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Sommario del 18/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa a Mattarella: ascoltare dolore di chi non ha lavoro, attingere a valori cristiani

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L’Italia attinga al suo patrimonio cristiano per “progredire e prosperare nella concordia”. E’ uno dei passaggi forti del discorso rivolto da Papa Francesco al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricevuto per la prima volta in Vaticano dopo la sua elezione il 31 gennaio scorso. Nel suo intervento, dopo il colloquio privato, il Pontefice ha esortato le istituzioni italiane ad ascoltare il “grido di dolore” di tanti giovani a cui manca il lavoro. Quindi, ha auspicato che l’Expo di Milano sia un’occasione per adottare decisioni efficaci in favore dell’ambiente. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

La prima volta di Francesco e Mattarella inizia con una calorosa stretta di mano e un sorriso disteso, segno di una sintonia tra i due uomini che si ritrova nei discorsi del Papa e del presidente. Si rinnova lo spirito di concordia tra Italia e Santa Sede che, annota il Pontefice, è sempre più solido dopo il periodo conciliare, mentre “nella distinzione dei ruoli” è sempre più sentita dai cittadini la “necessità di una rinnovata collaborazione” per il bene comune. D’altro canto, ha osservato, la Chiesa ha bisogno “per svolgere la sua missione spirituale, di condizioni di pace e tranquillità, che solo i pubblici poteri possono promuovere”. Ed ha aggiunto che lo sviluppo di una società pluralistica non può pretendere di “confinare l’autentico sviluppo religioso nella sola intimità della coscienza”, ma riconosca il suo ruolo “nella costruzione della società”.

La fede baluardo di solidarietà e scuola di valori
Ad un presidente di formazione cristiana, Francesco ha dunque rammentato quanto “sia grande il contributo del Cristianesimo” alla cultura, alla “storia dell’Italia” e al carattere della sua popolazione”:

“La fede si è trasformata in opere e queste in istituzioni, fino a dare volto ad una storia peculiare e a modellare pressoché tutti gli aspetti della vita, a partire dalla famiglia, primo e indispensabile baluardo di solidarietà e scuola di valori, che va aiutata a svolgere la sua insostituibile funzione sociale quale luogo fondamentale di crescita della persona”.

Ascoltare grido di dolore dei giovani senza lavoro
Tra i diversi beni “necessari allo sviluppo di ogni collettività – ha quindi proseguito Francesco – il lavoro si distingue per il suo legame con la stessa dignità delle persone, con la possibilità di costruire un’esistenza dignitosa e libera”:

“In special modo, la carenza di lavoro per i giovani diventa un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro”.

Fare tutto il possibile per contrastare la precarietà
Per “un’ordinata crescita della società – ha ripreso – è indispensabile che le giovani generazioni, tramite il lavoro, abbiano la possibilità di progettare con serenità il loro futuro, affrancandosi dalla precarietà e dal rischio di cedere a ingannevoli e pericolose tentazioni”.

“Tutti coloro che detengono posizioni di speciale responsabilità hanno perciò il compito primario di affrontare con coraggio, creatività e generosità questo problema”.

L’Expo di Milano, occasione per salvaguardare l’ambiente
Un altro ambito che richiede oggi particolare attenzione da parte di tutti, ha soggiunto il Papa, è la cura dell’ambiente, osservando che “occorre acquisire piena consapevolezza degli effetti dei nostri comportamenti sul creato”. Ha così ricordato che tra pochi giorni si aprirà a Milano l’Esposizione Universale, sul tema: “Nutrire il pianeta. Energie per la vita”.

“Possa esso contribuire anche ad approfondire la riflessione sulle cause del degrado ambientale, in modo da fornire alle autorità competenti un quadro di conoscenze ed esperienze indispensabile per adottare decisioni efficaci e preservare la salute del pianeta che Dio ha affidato alla cura del genere umano”.

L’Europa sostenga l’Italia nell’accogliere i migranti
Francesco non ha infine mancato di esprimere la sua gratitudine “per l’impegno che l’Italia sta profondendo per accogliere i numerosi migranti che, a rischio della vita, chiedono accoglienza”.

“E’ evidente che le proporzioni del fenomeno richiedono un coinvolgimento molto più ampio. Non dobbiamo stancarci nel sollecitare un impegno più esteso a livello europeo e internazionale”.

Papa Francesco ha così concluso il suo discorso auspicando che “l’Italia, facendo tesoro delle sue nobili tradizioni e delle sua cultura largamente ispirata dalla fede cristiana, possa progredire e prosperare nella concordia, offrendo il suo prezioso contributo alla pace e alla giustizia nel mondo”.

Famiglia e libertà religiosa nel colloquio tra Parolin e Mattarella
Il presidente Mattarella, dopo l’incontro col Papa, accompagnato dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni, ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Durante i cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni intercorrenti tra la Santa Sede e l’Italia che anche la recente firma della Convenzione in materia fiscale ha contribuito a consolidare. Si sono affrontati poi temi che riguardano la situazione sociale italiana, con particolare riferimento alla famiglia, all’educazione, al lavoro e alle migrazioni. Si è apprezzata anche la cooperazione della Chiesa cattolica per alleviare le situazioni di disagio che caratterizzano alcuni ambiti della società. Non si è mancato di considerare, nella cornice dell’attuale quadro internazionale, il preoccupante dilagare delle violenze che continuano a segnare l’area mediterranea orientale e quella nord-africana. Le due Parti hanno confermato la volontà di proseguire la fattiva collaborazione a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale, soprattutto a riguardo della promozione e della tutela della libertà religiosa e della dignità della persona umana”.

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Mattarella: il Papa partecipe delle attese dell'Italia

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“Partecipe delle difficoltà e delle attese dell’Italia”. In questo modo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito Papa Francesco nel suo discorso in occasione della sua visita in Vaticano. Disoccupazione, famiglia, libertà religiosa al centro delle parole del capo dello Stato. Il servizio di Alessandro Guarasci: 

Il magistero pontificio è un punto di riferimento anche per  la storia contemporanea e la democrazia italiana ed europea. D’altronde tra i due Stati, dice il presidente Mattarella, c’è un “rapporto davvero speciale”. Il capo dello Stato ricorda poi la prima visita in Italia di Francesco, a Lampedusa: da quel momento il Pontefice è stato sempre “partecipe delle difficoltà e delle attese dell’Italia”. E' evidente quindi che il dramma dei profughi impone una soluzione e un “intervento dell’Unione Europea per fermare questa continua perdita di vite umane nel Mediterraneo”:

“Con quelle vite spezzate si perde  la speranza di tante persone e si compromette la dignità della comunità internazionale. Rischiamo di smarrire la nostra umanità”.

Ma altro dramma dell’Europa, e dell'Italia, sono la disoccupazione e le nuove povertà, che rischiano di “inghiottire il futuro di intere generazioni”. Dunque, serve una “visione dello sviluppo economico e sociale che sappia rimettere al centro la persona e la famiglia”. E il presidente mette in luce come “Governo e Parlamento italiani” siano “impegnati ad adottare misure che consentano al nostro Paese di lasciarsi alle spalle una crisi che è stata lunga e dolorosa e da cui solo ora si inizia a intravedere l'uscita”.

La Chiesa, fa notare il capo dello Stato, “svolge” un’azione “a sostegno delle frange più deboli della popolazione”. Al contempo, la famiglia, “nucleo essenziale della società”, “spesso deve curare, da sola, le ferite inferte dalla ‘cultura dello scarto’”.

E poi il Giubileo della Misericordia che “costituirà occasione di riflessione preziosa sui valori della giustizia e della solidarietà insieme a quello della pace”. Di qui il richiamo alla libertà religiosa, che “appartiene alle più autentiche aspirazioni delle persone e costituisce un cardine della Costituzione italiana”:

“Qualsiasi violazione di essa vulnera, nel profondo, i diritti umani e delle comunità. La violenza scatenata contro le comunità cristiane in alcune parti del mondo interpella, con forza, le coscienze di tutti coloro che amano la libertà e la tolleranza”.

