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Sommario del 25/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa in preghiera per il Nepal colpito dal terremoto: centinaia di vittime

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Un devastante terremoto ha colpito oggi il Nepal: centinaia le vittime. Per il momento sono stati estratti dalle macerie oltre 800 corpi. Papa Francesco, informato dell’accaduto, sta seguendo in preghiera e con grande preoccupazione l’evolversi della situazione, partecipando al dolore di quanti sono stati colpiti. E’ stato un sisma di magnitudo 7.9, seguito da forti scosse di assestamento che ha interessato la zona a metà strada fra la capitale, Kathmandu, e la città di Pokhara. Ingenti anche i danni materiali. Il servizio di Marco Guerra: 

Si contano già centinaia di vittime, ma si temono migliaia di morti, per il devastante terremoto che alle 11.56 locali di questa mattina ha colpito il Nepal. La scossa più devastante è durata per ben un minuto e mezzo e seguita da altre 13 di assestamento. Sisma avvertito distintamente anche in India, Cina, Pakistan e Bangladesh. Secondo alcune testimonianze la zona dell’epicentro, per un raggio di alcuni chilometri, sarebbe stata letteralmente rasa al suolo. Crollati numerosi edifici anche nel centro della capitale Kathmandu, imprecisato il numero delle persone intrappolate. Gravi danni nella zone della città patrimonio dell’Unesco, un insieme di templi e palazzi, compresa la Torre Dharahara. Chiusa la poi la metropolitana e danneggiato l’aeroporto internazionale. Voli dirottati nell’India settentrionale. Il terremoto ha provocato anche una valanga sul monte Everest, la cima più alta del mondo nella catena montuosa dell’Himalaya, otto vittime si contano nei pressi del campo base dove partono le spedizioni alla vetta e dove sono presenti anche strutture di ricerca internazionali. I media cinesi riferiscono poi di almeno 13 persone che hanno perso la vita nel Tibet. Ma per una testimonianza sentiamo, al microfono di Alessandro Guarasci, padre Pius Perumana della Caritas nepalese:

R. – I tried to reach the town, I was in …
Provavo a raggiungere la città, non ero qui quando c’è stato il terremoto. Sono riuscito ad arrivare solo ora, la strada era bloccata, poi l’hanno liberata e così sono riuscito ad arrivare a Kathmandu. Ora sono nella chiesa, con un folto gruppo di persone.

D. – Da quello che riesce a vedere, ci sono molti feriti?

R. – There are a number of injured, and according to our reports …
Ci sono molti feriti e secondo le notizie che abbiamo ricevuto ci sono centinaia di morti. Nella zona nella quale mi trovo stanno ancora cercando sopravvissuti sotto le macerie perché molte case sono crollate, molte sono danneggiate.

D. – In che condizioni sono gli edifici?

R. – In many places the buildings are cracked and some buildings are collapsed …
In molte zone gli edifici sono danneggiati e alcuni sono crollati. Ma le notizie stanno appena iniziando ad arrivare solo adesso. Sa, non è ancora tornata la corrente, le linee telefoniche non sono state ripristinate, per questo, il quadro non è molto chiaro.

D. – Di cosa ha bisogno la gente, adesso?

R. – Well, people are all out because of the after shakes …
Bè, la gente è tutta in strada per via dello sciame sismico che continua. Vengo dalla sede della Caritas dalla quale siamo usciti perché suonava l’allarme, la gente non si sente al sicuro all’interno degli edifici. Quindi, stiamo fuori. E’ molto nuvoloso, potrebbe piovere … Quindi, abbiamo bisogno di ricoveri, cibo e generi di prima necessità. La gente non può tornare nelle case, perché molte sono completamente distrutte … la gente è tutta nelle strade …

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Francesco: solidarietà non tramonta, Papa Wojtyla lo ha insegnato

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Una delle “parole-chiave” del magistero sociale di Giovanni Paolo II è stata la “solidarietà”. Lo ha ricordato Papa Francesco nel ricevere in udienza i membri della Fondazione intitolata al Pontefice proclamato Santo il 27 aprile di un anno fa. La solidarietà, ha ripetuto Francesco, non tramonta e mantiene intatta la sua “forza profetica”. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Il mondo ha imparato a definire Francesco il Papa della solidarietà, ma su questo valore – considerato da qualcuno fuori moda – già un suo predecessore, proclamato Santo un anno fa, aveva basato magistero e azione. Francesco parla ai membri della Fondazione “Giovanni Paolo II” e riconosce che proprio la Canonizzazione di Papa Wojtyla, il 27 aprile 2014, ha dato “nuovo impulso” e reso in certo modo “più universale” il lavoro della Fondazione, proteso da oltre 30 anni alla diffusione degli insegnamenti del Pontefice polacco e al sostegno di studenti e pellegrini in arrivo a Roma:

“Vi ringrazio in particolare per le iniziative di carattere educativo che portate avanti in favore dei giovani. In effetti, san Giovanni Paolo II ha sempre avuto un grande amore per i giovani e una speciale cura pastorale per loro. E voi contribuite a far sì che il suo carisma e la sua paternità continuino a portare frutti”.

Un campo di impegno della Fondazione riguarda la formazione di sacerdoti e laici. Grazie a voi, riconosce Francesco, possono essere “più preparati ad accompagnare le comunità nel confronto con le sfide culturali e pastorali dei nostri giorni”. Ed è qui che il Papa ricorda come nulla di tale servizio sarebbe possibile senza che in chi lo offre batta un cuore solidale:

“Per questo scopo potete attingere anche dal ricco magistero di dottrina sociale che san Giovanni Paolo II ci ha lasciato, e che si dimostra quanto mai attuale. Basta pensare a una delle parole-chiave di questo suo magistero che è ‘solidarietà,. Una parola che qualcuno ha forse pensato dovesse tramontare, ma che in realtà conserva oggi tutta la sua forza profetica”.

Papa Francesco conclude invitando la “rete” degli appartenenti alla Fondazione Giovanni Paolo II a vivere “per primi” la solidarietà reciproca. Alimentatela “continuamente – afferma – con la fraternità cristiana, a sua volta animata dalla preghiera e dalla docilità alla Parola di Dio”.

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Altre udienze

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche il card. Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi; Guillermo León Escobar Herrán, ambasciatore di Colombia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; mons. Giuseppe Pinto, arcivescovo tit. di Anglona, nunzio apostolico nelle Filippine; mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente presso le Organizzazioni e gli Organismi delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao, Ifad, Pam); mons. António Augusto dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fátima (Portogallo).

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Tweet: noi cristiani siamo chiamati a uscire dai nostri “recinti”

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Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet sull’account @Pontifex: “Noi cristiani siamo chiamati a uscire dai nostri “recinti” per portare a tutti la misericordia e la tenerezza di Dio”.

