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Sommario del 12/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: martirio armeno monito per ogni conflitto. Appello a capi di Stato: no ambiguità e compromessi

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“Solo Dio può colmare i vuoti che il male apre nei nostri cuori e nella nostra storia”: così il Papa nella domenica della Divina Misericordia, celebrando nella Basilica di San Pietro la Messa per il centenario del “martirio” armeno, durante la quale ha proclamato San Gregorio di Narek, monaco, teologo e poeta del X secolo, dottore della Chiesa. Il rito eucaristico è stato concelebrato dal Patriarca cattolico Nerses Bedros XIX, alla presenza dei due Catholicos Karekin II e Aram I e del presidente armeno Serz Azati Sargsyan. A loro Francesco ha consegnato un messaggio in memoria dell’orribile massacro del popolo armeno, generalmente considerato “il primo genocidio del XX secolo”. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Fare memoria delle tragedie è doveroso
“Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana.” Così Francesco nel messaggio rivolto in questa giornata di omaggio ai fratelli e alle sorelle armeni, trascorso un secolo “da quell’orribile massacro che fu un vero martirio”: “Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra”.

Tempi di guerra
Viviamo “un tempo di guerra”, ha sottolineato Francesco, nel saluto ai fedeli armeni prima della Messa, “una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, - come già detto dal Papa altre volte - in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione”: “Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?’; ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’”

Nel secolo scorso tre tragedie inaudite
Francesco ha quindi richiamato le “tre grandi tragedie inaudite” vissute dall’umanità nel secolo scorso, a partire da quella  generalmente considerata “come il primo genocidio del XX secolo”, che “ha colpito il popolo armeno – prima nazione cristiana - insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci”, uccidendo “vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi”. E le altre due “perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo”. E più recentemente – ha ricordato il Papa – “gli stermini di massa” come in Cambogia, Rwanda, Burundi, Bosnia: “Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente”.

La guerra è una follia
“Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale – ha notato il Papa - stia scomparendo e dissolvendosi”. “Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che “la guerra è una follia, una inutile strage.”

Martirio armeno, immane e folle sterminio
Per questo, nel centenario del “martirio” armeno, Francesco “con il cuore trafitto dal dolore”, ”ha ribadito la necessità di fare memoria di quel “tragico evento”, di “quell’immane e folle sterminio”: “Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!” Certi che “il male non proviene mai da Dio”, “radicati nella fede”: “Professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione”.

Gregorio di Narek proclamato dottore della Chiesa
E proprio Gregorio di Narek, il più amato e il più letto tra i Santi armeni, proclamato dal Papa dottore della Chiesa, ha saputo esprimere – ha detto Francesco “più di ogni altro la sensibilità del suo popolo, dando voce al grido che diventa preghiera, di un’umanità dolente e peccatrice, oppressa dall’angoscia della propria impotenza ma illuminata dallo splendore dell’amore di Dio”, “capace di trasformare ogni cosa”.

Appello ai capi di Stato e di organizzazioni internazionali
"Questa dolorosa ricorrenza – ha auspicato quindi Francesco nel messaggio finale - diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono”. Quindi l’appello a “tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle Organizzazioni internazionali” di opporsi” “con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi” di fronte a “conflitti che talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e religiose”. In particolare l’auspicio che “si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”. In questa dolorosa ricorrenza, “l’ecumenismo del sangue” – ha concluso Francesco – che “accomuna le diverse confessioni” rinsalda i legami di amicizia che già uniscono la Chiesa cattolica e la Chiesa armena apostolica.

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Divina Misericordia, Papa Francesco: solo Dio può colmare le voragini del male

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Nella Santa Messa per il centenario del “martirio” armeno e al Regina Caeli, Papa Francesco ha ricordato che in questa domenica, intitolata da Giovanni Paolo II alla Divina Misericordia, il “Signore mostra, mediante il Vangelo, le sue piaghe”. “Sono - ha detto -  piaghe di misericordia”. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Piaghe di misericordia
“Le piaghe di Gesù - ha affermato il Papa nell’omelia durante la Santa Messa per il centenario armeno - sono piaghe di misericordia”: “Gesù ci invita a guardare queste piaghe, ci invita a toccarle, come ha fatto con Tommaso, per guarire la nostra incredulità. Ci invita soprattutto ad entrare nel mistero di queste piaghe, che è il mistero del suo amore misericordioso. Attraverso di esse, come in una breccia luminosa, noi possiamo vedere tutto il mistero di Cristo e di Dio: la sua Passione, la sua vita terrena – piena di compassione per i piccoli e i malati – la sua incarnazione nel grembo di Maria”.

Solo Dio può colmare le voragini del male
Di fronte agli eventi della storia umana - ha aggiunto il Santo Padre - rimaniamo a volte schiacciati, e ci domandiamo “perché?”: “La malvagità umana può aprire nel mondo come delle voragini, dei grandi vuoti: vuoti di amore, vuoti di bene, vuoti di vita”.E allora – ha chiesto il Papa - come possiamo colmare queste voragini? “Per noi è impossibile; solo Dio può colmare questi vuoti che il male apre nei nostri cuori e nella nostra storia. È Gesù, fatto uomo e morto sulla croce, che colma l’abisso del peccato con l’abisso della sua misericordia”.

L'amore di Gesù è per sempre
I Santi ci insegnano che “il mondo si cambia a partire dalla conversione del proprio cuore e questo – ha spiegato il Pontefice – avviene grazie alla misericordia di Dio”. “Tenendo lo sguardo rivolto alle piaghe di Gesù Risorto, possiamo cantare con la Chiesa”: “Il suo amore è per sempre; la sua misericordia è eterna. E con queste parole impresse nel cuore, camminiamo sulle strade della storia, con la mano nella mano del nostro Signore e Salvatore, nostra vita e nostra speranza”.