E questo anche perché "Il dialogo tra le grandi tradizioni religiose appare tanto più urgente nel momento in cui si avverte, anche nel nostro Paese" la minaccia del terrorismo internazionale".  Infine, l’invito a Papa Francesco a venire in visita al Quirinale.

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Francesco: tratta e nuove schiavitù “mercato disumano”

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Il mondo deve dotarsi di leggi efficaci che colpiscano chi alimenta il “crimine gravissimo” delle nuove forme di schiavitù. È la richiesta che Papa Francesco ha avanzato durante l’udienza alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in corso in Vaticano sul tema della tratta degli esseri umani. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

Bambini-cavie fornitori di organi, donne prigioniere dei mercati del sesso, maschi e femmine di tutte le età incatenati nei lager del lavoro coatto. E dietro di loro gli ignobili “professionisti” dello sfruttamento, carnefici che si arricchiscono violentando in mille modi la dignità umana.

Piaga nel corpo dell’umanità
Il Papa ha ingaggiato una lotta personale contro questo campionario di orrori, il "lavoro schiavo" che si consuma ogni giorno ovunque nel mondo, non solo nelle terre di nessuno ma anche nelle società che esibiscono valori e cultura. L’ennesima denuncia Francesco la leva al cospetto degli esperti che in questi giorni stanno discutendo in Vaticano della tratta di persone:

“Ho dichiarato più volte che queste nuove forme di schiavitù – traffico di esseri umani, lavoro forzato, prostituzione, commercio di organi – sono crimini gravissimi, una piaga nel corpo dell’umanità contemporanea”.

Prendere consapevolezza
Le parole di Francesco sono il solito faro puntato sulle ombre del mondo civile, che ancora nel 21.mo secolo crea i presupposti per l’esistenza degli schiavi:

“Purtroppo, in un sistema economico globale dominato dal profitto, si sono sviluppate nuove forme di schiavitù in certo modo peggiori e più disumane di quelle del passato (...) Innanzitutto, dobbiamo far prendere più consapevolezza di questo nuovo male che, nel mondo globale, si vuole occultare perché scandaloso e ‘politicamente scorretto’. A nessuno piace riconoscere che nella propria città, nel proprio quartiere pure, nella propria regione o nazione ci sono nuove forme di schiavitù, mentre sappiamo che questa piaga riguarda quasi tutti i Paesi”.

Leggi contro la tratta
È una questione di coscienza sociale, “specialmente – afferma il Papa – per quanto riguarda la legislazione nazionale e internazionale”, che sia in grado di “assicurare i trafficanti alla giustizia e reimpiegare i loro ingiusti guadagni per la riabilitazione delle vittime”:

“Si dovrebbero cercare le modalità più idonee per penalizzare quanti si rendono complici di questo mercato disumano. Siamo chiamati a migliorare le modalità di riscatto e di inclusione sociale delle vittime, aggiornando anche le normative sul diritto di asilo. Deve aumentare la consapevolezza delle autorità civili circa la gravità di tale tragedia, che costituisce un regresso dell’umanità. E tante volte - tante volte! - queste nuove forme di schiavitù sono protette dalle istituzioni che devono difendere la popolazione da questi crimini”.

Il “protocollo” delle Beatitudini
La conclusione di Francesco è un appello alla compassione dei cristiani. Tante donne e uomini nella Chiesa, ricorda, hanno lottato contro le schiavitù della loro epoca e il riscatto delle vittime – San Pietro Claver, San Giovanni de Matha – e il loro esempio, sottolinea, “è la conseguenza diretta del messaggio di libertà portato al mondo da Cristo con la sua pienezza di grazia, verità e amore” con quello che definisce il “protocollo delle Beatitudini”:

“La luce del Vangelo è guida per chiunque si pone al servizio della civiltà dell’amore, dove le Beatitudini hanno una risonanza sociale, dove c’è una reale inclusione degli ultimi. Bisogna costruire la città terrena alla luce delle Beatitudini, e così camminare verso il Cielo in compagnia dei piccoli e degli ultimi”.

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Papa: sfida migrazioni, porsi al servizio di vita e dignità

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Affrontare le nuove sfide di oggi, come il fenomeno migratorio, ponendosi “al servizio della vita e della dignità della persona”. Questo l’auspicio del Papa ai membri dell’Associazione cattolica internazionale di servizi per la gioventù femminile (Acisjf), ricevuti nella Sala Clementina in Vaticano in occasione della loro assemblea generale. Il servizio di Giada Aquilino

Sostegno alle giovani in difficoltà: il loro numero è in crescita
Una “nuova creatività”, per offrire sostegno materiale e spirituale alle giovani che vivono in situazioni di precarietà e sofferenza. È il mandato di Papa Francesco all’Associazione cattolica internazionale di servizi per la gioventù femminile, che dalla fine dell’800 accoglie e assiste proprio quelle giovani e quelle donne in condizioni di fragilità. D’altra parte, ha osservato il Pontefice, il loro numero è “in crescita”, con “molteplici forme di povertà che le toccano”.

“E’ una vera felicità servire gli altri, come Gesù. Mediante attività permanenti di accoglienza - quanto bisogno di accoglienza hanno queste giovani, quanto bisogno di accoglienza! - e anche attraverso una riflessione per affrontare le nuove sfide generate dal mondo d’oggi, come il fenomeno migratorio, la vostra azione vuole essere al servizio della vita e della dignità della persona, testimoniando che ‘l’autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, … cioè dal servizio’”.

Attenzione e ascolto per chi soffre
Tali giovani, ha sottolineato, “hanno prima di tutto bisogno di attenzione e di ascolto”:

“Quel tanto umano e tanto divino 'apostolato dell’orecchio' stanca, è stancante, ma fa tanto bene”.

In tal modo, potranno crescere:

“Così le potete aiutare a crescere nella fiducia, a trovare dei punti di riferimento e a progredire nella maturità umana e spirituale, nutrita dai valori evangelici. Possiate essere nei loro confronti testimoni credibili, perché facciano esperienza della gioia di sapersi amate da Dio, loro Padre, e chiamate alla felicità”.

Testimoni di fraternità e solidarietà
L’invito di Francesco è stato anche a lasciarsi “istruire” da loro:

“Pur nelle loro difficoltà, esse testimoniano spesso quelle virtù essenziali che sono la fraternità e la solidarietà. Ci ricordano inoltre che siamo fragili e che dipendiamo da Dio e dagli altri”.

Rivoluzione della tenerezza
Lo “sguardo misericordioso del Padre”, ha proseguito il Papa, ci aiuti “ad accogliere le nostre povertà” per andare avanti “con fiducia” ed impegnarci insieme in quella “rivoluzione della tenerezza” della quale Gesù “ci ha aperto il cammino” mediante la sua Incarnazione:

“E’ bello essere suoi discepoli-missionari, per consolare, illuminare, lenire, ascoltare, liberare, accompagnare. L’esperienza che Lui ci ha donato mediante la sua Risurrezione è una forza vitale che penetra il mondo e sulla quale potete appoggiarvi ogni giorno, perché risponde alle aspirazioni più profonde del cuore”.

Chiesa, grande famiglia
L’auspicio del Pontefice ai 60 rappresentanti giunti in Vaticano è stato a ritrovare “lo slancio” che fu all’origine dell’Associazione, che ebbe il sostegno di Leone XIII, perché “cresca” il sentimento di “appartenenza alla Chiesa, che è - ha ricordato - una grande famiglia” e affinché giunga a buon fine la missione al servizio dei piccoli, “per i quali Gesù ha un amore di predilezione”:

“Vi invito a continuare ad annunciare a tutti la gioia del Vangelo, tenendo in considerazione la diversità delle culture, delle tradizioni religiose, delle provenienze delle giovani che volete servire, come pure le ricchezze che esigono di essere accolte con rispetto”.

