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Sommario del 21/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la nostra è la Chiesa dei martiri, uniamoci ai fratelli perseguitati

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“La nostra Chiesa è Chiesa dei martiri”. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, soffermandosi sulla lapidazione di Santo Stefano, Papa Francesco ricorda con parole commosse quanti oggi sono perseguitati e uccisi perché cristiani. E sottolinea che ci sono anche “martiri nascosti” che cercano strade nuove per aiutare i fratelli e per questo vengono perseguitati dai “Sinedri moderni”. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

La Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, mostra il giudizio del Sinedrio contro Stefano e la sua lapidazione. Da questa scena drammatica si sviluppa l’omelia di Francesco che, nel cuore, porta i volti e le storie di tanti che anche oggi, come il primo martire della Chiesa, sono perseguitati e uccisi solo perché fedeli a Gesù. I martiri, osserva il Papa, non hanno bisogno di “altri pani”, il loro unico pane è Gesù. E sottolinea che Stefano “non aveva bisogno di andare al negoziato, ai compromessi”.

La Parola di Dio dà fastidio ai cuori duri
La sua testimonianza è tale che i suoi detrattori “non riuscivano a resistere alla sapienza” e allo spirito “con cui egli parlava”. Come Gesù, anche Stefano deve affrontare falsi testimoni e la sollevazione del popolo che lo porta a giudizio. Stefano ricorda loro quanti profeti siano stati uccisi per essere stati fedeli alla Parola di Dio e quando “confessa la sua visione di Gesù”, allora i suoi persecutori si scandalizzano, si turano le orecchie per non sentirlo e poi lo trascinano fuori della città per lapidarlo

“La Parola di Dio sempre dispiace a certi cuori. La Parola di Dio dà fastidio, quando tu hai il cuore duro, quando tu hai il cuore pagano, perché la Parola di Dio ti interpella ad andare avanti, cercando e sfamandoti con quel pane del quale parlava Gesù. Nella Storia della Rivelazione, tanti martiri sono stati uccisi per fedeltà alla Parola di Dio, alla Verità di Dio”.

Quanti Stefani nel mondo, perseguitati perché cristiani
Il martirio di Stefano, prosegue, è simile a quello di Gesù: muore “con quella magnanimità cristiana del perdono, della preghiera per i nemici”. Questi che perseguitavano i profeti, come anche Stefano, evidenzia così Francesco, “credevano di dare gloria a Dio, credevano che con questo erano fedeli alla Dottrina di Dio”. Oggi, riprende, “vorrei ricordare che la Storia della Chiesa, la vera Storia della Chiesa, è la Storia dei Santi e dei martiri: perseguitati i martiri, tanti uccisi, da quelli che credevano di dare gloria a Dio, da quelli che credevano di avere ‘la verità’. Cuore corrotto, ma ‘la verità’”.

“In questi giorni, quanti Stefani ci sono nel mondo! Pensiamo ai nostri fratelli sgozzati sulla spiaggia della Libia; pensiamo a quel ragazzino bruciato vivo dai compagni perché cristiano; pensiamo a quei migranti che in alto mare sono buttati in mare dagli altri, perché cristiani; pensiamo – l’altro ieri – a quegli etiopi, assassinati perché cristiani … e tanti altri. E tanti altri che noi non sappiamo, che soffrono nelle carceri, perché cristiani … Oggi la Chiesa è Chiesa di martiri: loro soffrono, loro danno la vita e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza”.

La nostra Chiesa è Chiesa di martiri
Ci sono, soggiunge, anche “i martiri nascosti, quegli uomini e quelle donne fedeli” alla “voce dello Spirito, che fanno strade, che cercano strade nuove per aiutare i fratelli e amare meglio Dio e vengono sospettati, calunniati, perseguitati da tanti "Sinedri moderni" che si credono padroni della verità: tanti martiri nascosti!”:

“E anche tanti martiri nascosti che per essere fedeli nella loro famiglia soffrono tanto per fedeltà. La nostra Chiesa è Chiesa di martiri. E adesso, nella nostra celebrazione verrà da noi il primo martire, il primo che ha dato testimonianza e più: e salvezza, a tutti noi. Uniamoci a Gesù nell’Eucaristia, e uniamoci a tanti fratelli e sorelle che soffrono il martirio della persecuzione, della calunnia e dell’uccisione per essere fedeli all’unico pane che sazia, cioè a Gesù”.

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Papa: grido dei cristiani martiri sia ascoltato da governanti

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Costernazione, dolore e preghiere dal Papa per “l’ennesima violenza” “contro innocenti cristiani in Libia”. Erano migranti che stavano cercando di raggiungere l’Europa i 29 cristiani etiopi uccisi da miliziani del sedicente Stato islamico. Lo ricordiamo le drammatiche immagini della loro esecuzione sono state mostrate, domenica scorsa, in nuovo raccapricciante video di propaganda jihadista. Paolo Ondarza

In un  messaggio inviato al Patriarca Ortodosso di Etiopia Abuna Matthias, Francesco denuncia il “continuo martirio” inflitto ai cristiani in Africa,  Medio Oriente e alcune regioni dell’Asia.  “Non fa differenza che siano cattolici, copti, ortodossi o protestanti” – scrive il Pontefice – “Il loro sangue, medesimo nella confessione di Cristo”, è una “testimonianza che grida per farsi sentire da chi sa ancora distinguere tra bene e male”: "un grido che deve essere ascoltato – prosegue – soprattutto da coloro che hanno nelle mani il destino dei popoli”.  “La gioia” della Resurrezione – conclude Francesco – “quest’anno è offuscata dal dolore”, “ eppure la vita che viviamo nell’amore misericordioso di Dio è più forte della sofferenza che tutti i cristiani provano, una sofferenza che accomuna uomini e donne di buona volontà in tutte le tradizioni religiose".

