Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 05/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a scuole cattoliche: non svendere valori cristiani è armonia non ideologia

◊  

La scuola cattolica sia “aperta a tutti” e educhi i ragazzi ai più autentici valori umani e cristiani, senza ideologia né retorica. È l’invito che Papa Francesco ha rivolto all’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche (Agesc), durante un’udienza per il 40.mo anniversario di fondazione dell’organismo. Le scuole paritarie, ha soggiunto Francesco, non “svendano” mai la propria identità anche se la crisi crea dei seri problemi. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

“Essere educatori cattolici fa la differenza”. Non è la bandiera di un orgoglio sventolato tanto per fare audience. Anzi è proprio contro una formazione pilotata ideologicamente che Papa Francesco pone la responsabilità della scuola che si fregia del titolo di “cattolica”.

Il patto educativo è rotto
All’Associazione dei genitori che per i propri figli hanno scelto questo percorso formativo – esercitando con ciò, sottolinea, il dovere e il diritto “primario e irrinunciabile” di educarli secondo coscienza – Francesco ribadisce prima di tutto la necessità di promuovere una “educazione inclusiva”, che “faccia posto a tutti e non selezioni in maniera elitaria – dice – i destinatari del suo impegno”. Un impegno che, in pratica, consiste nel “gettare ponti tra scuola e territorio, tra scuola e famiglia, tra scuola e istituzioni civili”:

“Ripristinare il patto educativo, perché il patto educativo si è rovinato, perché il patto educativo è rotto! E dobbiamo ripristinarlo. Gettare ponti: non c’è sfida più nobile! Costruire unione dove avanza la divisione, generare armonia quando sembra avere la meglio la logica dell’esclusione e dell’emarginazione”.

La sfida dietro un aggettivo
Nelle parole del Papa vibra ancora forte l’eco delle sue affermazioni al recente Congresso mondiale promosso dal dicastero dell’Educazione Cattolica:

“Prego il Signore che la scuola cattolica non dia mai per scontato il significato di questo aggettivo! Infatti, essere educatori cattolici fa la differenza (...) Ad esempio: sappiamo che la scuola cattolica deve trasmettere una cultura integrale, non ideologica. Ma che cosa significa questo concretamente? O ancora, siamo convinti che la scuola cattolica è chiamata a favorire l’armonia delle diversità. Come si può attuare questo in concreto? E’ una sfida tutt’altro che facile”.

La sfida si può vincere con la consapevolezza. Si vince, afferma Francesco, se la “comunità educante” – docenti, operatori, studenti, genitori – viva da protagonista “del processo educativo”. Siate – esorta – non “fuori dal mondo, ma vivi, come il lievito nella pasta”:

Attenti alla persona non alla retorica
“L’invito che vi rivolgo è semplice ma audace: sappiate fare la differenza con la qualità formativa. Sappiate trovare modi e vie per non passare inosservati dietro le quinte della società e della cultura. Non destando clamori, non con progetti farciti di retorica. Sappiate distinguervi per la vostra costante attenzione alla persona, in modo speciale agli ultimi, a chi è scartato, rifiutato, dimenticato. Sappiate farvi notare non per la ‘facciata’, ma per una coerenza educativa radicata nella visione cristiana dell’uomo e della società”.

Non svendere i valori umani e cristiani
E dal momento che tutto questo costa, e il Papa ne è ben cosciente, la conclusione è un atto di solidarietà paterna. La crisi, riconosce Francesco, pesa sulle scuole paritarie, “molte delle quali sono costrette a chiudere”, e così “la tentazione dei ‘numeri’ si affaccia con più insistenza, e con essa quella dello scoraggiamento”:

“Ma nonostante tutto vi ripeto: la differenza si fa con la qualità della vostra presenza, e non con la quantità di risorse che si è in grado di mettere in campo (...) Non svendete mai i valori umani e cristiani di cui siete testimoni nella famiglia, nella scuola, nella società. Date generosamente il vostro contributo perché la scuola cattolica non diventi mai un 'ripiego' o un’alternativa insignificante tra le varie istituzioni formative”.

inizio pagina

Papa: servire ultimi, intenzione Giubileo. Parolin: uscire verso periferie

◊  

L'importanza del servizio agli altri, specialmente se bisognosi è propria dell'intenzione giubilare. Lo scrive il Papa nella lettera inviata ad Angelo Scelzo, vicedirettore della Sala Stampa vaticana per gli accrediti giornalistici, in occasione della presentazione a Roma del suo libro "Il Giubileo. La misericordia. Francesco". "L'Anno Santo - ha detto il cardinale segretario di Stato Parolin - é avvertito dal Papa come un'urgenza della Chiesa dei nostri tempi chiamata ad uscire verso le periferie esistenziali". Il servizio di Paolo Ondarza

Il primo Giubileo tematico della storia, quello che la Chiesa si appresta a vivere. Lo sottolinea il cardinale Parolin che parla di un passo ulteriore della Chiesa in uscita verso le periferie esistenziali: misericordia è attributo di Dio per islam e cristianesimo, constata il segretario di Stato, secondo il quale non sono da escludere durante l’Anno Santo momenti di incontro tra  cristiani e musulmani:

"Penso che si potrebbero cercare delle modalità per dimostrare la volontà delle due religioni di collaborare e di applicare questo principio".

Giubileo è anche occasione per costruire sentieri di pace in un momento caratterizzato da terrore, paura, diffidenza...

"E' quello che il Signore ci dice sempre di fare: vincere il male con il bene".

La riforma della struttura economica in Vaticano va avanti, garantisce il cardinale Parolin:

"Il Papa lo ha già ribadito di fronte agli ultimi avvenimenti e alla situazione che si è creata che le riforme vadano avanti: si abbia più trasparenza, più efficacia, più razionalità e anche, diciamolo, anche più onestà".

Infine, sulla sicurezza della città in vista dell’apertura della Porta Santa:

"Credo che siano state espresse delle preoccupazioni in riferimento a quanto è successo, ma mi pare che prevalga una certa serenità affidandoci nelle mani di Dio e naturalmente, come si sta facendo, cercando di mettere in atto tutti quegli accorgimenti che permettano uno svolgimento sereno dell'avvenimento".

Il Giubileo non è un problema per la città di Roma garantisce il prefetto della Città di Roma Franco Gabrielli:

"Noi siamo consapevoli dei rischi, ma stiamo lavorando perchè questi rischi siano quanto più contenuti per consentire ai cittadini di vivere una condizione di vivibilità ordinaria, pur consapevoli della straordinarietà che stiamo vivendo".

Ma i problemi ordinari della città di Roma come incidono sulla straordinarietà di un evento come quello giubilare?

"Io continuo ad essere molto più preoccupato della straordinaria ordinarietà di questa città che non dello straordinario evento giubilare.

