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Sommario del 04/12/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: riaffermare ruolo donna nella famiglia e nel lavoro

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E’ necessario “affermare il ruolo insostituibile della donna nella famiglia e nell’educazione dei figli, come pure l’essenziale contributo delle donne lavoratrici alla edificazione di strutture economiche e politiche ricche di umanità”: è quanto afferma Papa Francesco in un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in occasione del Seminario internazionale di studio promosso a Roma dal Pontificio Consiglio per i Laici sul tema “Donne e lavoro”. Il Pontefice  invita a individuare “concreti suggerimenti e modelli positivi per armonizzare impegni lavorativi ed esigenze familiari”, nel contesto dell’odierna dicotomia tra la vita della famiglia e l’organizzazione del lavoro. Ad introdurre i lavori è il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del dicastero vaticano per i laici. “Oggi – afferma un comunicato del dicastero - è necessario affermare un duplice riconoscimento sul ruolo che la donna ricopre nella vita pubblica, per l’edificazione di strutture più ricche di umanità, e nella vita familiare, per il benessere della famiglia stessa e per l’educazione dei figli”. Intento del simposio è anche "quello di analizzare e considerare vie d’uscita a quell’aut-aut in cui moltissime donne di oggi incappano, e di proporre soluzioni innovative verso un et-et, che permettano di coniugare impegni lavorativi e familiari. Si considereranno proposte per una più reale valorizzazione del lavoro femminile, che superino le discriminazioni di cui le lavoratrici sono ancora oggetto – come la penalizzazione della maternità e la disuguaglianza di stipendio. Si valuterà, inoltre, come porre in luce l’insostituibile servizio che solo il genio femminile sa rendere al genere umano, per la crescita di ogni individuo e per la costruzione della società”. Con questo Seminario, “il Pontificio Consiglio per i Laici desidera celebrare il ventesimo anniversario della pubblicazione della Lettera alle donne di Papa Giovanni Paolo II, nella quale il Santo Pontefice ebbe a manifestare sentimenti di viva gratitudine e di apprezzamento da parte della Chiesa nei confronti delle donne impegnate in attività professionali. A loro, infatti, si rivolse esplicitamente affermando: «Grazie a te, donna-lavoratrice! (...) per l'indispensabile contributo che dai (…) alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità»”. Il Seminario affronta anche la questione della teoria gender e i suoi paradossi. L’incontro raduna autorevoli relatori di nove Paesi, e saranno previsti ampi spazi di dibattito per permettere la compartecipazione ai lavori di tutti i presenti. Parità salariale sul posto di lavoro e tutela della maternità sono due degli aspetti più evidenti della discriminazione che le donne subiscono in ambito lavorativo, tanto che lo stesso Papa Francesco li ha denunciati più volte. Ascoltiamo la sua voce nel servizio di Stefano Leszczynski: 

“Sostenere con decisione il diritto all’uguale retribuzione per uguale lavoro; perché si dà per scontato che le donne devono guadagnare meno degli uomini? No! Hanno gli stessi diritti. La disparità è un puro scandalo!”.

Nel corso dell’Udienza Generale del 29 aprile scorso, Papa Francesco fa giungere ancora una volta la sua voce alle donne come potente sostegno alla costruzione di una nuova stagione dell’uguaglianza in ambiente lavorativo. A parlare della condizione della donna in ambito lavorativo e di ciò che si può fare per cambiare questa situazione, è il Pontificio Consiglio per i Laici che ha riunito degli esperti internazionali in un seminario in corso a Roma. Tra questi, la professoressa Giorgia Salatiello, docente di filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma:

“Il problema di donne e lavoro possiamo definirlo un problema di portata antropologica; ed è proprio per questo, per questa portata antropologica, che noi comprendiamo il coinvolgimento diretto della Chiesa. Non è una questione settoriale, ma è una questione che mette in discussione la vita concreta delle donne e degli uomini”.

Il tasso di occupazione delle donne è aumentato in maniera significativa nel corso dell’ultimo decennio, ma occorre migliorare la qualità dei posti di lavoro e delle politiche di conciliazione della vita privata e di quella professionale. Le donne sono sottorappresentate nei processi decisionali, sia nei parlamenti e nei governi nazionali sia nei consigli di direzione di grandi imprese. Ma se un cambiamento culturale stenta a modificare questo stato di cose, è possibile fare di più a livello istituzionale? Ancora la professoressa Salatiello:

“C’è un movimento circolare: un cambiamento culturale produce prima o poi di necessità un cambiamento istituzionale. E viceversa: un cambiamento istituzionale pian piano modifica anche la cultura. Quindi bisogna lavorare sui due fronti simultaneamente”. 

L’incontro si svolge a 20 anni dalla Lettera alle donne di Giovanni Paolo II. Ascoltiamo in proposito la dottoressa Isabelle Cassarà, officiale presso il Pontificio Consiglio per i Laici: 

R. – Penso che il grande pregio di questa lettera venga proprio dal fatto che mentre da una parte il Papa conferma l’imprescindibile ruolo che la donna ha nella famiglia come madre, come moglie, nell’educazione dei figli, dall’altra dice anche la necessità di vedere la donna coinvolta nel mondo del lavoro e nella sfera pubblica in generale. Ma la grande attualità di questa Lettera, che è stata scritta vent’anni fa, è il fatto che già parlava dei grandi condizionamenti culturali che deve vivere la donna, che si trova ad essere lacerata. Da una parte, infatti, non vede riconosciuto socialmente il suo ruolo di madre e dall’altra ha delle discriminazioni innegabili nel mondo del lavoro per il fatto stesso di essere donna, peggio ancora se si è madri. C’è un paradosso in questo: Giovanni Paolo II diceva che il contributo che la donna può dare alla soluzione delle grandi questioni sociali viene da quel genio femminile che lui identificava nel “dono di sé”: la capacità della donna di dare la vita. Vorrei però richiamare, perché penso che sia importante, un documento che è stato scritto quasi dieci dopo questa Lettera da parte della Congregazione della Dottrina della Fede, a firma dell’allora cardinale Ratzinger, in cui si confermavano le parole di San Giovanni Paolo II, ma c’è un ulteriore passo esplicito. È vero che ciò che struttura profondamente l’identità femminile è questa sua capacità fisica di dare la vita. Ma questo non ci autorizza affatto a rinchiudere la donna solamente nel suo destino biologico. Non si può considerare la donna soltanto sotto il profilo della procreazione biologica. E credo che questo sia molto importante, perché, con una sorta di pregiudizio, si pensa che la Chiesa voglia le donne confinate in casa. E invece non è così.

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La pace a Mindanao nel colloquio tra Papa e presidente Filippine

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Papa Francesco ha ricevuto il Presidente della Repubblica delle Filippine, Benigno S. Aquino III, che poi ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - ci si è soffermati sul dialogo tra le diverse componenti della società filippina, nonché sul contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese. Particolare riferimento è stato fatto al processo di pace a Mindanao, con l’auspicio che l’impegno delle parti possa garantire una pace stabile e duratura per quella regione. Nel prosieguo della conversazione, c’è stato anche uno scambio di opinioni sulla situazione internazionale e regionale, con speciale riferimento a alla questione dei cambiamenti climatici e alla Conferenza COP21 in corso a Parigi”.

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Papa incoraggia Consiglio Economia: ha ruolo centrale per la riforma

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Papa Francesco ha partecipato ieri pomeriggio alla riunione del  Consiglio per l’Economia. Il Santo Padre ha spiegato che il motivo della sua visita è stato quello di  incoraggiare e ringraziare personalmente i membri del Consiglio per l’importante ruolo che sono chiamati a svolgere nell’ambito della vigilanza delle strutture finanziarie e amministrative della Santa Sede. Inoltre, il Pontefice ha confermato il ruolo centrale del Consiglio in questo lavoro di riforma che lo vede personalmente impegnato.

Il cardinale Reinhard Marx, coordinatore del Consiglio, lo ha ringraziato vivamente per la sua presenza alla riunione e ha riconfermato il suo pieno impegno nella realizzazione delle riforme finanziarie e amministrative promosse da Papa Francesco. Fin dalla sua istituzione, il Consiglio ha investito considerevole tempo ed energia nella valutazione e possibile realizzazione di misure finalizzate alla trasparenza e ad una gestione più efficace delle risorse della Santa Sede.