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Il Papa ordina 19 nuovi sacerdoti: vocazione cristiana è uscire da sé

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Questa domenica, nella 52.ma Giornata di preghiera per le vocazioni, il Papa ordinerà 19 diaconi della Diocesi di Roma. Nel suo messaggio per l’occasione, Francesco ricorda che alla radice di ogni vocazione cristiana c’è un uscire dalla comodità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù e incontrare i fratelli. Sulla preparazione di questo momento così importante ascoltiamo don Paolo D'Argenio, uno dei 19 ordinandi, al microfono di Emanuela Campanile

R. – Con gli altri ordinandi abbiamo fatto gli esercizi spirituali, quindi è stato il modo migliore per prepararsi a questa ordinazione: la preghiera, perché poi quella è il fondamento di tutto. Poi, le ultime cose organizzative … L’importante è mantenere la serenità spiritualità per quando ci verrà fatto questo grande dono che non meritiamo e che accettiamo volentieri.

D. – Lei sarà consacrato da Papa Francesco, insieme ad altri futuri sacerdoti. Questa figura che irrompe all’improvviso nella storia della Chiesa, con quel suo “Buonasera”, che valore ha dato a questo suo percorso?

R. – Un modo diverso di vivere il Magistero e di ascoltare il Magistero. Papa Benedetto parlava più all’intelletto, Papa Francesco parla più al cuore ma, insomma, siamo fatti dell’uno e dell’altro, quindi sono complementari e quindi sono contento che sarò ordinato da lui, pur mantenendo anche l’affetto per il Papa precedente. Diciamo che tutta la preparazione a questo momento è stata un insieme di segni e di grazie mandate da Dio; questa è una delle tante. La viviamo, anche questa, come una delle tante tessere del mosaico che il Signore sta disegnando per la mia vita e anche per la vita degli altri ordinandi.

D. – Qual è il pericolo che soprattutto i giovani, alla ricerca della propria vocazione – qualsiasi essa sia – in cui possono incorrere?

R. – Il pericolo fondamentale è rinunciare al silenzio individuale interiore: è lì che principalmente parla Dio e suggerisce poi con tutta la sua semplicità quale sia la strada di ciascuno. Quindi, il pericolo principale è proprio quello di non riuscire ad ascoltare il Signore proprio perché siamo troppo immersi nel chiasso. Poi, sì, può anche esserci questa paura di fare scelte definitive che caratterizza questo momento storico e che appunto potrebbe essere uno dei pericoli che non permettono di fare la scelta per il Signore. Ma quando poi è Lui che chiama, ogni paura viene annientata.

D. – Probabilmente, una delle più grandi paure è che rispondere a Dio equivalga a rinunciare a qualcosa di vero, di importante, di fondamentale per la nostra vita …

R. – E’ una rinuncia normalissima, come ne fanno tutti gli uomini che scelgono di fare qualcosa di serio, di donare la loro vita. Come la fanno gli sposi che per la loro famiglia rinunciano a tante altre cose, anche noi facciamo questa rinuncia; se la facciamo è per un bene più grande che abbiamo scoperto: quando c’è questa vicinanza così forte con Dio, ogni altra cosa diventa relativa.

D. – Qual è stato il momento in cui lei ha capito che forse Dio la stava chiamando?

R. – Chiaramente non c’è stato un momento solo: non c’è un evento scatenante.  Il bello è anche questo: vedere come il Signore ti accompagna, già da prima che tu lo immagini. Ed è bello, ancora, nella mia vita: più vado avanti e più scopro che in realtà il Signore mi chiamava anche prima di quanto pensassi io …

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Expo. Il Papa all'inaugurazione con collegamento in diretta

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Papa Francesco interverrà venerdì primo maggio alla cerimonia di inaugurazione di Expo Milano 2015 con un collegamento in diretta reso possibile dalla collaborazione tra la Rai, il Centro Televisivo Vaticano e la Radio Vaticana. “La decisione del Pontefice di partecipare all’apertura dell’Esposizione universale – riferisce un comunicato della Diocesi di Milano - ribadisce il coinvolgimento della Chiesa nei confronti dei temi evocati da ‘Nutrire il pianeta. Energia per la vita’ cui è dedicata questa edizione dell’Expo. La Chiesa cattolica, infatti, partecipa all’evento in diverse forme”.

La Santa Sede è presente in Expo 2015 ufficialmente come Paese espositore, con un proprio Padiglione intitolato “Non di solo pane” all’interno del quale si sviluppa un percorso espositivo basato su diversi linguaggi artistici, dai più tradizionali a quelli innovativi, suddiviso in quattro grandi capitoli: “un giardino da custodire”, “un cibo da condividere”, “un pasto che educa”, “un pane che rende presente Dio nel mondo”. Per conoscere i dettagli della presenza della Santa Sede in Expo, sono stati attivati dei canali specifici di comunicazione: un sito internet www.expoholysee.org, un profilo Twitter @expoholysee e la pagina Facebook Chiesa in Expo.

Ha un proprio spazio espositivo anche Caritas Internationalis, organismo che raccoglie tutte le Caritas del mondo, che ha aderito ad Expo 2015 come “Civil Society Participant”. Cuore di questo percorso è il messaggio “Dividere per Moltiplicare. Spezzare il pane” che declina la campagna mondiale di Caritas contro il dramma della fame. Sono attivi un sito internet www.expo.caritasambrosiana.it, un blog www.expoblogcaritas.com e due profili di twitter @expoblogcaritas e @caritas_milano.

Sia la Sante Sede sia Caritas Internationalis proporranno, inoltre, un ampio palinsesto culturale lungo tutto il semestre espositivo incentrato sulle molteplici dimensioni, culturali, spirituali, sociali, ed economiche che il cibo assume.

“Inoltre – conclude il comunicato - anche la Chiesa ambrosiana guidata dal cardinale Angelo Scola, nella cui Diocesi Expo si svolge, fin dall'annuncio di Milano come città prescelta per l'edizione 2015 ha guardato con attenzione a questa manifestazione cogliendola come opportunità pastorale, dedicando interventi e riflessioni per interrogare e arricchire la vita quotidiana e i percorsi di fede. All’indirizzo www.chiesadimilano.it/expo il sito ufficiale della Diocesi in Expo, al quale si aggiunge l’account di Twitter @chiesadimilano. Un ricco programma di incontri di sensibilizzazione si è già svolto e continuerà nei prossimi mesi nelle 1.107 parrocchie in cui è articolata la Chiesa ambrosiana”.

