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Sommario del 06/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: tanti cristiani perseguitati, mondo non guardi altrove

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Un “crimine inaccettabile”, spero vivamente che “la comunità internazionale “non rivolga lo sguardo da un’altra parte”. Al Regina Coeli del Lunedì dell’Angelo, Papa Francesco è tornato a chiedere agli Stati un maggiore coinvolgimento in difesa dei cristiani perseguitati. A tutta la Chiesa, poi, l’esortazione a portare ovunque la gioia della Risurrezione, con i fatti più che con le parole. Il servizio di Alessandro De Carolis: 

“Silenzio complice” lo aveva definito sommessamente al Colosseo, coinvolgendo tutti, attraverso la Passione di Cristo, nello strazio causato dalla spietata caccia all’uomo anticristiana scatenata in troppe parti del mondo. Al Regina Coeli, il giorno dopo Pasqua, il grido di Francesco è di nuovo alto, stavolta per scuotere da un generale immobilismo chi potrebbe fare qualcosa per proteggere i cristiani perseguitati.

Nessuna inerzia
L’occasione, ai saluti che chiudono la preghiera mariana, la offre al Papa la presenza in Piazza San Pietro del Movimento “Shalom“, giunto – ricorda – “all’ultima tappa della staffetta solidale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo”:

“Loro sono i nostri martiri di oggi e sono tanti; possiamo dire che siano più numerosi che nei primi secoli. Auspico che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la comunità internazionale non rivolga lo sguardo da un’altra parte”.

Più con la vita che con le parole
L’appello del Papa conclude una riflessione incentrata prima del Regina Coeli sulla speranza della Risurrezione, che nasce dal sepolcro vuoto della mattina di Pasqua e che riparte, sottolinea, dalla “periferia” della Galilea. Francesco chiede per tre volte alla folla sotto la sua finestra di ripetere la madre di tutte le notizie, “Cristo è Risorto”. Annuncio, soggiunge, che “dovrebbe trasparire sul nostro volto, nei nostri sentimenti e atteggiamenti, nel modo in cui trattiamo gli altri”:

“Noi annunciamo la risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a  chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità”.

Sette giorni, un “unico giorno”
Nell’augurare una settimana all’insegna della “gioia della Risurrezione – e nel rinnovare l’invito a leggere ogni giorno un brano legato a questo evento cardine del cristianesimo – Francesco termina richiamando l’attenzione sul fatto che la liturgia considera l’Ottava di Pasqua come “un unico giorno”, perché – spiega – la grazia del mistero “si imprima nel nostro cuore e nella nostra vita”:

“La Pasqua è l’evento che ha portato la novità radicale per ogni essere umano, per la storia e per il mondo: è il trionfo della vita sulla morte; è festa di risveglio e di rigenerazione. Lasciamo che la nostra esistenza sia conquistata e trasformata dalla Risurrezione!”.

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Papa, tweet: Signore, aiutaci a essere magnanimi per amare tutti

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Signore, aiutaci a vivere la virtù della magnanimità, per amare senza confini”.

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Il pastore valdese: con Francesco a Torino si apre un'epoca

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"Sobrietà e fraternità sono tipiche della tradizione valdese ma anche di Papa Francesco, lo aspettiamo con gioia". Con questo tweet il moderatore della Tavola valdese, il pastore Eugenio Bernardini, ha commentato la notizia che Papa Francesco sarà il primo Pontefice nella storia a visitare un Tempio valdese. La visita ecumenica avverrà  il prossimo 22 giugno, nel Tempio di corso Vittorio Emanuele del capoluogo piemontese, durante il soggiorno del Papa a Torino per l'Ostensione della Sindone e il bicentenario di don Bosco. Il pastore Bernardini spiega al microfono di Fabio Colagrande la genesi di questa storica "prima volta": 

R. – Nasce quando Papa Francesco, due anni fa, assume il suo incarico con un nome altamente significativo – almeno per noi – che ci colpì insieme con le prime parole e ai primi fatti. Perché vorrei ricordare che il Movimento Valdese nacque più di otto secoli fa da un’esperienza di conversione spirituale di un laico che assomiglia moltissimo alla vicenda di Francesco d’Assisi. Le somiglianze tra questi due movimenti – quello francescano e quello valdese che poi, nel 1500, divenne la Chiesa valdese – sono impressionanti: sobrietà, semplicità, essenzialità, avvicinamento ai poveri… Insomma, tutti aspetti che ci hanno colpiti in questa decisione di Francesco, primo Papa ad assumere questo nome, e poi nel suo modo di interpretare il ministero. E quindi, è un invito che abbiamo fatto nel mese di novembre e che è stato accolto, devo dire, con nostro grande piacere.