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Padre Cantalamessa: si accetta la Chiesa per amore di Cristo

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Saranno dedicate alla Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa “Lumen Gentium” le tre meditazioni di Avvento proposte al Papa e alla Curia romana dal predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa. La Chiesa Corpo e Sposa di Cristo, il tema del documento sottolineato nella prima predica che si è tenuta stamattina in Vaticano. Una sintesi della riflessione nel servizio di Adriana Masotti

Accettare la Chiesa, anche sfigurata dal peccato, per amore di Cristo
“Lumen gentium cum sit Christus…”, “Essendo Cristo la luce delle genti…”: la frase con cui inizia la Costituzione conciliare è per padre Cantalamessa la chiave per interpretare tutta l’ecclesiologia del Vaticano II. Essa ha al centro Cristo, non si accetta, infatti, dice, Cristo per amore della Chiesa, ma si accetta la Chiesa per amore di Cristo. Anche una Chiesa sfigurata dal peccato di tanti suoi rappresentanti. La domanda fondamentale, continua, non è “cos’è la Chiesa”, ma è “chi è la Chiesa”. Essa viene descritta nelle scritture come “l'immacolata sposa dell'Agnello immacolato, sposa che Cristo ‘ha amato... e per essa ha dato se stesso, al fine di santificarla’. Ma anche come “corpo di Cristo”.

Fare di me il corpo di Cristo 
Padre Cantalamessa cita l’allora cardinal Ratzinger, che aveva messo in luce lo stretto rapporto tra queste due immagini: la Chiesa è corpo di Cristo perché è sposa di Cristo! C’è, dunque, l’idea sponsale dell’unica carne che l’uomo e la donna formano unendosi in matrimonio e ancor più l’idea eucaristica dell’unico corpo che formano coloro che mangiano lo stesso pane. Senza la Chiesa e senza l’Eucaristia, Cristo non avrebbe “corpo” nel mondo. Il predicatore si chiede cosa può significare per la vita spirituale del cristiano vivere e realizzare questa idea di Chiesa, corpo di Cristo e sposa di Cristo? E risponde:

“Se la Chiesa nella sua accezione più intima e vera è il corpo di Cristo, io realizzo in me la Chiesa, sono un 'essere ecclesiale', nella misura in cui permetto a Cristo di fare di me il suo corpo, non solo in teoria, ma anche nella pratica”.

Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me
E questo si realizza attraverso il battesimo e l’Eucaristia che possiamo ricevere ogni giorno. L’Eucaristia fa di ognuno di noi il corpo di Cristo, cioè Chiesa:

“Due esistenze, la mia e quella di Cristo, divengono una sola. Di due 'io', ne risulta uno solo: non il mio piccolo io di creatura, ma quello di Cristo, al punto che ognuno di noi, dopo aver ricevuto l’Eucaristia, può osare dire, con Paolo: 'Non sono più io che vivo, Cristo vive in me'”.

Si fa scempio del Corpo di Cristo che è la Chiesa
Nell’Eucaristia, continua padre Cantalamessa, noi riceviamo il Corpo e il Sangue di Cristo, ma anche Cristo “riceve” il nostro corpo e il nostro sangue. Allora non c’è nulla della mia vita che non appartenga a Cristo. È come se Gesú ci dicesse: “Io ho fame di te, voglio vivere di te, devo vivere della tua carne, del tuo sangue, della tua fatica quotidiana, devo cibarmi di te come tu ti cibi di me!” e commenta:

“Quale responsabilità da tutto ciò! Queste parole interpellano ogni battezzato. Ma che dire dei consacrati, dei ministri di Dio. C’è da tremare al pensiero dello scempio che si fa del Corpo di Cristo che è la Chiesa”.

Importanza dell'incontro personale con Cristo
L’ultima parte della meditazione sottolinea l’importanza dell’incontro personale con Gesú, che Papa Francesco invita spesso a cercare “ogni giorno senza sosta” o a rinnovare. E’ tornare ai primi tempi del cristianesimo dopo secoli in cui si dava per scontata l’adesione alla fede. Oggi questa situazione detta “di cristianità” è cambiata radicalmente. Di qui l’urgenza di una nuova evangelizzazione che permetta all’uomo di riconoscere in Gesù una persona con cui si parla, una presenza reale nella propria esistenza:

“Si tratta in pratica di creare per gli uomini d’oggi delle occasioni che permettano loro di prendere, nel nuovo contesto, quella decisione personale libera e matura che i cristiani prendevano all’inizio nel ricevere il battesimo e che facevano di essi dei cristiani reali e non solo nominali”.

Pregare prima di prendere decisioni importanti
Ma che fare per la massa dei cristiani già battezzati che vivono come cristiani puramente di nome e non di fatto, completamente estranei alla Chiesa e alla vita sacramentale? Una risposta a questo problema, dice, sono gli innumerevoli movimenti ecclesiali, aggregazioni laicali e comunità parrocchiali rinnovate, apparse dopo il Concilio:

“Incontrare Cristo significa che Gesú non è più un personaggio, ma una persona; non più qualcuno di cui si parla, ma qualcuno a cui e con cui si può parlare, perché risorto e vivo. Vuol dire anche non prendere nessuna decisione di qualche importanza senza prima averla sottoposta a lui a nella preghiera”.

Padre Cantalamessa conclude con un’esortazione: “Ho detto all’inizio che non si accetta Cristo per amore della Chiesa, ma si accetta la Chiesa per amore di Cristo. Il servizio più prezioso che ciascuno di noi può rendere alla Chiesa è perciò quello di amare Cristo e crescere nell’intimità con lui”.

 

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Giubileo, presentato svolgimento. Fisichella: esperienza di misericordia

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L’8 dicembre inizierà il Giubileo: sarà un’esperienza di misericordia che consentirà a tutti di sentire l’amore di Dio. Così mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in Sala Stampa vaticana, per la presentazione dell’inizio e dello svolgimento del Giubileo della Misericordia. La celebrazione inizierà alle 9.30 in Piazza San Pietro e per la prima volta nella storia del Giubileo, domenica 13 dicembre saranno aperte le Porte Sante in tutte le cattedrali del mondo. Il servizio di Massimiliano Menichetti

Il Giubileo della Misericordia si aprirà con una celebrazione molto semplice in Piazza San Pietro - ha spiegato mons. Fisichella - ricordando che la data cade nel solco del cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. 

Le letture
Verranno letti alcuni brani delle quattro Costituzioni conciliari "Dei Verbum", sulla Parola di Dio; "Lumen Gentium", sulla Chiesa; "Sacrosantum Concilium", sulla liturgia e "Gaudium et Spes", sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Poi saranno anche letti due brani tratti dal decreto sull’ecumenismo "Unitatis Redintegratio" e sulla libertà religiosa dalla "Dignitatis Humanae".

L’evangelario del Giubileo
La celebrazione eucaristica - ha detto il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione – vedrà “portare processionalmente l’evangeliario creato appositamente per questo evento”. Ricca di simbolismo l’iconografia realizzata in mosaico che vede Gesù sacerdote, Cristo crocefisso con le braccia aperte “segno della misericordia che è aperta a tutti”:

“L’Evangeliario sarà deposto sullo stesso tronetto che, durante le sessioni del Concilio, era posto sull’altare della Basilica di San Pietro, per rendere evidente a tutti il primato della Parola di Dio. Quindi anche con questo piccolo segno vogliamo ricordare i 50 anni del Concilio”.

Apertura della Porta Santa
Tutta la celebrazione sarà ripresa in mondovisione. Il Santo Padre chiederà come di rito l’apertura della Porta recitando le parole del Salmo, che rimangono sempre le stesse: "Aperite mihi Porta Iustitiæ", "apritemi la Porta della Giustizia”. Dopo il Papa, attraverseranno la Porta i cardinali, i vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. La processione giungerà fino alla tomba “dell’Apostolo Pietro dove si svolgerà il rito conclusivo della Santa Eucaristia”. Papa Francesco poi reciterà, come di consuetudine, l’Angelus dalla finestra del Palazzo Apostolico. Tutti i fedeli presenti potranno poi attraversare la Porta Santa. E dall’8 dicembre tutti i giorni nei pressi della statua di San Pietro sarà recitato il Rosario, animato da diverse realtà.

La proiezione di foto
Alle ore 19.00 ci sarà quello che mons. Fisichella ha definito “un evento unico e suggestivo”, ovvero la proiezione di foto sulla facciata della Basilica e la cupola:

“Tale evento è ispirato all’ultima Enciclica di Papa Francesco, ‘Laudato sì’. Vuole proporre la bellezza del Creato, anche in occasione della 21.ma Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, iniziata a Parigi lo scorso 30 novembre, che terminerà il prossimo 11 dicembre”.

L’apertura di tutte le Porte Sante del mondo
“Per la prima volta nella Storia dei Giubilei - ha proseguito mons. Fisichella - domenica 13 dicembre saranno aperte le Porte Sante  in tutte le cattedrali del mondo”:

“Tutto il mondo sarà realmente uno spettacolo di Porte che si spalancano per dare l’annuncio e il segno di questo Anno della Misericordia”

Il 13 dicembre Papa Francesco aprirà dunque la Porta Santa della sua cattedrale di Roma, quella di San Giovanni in Laterano. La celebrazione inizierà alle 9.30:

“Papa Francesco ha desiderato che il Giubileo della Misericordia si svolgesse anzitutto nelle Chiese particolari. Ed è proprio per questo che ha voluto aprire la Porta Santa nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, la scorsa domenica 29 novembre, facendola diventare capitale mondiale della pace e strumento di misericordia”.