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Parolin: guerre nel mondo spingono a lavorare sempre di più per la pace

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“Ci preoccupano” le tante tragedie e i tanti conflitti nel mondo, ma il ricordo della fine dell’ultima guerra mondiale ci spinge a lavorare ulteriormente “per la pace e la concordia tra i popoli”. Sono le parole del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, che stamani a Venezia ha portato la benedizione e il saluto di Papa Francesco, celebrando la Messa nella solennità di San Marco Evangelista, nella Basilica dedicata al patrono della Chiesa di Venezia e delle genti venete, alle quali - ha ricordato il porporato - anch’egli appartiene. A concelebrare, il patriarca, mons. Francesco Moraglia. Il servizio di Giada Aquilino

Ieri come oggi, discriminazioni e persecuzioni
Le discriminazioni e le persecuzioni per motivi religiosi, etnici o ideologici “non sono solo un retaggio del passato”, ma “sono ancora purtroppo presenti nelle cronache dei nostri giorni”. Così il cardinale Parolin nella Basilica di San Marco, ricordando il 25 aprile e il 70° anniversario dalla fine in Italia della Seconda Guerra Mondiale e “delle lotte fratricide del drammatico biennio” tra il settembre 1943 e l’aprile 1945.

Per l’Italia, progressi in 70 anni di pace
Il segretario di Stato ha ringraziato il Signore “per i tanti benefici e progressi” che questi 70 anni di pace “hanno consentito all’Italia”, non dimenticando però che “in non pochi luoghi del pianeta” oggi si continua a morire, anche per motivi di credo: “la professione di fede in Cristo - ha detto - a volte comporta la piena disponibilità al martirio”. “Ci preoccupano -  ha aggiunto - le notizie di tante tragedie e conflitti nel mondo”, ma il ricordo della fine dell’ultima guerra mondiale deve spingerci “a lavorare con rinnovato vigore per la pace e la concordia tra i popoli”.

Vigili verso pericoli di chi strumentalizza ideologie e religioni
L’impegno, secondo il cardinale Parolin, è quello “ad essere solidali con gli esuli e gli ultimi”, ma anche “a rimanere vigili nei confronti dei pericoli che - ha sottolineato - provengono da coloro che, strumentalizzando e manipolando un interesse di parte, un’ideologia o una religione, invece di portare liberazione e giustizia, arrecano all’umanità - ha osservato - le ferite lancinanti della violenza e della sopraffazione”.

Il Vangelo di Marco
Le parole del porporato sono state poi per San Marco, che “portandoci il Vangelo”, ci ha fatto incontrare “la Parola e la presenza viva del Risorto”, liberandoci così “dalle paure inconsistenti verso un futuro ignoto, dagli sterili pessimismi rispetto alle difficoltà del presente e dalle tristezze e angosce per gli errori del passato”. Con l’evangelista patrono della Chiesa di Venezia e delle genti venete, ha aggiunto il cardinale Parolin, “impariamo a seguire fedelmente il Cristo Signore ‘alla scuola del Vangelo’”, che è “capace di donare una nuova visione della vita e di offrire nuove energie nel cammino quotidiano”. Per questo l'invito è stato a “rileggere il Vangelo”: “l’umiltà e la misericordia”, ad imitazione del Figlio di Dio, ha inoltre esortato, diventino “lo stile” nel quale cerchiamo di comunicare la verità della Parola del Signore, ma anche “la modalità in cui ci sforziamo di far valere le nostre opinioni e di portare a compimento le nostre decisioni”. Siamo “grati” e “fieri”, ha proseguito, per “il dono inestimabile della fede cristiana” e chiediamo al Signore “di conservarla e di accrescerla” nei nostri cuori e in quelli delle nuove generazioni.

L’arte di Venezia
Citando poi le recenti parole di Papa Francesco al capo di Stato italiano Sergio Mattarella, con cui il Pontefice ha sottolineato il grande contributo del cristianesimo alla cultura dell’Italia e al carattere della sua popolazione, con la fede che ha “permeato l’arte, l’architettura e il costume del Paese”, il segretario di Stato ha voluto mettere in luce “lo splendore della Basilica” e degli altri monumenti di Venezia.

Servizio per il bene comune
Ha pregato quindi affinché San Marco “non faccia mancare a coloro che ricoprono posizioni di responsabilità nella sfera civile” il coraggio, la costanza e la dedizione “necessarie” per svolgere il loro compito di servizio al bene comune: “li aiuti - ha detto - ad individuare con chiarezza gli obiettivi prioritari verso cui tendere e le vie più idonee a realizzarli”. Per i cittadini ha auspicato che sappiano “gioire del bene possibile”.

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Immigrati. Card. Vegliò: Europa egoista, non pensa ai disperati

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“Non siamo soddisfatti di questo accordo. Qualcosa è stato fatto, come il finanziamento dell’operazione Triton, ma così non si risolve il problema. Servirebbe un programma a lungo termine, una politica delle migrazioni seria”. E’ quanto afferma all’Agenzia Sir il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, per esprimere la sua delusione sul vertice dei leader dell’Unione Europea sulle migrazioni che si è svolto giovedì a Bruxelles. L’Europa ha triplicato i fondi per l’operazione Triton, da 3 a 9 milioni di euro al mese, ha dato disponibilità di navi e mezzi per pattugliare le acque del Mediterraneo, con possibilità di salvare vite umane, come previsto dal diritto del mare. Ma nessuno ha fatto, al momento, un passo ulteriore in direzione dell’accoglienza. Partirà una sperimentazione, su base volontaria, per l’accoglienza di 5-10 mila persone nei 28 Paesi.

L’Europa prenda più coscienza del problema
Il punto critico dell’accordo riguarda la ripartizione dell’accoglienza dei profughi nei vari Paesi europei. L’Italia, dunque, dovrà continuare da sola: “Perché tutti si rifanno all’accordo di Dublino – afferma il porporato - secondo il quale il richiedente asilo va accolto nel Paese in cui sbarca e non può andare altrove. L’Europa avrebbe dovuto prendere un po’ più coscienza di questo problema”. La Gran Bretagna ha risposto con un no secco all’accoglienza: “Questo è molto egoistico – osserva il cardinale Vegliò - Tutti sono disposti a dare soldi, basta che non vengano a disturbare nel proprio Paese. Ma non è questa la soluzione”.