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"Scholas Occurrentes" sigla accordo con Unicef e Conmebol

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Papa Francesco ha presenziato, in Casa Santa Marta, alla firma di due distinti accordi di collaborazione tra “Scholas Occurrentes” – l’organizzazione educativa internazionale promossa da Francesco – sia con l’Unicef sia con la Federcalcio sudamericana. Il servizio di Alessandro De Carolis

Anche un gol segnato nella porta giusta può essere di grande utilità. In questo caso, la porta è quella dell’istruzione dei ragazzi, soprattutto quelli che vivono in quelle zone del mondo dove la qualità della formazione è carente. Per raggiungere questo obiettivo, la rete mondiale promossa da Papa Francesco – “Scholas Occurrentes” – ha ulteriormente allargato il proprio orizzonte intavolando una collaborazione con l’Unicef e il Conmebol, la Federazione calcistica sudamericana.

Istruzione per tutti
L’impegno di Scholas è quello di implementare negli Istituti affiliati una strategia educativa basata su piattaforme condivise, che attraverso la tecnologia, lo sport e le arti coinvolgano gli studenti in un percorso di crescita non solo culturale ma anche umano, una strada che insegni al giovane a essere autosufficiente e insieme un promotore di pace.

In particolare, Scholas e Unicef collaboreranno inizialmente a una serie di attività mondiali congiunte, con l’obiettivo di mettere fine alla violenza e promuovere l’interconnessione di tutti i giovani. La rete Scholas parteciperà dunque a “La Gioventù esprime la propria opinione”, uno spazio in linea dell’Unicef pensato per adolescenti e giovani. Inoltre, Unicef adatterà anche l’”U-Report” alla comunità globale di Scholas, per consentire ai suoi membri di unirsi al circa mezzo milione di giovani che già utilizza la piattaforma per parlare dei propri interessi.

Gol e solidarietà
Da parte sua, la Federcalcio sudamericana donerà 10 mila dollari per ogni gol segnato, e per ogni rigore parato, durante la prossima Coppa America, che si svolgerà in Cile tra l’11 giugno e il 4 luglio prossimi.

Le organizzazioni coinvolte in questo nuovo accordo si concentreranno anche sui grandi eventi internazionali legati al mondo dei giovani, come il Vertice sull’Impatto sociale della Gioventù, in programma quest’anno a Los Angeles durante i Giochi d’Estate delle Olimpiadi Speciali. Nel 2016, lo sguardo si sposterà su iniziative di livello regionale, nazionale e comunitario, incluse le campagne di sensibilizzazione e le attività congiunte di promozione su questioni che riguardano i milioni di adolescenti che vivono in condizioni di svantaggio.

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Rinunce episcopali in Stati Uniti e Messico

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Negli Usa, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kansas City-Saint Joseph, presentata da mons. Robert W. Finn, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

In Messico, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Guadalajara, presentata da mons. José Trinidad González Rodríguez, in conformità ai cann. 411 e 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

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Tweet del Papa: bisogna custodire la terra, fonte di vita per l’intera famiglia umana.

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“Bisogna custodire la terra affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex, seguito da oltre 20 milioni di follower.

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Plenaria sulla tratta: servono cooperazione e strategia morale

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“Traffico di esseri umani: questioni al di là della criminalizzazione”. Dopo quattro giorni di lavori su questo tema si è chiusa oggi la 21.ma sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. In conferenza stampa, il presidente dell’istituzione vaticana, Margaret Archer, e alcuni suoi membri hanno presentato il risultato del confronto tra studiosi, docenti universitari e funzionari di organizzazioni governative che confluiranno in una serie di raccomandazioni di cui si attende la pubblicazione. Il servizio Gabriella Ceraso: 

“Essere utili, non accessori o creativi, nel contrastare il fenomeno della tratta” come vuole il Papa. Questo stiamo facendo, ha chiarito la presidente della Pontificia Accademia, Margaret Archer, spiegando le modalità d’azione cioè i contatti presi con la polizia, con i giovani e con i leader religiosi, per un obiettivo globale, che è "unire tutti e far riconoscere il traffico come delitto morale e criminale”.

Prossimo Obiettivo del millennio
Vogliamo, ha spiegato la Archer ,arrivare a inserire l’eliminazione o almeno la riduzione del traffico delle persone e quel che ne consegue (lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi, schiavitù domestica) tra gli obiettivi del millennio per i prossimi 15 anni. Se riusciremo o no questo non lo sappiamo, ma "ne parleremo anche con il segretario dell’Onu, il prossimo 28 aprile, quando sarà qui in Vaticano". Poi, i due punti chiave su cui si è lavorato in questi giorni: le modalità di protezione delle vittime - che prevede la necessaria distinzione tra l'immigrato illegale e la persona schiavizzata, perché possano denunciare - e le strade per ridurre la domanda. 

Un problema di libertà
Perché si abbiano progressi sulla questione traffici e schiavitù, ha spiegato il prof Stefano Zamagni, membro dell’Accademia, dai lavori è emersa la necessità di sgombrare il campo da alcuni luoghi comuni prendendo coscienza del fatto che il fenomeno si evolve in continuazione, che non va sottovalutato appunto il ruolo della domanda, superiore a quello dell’offerta, e che va contrastata la mentalità dell’individualismo libertario che si sta diffondendo...

“...secondo cui se uno sceglie di fare qualcosa, bisogna lasciarlo fare. Questo è un problema serio, perché qui si chiama in causa il concetto di libertà, cioè dire: è scelta libera quella di chi mi dice: devi scegliere tra morire adesso, oppure venderti alle condizioni che io impongo? E se io scelgo di accettare la seconda opzione, posso dire di essere libero?”

Società civile
Da qui una serie di suggerimenti. Spicca innanzitutto il potenziamento del ruolo di denuncia della società civile e delle organizzazioni:

“Si tratta di dotare queste organizzazioni, che al momento non hanno nessun riconoscimento ufficiale in sede Nazioni Unite, del potere di indicare e di praticare, evidentemente, forme di protesta civile che si esprimono col portafoglio, cioè dire: io non compro, non accetto di entrare in relazione di affari, pur legalmente possibili, se vengo a sapere che dietro quelle relazioni di affari ci sono fenomeni di sfruttamento e di schiavitù”.