Un venerdì al mese, i segni di misericordia del Papa
Il 18 dicembre Papa Francesco compirà un gesto simbolico “aprendo la Porta della Misericordia” all’ostello della Caritas romana Don Luigi di Liegro in via Marsala:

“Questo gesto sarà il primo con il quale il Papa darà inizio ai segni, che un venerdì al mese intende offrire come espressione delle opere di misericordia”.

Mons. Fisichella ha precisato che ogni incontro avrà il carattere di una visita privata per esprimere vicinanza e solidarietà. Una visita che “sarà anche una testimonianza per sottolineare le grandi forme di disagio, emarginazione e povertà presenti nella società”, unite però al riconoscimento della solidarietà espressa da tante persone.

Ecumenismo e Udienza Generale
Parlando anche dell’importanza del significato del Giubileo per le altre religioni e l’ecumenismo, è stato ricordato che il 25 gennaio il Papa sarà a San Paolo fuori le mura per una celebrazione giubilare proprio a livello ecumenico. Confermato anche che Francesco sarà presente, un sabato al mese, per un’udienza generale in aggiunta a quella del mercoledì.

I missionari della misericordia
Durante la conferenza stampa è stato ricordato che si sono chiuse le iscrizioni per essere tra gli ottocento Missionari della Misericordia, indicati dai vescovi di tutto il mondo. “Il Mercoledì delle Ceneri i missionari riceveranno il mandato dal Santo Padre ad essere predicatori” e confessori di misericordia; “avranno anche la facoltà di rimettere i cinque peccati il cui perdono è riservato alla Sede apostolica”.

“Saranno il segno della vicinanza e del perdono di Dio nei confronti di tutti”.

“Il Papa ha concesso a tutti i vescovi del mondo - ha ricordato ancora mons. Fisichella - la possibilità” di benedire in suo nome nella “Santa Messa di apertura e chiusura della Porta Santa”.

Assistenza ai pellegrini
Sollecitato dai giornalisti, il presule ha ribadito che non è possibile quantificare il numero di pellegrini che saranno presenti a Roma, perché le prenotazioni sono un flusso continuo; ed ha rassicurato sulla presenza di una fitta rete di assistenza sanitaria grazie anche un “piano strutturato con la Regione Lazio”. Sono stati approntati anche servizi per non vedenti e non udenti, che consentiranno loro il pellegrinaggio alla Porta Santa, e allestiti confessionali senza barrire architettoniche.

Volontari e le chiese giubilari
Importante - è stato spiegato - l’apporto dei volontari. Tutti “saranno collocati a Via della Conciliazione e Piazza San Pietro, nelle altre Basiliche e nelle altre tre chiese giubilari, ovvero San Salvatore in Lauro, Santa Maria in Vallicella - Chiesa Nuova e San Giovanni Battista dei Fiorentini”.

“In molti hanno risposto all’invito che abbiamo rivolto nei mesi scorsi; i volontari continuano a proporsi, e a tutt'oggi  sappiamo che avremo circa 100 volontari al giorno al servizio dell’Anno Santo, numero che ovviamente è destinato a crescere, tra gli 800 e i 1000 in occasione dei grandi eventi”.

Sicurezza e opere
Sollecitato sul tema della sicurezza, mons. Fisichella ha detto che grazie all’accordo bilaterale tra Italia e la Santa Sede è necessaria comunque la debita vigilanza, nonostante ci sia garanzia totale nei confronti di tutti i pellegrini. Per quanto riguarda le opere per il Giubileo, ha parlato di quattro mesi passati “invano” per “l'incertezza dell'amministrazione”, pur lodando il lavoro attuale del commissario straordinario che “deve recuperare a marce forzate il tempo perduto”.

Informazioni e attestato 
Mons. Fisichella ha ricordato il sito ufficiale, tradotto in 7 lingue, dove si possono reperire tutte le informazioni: www.im.va; ha ricordato anche che in Via della Conciliazione n.7 è stato allestito il Centro informativo per pellegrini. Rimarcato che il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione è l’unica autorità che può rilasciare l’attestato per chi compie il pellegrinaggio o partecipa al Giubileo, e ha sottolineato che sono stati ormai completati i sussidi per il Giubileo preparati dall'editrice San Paolo in dieci lingue, tra cui l’ucraino ed il coreano.

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Mons. Becciu: dal Papa l'esempio a vivere Giubileo senza paura

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Presentato stamani alla Fiera dei piccoli editori a Roma il libro “Letterine a Papa Francesco”. Il volume, edito dalla Gallucci, a cura della vaticanista Alessandra Buzzetti, raccoglie alcune delle numerosissime lettere al Papa che arrivano in Vaticano da parte di bambini di tutto il mondo. Alla presentazione è intervenuto anche mons. Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Alessandro Gisotti lo ha intervistato: 

R. – Bella è la spontaneità dei bambini, è la fiducia che hanno nel Papa che li porta a parlare così, in maniera tanto semplice, a fargli le domande più belle, come si fa con un nonno. Abbiamo visto che il Papa con i bambini ci sa stare, li ama… Ho fresche le immagini del Papa in Centrafrica: c’era una fila di bambini e pensavamo che ne salutasse uno, due o tre; invece ha passato diversi minuti intrattenendosi con loro, accarezzandoli e manifestando loro tutta la sua paternità e il suo amore.

D. – A pochi giorni dal Giubileo anche questo libro, anche questo rapporto particolare che Francesco ha con i bambini ci fa tornare in mente quella "rivoluzione della tenerezza" che il Papa ha incominciato fin dai primissimi momenti del Pontificato…

R. – A me personalmente aveva colpito un tema del genere, che spesso avevamo sorvolato… Invece lui, sin dagli inizi, ha usato questa parola e insiste! Alla fine la tenerezza non è altro che la paternità di Dio, la misericordia di Dio. E noi, come figli di Dio, dobbiamo rassomigliare al Padre.

D. – Molte le questioni legate alla sicurezza e alla logistica pensando al Giubileo, ma Francesco e i bambini ci dicono che il Giubileo parla soprattutto del cuore. Quindi anche il Centrafrica ha dato questa incredibile testimonianza con i giovani che andavano alla Veglia, nonostante il coprifuoco. E noi ci preoccupiamo – anche giustamente –  dei problemi del traffico a Roma…

R. – Il viaggio in Centrafrica è stata proprio una grande sfida, vinta in maniera eloquente da parte del Papa. E’ stato un messaggio anzitutto di predilezione ai Paesi più sfortunati - e tra questi, ahimè, c’è il Centrafrica, ma anche un messaggio al mondo intero: ci ha detto il Papa che non possiamo rinchiuderci in casa, che dobbiamo riprendere la nostra vita normale, non lasciandoci condizionare dalle minacce di attacchi terroristici; altrimenti la daremo vinta a chi vuole la fine del nostro modo di vivere; che dobbiamo andare avanti e portare a termine la nostra missione. Il Papa mi pare abbia dato questa grande lezione al mondo intero. Partivamo preoccupati, certo, perché tante erano le voci; preoccupati anche dal dopo-Parigi: questo era normale… Ma il Papa, con il suo coraggio e con la sua fede in Dio, ci ha ripetuto spesso che siamo nelle mani di Dio.

D. – Un messaggio che, ovviamente, vale soprattutto a Roma?

R. – Certamente! Che la gente venga, che la gente venga con serenità e con coraggio, che non ci si lasci condizionare!

Per volontà di Francesco, l’intero ricavato dei diritti d’autore di questo libro viene donato alla Fondazione "Dispensario Santa Marta", che offre ogni giorno cure mediche, cibo e vestiario ai bambini che ne hanno bisogno e alle loro famiglie. Alla presentazione del libro, dunque, erano presenti anche la responsabile del Dispensario, la vincenziana Suor Antonietta Collacchi e una volontaria della struttura, Valentina Giacometti. Sulla tenerezza che emerge pagina dopo pagina, Alessandro Gisotti ha intervistato la curatrice del volume, la vaticanista Mediaset, Alessandra Buzzetti: 

R. - Una tenerezza incredibile, perché i bambini sicuramente la ricevano dal Papa, gliela chiedono e in qualche modo gliela ridanno, gliela riconsegnano con il loro affetto, con la loro spontaneità, con le loro domande veramente incredibili.

D. – Questo libro di bambini protagonisti, forse parla molto anche ai genitori, alle famiglie…

R. – Sì, parla anche ai genitori perché i bambini raccontano anche tanti loro problemi, come anche le loro speranze. Si rivolgono al Papa come proprio ad un grande nonno, cui affidarsi, cui chiedere consiglio, cui chiedere indicazioni per la strada della vita.