D. – Che significato assume per i valdesi questo gesto di Papa Francesco, l’aver accettato il vostro invito?

R. – Indubbiamente, significa segnare una svolta. Il Movimento ecumenico, le esperienze e anche le conoscenze personali di questi decenni sono stati di grande importanza. Collaborazioni sul piano – per esempio – della traduzione della Bibbia, degli studi teologici ma anche, vorrei ricordare, un accordo con la Conferenza episcopale italiana sui matrimoni tra valdesi e cattolici. Sono passi importanti, ma certamente non era mai accaduto che un Papa entrasse in una chiesa valdese. Quindi, questo evento che accadrà prossimamente, per noi significa da una parte confermare la bontà di un cammino che ha portato indubbiamente dei frutti e dall’altra parte dare un’ulteriore spinta, non tanto alle relazioni diplomatiche tra Chiese cristiane di confessioni diverse, ma soprattutto a far sì che pur nella diversità e nella pluralità delle nostre posizioni riusciamo a trovare il modo per esprimere insieme parole e gesti che la nostra società richiede ai cristiani di oggi e che noi abbiamo la responsabilità di offrire.

D. – Quali prospettive ecumeniche può aprire questo avvenimento storico, secondo lei?

R. – In un tempo in cui la parola religiosa, la differenza tra religioni, purtroppo è tornata a essere un problema – in un tempo in cui c’è qualcuno che utilizza strumentalmente la religione, il libro sacro e le differenze, per avere un atteggiamento di conquista, sostanzialmente per negare la pluralità – penso sia importante che noi diamo invece un segnale opposto, che collaboriamo in modo molto fattivo a disarmare i linguaggi, la propaganda di coloro che, appunto, pensano che l’uniformità religiosa sia l’unica soluzione. Questo credo sia un elemento di grande importanza simbolica di questo gesto. Vorrei anche sottolineare il fatto che avvenendo a Torino: questa visita avviene in un luogo dove un po’ più di 150 anni fa i Valdesi poterono finalmente essere presenti con la loro libertà di espressione, dopo secoli di ghettizzazione, di persecuzione… Però, il pregiudizio non terminò 150 anni fa. C’è voluto ancora un cammino molto lungo. Questa visita rappresenterà quindi anche la consegna alla storia di questa lunga vicenda e la dichiarazione che il presente è decisamente diverso. Se c’è ancora qualcuno che ha dei pregiudizi, delle preoccupazioni, speriamo di poterle archiviare.

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Oggi in Primo Piano



Siria, raid fanno 104 morti. Is distrugge chiesa a Tel Nasri

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Ennesima giornata di violenze in tutta la Siria. Oltre 100 le vittime per i raid governativi su Idlib, mentre l’Onu lancia allarme per la situazione del campo profughi di Yarmouk, conquistato la scorsa settimana dai jihadisi dell’Is. E ieri, nel giorno di Pasqua, i miliziani del sedicente Stato slamico hanno raso al suolo la chiesa della Vergine Maria nel villaggio cristiano siriano di Tel Nasri. Il punto della situazione nel servizio di Marco Guerra: 

Non c’è pace per la Siria appena entrata nel quinto anno di guerra civile e minacciata dall’avanzata dello Stato Islamico. E' di almeno 104 morti il bilancio dei raid condotti dall'aviazione governativa su Idlib, nel nord del Paese, conquistata nove giorni fa dai ribelli che combattono il presidente Assad. Fonti dell'opposizione riferiscono anche di edifici distrutti e ospedali danneggiati. E nel nordest del Paese, le milizie curde e cristiane continuano a combattere i jihadisti dell’Is.