Domanda e cooperazione
Altrettanto importante è insistere perché sia accettato a livello giuridico il concetto di tratta come crimine contro l’umanità, come sostiene il Papa, infine la sollecitazione alla creazione di una autorità mondiale che faccia applicare i protocolli. Se la sessione ha avuto come obiettivo quello di lavorare sulla prevenzione più che sulla pur necessaria, ma limitata nei suoi effetti, criminalizzazione, i lavori, ha concluso il professor Pierpaolo Donati, anch’egli membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, hanno evidenziato che è la riduzione della domanda la chiave di volta da ottenere su due binari, una strategia morale e una nuova cultura della cooperazione. Questi alcuni dei suggerimenti citati:

“Rendere non profittevole il lavoro non protetto o addirittura la prostituzione, soprattutto modificando il lato della domanda, del consumatore. Quindi, modificare le preferenze nei clienti, nei consumatori, chi usa le persone “trafficate”. Boicottando i prodotti delle imprese che producono questo tipo di beni, chiedendo che venga messa sui prodotti venduti sul mercato una targhetta che dica che quel prodotto non è stato fabbricato, prodotto col lavoro forzato o in altro modo vietato dalla legislazione. E poi incoraggiare quello che riguarda la donazione degli organi, e in questo la Chiesa può avere un ruolo. Proibire la vendita di organi, l’educazione civica nelle scuole. E poi, ancora, connettere le associazioni che sensibilizzano l’opinione pubblica”.

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Un libro e una biblioteca per il 10.mo elezione Benedetto XVI

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Amici, collaboratori e allievi di Benedetto XVI si sono riuniti per ricordare in un libro i dieci anni dall’elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger. Il volume, “Benedetto XVI. Servo di Dio e degli uomini”, è stato pubblicato dalla Lev in collaborazione con la casa editrice tedesca Schnell & Steiner ed è stato presentato ieri in Vaticano, presso il Campo Santo Teutonico. Per l’occasione è stata anche annunciata l’istituzione di una biblioteca dedicata agli scritti del Papa emerito. Il servizio di Michele Raviart: 

Il 19 aprile 2005 Joseph Ratzinger venne eletto Papa. Da quel momento un Pontificato durato otto anni e terminato qualche settimana dopo la storica rinuncia dell’11 febbraio 2013. Il volume “Benedetto XVI. Servo di Dio e degli uomini” ne ripercorre le tappe principali, affidandosi ai contributi di chi ha l’ha conosciuto da vicino e ha lavorato con lui, e alle foto che ne ritraggono i momenti più significativi, dal funerale di San Giovanni Paolo II allo storico primo incontro con Francesco. Proprio la continuità tra questi pontefici è stata sottolineata dal cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e autore di un testo sul rapporto tra Benedetto XVI e il sacerdozio:

“Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, ciascuno di questi Papa esprime con la propria personalità, con il proprio carisma il Primato di Pietro, che è importante e assolutamente fondamentale per l’unità della Chiesa nella fede rivelata e nella comunione delle chiese locali. Tutti e tre sono un grande regalo per la Chiesa di oggi”.

L’introduzione del volume è affidata a mons. Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia e collaboratore di Ratzinger dal 1996. “Le persone volevano, sì, vedere Benedetto XVI, ma lo volevano soprattutto ascoltare”, scrive Gaenswein, “perché capace di trasmettere attraverso parole semplici e comprensibili, profonde verità e cognizioni sulla fede acquisite durante la sua lunga attività di sacerdote e studioso”. Mons. Gaenswein, che rimane ancora segretario particolare del Papa emerito, lo racconta così:

“Papa Benedetto sta bene; la mente è splendida, con le gambe ci sono un po’ di problemi…. Una mia impressione: quando all’inizio del Pontificato ha detto di essere 'un semplice lavoratore', io vorrei dire che è stato un seminatore, che ha seminato molto e lentamente si vedrà cosa ha seminato, crescerà e porterà molti frutti”.

Il cardinale Kurt Koch, presidente del pontificio consiglio per l’Unità dei Cristiani, spiega invece quali sono state, secondo lui, le linee guida teologiche del Pontificato di Ratzinger

“Questo Pontificato è soprattutto un Pontificato evangelico, perché tutte le omelie e le prediche sono incentrate sulla Sacra Scrittura. Il secondo punto, il riferimento sempre presente con il Concilio Vaticano II. Il Santo Padre è stato consultore del Concilio, ha poi lavorato molto per la trasmissione dei messaggi del Concilio Vaticano II e come Santo Padre ha fatto molto per una buona ermeneutica di questo Concilio”.

Durante la presentazione del libro è stata annunciata anche la creazione della “Biblioteca romana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”. Aprirà a settembre nel Collegio Teutonico in Vaticano e metterà a disposizione degli studiosi interessati tutte le opere di e su Benedetto XVI, in tutte le lingue in cui sono state pubblicate. La biblioteca sarà realizzata dalla Fondazione Ratzinger e ha come obiettivo quello di conservare e diffondere la teologia del Papa emerito.

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Dal 24 aprile tornano le aperture serali dei Musei Vaticani

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Anche quest’anno i Musei Vaticani ripropongono le aperture serali. Dal 24 aprile al 31 luglio (venerdì primo maggio chiuso) e dal 4 settembre al 30 ottobre 2015, tutti i venerdì dalle 19,00 alle 23,00 (ultimo ingresso alle ore 21,30), i Musei del Papa apriranno eccezionalmente le loro porte al tramonto. L’invito è rivolto non solo alle migliaia di turisti che arrivano nella Città Eterna ma anche e soprattutto al popolo romano.

“Considerato il consolante successo di pubblico delle passate edizioni – commenta il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani - abbiamo deciso di rinnovare questa nostra ormai consueta tradizione. Le sere qui da noi sono occasioni che toccano il cuore, che emozionano, che fanno felici”.

I "Notturni dei Musei" saranno nuovamente impreziositi da una ricca rassegna dedicata all’arte e alla musica. Il fecondo connubio tra le due Arti offrirà al pubblico una serie di iniziative culturali e concertistiche fruibili senza nessun aggravio sul costo del normale biglietto. Per prenotare il biglietto di ingresso - obbligatorio per le visite notturne - e per tutte le informazioni consultare il sito ufficiale www.museivaticani.va.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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I campanili di Robespierre: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su paura delle differenze e ideologia del gender.