Giubileo della Misericordia vuol dire attenzione misericordiosa ai poveri, agli ultimi e alle persone provate dalla vita, scrive il Papa nel messaggio inviato all’autore del libro Angelo Scelzo, esprimendo particolare apprezzamento per le illustrazioni delle opere di misericordia affidate ad un artista diversamente abile. Una scelta, secondo Francesco che sottolinea la "pari dignita' di ogni essere umano" e il necessario "servizio agli altri specie se bisognosi". Così Scelzo parla del suo testo: 

"E' una guida per seguire bene il Giubileo, per capirne il significato, per seguirne gli eventi in maniera completa. Credo che sia soprattutto utile. Credo che sia un libro che possa rendere più agevole il cammino verso l'avvicinamento a questo evento".

inizio pagina

Benedetto XVI sarà presente all’apertura della Porta Santa

◊  

Il Papa emerito Benedetto XVI ha accettato l’invito di Papa Francesco per la cerimonia di apertura della Porta Santa. Sarà quindi presente nell’Atrio della Basilica di San Pietro in occasione del rito di apertura la mattina dell’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata e inizio dell’Anno Santo della Misericordia.

In queste ultime settimane, Papa Francesco ha citato più volte Benedetto XVI sul tema del rapporto tra misericordia e verità. In particolare, all’inizio del Sinodo sulla famiglia ha ricordato col Papa emerito che “la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei”. Quindi ha citato direttamente Benedetto XVI laddove afferma nella Caritas in veritate: «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità».

E poi, a conclusione del Sinodo, ha riproposto ancora Benedetto XVI quando ha affermato: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio [...] Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10)».

Annunciando il  Giubileo straordinario della Misericordia lo scorso 13 marzo, Papa Francesco ha detto: «Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della Misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio».

inizio pagina

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Romania mons. Buendía

◊  

Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata. In successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, il ministro Presidente dell’Assia (Repubblica Federale di Germania), Volker Bouffier, con la consorte e il seguito, e l’ambasciatore di Argentina, in Visita di Congedo, Eduardo Félix Valdés.

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Romania l’arcivescovo Miguel Maury Buendía, finora nunzio apostolico in Kazakhstan, Kyrgyzstan e Tadjikistan.

inizio pagina

Vaticano. Nuovo revisore esterno del bilancio consolidato

◊  

Il Consiglio per l’Economia, continuando la messa in opera dei nuovi criteri e pratiche di management finanziario in linea con gli standard internazionali, ha fatto un nuovo passo importante nel corso di questa settimana conferendo un nuovo incarico a una società di auditing, annoverata fra le più importanti a livello internazionale.

Il Consiglio ha così accolto la raccomandazione del suo “Audit Committee”, incaricando la PricewaterhouseCooper “PwC” come revisore esterno del bilancio finanziario consolidato. PwC opererà in stretto contatto con la Segreteria per l’Economia, e darà subito inizio al lavoro per l’audit del 2015.

inizio pagina

Beati tre missionari uccisi in Perù da Sendero Luminoso

◊  

Vengono proclamati Beati questo sabato a Chimbote, in Perù, tre missionari uccisi in odio alla fede dai guerriglieri maoisti di Sendero Luminoso nel 1991. A presiedere il rito, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Sergio Centofanti:

Tre martiri: due padri francescani polacchi, Michele Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, poco più che trentenni, e don Alessandro Dordi, bergamasco, 60 anni, sacerdote fidei donum. Missionari nelle Ande peruviane, condividono in tutto la vita dei più poveri senza lasciarsi scoraggiare dalla mancanza di luce elettrica e dalle epidemie di colera. Ma per i “senderisti” la loro presenza e il loro aiuto ai poveri frena la rabbia del popolo e rallenta la rivoluzione. Ascoltiamo il cardinale Angelo Amato al microfono di Roberto Piermarini: 

R. - Durante il periodo del terrore rivoluzionario — dal maggio del 1980 al novembre del 1992 — l'ideologia marxista di Sendero Luminoso causò attentati soprattutto contro la Chiesa e i sacerdoti, incendiando, profanando, distruggendo, calunniando, uccidendo. Per impedire questo assalto diabolico, il coraggioso vescovo di Chimbote, mons. Luis Armando Bambarén, con i sacerdoti, i missionari e i laici della diocesi, iniziarono una intensa campagna di preghiera e di diffusione del messaggio evangelico a favore della pace, della vita, della dignità della persona, della fraternità e del perdono contro ogni forma di odio e di violenza. 27.000 giovani costruirono la Cruz de la Paz, come simbolo di pace e di difesa della vita, a dimostrazione che la religione cristiana non addormenta i popoli, ma ne promuove gli autentici valori umani, creando giustizia e armonia sociale.

D. - Quali furono le circostanze del loro martirio?

R. - Il martirio dei due Francescani avvenne il 9 agosto del 1991. Dopo la Messa, verso le ore 20.00, un gruppo di terroristi armati, col volto coperto, catturarono i due sacerdoti e li misero su una macchina. In quei momenti padre Zbigniew incoraggiò il suo confratello dicendo: «Michał, sii forte, sii coraggioso!». Si misero poi a pregare, meditando la parola del Signore sul seme di grano che se non muore, resta infecondo. Poco dopo furono uccisi con proiettili di grosso calibro, che fracassarono il loro cranio. Senza processo e senza potersi difendere, i due religiosi furono uccisi in odio alla fede come agnelli portati al macello. Alle loro esequie, officiate dal vescovo, il popolo accompagnò le salme con fiori e lacrime, mentre i bambini cantavano piangendo i canti appresi da padre Miguel. Furono raccolte come preziose reliquie le pietre bagnate dal loro sangue.

D. - Cosa ci può dire di don Alessandro Dordi?

R. - Don Alessandro era un sacerdote italiano, membro della Comunità Missionaria del Paradiso. Nel 1980 era giunto a Santa (Perù), città di circa quindicimila abitanti. Dalla parrocchia, di Santa dipendevano anche trenta villaggi. Nella sua attività missionaria era notevole lo sforzo di evangelizzazione e di promozione umana. Aveva particolare cura dei bambini, delle madri abbandonate, degli ammalati e dei contadini poveri. Aveva adottato uno stile di vita modesta, condividendo tutto con i bisognosi. Suo il profetico progetto del «Centro de promoción de la mujer trabajadora y de su hijo en edad prescolar», con corsi di formazione professionale riconosciuti dal governo. Si prodigò anche a favore dei bambini disabili. Il 25 settembre del 1990 fu coinvolto insieme a mons. Bambarén, vescovo di Chimbote, in un attentato da cui uscirono entrambi incolumi. Alla fine di agosto si reco nella località di Vinzos dove celebrò la Santa Messa e battezzò un bambino. Sempre in macchina si stava poi recando al villaggio di Rinconada. Sulla strada fu intercettato da due giovani guerriglieri, che lo insultarono pesantemente e lo uccisero con tre colpi di pistola al volto. Erano le cinque del pomeriggio di domenica 25 agosto 1991. I funerali si svolsero a Lima e la salma fu trasportata in Italia.