Distruggere i barconi non risolve il dramma di tanti disperati
Sul fronte della lotta ai trafficanti – ricorda l’Agenzia Sir - si vorrebbe tentare di eliminare le imbarcazioni, sotto l’egida dell’Onu, con azioni nei Paesi africani: “Bombardare i barconi – sottolinea il capo dicastero - è un’idea stranissima: ma cosa bombardano? C’è il diritto internazionale! Bombardare in un Paese è un atto di guerra! Poi a cosa mirano? Solo ai piccoli battelli dei migranti? Chi garantisce che quell’arma non uccida anche le persone vicine, oltre a distruggere i barconi? E poi, anche se fossero distrutti tutti i battelli, il problema dei migranti in fuga da conflitti, persecuzioni e miseria continuerà ad esistere. Allora che facciamo? Li lasciamo morire dove sono? È inutile bombardare le imbarcazioni, le persone disperate troveranno sempre sistemi per fuggire: faranno altri barconi, passeranno via terra. Ricordiamoci che la maggior parte dei migranti non arriva dal Mediterraneo ma dalle frontiere terrestri. Finché ci saranno guerra, dittature, terrorismo e miseria ci saranno i profughi, che andranno dove possono andare”.

Combattere contro le cause delle migrazioni
Per il porporato la soluzione è “combattere contro le cause delle migrazioni, ossia bonificare i Paesi da cui fuggono. Lo sappiamo tutti che le armi vengono dai Paesi sviluppati, compresa l’Italia. Se noi riuscissimo a bonificare questi Paesi non ci sarebbe più la guerra in Siria, la corruzione e le tensioni in Libia, in Medio Oriente, ecc… È chiaro, non sono questioni di facile soluzione, però l’Europa non si è mai data la premura di fare una politica delle migrazioni”.

Europa egoista e stanca
“L’Europa – osserva ancora il porporato - non ha una politica di integrazione per i migranti. Su 28 Paesi solo 4 o 5 ne accolgono in gran numero. E gli altri che fanno?”. “Ogni anno si danno miliardi di dollari per armi e opere internazionali, basterebbe molto meno per risolvere la questione migrazioni. Cosa vuole che interessi alla Finlandia e alla Svezia, che pure è generosa perché è il Paese con più migranti in proporzione alla popolazione, se arrivano migranti in Italia? Dobbiamo fare qualcosa, però l’atteggiamento europeo è: vi do i soldi ma non ci disturbate”. “Mi chiedo – conclude il cardinale Vegliò - se l’Europa abbia mai avuto un’anima politica”. “È un progetto bellissimo ed entusiasmante ma mi sembra che oggi sia un’Europa molto egoista, stanca, che ha perso i suoi valori cristiani”.

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Continua la lotteria con i doni del Papa per le opere di carità

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Una lotteria a premi per finanziare le opere di carità del Papa. E’ l’iniziativa promossa dal Governatorato della Città del Vaticano che si concluderà il prossimo 29 giugno, Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Si tratta della seconda lotteria dopo quella di Natale, il cui ricavato è stato donato all’Elemosineria Apostolica. Ce ne parla Benedetta Capelli

Oltre 40 premi in palio nella seconda edizione della lotteria di beneficienza per le opere della carità del Papa. Acquistando un biglietto del costo di 10 euro nei punti vendita all’interno del Vaticano, in quelli dei Musei Vaticani e dell’Ufficio filatelico e numismatico si potrà partecipare all’estrazione che avverrà il 30 giugno, all’indomani della Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Ad occuparsi del sorteggio una apposita commissione che ne garantirà la correttezza. I premi potranno poi essere ritirati entro 30 giorni e come accaduto per la Lotteria di Natale il ricavato sarà consegnato al Papa. Mons. Diego Ravelli, capo ufficio dell’Elemosineria Apostolica:

“E’ una lotteria che è nata un po’ sulla scia di quella che già è stata fatta per il tempo di Natale, che ha avuto anche un bel successo. Si è voluta ripetere, in occasione dei Santi Pietro e Paolo, ancora una volta con i premi che il Santo Padre ha voluto donare proprio per questa iniziativa. Sono doni che vengono fatti al Papa, si tratta di piccoli doni ma ci sono anche doni importanti: ad esempio il primo premio è un auto Kia Soul che è stata donata in Corea durante il viaggio apostolico dello scorso agosto. E’ bello vedere come il Santo Padre voglia condividere i piccoli doni che riceve. Questo fa parte dell’amore cristiano. Quando uno riceve qualcosa di bello, quando ha una cosa bella che nasce dall’amore vuole ridonare e condividere con gli altri quello che si è ricevuto”.

In occasione della lotteria di Natale, Papa Francesco ha espresso sincera gratitudine per l’ampia partecipazione e la generosità di tanta gente. Il Santo Padre ha  poi disposto che l’intera somma ricavata dalla vendita dei biglietti fosse consegnata all’Elemosineria Apostolica:

“E’ stato un successo, sì, ma di solidarietà perché questa lotteria, davvero, ha suscitato tanto interesse e tante donazioni. Il Santo Padre ha voluto donare tutto il ricavato all’Elemosineria Apostolica per le sue attività. E le attività sono quelle semplici, quelle della piccola carità silenziosa che si fa. E abbiamo dato cifre anche significative. Nel mese scorso abbiamo dato quasi più di trecentomila euro in piccole donazioni ai poveri. Adesso, in questi giorni, soprattutto per quei rifugiati politici che stanno arrivando e per i quali anche qui a Roma c’è una certa emergenza cerchiamo di intervenire con tempestività e con piccoli aiuti”.

Nel tempo è cresciuto l’impegno dell’Elemosineria che, nella sua missione, intende essere l’ufficio della carità silenziosa del Papa. Un “pronto soccorso” – l’ha chiamata spesso così l’elemosiniere, mons. Konrad Krajewski – che nasce dall’attenzione di Francesco verso gli ultimi e i poveri. E’ una carità che è prima di tutto accoglienza:

“Il sapore è quello di essere una testimonianza … sempre ci ripete che è Cristo che vediamo nei poveri, in loro c’è il volto di Gesù e il cristiano vuole vedere in loro il volto di Gesù. Quindi quel piccolo aiuto che dà è un aiuto in fondo che si dà davvero anche a Dio”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Devastante terremoto in Nepal: si temono migliaia di morti.

Parola chiave solidarietà: il Papa alla fondazione Giovanni Paolo II.

Realisti ed esigenti: a Venezia il cardinale segretario di Stato ricorda la fine della seconda guerra mondiale in Italia.

I regali del silenzio: Lucetta Scaraffia su Pablo d’Ors e il fascino del deserto.

Il buon pastore si fa agnello: Maurizio Gronchi su Gesù signore e servo.

Testimoni dello spirito: Angelo Paoluzi su Resistenza e difesa dei valori cristiani.

Rivelazioni come schiaffi: Silvia Gusmano racconta il sacrificio di Odoardo Focherini attraverso lo sguardo della figlia Olga.

Spoon River di eroismi: Gabriele Nicolò sui terribili mesi tra il 1943 e il 1945 nell’ultimo libro di Aldo Cazzullo.

Per la “missio ad gentes”: Jean Yawovi Attila sull’urgenza della formazione.