Il Papa al Regina Caeli: il volto della misericordia è Gesù Cristo
Al Regina Caeli il Papa ha ricordato che in questa seconda domenica di Pasqua “siamo invitati a contemplare nelle piaghe del Risorto la Divina Misericordia, che supera ogni umano limite e risplende nell’oscurità del male e del peccato”: Un tempo intenso e prolungato per accogliere le immense ricchezze dell’amore misericordioso di Dio sarà il prossimo Giubileo Straordinario della Misericordia, la cui Bolla di indizione ho promulgato ieri sera qui, nella Basilica di San Pietro. Quella Bolla incomincia con le parole “Misericordiae Vultus”: il Volto della Misericordia è Gesù Cristo. Teniamo lo sguardo rivolto a Lui, che Lui sempre ci cerca, ci aspetta, ci perdona. Tanto misericordioso, non si spaventa delle nostre miserie. Nelle sue piaghe ci guarisce e perdona tutti i nostri peccati. E la Vergine Madre ci aiuti ad essere misericordiosi con gli altri come Gesù lo è con noi.

Gli auguri del Pontefice alle Chiese d'Oriente per la Pasqua
Dopo il Regina Caeli, Papa Francesco ha rivolto un cordiale augurio ai fedeli delle Chiese d’Oriente che, secondo il loro calendario, celebrano oggi la Santa Pasqua. “Mi unisco alla gioia del loro annuncio del Cristo Risorto: Christós anésti”.

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Papa indice Giubileo: cristiani vittime di violenza inaudita

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“In un momento di grandi cambiamenti sociali, la Chiesa è chiamata ad offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio”. Queste,  nelle parole di Francesco, le ragioni del Giubileo della Misericordia, indetto nella Basilica Vaticana con la pubblicazione della bolla e la celebrazione dei primi vespri della domenica della Divina Misericordia. Il pensiero del Santo Padre è andato ancora una volta alla “violenza inaudita” subita da tanti cristiani nel mondo. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Questo è il tempo della misericordia di Dio
Il Papa indice l’Anno Santo Straordinario che sarà aperto ufficialmente il prossimo 8 dicembre 2015 e proseguirà fino al 20 novembre 2016: questo è il tempo della misericordia di Dio che riversatasi su di noi- spiega -  ci rende giusti donandoci la pace.

Tanti subiscono violenza inaudita perché portano il nome cristiano
“La pace, soprattutto in queste settimane, permane come il desiderio di tante popolazioni che subiscono la violenza inaudita della discriminazione e della morte, solo perché portano il nome cristiano. La nostra preghiera si fa ancora più intensa e diventa un grido di aiuto al Padre ricco di misericordia, perché sostenga la fede di tanti fratelli e sorelle che sono nel dolore, mentre chiediamo di convertire i nostri cuori per passare dall’indifferenza alla compassione”.

La Chiesa chiamata ad essere segno della misericordia
“Questo non è il tempo della distrazione” – spiega Francesco -  “ma per rimanere vigili e guardare all’essenziale”. I tempi attuali segnati da grandi cambiamenti epocali sono per la Chiesa una chiamata a ritrovare il senso della missione che il Signore le ha affidato: essere segno e strumento della misericordia del Padre:

Anno Santo, occasione per cogliere tenerezza di Dio che cerca l'uomo quando si perde
“L’Anno Santo dovrà mantenere vivo il desiderio di saper cogliere i tanti segni della tenerezza che Dio offre al mondo intero e soprattutto a quanti sono nella sofferenza, sono soli e abbandonati, e anche senza speranza di essere perdonati e di sentirsi amati dal Padre. Un Anno Santo per sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cercarci perché ci eravamo smarriti. Un Giubileo per percepire il calore del suo amore quando ci carica sulle sue spalle per riportarci alla casa del Padre”.

Anno Santo, tempo per curare le ferite e offrire a tutti la via della riconciliazione
Un anno per essere toccati dal Signore, trasformati dalla sua misericordia, per diventare testimoni della misericordia: “E’ il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti la via del perdono e della riconciliazione”.

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Pubblicata Bolla Giubileo. Papa: misericordia, architrave della Chiesa

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“La misericordia è “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”: così, in sintesi, Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia. Intitolato “Misericordiae Vultus – Il volto della misericordia”, il documento è stato pubblicato in occasione dei Primi Vespri della Domenica della Divina Misericordia. Nella Bolla, anche l’annuncio dell’apertura di una Porta Santa in tutte le Chiese particolari e la possibilità, per alcuni sacerdoti, di rimettere i peccati riservati alla Sede Apostolica. Il servizio di Isabella Piro: 

Una Porta Santa in ogni Chiesa particolare e nei Santuari
“Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre, nonostante il limite del nostro peccato”.

È mons. Leonardo Sapienza, Reggente della Casa pontificia e Protonotario apostolico, a dare lettura, nell’atrio della Basilica Vaticana, di fronte a Papa Francesco, di alcuni brani della Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, che avrà per motto “Misericordiosi come il Padre”, tratto dal Vangelo di Luca. L’apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana – spiega la Bolla - avverrà l’8 dicembre, Solennità dell’Immacolata Concezione ed in coincidenza con il 50.mo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, evento che – scrive il Papa - ha abbattuto “le muraglie che per troppo tempo avevano richiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata”, portandola ad “annunciare il Vangelo in modo nuovo”.  Domenica 13 dicembre, Terza di Avvento, si aprirà, invece, la Porta Santa della Basilica Laterana ed a seguire quelle delle altre Basiliche papali, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Ma Papa Francesco ha stabilito che anche in ogni Chiesa particolare e nei Santuari si apra, per tutto l’Anno Santo, un’uguale Porta della Misericordia, affinché il Giubileo possa essere celebrato anche a livello locale, “quale segno di comunione di tutta la Chiesa”.