D. - Cosa ci dicono i Martiri?

R. - Ci lasciano tre messaggi. Il primo è un messaggio di fede. I Martiri superarono le numerose difficoltà della loro missione in terra peruviana grazie a una straordinaria fiducia nella Divina Provvidenza. Un secondo messaggio è quello della carità. Per amore erano partiti missionari, spinti dall'urgenza di annunciare Cristo e di portare ai popoli la buona novella del Vangelo. Educavano i bambini e i giovani all'amore di Gesù, aiutavano i bisognosi, assistevano gli ammalati. Erano amabili, accoglienti, laboriosi. Il terzo messaggio è quello della fedeltà alla vocazione cristiana e missionaria. I tre Martiri erano assidui alla preghiera, conducendo con gioia una vita povera e semplice, staccati dai beni terreni. Erano venuti in Perù per servire il popolo di Dio con tutte le loro forze. E con tale disposizione d'animo affrontarono la morte per il Signore.

D. - Come finì poi Sendero Luminoso?

R. - I guerriglieri furono poi catturati nel 1992 e rinchiusi in carcere. Dieci anni dopo, nel 2002, in un drammatico colloquio, il capo Abimael Guzmán rivelò al vescovo di Chimbote che l'esecuzione dei sacerdoti proveniva dalla convinzione che la religione fosse l'oppio del popolo e che la Bibbia, i sacramenti, il catechismo, la predicazione addormentassero le coscienze dei contadini. Inoltre, anche l'azione caritativa e di giustizia sociale della diocesi, costituiva un muro che impediva l'avanzata della rivoluzione. In conclusione, egli riconobbe che il motivo dell'uccisione fu sostanzialmente religioso e non politico o sociale. Dopo dieci anni di prigionia e di riflessione, Abimael Guzmán pentito, chiese e ottenne il perdono dal vescovo, dando l’ordine ai guerriglieri rimasti di deporre le armi.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

In prima pagina, in apertura, Valori che non si svendono. Educare i figli è un dovere e un diritto irrinunciabile. Il Papa per i quarant’anni dell’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche

Sotto, Protesta del Governo di Baghdad per l’ingresso di truppe turche in Iraq. L’Onu punta a colpire i finanziatori dell’Is

A pagina quattro, Lucetta Scaraffia, Il mestiere di vivere

L'ambasciatore di Israele presso la Santa Sede racconta la Festa delle luci

A pagina 5, Il giubileo straordinario. Tutto parla di misericordia di Pietro Parolin e  L’arte delle buone azioni; Papa Francesco e gli ultimi nelle rappresentazioni pittoriche.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Usa e Russia: risoluzione Onu per colpire finanze dell’Is

◊  

Usa e Russia stanno negoziando una nuova risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu per colpire chi fa affari con il cosiddetto Stato islamico. Lo riferisce la stampa americana, secondo la quale il testo sarà presentato alla riunione del 17 dicembre prossimo al Palazzo di Vetro. Intanto, Baghdad protesta con Ankara per lo sconfinamento di truppe turche in territorio iracheno, mentre Teheran afferma di avere le prove del commercio di petrolio tra l’Is e la Turchia. Il servizio di Marco Guerra: 

La risoluzione, allo studio di Russia e Stati Uniti, contro chi sostiene e commercia con lo Stato islamico è analoga a una misura approvata lo scorso febbraio, che non ha prodotto i risultati sperati. Mosca vuole infatti che il nuovo testo includa un provvedimento che richieda all'Ufficio del segretario generale dell’Onu di denunciare chi viola i divieti. Interrompere i finanziamenti all’Is resta quindi una questione complessa e che crea ulteriori tensioni. Oggi, un alto funzionario iraniano ha detto che i consiglieri militari di Teheran in Siria hanno dei filmati del petrolio esportato dal Califfato in Turchia. E anche Baghdad entra in polemica con Ankara chiedendo l’immediato ritiro delle truppe turche, entrate nel territorio iracheno a nord di Mosul per addestrate le forze anti-Is. Intanto, si rafforza la coalizione internazionale: ieri, la Camera bassa del parlamento tedesco ha approvato la missione militare contro lo Stato islamico, che prevede il dispiegamento di una fregata, sei tornado, oltre a un contingente di 1.200 uomini. Già operativa la Gran Bretagna, con i caccia della Raf che hanno eseguito la seconda missione in Siria. Infine, i ministri degli Interni dell’Ue hanno trovato un accordo sulla registrazione dei dati dei passeggeri su tutti i voli intra-europei. Ma sulla risoluzione contro chi fa affari con il Califfato sentiamo Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali (Ce.S.I.): 

R. – l’Is è l’unica organizzazione terroristica nella storia ad avere un’economia e non soltanto dei soldi. Ed è questo il perché molti Paesi, che fanno anche parte della coalizione anti-Is, non disdegnano in una qualche maniera - soprattutto per quanto riguarda il traffico illegale di petrolio e di beni culturali - di fare business con gli uomini del Califfato. Quindi, il problema non è soltanto da un punto di vista legislativo, ma è soprattutto di volontà politica. C’è da augurarsi che qualcuno si renda conto prima o poi che così si rafforza soltanto il Califfato.

D. – Di oggi anche la notizia dell’entrata delle truppe turche nell’area di Mosul, ufficialmente per addestrare le forze anti-Is e con Baghdad che ha intimato ad Ankara di ritirare immediatamente i suoi uomini. Quindi, sul terreno il quadro è sempre più complicato?

R. – Direi assolutamente di sì, anche se in realtà non è nulla di nuovo. Chi analizza questi problemi dice ormai da anni che la Turchia – e non solo – fa una politica assolutamente autonoma nell’area e non sinergica con gli interessi della coalizione anti-Is: i turchi fanno una loro partita per interessi loro regionali. Ma ripeto: non sono i soli “peccatori” nel contesto!

D. – Intanto, si rafforza la coalizione internazionale: ieri il parlamento tedesco ha approvato la missione militare contro lo Stato islamico, il più grande impegno militare della Germania dopo la Seconda Guerra mondiale…

R. – E’ un segnale molto importante dal punto di vista politico, ma è bene chiarire che finché non vi sarà un’unione di intenti tra attori regionali ed europei contro una milizia che ha più di 20 mila combattenti – e quindi non parliamo di una organizzazione terroristica con qualche cellula basata qui e basata là – la coalizione anti-Is non sarà altro che un gruppo di Paesi che giocheranno a fare la guerra, ma senza la volontà di risolvere un reale problema.