Chiesa di martiri: il dolore del Papa per i copti etiopi assassinati in Libia e per tutti i cristiani perseguitati.

Disunione europea: l’Ue fatica a trovare una strategia comune per rispondere al traffico di esseri umani.

Giovedì 23 aprile sarà presentata a Madrid la versione spagnola del mensile dell’Osservatore Romano “donne chiesa mondo”.

Negli archivi e tra la gente: Gianpaolo Romanato ricorda lo storico argentino Ernesto Maeder.

La difficile trasparenza: Carlo Petrini su un nuovo regolamento europeo sulla sperimentazione clinica.

Un articolo di Michele Dau dal titolo “Sinfonia di vicende”: venticinque anni fa nasceva Lewis Mumford, umanista e intellettuale statunitense.

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Oggi in Primo Piano



Oltre 630 immigrati salvati nel Canale di Sicilia

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Sono complessivamente 638 i migranti tratti in salvo in 24 ore in sei differenti operazioni di salvataggio, coordinate dal Centro nazionale di soccorso della Guardia costiera. I migranti si trovavano a bordo di sei gommoni, in acque libiche. Nella notte, a Catania, sono arrivati i 27 superstiti del drammatico naufragio avvenuto tra sabato e domenica al largo della Libia. La Procura di Catania stima che nel barcone fossero presenti 850 migranti. Dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l'appello all'Ue e alla comunità internazionale: "Facciano di più per impedire queste stragi". Secondo un portavoce della Commissione europea, si pensa a "un'operazione militare" per colpire i trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Oramai è un flusso continuo quello dei barconi diretti verso la Sicilia. I 638 migranti salvati nelle ultime 24 ore si trovavano a bordo di sei gommoni, in acque libiche. Sui punti sono stati inviati Nave "Fiorillo" della Guardia costiera, un'unità mercantile ed è stato richiesto l'intervento di una unità della Marina militare. In corso a circa 80 miglia a sud est delle coste calabresi, una operazione di soccorso a favore di un peschereccio carico di migranti. Sul punto la Centrale operativa di Roma ha dirottato due mercantili per dare assistenza. All'alba di oggi, in acque italiane, sono state inviate due motovedette classe 300 della Guardia Costiera che hanno raggiunto il peschereccio carico di migranti, affiancandolo. Diciotto dei ventisette sopravvissuti al naufragio al largo della Libia e giunti ieri al porto di Catania, sono stati trasferiti nel Cara di Mineo. Ad accoglierli al porto anche il direttore della Caritas locale, don Piero Galvano:

R. - Erano tutti stremati… Noi abbiamo offerto quello che ci hanno chiesto, cioè un pasto, vestiario e anche scarpe.

D. – Ma lei ieri, guardando quelle persone in viso, che cosa ha percepito?

R. – Sono persone che hanno perso tutto. Noi europei non ci stiamo accorgendo di queste grosse tragedie. Noi europei abbiamo destabilizzato alcune nazioni del Nord Africa, ad esempio la Libia, e anche del Medio Oriente, ad esempio l’Iraq. Adesso delle conseguenze di queste guerre, anche se le finalità sappiamo che erano altre, adesso ce ne vogliamo lavare le mani...

D. – Come vi state organizzando per i prossimi giorni?

R. – Sbarcheranno tanti altri. In passato, abbiamo preparato 450 pasti e anche di più, siamo arrivati a volte anche a 500. Dunque, noi ci stiamo organizzando. Catania è un punto di arrivo, perché vengono anche da Pozzallo e anche da altre zone, ma è anche un punto di partenza. La stragrande maggioranza non resta qui a Catania, ma poi va al nord, al nord dell’Italia e al nord dell’Europa.

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Attacco kamikaze in Somalia. Unicef: vittime Onu sono eroi

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Somalia sempre più nel caos. Oggi un nuovo attentato nella capitale Mogadiscio ha ucciso - secondo un primo bilancio - 10 persone, decine i feriti. Un kamikaze a bordo di un'automobile si è schiantato contro un ristorante. Solamente ieri a Garowe, capitale amministrativa della regione semi autonoma del Puntland, gli estremisti islamici Al Shebaab hanno attaccato un convoglio Onu uccidendo 7 uomini, tra cui 4 impiegati dell'Unicef. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Andrea Iacomini portavoce di Unicef Italia: 

R. – La Somalia è uno dei territori più difficili al mondo e proprio in questo momento la nostra organizzazione è fortemente concentrata in programmi di istruzione. Questo è fortemente collegato all’attività nefasta che viene fatta poi da Shabaab, cioè distruggere tutto ciò che consente o chiunque lavora per istruire bambini: per insegnare loro i propri diritti e insegnare loro quali siano le giuste scelte da fare nel futuro. Purtroppo, quindi, le persone di questo staff che sono state uccise e che - voglio ricordare - non sono vittime ma eroi, sono state uccise mentre lavoravano a questi progetti di istruzione in gran parte delle zone della Somalia. La novità in questo senso di questo attentato è che non avviene nelle zone dove spesso gli Shabaab hanno compiuto attentati, ma nel Puntland che è la faccia più "pacifica" di questo pezzo di Africa.

D. – Oggi un altro attentato a Mogadiscio, alcuni giorni fa anche al ministero dell’istruzione. La Somalia sembra una terra fuori controllo. Qual è il futuro?

R.  – E’ un futuro che non vedo roseo anche se la Somalia qualche mese fa ha dato un grande segnale alla comunità internazionale ratificando la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è il trattato più ratificato del mondo, mancavano soltanto la Somalia e gli Stati Uniti: il passo è molto grande. Vuol dire sicuramente una maggiore attenzione da parte del governo a meccanismi di protezione. Non dimentichiamo che i primi articoli della Convenzione obbligano gli Stati membri ad attività di protezione, di sanità, di attenzione a tutte le problematiche inerenti all’infanzia e che non vanno trascurate.