I confessori accolgano i fedeli come il padre del figliol prodigo
Altro punto saliente della Bolla giubilare riguarda la remissione dei peccati: il Papa auspica che “i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre”, capaci di accogliere i fedeli “come il padre della parabola del figliol prodigo”, colui che “corre incontro al figlio, nonostante abbia dissipato i suoi beni”. I confessori, dunque, “non porranno domande impertinenti” perché “sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono”, chiamati ad essere “sempre, dovunque, in ogni situazione e nonostante tutto, il segno del primato della misericordia”.

Sacerdoti autorizzati alla remissione dei peccati riservati alla Sede Apostolica
In quest’ottica, il Papa annuncia che nella Quaresima dell’Anno Santo invierà i “Missionari della Misericordia”, ovvero sacerdoti a cui verrà data “l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica”. “Segno della sollecitudine materna della Chiesa per il popolo di Dio”, spiega il Papa, essi saranno gli artefici, presso tutti, di “un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo”. Allo stesso tempo, Francesco chiede che nelle diocesi si organizzino “missioni al popolo”, in modo che tali missionari “siano annunciatori della gioia del perdono”.

Misericordia, architrave che sorregge vita della Chiesa
Quindi, il Pontefice sottolinea che la misericordia è “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”; “ideale di vita e criterio di credibilità per la nostra fede”. “Qualità dell’onnipotenza del Signore” e niente affatto “segno di debolezza”, la misericordia diventa “il criterio per capire chi sono i veri figli di Dio”. In pratica, tutti “siamo chiamati a vivere di misericordia perché a noi per primi è stata usata misericordia”. “Il perdono delle offese”, dunque, “è un imperativo da cui i cristiani non possono prescindere”. Tante volte sembra difficile perdonare, sottolinea il Pontefice, eppure “il perdono è lo strumento posto nelle fragili mani dell’uomo per raggiungere la serenità del cuore”, “per vivere felici”.

Credibilità della Chiesa passa attraverso misericordia e compassione
“La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole…Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile… Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia”.

Spezzare la barriera di indifferenza che avvolge le periferie esistenziali
Nella seconda parte della Bolla, Papa Francesco offre alcune indicazioni pratiche per vivere il Giubileo straordinario in pienezza spirituale: compiere un pellegrinaggio, perché “la misericordia è una meta da raggiungere che richiede impegno e sacrificio”;  non giudicare e non condannare, restando lontani da “gelosie ed invidie” e diventando, così, “strumenti del perdono”; aprire il cuore alle periferie esistenziali, portando consolazione e solidarietà a quanti, nel mondo di oggi, vivono  “precarietà e sofferenza”, “ai tanti fratelli e sorelle privati della dignità”. In tal modo, si potrà spezzare “la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo”.

Combattere la povertà e le moderne forme di schiavitù
E ancora: il Papa esorta a compiere con gioia le opere di misericordia corporale e spirituale, per “risvegliare le nostre coscienze assopite davanti al dramma della povertà” e annunciando la liberazione ai prigionieri delle moderne schiavitù. Francesco invita anche ad incrementare, nelle diocesi, l’iniziativa di preghiera e penitenza “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel venerdì e sabato della IV settimana di Quaresima, perché tante persone, soprattutto giovani, si stanno riavvicinando al sacramento della Riconciliazione, riscoprendo il senso della vita.

L’indulgenza libera dalle conseguenze negative del peccato
Il Pontefice si sofferma, poi, sull’indulgenza, elemento caratteristico del Giubileo: essa dimostra che “il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini”, perché l’indulgenza permette la cancellazione non solo del peccato commesso, ma anche di ogni sua conseguenza negativa sui comportamenti e sui pensieri dell’uomo. In questo senso, spiega il Papa, chi ottiene l’indulgenza, viene “abilitato ad agire con carità, a crescere nell’amore, piuttosto che a ricadere nel peccato” stesso.

Appello a criminali e corrotti: cambiate vita! Il denaro non rende immortali
Nella terza parte della Bolla giubilare, Papa Francesco lancia alcuni appelli: ai membri di gruppi criminali, invitandoli a cambiare vita, perché “il denaro non dà la vera felicità” e “la violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti, né immortali”. “Nessuno – incalza il Papa - potrà sfuggire al giudizio di Dio”. Un analogo appello viene rivolto anche ai fautori o complici di corruzione:

“Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. Questo è il momento favorevole per cambiare vita!”

“Opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo”, e tentazione dalla quale “nessuno può sentirsi immune”, la corruzione va debellata usando “prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia”. 

Favorire dialogo interreligioso, eliminando violenze e discriminazioni
Papa Francesco, inoltre, lancia un appello al dialogo interreligioso, ricordando che l’Ebraismo e l’Islam considerano la misericordia “uno degli attributi più qualificanti di Dio”:

“Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione”.

Un’ulteriore esortazione incoraggia a guardare al rapporto tra giustizia e misericordia: esse “non sono due aspetti in contrasto tra loro, ma due dimensioni di un’unica realtà”, ricorda il Papa. “Non è l’osservanza della legge che salva – aggiunge - ma la fede in Gesù Cristo”. Naturalmente, “ciò non significa rendere superflua la giustizia, al contrario: chi sbaglia, dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono”.

Maria, Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini
In chiusura del documento, Papa Francesco si richiama alla figura di Maria, “Madre della Misericordia”, “Arca dell’Alleanza tra Dio e gli uomini”, Colei che “attesta che la misericordia del Figlio di Dio non conosce confini e raggiunge tutti”, senza esclusioni. L’Anno Giubilare si concluderà il 20 novembre 2016, Solennità di Cristo Signore dell’Universo. “Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia, per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! – conclude il Papa – A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio, già presente in mezzo in noi”.  Una copia della Bolla giubilare è stata consegnata dal Papa ai rappresentanti della Chiesa sparsa nel mondo ed ai Protonotari apostolici. 