D. – Sempre ieri, i ministri degli Interni europei hanno trovato un accordo per alcune misure di controllo sui dati dei passeggeri dei voli e, sempre in Europa, si vuole un’ulteriore stretta su Schengen dando più tempo ai Paesi per poter valutare anche una eventuale chiusura delle frontiere in caso di allarme…

R. – E’ importante la misura del manifesto dei passeggeri, anche perché – ed è bene ricordarlo a tutti – che di là delle speculazioni politiche fino adesso gli attentati sono stati fatti da europei e quindi mi rendo conto che sia molto facile dare colpa a chi fa pressione alle frontiere. Ma, fino adesso, dovremmo in realtà fare pulizia in casa piuttosto che erigere inutili muri nei confronti di chi soprattutto viene a casa nostra per cercare la speranza e la dignità di una vita migliore. Non arrivano naturalmente soltanto ingegneri destinati e desiderosi di costruire un’Europa migliore, ma il terrorismo fino adesso è un terrorismo a matrice europea. Questo è bene non dimenticarcelo.

inizio pagina

Regionali in Francia: il Fronte Nazionale favorito

◊  

In Francia, attenzione puntata sul Fronte nazionale di Marine Le Pen. I sondaggi danno la formazione ancora in testa, sebbene con una lieve flessione, intorno al 30%. In leggero calo anche la destra di Nicolas Sarkozy, al 28%. I partiti di governo, invece, salgono dal 22 al 23%. Ma quanto influisce il clima post-attentati su questa tornata? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Massimo Nava, editorialista da Parigi per il Corriere della Sera: 

R. – Sicuramente, il clima degli attentati e post-attentati ha favorito moltissimo il presidente Hollande, che per la verità già in tutto il suo mandato ha avuto più consensi in politica estera che sul fronte interno. Proprio alla vigilia delle elezioni, sono usciti altri dati disastrosi sull’occupazione e sulla crescita. Hollande è risalito nei sondaggi perché ha avuto una reazione forte e immediata nei confronti del Califfato, con i bombardieri che si sono subito levati, praticamente all’indomani dell’attentato. E questo ha fatto impennare il consenso. Dobbiamo però tener presente che si tratta di uno scrutinio regionale, dove non è in gioco la figura di Hollande ma i partiti politici e i leader locali degli stessi. E questo non ha certamente sollevato le sorti del Partito socialista e della sinistra in genere.

D. – Ma come è messa la sinistra?

R. – La sinistra intesa come Partito Socialista di governo e come sinistra in generale è alle prese con le sue divisioni interne. Non dimentichiamo che anche in questo momento di grande unità nazionale alcune frange, dai Verdi a una parte dei comunisti, hanno dissentito. Si è aperto anche un dibattito molto forte sulle misure di emergenza, con la solita lacerante questione “più sicurezza, meno libertà”. E lo abbiamo visto anche in concomitanza del Vertice sul clima, dove ci sono state contestazioni in piazza nonostante il fatto che le manifestazioni fossero proibite.

D. – Sarà davvero un’elezione storica per il Fronte nazionale?

R. – Sicuramente, Marine Le Pen è in ascesa anche perché c’è stata un’intelligente evoluzione del Fronte nazionale. Marine Le Pen ha estromesso suo padre, sempre più impresentabile, ha moderato, almeno a livello verbale, alcune tonalità rispetto alla questione degli immigrati, della xenofobia ecc. È sempre euroscettica, ma lo slogan non è più: “Usciamo dall’euro, usciamo dall’Europa” ma, un po’ come il nostro Salvini in Italia, c’è una forte accentuazione di un progetto di Europa diversa. Perché poi alla fine i conti si fanno con la realtà e non con le utopie…

D. – Comunque, bisogna aspettare il secondo turno…

R. – Bisogna aspettare il secondo turno, tenendo però presente che in genere le scelte degli elettori del primo spesso vengono confermate.

D. – Possiamo dire che si tratta di un test per le elezioni presidenziali del 2017?

R. – Diciamo che questa elezione rappresenta un po’ la definizione dei blocchi di partenza. E qui – chiaramente – chi si trova in maggiore difficoltà è proprio la destra repubblicana di Sarkozy. Sarkozy è riuscito ad avere di fatto il controllo del partito, ma non ha lo stesso consenso nell’opinione pubblica, che vedrebbe magari con più favore dei candidati più vincenti, in un certo senso: per esempio Alain Juppé, ex premier e ex ministro degli Esteri, che potrebbe oltretutto avere il consenso e l’appoggio di settori centristi, moderati, e persino di una parte della sinistra più riformista che è scontenta del Partito socialista attuale e della politica di Hollande. I repubblicani in questo momento sono in grande difficoltà, anche perché il loro elettorato è oggettivamente eroso dal Fronte nazionale di Marine Le Pen.

inizio pagina

Venezuela al voto tra speranze di cambiamento e rischi di violenze

◊  

Circa 20 milioni di persone sono chiamate a votare questa domenica in Venezuela per le elezioni legislative che rinnoveranno l’Assemblea Nazionale. Una consultazione definita “cruciale” dalla Chiesa locale particolarmente preoccupata per il clima di tensione nel Paese. Secondo i sondaggi, la sconfitta dei socialisti del presidente Maduro, erede di Chavez, potrebbe essere netta. Il Paese arriva al voto con grandi difficoltà a causa di un’inflazione fuori controllo - tra il 160 e il 200% - ed una dilagante povertà. Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, interpellato dai giornalisti a questo proposito, ha auspicato che in queste elezioni "tutti possano esprimere liberamente il proprio pensiero e le proprie convinzioni politiche in vista di creare uno spazio di dialogo e di servizio al bene comune". Un voto - ha detto - che possa "iniziare un cammino di confronto delle diverse forze nella società e nella politica per il bene comune". Su queste elezioni Benedetta Capelli ha intervistato Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina all'università di Bologna: 

R. – Queste elezioni rischiano di essere il muro contro cui il Paese potrebbe andare a sbattere. Al di là della situazione economica, che è veramente drammatica - derivata sostanzialmente da due ragioni: una di tipo congiunturale, che è il crollo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali, e l’altra di tipo strutturale, che è il modello economico di tipo nazionalista assolutamente inefficiente, scelto a suo tempo da Chavez – le elezioni mettono il Paese davanti ad un bivio. Trattandosi di un regime politico che ritiene di avere un’investitura quasi divina da parte del popolo, la sua probabile sconfitta significherebbe che chi governa in nome del popolo in realtà non rappresenta la maggioranza del popolo. Sarebbe veramente una crisi di regime. E già sappiamo che il regime, come già più volte anticipato, non sarebbe disposto ad accettare questo esito. Il rischio quindi è uno scontro civile; un rischio è un colpo di Stato da parte dei militari chavisti; un rischio è una frode elettorale; un rischio è il non riconoscimento del voto da parte del governo. Insomma, il rischio è veramente immenso.