Distrutta una chiesa
Ieri dopo che le cosiddette "Unità di protezione del popolo" hanno tentato di riprendere il villaggio Tel Nasri, i miliziani del califfato hanno distrutto la chiesa del paese dedicata della Vergine Maria.La Rete assira per i diritti umani ha  condannato l'attacco parlando di crimine di guerra. Tel Nasri fa parte dei villaggi dei crisiani siriani attaccati e occupati dallo Stato islamico il 23 febbraio scorso. In quell'occasione furono uccisi 21 cristiani e altri 373 furono rapiti. Di loro solo 23 sono stati rilasciati, mentre è ignota la sorte di tutti gli altri.

Allarma nel campo profughi
Ed è allarme anche per la situazione nel campo profughi palestinese di Yarmouk, alla periferia di Damasco, che l’Onu definisce "al di là del disumano". Da quando è stato occupato dai jihadisti, mancano cibo, acqua e farmaci e secondo gli attivisti per i diritti umani almeno 13 persone sono state giustiziate dai fondamentalisti. Centinaia i profughi in fuga. Infine, sul fronte diplomatico si segnala la ripresa oggi a Mosca del dialogo, promosso dai russi, tra esponenti del regime di Bashar al Assad e l'opposizione, avviati nel gennaio scorso. Secondo fonti del governo di Damasco, “si discuterà della questione umanitaria”.

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Tbc, ancora milioni le vittime della "malattia silenziosa"

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Sono milioni le persone ancora oggi vittime della tubercolosi. Una stagnazione della ricerca ha aggravato il fenomeno: per più di 50 anni sono stati somministrati gli stessi farmaci e oggi sono ancora un milione e mezzo i morti all'anno causati da questa malattia "silenziosa". L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato un appello alla "solidarietà globale" a sostegno di una campagna mirata a sconfiggere definitivamente la Tbc nei prossimi 20 anni. Claudia Minici ne ha parlato con Silvia Mancini, epidemiologa di Medici senza frontiere: 

R. – Nel 2012, quasi 9 milioni di persone hanno contratto la tubercolosi e di queste più di un milione sono state le morti. Gran parte potrebbero essere state prevenibili. Oggi, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che ogni cinque pazienti trattati per tubercolosi, più di un paziente sviluppi una forma di malattia multiresistente ed è questa la piaga più importante con cui ci troviamo a combattere. In particolare, i Paesi dell’Europa dell’Est contano una delle più alte prevalenze di resistenza alla tubercolosi. Vuol dire che i pazienti non riescono più a rispondere a una terapia di prima linea, pertanto si deve passare a un trattamento di seconda linea. Spesso non sono disponibili, da un paio di anni sono stati messi sul mercato due nuovi farmaci che sono la "Bedaquilina" e il "Delamanid" che servono appunto a combattere la Tb multiresistente. Pochissimi pazienti possono avervi accesso e nella maggior parte dei casi vengono somministrati per uso compassionevole, ovvero sulla base di una trattazione caso per caso con l’industria produttrice. Ci sono anche casi di Tb nota come estesamente resistente e si parla intorno al 20%, un tasso di successo relativamente basso.

D.  – Quali sono i Paesi maggiormente esposti?

R. – I Paesi dell’Est Europa contano una tra le più alte prevalenze, perché hanno un’incidenza globale del 35%, e ci sono anche Paesi dell’Africa subsahariana. La resistenza è più bassa in questi casi perché sono stati introdotti meno farmaci.

D.  – Quali condizioni determinano lo stanziamento di questa malattia?

R. – Spesso gli antibiotici vengono abbandonati e non tutti i pazienti rispettano il trattamento. le condizioni igienico-sanitarie e il vivere soprattutto in ambienti promiscui, umidi e poveri fa sì che la tubercolosi si sviluppi. Il trattamento è lungo, costoso e i casi di guarigione sono ancora troppo pochi. La diagnosi non è sempre fatta e a questo corrisponde anche una somministrazione di un trattamento che non è corretto.

D. – I due nuovi farmaci hanno buone prospettive di riuscita nella battaglia contro questa malattia, ma il loro regime è ancora da testare?