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Oggi in Primo Piano



Vertice Americhe. Obama incontra anche Maduro e Roussef

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Un vertice memorabile, quello panamericano conclusosi ieri a Panama: non solo ha visto la storica stretta di mano tra Stati Uniti e Cuba, ma anche gli incontri tra Obama e i presidenti di Venezuela e Brasile, Paesi con i quali il rapporto è difficile. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi: 

È stato definito dalle parti “casuale”, l’incontro avvenuto tra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il suo omologo venezuelano, Nicolas Maduro. I due si sarebbero incrociati nei corridoi e poi avrebbero parlato una decina di minuti, in un clima di “ampio rispetto e cordialità”. Secondo quanto confermato dalla Casa Bianca, Obama avrebbe assicurato il “suo appoggio in favore di un dialogo pacifico tra le fazioni in Venezuela”, precisando che gli Usa non sono interessati a minacciare il Paese, piuttosto ad appoggiarne “la democrazia, la stabilità e la prosperità”. Dal canto suo, Maduro ha definito “serio e franco” il colloquio e non ha escluso la possibilità che ne seguano altri: “Ho detto a Obama che non siamo nemici degli Stati Uniti – ha specificato – ma rivoluzionari veementi e appassionati e che vogliamo costruire la pace”. Si apre così la porta a prossimi contatti diplomatici tra i due Paesi, dopo che il mese scorso Obama ha firmato un decreto esecutivo di sanzione contro sette funzionari venezuelani accusati di violazioni dei diritti umani. Tesi erano anche i rapporti tra Stati Uniti e Brasile, dopo la questione dello spionaggio ad opera dell’agenzia Nsa scoperto nel 2013. Il presidente carioca Roussef sarà in visita a Washington il prossimo 30 giugno: lo ha annunciato dopo aver avuto un incontro a margine proprio con Obama. I due parleranno di cambiamenti climatici, difesa, scienza e tecnologia ed educazione.

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Elezioni in Sudan, ma le opposizioni boicottano il voto

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Da domani a mercoledì urne aperte in Sudan per le elezioni presidenziali e parlamentari. A causa del boicottaggio delle opposizioni, non si tratta di una vera sfida per il presidente Omar Hassan al-Bashir, salito al potere con un golpe nel 1989 e sul quale pende un’accusa per crimini di guerra e contro l’umanità nel conflitto del Darfur, che ha puntato tutto su legami più stretti con i Paesi del Golfo e sulla propria immagine di guida salda, capace di evitare al Sudan di diventare come la Libia o la Siria. Al microfono di Roberta Barbi, il giornalista di Nigrizia, Raffaello Zordan, ci aiuta a capire in quale clima si svolge questa tornata elettorale: 

R. - Il voto presidenziale e legislativo che si tiene in Sudan trova un Paese profondamente diviso. In realtà questo è un voto che vuole solo il partito di governo, del suo presidente, cioè il partito del Congresso nazionale. Questo voto mette i bastoni tra le ruote a un dialogo costituzionale che si sta tentando faticosamente di aprire, un dialogo che vede coinvolte tutte le forze dell’opposizione. L’obiettivo del regime è quello di legittimarsi all’interno di un percorso di transizione che dovrebbe prevedere il voto non a metà o all’inizio, ma alla fine di un dialogo, di una discussione.

D. – Il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, ha detto ufficialmente che l’Unione non appoggerà le elezioni perché poco attendibili. Per tutta risposta, il ministro degli Esteri sudanese ha convocato il rappresentante Ue a Khartoum…

R. – Se l’Europa fa queste dichiarazioni e poi le mantiene, questo è importante perché potrebbe succedere che questo voto, sì ci sarà, voterà una percentuale minima di persone, verrà legittimato questo governo, ma di fatto diventa una cosa marginale e si riprende la discussione. È chiaro che l’Europa non può accettare che, mentre è in corso un tentativo di trovare una via maestra per pacificare questo Paese, si vada avanti in un’altra direzione.

D. – Con l’avvicinarsi delle elezioni – lo ha rilevato anche un rapporto di Amnesty International – in Sudan si sono moltiplicati gli attacchi alla libertà di stampa e di manifestazione e sono stati approvati emendamenti costituzionali che accentrano sempre di più il potere nelle mani del presidente...

R. – Questo è vero, perché soprattutto nelle città, comporta il fatto che si stia arrivando al voto senza che ci sia un dibattito adeguato. Già, nelle situazioni complesse, come quella sudanese, è difficile che il cittadino comune entri nel merito delle questioni politiche. Ma se gli si toglie la possibilità di informarsi, si toglie la possibilità di poter dibattere e di potersi riunire, perché nell’ultimo anno sono stati chiusi anche vari centri culturali, anche centri culturali vicini al regime che però probabilmente non erano proprio in sintonia totale con al-Bashir.

D. – Con il boicottaggio da parte della coalizione delle opposizioni, al-Bashir è destinato a essere riconfermato. Questo cosa comporterà per un Paese in cui la pace e un processo politico inclusivo sono ancora lontani?

R. – Al-Bashir, naturalmente, gioca questa carta perché potrà comunque dire sui tavoli di trattative, che non potrà non tenere aperti, che lui è stato legittimato per altri cinque anni. Credo che questa partita vada inserita in un ragionamento un po’ più generale, che le carte da giocare siano le aree di conflitto, si chiudano le ostilità e ci sia l’accesso umanitario. E soprattutto si cominci a discutere di che grado di autonomia possono avere le varie regioni, a partire dal Nilo Azzurro, dal Sud Kordofan e Darfur. A meno che non si voglia leggere tutto questo, anche il voto, dentro un progetto di al-Bashir rivolto un po’ all’area. Ci sono documenti che dicono che il Sudan sostenga l’islamismo sia nella Repubblica centroafricana sia in Libia.