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Oggi in Primo Piano



Mattarella: Resistenza fondamento etico della nazione

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La Resistenza è “il fondamento etico della nostra nazione”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando a Milano in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile. Tante le manifestazioni in tutto il Paese. Alessandro Guarasci

La rivolta morale contro il nazifascismo non è relegata nella memoria del Paese. Al Piccolo Teatro di Milano, il presidente Mattarella ricorda che “battersi per un mondo migliore è possibile e giusto, non è vero che siamo imprigionati in un presente irriformabile”. Proprio dal 25 aprile di 70 anni fa è nata la Costituzione, che, il capo dello Stato, definisce “la pietra angolare su cui poggia la civiltà e il modello sociale che i nostri padri ci hanno lasciato”. Ma Matterella si sofferma anche sui “giorni drammatici” che stiamo vivendo e ricorda che il “ Mediterraneo è diventato il sacrario delle vite e delle speranze stroncate di centinaia di donne, uomini, bambini, in fuga dalla guerra, dalla persecuzione, dalla fame”. Insomma, l’Europa sia solidale. In mattinata, il capo dello Stato ha deposto una corona all’Altare della Patria a Roma. Presenti tra gli altri il premier Renzi e il presidente del Senato Grasso. Manifestazioni anche in tutte le principali città. Abbiamo sentito Giovanni Bianchi, presidente dell’Associazione Partigiani Cristiani:

R. – La Resistenza è stata la lotta di un popolo, con tutte le difficoltà che ci sono in questi casi, con grandi sacrifici e con grande generosità da parte dei giovani, i quali hanno compiuto delle scelte nelle quali hanno giocato la propria vita: non erano lì soltanto per il pane o per la carriera, dentro c’erano tutti i loro ideali, la loro fede…

D. – In tanti o almeno la maggioranza accumuna la Resistenza alle brigate comuniste. Importante, però, fu l’apporto dei cattolici: quando e come?

R. – Non coincide la presenza nelle Brigate Garibaldi, in quelle comuniste, con una ideologia comunista: c’è l’esigenza non tanto e non soltanto di recuperare la presenza di tutte le parti, ma c’è l’esigenza di riscoprire la complessità, e non solo la complessità ma quella che è, direi, pienezza della Resistenza. Non ce l’avrebbero mai fatta i partigiani in montagna senza chi li aiutava nelle cooperative: mio padre, partigiano cristiano, non era in montagna, ma a capo di un cooperativa cattolica portava i viveri… Era presente tutto un popolo: anche i preti e le suore, come suor Teresina a Roma, suor Enrichetta nel carcere di San Vittore… Siccome è una lotta di popolo, anche lì, e soprattutto lì direi, sono presenti i cattolici e i cattolici hanno giocato questo ruolo in tutta una serie di posizioni che devono essere riscoperte non tanto per rivendicare la presenza di una parte, ma la natura vera, complessa della Resistenza, che è in questo senso davvero lotta di popolo.

D. – Lei vede il riaffacciarsi in Europa di nazionalismi ed egoismi che, in qualche modo, richiamano tempi più bui?

R. – Non sono maggioritari, però ci sono. Una delle cose, per esempio, che mi impressiona è che Hitler va al potere sì con un voto democratico, ma soprattutto promettendo la piena occupazione e realizzandola grazie anche alle commesse militari. Il potere demoniaco del potere può essere combattuto soltanto con una convivenza in una democrazia in cui le persone si impegnano fino in fondo e quindi si fanno domande intorno al proprio destino, non si occupano solo di sé, ma anche degli altri… La testimonianza che i credenti, in questo senso, possono dare è l’unico vero antidoto: le altre cose, quelle che si muovono o sul piano dello scandalismo o sul piano della propaganda, mi paiono francamente inefficaci.

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Giornata mondiale malaria: 600 mila le vittime nel 2013

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Si registrano miglioramenti incoraggianti nella cura e nella prevenzione della malaria, ma ogni settimana in Africa oltre 8 mila bambini sono ancora vittime di questa malattia. In occasione dell’odierna Giornata mondiale della lotta alla malaria 2015, il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, sollecita la comunità internazionale ad impegnarsi di più per sconfiggere del tutto la malattia. Il servizio di Adriana Masotti

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il tasso mondiale di mortalità per malaria si è quasi dimezzato dall’inizio del secolo. Parte da questo dato confortante il messaggio di Ban Ki-moon. Tra le ragioni di questo miglioramento c’è  “l’accresciuta disponibilità delle reti da letto trattate con insetticida. Nel 2013 – l’ultimo anno per il quale esistono statistiche – quasi la metà della popolazione a rischio di malaria nell’Africa subsahariana ha avuto accesso a queste reti”. Altro motivo è un accesso molto più ampio a diagnosi accurate e a trattamenti efficaci. “Nel 2013, il numero dei test per la diagnosi rapida effettuati a livello globale è salito a 319 milioni, rispetto ai 46 milioni del 2008”. Questi risultati sono, per il segretario generale dell’ONU, “ la chiara dimostrazione che possiamo vincere la lotta globale contro la malaria. (…) Ma, scrive, c’è ancora bisogno “di investire per fornire questi strumenti a molte più persone se vogliamo ulteriormente ridurre il numero di coloro che contraggono la malaria ed il numero di morti ogni anno”. “Ciò significa investire di più nella ricerca di approcci testati per la prevenzione ed il trattamento della malaria, rafforzare i sistemi sanitari nei paesi più poveri ed intensificare gli sforzi per sviluppare nuovi strumenti ed approcci”. In occasione di questa Giornata Mondiale contro la Malaria, Ban ki-moon invita dunque la comunità internazionale a non accontentarsi e a fare di più per sconfiggere la malattia. “Abbiamo, conclude, una reale opportunità. Non sprechiamola”.

Dello stesso avviso Amref, ong fortemente impegnata in Africa: i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni, non bastano, afferma, se ancora oggi fa quasi 600 mila vittime nel mondo, soprattutto fra i bambini al di sotto dei 5 anni e le donne. La triste realtà è che la maggior parte di queste morti sarebbero evitabili. Il trattamento preventivo contro la malaria in gravidanza è un intervento altamente efficace, che permetterebbe di salvare molte vite sia di madri che di bambini. Eppure la sua copertura è bassa: circa 15 delle 35 milioni di donne incinte in Africa sub-sahariana non ha ricevuto una singola dose di trattamento preventivo nel 2013.