R.  – Vanno testati meglio nella misura in cui devono essere offerti in combinazione con altri farmaci, bisogna vedere la risposta.

D. – Questa malattia riceve poca risonanza in rapporto all’ampiezza del fenomeno?

R. – Sì, assolutamente sì, perché si tratta di una malattia estremamente silenziosa, che si sviluppa in alcuni strati della popolazione particolarmente poveri. Sta avendo una recrudescenza anche in contesti più sviluppati. Non gli si dà la giusta attenzione. Basta pensare che per più di 50 anni si somministravano ai pazienti farmaci che erano sempre gli stessi, che erano stati scoperti più di 50 anni fa. Per lungo tempo, c’è stata una stagnazione anche nella ricerca e lo sviluppo, quindi questo è indicativo del fatto che non sia una malattia a cui viene data la giusta attenzione.

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Mons. Petrocchi: non solo muri nuovi per rilanciare L'Aquila

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Uno striscione portato dai familiari delle vittime con lo slogan "il fatto non sussiste ma uccide", in riferimento alla sentenza della Corte d'Appello che ha assolto sei dei sette componenti della Commissione Grandi rischi. Così, ieri, nella serata della Pasqua, che coincide con il sesto anniversario del terremoto dell'Aquila, assenti i rappresentanti del governo, si è snodato il corteo per non dimenticare le 309 vittime che alle 3.32 della notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009 sono rimaste uccise da una scossa che causò 1.600 feriti e 70 mila sfollati. Ancora oggi, circa 15 mila persone sono senza una casa. Diecimila persone, tra cui molti giovani, rappresentanti della Regione, dei Comuni abruzzesi e qualche singolo parlamentare hanno sfilato in silenzio con le fiaccole in mano attraversando il centro storico de L’Aquila fino a piazza Duomo, ascoltando i 309 rintocchi delle campane della chiesa di Santa Maria del Suffragio per ricordare le vittime del terremoto. Affollata anche la Messa seguita al corteo, celebrata nella chiesa di San Giuseppe Artigiano dall'arcivescovo, mons. Giuseppe Petrocchi. Le considerazioni del presule al microfono di Luca Collodi.  

R. – L’Aquila non ha bisogno solo di una ricostruzione “muraria”, non bastano le opere che riedificano i suoi monumenti, i suoi edifici. Restituire a L’Aquila questa sua “reintegrazione di tipo architettonico” non è sufficiente per far rivivere la città: la città deve risorgere. Questo evento è anzitutto spirituale e, proprio per questo, ha poi anche una ricaduta umana. Anche l’anima di questa città ha subito frammentazioni e lacerazioni. Basti pensare che abitudini consolidate sono state interrotte. Ancora oggi, circa 15 mila abitanti sono fuori dalle loro case.

D. – Come lei ha scritto alla comunità ecclesiale e civile de L’Aquila nel messaggio per la Pasqua di quest’anno, "senza una riscoperta di Gesù e senza una riscoperta dell’anima, nessuna ricostruzione è possibile a L’Aquila e in Abruzzo”…

R. – Risorgere non significa soltanto ritornare alla situazione antecedente a un dramma che si è vissuto. Significa recuperare nella grazia di Dio una pienezza inedita. Dico sempre che L’Aquila che verrà, se saprà risorgere nell’incontro con il Signore, sarà più bella e più capace di esprimere i valori cristiani e umani, rispetto a L’Aquila che è stata. Noi chiediamo al Signore Gesù non soltanto che le sofferenze provocate dalla morte di 309 persone possano esser aperte alla consolazione: noi chiediamo al Signore Gesù che da questa Croce collettiva e personale possa scaturire un’interezza e una profondità che meravigliano e che possano davvero fare de L’Aquila una città posta sul monte.

D. – Lei ci dice: senza la luce e la grazia del Signore sarebbe una ricostruzione fredda, che riproporrebbe i problemi di sempre…

R. – Certamente. Anzi, potrebbe amplificare problematiche che esistevano e che il terremoto ha in qualche modo acutizzato. Spesso noi abbiamo, anche in buona fede, una sorta di volontà di anestetizzare il dolore, ma ci sono delle sofferenze che non possono essere azzerate. Non è vero che il tempo finisce per cancellare ogni ferita. C’è anche un diritto di soffrire e quindi c’è un dovere di rispettare questa sofferenza. Una mamma che ha persona un figlio, un figlio che perde i genitori, un fratello che vede distrutta una famiglia, porta dentro di sé una sofferenza che può essere illuminata e redenta, quindi restituita ad un significato vero, solo dall’incontro con Gesù, il Crocifisso Risorto.