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Cordoglio del Papa per la morte del card. George: pastore saggio e gentile

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Papa Francesco ha espresso il suo profondo cordoglio per la morte, avvenuta ieri, del cardinale Francis Eugene George, arcivescovo emerito di Chicago: malato di tumore, aveva 78 anni. In un telegramma inviato all’attuale arcivescovo di Chicago, mons. Blase Cupich, il Papa ricorda con “gratitudine” la testimonianza di vita consacrata del cardinale George come Oblato di Maria Immacolata, il suo servizio all’apostolato educativo della Chiesa e i suoi anni di ministero episcopale nelle Chiese di Yakima, Portland e Chicago”. Affida quindi “l'anima di questo saggio e gentile pastore” all'amore misericordioso di Dio”.

Primo arcivescovo di Chicago nativo della città
Il cardinale George è stato il primo nativo di Chicago a ricoprire la carica di arcivescovo della città. A 20 anni era entrato nella Congregazione degli Oblati Missionari di Maria Immacolata. Ordinato sacerdote a 26 anni, era laureato in filosofia americana. Dal 1973 al 1974 è stato superiore provinciale della Midwestern Province degli Oblati a St. Paul, Minnesota. In seguito, è stato eletto vicario generale degli Oblati e ha lavorato a Roma dal 1974 al 1986. Tornato negli Stati Uniti, diventa coordinatore del «Circle of Fellows» del «Cambridge Center for the study of Faith and Culture» a Cambridge, Massachusetts (1987-1990). In quel periodo, consegue la laurea in Teologia Sacra in ecclesiologia presso la Pontificia Università Urbaniana a Roma (1988). Nel 1990 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Yakima, nello Stato di Washington, e sei anni più tardi arcivescovo di Portland in Oregon. A 60 anni, nel 1997, diventa arcivescovo di Chicago.

Altri incarichi
È stato membro di nomina pontificia al Sinodo dei Vescovi sulla Vita Consacrata nel 1994; delegato e segretario speciale dell’Assemblea speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi nel 1997. Ha anche fatto parte di alcune commissioni della Conferenza Nazionale statunitense dei Vescovi Cattolici, fra le quali «Church in Latin America» (dal 1994); «Doctrine» (dal 1991 al 1994 e poi dal 1996); «Missions» (dal 1991); «ad hoc Committee to Oversee the Use of Cathechism» (dal 1995) e «ad hoc Committee on Shrines» (dal 1992). Dal 1994 al 1997 ha prestato la sua opera nella Conferenza Episcopale dei Vescovi Nordamericani (NCCB) nei «Committees on Religious Life and Ministry» e nella «American Board of Catholic Missions». È stato consulente della NCCB per le seguenti commissioni: «on Science and Human Values» (1994-97), «Hispanic Affairs» (1994-97), «on Evangelization» (1991-93). È stato anche presidente della Commissione della NCCB «for Bishops and Scholars» (1992-94). È stato rappresentante della NCCB presso la Commissione Internazionale sulla Lingua Inglese nella Liturgia; consigliere della «Catholic Church Extension Society e della University of Saint Mary of the Lake, Mundelein, Illinois»; membro del Consiglio di amministrazione della «Catholic University of America» (dal 1995) e della Basilica of The National Shrine of the Immaculate Conception (dal 1997); membro della Fondazione Pontificia (dal 1997) e del Consiglio di Amministrazione del «Pope John XXIII Center, Boston, Massachusetts» (dal 1994); moderatore Episcopale e membro del Consiglio del «National Catholic Office for Persons with Disabilities». Nello svolgimento di questo incarico porta la propria esperienza personale essendo stato affetto, all'età di 13 anni, per cinque mesi dalla poliomielite che ha causato danni irreversibili alle gambe. È stato inoltre Consulente Episcopale per il Cursillo Movement, Regione XII, dal 1990 al 1997. Inoltre, ha ricoperto l’incarico di cappellano conventuale ad honorem dell'Associazione Federale del Sovrano Ordine Militare di Malta, gran priore della «North Central Lieutenancy of The United States» per l'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, membro del Consiglio del «Kohl McKornick Early Childhood teaching Awards». E’ stato anche membro del consiglio di amministrazione degli «Oblate Media», a Belleville, Illinois, e della «American Catholic Philosofical Association», della «American Society of Missionologists» e della «Catholic Commission on intellectual and Cultural Affairs».

Presidente dei vescovi Usa
È stato segretario speciale all'Assemblea Speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi (16 novembre - 12 dicembre 1997). Dal novembre 2004 al novembre 2007 è stato vice-presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti. Dal novembre 2007 al novembre 2010 è stato presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti.

Cardinale nel 1998
Giovanni Paolo II la aveva creato cardinale nel concistoro del 21 febbraio 1998, del Titolo di San Bartolomeo all’Isola.

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Nomina episcopale in Colombia

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per Vescovi.

In Colombia, il Papa ha nominato mons. Misael Vacca Ramírez vescovo della diocesi di Duitama-Sogamoso, trasferendolo dalla Sede di Yopal. Il presule è nato a Somondoco (Boyacá) il 5 novembre 1955. Ha frequentato la scuola primaria pubblica di Somondoco, continuando poi gli studi secondari nel “Colegio José Benigno Perilla”, a Somondoco, dove si è diplomato nel 1976. Nel 1988 ha ottenuto la Licenza in Filosofia e Scienze Religiose presso l’Università “Santo Tomás” di Bogotá. Successivamente, a Roma, nel 1991 ha ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica e nel 1992 una specializzazione in Pastorale Giovanile e Catechistica presso la Pontificia Università Salesiana. È stato ordinato sacerdote il 3 dicembre 1983, incardinandosi nella diocesi di Garagoa. Dal 1984 al 1988 ha svolto gli incarichi di Cappellano e di Professore del “Colegio Nacionalizado San Luis de Garagoa” e, in pari tempo, è stato Vicario parrocchiale della Cattedrale. Dal 1992 è stato Delegato Episcopale per la pastorale giovanile e vocazionale della diocesi. Dal 1992 al 1995 è stato Direttore della Licenza in Etica e Scienze Religiose presso l’Istituto Universitario “Juan de Castellanos”, dove successivamente è stato il Vice-Rettore e dal 2000 al 2001 Rettore. Il 24 aprile 2001 fu nominato Vescovo di Yopal, ricevendo la consacrazione episcopale il 10 agosto successivo. Nell’ambito della Conferenza Episcopale Colombiana è stato membro della Commissione Episcopale per il Matrimonio e la Famiglia e del Consiglio Episcopale per la Pace.

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Santa Sede: cristiani perseguitati, fallimento dell'Onu

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Si è tenuta ieri al Palazzo di Vetro di New York una importante conferenza sul tema: “La persecuzione dei cristiani a livello globale: una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”. Per la Santa Sede è intervenuto l’osservatore permanente vaticano all’Onu, mons. Bernardito Auza. Il presule ha ricordato gli accorati appelli di Papa Francesco alla comunità internazionale perché “non resti muta e impassibile” davanti a crimini così inaccettabili. I martiri di oggi – ha osservato citando il Pontefice - "sono più numerosi che nei primi secoli cristiani”. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Terre intrise di sangue cristiano

In Iraq, Siria, Nigeria, Libia, Kenya e nelle regioni del subcontinente asiatico – ha detto mons. Auza - “la terra è stata letteralmente intrisa di sangue. Abbiamo visto immagini barbare di cristiani copti decapitati in Libia; chiese piene di gente saltare in aria durante le celebrazioni liturgiche in Iraq, Nigeria e Pakistan; antiche comunità cristiane cacciate dalle loro case nella Piana di Ninive; studenti cristiani giustiziati in Kenya”.

Cristiani presi di mira
“Migliaia di persone in tutto il mondo – ha rilevato - sono perseguitate, private ​​dei loro diritti umani fondamentali, discriminate e uccise semplicemente perché sono credenti. Sappiamo che questi attacchi contro persone di fede non accadono solo ai cristiani”, ma anche ad altri musulmani e minoranze etniche, come gli yazidi, soprattutto in seguito alle violenze dei miliziani del sedicente Stato islamico. Tuttavia – ha precisato – c’è un fatto incontrovertibile: “in molte parti del mondo, i cristiani sono presi di mira in modo specifico”. Così, il rapporto 2014 del Pew Research Center rivela che gli attacchi alle persone di fede sono compiuti di più contro i cristiani che contro qualsiasi altro gruppo religioso.