D. – La firma è sicuramente importante ma il fatto che il governo non abbia praticamente presa sul Paese, in sostanza, sembra una dichiarazione di intenti senza esito…

R. - E’ ancora presto per dirlo, però non neghiamo che la Somalia, dal punto di vista del reclutamento dei bambini e dal punto di vista della situazione interna - basti ricordare che a Mogadiscio ormai si parla di colpi di arma da fuoco dalla mattina alla sera – si trova in una situazione molto complessa. Non voglio dire una situazione compromessa perché i nostri operatori continuano a lavorare in questi territori malgrado tutto. Però è probabilmente una delle zone più a rischio di tutto il mondo e non è un caso che sulle nostre coste tante persone arrivino proprio dalla Somalia. Quindi non c’è dubbio che il percorso sia difficile.

D. – Le missioni internazionali sono presenti nel Paese, questo non sembra bastare. Come intervenire?

R.- L’intervento consiste nel continuare a proteggere i bambini, ad avere maggiore attenzione a quello che sta accadendo nel Paese e questo non dipende soltanto dal governo che è un esecutivo  in grande difficoltà, ma dipende anche da un grandissimo impegno della comunità internazionale.

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Egitto: condannato a 20 anni l'ex presidente Morsi

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L'ex presidente egiziano, Mohamed Morsi, è stato condannato a 20 anni di reclusione nel processo per incitamento all’uccisione di alcuni manifestanti antigovernativi, avvenuta il 5 dicembre 2012 al Cairo, nei pressi del palazzo presidenziale. Morsi, sostenuto dai Fratelli Musulmani che contestano la decisione, è stato destituito nel luglio 2013 e rischiava la pena di morte. Ancora due i processi in corso, nei quali Morsi rischia la pena capitale. Quali gli scenari che si aprono ora in Egitto? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze: 

R. - Scenari poco felici e anche poco favorevoli, anche se non credo che dopo questa prima sentenza, in cui a Morsi sono stati dati "solo" 20 anni, si possa arrivare a un’ulteriore sentenza in cui si arrivi alla pena di morte. A questo punto, credo che l’Egitto voglia chiudere la vicenda, sia a livello giudiziario che a livello politico archiviando i Fratelli Musulmani in galera, a cominciare dall’ex presidente Morsi.

D. – Non c’è il rischio che isolando il fronte musulmano ci sia un’estremizzazione da parte islamica anche in Egitto?

R. – Credo che moltissimo dipenda dalla situazione economica e dal tipo di aiuti che il Paese sta ricevendo dall’estero, soprattutto dai ricchi sostenitori del Golfo, a cominciare dall’Arabia Saudita. Se, come pare, l’economia egiziana si riprenderà sufficientemente, questo toglierà terreno allo scontento politico anche dei Fratelli Musulmani.

D. – A questo punto ci si chiede: quale sarà il futuro dell’Egitto, a che cosa si va incontro?

R. – Io credo che questo governo sia molto stabile, perché ha l’appoggio dell’Occidente; ha l’appoggio di ricchi sostenitori arabi e nessuno vuole che l’Egitto scivoli di nuovo nel disordine. È un regime che durerà. Bisogna vedere in che modo si evolverà anche in senso democratico.

D. – C’è un rischio Stato Islamico anche per l’Egitto?

R. – No, l’Egitto ha una tradizione islamica, ma completamente diversa da quella che noi definiamo “fondamentalista”: è proprio nel suo Dna religioso. Certo, i Fratelli Musulmani saranno in galera o faranno vita clandestina, come già fanno, ma questo nulla toglie al fatto che l’Islam egiziano è diverso.

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Cristiani iracheni rifugiati a Parigi: preghiamo per fratelli in Iraq

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In pellegrinaggio a Roma, Assisi e Cascia, 38 iracheni cristiani, rifugiati in Francia da anni, ieri hanno incontrato il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, e la segreteria della Congregazione per le Chiese Orientali, portando le loro testimonianze sulla condizione dei cristiani in Iraq. Il servizio di Elvira Ragosta

La maggior parte di loro è fuggita da Baghdad e Mosul, a partire dal 2003, quando le persecuzioni verso i cristiani sono aumentate. In Francia hanno ottenuto lo status di rifugiati e ora temono per i parenti che sono in Iraq, sottoposti alla violenza dell’Is e per tutti i cristiani perseguitati dal sedicente Stato islamico. Anouia è arrivata a Parigi 19 anni fa con suo marito e i due suoi figli. Oggi, è volontaria per un’Associazione che assiste le donne irachene che riescono a fuggire in Francia:

Les chrétiens maintenant ont perdu tous, tous, tous...
"I cristiani hanno perduto tutto, tutto, tutto! Le famiglie hanno perduto i loro figli, hanno perduto i loro ragazzi, hanno perduto i loro mariti. Sono rapiti, uccisi, per niente! Ho conosciuto alcune famiglie di Erbil: vivono all’interno della Chiesa, perché hanno perduto tutto. C’è una famiglia che ha perso la sua bambina: ha nove anni… nove anni! Le milizie dell’Is l’hanno presa e l’hanno data in sposa… E’ piccola, ha nove anni! E la mamma piange, cerca di ritrovarla, ma non riesce a ritrovare sua figlia. Non ritrovano le loro figlie! C’è un’altra famiglia che ha perduto due figlie: 8 anni e 7 anni… Non sanno dove sono: le hanno date in spose, le hanno violentate… 8 anni e 7 anni! Questo è normale? Per favore, ci sono molte mamme che vivono in una situazione drammatica: i cristiani d’Iraq, della Siria e di tutti i Paesi orientali... Per favore, abbiamo bisogno di tutti i Paesi d’Europa e dei cristiani. Noi siamo cristiani e abbiamo bisogno del vostro aiuto. E dove sono i cristiani? In grandi Paesi: La Francia è un grande Paese cristiano, così come l’Italia, la Germania, gli Stati Uniti. Noi abbiamo bisogno di aiuto adesso!  Abbbiamo bisogno di aiutarli adesso! Per favore basta!"

Suo figlio Rami è praticamente cresciuto in Francia, ma si sente iracheno e chiede all’Europa di aiutare i cristiani in Medio Oriente, garantendo la creazione di una zona in cui possano vivere in pace e sicuri e sulla condizione dei cristiani in Iraq aggiunge:

Recentement les daesh venue de détruire la civilisation irakienne…
"Recentemente le milizie dell’Is stanno distruggendo tutta la civiltà irachena e questo rattrista molto tutti noi cristiani, perché ci si sente veramente perseguitati e non soltanto fisicamente, ma anche indirettamente. La strategia dell’Is è quella di utilizzare la cultura per colpirci nel profondo del nostro cuore!"