D. – La finalità molto bella: il ricavato andrà al Dispensario Pediatrico Santa Marta. Quindi non solo un libro, ma anche un’opera di misericordia se vogliamo…

R. – Un’opera di carità che sicuramente esprime bene anche questo Giubileo della Misericordia, perché i bambini, "cronisti" in qualche modo del Pontificato, fanno del bene ad altri bambini.

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Altre udienze di Papa Francesco

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Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia; mons. Edgar Peña Parra, arcivescovo tit. di Telepte, Nunzio Apostolico in Mozambico. Il Papa ha ricevuto ieri in udienza il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, con il segretario del medesimo Dicastero, mons. José Rodríguez Carballo, O.F.M., Arcivescovo tit. di Belcastro.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Gli ultimi giorni del Concilio".

L'oblio della scomunica: in cultura, Mauro Velati, Frans Bouwen e Grigorios Larentzakis a cinquant'anni dalla riconciliazione tra la Chiesa cattolica e il patriarcato di Costantinopoli.

Straordinari incontri: Giovanni Traettino su Francesco e i pentecostali.

Nel segno della misericordia: l'arcivescovo Rino Fisichella spiega il Giubileo.

Il posto che conta: prima predica d'Avvento in Vaticano.

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Oggi in Primo Piano



Zenari: uso forza non può essere unica soluzione a crisi siriana

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L'uso della forza non può essere l'unica soluzione alla crisi siriana: è quanto afferma il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, che torna a richiamare l'attenzione su un Paese stremato da quasi cinque anni di guerra. Sale, intanto, l'allerta attentati in Gran Bretagna dopo il via libera del Parlamento ai raid inglesi contro basi jihadiste del sedicente Stato islamico in Siria. Ma ascoltiamo mons. Zenari al microfono di Gabriella Ceraso: 

 R. – La gente è talmente occupata con la vita quotidiana, con i problemi di ogni giorno, adesso che si avvicina  anche l’inverno… Quello che è nell’animo di tutti è che termini questa guerra, la violenza, lo spargimento di sangue e che si torni a lavorare.  Credo che poi per la gente – dopo quasi 5 anni di guerra – sia anche difficile esprimersi, vedendo ancora gente che muore… Questo fa male!

D. – Mons. Zenari, le giro le affermazioni dell’arcivescovo di Canterbury proprio su queste ulteriore decisioni dei raid aerei da parte della Gran Bretagna. Lui ha detto: “La guerra non è sufficiente! Serve un approccio molto più completo”. Queste le sue parole. Secondo l’arcivescovo è anche importante andare ad incidere sulle affermazioni ideologiche degli estremisti e questo sarebbe importante che lo facessero proprio i Paesi arabi, Arabia Saudita, Qatar… Che ne pensa?

R. – Direi che qui c’è tutto un ampio lavoro – è chiaro! – di dialogo, di lavoro sul campo culturale. E questo dovrebbe essere il primo campo di battaglia. Del resto anche nella coalizione tutti dicono che questo conflitto non si può risolvere solamente con la forza. E questo è ormai nella mentalità di tutti…

D. – Di rifugiati non se ne parla più: sembra siano scomparsi dall’attenzione internazionale. Persone che scappano dalla Siria, persone che cercano altrove pace,  sicurezza e una casa dove stare: lei ha notizie su questo fronte? Qual è la realtà?

R. – Soprattutto i giovani non vedono un futuro e quindi sono portati ad emigrare. Direi che questa è un’altra arma contro la Siria. Non saprei adesso in quale misura, se sia aumentato o se sia diminuito, ma c’è ancora questo esodo. E si vede anche tra i cristiani: si notano dei posti vuoti nelle Chiese… Finché il conflitto continuerà, purtroppo ci sarà sempre questo esodo. 

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Vertice Cina-Africa. Zanotelli: stop al "land-grabbing"

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Pechino ha annunciato una serie di importanti aiuti per il continente africano. Lo ha detto oggi il presidente Xi Jinping nel corso del vertice “Cina-Africa”, a Johannesburg, in Sudafrica. Si tratta di interventi per 60 miliardi di dollari. L’iniziativa conferma la sempre più marcata influenza della Repubblica Popolare cinese sull’Africa, insieme con quella di altre grandi potenze, un’influenza, tuttavia, che non sempre ha portato benessere alle popolazioni locali. Giancarlo La Vella ne ha parlato con padre Alex Zanotelli, missionario comboniano: 

R. – Bisogna sempre sottolineare che la maledizione dell’Africa è la sua ricchezza. Nessun continente ha le ricchezze nel sottosuolo che ha l’Africa. E’ chiaro che queste ricchezze fanno gola alle grandi potenze, soprattutto agli Stati Uniti, all’Inghilterra, alla Francia … Oggi anche la Cina sta effettivamente penetrando un po’ in tutto il continente e questi incontri Cina-Africa sono molto significativi. Bisogna riconoscere che la Cina sta anche facendo dei lavori, in Africa: strade e cose simili. Ma sta soprattutto depredando l’Africa in mille maniere. Una di questa è certamente il “land grabbing”, cioè l’occupazione di terre, dove si coltiva non per la gente, ma per portare poi i prodotti in Cina, perché anche la Cina ha sempre più bisogno di cibo. Questo è un po’ il dramma, il problema di questo Continente: il pil cresce sempre più, ma a guadagnarci sono sempre poche persone. La maggioranza della gente è sempre più povera e sempre più oppressa.

D. – Potrebbe fare qualcosa, a livello di comunità internazionale, l’Europa, ad esempio?

R. – L’Europa, dalla sua, obbliga l’Africa con trattati a diventare mercato; l’Africa dovrà togliere tutte le barriere tariffarie che ha e che cosa comporterà questo? Che l’Europa, dove l’agricoltura è sussidiata con 50 miliardi di euro all’anno, potrà immettere i propri prodotti sui mercati africani a prezzi bassissimi e, dato che non ci sono tariffe, né altro, riuscirà a conquistare anche il mercato agricolo africano e ad affamare così ancora di più l’Africa …

D. – Può nascere qualcosa all’interno dell’Africa, per gestire in proprio queste ricchezze?

R. – Penso che una delle vie ce l’abbia indicata Papa Francesco, quando, sia in Kenya, sia a Bangui, sia in Uganda, ha accennato ad una realtà fondamentale, che sono i movimenti popolari. Papa Francesco viene dall’America Latina dove i movimenti popolari sono molto forti; non altrettanto in Africa. Io penso che uno dei lavori, anche per noi che lavoriamo in Africa – i missionari, le Chiese, eccetera – dovrebbe essere quello di formare i movimenti popolari, accompagnare questi movimenti su problemi come il lavoro e la casa. Sarà la gente che dovrà davvero incominciare a organizzarsi e a domandare rispetto per i propri diritti. E’ questa la via che, penso, sia l’unica che rimanga aperta per l’Africa.

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Migranti, scontri al confine tra Grecia e Macedonia

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Mentre a Belgrado si sta svolgendo il vertice europeo su sicurezza, terrorismo e immigrazione, la marcia dei migranti non si ferma. La situazione più grave è al confine tra Grecia e Macedonia, dove oggi tra le migliaia di persone ne è morta una folgorata da un cavo elettrico. Continuano da tre giorni, intanto, gli scontri violenti tra migranti e polizia. Secondo il rapporto Ismu, l'83% dei migranti arrivati nei Paesi europei con i barconi è approdato in Grecia. A causa della pericolosità della rotta dalla Libia, infatti, i flussi di migranti arrivati via mare nel 2015 hanno investito più la Grecia che l'Italia: dal primo gennaio al 20 novembre di quest'anno sono sbarcati in Grecia 715 mila persone, che si trovano ora in una situazione umanitaria al collasso. Ai microfoni di Veronica Di Benedetto Montaccini, Alessandra Morelli che coordina le operazioni dell'Acnur, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, proprio a Geugelijia, al confine Grecia-Macedonia: 

R. – E’ il terzo giorno di situazione critica. Non tutte le nazionalità hanno la possibilità di passare la frontiere. In Macedonia sono accettati soltanto i profughi di guerra e dunque di tre nazionalità: quella afghana, quella siriana e quella irachena. Tutti gli altri, ammassati a migliaia in una terra di nessuno e costretti a dormire all'aperto al confine hanno tentato di forzare il blocco ma la polizia macedone ha risposto con cariche, scontri e gas lacrimogeni. Questa frustrazione ovviamente ha causato violenza fra i migranti stessi e sta creando moltissima tensione vis-à-vis, tra le altre nazionalità, in particolare marocchini, algerini, pachistani, bengalesi e addirittura tibetani e indiani, che abbiamo incrociato e con cui abbiamo parlato. Noi siamo alla frontiera, come Alto Commissariato Onu per i rifugiati, dal 23 di agosto e il nostro ruolo è sempre stato quello di assistere tutte le categorie più vulnerabili, quali – ad esempio – quella degli disabili. E vi assicuro che in questa grande marcia ne abbiamo incontrati tantissimi.