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Roma si prepara al Giubileo: coinvolte anche le periferie

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Roma si prepara al Giubileo straordinario della Misericordia, che sarà ufficialmente indetto l’11 aprile nella Basilica di San Pietro, quando Papa Francesco leggerà la Bolla istitutiva al termine dei vespri. L’inaugurazione dell'evento è stata fissata all’8 dicembre 2015, data per la quale amministrazione capitolina e associazioni si stanno organizzando per accogliere il flusso dei pellegrini in arrivo. Il servizio di Michele Raviart

Il Giubileo straordinario sarà un momento di preghiera e riflessione sulla Misericordia, che riguarderà tutta la città di Roma e non solo le quattro Basiliche maggiori. Giovanna Marinelli, assessore al Turismo e alla cultura del Comune di Roma:

“Le aspettative sono legate molto alla scelta che ha fatto Papa Francesco, che è quella a favore degli ultimi, per intenderci. E dunque, noi pensiamo a un’attenzione particolare alle periferie. Riteniamo che il discorso di un percorso attraverso le grandi Basiliche romane sia effettivamente una modalità anche per promuovere un contatto non solo con il centro storico della città, ma anche con le aree più periferiche e meno favorite. Stiamo incominciando a lavorare su un discorso che coinvolga tutta la città”.

Secondo le prime stime, a Roma arriveranno per via aerea almeno un milione di persone in più rispetto al normale, senza contare che la maggior parte dei pellegrini raggiungerà la città con bus organizzati. Lorenzo Lo Presti, amministratore delegato di “Aeroporti di Roma”:

“Certamente, ci aspettiamo un po’ di traffico aggiuntivo da Sudamerica, Messico, Filippine – per citare tre aree dove c’è una forte presenza del mondo cattolico – ma certamente anche dall’Europa. Stiamo già lavorando con l’Opera Romana Pellegrinaggi per uno scambio di dati e di informazioni, per mettere a punto non solo le infrastrutture ma anche tutti i servizi aggiuntivi necessari per questo grande evento”.

Rispetto al Duemila, il numero di alberghi e strutture ricettive è triplicato. L’obiettivo è quello di evitare ogni speculazione sui pellegrini, come spiega Giuseppe Roscioli, presidente Federalberghi Roma:

“E’ una cosa che abbiamo fatto anche nel Giubileo del 2000. Abbiamo concordato 10 punti: una questione di etica, di comportamento nei confronti del pellegrino che si affaccia nella nostra città, e anche per una questione commerciale affinché non diventi una speculazione, come magari qualche volta accade. Perché noi ci teniamo a dare questo senso etico a un evento così importante”.

Uno sforzo organizzativo che punta non solo a garantire la sicurezza – cruciale nella situazione internazionale attuale – ma anche a rendere Roma città dell’accoglienza. Rosario Cerra, presidente Confcommercio Roma:

“Ci aspettiamo di poter dimostrare che questa città è una città accogliente, che questa città ha un valore di umanità molto forte e ci aspettiamo anche che nella sinergia che facciamo con l’amministrazione si riesca a mettere insieme e si capisca una volta per tutte che privato e pubblico, in questi eventi, devono collaborare e lavorare insieme per costruire qualcosa che poi resta, resta nel tempo”.