Il suddiacono Aziz, invece, a Parigi è arrivato nel 2004, dopo un attentato kamikaze nel parcheggio della Chiesa di San Pietro e Paolo a Baghdad. Con la sua famiglia, erano appena usciti dalla celebrazione della Messa: nell’esplosione rimase uccisa sua moglie. Ai giornalisti racconta che le persecuzioni verso i cristiani hanno interessato anche il versante economico, per cui chi aveva affari nel Paese è fuggito da prima del 2003. Ad accompagnare il gruppo di rifugiati iracheni anche padre Rebwar, procuratore generale dell’Ordine Antoniano di S. Ormisda dei Caldei. Ordinato sacerdote a Mosul, nel Monastero di San Giorgio ormai distrutto dai miliziani dell’Is, oggi studia in Italia ma torna di frequente in Iraq, soprattutto a Erbil:

“Giorno dopo giorno la situazione peggiora. Tutti sono preoccupati. Allo stesso tempo, però, siamo molto orgogliosi dei nostri fedeli che hanno dato tutto in nome della loro fede: proprietà, chiese, terreni… Solo per mantenere la loro fede! Nella realtà attuale la gente vive sotto le tende, nei container… Non sappiamo dire nulla riguardo al futuro. Abbiamo soltanto una cosa: abbiamo il Signore, abbiamo speranza in Lui e Lui ci mostrerà cosa dobbiamo fare”.

Tra loro c’è anche chi desidera tornare in Iraq, ma teme le violenze, i rapimenti. Sono tutti in contatto con i loro amici e parenti, ricevono di continuo richieste di aiuto e le testimonianze dei cristiani profughi all’interno dell’Iraq, le cui condizioni sono sempre più difficili. Nel loro pellegrinaggio in Italia, i rifugiati cristiani sono stati accompagnati dall’Associazione francese "Aemo" e dai volontari della onlus italiana “Giona è in cammino”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Card. Marx: la strage di migranti è un fallimento dell'Ue

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La tragedia che è costata la vita a centinaia di persone nella notte tra sabato e domenica scorsa al largo delle coste maltesi “interroga anche in quale misura l’Unione Europea prende sul serio i valori, così spesso evocati, sui quali si fonda. Questa nuova catastrofe nel Mediterraneo costituisce un fallimento per tutto ciò che fa dell’Unione Europea una comunità di valori”. Sono parole forti di denuncia e di condanna quelle usate oggi dal card. Reinhard Marx, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece). 

Non si possono chiudere gli occhi su una tragedia umanitaria
All’indomani del tragico naufragio in mare - riferisce l'agenzia Sir - il cardinale tedesco prende la parola e diffonde una dichiarazione scritta a nome dei vescovi europei alla vigilia del summit straordinario dei capi di Stato e di governo indetto sul tema delle migrazioni per giovedì. “Benché le cifre siano ancora da considerare in rialzo - scrive il cardinale - sembra che più di 1.000 migranti sono morti nel Mediterraneo negli ultimi 10 giorni. L’Unione Europea non può rimanere inerme davanti a questa catastrofe umana. Nei fatti, si potrebbe biasimare il potere di attrazione dell’Unione Europea per i rifugiati, le misure europee da cui traggono vantaggi i trafficanti o ancora la mancanza di azione per contrastare le cause che portano gli immigrati a fuggire dal loro Paese d’origine. Ma tutto questo non giustifica il fatto che si chiuda gli occhi sulla tragedia umanitaria che è in atto nel Mediterraneo e che deve essere affrontata dall’Unione Europea”. 

Il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo non può rimanere una pura questione politica
Il cardinale tedesco non lesina critiche all’Unione Europea. “La politica in Europa - scrive - ha spesso deplorato la morte dei rifugiati, senza però trarne conseguenze. La catastrofe attuale spinge oggi i Paesi europei a prendere misure drastiche per combattere questo tragico fenomeno. La reazione degli europei sarà un banco di prova per i valori europei. Se l’Unione Europea vuole fare onore alle sue convinzioni, allora non può che ripristinare gli strumenti di ‘Mare Nostrum’ ed allargare la missione ‘Triton’ sulla protezione delle frontiere esterne dell’Unione Europea. Il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo non può rimanere una pura questione politica. Si tratta di un vero e proprio dovere umano e un’esigenze di ispirazione morale dell’Europa”. A nome dei vescovi europei, il card. Marx apprezza il fatto che si sia convocata lunedì scorso una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri e degli Interni dell’Unione Europea e che la tragedia che si è consumata nel Mediterraneo sarà oggetto di un vertice straordinario europeo voluto dal Presidente Tusk. 

L'Ue attui una politica di asilo e di migrazione sostenuta da tutti i Paesi europei
​“Accolgo con favore il fatto - scrive il cardinale presidente - che i ministri degli Esteri dell’Unione Europea si siano impegnati a rafforzare le misure nel Mediterraneo e di aumentare il bilancio previsto per le missioni dell’Ue in questa regione. Tuttavia, sarà necessario che le loro parole siano seguite dalle azioni in occasione del vertice dei Capi di Stato e di governo di giovedì: l’Europa deve darsi da fare per trovare proposte concrete per la definizione di una politica di asilo e di migrazione umana che sia sostenuta e implementata in maniera solidale da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Ogni misura necessaria deve essere presa perché una tragedia come quella di sabato non accada mai più! I capi di Stato e di governo non possono più permettersi di rinviare la questione dei migranti a tempo indeterminato, non appena il disastro attuale non farà più notizia. Le nostre preghiere sono con le vittime di questa catastrofe e le loro famiglie. Noi non preghiamo con gli occhi chiusi, ma aperti a chi è nel bisogno”. (R.P.)