D. – Non è pericoloso fare la distinzione tra rifugiati da Paesi di guerra e migranti economici?

R. – La differenza e la decisione di chi passa e di chi non passa purtroppo vengono prese da Stati indipendenti che stanno prendendo queste decisioni senza neanche sentire le Ong che lavorano sui confini sensibili. Certo che è molto pericoloso perchè si rischia di semplificare troppo, di cominciare a distinguere tra migranti buoni e migranti meno buoni, questo non deve accadere. 

D. – Nel 2015 l’83 per cento degli sbarchi è avvenuto proprio in Grecia. Come sta cambiando la rotta migratoria?

R. – A livello assoluto, i numeri sono diminuiti in confronto alla scorsa estate, in cui ci siamo confrontati con 7-8-9 mila sbarchi al giorno, soprattutto nell’isola di Lesbo: arrivi no-stop, costanti, giorno e notte. Certo è che ora il passaggio che cercano i migranti è Grecia, Macedonia e poi Serbia: più di 760 mila persone sono entrate e transitate in Grecia. Numeri altissimi ma non dimentichiamo che dietro ad ogni cifra c’è una storia, c’è una persona, c’è uno sguardo.

D. – Bruxelles chiede ad Atene di sorvegliare meglio le suo frontiere e di registrare tutte le domande d'asilo. La Grecia rischia di uscire da Schengen?

R. – Questo è un momento molto delicato per la Grecia. Bisogna aiutarla a sostenere questa situazione: non bisogna lasciarla sola! Veramente – e credetemi, perché noi siamo dentro questi flussi – c’è il mondo che si muove e non lo si può lasciare da solo.

D. – Tra i migranti che vedete passare al confine, ci sono anche migranti per ragioni di cambiamenti climatici?

R. – C’è tutto il mondo in questa grande marcia. Tutto il mondo! Ognuno si muove per una ragione: non ci si muove per sport. Se si sentono le loro storie e si ha l’opportunità di passare del tempo con loro, si scoprono storie di desiderio di rinascita, di libertà, di espressione in tutti i sensi, dal diritto all’educazione, al diritto alla sicurezza, al diritto ad un lavoro. E’ una grande marcia, c’è tutto. E’ anche il mondo che cambia.

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Galantino: realtà cattoliche aiutino a capire cosa fanno con 8 x mille

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Storie di uomini e donne che si donano per gli altri. La Focsiv ha consegnato i premi del Volontariato internazionale. Durante la cerimonia il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha ricordato che tanti di questi progetti sono possibili anche grazie all’8 per mille. Alessandro Guarasci: 

Gli italiani che fanno volontariato internazionale sono il miglior biglietto da visita dell’Italia nel mondo. La Focsiv così ha premiato un medico da 10 anni in Bolivia, due giovani ragazze che aiutano donne e bambini in India e che difendono i diritti dei lavoratori in Cina. Ed ancora una donna in Sicilia punto di riferimento per tutti quei migranti che attraversano il Mediterraneo sui barconi. Per mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, tanti di questi progetti sono possibili anche grazie all’8 per mille:

“Conoscere vuol dire anche aiutare le persone a non farsi prendere da comunicazioni assolutamente false, che proprio in questi giorni stanno aumentando; ma anche i modi di parlare dell’8 per mille da parte di altri destinatari dell’8 per mille, secondo me, non è sempre corretto. Quindi io chiedo, ho sempre chiesto e anche come vescovi stiamo chiedendo a tutte le realtà che direttamente o indirettamente beneficiano dell’8 per mille che lo facciano sapere, che comunichino tutto questo, perché altrimenti risulta che con l’8 per mille non si sa cosa ci si fa”.

Mons. Galantino dunque chiede anche più correttezza alla stampa:

“E allora vengono fuori quelle stupidaggini che tanti giornalisti, tanti grandi giornalisti, i cosiddetti grandi giornalisti, stanno continuando a dire sull’8 per mille. E’ bene che si informino, prima di tutto, e che sappiamo, per esempio, che i bilanci dell’8 per mille sono pubblici, anche se continuano ancora a dire che sono bilanci criptati. Che lo sappiamo questo! Che lo vadano a leggere, anche in ogni bollettino diocesano c’è scritto a cosa sia destinato l’8 per mille… Quindi bisogna che con più chiarezza ci si esponga su questo. Io lo chiedo soprattutto a tutte quelle nostre realtà cattoliche, ma anche non cattoliche, che beneficiano dell’8 mille perché dicano cosa stanno facendo”.

Il volontariato internazionale è la risposta alle disuguaglianze del nostro tempo. Il presidente della Focsiv Gianfranco Cattai:

“Noi oggi non premiamo una eccellenza di esperienza: noi facciamo rumore, vogliamo fare cultura e rumore attraverso delle esperienze di persone. Non è premiata la persona in quanto tale, ma perché esprime un contesto, una modalità nostra di essere della Focsiv”.

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Rapporto Censis: Italia in letargo, Paese vive alla giornata

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E’ un letargo esistenziale collettivo quello in cui vive l’Italia. Mancano una pianificazione per il futuro, un progetto generale di sviluppo del Paese. Crescono disuguaglianze che minano la coesione sociale. E’ quanto emerge dal 49.mo Rapporto del Censis, presentato oggi, sulla situazione sociale in Italia. Secondo l’indagine l’uomo mediatico dell’anno è Papa Francesco. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

L’Italia è un Paese che vive alla giornata, in costante attesa di una ripresa annunciata dai mass media. Ed è una società, quella italiana, in cui “vincono l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale e non maturano valori collettivi”. Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita:

“La ripresa resta prigioniera dello ‘zero virgola’ perché non c’è la ‘chimica collettiva’ che la porta avanti. La chimica collettiva ha una sua potenza che, in qualche modo, prescinde dal progetto politico, dal progetto decisionale. E’ una chimica che elabora se stessa”.

Manca dunque un’ unità di interessi . E aspettando una ripresa che sia più trainante, l’economica italiana continua a soffrire soprattutto per le lacune del mercato occupazionale. La disoccupazione è tornata sotto il 12% ma a trovare maggiormente lavoro sono gli over 55 dopo periodi di cassa integrazione e licenziamenti. Preoccupante il tasso di disoccupazione giovanile, raddoppiato in sei anni con un picco del 42,7% nel 2014. Segnali in controtendenza arrivano dal mondo universitario: calano le iscrizioni degli studenti ma aumenta il numero di quelli che non lasciano gli studi dopo il primo anno. I timori legati alla crisi portano inoltre gli italiani a risparmiare di più e a frenare la propensione al rischio. Tra le forme di investimento, la casa ha comunque ricominciato ad attrarre risorse, come dimostrano il boom delle richieste di mutui e l’andamento delle transazioni immobiliari. Continua a crescere il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito. Sono circa 5 milioni, quasi il 20% del totale. Il rapporto del Censis rileva infine che il Papa è il fenomeno mediatico dell’anno. Per quasi il 78% dei residenti di Roma, tra i punti di forza del cattolicesimo c’è proprio il carisma di Papa Francesco.

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I vincitori del premio De Carli per il giornalismo religioso

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Stimolare la riflessione sull’informazione religiosa ed evidenziare lavori giornalistici che rispondano a criteri etici e professionali. Questo l’obiettivo del Premio promosso dall’Associazione Giuseppe De Carli per ricordare il vaticanista fondatore di Rai Vaticano. La cerimonia si è svolta ieri all'Università della Santa Croce. Il servizio è di Eugenio Bonanata: 

Guardare il mondo con gli occhi da bambino. E’ l’insegnamento di Giuseppe De Carli protagonista di un video proiettato in apertura del premio, giunto alla terza edizione. Un modo per evocare la memoria visiva ed emotiva della sua figura, come spiega Elisabetta Lo Iacono presidente dell’Associazione:

“Questo è un po’ il faro che va ad illuminare tutto. E attorno alla sua figura, al suo esempio, al suo ricordo, si sviluppa tutto quello che costruiamo ogni anno. Con l’obiettivo di dare anche dei contenuti al ricordo, perché non rimanga una cosa fine a se stessa  ma interagisca con l’attualità e dia degli stimoli forti sull’oggi”.

Al centro della cerimonia i lavori dei giornalisti e in particolare l’alto livello qualitativo delle proposte che rende sempre più difficile la scelta da parte dei giurati.

 “In questi tre anni di premio è sempre stato unanime il commento dei giurati su una quantità molto alta di ottimi lavori. Questo, quindi, è un incoraggiamento, a cercare di andare avanti, nonostante le oggettive difficoltà che viviamo ogni giorno nel nostro lavoro, ma certi che comunque c’è una grande fetta di colleghi che stanno svolgendo un lavoro fatto con serietà, con professionalità e con passione. Ed è proprio questo che vogliamo cercare di premiare, per dare ulteriore stimoli a percorrere tutti assieme questa strada”.

