignità umana e ripartire come fratelli e sorelle”, capendo “come prevenire il conflitto e costruire la pace”. “L’umanità è un’unica famiglia – conclude il presidente di Giustizia e pace – In quanto fratelli e sorelle, abbiamo una sola casa comune e dobbiamo averne cura”. (I.P.)

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Rinunce e nomine episcopali

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In Kenya, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Garissa, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Paul Darmanin, dei Francescani Cappucini. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Joseph Alessandro, del medesimo Ordine e coadiutore della medesima Diocesi.

In Germania, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo della diocesi di Aachen, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Heinrich Mussinghof.

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Oggi in Primo Piano



Usa: chiusura frontiere per i musulmani, coro di critiche per Trump

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“Completa chiusura all'ingresso dei musulmani negli Usa”. È la proposta choc del candidato per la nomination repubblicana, il miliardario Donald Trump. Coro di critiche, dai democratici agli stessi rivali repubblicani per la corsa alle primarie. Il servizio di Marco Guerra: 

Impedire l’accesso agli Stati Uniti per i musulmani fino a quando "i rappresentanti del nostro Paese non avranno capito cosa sta succedendo". La proposta Donald Trump, candidato repubblicano alle presidenziali, fa leva sull’ondata di emozione provocata dal massacro di San Bernardino in California ma suscita indignazione in gran parte del mondo politico americano. La Clinton, la favorita nella corsa democratica alla nomination per la Casa Bianca, in un tweet ha definito l'idea di Trump "riprovevole, preconcetta e divisiva". Dello stesso tenore le critiche espresse dai rivali repubblicani di Trump, come il governatore del New Jersey Chris Christie, l'ex governatore della Florida Jeb Bush e il senatore Marco Rubio. Perfino l'ex vice presidente Dick Cheney, uno dei 'falchi' dell'amministrazione di George Bush, ha detto che la proposta del miliardario “va contro tutto ciò per il quale ci battiamo”. Nella polemica è intervenuta anche la  presidenza, che attraverso il portavoce Josh Earnest ha affermato che Trump “tenta di giocare con le paure della gente”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: al via in Arabia Saudita la conferenza delle opposizioni

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Si apre oggi a Riad, in Arabia Saudita, la conferenza delle opposizioni siriane in esilio e in patria, in vista dei colloqui di Vienna previsti per gennaio prossimo. Al tavolo, preceduto ieri dall'incontro tra il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov e il suo omologo saudita, Adel Jubeir, partecipano oltre 100 tra rappresentanti delle varie formazioni politiche e armate, tra cui anche gruppi estremisti islamici. Alla conferenza non sono stati invitati i miliziani del Fronte al Nusra perché  definiti "terroristi" come lo Stato Islamico.

Intanto sul terreno non si fermano le violenze: l’osservatorio siriano per i diritti umani riferisce che almeno 26 civili sono stati uccisi nel nord-est della Siria, con attacchi aerei probabilmente effettuati dalla coalizione internazionale. Il ministero degli Esteri siriano ha protestato con le Nazioni Unite perché i raid della coalizione a guida Usa avrebbero colpito, per la prima volta dall’inizio dell’intervento, anche postazioni dell’esercito di Damasco, causando la morte di tre soldati e il ferimento di altri 13. La Coalizione smentisce e parla di bombardamenti  contro pozzi di petrolio controllati dall’Is.