Fallimento dell’Onu
Tra il 2006 e il 2012 – afferma mons. Auza - i cristiani sono colpiti da persecuzioni o discriminazioni in 151 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite. “Ciò indica – sottolinea con forza il presule - un fallimento collettivo di questa organizzazione internazionale, il cui obiettivo primario è quello di risparmiare popoli e nazioni dal flagello della violenza e delle aggressioni ingiuste”. Mons. Auza ricorda che “tra 100 e 150 milioni di cristiani sono perseguitati nel mondo di oggi”.

Medio Oriente: cristiani a rischio estinzione
“Le persecuzioni religiose – aggiunge - non solo sono diffuse, ma anche in aumento”. Così, “la libertà religiosa a livello globale è entrata in un periodo di grave declino negli ultimi tre anni”. “In Medio Oriente, in particolare, i cristiani sono stati specificamente presi di mira, uccisi o costretti a fuggire dalle loro case e paesi. Solo 25 anni fa, c’erano quasi due milioni di cristiani in Iraq; le stime più recenti dicono che sono oggi meno di un quarto di quella cifra”. Qui, i cristiani, hanno “un profondo senso di abbandono”. “La scomparsa di queste comunità del Medio Oriente – rileva - non solo sarebbe una tragedia religiosa, ma la perdita di un ricco patrimonio religioso-culturale che tanto ha contribuito alle società a cui appartengono. Per 2.000 anni, i cristiani hanno chiamato ‘casa’ il Medio Oriente; anzi, come tutti sappiamo, il Medio Oriente è la culla del cristianesimo”. Oggi, “queste antiche comunità cristiane della regione, soprattutto quelle che ancora parlano l'aramaico, la lingua di Gesù Cristo, sono tra quelle a rischio di estinzione”. Papa Francesco – ricorda – “ha ripetutamente affermato che non possiamo rassegnarci a pensare ad un Medio Oriente senza cristiani. La loro esistenza ininterrotta nella regione è la testimonianza di molti secoli di convivenza, fianco a fianco con i musulmani e altre comunità religiose ed etniche. Il mondo intero ha un grande interesse nel preservare tale convivenza e tutti dobbiamo unirci per impedire l'espulsione dei cristiani prima che sia troppo tardi”.

Agire presto, prima che sia troppo tardi
L’osservatore permanente ricorda che il mese scorso a Ginevra, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, 65 Paesi hanno firmato una dichiarazione, redatta da Libano, Russia e Santa Sede, per sostenere i diritti umani dei cristiani e di altre comunità, in particolare in Medio Oriente: “E’ stata la prima volta in cui si è fatta menzione esplicita della categoria dei cristiani al Consiglio per i diritti umani”. Mons. Auza lancia l’appello ad agire presto, con urgenza, prima che sia “troppo tardi”: “i cristiani perseguitati in tutto il mondo … contano su di noi e chiedono sempre maggiori sforzi da parte nostra per risparmiarli dalla persecuzione. La loro stessa sopravvivenza potrebbe dipendere dalla nostra solidarietà. Preghiamo affinché possiamo essere in grado insieme di aprire gli occhi del mondo su quello che sta succedendo”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Preoccupazioni che avvicinano: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella a Papa Francesco.

Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Francis Eugene George.

Parole semplici: il cardinale Gerhard Müller su Joseph Ratzinger teologo.

Quel tutto che siamo chiamati a donare: anticipazione dell'intervento del priore della comunità di Bose in occasione della presentazione del libro del cardinale Gualtiero Bassetti "La gioia della carità".

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Oggi in Primo Piano



Erbil, P. Fortunato tra i profughi: ho trovato luci nell'inferno

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“Non bisogna rinunciare a costruire la pace attraverso la testimonianza e il dialogo”. Così padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, al suo rientro dall’Iraq dove ha visitato i campi profughi della città di Erbil. In migliaia le persone in fuga dalla violenza dei gruppi jihadisti dell’Is che seminano morte e distruzione. Al microfono di Massimiliano Menichetti lo stesso padre Enzo: 

R. – Siamo stati in tre campi di accoglienza: ci sono 12 mila cristiani profughi ad Erbil. In tutte e tre i campi abbiamo ascoltato vicende che graffiano il cuore.

D. – Mi può raccontare alcune di queste testimonianze?

R. – La prima è di una signora di 80 anni, vedova, che dinanzi alle milizie dell’Is ha detto: “Voi potreste essere miei figli… Non rinnego la mia fede cristiana. Uccidetemi, toglietemi tutto, ma la fede non potete togliermela!”. L’hanno cacciata via da Mosul. Una testimonianza forte: una donna che, nonostante l’età, ha saputo essere lievito, testimoniare fino alla fine.

D. – Lei ha incontrato anche un sacerdote, che è stato nelle mani dei gruppi jihadisti…

R. – Don Douglas. E’ stato torturato: gli hanno rotto i denti, il setto nasale a furia di pugni e di botte... è stato massacrato ed incarcerato per dieci giorni. Poi, dopo le cure, è ritornato ad Erbil, ad Ancawa esattamente, e lì, nel campo profughi, sta immettendo entusiasmo, vitalità, con una forza senza precedenti.

D. – E’ stato liberato dai suoi aguzzini?

R. – Non siamo entrati nei dettagli, ma credo sia stato liberato dai militari della coalizione internazionale. E’ così potuto ritornare sano e salvo. Questo sacerdote testimonia la forza del Vangelo. Ha incoraggiato anche noi a continuare in questa strada che porta solidarietà e pace.

D. – Cosa vuol dire testimoniare la pace dove la violenza uccide e perseguita?

R. – Significa portare una testimonianza disarmata. Dinanzi ad atteggiamenti come la guerra, come l’odio, come la morte e l’uccisione, io credo che il miglior attacco – per adoperare un termine bellico – sia quello di una testimonianza silenziosa, che disarma il cuore. Anche se questo apparentemente può sembrare difficile, può sembrare utopico e impossibile, però è la strada migliore.

D. – Prima mi ha parlato anche di un terzo incontro, segno di speranza, in uno dei campi profughi di Erbil…

R. – Sì, un giovane di 22 anni. Appena ci ha visti, ci ha sorriso, ci è corso incontro e ci ha abbracciati e ci ha detto: “Faccio parte della gioventù francescana. Cerco di testimoniare la pace di San Francesco in questo campo profughi”. Questo giovane ha perso la casa, i suoi amici e lì cerca di essere un testimone del Vangelo. Il suo sorriso dava gioia, dava speranza.

D. – A giugno avvierete una iniziativa: una grande raccolta fonti per la costruzione di un ospedale. Di cosa si tratta?

R. – 35 posti letto, un reparto di Pronto soccorso, un reparto di pediatria e di maternità. C’è un’urgenza nel ricoverare e nel curare le ferite in maniera gratuita per tutti, musulmani, cristiani, di altre fedi. C’è già uno scheletro pronto, quello di un edificio adibito a centro commerciale, che è poi diventato un rifugio per i profughi e ora diventerà un ospedale.

D. – Come si può sostenere questo progetto?

R. – Collegandovi al nostro sito "sanfrancesco.org" troverete tutte le indicazioni per aiutarci e fare del bene.

D. – Lei personalmente che cosa riporta da questo viaggio?

R. – Porto nel cuore il grido di una umanità sofferente, ma porto nel cuore anche il desiderio di non demordere e di non scoraggiarsi nel compiere e nell’esortare a vivere il bene. Un’altra grande consapevolezza è quella di vivere, dovunque siamo, atteggiamenti di pace: solo gli atteggiamenti di pace disinquinano l’aria di guerra che respiriamo.