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Volontaria in Kurdistan per ridare speranza ai profughi

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Proseguono in Iraq gli scontri tra le forze di sicurezza irachene e i jiadhisti del sedicente Stato islamico, in particolare nella provincia di Anbar. Già dallo scorso giugno, l'avanzata delle milizie del sedicente Stato islamico ha causato nel Paese migrazioni forzate. Le città di Sinjar e Mosul, con i villaggi cristiani adiacenti come quello di Qaraqosh, sono state invase dall’Is e molti degli abitanti, costretti a fuggire, si sono rifugiati ad Erbil, in Kurdistan dove, presso il Santuario locale, è stato allestito un Centro di accoglienza. Qui presta servizio come volontaria anche l’insegnante Malù Villafane. Dopo 8 mesi, superate le necessità primarie, qual è la condizione di vita di questi profughi? Ascoltiamo la testimonianza di Malù al microfono di Adriana Masotti

R. - Infatti ora emergono altri problemi, problemi di convivenza, problemi relativi alla sistemazione dei propri figli: loro parlano arabo e quindi non riescono ad inserirsi subito nelle scuole pubbliche perché la lingua parlata qui è quella curda; poi ci sono anche problemi relativi alle donne che hanno subito tutti i tipi di violenza o ai bambini che hanno perso i loro genitori, o ancora alle malattie difficilmente curabili, perché non ci sono più le medicine.

D. – A proposito dei bambini, tu ti occupi proprio di loro …

R. – Per me è un privilegio dare il mio aiuto ed organizzare alcune attività anche con altri volontari: lezioni di inglese, francese, pianoforte, computer …  tutte queste attività che danno anche sfogo ai bambini, ai ragazzi che sono nel Centro.

D. - È possibile sapere qualcosa di loro, come vivono questo momento fuori dalle loro case …

R. – Loro hanno espresso il desiderio di poter ritornare nella propria casa, nella loro stanza, andare nelle scuole dove sono cresciuti. Anche se c’è accoglienza loro si sentono estranei a Erbil.

D. – Che cosa ti spinge a lavorare in mezzo a queste persone così provate?

R. – Quando sono andata nel centro ho visto dei bambini tristi. Era settembre quando sono andata lì. Erano tristi, erano persi, non sorridevano. E questo mi ha portato tanto dolore perché io mi ricordavo che da bambina ero sempre felice. Allora, piano piano, insieme ad alcuni organizzatori abbiamo deciso di creare alcune attività semplici, come giocare con loro, creare un’aria familiare per fargli sentire che si può trovare la forza di andare avanti. Io mi ritengo fortunata, perché mi sento arricchita. Ieri sono stata al Centro e il sorriso con il quale mi hanno accolta era commovente. Mi sento di voler dare speranza a questi bambini, alle madri che hanno perso tutto, ai padri che non riescono a trovare lavoro. Speriamo che questo sia un piccolo seme di pace nella quale tutti noi crediamo.

D. – Che cosa significa la Pasqua per i cristiani che vivono con te il dramma della violenza, dell’intolleranza?

R. – Parlavo con uno di loro proprio ieri. Diceva: “Noi ci sentiamo come Gesù che ha perso tutto: non ha nulla davanti, soltanto Dio”. Grazie alla presenza del cardinale inviato dal Papa, il card. Filoni, hanno sentito l’amore diretto del Papa, si sentono veramente amati dalla Chiesa. Loro sentono che in questo momento stanno vivendo la Passione di Cristo e che prima o poi avverrà la Risurrezione.

D. – C’è un appello che senti di voler fare rivolgendoti a noi come cristiani e come occidentali?

R. – Chiedo soltanto che ci sia la possibilità per tanti di comprendere che abbiamo veramente bisogno di capire le altre persone, come i musulmani, di avere un dialogo tra le diverse religioni, di accogliere le differenze dell’uno e dell’altro, perché i musulmani non sono cattivi, anzi sono proprio loro che all’inizio hanno dato una mano. Sono andati al Centro, si sono presentati, hanno offerto le loro case. Per cui l’appello che posso fare è che siamo veramente sinceri nel vivere la nostra cristianità, senza chiuderci nel nostro mondo. Poi, se potete, dateci una mano. Ci sono tantissime cose da fare ancora, anche voi nelle vostre città potete fare qualcosa.

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Corso di esorcismo. Fra Palilla: i sacerdoti non parlano del diavolo

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Prenderà il via domani, presso l’Università Europea di Roma, la decima edizione del corso ‘Esorcismo e preghiera di liberazione’. Ricco di conferenze e tavole rotonde, l’evento ha l’obiettivo non solo di far conoscere l’esorcismo dal punto di vista teologico e scientifico ma anche quello di mettere in guardia contro la diffusione massiccia di occultismo, esoterismo e satanismo. Spesso Papa Francesco parla del diavolo, ma nella Chiesa in generale forse se ne parla sempre di meno, come afferma l’esorcista fra Benigno Palilla, tra i partecipanti al Corso, al microfono di Federico Piana

R. - Forse, in parte - come dire - la causa siamo anche noi sacerdoti e religiosi che non parliamo di questa realtà, almeno quanto la Liturgia ci permette di fare. Il Diavolo realmente esiste, come insegna anche il Catechismo della Chiesa cattolica pubblicato durante il pontificato di San Giovanni Paolo II; cioè quando anche commenta il Padre Nostro “liberaci dal male”, il “malum” - in latino - è il maligno. E spiega il Catechismo che si tratta di una persona: è il maligno, il tentatore di cui parla Gesù. Io mi rendo conto che chi non è venuto a contatto con questa realtà, evidentemente fa fatica. Io ho avuto un’esperienza anche di un biblista che ha partecipato a tre esorcismi – non li aveva mai fatti – ed è rimasto lì a guardare e poi ha detto: “Guarda, un conto è studiare sui libri, un conto è incontrare questa realtà”. L’arma più pericolosa nelle mani del Demonio non è tanto la possessione, la vessazione, l’infestazione; l’arma più pericolosa è quella della tentazione del peccato. Col peccato veramente il Demonio ci possiede, noi entriamo sotto il suo potere.