Al primo posto una lunga intervista video a Papa Francesco, realizzata da Valentina Alazraki, di Televisa; un reportage su Lampedusa, di Nicoletta Masetto del Messaggero di Sant’Antonio. E poi un servizio radiofonico su Giovanni Paolo II, di Joannes Solés di Cadena SER; un articolo sui cattolici giapponesi sopravvissuti alle persecuzioni, firmato da Roberta Pacifico di Jesus. Menzione speciale a Luis Badilla, fondatore e responsabile del portale Il Sismografo.

“Quello che risulta interessante di questo premio è potere dare un contributo ad un tipo di informazione religiosa, un tipo di informazione sul Pontificato, sul Papa, che esca dagli schemi classici e tradizionali, perché alla fin fine – e chiudo qua – Papa Francesco con il suo magistero, con il suo modo di essere, con la sua pastorale sta cambiando anche l’informazione sulla Chiesa. E ci fa piacere stare su quella linea. C’è molto ancora da fare, molto, molto: nell’uso delle parole, nella scelta dei temi, nello stile, nell’impianto narrativo. Secondo me, però, l’informazione sta incominciando a cambiare e il futuro è molto promettente”.

Al secondo posto anche Benedetta Capelli, con un servizio per la Radio Vaticana sull’incontro di Papa Francesco con i senzatetto in visita alla Cappella Sistina:

"Credo che non sia un caso che questo premio arrivi in prossimità dell’apertura dell’Anno santo della misericordia. E’ emblematico quello che ho raccontato nel servizio dedicato ai poveri che hanno visitato i Musei Vaticani e che in Cappella Sistina hanno trovato il Papa. E’ stata quella la carezza di Francesco: la sua presenza di fronte ad una umanità ferità che viene guardata, ascoltata e accolta. Le storie che ho trovato sono dure ma allo stesso tempo piene di speranza; la speranza di un domani che nasce dall’incontro con realtà ecclesiali come i francescani e Sant’Egidio, è l’incontro che salva, che trasforma, che permette di rinascere a vita nuova, l’incontro con una persona che è Gesù. Tutto il pontificato del Papa è qui in questo rimettere al centro i poveri che sono poi il cuore del Vangelo".

Nell’occasione anche una tavola rotonda sul tema “Comunicare la carità nel Giubileo della Misericordia”, iniziativa formativa riconosciuta dall’Ordine dei Giornalisti. E per concludere la presentazione del libro ‘Informazione religiosa oggi – l’esempio di Giuseppe de Carli, a cura di Giovanni Tridente ed Elisabetta lo Iacono. Un volume dedicato alla buona informazione che c’è e che deve vedersi.

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Al cinema, avventura e storia con "Le origini di Moby Dick"

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Avventura e storia: con “Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick”, Ron Howard ripercorre la nascita di un capolavoro della letteratura americana, immergendosi non solo nelle acque degli Oceani ma nelle origini di un mito. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Onde e tempeste, marinai e baleniere: l’uomo coraggioso e testardo sul ponte di una nave, l’enorme balena bianca, presenza quasi metafisica, che si nasconde nelle acque e alla storia passerà con il nome di Moby Dick attraverso la penna di Herman Melville, autore di un capolavoro fondamentale della letteratura americana. Le cui origini sono raccontate nel film di Ron Howard, che ama spesso partire da fatti reali per decrittare avvenimenti entrati poi nella leggenda, come è accaduto per esempio con il suo “Apollo XIII” e “Rush”. Questa volta narra delle vicende che accaddero alla baleniera Essex nel 1819, quando salpò dal porto di Nuntucket verso Capo Horn e poi verso l’ignoto, per il suo ultimo viaggio con a bordo un gruppo di marinai a caccia degli immensi mammiferi marini e soprattutto del prezioso olio custodito nel loro ventre, quando ancora quello della terra non aveva fatto zampillare il petrolio. Si inabissò, affondata dalle spallate e i colpi di coda dell’enorme cetaceo. Trent’anni dopo, nel 1851, lo scrittore americano pubblicava, memore delle sue stesse giovanili esperienze marinare e affascinato dal tremendo episodio, un resoconto narrativamente imponente di quei fatti trasformandoli nella mitica caccia di Achab alla balena. Giocato su un doppio piano temporale - la notte dei ricordi, quando Melville ascolta l’ultimo superstite e il suo drammatico resoconto e i giorni di una battaglia cruentissima che impegnò i superstiti per la sopravvivenza – Howard sposta il piano più strettamente filosofico e simbolico incarnato in molte pagine di Melville in uno spettacolo visivamente imponente ed epico in cui dinanzi si fronteggiano l’umanità rapace e ossessionata dal denaro e la natura assediata e vilipesa che si difende, nascondendosi appunto nel “cuore del mare” ed emergendo quando necessario. Il male dell’uomo e la sua avidità e la balena che protegge la specie e il territorio, inseguendo e distruggendo, si scontrano fino allo sguardo silenzioso e drammatico nel quale si fissano il primo ufficiale Owen Chase e l’occhio immobile del cetaceo vendicatore. Un monito che, nei giorni in cui si discute sulle sorti del pianeta, richiama tutti a una urgente riflessione, a un impegno morale e sociale.

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Nella Chiesa e nel mondo



Bartolomeo I a Cop21: sul clima non è troppo tardi ma agire subito

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“Non è troppo tardi per agire. Ma non possiamo permetterci di rimandare a domani ciò che possiamo fare oggi”. È questo il “messaggio” che il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I invia ai leader politici e agli esperti di tutto il mondo riuniti in questi giorni a Parigi per la Conferenza internazionale sul cambiamento climatico (Cop21). Il patriarca Bartolomeo - riferisce l'agenzia Sir - doveva partecipare alla celebrazione di una preghiera ecumenica che si è svolta ieri sera nella cattedrale Notre-Dame di Parigi alla presenza dei rappresentanti delle Chiese cristiane ma per motivi di sicurezza, ha dovuto rinunciare al suo viaggio in Francia e agli impegni presi per la Cop21. È stato quindi il metropolita Emmanuel di Francia a leggere il suo messaggio. 

Una spiritualità ecologica deve essere una spiritualità di conversione
“Il Patriarcato ecumenico – ha detto Bartolomeo – non cessa di ripetere con le altre Chiese cristiane e in particolare con il nostro fratello Papa Francesco, che la protezione dell’ambiente deve essere un obiettivo ecumenico comune. La preghiera che facciamo salire oggi al Signore è che i leader del mondo s’impegnino a trovare un accordo che permetta di limitare al massimo il cambiamento climatico”. Il Patriarca Bartolomeo è quindi tornato a ribadire che “una spiritualità ecologica deve essere una spiritualità di conversione”. Si tratta – ha spiegato – di “mutare radicalmente i nostri stili di vita per limitare le azioni inquinanti che influiscono sul cambiamento climatico”. 

E' arrivato il tempo di “passare dalle parole alle azioni”
“La creazione – ha quindi aggiunto il Patriarca – è un dono che gratuitamente ci è stato dato e che siamo tenuti a renderne conto non solo alle generazioni future ma anche davanti a Dio”. “Il futuro dell’umanità – ha detto Bartolomeo – resterà incerto se collettivamente non saremo in grado di fare una scelta per il bene comune”. Ed ha concluso: “Siamo tutti d’accordo nell’affermare che bisogna proteggere le risorse naturali che non sono né infinite né negoziabili” ma è arrivato il tempo oggi di “passare dalle parole alle azioni”.  (R.P.)

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Card. Napier: nel suo viaggio il Papa ha parlato a tutta l'Africa

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“Sono assolutamente convinto che la visita del Papa in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana avrà un impatto sull’intera Africa” dice all’agenzia Fides il card. Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica, che si trova a Roma per la XIX Assemblea Plenaria della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. “Quello che il Santo Padre ha detto in quei tre Paesi riflette molto di quello che, come africani, avremmo voluto sentire dal Papa. Per esempio il suo appello alla pace, il suo invito a prendersi cura dei malati, dei poveri e degli emarginati, riflette molto di quello che vorremmo vedere accadere nei nostri Paesi. Se il Papa dovesse venire in Sudafrica certamente gli chiederemmo di fare questo”.

Papa ha riconosciuto il ruolo dei laici africani
“Un altro aspetto importate di questa visita - prosegue il cardinale - è il ruolo che Papa Francesco ha riconosciuto ai laici, in particolare ai catechisti. La maggior parte dei catechisti sono uomini, e i catechisti possono essere un modello positivo per i giovani e i giovani adulti. Questo è molto importante in Sudafrica dove gli uomini non hanno dei buoni modelli da seguire” sottolinea il cardinale.