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Yemen, Obama al re saudita Salman: soluzione crisi coordinata

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Ieri, il presidente statunitense, Barack Obama, si è confrontato con il re Salman d'Arabia Saudita sulla situazione in Yemen, suggerendo una soluzione politica coordinata dalle Nazioni Unite che coinvolga tutte le parti. Sul fronte opposto, il governo iraniano chiede all'Onu un piano di pace che ponga fine alle operazioni saudite sui ribelli Houti. Il tentativo statunitense di internazionalizzazione della questione yemenita sembrerebbe risolutivo nell'evitare un coinvolgimento militare maggiore. Claudia Minici ha intervistato Giuseppe Dentice, analista delle relazioni internazionali del Medio Oriente presso l'Ispi: 

R. - Un tale intervento innanzitutto comporterebbe il coinvolgimento della comunità internazionale e quindi la possibilità di adottare una soluzione politica a un tentativo di soluzione prettamente militare, che è quello che è stato adottato dalla coalizione arabo-sunnita a guida saudita. In questo modo, il tentativo è quello di portare su un piano prettamente diplomatico una questione che ha vari risvolti e che rischia di allargarsi e coinvolge più attori. Tanto per essere più chiari: il rischio di vedere coinvolto, sotto versioni non ufficiali, l’Iran è sempre maggiore e quindi il problema è che una situazione di caos in Yemen potrebbe ampliarsi sempre di più in altri contesti dove è presente già uno scorso settario tra sciiti e sunniti. Quindi, il tentativo di Obama è quello di tenere a sé i sauditi rassicurandoli.

D. - Il governo iraniano ha inoltre presentato al segretario generale dell’Onu un piano di pace per porre fine all’operazione saudita sui ribelli houthi…

R. - Il tentativo iraniano rientra in questa logica di cercare di tutelare le minoranze sciite presenti nel Paese, in questo caso gli houthi. Tutto questo discorso rientra sempre in questo problema di scontro tra sunniti e sciiti. La proposta iraniana è volta semplicemente a tutelare i suoi interessi all’interno del Paese e quindi dell’area Golfo. Allo stesso modo, come faceva e ha fatto fino ad adesso l’Arabia Saudita e la coalizione arabo-sunnita imponendo ad esempio l’embargo sulle armi agli houthi. Questa era una risoluzione che ha approvato il Consiglio di sicurezza pochi giorni fa. Quindi, specularmente all’attivismo diplomatico saudita si muove allo stesso modo quello iraniano.

D. - Quale delle due proposte si prospetta di maggiore successo?

R. - Probabilmente, in questo caso, se dovesse passare la proposta Obama, il tentativo di coinvolgimento e di internazionalizzazione della questione yemenita all’interno di un quadro diplomatico potrebbe essere favorevole e risolutivo perché, da un lato, si porta l’Arabia Saudita a evitare un coinvolgimento militare sempre maggiore, in una situazione comunque abbastanza caotica. Infatti, non c’è solo una questione sciiti-sunniti all’interno dello Yemen, ci sono diversi piani paralleli di instabilità che coinvolgono numerosi attori. Quindi, provare a imporre una soluzione politica a una questione solo militare è un tentativo anche di semplificare un quadro già abbastanza ingarbugliato. E’ possibile che un tentativo di soluzione diplomatica potrebbe avere un risultato di maggiore successo. La chiamata ad esempio di Obama al re Salman, che è avvenuta ieri, in cui si proponeva questa possibilità, avveniva all’interno di un quadro molto più ampio, ossia l’invito ufficiale dell’Arabai Saudita dei Paesi del GCC (Consiglio di Cooperazione del Golfo) a Washington il 13 e 14 maggio prossimi per discutere delle questioni mediorientali e più precisamente, sì, dello Yemen ma anche dell’Iran e del negoziato nucleare. Quindi, è importante per gli Stati Uniti cercare di tenere a sé l’Arabia Saudita rassicurandola e dicendo che ci sono anche soluzioni che non sono quelle militari.

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Grecia sull’orlo del fallimento, aiuti del governo ai poveri

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Mentre il cosiddetto “Brussels Group” sarà in riunione per tutto il weekend nel tentativo di trovare un accordo sul debito greco, si diffonde la paura che maggio possa essere il mese del fallimento della Grecia, uno dei Paesi fondatori dell’Eurozona. Roberta Barbi ha chiesto al giornalista greco Dimitri Deliolanes se lo spettro del fallimento aumenti il rischio di tensioni sociali e come sta vivendo la popolazione queste notizie: 

R. – La popolazione è abituata, dà poco credito a queste notizie. Già nel periodo preelettorale, tutta la campagna delle forze al governo consisteva sul fatto che con il nuovo governo e con il cambiamento politico ci sarebbe stato il rischio di una espulsione del Paese dall’Eurozona.

D. – Si parla di mancanza di liquidità, che impedirebbe di pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici. Abbiamo letto di molte famiglie che non hanno i soldi per riscaldare la propria casa, alcune addirittura hanno rinunciato all’energia elettrica o a pagare il vaccino dei propri figli che così non possono più andare a scuola…

R. – Sul piano sociale la situazione in Grecia non è cambiata: è rimasta sempre una catastrofe umanitaria, come lo è stato negli ultimi 4-5 anni. L’unica cosa nuova sul piano sociale è l’iniziativa del governo di andare incontro a queste 300-400 mila famiglie, che non hanno assolutamente reddito. Qui il governo dà degli aiuti: dà dei bonus per fare la spesa al supermercato, la possibilità di avere l’allaccio all’energia elettrica gratuitamente e delle tessere per girare gratuitamente sui mezzi di trasporto pubblico… insomma un aiuto per riuscire a cavarsela un pochino meglio. Rispetto al problema della liquidità del governo, nel caso in cui i soldi siano veramente contati, il governo greco prenderà l’iniziativa di pagare in primis le pensioni e gli stipendi ai dipendenti pubblici e di sospendere i pagamenti del debito. Sicuramente saranno privilegiati prima i cittadini e dopo i nostri creditori.

D. – Cosa significherebbe per la vita quotidiana dei greci un eventuale ritorno alla dracma?

R. – Una catastrofe finanziaria a livello mondiale e una catastrofe politica a livello europeo. Per l’economia greca le conseguenze sarebbero sicuramente molto, molto gravi perché la Grecia non è un Paese esportatore: io immagino che la prima reazione sarà quella di moderare in maniera sensibile l’acquisto di qualsiasi bene sia di importazione.

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Cristiani gettati in mare: proseguono gli interrogatori

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Proseguono gli interrogatori nel carcere di Palermo dei 14 immigrati in stato di fermo con l’accusa di aver gettato in mare altre 12 persone perché di religione cristiana. In Sicilia intanto continuano gli sbarchi: a Messina sono arrivati in oltre 450, tra loro una cinquantina di minori; 93 invece le persone approdate a Palermo, tutte di origine somala. Francesca Sabatinelli

Caduti accidentalmente in acqua a seguito di una ressa sul gommone. E’ la versione fornita dagli immigrati finora interrogati nel carcere Pagliarelli di Palermo, accusati di omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso. Tranne tre che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, e un diciassettenne che dovrà essere interrogato dal tribunale dei minori, gli altri hanno tutti smentito la versione della rissa per motivi religiosi. Ad accusarli ci sono le testimonianze dei superstiti cristiani, che hanno parlato al loro arrivo con gli investigatori. Alcuni di loro sono stati presi in carico dalla Caritas palermitana, padre Sergio Mattaliano ne è il direttore:

R. – Non abbiamo soltanto quelli che hanno denunciato, ma ci sono i superstiti. Ci sono alcuni ragazzi che per motivi di salute non sono potuti partire e la Caritas rende loro un servizio accogliendoli nelle proprie strutture. Ho raccolto le testimonianze di due uomini, con le mogli incinte, una ha poi partorito qui a Palermo. La testimonianza appunto è proprio che durante la traversata è nata una forte tensione all’interno del gruppo e da lì poi alcuni, senza pensarci due volte, hanno compiuto queste azioni criminose. Chi crede in Dio o crede in Allah non può fare questo. C’è gente che, senza scrupoli, compie azioni criminose come quelle che loro raccontano.