Guglielmo Micucci, Direttore della sezione italiana di Amref dichiara:
“Non è possibile immaginare un mondo sano finché in Africa, e ovunque nel mondo, resteranno ancora enormi sacche di povertà e di malattia. Solo facendo diventare anche in Africa malattie come la malaria un ricordo di un lontano passato -così come è oggi per noi in Europa- possiamo creare le condizioni per dare alle popolazioni più emarginate dalla povertà, possibilità di crescita e di stabilità”. Per questo Amref ha lanciato sul suo sito la Campagna nazionale a cui chiunque può aderire: "Sano è salvo", perché la salute è la strada per lo sviluppo globale.

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Torino. Settemila giovani alla Notte Bianca della Fede

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Erano oltre 7.000 i giovani che ieri sera a Torino hanno partecipato alla “Notte Bianca della Fede”, promossa dalla pastorale diocesana giovanile assieme all’arcidiocesi di Milano. L’iniziativa che ha avuto come tema quello scelto per l’Ostensione della Sindone – “L’amore più grande” – ha attraversato le strade della città piemontese e si è conclusa questa mattina con una celebrazione eucaristica di ringraziamento presieduta dal vescovo ausiliare di Milano, mons. Pietrantonio Tremolada. Il servizio di Marina Tomarro

“E’ l’amore più grande: Lui prende per me quel pesante legno della Croce; è l’amore più grande: Lui muore e risorge con me”. È partita da questo canto la Notte Bianca della Fede, con oltre 7.000 giovani arrivati a Torino che hanno  attraversato le sue vie e le sue piazze per giungere al Duomo dove li attendeva “l’Uomo dei dolori”. L’arcivescovo della città, mons. Cesare Nosiglia:

R. – La notte per i giovani ha sempre un fascino, soprattutto nei nostri tempi ovviamente. Molti passano la notte nei locali, nelle ‘movide’… Noi facciamo una notte alternativa, perché noi sappiamo che la notte prelude al giorno, come la passione e la morte del Signore preludono alla sua resurrezione. E quindi, il passaggio nella città, nei luoghi dove anche i nostri Santi hanno agito per portare nelle tenebre la luce della fede – la luce della carità, la luce dell’amore più grande che Gesù ci ha donato, fino alla Sindone che esprime la pienezza di questo amore – è certamente un segno bello, di speranza per questa città, per tutti i giovani, anche di questo nostro territorio.

D. – La Sindone che messaggio dà a questi giovani?

R. – Il messaggio che il male non è più forte del bene. Gesù, proprio attraverso il dolore, la sofferenza che in modo così plastico, vero, concreto che si vede nella Sindone, ci dice che Lui ha vinto: non è il perdente, è il vincitore.

D. – In che modo vi state preparando all’arrivo del Santo Padre nella città di Torino?

R. – Ci stiamo preparando soprattutto nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, approfondendo la “Evangelii gaudium”, perché è il modo più concreto di accogliere il Papa e capirne, comprenderne i fare propri i suoi insegnamenti.

Durante il percorso, i ragazzi si sono soffermati a riflettere su quelle paure che la notte nasconde, come l’esclusione, la solitudine, il timore del futuro. Ascoltiamo don Luca Ramello, direttore della Pastorale giovanile diocesana e tra i promotori dell’iniziativa:

“Noi speriamo che questa notte bianca sia un segno, perché l’amore lascia il segno: il segno che il Cristo Risorto può lasciare nel cuore di questi ragazzi, perché se il tema è la notte, sappiamo quanto la notte possa essere buia. Ma il Risorto ci dice che la notte si può attraversare e dunque si attraversa la notte, si incontrano delle sentinelle: incontriamo don Bosco, incontriamo il Cottolengo, sentinelle di luce. E poi, l’incontro nel buio con la Sindone. E allora, l’amore è più grande, l’amore lascia un segno e il segno sono questi ragazzi che per Torino stanno portando la loro allegria, la loro fede. E la gente che li incontra si può domandare: chi sono? Sono giovani che cercano l’amore”.

E sono cinque le tappe di questo percorso: l’Oratorio di Valdocco, il Cottolengo, il Santuario della Consolata, l’Arsenale della pace e infine l’arrivo al Duomo davanti alla Sindone. Ascoltiamo le emozioni dei giovani partecipanti.

D. – Ciao! Da dove venite?

R. – Veniamo da Cantù che è in provincia di Como.

D. – Che cosa vi ha spinto a partecipare a questa Notte Bianca della Fede?

R. – La nostra voglia di cercare qualcosa di diverso anche nella fede, non solo fuori.

D. – Il tema è: “L’amore più grande”: cosa vuol dire per te?

R. – L’amore più grande è un amore che non si ferma sulle solite sfaccettature. È qualcosa che va oltre, qualcosa di più difficile, che cerchiamo anche questa sera.

D. – Ciao! Come ti chiami?

R. – Marco.

D. – Da dove vieni?

R. – Da Taranto.

D. – Marco, che cosa vuol dire per te vivere questa Notte Bianca?

R. – Sicuramente, è un’esperienza nuova e abbastanza sconvolgente perché tutti questi giovani non ce li aspettavamo… Io, come tutti gli altri volontari, siamo carichi e pronti a una notte lunga, sicuramente, ma entusiasmante.

D. – Perché hai scelto di fare il volontario alla Notte Bianca della Fede?

R. – Perché sono a Torino, è un anno straordinario per Torino e non potevamo perdere questa occasione. Ed è un aiuto, questo è il nostro ruolo, questa è la nostra chiamata.

R. – Penso che comunque l’unione tra tutti noi ragazzi in una serata così sia importante per condividere la propria fede in un momento di gioia.

D. – Cosa ti hanno detto i tuoi coetanei quando hai detto che avresti partecipato a questa iniziativa?

R. – Alcuni mi hanno detto che ero matta, altri mi hanno detto che sarebbero venuti volentieri con me.

R. – Però, abbiamo conosciuto tantissime altre persone e sta andando benissimo!

R. – Certamente, è un cammino di ricerca che stiamo facendo con tutti i ragazzi e quindi questa dimensione del ritrovarsi tutti insieme, della condivisione anche al di fuori della nostra diocesi, è una cosa che spinge e ci aiuta in una ricerca continua.

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Udine. Al "Far East Film Festival" l'omaggio a Joe Hisaishi

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Con il concerto del grande compositore giapponese di colonne sonore, Joe Hisaishi, per la prima volta in Italia, si è inaugurata a Udine la 17.ma edizione del "Far East Film Festival", che prosegue fino al prossimo 2 maggio. Un programma ricchissimo di film provenienti da tutti i Paesi orientali, denso di scoperte e novità a testimonianza di una produzione artistica assai vitale e amata dal grande pubblico. Il servizio di Luca Pellegrini

In Occidente, soltanto i cultori del cinema giapponese ne percepiscono o conoscono l'importanza. Ma in Giappone, dove è nato 64 anni fa e compone musica da quando ne aveva sei, Joe Hisaishi è venerato come un artista che è somma di diverse anime: compositore, pianista, direttore d’orchestra, regista, scrittore. Un’icona che l’immaginario popolare lega indissolubilmente alle splendide colonne sonore scritte per i capolavori di animazione di Miyazaki e ai film di azione di Takeshi Kitano, così come per il meraviglioso "Departures" di Takita Yojiro, miglior film straniero agli Oscar nel 2009, in cui la dolcezza delle sue note accompagnava il delicato lavoro di Daigo, quello di preparare i defunti per i riti esequiali della tradizione giapponese.