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L'umanità riscattata dal Risorto nella pittura di Tiziano

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La Risurrezione, culmine della Storia della salvezza e speranza certa di chi, come i martiri, ha conformato la vita a Cristo. Sono questi i temi al centro del polittico Averoldi, capolavoro dipinto ad olio su tavola da Tiziano nel 1522 per la Collegiata dei Santi Nazaro e Celso a Brescia. L’opera è suddivisa in cinque scomparti: al centro il Risorto vittorioso con il vessillo crociato, ai lati l’annunciazione della Vergine, i Santi  eponimi della chiesa e San Sebastiano. Il servizio di Paolo Ondarza

L’umanità è riscatta da Cristo Risorto che si impone su un cielo albeggiante. Il buio della notte è vinto dalla luce eterna. Il pennello di Tiziano nel polittico Averoldi diviene strumento di lode a Dio ed esaltazione del Kerigma. Lo storico dell’arte, Rodolfo Papa:

R. – Il dipinto ha tutta la potenza e la forza del Tiziano giovane. Prende a modello per il Cristo sicuramente il Torso del Belvedere, modello per tantissimi artisti. Qui viene riproposto per raffiguare il Cristo atleta.

D. – La forza fisica sta a rappresentare la vittoria, la forza spirituale…

R. – Certo, come ci dice la sequenza di Pasqua, “Dux vitae mortuus regnat vivus”: è proprio l’idea del combattimento tra la vita e la morte. Vince la vita sulla morte e quindi vince Cristo. Tiziano mette in mano a questo Cristo atleta, capace di lottare con gli inferi e sconfiggerli definitivamente, la bandiera della vittoria, la bandiera della Croce. La Croce è il simbolo della pace. La bandiera crociata non è un simbolo di guerra ma rappresenta, in tutta la tradizione cristiana, la vittoria sulla morte, la sconfitta della morte.

D. – Questa fisicità di Cristo rimanda alla Risurrezione del corpo che attende chi crede, alla Risurrezione della carne. E' un Cristo spirituale, ma soprattutto fisico...

R. – In realtà, è questa la grande spiritualità cristiana che se dimentica la carne diventa spiritualista e quindi rischia di diventare disincarnata e di conseguenza non comprendere più nemmeno il senso della Risurrezione. La corporeità è al centro del cristianesimo. Ce lo dice Tertulliano e ce lo dice lo stesso Gesù risorto, quando parla con Tommaso. Infatti, qui Tiziano – probabilmente anche su volere e giudizio del committente, il legato pontificio Averoldi – pone il corpo di Cristo risorto tra l’Angelo Gabriele e Maria.

D. – Perché questa scelta dell’Annunciazione a cornice della Risurrezione?

R. – Maria, nel momento in cui viene incontrata dall’Angelo, sa qual è il destino del Figlio. Qual è il punto? Quel "sì" significa diventare seguaci di Cristo. Seguire Cristo non è a parole: è una cosa che invade totalmente tutta la vita.

D. – Ed ecco che nei riquadri inferiori del Polittico Averoldi, Tiziano rappresenta i martiri che hanno conformato la loro vita a Cristo. Il martirio ha una dimensione attuale?

R. – Certo. Innanzitutto, non c’è momento della storia in cui il martirio non ci sia stato. Ma in questo momento abbiamo visto una esplosione totale del martirio dei cristiani, la persecuzione dei cristiani: e quello che fa impressione – lo abbiamo visto in alcune scene, quei martiri copti o questi giovani in Kenya – è vedere che il fedele non fa un passo indietro: chi segue Cristo, sa che questa è la strada.

D. – Questa certezza che in Cristo c’è la vita sembra quasi rappresentata dal parallelo che c’è tra il corpo sofferente di San Sebastiano colpito dalle frecce e il corpo trionfante c di Cristo…

R. – Esatto, perché quella è la speranza e nel dipinto viene rappresentata come certezza.

D. – L'effetto di controluce nel quale si staglia la figura di Cristo, sole che sorge, ha un significato molto forte per la fede anche di chi contempla il mistero pasquale attraverso quest’opera…

R. – Un sole che sorge noi lo vediamo salire dal basso, ma questo è un sole che sorge dall’alto. L’incarnazione vede Gesù totalmente uomo e totalmente Dio. E questa fisicità è la dimensione della fede cristiana e quella che impronta di sé tutta l’arte cristiana.

D. – Quale la fortuna artistica di quest’opera?

R. – Nel momento in cui venne vista, ebbe sicuramente una grandissima influenza sulla pittura bresciana, lombarda in generale. Ma quella luminosità, quella atleticità, quella corporeità noi poi la ritroveremo completamente ripensata, mescolata con Michelangelo, mescolata con Raffaello, mescolata per certi versi con i pittori del primo e del secondo manierismo, in Caravaggio.