D. – E’ accertato il fatto che la discussione sia nata a seguito di motivazioni religiose?

R. – Sì, sì, è proprio così. Da quello che hanno detto i ragazzi, da quello che hanno scritto, dalle loro testimonianze, è proprio così.

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Kiko Arguello: portiamo il Vangelo a Roma in "100 piazze"

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“E’ il Signore che vi invia, siete stati chiamati per essere testimoni attraverso la vostra vita e la parola della Resurrezione di Cristo!”. Così si è espresso il cardinale vicario, Agostino Vallini, questa mattina a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, ha incoraggiato le comunità neocatecumenali della capitale che per cinque domeniche, da domani fino alla Pentecoste, saranno presenti in 100 piazze della capitale per annunciare il Vangelo. Filo conduttore dell’iniziativa, giunta al terzo anno, la “Grande missione nell’anno della Misericordia”. Il commento di Kiko Arguello iniziatore del Cammino neocatecumenale al microfono di Marina Tomarro

R. – Siamo contentissimi di poter annunciare il Vangelo per le piazze di Roma. E’ un evento grande perché, dice San Paolo, Dio ha voluto salvare il mondo attraverso la stoltezza della predicazione o meglio, in greco, la stoltezza del "kerigma". E noi siamo disposti a salvare il mondo attraverso l’annuncio del "kerigma".

D. – In che modo si porta il Vangelo nel cuore delle persone?

R. – Dando testimonianza  delle comunità. Ci sono tutte le comunità che danzano, che predicano, alcuni giovani raccontano la loro esperienza di come Gesù Cristo li ha salvati, dando testimonianza dell’azione del Cristo nella nostra vita. E’ importantissimo testimoniare l’amore che Dio ha per noi e quello che sta facendo. Abbiamo tantissimi giovani, migliaia di giovani.

D. – Quali frutti hanno dato queste missioni?

R. – Moltissimi. Abbiamo salvato molta gente, molte conversioni, soprattutto molte persone che stavano sul punto di suicidarsi. Abbiamo parlato loro di Cristo e hanno trovato sollievo. Con le comunità di tutto il mondo siamo andati in 10 mila piazze.

E all’incontro erano presenti tutte le comunità neocatecumenali di Roma. Ascoltiamo le impressioni di coloro che andranno ad annunciare il Vangelo:

R.  – E’ una grazia per noi perché l’annuncio innanzitutto è una chiamata per ciascuno di noi quindi come è successo anche gli scorsi anni abbiamo visto come Dio ci ha dato l’opportunità di poter ascoltare una parola che un tempo si è fatta carne nella nostra vita e ancora oggi si rinnova ed è una spinta a metterci in cammino nuovamente, a fare un cammino proprio di conversione di fronte a tante nostre povertà di ogni giorno.

R. – Si parte dalla nostra esperienza, dal nostro incontro personale con Cristo, e quel tanto che ricevi e che ti cambia quel modo di essere, ti converte il cuore, non puoi tenerlo per te. Nessuno di noi è pronto a questo, però noi sappiamo che è Lui che parla per noi, là, e ci dà la forza.

R. – Dare un’alternativa a tutti i giovani che magari pensano che la vita sia solo quello che vivono, che non c’è niente al di là di quello che si vive, soltanto portando l’esperienza che c’è qualcosa di nuovo. E noi abbiamo una storia che magari può dirti qualcosa.

D. – Come si arriva al cuore di queste persone?

R. – Portandogli l’amore di Cristo, annunciandogli che c’è qualcuno che ti ama incondizionatamente e, veramente, sentirsi amati così è fantastico.

R. – Sicuramente con parole semplici, con molta umiltà, e portando la propria vita. Bisogna portare i fatti e noi siamo qua perché abbiamo visto cosa ha fatto Dio nella nostra vita: solo attraverso la propria storia si può arrivare al cuore delle persone.

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Cinema. Festival Lecce premia Tavernier prossimo Leone d'Oro

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Si chiude questa sera con le premiazioni ufficiali il Festival del Cinema Europeo di Lecce, in cui il regista francese Bertrand Tavernier è stato grande protagonista, in attesa di ricevere il Leone d’Oro alla carriera alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. La sua ricca filmografia lo identifica come uno degli autori di cinema più attenti alle dinamiche della storia e della società. Il servizio di Luca Pellegrini

Ha paura dei tempi in cui viviamo, non è particolarmente ottimista, ma nemmeno ha nostalgia per il passato. Rimpiange alcune cose che non ci sono più, ma pensa anche che il progresso non sia sempre foriero di bontà. Dichiara poi di voler continuare a combattere, con il suo cinema, per preservare ciò che è importante per la vita e per la cultura. Tavernier è sempre stato attentissimo alla società e all'ambiente politico in cui siamo vissuti e viviamo - anche nell'ultimo film di prossima uscita in Italia, "Quai d'Orsay - Un ministro francese", sulla vita caotica di un ministro degli esteri francese, che ricorda molto Dominique de Villepin - e lo ribadisce ai nostri microfoni:

“Oui, peut-être parce que je m'interesse…
Sì, forse perché mi interesso a personaggi che sono immersi in un contesto sociale e politico che è molto importante. Non ho molti personaggi che sono separati dal mondo. Credo che non mi interesserei a qualcuno separato dal mondo. Credo che per comprendere veramente dei personaggi bisogna anche comprendere lì dove vivono e quello che hanno intorno. Questo mi interessa, come nella vita mi interessa sapere qual è il mestiere della persona con cui parlo e quello che sta vivendo”.

Per lei il passato è riflessione, non solo memoria: gli anni incerti dopo la morte di Luigi XIV in "Che la festa cominci...", la Prima Guerra Mondiale de "La vita e niente altro" e "Capitan Conan"...

“Je pense que l’histoire est une source…
Penso che la storia sia una fonte formidabile di soggetti drammatici. Quando guardiamo, quando leggiamo delle biografie, dei libri su un’epoca, all’improvviso nascono scene straordinarie in cui diciamo: “Ma che soggetto, che soggetto!”

Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema di Venezia, tra le motivazioni con le quali ha annunciato il Leone d'Oro alla carriera che lei riceverà a settembre, l'ha descritta come "un autore completo, istintivamente anticonformista, coraggiosamente eclettico".

“J’adore dans tous les cas…
Adoro in ogni caso 'completo', ma adoro la definizione di anticonformista ed eclettico. Penso che ho sempre adorato i registi che facessero prova di immaginazione. Penso che ci siano due tipi di registi: i minatori - che sono quelli che vanno a cercare nella miniera il metallo o i minerali sperando di trovare cose sempre più pure - e poi ci sono i contadini e i contadini coltivano il grano, il mais, gli alberi da frutto, il bestiame, i polli. Un contadino tradizionale si occupa di dieci cose alla volta: io ho l’impressione di essere un contadino”.