D. – Che cos’è un esorcismo? Molto spesso viene sottaciuto questo argomento: si  nega il Demonio e poi si nega anche l’esorcismo e la preghiera di liberazione …

R. – L’esorcismo è una preghiera pubblica della Chiesa, è quindi Liturgia. L’esorcista in quel momento rappresenta tutta la Chiesa, attraverso un rito ben preciso. Diversa invece la preghiera di liberazione, perché la preghiera di liberazione è una preghiera privata; cioè il singolo prega, non con quella preghiera ufficiale della Chiesa, ma può essere una preghiera spontanea o può prendere qualche Salmo dalla Bibbia: una preghiera così, privata.

D. – Si procede all'esorcismo solamente in casi eccezionali ...

R. – Ma certo! Innanzitutto, non si può procedere all’esorcismo se non si è certi che ci si trovi dinanzi a una possessione diabolica, una vessazione diabolica. L’esorcismo nella forma invocativa – non parlo di quella imperativa – può essere utilizzato anche come strumento diagnostico, significa che certi elementi, tipici di una possessione diabolica o vessazione diabolica, compaiono soprattutto durante l’esorcismo. Cioè, nell’esorcismo facilmente il Demonio, se c’è, viene allo scoperto. Noi poi soprattutto disponiamo dell’avversione al sacro della persona. In più, io dispongo di un elemento che mi ha insegnato il mio maestro, padre Matteo Ragrua: risposte da parte di una persona che – direbbe un medico che si tratta di uno sdoppiamento di personalità – risposte alle volte profonde da un punto di vista teologico…

D. – … anche teologico, perché il Demonio è un fine teologo, dobbiamo dirlo…

R. – … sì … per cui uno comincia a capire che si tratta non di una patologia o sdoppiamento di personalità, ma sia proprio quella personalità di cui parla la Bibbia. Ad esempio, ricordo un caso specifico: in quella circostanza, questa persona, diciamo sdoppiata come personalità, mi dice: “Questa persona è mia e non te la do”. Io ho detto: “Guarda, lo avesse detto Gesù lo capirei, perché ha dato la vita. Tu cosa hai dato a questa persona perché possa dire che è ‘tua’?”. Risposta: “Odio”. “Ma odiando, ricavi almeno un beneficio?”. “Nessun beneficio”. Guarda, dal punto di vista teologico, uno che è ammalato non può dare questa risposta. Perché così come Dio non sa fare altro che amare - e amando non ci ricava proprio niente, perché lui è felice, infinitamente felice, non può utilizzare tutto questo per la sua felicità – così il Demonio non sa fare altro che odiare e odiando non ricava proprio niente, perché è puro odio.

D. – Come ci si difende da tutto questo?

R. – Io penso che, come ci hanno detto anche i vescovi, bisogna evangelizzare, evangelizzare, evangelizzare! Anche perché tante persone che frequentano l’occultismo sono persone che addirittura vengono anche in chiesa. Vuol dire che la nostra evangelizzazione non è adeguata, bisogna qui insistere!

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In sala film sull'adolescenza: "La dolce arte di esistere"

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In sala da oggi un film delicato sull’adolescenza, le difficoltà del crescere, la fragilità delle relazioni: Pietro Reggiani dirige “La dolce arte di esistere”, un film insolito e lodevole nel panorama del cinema italiano. Il servizio di Luca Pellegrini

Massimo sente su di lui l’attenzione spasmodica dei genitori. Oltre all'insicurezza, questo lo rende fragile e spesso del tutto invisibile. Mentre quelli di Roberta non si curano di lei mentre vorrebbe che qualcuno la vedesse davvero, le prestasse quel minimo di premura affettuosa. Quando questo non succede, il nulla la inghiottisce e diventa anche lei invisibile. Pietro Reggiani ha diretto con mano leggera – “volatile”, precisa – la sua opera seconda, “La dolce arte di esistere”, nella quale i due giovani e bravi protagonisti affrontano - nella famiglia, con gli amici, a scuola, sul lavoro – gli scogli e le difficoltà dell’adolescenza con questa loro propensione a sparire quando le pressioni emotive si fanno troppo forti o troppo deboli. Fino a quando da un improbabile incontro forse nascerà tra loro un affetto duraturo, oltre alla visibilità definitiva. Abbiamo chiesto al regista veronese com’è nata l’idea di questo film delicato, originale e minimalista:

R. - Diciamo che mi piace cercare dei paradossi per raccontare delle situazioni. Quindi non trovavo convincente che la metafora di diventare invisibile potesse raccontare una difficoltà a vivere, quando ho capito che potevano essere due invisibilità opposte - quindi di chi scompare perché incapace di resistere alla pressioni e chi invece scompare perché ha assolutamente bisogno di poter aver delle attenzioni - mi è sembrato che ci fosse una chiave per poter poi andare a fare una panoramica. Mi piace che fossero le storie di questi due personaggi e soprattutto del mondo che li circondava.

D. - Perché per lei esistere può anche essere una dolce arte?

R. – Certe volte esistere può essere veramente faticoso, veramente difficile riuscire a trovare un proprio equilibrio, ma - al tempo stesso - poterlo raggiungere significa andare verso una dolcezza. Quindi è una speranza che tutti abbiamo, quella cioè di riuscire ad equilibrarci meglio e ad avere un rapporto migliore con il mondo e quindi andare verso la dolcezza.