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Chiese europee su tragedia migranti: Europa non si rassegni

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Unite nella preghiera ma anche nel lanciare un deciso e unanime appello perché i governi europei non si rassegnino alle tragedie del mare. All’indomani del drammatico naufragio al largo delle coste maltesi, le Chiese europee esprimono lo stesso dolore e la stessa preoccupazione per il futuro. Riuniti a Bucarest per un incontro sul tema della famiglia - riferisce l'agenzia Sir - i presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi del sud-est Europa hanno pregato per le vittime e i loro familiari. 

Appello a non rassegnarsi a violenza e sfruttamento
“Il Mare Mediterraneo - scrivono in un comunicato - ha vissuto una ulteriore tragedia, inghiottendo la vita di più di 700 persone, in cerca di una vita più dignitosa e che sono state sfruttate da gente senza scrupoli”. Da qui l’appello dei vescovi che si unisce “a tutti quelli che rifiutano di rassegnarsi alla violenza e sfruttamento”, e il monito a considerare che “ogni uomo sia rispettato nella sua dignità di figlio di Dio”.

Non lasciare sole Italia. Malta e Grecia
Preghiere vengono assicurate anche dai leader della Conferenza delle Chiese Europee (Kek), l’organismo che riunisce Chiese protestanti, anglicane e ortodosse d’Europa. “Questa catastrofe - si legge in un comunicato della Kek - ci ricorda l’impegno quotidiano profuso nel Mediterraneo dalle guardie costiere italiane, maltesi e greche che sono largamente lasciate sole in operazioni di soccorso”. Reagendo a questa tragedia Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, ha chiesto “una rinnovata solidarietà e azione e per una rinnovata e rafforzata risposta europea collettiva”. “Chiediamo sforzi più significativi a livello europeo per la ricerca e i soccorsi e chiediamo agli Stati membri dell’Unione europea di contribuire in modo sostanziale e rapidamente a tali sforzi, al fine di prevenire in futuro la perdita di altre vite umane che tentano disperatamente di raggiungere le coste europee”. 

Garantire percorsi legali e sicuri di accesso in Europa
​Secondo il pastore luterano Tveit, “queste tragedie indicano anche la necessità di rafforzare gli sforzi per affrontare alla radice le cause della povertà, dell’insicurezza sociale dovuta ai conflitti nei Paesi di provenienza dei migranti”. E Doris Peschke, segretario generale della Commissione della Kek per le migrazioni in Europa aggiunge: “Solo garantendo percorsi legali e sicuri di accesso in Europa si possono prevenire queste tragedie. Questo include anche un aumento di concessione dei permessi ai rifugiati per le persone provenienti da Paesi in conflitto, come la Siria e l’Eritrea. Abbiamo bisogno di passaggi sicuri”. (R.P.)

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Università islamica Al Azhar condanna strage dei cristiani etiopi

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Un “crimine odioso, commesso dal gruppo terrorista Daesh (acronimo arabo usato per indicare il sedicente Stato Islamico), che va contro qualsiasi religione, legge o condotta umana”. Con queste formule senza appello l'Università di Al Azhar, massimo Centro accademico dell'islam sunnita, ha condannato la strage di 28 etiopi compiuta dai jihadisti dello Stato Islamico che hanno diffuso sulle rete dei loro media i video delle barbare esecuzioni presentando le vittime come membri della “ostile Chiesa etiope”. 

Rete jihadista è una minaccia globale che alimenta i conflitti in Medio Oriente
La condanna è espressa in una dichiarazione, attribuita dai media egiziani all'imam Ahmed al-Tayyeb e ripresa dall'agenzia Fides, in cui si richiama anche la comunità internazionale ad affrontare come una minaccia globale la rete jihadista che alimenta i conflitti in Medio Oriente. Nel comunicato, l'Università islamica porge le proprie condoglianze al governo e al popolo etiope e alle famiglie delle vittime. Lo scorso gennaio, nella visita da lui compiuta in Egitto, il patriarca della Chiesa ortodossa Mathias I era stato ricevuto anche dal Grande Imam di Al Azhar.

Presidente al Sisi: i cristiani sono cittadini egiziani a pieno titolo
Intanto, nella giornata di domenica scorsa, il Presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha ricevuto al Cairo John Brennan, direttore della Central Intelligence Agency (Cia), per uno scambio di considerazioni sulle tante emergenze che travagliano i Paesi arabi, e anche l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby, Primus inter pares della Comunione anglicana. Durante i colloqui, il Presidente egiziano ha insistito sul fatto che nell'Egitto in uscita dalle convulsioni delle “primavere arabe” i cristiani non vengono considerati in senso penalizzante e riduttivo come una “minoranza”, ma sono cittadini egiziani a pieno titolo, con gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri. (G.V.)

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Messico: un salvacondotto per i migranti di padre Solalinde

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I 293 migranti centroamericani che hanno preso parte alla Via Crucis del Migrante potranno spostarsi liberamente in Messico, senza timore di essere arrestati: lo ha annunciato padre Alejandro Solalinde, fondatore della casa-rifugio Hermanos en el Camino di Ixtepec (Oaxaca), che con loro ha marciato fra mille difficoltà verso Città del Messico. Il sacerdote ha riferito alla stampa locale che i migranti hanno ottenuto da un tribunale di Oaxaca una “protezione giuridica” che impedirà temporaneamente al governo federale di catturarli e rimpatriarli, come era stato minacciato dalle autorità migratorie per impedire che il corteo uscisse da Ixpetec e marciasse verso Città del Messico.

Denunciato il comportamento di polizia federale e agenti migratori
Al suo arrivo nella capitale, raggiunta lo scorso fine-settimana - riporta l'agenzia Misna - padre Solalinde ha presentato una querela per violazioni dei diritti dei migranti a carico del personale dell’Istituto nazionale della Migrazione (Inm) e la polizia federale: ha chiesto un’indagine esaustiva su quanto accaduto la settimana scorsa a El Espinal, dove i migranti sono stati bloccati. Venerdì scorso, migranti e attivisti hanno inoltre testimoniato di fronte alla Commissione nazionale per i diritti umani (Cndh) denunciando ancora una volta il comportamento della polizia federale e degli agenti migratori; a oggi la Cndh ha registrate 139 denunce analoghe. “Ci trattano come criminali, come se fossimo gli esseri più spregevoli del mondo, perché abbiamo deciso di lasciare la povertà e la violenza del nostro Paese…Qui abbiamo trovato la parte umana di Città del Messico, che ci ha fatto sentire esseri con la loro dignità” ha detto, fra gli altri, un migrante salvadoregno.