D. – C’è qualche testimonianza del rapporto di Tiziano con la fede?

R. – E’ certo che Tiziano in questo momento storico abbia una profonda conoscenza iconologica, iconografica, spirituale dei testi e che sa dire fortemente la propria fede. Ci vuole ancora un bel po’ di tempo perché ci si ponga di fronte la questione dei rapporti che egli ebbe in anni successivi con aree protestanti d’oltralpe. Però, poi, alla fine della vita, Tiziano sicuramente è un uomo di profonda fede che dipinge.

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Nella Chiesa e nel mondo



Kenya, Nairobi bombarda campi Al Shabaab in Somalia

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L'aviazione militare del Kenya ha bombardato due campi di Al Shabaab in Somalia. Al momento non si hanno dettagli sulle perdite tra gli integralisti islamici, autori del massacro nel campus universitario keniota di Garissa. Lo riferiscono fonti militari di Nairobi, secondo cui si è trattato della prima risposta militare dopo il sanguinoso attacco dei terroristi somali, costato la vita a 148 persone. I caccia, precisa Nairobi, hanno colpito le postazioni di Al Shabaan a Gondodowe e Ismail, località della regione somala di Gedo, confinante con il Kenya.  

Massacro di Garissa, speranze e polemiche
Intanto, è polemica per la denuncia lanciata dal quotidiano kenyota "Daily Nation", secondo il quale la polizia ha atteso sette ore prima di inviare un'unità delle Forze speciali al college di Garissa attaccato dagli estremisti islamici. La testata africana riferisce poi che le Forze speciali hanno impiegato solo trenta minuti per uccidere i fondamentalisti e porre fine all'assalto. E, ieri, primo dei tre giorni di lutto proclamati dal governo per la strage all'Università, numerosi fedeli di diverse religioni hanno affollato i luoghi sacri del Paese per pregare insieme per le 148 vittime. Nel frattempo, ancora molti studenti mancano all’appello e in centinaia hanno atteso fuori dagli ospedali e dall'obitorio di Nairobi nella speranza di ricevere notizie dei loro cari che risultano ancora dispersi. Secondo alcuni testimoni, il bilancio della strage sarebbe infatti ancora più pensante. (M. G.)

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Persecuzioni. Bagnasco: una bandiera nera non cancella Cristo

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Come ricordato ancora una volta dal Papa al Regina Coeli del Lunedì di Pasqua, anche il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha parlato dei cristiani perseguitati nell'omelia pronunciata ieri sera nella Cattedrale San Lorenzo del capoluogo ligure, durante i Vespri del giorno di Pasqua.

Ci sono ombre e c'è la luce
"Nelle omelie pasquali – ha detto il cardinale – abbiamo pensato ai cristiani perseguitati, martoriati e uccisi con ferocia. Era nostro dovere, non potevamo tacere. Ma ora - ha domandato - al termine del giorno piu' grande dell'anno cristiano che cosa ancora avverrà nella carne di tanti fratelli e sorelle? Avranno gustato la gioia della risurrezione? Vedranno un domani migliore? I cristiani – si è interrogato ancora il porporato – potranno entrare nelle loro chiese senza doversi chiedere se ne usciranno vivi? Le ombre scendono da un luogo all'altro, ma le anime dei nostri martiri sono nella luce". Il presidente della Cei ha poi affermato che “le società hanno il dovere di garantire a tutti giustizia, sicurezza e pace, ma  il cristiano – ha aggiunto – ha nel cuore anche il perdono quando l'ingiustizia dilania la sua carne”. Per questo motivo, il capo della Chiesa genovese garantisce che “l'amore di Cristo non sarà certo cancellato da una macabra bandiera nera issata al posto di un crocifisso divelto".

Vangelo è perdono
Come esempio più vivo del perdono e della misericordia cristiana, l’arcivescovo di Genova ha citato il caso di una madre di due giovani martirizzati dai fondamentalisti, che, in un colloquio con lo stesso cardinale Bagnasco, si è detta pronta ad accogliere nella sua casa anche l'uomo che ha sgozzato i suoi figli. "Questo è Vangelo vissuto dalla gente semplice, dai poveri che sono i prediletti di Gesù, da coloro che non si danno arie di sapienti e intelligenti e per questo – ha concluso il presidente della Cei – sanno riconoscere il primato di Dio anche di fronte alla morte". (M.G.)