Le violenze xenofobe causate dall'indigenza
Il Sudafrica registra uno dei tassi mondiali più alti di violenze sessuali e ultimante si sono registrati anche gravi incidenti xenofobi contro le popolazioni immigrate. A questo proposito il card. Napier dice: “ora la situazione appare calma, ma il problema delle violenze xenofobe non è stato risolto ed è stato nascosto sotto il tappeto, pronto a riesplodere. Alcuni interventi sono stati fatti, ma quando gran parte della popolazione vive nell’indigenza sorge la tentazione di attaccare le persone ancora più svantaggiate. Non abbiamo sentito di attacchi contro immigrati provenienti da India o Pakistan, che gestiscono attività commerciali, ma abbiamo visto come sono stati colpiti migranti provenienti da altri Paesi africani, che in genere sono completamente indifesi. Comunque si stanno facendo sforzi ad ogni livello per impedire il ripetersi di questi incidenti”.

L'Africa danneggiata dalla corruzione
​Il card. Napier conclude con questa considerazione: “L’Africa possiede risorse enormi, non ultime quelle umane. La corruzione che porta al cattivo uso di queste risorse danneggia fortemente gli abitanti del continente. Dobbiamo lavorare per far sì che la nostra classe dirigente sia pervasa dal senso dell’integrità morale, dell’onestà e soprattutto dal sentimento di doversi prendere cura dei poveri. Penso che il cristianesimo abbia un importante messaggio da offrire”. (L.M.)

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Vescovi africani: cancellare discriminazioni ai malati di Aids

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Aiutare a cancellare lo stigma contro le persone affette dal virus dell’Hiv, sostenendo loro e le loro famiglie con spirito di “carità e misericordia” perché non si sentano isolate ed emarginate dalla società. E’ questo il messaggio che il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Secam/Sceam) ha voluto lanciare in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids  celebrata il 1° dicembre con il tema “Arrivare a zero“, ovvero portare a zero il numero delle nuove infezioni, quello dei decessi e, appunto, la discriminazione.

Ammettere la malattia e sostenere le famiglie colpite
Una discriminazione - rileva il documento – che induce i malati ad un senso di abbandono e che spinge molte famiglie colpite a nascondere la verità sulla malattia o la morte di un proprio congiunto per Aids, contribuendo così alla diffusione del contagio. E’ per questo – sottolineano i vescovi africani - che la rivelazione della propria condizione di malato è una parte importante della battaglia contro il virus. Fondamentale – come è stato evidenziato durante il recente Sinodo sulla famiglia – è poi il sostegno materiale e pastorale alle famiglie colpite.  L’Aids infatti mette a dura prova i forti legami familiari in Africa. 

Amore e misericordia base della riconciliazione in Africa
Di qui l’elogio alle famiglie che restano vicine ai propri congiunti malati e del “coraggioso” sostegno dato da tante comunità ecclesiali e ordini religiosi. “Un amore incondizionato è la vera base della riconciliazione”, afferma il messaggio, ricordando che al tema della riconciliazione il Secam ha dedicato, lo scorso luglio, un anno speciale, rispondendo all’invito rivolto da Papa Benedetto XVI nell’esortazione post-sinodale “Africae Munus”. A una settimana dall’inizio Giubileo, i vescovi africani esortano quindi tutte le comunità di fede alla misericordia e alla carità verso i malati di Aids e a sostenere la dignità della famiglia. Il messaggio conclude quindi con l’impegno dei vescovi a “promuovere con più vigore in tutte parrocchie e organizzazioni cattoliche del continente la compassione” per rispondere a questa sfida 

L’Africa sub-sahariana la regione più colpita dall’Aids
L’Africa sub-sahariana la regione più colpita dall’Aids. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 70% dei casi nel mondo sono concentrati in questa parte del continente. Come confermato da una recente indagine condotta tra 900 siero-positivi di diversi Paesi sub-sahariani dall’Ajan - la Rete dei Gesuiti Africani contro l'Aids - , il principale problema resta l’accesso ai farmaci anti-retrovirali e più in generale a servizi sanitari efficienti ed economicamente accessibili. (A cura di Lisa Zengarini)

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Vescovi Congo: siamo pastori preoccupati per il nostro Paese

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“Nessuno ha il diritto di decretare il silenzio totale su qualsiasi persona che esprima la propria opinione o prenda la parola in uno Stato che si dice democratico” afferma un comunicato dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo, segnando una nuova tappa nello scontro con il Presidente Joseph Kabila, sospettato di voler modificare la Costituzione per ottener un terzo mandato nelle elezioni del 2016, o di cercare di ritardare il voto per prolungare il suo potere. Il 24 novembre il Comitato Permanente della Cenco aveva pubblicato un comunicato nel quale si denunciavano “le restrizioni delle libertà individuali, l’aumento delle repressioni e delle intimidazioni”.

I membri del comitato dei vescovi non sono agitatori ma Pastori
Nel messaggio pubblicato ieri - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi ricordano ora che “il comitato permanente della Cenco non è un ufficio qualunque. È un’assemblea composta da arcivescovi e vescovi che presiedono differenti Commissioni della Conferenza episcopale. I suoi membri non sono degli agitatori, ma dei Pastori, che hanno a cuore il Paese e il buon funzionamento delle istituzioni”. Nel loro messaggio del 24 novembre i vescovi avevano fatto riferimento all’art. 64 della Costituzione congolese che afferma: “ogni congolese ha il dovere di fare fronte a qualsiasi individuo o gruppo di persone che prenda il potere con la forza o che l’eserciti in violazione delle disposizioni della Costituzione”.

I vescovi non vogliono rovesciare il regime ma chiedono rispetto per la Costituzione
“L’interpretazione che viene data all’articolo 64 mette il cittadino di fronte alle sue responsabilità afferma il messaggio -. Nessuno tra i vescovi intende rovesciare il regime vigente. I vescovi chiedono il rispetto della Costituzione e dei termini costituzionali per le elezioni; questo non può essere considerato come un appello a sollevare la popolazione contro il regime” conclude il comunicato. (L.M.)

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Chiesa Burkina Faso: costruire il Paese con il coraggio della verità

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Ricostruire il Burkina Faso con il coraggio della verità: è l’appello lanciato da mons. Paul Ouédraogo, arcivescovo metropolita di Bobo-Dioulasso e presidente della Conferenza episcopale del Burkina-Niger, in un’intervista pubblicata sul sito web www.egliseduburkina.org Le parole del presule arrivano a tre giorni dall’elezione del nuovo capo di Stato, Roch Marc Christian Kaboré: eletto con oltre il 50% dei voti, l’ex premier ha ora il compito di guidare il Paese africano dopo l’era di Blaise Compaoré, al potere per ben 27 anni, deposto da una sommossa popolare, nell’ottobre di un anno fa, ed ora in esilio in Marocco.

Rilanciare l’economica per far crescere il Paese
Esprimendo, in primo luogo, soddisfazione per lo svolgimento ben organizzato e pacifico delle elezioni presidenziali, mons. Ouédraogo esorta i cittadini a “cogliere questa opportunità” per far ripartire il Paese ed indica, in particolare, tre priorità: economia, riconciliazione e governance. “La questione economica – spiega – è prioritaria perché questo è il settore maggiormente colpito dalle recenti sommosse popolari”. Rilanciare l’economia, dunque, è necessario affinché “il Burkina Faso possa ritrovare un tasso di crescita accettabile”. Di qui, l’auspicio del presule perché si risolva, in particolare, l’emergenza della disoccupazione giovanile.

Promuovere la riconciliazione nazionale in nome della democrazia
La seconda priorità riguarda la pace nel Paese: in quanto presidente della Commissione nazionale della riconciliazione e delle riforme, mons. Ouédraogo lancia un appello “per la giustizia”, così da “mettere l’intera popolazione in condizioni di vivere insieme e, attraverso la riconciliazione, di ricostruire la nazione”. “Riconciliandoci gli uni con gli altri – spiega il presule – potremo ritrovare il cammino della libertà e della democrazia”.

Redigere nuova Costituzione che risponda ai bisogni della popolazione
Strettamente legata a questa urgenza c’è la terza priorità indicata dal presule, ovvero “il problema della governance istituzionale”: “I cittadini del Burkina – spiega l’arcivescovo – aspirano ad una nuova Costituzione che risponda meglio ai loro bisogni. In effetti, nuovi progetti costituzionali sono in cantiere, ma bisogna procedere celermente per elaborare una nuova Carta fondamentale che rappresenti al meglio le necessità dell’intera popolazione”. Al contempo, mons. Ouédraogo esorta i cittadini ad essere “pazienti, ma anche vigili” perché “la pazienza non consiste nell’incrociare le braccia” ed aspettare che lo Stato agisca, bensì “nel prendere coscienza delle urgenze attuali e nel mettersi tutti al lavoro” per cercare di risolverle.