D. - Tutto è raccontato senza mai una volgarità…

R. – Io trovo che la volgarità sia soltanto qualcosa che poi allontana da qualcosa di più profondo, ma anche di più divertente…

D. - Cosa dovrebbero ricordare i giovani spettatori di queste "sparizioni"?

R. – Credo che il film sia positivo ed apra alla speranza di sapere che se anche abbiamo grandi difficoltà, anche se abbiamo grande tensioni, la possibilità di riuscire ad affrontarle e a risolverle c’è e va seguita, rincorsa, con la fiducia che ce la si possa fare.

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Nella Chiesa e nel mondo



Prosegue l’offensiva in Yemen, vittime civili e raid aerei

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Continua l’offensiva saudita contro i ribelli sciiti Houthi in Yemen: i morti sembra siano 28 nelle ultime 24 ore. Oggi, in particolare, in un raid aereo su Taiz, città nella regione centrale del Paese, sono rimasti uccisi 8 civili, mentre ieri pomeriggio è atterrato nella capitale Sanaa il secondo aereo della Croce Rossa Internazionale con a bordo 35 tonnellate di aiuti sanitari, generatori e attrezzature per far fronte a un’emergenza sempre più pressante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità (Oms), infatti, in Yemen, solo nel periodo compreso fra il 19 marzo e il 6 aprile, si sarebbero registrati 643 morti e 2226 feriti.

Il fronte saudita
Oltre 500 miliziani dei ribelli sciiti Houthi sarebbero negli scontri morti avvenuti lungo la frontiera con l’Arabia Saudita dall’inizio dell’offensiva della coalizione araba, il 26 marzo scorso. Sono questi i dati diffusi dal ministero della Difesa saudita, che riferisce anche di nuovi raid aerei su Aden. Le operazioni aeree, finora, sono state 1200, mentre ieri, sempre al confine tra i due Paesi, sarebbero stati uccisi dai ribelli tre soldati sauditi con un colpo di mortaio.

La testimonianza
È sempre più drammatica la situazione della popolazione, secondo quanto riportato da Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo in Italia (Comai) e dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) riportata dall’agenzia Adn Kronos. Secondo il medico, infatti, le vittime dei raid aerei ammonterebbero a 857, tra cui 160 bambini, 32 donne e 13 anziani, mentre non vi sono dati sulle vittime militari perché l’esercito yemenita non rivela il numero delle proprie perdite. Stando a questa testimonianza, le città sarebbero prive di cibo, acqua e farmaci e ci sarebbero macerie ovunque: i raid aerei, infatti, avrebbero colpito anche aeroporti, scuole, strade, mercati e negozi, oltre a molti ospedali che risultano ormai chiusi. “Ci associamo all’appello dell’Onu per la pace – ha concluso Aodi – come musulmani siamo stanchi ed esausti delle guerre”. (R.B.)

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Iraq. Attacco dell’Is a raffineria di Baiji, video su Nimrud

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“Il più violento attacco da mesi”: così è stato definito quello perpetrato oggi dal sedicente Stato islamico alla raffineria di petrolio irachena di Baiji, a nord di Baghdad, che un tempo suppliva alla metà del fabbisogno energetico del Paese con i suoi 300mila barili al giorno. Sembra che i combattimenti siano ancora in corso e che i kamikaze fossero tre, due dei quali, però, sono stati neutralizzati prima di farsi esplodere. Secondo l’esercito locale, l’impianto sarebbe ancora sotto il controllo militare, ma gli estremisti dai social network, dove stanno postando diverse foto, affermano di averne “conquistato il 50%”. Sul fronte libico, intanto, miliziani dell’Is hanno attaccato l’ambasciata sudcoreana a Tripoli uccidendo due guardie, mentre a est le truppe filogovernative si stanno riunendo nei dintorni di Bengasi.

Confermata la distruzione di Nimrud
La notizia era circolata già all’inizio di marzo, diffusa dal ministero del Turismo e delle Antichità iracheno, ma prima del video pubblicato dagli estremisti non poteva essere confermata: l’antico sito assiro di Nimrud è stato completamente distrutto dai terroristi dell’Is. Nelle immagini, infatti, si vedono miliziani accanirsi con picconi e frese contro bassorilievi e statue, fino all’entrata in azione di un bulldozer che ha letteralmente raso al suolo le rovine della biblica Calah, a sud di Mosul, identificata come l’antica Ninive.  (R.B.)

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Elezioni regionali in Nigeria, 8 morti nel Rivers State

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Sono attesi per oggi i primi risultati ufficiali della tornata elettorale che ieri si è svolta in Nigeria, chiamata al voto in tutti e 36 gli Stati che la compongono - più il territorio della capitale federale Abuja - per eleggere i governatori locali, le cui azioni sono considerate fondamentali, perché hanno un impatto diretto sulla popolazione di uno Stato ricchissimo, ma in cui i due terzi degli abitanti vivono con meno di due dollari al giorno, secondo i dati delle Nazioni Unite. Il voto si è svolto in un Paese blindato e con le frontiere chiuse per evitare le incursioni dei terroristi islamici di Boko Haram.

Le violenze nel Rivers State
Purtroppo non sono mancate le violenze: nove persone – otto sostenitori del candidato dell’opposizione e un ufficiale di polizia – sono state uccise nello Stato del Delta del Niger, uno dei più ricchi, ma in cui le contestazioni sono sempre molto accese. Molte le proteste violente verificatesi ieri nella capitale Port Harcourt, e secondo alcune testimonianze, sarebbero stati dati alle fiamme anche un seggio elettorale e l’abitazione di un funzionario locale. Proprio in nove distretti di questo Stato, inoltre, le operazioni di voto sarebbero state estese alla giornata di oggi dal comitato elettorale, a causa di quanto avvenuto ieri: molto materiale elettorale, infatti, non è stato consegnato e alcune schede elettorali sono state rubate.