Impedimenti per far passare la marcia
Il 24 marzo, padre Alejandro e i migranti centroamericani avevano dato inizio alla tradizionale marcia lungo la frontiera fra Messico e Guatemala che da anni è organizzata per denunciare il dramma dei migranti che subiscono ogni sorta di abusi nel loro cammino verso gli Stati Uniti. In questa occasione, tuttavia, l’Inm aveva organizzato una vasta rete di posti di blocco per impedire il loro passaggio minacciando arresti e sanzioni ai ‘sin papeles’; dopo i disordini registrati a Juchitán, il corteo è stato infine lasciato passare.

Aumentati i maltrattamenti contro i migranti
​Conosciuto e apprezzato per la sua missione anche a livello internazionale, bersaglio di minacce di morte, padre Solalinde ha dato vita di recente insieme ai responsabili di 28 case-rifugio per migranti di tutto il Messico al Collettivo dei difensori dei migranti e dei rifugiati (Codemire). Oltre a voler garantire una maggiore protezione ai migranti e ai volontari che li difendono, il Codemire nasce per denunciare il ‘Plan Frontera Sur’, un meccanismo voluto dal governo del Presidente Enrique Peña Nieto in vigore dalla scorsa estate che ha aumentato i controlli alla frontiera sud. Così facendo, denuncia il Collettivo, sono aumentati anche i maltrattamenti contro i migranti – già nel mirino di narcotrafficanti, trafficanti di esseri umani, guardie doganali, funzionari statali – che ne abusano, anche con brutale violenza, principalmente a scopo di estorsione. I controlli più rigidi hanno inoltre spinto i migranti a cercare nuovi e più rischiosi percorsi per aggirarli. (F.B.)

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Sudafrica. Uccisa suora nel KwaZulu-Natal: da 60 anni in missione

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Una religiosa missionaria austriaca di 86 anni, suor Stefani Tiefenbacher, delle Suore Missionarie del Preziosissimo Sangue, è stata uccisa nella notte tra sabato 19 e domenica 20 aprile nella sua camera, nella missione del Sacro Cuore di Ixopo, nella provincia del KwaZulu-Natal, nell’est del Sudafrica.

Da 60 anni al servizio dei bambini poveri
​Secondo le notizie pervenute all’agenzia Fides una consorella intorno alle 3 del mattino di domenica ha trovato il corpo di suor Tiefenbacher: era legata e imbavagliata. La religiosa è morta soffocata. Prima di morire avrebbe subito anche una violenza sessuale. Suor Tiefenbacher era in missione da 60 anni e si dedicava ai bambini poveri della locale comunità. (L.M.)

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Vescovi vietnamiti: scuola teologica, beatificazione e migranti

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Aprire una scuola di teologia che, nel tempo, potrebbe trasformarsi nel futuro istituto cattolico del Vietnam; e ancora, lo stato della causa di beatificazione dei primi vicari apostolici di Nord e Sud e la situazione dei migranti, dentro e fuori del Paese, un tema che si propone con sempre maggiore attualità. Sono questi alcuni dei molti temi affrontati dalla Conferenza episcopale vietnamita, nella prima Assemblea annuale che si è tenuta dal 13 al 16 aprile a Ho Chi Minh City. Il centro pastorale dell’arcidiocesi di Saigon ha ospitato la quattro giorni di lavori della Chiesa locale. All’evento - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno partecipato 35 fra arcivescovi e vescovi di 25 diocesi, l’amministratore apostolico di Vinh Long (sede vacante) e il rappresentante pontificio non residente in Vietnam, mons. Leopoldo Girelli, presente all’apertura dei lavori.

Creazione di una facoltà teologica
Il primo giorno ha registrato l’intervento di mons. Girelli, del vescovo ausiliare della diocesi di Xuân Lôc mons. Joseph Dinh Duc Dao, il quale è anche presidente della Commissione episcopale per l’educazione. Il prelato ha presentato ancora una volta il progetto che intende portare alla creazione di una facoltà teologica che, in un futuro prossimo, dovrebbe poi diventare in Istituto cattolico del Vietnam. Esso sarà aperto al clero, ai religiosi e religiose, e ai laici.

Causa di beatificazione di mons. de Lamotte e mons. Pallu
Il vescovo di Nha Trang ha fatto il punto sulla causa di beatificazione dei primi due vicari apostolici, del Nord e del Sud del Vietnam, mons. Lambert de Lamotte e mons. François Pallu. Il presidente della Commissione per la pastorale dei migranti, mons. Joseph Nguyên Chi Linh, ha illustrato la situazione relativa alla migrazione interna e all’estero. Un tema da tempo al centro dell’attenzione dei prelati e della Chiesa locale, in prima fila nella lotta per i diritti dei cittadini in patria e nei Paesi di emigrazione.

Contributo al Sinodo sulla famiglia
Le varie commissioni hanno illustrato lo stato dei lavori e le attività promosse negli ultimi mesi; fra questi vi è anche il contributo della Chiesa vietnamita al Sinodo dei vescovi sulla famiglia, in programma a Roma il prossimo ottobre. Infine, si è discusso della questione territoriale che investe la diocesi di Vinh, finora compresa nella provincia ecclesiastica di Hanoi. I prelati hanno inoltrato alla Santa Sede la richiesta di trasferirla nella provincia ecclesiastica di  Huê, per meglio distribuire il numero dei fedeli sul territorio nazionale.

I cattolici sono il 7% della popolazione
Oggi in Vietnam, a fronte di una popolazione di circa 87 milioni di persone, i buddisti sono il 48%; i cattolici poco più del 7%, seguiti dai sincretisti al 5,6%; infine, vi è un 20% circa che si dichiara ateo. Pur essendo una minoranza (sebbene significativa), la comunità cristiana è attiva nei settori dell'educazione, sanità e sociale. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 111

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.