L'omaggio al maestro
Il Festival di Udine ha assegnato al maestro la sua inaugurazione, valorizzando così una delle rassegne cinematografiche tra le più vitali d'Europa, dedicata appunto al cinema del lontano Oriente, frequentata da centinaia di giovani, che gli hanno tributato una vera ovazione. Hisaishi ha diretto la Slovenia Symphony Orchestra con gesto compunto, sedendosi spesso anche al pianoforte, sfogliando pagine in perfetto equilibrio tra cinema e produzione solista. E' stato uno straordinario viaggio che ha spaziato dai colori sofisticati del minimalismo a quelli densi e gioiosi, assolutamente inconfondibili, che hanno fatto di Hisaishi uno degli ultimi e altissimi autori di musiche sinfoniche per il grande schermo. Opportunamente, si è detto un ascoltatore attento di Verdi e Puccini, un estimatore di Rota e Morricone, un ammiratore incondizionato di Arvo Pärt.

Immagine e musica, "pari dignità"
La condivisione tra immagini e musica è sempre stata una caratteristica del lavoro di Hisaishi: "Nel film il mio impegno è quello di trattare la musica come una vera opera, che non sta attaccata all'immagine come fosse un effetto sonoro, ma ha pari dignità", ha confessato. E, sul fronte della vita quotidiana, riferendosi al suo Paese: "Sono completamente contrario all'energia atomica. Nessuno può sapere quanto sia davvero pulita".

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Festa del libro ebraico, per fare memoria e riflessione

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Apre oggi a Ferrara la sesta edizione della Festa del Libro Ebraico, tradizionale appuntamento con la cultura ebraica in Italia. La manifestazione toccherà molte tematiche, tra cui anche il dialogo ebraico-cristiano. Ospite speciale sarà il Premio Nobel per la letteratura, Patrick Modiano, cui è destinato il premio di cultura ebraica "Pardes". Claudia Minici ha intervistato Riccardo Calimani, presidente della Fondazione "Meis", il Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah: 

R. – Tocchiamo molti punti. Parliamo di temi classici: quello che è successo nel XX secolo, il rapporto tra ebrei e fascismo… Prendendo spunto dai libri, presentiamo tante cose diverse: per esempio, si parla di Gino Bartali e della sua opera di solidarietà, ma c’è anche per esempio un convegno sui marrani che viene presentato nei suoi atti. E una delle cose più interessanti da ascoltare sarà il colloquio tra il rabbino Laras e mons. Negri, che è il vescovo di Ferrara. Questo è un tema che toccherà soprattutto le tradizionali corde del lungo dialogo ebraico-cristiano degli ultimi decenni.

D. – Si dà valore ai libri come strumenti necessari alla memoria storica…

R. – Non sono solo strumenti necessari alla memoria storica, ma anche occasione di riflessione. La produzione di libri di argomento ebraico in Italia è enorme. La minoranza ebraica in Italia è piccolissima. Questi libri servono soprattutto a coloro che non sono ebrei e quindi ci permettono di ricordare non soltanto le storie del passato, ma anche di rievocare momenti importanti della produzione letteraria, culturale del mondo ebraico, sia italiano e sia straniero.

D. – Tra i partecipanti, troviamo anche il Premio Nobel per la letteratura, Patrick Modiano. Quale importante contributo potrà dare all’evento?

R. – Se, come spero, verrà sarà un’occasione importante. Lui ha una grande produzione di romanzi e racconti dedicati agli anni bui della Francia occupata dai nazisti. In ogni caso, dare un premio a un Premio Nobel già ben noto ci pare un po' un atto di "presunzione" da parte nostra: dopo il Nobel gli diamo, con un po' di ironia, il "piccolo Nobel" ebraico italiano.

D. – Si toccherà la tematica del dialogo ebraico-cristiano?

R. – Il tema, come noto, è recente, frutto dopo tanti secoli di diffidenza e disprezzo di una nuova importante valorizzazione culminata con incontri pubblici anche a Roma tra il Rabbino Toaff, recentemente scomparso, e Papa Wojtyla. Da quella volta, gli scambi si sono intensificati e anche i rapporti umani sono diventati sempre più forti. Mi pare importante che ci siano questi incontri anche a livello locale con la città di Ferrara. Credo ci sia molta curiosità e molta attenzione e penso che non saremo di sicuro delusi.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella quarta domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù dice:

“Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Il Vangelo di oggi apre uno squarcio particolarmente ricco sul mistero della Pasqua, con l’immagine del Buon Pastore che dà la propria vita per le pecore. A differenza del mercenario, a cui non importa nulla delle pecore, perché non le conosce e gli “servono” solo per guadagnare il suo salario alla meno peggio; il Buon Pastore “conosce” le sue pecore, ma di una conoscenza particolare: quella “conoscenza infinita, totale e immediata che sussiste in eterno tra il Padre e il Figlio, divina ‘conoscenza per Amore di Carità’… E questo porta il Pastore che così ‘conosce’ e quindi ama il suo gregge, ed è riamato dal suo gregge, a donare la sua vita per le sue pecore, affinché le sue pecore abbiano la vita…” (T. Federici). È una conoscenza sapienziale che è propriamente nuziale. “Per il Pastore e Sposo e Agnello, donare la sua vita è perderla del tutto per crearla negli altri, e qui ritrovarla e viverla nella comunità d’amore”. Ecco il mistero della Pasqua che celebriamo, lontanissimo da ogni clericalismo mercenario che ci porta a “servirci” degli altri,  ad “usare” gli altri: le pecore a servizio dell’istituzione, della parrocchia, dei pastori. Oggi, nella Pasqua settimanale, siamo invitati ad entrare in contatto, con il Buon Pastore, in  questa  esperienza nuziale, che è l’Eucarestia, che ci unisce intimamente a Cristo, mediante la comunione con i fratelli, che trasforma anche noi in “pastori” misericordiosi verso gli altri, capaci di perdono, di accoglienza, di dare la nostra vita per gli altri, liberandoci, poco a poco, ma radicalmente, dallo spirito del “mercenario” radicato in noi.