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Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

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Nella terza domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli, sconvolti e pieni di paura, e dice:

«Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti: 

Oggi torna a risuonare il dono pasquale del “Pace a voi”, insieme al grido degli Apostoli: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. Quello di Pasqua non è un tempo per “autoconvincersi” – ad occhi chiusi – della risurrezione di Cristo. Gesù risorto è un evento, è un fatto. E gli Apostoli vengono a contatto, vedono con i loro occhi, toccano con le loro mani, come dirà poi S. Giovanni (1 Gv 1,1), questa vita nuova di Cristo. Lo hanno visto agonizzare sulla croce, lo hanno visto deposto, senza vita, dalla croce ed ora lo vedono vivo e credono di stare davanti ad un fantasma. Un fantasma è più facile da compaginare con i nostri sensi di colpa e con le  nostre nevrosi; più che un uomo che torna vivo dalla tomba. Il Signore, con pazienza, svela poco a poco ai discepoli il mistero della Pasqua, edifica la loro fede, svela loro il senso delle scritture secondo le quali Cristo doveva patire e morire, per risorgere dai morti. Ed ora è davanti ai loro occhi, perché essi ne siano testimoni e lo annuncino a tutte le nazioni della terra. In ogni donna, in ogni uomo c’è l’attesa di una speranza, di un domani migliore, ma nessuno di noi crede davvero che alla domenica di Pasqua si giunge passando per il venerdì santo! Oggi siamo convocati per toccare con le nostre mani, vedere con i nostri occhi e ascoltare con le nostre orecchie il Signore risorto che viene ad edificare la nostra fede, perché possiamo gridare davanti a tutta l’umanità: “Annunciamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione; nell’attesa della tua venuta!”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Filippine. L’impegno dei vescovi per la pace in Mindanao

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Il governo filippino non riduca al silenzio e non ignori le comunità di Mindanao che rischiano di venir cancellate dalle nuove normative: questo, in sintesi, l’appello lanciato nei giorni scorsi da mons. Socrates B. Villegas, presidente della Conferenza episcopale filippina (Cbcp). In particolare, il presule fa riferimento al così detto “Bangsamoro Basic Law” (Bbl), il disegno di legge che - ratificando l’accordo siglato un anno fa tra il governo filippino ed il Movimento indipendentista del “Fronte Moro di liberazione islamica” - prevede l’istituzione della regione del Bangsamoro, nel quadro di un’autonomia amministrativa per i cinque milioni di musulmani residenti a Mindanao.

No ad accordi favorevoli ad un solo settore della popolazione
Dal suo canto, la Chiesa filippina si dice favorevole all’istituzione, in via definitiva, di una regione autonoma musulmana, ritenendola essenziale per pacificare le Filippine del Sud. Tuttavia, i presuli ribadiscono che è importante dare ascolto alle istanze di tutte le comunità coinvolte nel processo di riforma, tra cui quelle cristiane e quelle indigene, perché, spiega mons. Villegas, “nessun accordo percepito come favorevole ad un solo settore porterà mai la pace a Mindanao”.

Formare una “ecologia dell’armonia e della pace”
In quest’ottica, lo scorso 6 aprile, il card. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato, ha annunciato l’istituzione di un gruppo, denominato “Amici per la pace” e formato da responsabili cristiani e musulmani, insieme a esponenti delle popolazioni autoctone, con l’obiettivo di “impegnarsi nel dialogo e nella consultazione” in favore della pacificazione del sud del Paese. Il tutto, spiega il card. Quevedo, allo scopo di “formare un’ecologia umana dell’armonia e della pace” tra le diverse componenti etniche e religiose filippine.

Presidente Aquino invita i vescovi al “Consiglio dei leader”
Da ricordare, inoltre, che recentemente, il presidente Benigno Aquino III ha invitato i vescovi filippini a prendere parte ad uno speciale “Consiglio dei leader” per studiare, accanto a politici e giuristi, il disegno di legge su Bangsamoro e proporre, tutti insieme, miglioramenti e modifiche.  (I.P.)

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Togo. Chiesa non invierà osservatori alle presidenziali

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La Chiesa cattolica del Togo (Cet) ha rinunciato all’invio di osservatori per le elezioni presidenziali in programma il 25 aprile 2015. La decisione – riporta l’agenzia Apic – vuole essere un segno di protesta per la mancata attuazione, da parte del governo, delle riforme nel Paese. Tre, in particolare, i punti critici: la non pubblicazione da parte dell’esecutivo di un rapporto sulle elezioni presidenziali del 2010, segnate da numerose contestazioni. Quindi, la non applicazione delle 68 raccomandazioni della “Commissione verità, giustizia e riconciliazione”, presieduta da mons. Nicodème Barrigah, vescovo di Atakpamé, e nelle quali si suggeriva allo Stato di adottare un programma di riparazione in favore di tutte le vittime di violenze politiche e di violazioni dei diritti umani; di rafforzare lo “Stato di diritto” e di preparare un “Libro bianco” sui provvedimenti concreti adottati nell’ambito della riconciliazione.

Mancata attuazione delle riforme stabilite nel 2006
Infine, i presuli della Cet lamentano la non applicazione, da parte del governo, delle riforme costituzionali ed istituzionali previste dall’Accordo politico globale siglato nel 2006. Un accordo che, secondo la Conferenza episcopale del Togo, ha riportato la calma nel Paese, dopo le violenze seguite alle presidenziali del 2005. Dal suo canto, mons. Barrigah ha tentato più volte di incontrare il capo dello Stato, Faure Gnassingbé, per discutere con lui l’applicazione di tali provvedimenti, ma invano. Di qui, la decisione della Chiesa togolese di astenersi dall’inviare osservatori all’imminente consultazione elettorale.

I candidati dell’opposizione denunciano irregolarità nelle liste elettorali
Previste, inizialmente, per il 15 aprile, le elezioni presidenziali sono state rinviate di dieci giorni su suggerimento della comunità economica di sviluppo dell’Africa occidentale (Cedeao – Ecowas). Il periodo di tempo in più, infatti, dovrebbe servire a risolvere alcune problematiche segnalate dai candidati dell’opposizione, in particolare riguardo il registro elettorale, dove sarebbero presenti – denunciano – numerosi nomi duplicati. Oltre al presidente in carica, Faure Gnassingbé, in corsa per un terzo mandato e figlio del defunto capo di stato Gnassingbé Eyadema, si presenteranno alle presidenziali quattro candidati d’opposizione. (I.P.)

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Vescovi Camerun: non aspettare crisi per rafforzare famiglia

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“La famiglia nel contesto camerunense” è il tema su cui discutono, fino al 18 aprile, i vescovi cattolici del Camerun, in occasione della loro 40.ma Assemblea plenaria, iniziata mercoledì scorso e ospitata dal Centro Giovanni XXIII di Yaoundé. Il tema centrale dei lavori è programmatico al 14.mo Sinodo generale ordinario, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre, che sarà dedicato a “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.

Mantenere vivo il senso del matrimonio
A tale proposito, mons. Samuel Kléda, arcivescovo di Douala e presidente della Cenc (Conferenza episcopale nazionale del Camerun), ha evidenziato che “non si tratta di discutere concetti dottrinali, quanto, piuttosto, di stabilire come annunciare, in modo efficace, il Vangelo della famiglia e come accompagnare pastoralmente i nuclei familiari, dal momento che oggi essi sono in preda a numerosi cambiamenti e minacce”. “La famiglia del Camerun – ha aggiunto il presule – si trova davanti a tante difficoltà” ed è proprio per questo che la Chiesa prega per essa, così da mantenere vivo “il senso del matrimonio e della famiglia”. “Dobbiamo illuminare tutti questi valori tramite il Vangelo, affinché la famiglia risponda alla sua vocazione”, ha ribadito mons. Kléda.

Avvenire del Paese dipende dalla famiglia
Alla cerimonia di apertura della Plenaria è intervenuto anche il ministro della Promozione della donna e della famiglia, Marie-Thérèse Abéna Ondo. A lei, il presidente della Cenc ha detto che la Chiesa cattolica tende la mano al governo “nell’accompagnamento della famiglia, in ragione del ruolo che essa gioca nell’educazione e nella formazione dei cittadini”, poiché “l’avvenire dello Stato e della Chiesa dipendono proprio dalla famiglia”.

Tutelare sacralità della vita
Dal suo canto, mons. Jean Mbarga, arcivescovo metropolitano di Yaoundé, ha sottolineato l’importanza della famiglia, in quanto “cellula fondamentale della società”, esortando a “non aspettare i momenti critici per riflettere su di essa e rafforzarla”. “Dobbiamo proteggere i nuclei familiari – ha detto il presule – perché il Vangelo sostiene una visione della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, sulla fecondità e la sacralità dei bambini e della vita”.

Non dimenticare le famiglie vittime di Boko Haram
Sulla stessa linea anche mons. Bruno Ateba Edo, vescovo di Maroua-Mokolo, il quale ha ribadito che “la famiglia occupa un posto molto importante nella nostra società”, esortando infine a non dimenticare quei gruppi familiari che, nel nord del Paese, subiscono le violenze degli estremisti di Boko Haram. (I.P.)