D. – Anche perché il distacco tra le due parti è molto elevato, si parla addirittura di 20 punti…

R. – Sulla carta sì. Bisogna dire che però ci sono dei trucchi. In tutti questi anni, il governo chavista, godendo del monopolio sostanzialmente di tutti i poteri pubblici e anche della Commissione nazionale elettorale, che dovrebbe essere un organo neutrale e invece è controllato dal governo, ha truccato le carte. I distretti elettorali sono stati ridisegnati in modo da penalizzare pesantemente il voto dell’opposizione, per favorire il governo. Quando si gioca con le carte truccate è difficile che ci sia un esito elettorale che garantisca l’accettazione da parte di tutti. E poi il Paese è spaccato, ma non da oggi però: il Paese è spaccato ormai dal 1998 e questa spaccatura è andata crescendo. I fallimenti del governo sono tali per cui oggi persino dei settori sociali di basso reddito, che un tempo votavano per Chavez, o non vanno a votare, delusi terribilmente dai fallimenti del governo, o addirittura sono pronti a votare per un cambiamento.

D. – Il principale oppositore di Maduro si chiama Leopoldo Lopez, economista di 44 anni, che è stato addirittura condannato con l’accusa di essere stato il fomentatore di fatti gravissimi nella scorsa tornata elettorale, con addirittura 43 morti. Ma chi è questo personaggio, ed effettivamente può rappresentare una pagina nuova per il Paese?

R. – Leopoldo Lopez è diventato sicuramente il più celebre dal momento in cui lo stesso governo lo ha voluto rendere più celebre degli altri. Ma penso che ci sia una razionalità in questo. Il governo preferisce avere come leader dell’opposizione Leopoldo Lopez, che ha dei tratti più radicali, rispetto invece a Capriles, che è il candidato storico dell’opposizione nelle ultime elezioni, perché Capriles ha un profilo assai più moderato e, quindi, meno propenso alla radicalizzazione dello scontro. Insomma, il governo cerca di scegliersi anche l’oppositore. Ma l’opposizione oggi è molto, molto vasta, perché lo scontento nel Paese è immenso.

D. – Un Paese che è appunto stretto nella morsa della povertà, del mercato nero, c’è un tasso elevatissimo di suicidi. Quali sono però le speranze per il Venezuela?

R. – E’ difficile da dire. Veramente, se uno guarda la situazione del Venezuela oggi, di speranze ne vede poche. Esistono delle possibilità, purché la comunità internazionale faccia la sua parte. Ora, la maggiore responsabilità ricade sicuramente sui Paesi dell’America Latina. Fino ad ora questi hanno tollerato l’incancrenirsi di una situazione che, palesemente, stava andando dove si trova oggi. Possono, però, ancora intervenire, possono offrire una mediazione, assicurarsi che in Venezuela avvenga una transizione e avvenga soprattutto un dialogo tra le parti. E’ impossibile andare avanti così. Questo comporta, però, che in America Latina ci siano dei cambiamenti di atteggiamento piuttosto radicali verso la crisi del Venezuela. Temo che sia un po’ tardi, però non è mai detto.

inizio pagina

Un mese fa il più grave disastro umano e ambientale brasiliano

◊  

Fanghi ferrosi contaminati da arsenico, piombo, cromo ed altri metalli pesanti: un mese fa, il 5 novembre, il Brasile conosceva il più grave disastro ambientale della sua storia. Due dighe contenenti vari milioni di rifiuti tossici da operazioni minerarie crollavano, invadendo la città di Mariana, nello Stato di Minas Gerais, e le località circostanti. Almeno 17 le vittime accertate. Altre centinaia evacuate. Sessanta milioni di metri cubi di sostanze tossiche coprivano l’intera area. L’Onu ha definito i provvedimenti fin qui adottati per contenere il disastro “chiaramente insufficienti”, criticando sia le autorità nazionali, sia la brasiliana Vale e l'anglo-australiana Bhp, i due colossi minerari proprietari della Samarco, la compagnia di estrazione a cui appartiene la miniera che ha generato i rifiuti tossici. Della catastrofe – che cade in un momento difficile per il Brasile, alle prese con l’"impeachment" a carico della presidente Dilma Roussef – Giada Aquilino ha parlato con Paolo Foglizzo, che per la rivista "Aggiornamenti Sociali" si occupa anche di questioni ambientali: 

R. – Stiamo parlando di quella che potremmo definire l’ultima catastrofe di una lunga serie. In realtà, non si tratta di un disastro ambientale quanto piuttosto degli effetti della cattiva condotta umana. Sono state create delle dighe dove all’interno si opera il lavaggio dei minerali estratti, per separare la parte utile dal quella superflua. Queste dighe non sono state costruite rispettando le normative di sicurezza: mancava qualunque sistema di allarme, di allerta. Tra l’altro, quando è accaduto il disastro gli operai stavano lavorando per aumentare la capienza della diga. Tutto ciò ha prodotto semplicemente un disastro dovuto a incuria.

D. – Questi fanghi prodotti dallo scarto di operazioni minerarie hanno inquinato il Rio Doce, iniziando poi il loro cammino inesorabile verso l’Oceano Atlantico. Di fatto, di che danni stiamo parlando?

R. – Credo che i danni effettivi saranno da valutare soprattutto quando si potrà capire quanto grande è l’impatto su un ecosistema piuttosto delicato: lungo le rive del fiume, che si trova in una regione tropicale, c’è un’ampia biodiversità, spesso minacciata, e lo stesso forse ancora di più vale per la zona marina. Ci sono certamente i danni alla popolazione; oltre ai morti, ormai centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza acqua potabile. C’è da capire quanto saranno inquinati ancora i campi e le falde acquifere e per quanto tempo. C’è da rimarcare soprattutto come l’ambiente e i poveri siano vittime della stessa logica: di fatto, un disastro dovuto alla non volontà di spendere per la protezione dell’ambiente significa catastrofe ambientale e rovina per molte migliaia di persone che già sono povere.

D. – Tra l’altro oggi, oltre ai rischi per l’ecosistema, ci sono ormai prove per effetti nocivi sull’uomo dovuti proprio a carichi del genere…

R. – Sì. Tra l’altro, sono dovute intervenire le Nazioni Unite per ribadire che i fanghi scaricati nel fiume sono tossici anche per l’uomo, dopo che l’impresa mineraria e in parte anche il governo hanno cercato di negarlo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, anche se poi avevano già vietato il consumo di acqua. E questo significa che ne erano consapevoli. È molto interessante che a intervenire non sia stata l’agenzia delle Nazioni Unite per l’ambiente, ma quella per il rispetto dei diritti umani: perché evidentemente ormai ambiente e diritti umani si saldano in un unico capitolo di fronte alle aggressioni prodotte da una cattiva gestione delle risorse.

D. – Decenni fa, il fiume adesso gravemente inquinato era immerso nella foresta amazzonica, popolata da tribù indigene. Oggi, tutto il corso del fiume è essenzialmente disboscato. Nella “Laudato si’”, Papa Francesco a proposito di Amazzonia parla di un “delicato equilibrio” che si impone quando si affrontano questioni riguardanti tali luoghi e fa riferimento agli “enormi interessi economici internazionali” in gioco…

R. – Sono quelli che vediamo all’opera anche in questo disastro. È chiaro che è più redditizio sfruttare una miniera senza misure di sicurezza, è più redditizio operare senza rispettare gli standard ambientali, è più redditizio operare cercando di convincere gli Stati a non approvare leggi ambientali o a non fare i dovuti controlli. Spesso, dietro tali situazioni si nasconde anche molta corruzione. È chiaro che tutto questo fa sì che il guadagno immediato di oggi oscuri la capacità di vedere le conseguenze domani, fra dieci o fra venti anni.