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Nella Chiesa e nel mondo



Nuova Zelanda. Cattolici e anglicani: trasparenza su Tpp

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I vescovi cattolici e anglicani della Nuova Zelanda hanno scritto al governo locale chiedendo maggiore trasparenza sul Partenariato trans-pacifico di libero scambio (Tpp), ovvero sulla proposta di accordo per il libero commercio tra Stati Uniti, Canada e altri dieci Paesi del Sudest asiatico, attualmente in fase di negoziazione. L’obiettivo, si legge nella missiva, è quello di permettere ai neozelandesi di “valutare meglio le implicazioni” di tale accordo.

Non escludere la popolazione dalla consultazione
“I vescovi – prosegue il testo – riconoscono il diritto ed il dovere dell’esecutivo locale di promuovere, per il Paese, opportunità commerciali ed hanno ben presente che il benessere della popolazione dipende dalla crescita economica”. Tuttavia, “la mancanza di trasparenza e del coinvolgimento pubblico nel Tpp è causa di grande preoccupazione ed un senso di disagio pervade la comunità nazionale”. Questo perché “gli interessi corporativi sono parte in causa dei negoziati sul Tpp e sono in grado di esercitare la loro influenza a proprio favore, mentre il resto della popolazione viene esclusa”. Ciò porta a credere che “i cittadini neozelandesi, ed in particolare i più poveri, saranno svantaggiati dal Partenariato e tutti i benefici che ne deriveranno andranno in favore di coloro che sono già ricchi”.

Valutare l’influenza del Tpp su politica ed economia interna
“Accettiamo che la segretezza possa essere la norma degli accordi commerciali – sottolineano i presuli – ma il Tpp è qualcosa di più di un semplice negoziato commerciale”, perché esso ha “la capacità di influire sull’economia interna e di determinare la politica ed il sistema legale nazionali”. I rappresentanti cattolici e anglicani ricordano inoltre, in parallelo, il Trattato di libero scambio trans-atlantico (Ttip) la cui segretezza è stata ridotta dalla Commissione europea “tramite l’introduzione di alcune misure per rilanciare la trasparenza nei negoziati e permettere la pubblica consultazione”.

Rendere la bozza del Tpp accessibile al pubblico
Infine, i presuli anglicani e cattolici lanciano un appello al governo neozelandese: “Prendere seriamente in considerazione l’idea di rendere disponibile la bozza del Tpp, affinché i cittadini possano valutarne, da soli e in base ai propri principi, le potenzialità negative e positive”. (I.P.)

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Repubblica Ceca. A maggio Congresso eucaristico a Olomouc

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"Fornire ai fedeli nuovi impulsi per la loro vita spirituale e offrire loro un'esperienza di comunione con la Chiesa": questo è l'obiettivo del prossimo Congresso eucaristico dell'arcidiocesi di Olomouc, in Repubblica Ceca, sottolineato da padre Petr Bulvas, delegato per la pastorale e uno dei coordinatori dell'evento. L'incontro dei cattolici da tutta la diocesi si terrà il 15 e 16 maggio, nel quadro dei preparativi per il Congresso eucaristico nazionale di quest'anno organizzato dalla Conferenza episcopale ceca, che si svolgerà in ottobre.

Ravvivare la fede e l’amore per l’Eucaristia
"In questo modo vogliamo ravvivare la fede della gente e l'amore per l'Eucaristia nel nostro paese", afferma mons. Jan Vokal, delegato della Conferenza episcopale per i Congressi eucaristici. L'arcidiocesi di Olomouc è l'unica diocesi nella Repubblica Ceca che organizza il Congresso eucaristico a livello diocesano. Il programma prevede catechesi per i bambini, spettacoli teatrali, visite guidate ai monumenti ecclesiali storici di Olomouc, concerti, momenti di adorazione, conferenze di storia, celebrazioni liturgiche dell'Eucaristia e la sua venerazione. I partecipanti avranno l'opportunità di vedere una mostra sull'Eucaristia e la creazione artistica.

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Benin, Sinodo di Cotonou: tutta la Chiesa sia una famiglia

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La fede in relazione alla dottrina, alla famiglia, al vissuto sociale, alla cultura, alla politica ed all’educazione: sono stati questi i temi delle Proposizioni finali del secondo Sinodo diocesano di Cotonou, in Benin, conclusosi il 18 aprile scorso. A segnare la fine dei lavori, convocati il 25 marzo dello scorso anno, è stata una Messa solenne di ringraziamento presieduta da mons. Antoine Ganyé, arcivescovo della città, nella Chiesa locale di San Michele. Al Sinodo hanno preso parte oltre 200 partecipanti tra sacerdoti, religiosi e religiose, superiori maggiori, delegati diocesani ed esperti del settore.

Manifestare solidarietà e fraternità della Chiesa
Consegnate nelle mani di mons. Ganyé, le Proposizioni finali saranno prossimamente oggetto di una dichiarazione ufficiale rivolta a tutti i componenti della “Chiesa-famiglia” di Cotonou. Già aprendo l’Assemblea diocesana, il presule aveva esortato il Sinodo a lavorare con tutte le forze, il cuore e la fede a l’opera per il quale Signore chiama la Chiesa. L’obiettivo dell’assise, ha concluso il presule, deve essere quello di “lavorare all’unione sacra tra i fedeli come un’unica comunità cristiana, manifestando la forza della solidarietà e della fraternità che deriva dal legame battesimale”.

In cammino verso il Sinodo generale sulla famiglia
In questo modo, la diocesi di Cotonou si prepara anche al Sinodo generale ordinario, il 14.mo della storia, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, e dedicato al tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. (I.P.)

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Pronto il sito web del Giubileo della Misericordia

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"www.iubilaeummisericordiae.va": questo l’indirizzo del sito web del Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco e che avrà inizio il prossimo 8 dicembre, con la solenne apertura della Porta Santa nella Basilica Vaticana. Consultabile in diverse lingue – italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese e polacco - il portale presenta, in home page, il motto del Giubileo, “Misericordiosi come il Padre”, accompagnato dallo stemma pontificio e dal logo del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, a cui il Papa ha affidato l’organizzazione dell’evento.

Disponibili discorsi, video e foto del Papa
Oltre ai video ed alle foto relative alla cerimonia di indizione dell’Anno Santo, avvenuta il 13 marzo in San Pietro, e alla pubblicazione della Bolla Giubilare, diffusa lo scorso 11 aprile, il sito web riporta anche i relativi discorsi pronunciati da Papa Francesco in entrambe le occasioni. Infine, il portale presenta i link diretti ai principali social network, come Twitter e Facebook ed offre la possibilità di consultare le notizie, i servizi e gli approfondimenti realizzati dalla Radio Vaticana e da L’Osservatore Romano sia sui preparativi al Giubileo, sia sull’attualità della Chiesa nel mondo. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 115

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.