Nel frattempo in Europa prosegue il giro di vite contro i terroristi affiliati al Califfato. La polizia spagnola ha arrestato due presunti militati dell’Is, uno in catalogna e l'altro alle Canarie, attivi nel reclutamento e nell'addestramento di jihadisti. In Germania, due giovani di origine marocchina sono stati condannati a tre anni di carcere con l’accusa di aver combattuto in Siria tra le fila dell’Is. Tuttavia, secondo un studio condotto da un gruppo di consulenti di intelligence Usa, il numero dei cosiddetti foreigni fighters - gli stranieri accorsi in Siria ed Iraq per combattere per il califfato - è più che raddoppiato nell’ultimo anno superando oltre 30mila presenze, provenienti da 86 Paesi. La ricerca mette inoltre in risalto che gli introiti dello Stato Islamico ammontano a circa 80 milioni di dollari al mese. Proventi che arrivano per un 50% circa dalla tassazione dell'attività economica nei territori sotto il suo controllo e da confische e per un altro 40% dal traffico di petrolio.

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Francia: Valls, "Votare la destra per fermare il Front nazional"

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Il primo ministro socialista francese Manuel Valls ha invitato a votare i candidati dei repubblicani al ballottaggio delle elezioni regionali in programma domenica prossima. L’appello ha l’obiettivo di ostacolare la vittoria del Fronte Nazionale al secondo turno ed è rivolto agli elettori delle regioni dove il partito di Marine Le Pen è in testa e il partito socialista ha ritirato le liste: Nord-Pas de Calais-Picaria; Provenza-Alpi-Costa Azzurra;  Alsazia Champagne-Ardenne-Lorena. Valls ha quindi criticato l’atteggiamento del leader dei repubblicani Nicolas Sarkozy, che non ha voluto fondere le liste e non ha ritirato i candidati di destra in funzione anti- Front.

Dal canto suo, il presidente del Fronte nazionale Marine Le Pen ha definito il ritiro dei candidati di sinistra “l'inizio della scomparsa pura e semplice del partito socialista" e riferendosi ai risultati del primo turno ha detto che “Il popolo francese ne ha abbastanza” e che “i francesi hanno voglia di provare”.

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Iraq: mons. Galantino inaugura l’Università cattolica a Erbil

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Offrire ai giovani profughi della piana di Ninive e di Mosul la possibilità di completare il percorso formativo. Sarà questa una delle principali funzioni che dovrà assolvere il nuovo polo universitario di Ebril, nel Kurdistan iracheno, che verrà inaugurato oggi pomeriggio alla presenza di mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. L'Università cattolica di Erbil è stata infatti costruita con i fondi dell’8xmille e la prima pietra dell'istituto è stata posta ad Ankawa, sobborgo della città, il 20 ottobre 2012, all'interno di un'area di 30mila mq messa a disposizione dalla Chiesa caldea. La realizzazione dell’Ateneo è stata possibile anche grazie all’aiuto dell’Universitè Saint-Esprit di Kaslik, il rinomato Ateneo fondato in Libano dall'Ordine Libanese Maronita.

L'obiettivo, come ricorda l’agenzia Fides, era quello di creare un polo d'insegnamento universitario privato aperto a tutti, conforme alle esigenze del mercato e strettamente associato alla ricerca scientifica. Già allora, l'arcivescovo Warda contava di concludere i lavori entro il 2015, anche con l'intento di offrire ai giovani cristiani iracheni la possibilità di “continuare a testimoniare il dono della fede nella loro terra”. Gli eventi drammatici che hanno sconvolto l'Iraq settentrionale, trasformando proprio Ankawa in luogo di rifugio per migliaia di cristiani fuggiti dalla Piana di Ninive davanti all'avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico, non hanno fermato il progetto.

Intanto, mons. Galatino si trova nel nord dell’Iraq dalla scorsa domenica per una missione di solidarietà, che si concluderà domani mercoledì 9 dicembre. Ieri il segretario dei vescovi italiani era in visita a Enishke, piccolo villaggio cristiano nelle montagne fra Zakho e Dohuk in cui ha trovato rifugio una comunità di  profughi yazidi. Per l’occasione, mons. Galantino ha ribadito la vicinanza della Chiesa italiana alla parrocchia locale guidata da Samir Yousif, alla quale la Cei continuerà ad assicurare tutti gli aiuti necessari. (M.G.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 342

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