D. – In un momento in cui è in corso il vertice sul clima di Parigi, ci si chiede quanto poi siano messi in pratica i protocolli per gestire tali emergenze, i piani di evacuazione, le regole di smaltimento...

R. – Il problema in campo ambientale spesso riguarda leggi esistenti che non vengono applicate. Nei Paesi in via di sviluppo le cose sono un po’ diverse: alcuni mancano completamente di questa legislazione, altri ce l’hanno ma non la osservano nemmeno lontanamente. Non che nei nostri Paesi sia molto diverso, perché tutta la storia della "terra dei fuochi" e delle discariche abusive ci racconta qualcosa di molto simile. Gli accordi internazionali sono importanti – anche l’Enciclica lo ricorda – ma hanno bisogno di essere efficaci e rispettati. Il problema è creare qualche agenzia che abbia il potere di verificare che gli Stati facciano quello che hanno promesso ed eventualmente di punire chi non rispetta le regole.

inizio pagina

Bagnasco: politiche più concrete ed efficaci per le famiglie

◊  

“Dove le famiglie sono sostenute si realizzano le condizioni per una più equilibrata crescita dell’intera società. Il sostegno alle famiglie genera fiducia”. Questo il cuore del messaggio che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto arrivare alla quarta edizione del Festival della Famiglia, a Riva del Garda. All’incontro, svoltosi sul tema “Comunità educanti, per il benessere sociale e la competitività dei territori”, ha partecipato anche il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco. Il porporato ha ribadito l'urgenza di politiche a tutela della famiglia. Ascoltiamo il suo commento raccolto da Marina Tomarro: 

R. – Delle politiche più efficaci, più concrete e puntuali, ce n’è assoluto bisogno. Non le vediamo. Non le vediamo e pertanto le invochiamo. E questo è un momento propizio, favorevole, significativo, per chiedere proprio ai responsabili questo tipo di intervento che sia non di parole, ma di fatti concreti.

D. – Eminenza, in questi giorni ancora polemiche sul ddl Cirinnà, lei cosa ne pensa?

R. – La Chiesa, come sempre, afferma e sostiene la famiglia secondo la nostra Costituzione che è appunto formata da un uomo e da una donna, basata sul patto matrimoniale, aperta alla vita, luogo fondamentale e insostituibile non soltanto per la generazione dei figli, ma anche per la prima e fondamentale educazione dei figli alle virtù civili e umane e, se credenti, anche di fede.

D. – Siamo alla vigilia del Giubileo della Misericordia, che cosa vuol dire la misericordia nella famiglia?

R. – La capacità di perdonarsi, tutti i giorni! La capacità di ricominciare quotidianamente e di lottare. Ho sentito a Filadelfia, durante la Giornata mondiale delle famiglie, testimonianze da tutto il mondo di coppie, di famiglie, molto belle, tutte in situazioni non facili: malate, persone anziane, figli disabili, eccetera, ma tutti hanno fatto appello alla forza della preghiera, della grazia e al fatto che la fedeltà coniugale è una lotta ed è una lotta tutti i giorni, perché bisogna ricominciare con la preghiera e con la buona volontà e con spirito di sacrificio.

D. – In che modo, oggi, la Chiesa cattolica si fa comunità educante per la famiglia?

R. – La Chiesa cattolica, per natura sua, è comunità educante, lo è sempre stata, in quanto annuncia Gesù, che è la pienezza dell’umano. E, pertanto, attraverso le comunità parrocchiali, attraverso le associazioni, i gruppi, i movimenti, crea dei luoghi educativi nei quali i ragazzi – grazie ai loro genitori – possono trovare non soltanto l’indicazione di valori autentici, ma anche l’esperienza concreta di questi valori.

D. – E in questi giorni si è parlato molto anche del problema dei festeggiamenti del Natale a scuola…

R. – Si tratta di un discorso innanzitutto culturale e non solo religioso. La cultura che è la nostra tradizione delle radici cristiane – dell’Italia, dell’Europa, eccetera – che la storia ci conferma. Negarle vuol dire essere miopi o ideologici. Pertanto, non è innanzitutto o soprattutto un discorso religioso, ma è anche un discorso di carattere culturale che innerva la società, la nostra società. Quindi, non c’è contrapposizione, c’è semplicemente una situazione di fatto dove chi viene, chi sceglie di venire, sa di venire all’interno di una cultura, di una storia, che non è contro nessuno ma è inclusiva.

inizio pagina

L'Unitalsi mette in campo 300 volontari per il Giubileo

◊  

Saranno circa 300 i volontari messi in campo dall’Unitalsi per il Giubileo. Squadre di 5-6 persone a settimane fino alla fine dell’Anno Santo e con l'impiego di 10 mezzi attrezzati per il trasporto delle persone disabili. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell’Unitalsi Salvatore Pagliuca

R. – Un’attenzione ad un mondo che troppo spesso viene considerato un mondo a parte. Mentre fa parte di questo mondo e quindi ha diritto a partecipare ad un evento così importante come quello del Giubileo. Il secondo aspetto è il quid pluris che l’Unitalsi può dare perché nel Giubileo della Misericordia bisogna prestare attenzione agli atti di misericordia corporale, tra cui quello di assistere e curare gli infermi.

D. - Come vi state coordinando anche con le autorità civili?

R. - Il nostro compito principale è quello di accogliere - sia a San Pietro sia nelle varie Basiliche sia alla Porta della carità che viene aperta presso la Caritas - indirizzare e guidare, aiutare a fare queste visite, i pellegrini oltre che accoglierli, chiaramente.

D. – Qual è il ritratto medio di questi volontari?

R. – Il ritratto medio è quello di giovani in genere dai 20, 25 anni fino ai 60, 65. Sono persone che hanno fatto una scelta di vita più che un’adesione ad un’associazione.