Le elezioni presidenziali
Il 28 marzo scorso in Nigeria si sono svolte le elezioni politiche che hanno visto trionfare Muhammadu Buhari, candidato dell’opposizione al presidente uscente Jonathan, al quale succederà il 29 maggio prossimo. La sconfitta è stata ufficialmente accettata da Jonathan, il cui partito ora spera di rimontare a livello locale in 21 degli Stati in cui sembra sia in vantaggio. Attesi, in particolare, i risultati di Lagos, città con 20 milioni di abitanti e centro economico del Paese, nonché roccaforte dell’opposizione almeno dal 1999, la quale spera in una vittoria schiacciante anche sulla scia dei risultati delle presidenziali. (R.B.)

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Thailandia. Esplosione in centro commerciale, è attentato

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Non è stata rivendicato, ma sembra si sia trattato di un attentato: è questa l’ipotesi degli inquirenti che stanno indagando sull’esplosione avvenuta venerdì sera intorno alle 22.30 al Central Festival, un centro commerciale dell’isola turistica di Samui, nel sud della Thailandia, in cui sono rimaste ferite sei persone, tra cui una ragazzina italiana di 12 anni. Fortunatamente a quell’ora il centro stava chiudendo e quindi il bilancio dell’attacco è stato piuttosto contenuto. Alla stessa ora, inoltre, in un’altra città del sud, Surat Thani, è andato a fuoco il magazzino di una cooperativa agricola.

Le ipotesi investigative
Secondo la polizia locale, il mezzo esploso nel centro commerciale sarebbe da inserire nella guerriglia separatista di matrice islamica che da una decina d’anni infuria nel sud del Paese e che finora ha mietuto circa seimila vittime; secondo il governo di Bangkok, invece, dietro alla vicenda potrebbe esserci un gruppo di oppositori che sarebbero responsabili anche di altre misteriose esplosioni avvenute quest’anno, una delle quali, nel febbraio scorso, proprio davanti a un altro centro commerciale, ma della capitale: il Siam Paragon. (R.B.)

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Bice: Congresso internazionale su lotta agli abusi sui minori

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“Gli abusi sessuali dei minori: meccanismi di protezione e resilienza”: sarà questo il tema del Congresso dell’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia (Bice), in programma a Parigi, presso il Collège des Bernardins, il prossimo 20 maggio. Il convegno, spiega una nota del Bice, “si pone l’obiettivo di far rispettare al meglio i diritti dei bambini e di accompagnare le vittime di abusi, per favorirne la resilienza”, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva ad un evento traumatico, riorganizzando positivamente la propria vita.

Accompagnare le vittime di abusi e facilitare lo scambio di informazioni
Ma non solo: il Congresso vuole anche “approfondire le cause e le conseguenze degli abusi sessuali; presentare validi metodi di accompagnamento per le vittime; facilitare lo scambio di conoscenze tra organismi sia accademici che istituzionali, operanti nel settore della tutela dei minori; formulare un insieme di raccomandazioni che le diverse organizzazioni potranno utilizzare per pianificare strategie di lotta agli abusi e di tutela dei minori a livello regionale, nazionale e internazionale; contribuire alla sensibilizzazione dei media e dell’opinione pubblica sull’argomento”.

Tra i relatori, mons. Oliver, segretario Pontificia Commissione tutela minori
I lavori del Convegno si apriranno la mattina del 20 maggio, alle ore 8.30. Tra i primi interventi, è previsto quello di mons. Robert Oliver, segretario della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, istituita da Papa Francesco a marzo del 2014. In generale, le sessioni di lavoro tenderanno a riflettere su “un approccio olistico nella considerazione degli abusi sessuali sui minori” e lasceranno spazio a testimonianze di relatori provenienti da Paesi particolarmente segnati da tale dramma, come la Cambogia, in cui dilaga la prostituzione minorile. Un altro ambito di riflessione sarà quello della prevenzioni di abusi su web, mentre un focus speciale sarà dedicato al fenomeno del così detto “sexting”, ovvero al cyber-bullismo a sfondo sessuale. Il Congresso si concluderà nel pomeriggio, intorno alle ore 17.30.

Papa Francesco: con i bambini non si gioca
Nell’aprile dello scorso anno, il Bice è stato ricevuto in udienza da Papa Francesco, il quale, nel suo discorso, ha ribadito che con i bambini e i giovani “non si gioca”, “non si può sperimentare”. Ai membri dell’organismo, il Pontefice ha ricordato poi l’importanza della difesa dei diritti dei minori, intervenendo anche sulla questione degli abusi commessi da esponenti della Chiesa.

Secondo l’Oms, 1 minore su 5 subisce abusi prima dei 18 anni
Secondo studi recenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, un minore su cinque ha subito violenze sessuali prima di compiere 18 anni; nell’85 per cento dei casi, gli abusi vengono commessi da un componente della famiglia o da una persona di fiducia del minore; per questo, le denunce alle autorità sono piuttosto rare.  Fondato a Parigi nel 1948, in seguito all’intervento di Papa Pio XII in difesa dell’infanzia all’indomani della seconda guerra mondiale, il Bice è una Ong internazionale di diritto francese che si pone come strumento al servizio di quanti, nel mondo cattolico, lavorano per affermare i diritti dei bambini e assicurarne la crescita integrale.

Il contributo del Bice alla Convenzione Onu sui Diritti del bambino
Determinante il suo contributo alla stesura della Convenzione Onu sui Diritti del bambino nel 1989. Tra le azioni del Bice che hanno avuto ripercussioni a livello mondiale: il lancio del primo programma internazionale a favore dei bambini figli di detenuti, iniziative innovatrici nell’ambito della relazione tra principi umanitari e sovranità degli Stati, la promozione dell’Anno internazionale del bambino, nel 1979. Riconosciuto dalla Santa Sede come organizzazione internazionale cattolica, oggi l’organismo conta 174 tra associazioni membri effettivi e membri corrispondenti ed è presente in 35 Paesi. (A cura di Isabella Piro)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 102

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.