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Iran, nucleare. Obama a Israele: “Sempre al vostro fianco”

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L'accordo sul nucleare iraniano “non minaccia la capacità militare difensiva di Israele”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando al New York Times e rispondendo alle dure critiche rivolte dal premier israeliano, Benyamin Netanyahu, circa la storica intesa sul programma nucleare di Teheran, raggiunta la scorsa settimana dal Gruppo di contatto 5+1.

Obama: è il miglior accordo possibile
“Non c'è un'opzione più efficace dell'iniziativa diplomatica e dell'intesa” raggiunta “per prevenire che l'Iran abbia l'arma nucleare”, spiega Obama, rassicurando inoltre il popolo israeliano che in caso di attacco  “gli Stati Uniti sarebbero al suo fianco". “Se non facciamo niente se non mantenere le sanzioni”, ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca, l'Iran “continuerà a costruire la sua infrastruttura nucleare e noi saremo meno in grado di dire cosa sta accadendo”. Obama ha quindi esortato il Congresso degli Stati Uniti ad approvare l’accordo mostrandosi unito. Tuttavia i repubblicani restano scettici sull'intesa e i democratici che temono ripercussioni sulla campagna elettorale.

Netanyahu, Iran finanzia il terrore
Le parole di Obama seguono di poche ore l’ulteriore affondo di Netanyahu, che in un’intervista alla a Nbc ha parlato di un’intesa “cattiva per tutti”, che lascia una "vasta infrastruttura nucleare" per Teheran e porta miliardi di dollari nelle casse dell’Iran  per "gonfiare la sua macchina del terrore globale".

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Gran Bretagna: batteri resistenti, urgono nuovi antibiotici

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Il governo britannico lancia l’allarme per la diffusione di una nuova generazione di batteri resistenti agli antibiotici. Secondo un Rapporto elaborato dal Dipartimento per la gestione delle emergenze nazionali di Downing Street, e i cui contenuti sono apparsi oggi sul Guardian, questi batteri potrebbero causare in caso di epidemia fino a 200 mila contagi e 80 mila morti. Il monito viene preso seriamente dal primo ministro, David Cameron, che teme “un ritorno agli anni bui della medicina”.

Sviluppare nuovi antibiotici
Il Rapporto pone in evidenza la necessità di sviluppare nuovi antibiotici perché, in caso contrario, anche operazioni di routine potrebbero diventare procedure ad altissimo rischio. “Buona parte della medicina moderna - si legge nello studio - come il trapianto d’organi o alcune cure per il cancro, potrebbe diventare meno sicura a causa del rischio di infezioni. Inoltre, senza cure efficaci l’influenza pandemica diventerebbe molto seria”. (M.G.)

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Radio Vaticana, si è spenta la collega Helena Karlsson

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Si è spenta la scorsa notte a Roma la nostra carissima collega, Helena Karlsson, dopo mesi di lotta contro complicazioni sopravvenute in seguito a un trapianto di rene. Helena era nata a Vasteras, in Svezia, il 14 giugno 1957 e della Svezia aveva i colori tipici della sua gente. Alla Radio Vaticana lavorava dal 1980, 20 anni trascorsi nella Segreteria della Direzione Programmi e i successivi 15, dal Giubileo del Duemila, come assistente di regia per il Canale in diretta della nostra emittente.

Nel 2004 era entrata in dialisi e il 3 gennaio di quest’anno aveva potuto sottoporsi a un trapianto di rene, purtroppo non risolutivo. Ora riposerà a Rivello, piccolo Comune incastonato tra le montagne della Basilicata, in provincia di Potenza, dove amava rifugiarsi dalla folla e dai rumori di Roma. La Radio del Papa la ricorda con grande affetto e ammirazione per la dignità con cui ha saputo convivere con il suo male, senza perdere mai il sorriso né la dedizione per il suo lavoro. (A.D.C.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 96

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.