D. – Sarete presenti anche negli altri luoghi di culto sparsi in Italia, per esempio, mi riferisco ai santuari?

R. – Sì, l’Unitalsi sarà presente con le proprie sezioni e sottosezioni in tutti i santuari d’Italia e a Lourdes dove curerà, d’accordo con il santuario, le cerimonie giubilari, il passaggio attraverso la Porta della misericordia, aperta a Lourdes, e accoglierà anche tutti gli ammalati disabili non solo dell’Unitalsi ma un po’ di tutte le parti del mondo. C’è da dire un’altra cosa che vorrei aggiungere. Abbiamo presentato un progetto di servizio civile che è stato approvato e che è stato pubblicato due giorni fa; per cui avremo a disposizione anche volontari del servizio civile che per tutto l’Anno giubilare presteranno il loro servizio su Roma per un’accoglienza delle persone ammalate e disabili.

inizio pagina

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

◊  

Nella seconda Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Giovanni Battista, durante l'impero di Tiberio, predica un battesimo di conversione com'è scritto nel libro del profeta Isaia: 

«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri … Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti

L’evangelista Luca registra l’“irrompere” della Parola di Dio nel deserto – quella Parola che tra breve contempleremo farsi carne, farsi uomo nel seno della Vergine Maria. Il mondo sembra tutto a posto: l’impero retto da Tiberio Cesare, la Giudea governata da Ponzio Pilato; Erode, Filippo e Lisania dominano i loro territori…; anche la religione è quieta, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa! Non c’è bisogno di nessun Dio: bastiamo noi! Sì, ogni tanto c’è qualche trambusto, qualche crisi…, ma abbiamo le banche centrali, abbiamo l’ONU, tanti mezzi per rimettere tutto in ordine! Ma è proprio così? Se apriamo gli occhi, quelli della fede, vediamo le cose diversamente: un mondo immerso nelle tenebre della violenza e dell’ingiustizia, una “cultura dello scarto”, come la chiama Papa Francesco. Adamo ed Eva – tu ed io –, sottomessi a schiavitù, per la paura che abbiamo della morte (cfr Eb 2,14-15), continuiamo a produrre male e morte. Ma Dio non ci abbandona. Ci ha creato per amore e per amore ci vuole salvare, innanzitutto da noi stessi, caduti nelle mani del Maligno. Giovanni Battista, il precursore, viene mandato per preparare la via al Signore. La liturgia non commemora eventi passati: è per noi oggi! C’è una buona notizia per te e per me: è vero, ci troviamo in un deserto, in un vuoto senza senso, con le case ed il cuore pieni di cose da buttare; è vero, le nostre vie sono tortuose, con triboli e spine…, ma c’è una speranza: “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”, ci annuncia il Vangelo oggi. Apriti a Cristo, accoglilo e sarai capace di accogliere anche gli altri!

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Francia, legge laicità. Vescovi: religione "in privato" è errore

◊  

“Credere che ridurre l’espressione delle convinzioni religiose nel limitato spazio della vita privata possa favorire la pace sociale è un’illusione e un errore”. Lo scrivono i vescovi francesi in una Dichiarazione diffusa in occasione del 110° anniversario della legge sulla laicità che, il 9 dicembre del 1905, ha sancito la separazione delle Chiese e dello Stato. Questo atteggiamento di laicismo nei confronti del credere religioso, si legge nella nota, “favorisce piuttosto l’emergere di correnti e comportamenti fondamentalisti che possono appoggiarsi sul sentimento di essere disprezzati, rifiutati, ignorati”.

Rischio di passare da laicità dello Stato a laicismo della società
La Dichiarazione – ripresa dall’agenzia Sir – è firmata dal presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Georges Pontier. I vescovi riconoscono l’importanza che la legge del 1905 ha avuto per la vita del Paese, garantendo il libero esercizio dei culti. Al contempo, la Chiesa cattolica constata tuttavia l’esistenza di una corrente di pensiero che rischia di passare “da una laicità dello Stato ad un laicismo della società”.

Necessario il rispetto di ciascuno ed il contributo di tutti alla società
“Alcuni – fanno notare i presuli d’Oltralpe – vorrebbero che l’insieme della vita sociale fosse laica e che i cittadini credenti non esprimessero e non vivessero la loro fede se non in uno spazio ristretto del privato che sta diventando sempre più limitato fino a scomparire”. Ma “è insieme – ribadiscono i vescovi – che riusciremo ad immaginare e costruire il futuro del nostro Paese nel rispetto di ciascuno e riconoscendo il contributo di tutti alla collettività”, tanto più che “la legge del 1905 ce lo consente”. “Occorre piuttosto che sia applicata con vigilanza e rispetto – afferma la Chiesa di Parigi - È la nostra volontà, la nostra esigenza e il nostro impegno”.

No alla stigmatizzazione dei credenti
“Il contesto così particolare” della Francia oggi – aggiungono i presuli - “necessita la nostra attenzione nell’esercizio  della laicità dello Stato e nel rispetto delle diverse convinzioni dei cittadini”. Di qui, l’appello ad “evitare la stigmatizzazione dei credenti che porta ad una riduzione, sempre maggiore, della loro possibilità di vivere ed esprimersi in quanto ittadini”. D’altronde, spiega la dichiarazione, “non si può ignorare il ruolo che la Chiesa ha avuto ed ha negli ambiti essenziali della storia del Paese: l’educazione, la sanità, la cultura, l’impegno sociale, il sostegno alle famiglie, l’accompagnamento dei giovani, la solidarietà”.

Fede cristiana promuove il dialogo e tutela dignità umana
Questo perché, concludono i vescovi francesi, “la fede cristiana promuove il dialogo all’interno della società francese e, in un certo senso, contribuisce al riconoscimento della dignità di ogni persona umana ed alla possibilità di vivere insieme nella società”. (I.P.)

inizio pagina

Vescovi Usa a Congresso: la gente di Porto Rico soffre la fame

◊  

Un debito che supera i 70 miliardi di dollari: questa la terribile crisi finanziaria che sta affrontando Porto Rico, Stato libero associato degli Stati Uniti d’America. A sottolinearlo è mons. Thomas Wenski, arcivescovo di Miami, negli Usa. In una recente lettera al Congresso statunitense, mons. Wenski, nella sua veste di presidente del Comitato per la Giustizia interna e lo sviluppo umano della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha denunciato: "Il popolo di Portorico soffre la povertà più dolorosa, la fame, la disoccupazione persistente ed altri problemi sociali, come conseguenza della crisi finanziaria che pesa sull’economia del Paese".

La popolazione patisce le conseguenze della crisi di cui non è responsabile
E sono proprio i portoricani - afferma mons. Wenski, citato dall’agenzia Fides - che "senza avere la responsabilità della situazione, subiscono la maggior parte delle conseguenze", sottolinea il presule. Per questo, nella sua lettera, l’arcivescovo di Miami esorta il Congresso statunitense ad approvare una proposta di legge chiamata "Portorico Chapter 9 Uniformity Act" che, in caso di fallimento, darebbe al governo portoricano le stesse tutele accordate alle città americane.

Tutelare le persone più vulnerabili
"Dal momento che Porto Rico non è una nazione sovrana, né uno Stato – spiega il presule – esso non ha praticamente alcuna possibilità di ristrutturare il proprio debito e affrontare la crisi". Di qui, la sottolineatura del fatto che "gli strumenti finanziari dovrebbero incoraggiare lo sviluppo, non la privazione. Tutti noi abbiamo una responsabilità comune per proteggere i nostri fratelli e sorelle poveri e vulnerabili in tutto il mondo". Bloccato da una recessione economica lunga un decennio, Porto Rico vede oggi il 45% della sua popolazione vivere in povertà. (I.P.)

inizio pagina

Caritas Dakar, progetto contro povertà e pro migranti

◊  

Saranno i giovani che vivono nelle periferie del Senegal i principali beneficiari del progetto promosso da Caritas Dakar per contrastare la povertà e la migrazione clandestina. L’iniziativa verrà lanciata l’8 dicembre – in coincidenza con il Giubileo straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco – alla presenza dell’arcivescovo della città, mons. Benjamin Ndiaye, e delle autorità religiose ed amministrative locali.