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Vescovi portoghesi preoccupati per persecuzione di cristiani

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“L’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale portoghese esprime preoccupazione per la persecuzione dei cristiani in vari Paesi del mondo, soprattutto in Medio Oriente”: è questo uno dei punti focali del comunicato finale della riunione dei presuli del Portogallo, svoltasi a Fatima dal 13 al 16 aprile. Nel documento, la Cep ribadisce la necessità di “una maggiore attenzione da parte di tutti nella difesa della vita, dei diritti umani e della libertà religiosa”, in “sintonia con gli appelli lanciati da Papa Francesco”.

Elezioni, difendere vita e famiglia
Altro argomento centrale analizzato dai presuli riguarda le elezioni legislative nazionali, previste per il prossimo autunno: “L’Assemblea – informa il comunicato – ha riflettuto sulla necessità, per la società portoghese, di guardare ad una base comune di valori sociali e umani”, tenendo anche conto “dei principi del pensiero sociale cristiano”. “Temi importanti come il rispetto del bene comune, della solidarietà, della sussidiarietà, di una vita imprenditoriale capace di creare lavoro e ricchezza, o come la giusta promozione sociale dei poveri, il sostegno ai più deboli, in particolari ai nascituri, alle gestanti ed alle famiglie – sottolineano i presuli – devono tradursi in proposte concrete e consistenti da parte dei partiti e dei candidati in lizza”.

Preparativi per il Sinodo sulla famiglia
A proposito di famiglia, i presuli guardano al prossimo Sinodo generale ordinario, il 14.mo della serie, che si terrà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre e che sarà dedicato al tema de “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. In vista di questo importante appuntamento, la Cep ha risposto al questionario contenuto nei Lineamenta dell’Assemblea sinodale ed ora si appresta ad inviare alla Segreteria generale del Sinodo il materiale raccolto. Le risposte provenienti non solo dal Portogallo, ma anche da tutte le Chiese particolari del mondo, verranno poi sintetizzate dal Sinodo nell’Istrumentum laboris, ovvero nel documento di lavoro dell’Assemblea.

A settembre, visita ad limina e udienza con Papa Francesco
La Chiesa di Lisbona annuncia, inoltre, di aver approvato “un modello di Statuto per i Centri sociali parrocchiali, in quanto organismi di solidarietà sociale ed oggetto di accurata riflessione riguardo alla loro autonomia, gestione e sostenibilità”. La Cep ha, inoltre, stilato un calendario di eventi di particolare rilevanza: innanzitutto, la visita "ad limina", in programma dal 4 al 12 settembre, e che vedrà i presuli incontrare in udienza, in Vaticano, Papa Francesco; poi, le Giornate pastorali dell’episcopato, fissate dal 15 al 17 giugno, ed incentrate sulla vita consacrata; infine, il quarto Congresso eucaristico nazionale che si terrà a Fatima dal 10 al 12 giugno 2016. (I.P.)

 

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Palermo. Incontro sul matrimonio religioso oggi

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“Il matrimonio religioso oggi: le nuove sfide della secolarizzazione” è il tema dell’incontro che si è svolto stamani a Palermo, patrocinato dal Pontificio Consiglio per la Cultura. “La vera sfida è riportare la fede dentro l’esperienza che appartiene all’umanità intera che è quella del matrimonio e dell’unione sponsale. Ridare dignità ad una relazione tra fede e felicità – afferma don Vito Impellizzeri della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia – in una sorta di legame profondo di cui il matrimonio e la famiglia vivono, cioè tra verità e amore, bisogna ridire il luogo della fede”.

Ritorno del sacro
Questa tematica è importante – ha dichiarato Marco Dell’Oglio, delegato diocesano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – perché è collegata al nuovo Sinodo sulla famiglia e i giovani oggi hanno bisogno di punti di riferimento certi e sicuri e la Chiesa, come indicato da Sua Santità, deve testimoniare i valori del Vangelo attraverso una comunicazione  semplice e rivolta a un pubblico laico”. All’incontro ha partecipato anche Ombretta Fumagalli Carulli, che nel suo intervento, citando il sociologo americano Harvey Cox, autore di “Eclissi del sacro”, ha accennato alla percezione del “ritorno del sacro” in Europa.

Matrimonio religioso e civile in declino
Ma qual è lo stato di salute del matrimonio in Italia? “Il matrimonio civile è in una forma di agonia: ormai ci sono tendenze a non sposarsi, più da parte dei giovani e questo – spiega la docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – è molto negativo perché l’istituto del matrimonio comunque è importante anche solo sotto il profilo civile. Il matrimonio religioso vive una situazione di declino perché meno cattolici chiedono il matrimonio religioso. Nell’ambito cristiano ci sono anche delle confusioni. Alcune confessioni cristiane  come ad esempio i Valdesi, anche una parte dei Luterani, vedono abbastanza bene il matrimonio omosessuale, beninteso – precisa la docente universitaria – non come matrimonio religioso, ma come matrimonio civile. Ma non è detto che questo significhi un ritorno del sacro, anzi più un incentivo verso la secolarizzazione”.

Il matrimonio in Inghilterra oggi
Il professor Fabiano Di Prima dell’Università degli Studi di Palermo ha affrontato il tema ‘Matrimonio e Chiesa d’Inghilterra oggi’. “Proprio in riferimento alla materia matrimoniale - ha sottolineato - accade che questa figurazione della secolarizzazione con sfumature e gradi d’intensità cangianti sembri talvolta sottendere, in modo più o meno consapevole, le politiche europee e nazionali in tema, ivi comprese – tra le seconde quelle dei regimi di Common Law, anche laddove guidati da maggioranze di governo conservatrici, con interventi esplicitamente ispirati a un’applicazione “integrale” del principio di eguaglianza e dell’ossequio all'autonomia dell’individuo e delle sue scelte”.

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Cuba: pellegrinaggio di una reliquia di San Giovanni Paolo II

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Alcune gocce di sangue, incastonate in un Messale: è questo il reliquiario di San Giovanni Paolo II giunto a Cuba in questi giorni ed esposto alla venerazione dei fedeli. “Nella serata del 7 aprile, martedì di Pasqua – informano i vescovi cubani in una nota ufficiale – è giunto a Santiago de Cuba un reliquario con un piccolo recipiente contenente alcune gocce di sangue del Santo Pontefice, raccolte durante la sua ultima degenza in ospedale, poco prima della sua morte, avvenuta il 2 aprile 2005”.

Giovanni Paolo II, un modello di santità
“La reliquia – continua la nota – è stata portata, in processione solenne, nella cappella dell’Arcivescovado ed è stata intronizzata all’inizio della Santa Messa, presieduta da mons. Dionisio Garcia, arcivescovo della città, il quale, nella sua omelia, ha esortato i fedeli a chiedere a San Giovanni Paolo II un aiuto per essere santi a partire dalla vita quotidiana”. Al termine della celebrazione, i fedeli hanno potuto venerare la reliquia per tutta la notte.

Pellegrinaggio delle reliquie anche negli Stati Uniti
I sacri resti di Papa Wojtyła sono giunti a Cuba sotto la custodia delle “Serve dei cuori trafitti di Gesù e Maria”, Congregazione fondata nel 1990 da Madre Adela Galindo nell’arcidiocesi di Miami, in Florida. Le reliquie del Pontefice sono state affidate alle religiose da mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di canonizzazione di San Giovanni Paolo II. Dopo un pellegrinaggio in varie diocesi degli Stati Uniti e una tappa in Guatemala, i sacri resti di Papa Wojtyła sono giunti a Cuba, per essere venerati sia a Santiago che nell’arcidiocesi di Camagüey.

Il ricordo della storica visita di Papa Wojtyła nel 1998
I vescovi concludono la loro nota ricordando la visita del Pontefice polacco a Cuba, avvenuta nel gennaio del 1998: momenti “indimenticabili”, ricordano i presuli, che hanno visto un Papa “messaggero della verità e della speranza” lasciare alla Chiesa locale “l’impegno e la responsabilità di evangelizzare la popolazione”. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 108

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.