La Chiesa non dà indicazioni di voto, ma offre principi per il bene comune
Rispondendo poi ad una domanda sulle elezioni presidenziali, mons. Ouédraogo smentisce categoricamente che la Chiesa locale abbia dato indicazioni di voto ai fedeli e ribadisce: “La Chiesa non raccomanda mai e poi mai un candidato al voto né dei cittadini, né dei fedeli, perché ciascuno è libero di votare secondo coscienza”. Anzi: i vescovi sono ben contenti di notare che “i fedeli cristiani sostengono partiti politici diversi tra loro”. Quanto ai cattolici che militano attivamente in politica, mons. Ouédraogo ricorda solo di vigilare affinché i rispettivi schieramenti tutelino “il diritto alla dignità dell’uomo”. E queste non sono indicazioni di voto, chiarisce ancora il presule, bensì “principi che la Chiesa offre affinché la politica sia davvero al servizio dell’uomo e non avvenga il contrario”.

No alla violenza. Promuovere pace nella verità
Infine, parlando delle speranze per il Paese, l’arcivescovo esprime l’auspicio che la popolazione “si metta al lavoro per costruire la ‘casa comune’ del Burkina Faso, per progredire sul cammino della riconciliazione, della giustizia e della pace, rinunciando alla violenza che porta solo distruzione e non costruisce nulla”. E citando San Giovanni Paolo II, mons. Ouédraogo aggiunge: “La forza della pace è la verità” ed “il coraggio della verità è ciò che ci permette di andare avanti, perché non si può costruire nulla sulle basi della menzogna”. “Ci auguriamo davvero – conclude il presule – che i nostri governanti siano sempre al fianco della verità e della giustizia perché quando esse si incontrano, allora giustizia e pace si abbracciano”. (A cura di Isabella Piro)

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Iraq: comunità di Bassora aprirà la Porta Santa il 6 dicembre

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“Sarà una celebrazione simbolica” quella che vedrà il prossimo 6 dicembre, l’apertura della Porta Santa della Misericordia nella piccola comunità cristiana caldea di Bassora, nel sud dell’Iraq, area a maggioranza sciita. A dare l’annuncio - riferisce l'agenzia Sir - è lo stesso arcivescovo caldeo della città, mons. Habib Jajou Al Naufali, che al sito Baghdadhope descrive anche le condizioni dei cristiani locali. 

La presenza dei cristiani a Bassora
“Ci sono circa 400 famiglie cristiane che vivono ancora a Bassora – spiega il presule – 180 appartengono alla Chiesa caldea e vivono a Bassora e Al-Amarah, una cittadina nel governatorato di Maysan, 120 appartengono alla Chiesa siro-cattolica, 10 a quella siro-ortodossa, 72 famiglie sono armene, quasi tutte ortodosse, 9 appartengono alla Chiesa assira e 9 a quella evangelica. Ogni denominazione ha ancora almeno una chiesa, solo i fedeli assiri non ne hanno una in città e frequentano quella caldea”. I rapporti con la maggioranza sciita (90%) “sono buoni” anche se “a volte qualche famiglia cristiana è maltrattata e decide quindi di fuggire”. 

La diocesi di Bassora ha accolto 73 famiglie in fuga dall’Isis
Dal Governo “non ci sono aiuti”, quei pochi che arrivavano si sono interrotti nel 2014 a causa degli eventi legati al sedicente Stato Islamico. Oggi, dice mons. Al Naufali, “l’elettricità e l’acqua sono gratuite per tutte le chiese e durante le celebrazioni religiose la sicurezza è data da 4 poliziotti per ogni chiesa mandati dal governo”. Nonostante la povertà la diocesi di Bassora ha accolto 73 famiglie in fuga dall’Isis, provenienti dalla Piana di Ninive. 

Sul futuro dei cristiani in Iraq l’arcivescovo non è ottimista
“Sono parzialmente pessimista per molte ragioni tra le quali la più importante è che i cristiani hanno bisogno di una vita sociale cristiana che l’attuale situazione non consente di vivere”. Intanto si pensa al Giubileo, “alcuni fedeli mi hanno chiesto aiuto per recarsi a Roma e cercherò di fare qualcosa per loro”, e all’imminente Natale: “Ci saranno ritiri spirituali, mostre, visite pastorali, studi biblici, rappresentazioni. Ognuno farà del suo meglio per celebrare il tempo speciale del Natale nel miglior modo possibile”. (R.P.)

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Russia: Assemblea dei vescovi cattolici su Sinodo e Giubileo

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L’Assemblea plenaria della Conferenza dei vescovi cattolici della Russia, che si è svolta il 2-3 dicembre a Irkutsk, è stata un momento di “verifica e di riflessione sulle attività delle strutture della Chiesa cattolica nel Paese”. A fare il punto sull’assise conclusa ieri è una nota diffusa dal segretario generale Igor Kovalevsky. In particolare, si legge, la riflessione ha preso le mosse dalla relazione dell’arcivescovo di Mosca e presidente della Conferenza, mons. Paolo Pezzi, sul Sinodo della famiglia a cui ha partecipato e sull’incontro nazionale dei giovani russi che si è svolto nell’agosto 2015 a Novosibirsk. 

Giubileo e causa di beatificazione del "santo medico di Mosca" Haas
Tra i temi discussi in Assemblea - riferisce l'agenzia Sir - anche “la visita pastorale canonica che i vescovi stanno svolgendo nelle proprie parrocchie” e la “celebrazione del Giubileo della misericordia”. I vescovi hanno inoltre dato il loro sostegno al processo di beatificazione di Friedrich Joseph Haas, il medico tedesco che visse in Russia gran parte della sua vita (1780-1853), dedicandosi a curare poveri e prigionieri e, per questo, noto come “il santo medico di Mosca”. All’Assemblea di Irkutsk hanno partecipato l’arcivescovo Paolo Pezzi, il vescovo di Saratov, Clemens Pickel, il vescovo Joseph Werth di Novosibirsk, il vescovo Kirill Klimovich di Irkutsk, il nunzio apostolico mons. Ivan Jurkovic e il segretario generale Kovalevsky. La prossima plenaria si svolgerà il 6-7 aprile 2016 a Sochi. (R.P.)

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Vescovi Svizzera: plenaria su famiglia, abusi e cristiani perseguitati

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Il Sinodo dei vescovi sulla famiglia, gli indennizzi alle vittime di abusi sessuali, i rifugiati in Medio Oriente: sono alcuni degli argomenti affrontati dalla Conferenza episcopale svizzera riunitasi per la sua 310.ma assemblea ordinaria dal 30 novembre al 2 dicembre a Saint-Maurice. A riferire dei lavori sinodali è stato mons. Jean-Marie Lovey, vescovo di Sion, che ha preso parte all’assise come rappresentante della Chiesa cattolica svizzera. In vista di un possibile documento del Papa, i presuli raccomandano ai fedeli una speciale attenzione e ricordano che la riconciliazione e il perdono – fondamentali nella riflessione sul matrimonio e la famiglia – costituiscono gli elementi centrali dell’Anno della Misericordia che sta per iniziare. Nel comunicato pubblicato al termine dell’Assemblea, i vescovi svizzeri, inoltre, riaffermano la convinzione che lo Stato e la società civile hanno una responsabilità particolare per la sopravvivenza del valore inestimabile che è la famiglia come cellula di base della società e plaudono agli sforzi del legislatore per garantire il matrimonio come unione stabile di un uomo e di una donna.

Un fondo delle diocesi indennizzerà quanti hanno subito abusi sessuali
Circa gli indennizzi per abusi sessuali caduti in prescrizione sia nel diritto civile che canonico, la Conferenza dei vescovi svizzeri ha pubblicato delle direttive che prevedono la creazione di un fondo – che sarà alimentato principalmente dalle diocesi e ancora da congregazioni religiose – e la costituzione di una commissione che dovrà decidere delle modalità dei versamenti. Si prevede che l’indennizzo alle vittime sarà essenzialmente versato come contributo finanziario unico fino a 10mila franchi.

Solidarietà ai cristiani del Medio Oriente e collette per l’avvento e il Natale
Nel corso dei lavori i presuli sono stati informati poi del viaggio in Libano, dal 23 al 27 novembre, di una delegazione comune della Conferenza episcopale svizzera e della Federazione delle Chiese protestanti di Svizzera che ha voluto esprimere solidarietà alle comunità cristiane del Medio Oriente che vivono in difficoltà e che si impegnano per la libertà religiosa e i diritti dell’uomo. La delegazione ha inoltre riferito che il Libano non riceve aiuti internazionali per i rifugiati cristiani, sostenuti solamente da organizzazioni ecclesiali come “Aiuto alla Chiesa che soffre” e “Associazione svizzera di Terra Santa”. Per tale motivo i vescovi svizzeri chiedono alle parrocchie di sostenere tali organizzazioni attraverso doni o collette durante l’Avvento o il Natale.

Posti di lavoro a rischio con la soppressione dei magazine religiosi ad Rts
Infine, i presuli hanno espresso rammarico per la soppressione dei magazine religiosi ecumenici realizzati alla Radio Televisione Svizzera francofona (Rts) che molto probabilmente provocherà la diminuzione di posti di lavoro presso Cath-Info e Médias-Pro. (A cura di Tiziana Campisi)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 338

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