98mila persone vittime delle migrazioni clandestine
Il progetto, spiega il sito web dell’arcidiocesi di Dakar, sarà finanziato dalla diocesi di Stoccarda, in Germania, e realizzato in collaborazione con il segretario nazionale della Caritas Senegal così da “migliorare la situazione socioeconomica delle famiglie vulnerabili e la consapevolezza dei giovani sui pericoli causati dall’emigrazione clandestina, che colpisce circa 98 mila persone, e le sue conseguenze sulla società e l’economia nazionale”. A ricevere concretamente gli aiuti saranno anche 100 famiglie che beneficeranno della distribuzione di viveri e 100 donne che verranno aiutate a rafforzare le loro capacità gestionali.  (I.P.)

inizio pagina

Libano. Vescovi: presidenziali grande opportunità per il Paese

◊  

La soluzione di compromesso che sta lentamente maturando tra le contrapposte forze politiche libanesi per l'elezione di Suleiman Franjieh alla presidenza della Repubblica rappresenta “una grande opportunità” per superare il blocco istituzionale che da tempo paralizza il Paese dei Cedri. È quanto affermano, in una nota, i vescovi maroniti libanesi, riunitisi ieri in assemblea mensile presso la sede patriarcale di Bkerké, sotto la presidenza del patriarca Boutros Bechara Rai.

Appello a tutte le forze politiche: necessaria la cooperazione
Tutte le forze politiche – si legge nel documento, ripreso dall’agenzia Fides – sono chiamate ad “accordarsi e cooperare”, nella consapevolezza che “il presidente è la pietra angolare dell'edificio nazionale, nelle sue dimensioni storiche e istituzionali”. Nuovo capo di Stato dovrebbe diventare, dunque, Suleiman Franjieh, cristiano maronita, amico d'infanzia del presidente siriano, Bashar Assad, e leader del "Movimento Marada", Partito di orientamento cristiano democratico nato nel 1991. Franjieh succederebbe così a Michel Sleiman, il cui mandato è scaduto nel maggio 2014 provocando uno stallo istituzionale che prosegue da oltre un anno e mezzo.

No alla violenza. In preghiera per i metropoliti rapiti in Siria nel 2013
Dalla nota dei vescovi maroniti emerge anche la loro forte preoccupazione per la ripresa di attentati in Libano, tra cui l’attacco terroristico avvenuto i primi di novembre a Bourj el-Barajneh, quartiere sciita a sud di Beirut. “La violenza che si diffonde nel Libano e nel mondo – scrivono i presuli – riflette, come dice Papa Francesco, una sorta di guerra mondiale diffusa”. Una preghiera, in particolare, viene elevata per la liberazione dei metropoliti Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa) rapiti ad Aleppo, in Siria, il 22 aprile 2013.

Libano, “Paese-messaggio” di libertà e pluralismo
Di qui, l’auspicio che la pace ritorni in tutta la regione mediorientale, con la consapevolezza che in questo contesto il Libano può ritrovare tutto il suo senso di "Paese-messaggio" di libertà e pluralismo per l’Oriente e l’Occidente, come lo definì Giovanni Paolo II in una lettera ai vescovi della Chiesa cattolica, siglata il 7 settembre 1989. Dai presuli viene lanciato un appello anche a tutti i libanesi, affinché ritrovino la loro “responsabilità nella diffusione di questo messaggio e nel consolidamento di questo modello". 

Cop21: combattere inquinamento per salvaguardare il Creato
L’Assemblea maronita libanese si è poi soffermata sulla Cop21, la Conferenza internazionale sul clima in corso a Parigi, richiamando “l’attenzione dei fedeli sull’importanza di questo evento mondiale e invitando a tenere in seria considerazione la questione della salvaguardia dell’ambiente, combattendo tutti i tipi di inquinamento che sono all’origine di malattie mortali”.

Prepararsi al Giubileo con preghiera, penitenza e carità
Infine, guardando all’imminente Giubileo straordinario della misericordia, che si aprirà l’8 dicembre, i vescovi invitano i fedeli a “prepararsi con la preghiera, la penitenza, i gesti di carità e l’amore verso i poveri, invocando Cristo, principe della pace, affinché possa portare la riconciliazione nel Paese e nel cuore di tutti”. (I.P.)

inizio pagina

Polonia: 6 dicembre, Giornata di preghiera per Chiese dell’Est

◊  

“Beati i misericordiosi”: è questo il motto scelto dalla Conferenza episcopale polacca per la Giornata di preghiera e sostegno alle Chiese dell’Est che si celebra domani, 6 dicembre, seconda Domenica di Avvento. Giunta alla 16.ma edizione, l’iniziativa si ispira quest’anno all’imminente Giubileo straordinario della misericordia, ma anche al versetto evangelico “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7) che dà il tema alla prossima Giornata mondiale della gioventù in programma a Cracovia, alla presenza del Papa, nel luglio 2016.

Iniziativa di sostegno per i giovani ed i più poveri
L’apposito gruppo di lavoro della segreteria della Conferenza episcopale polacca – istituito nel 1989 per aiutare i cattolici sparsi sul territorio dell’allora Unione Sovietica – quest’anno dedicherà i fondi raccolti ai Centri di accoglienza dei più poveri e al sostegno delle iniziative rivolte ai giovani. Circa un centinaio di ragazzi, infatti, dovrebbero essere ospitati nella diocesi di Varsavia prima della Gmg.

Aiuti concreti per la popolazione dell’Ucraina
Facendo appello alla generosità dei fedeli, il segretario del gruppo di lavoro, don Leszek Kryza – spiega l’agenzia Sir – ha sottolineato che quest’anno la maggior parte delle richieste d’aiuto proviene all’Ucraina dove la mancanza più impellente è quella del riscaldamento. “Non si tratta tanto di riscaldare le Chiese, quanto di poter pagare il riscaldamento delle case di accoglienza per bambini, persone anziane e madri che crescono i figli da sole”, ha ribadito il presule.

Nel 2014, raccolti oltre 600mila euro per 350 progetti solidali
Lo scorso anno, grazie alla raccolta di più di 600 mila euro, sono stati finanziati 350 progetti di sostegno a ospedali, case di cura, orfanotrofi e mense per i poveri. In sedici anni, le Giornate per le Chiese dell’Est hanno permesso di raccogliere oltre 15 milioni di euro destinati a Paesi come Russia, Bielorussia, Kazakistan, Lituania, Lettonia, ma anche Georgia e Serbia. (I.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 339

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.