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Sommario del 01/04/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: don Santoro e i martiri di oggi, raggio dell'amore di Cristo

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Sull’esempio della passione, della morte e della risurrezione di Gesù ricordiamo quegli uomini e quelle donne che “con la testimonianza della loro esistenza” riflettono un raggio dell’amore perfetto, pieno, incontaminato di Cristo. Lo ha detto Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro svolgendo la sua catechesi sul Triduo Pasquale. Il servizio di Giada Aquilino

Condividere i sentimenti degli ultimi istanti della vita terrena di Cristo
Entrare con tutto il cuore nella celebrazione dei misteri che la liturgia della Chiesa ci offre col Triduo Pasquale, rivivendo la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. Questo l’invito di Papa Francesco, che ha esortato a condividere “i sentimenti e le azioni” degli ultimi istanti della vita terrena di Cristo: in questo modo, ha detto ai presenti in Piazza San Pietro, “farete una buona Pasqua”. Il Triduo, ha spiegato, si apre nel Giovedì Santo con la commemorazione dell’Ultima Cena, con Gesù che offre “al Padre il suo corpo e il suo sangue sotto le specie del pane e del vino” e, donandoli in nutrimento agli Apostoli, comanda loro di “perpetuarne l’offerta in sua memoria”. Il Vangelo ci ricorda la lavanda dei piedi: Cristo lava i piedi ai discepoli esprimendo “il senso della sua vita e della sua passione, quale servizio a Dio e ai fratelli”.

“Questo è avvenuto anche nel nostro Battesimo, quando la grazia di Dio ci ha lavato dal peccato e ci siamo rivestiti di Cristo. Questo avviene ogni volta che facciamo il memoriale del Signore nell’Eucaristia: facciamo comunione con Cristo Servo per obbedire al suo comandamento, quello di amarci come Lui ci ha amato. Se ci accostiamo alla santa Comunione senza essere sinceramente disposti a lavarci i piedi gli uni gli altri, noi non riconosciamo il Corpo del Signore. E’ il servizio di Gesù che dona sé stesso, totalmente”.

Gesù disse: “E’ compiuto”
Quindi nel Venerdì Santo “meditiamo il mistero della morte di Cristo e adoriamo la Croce”, ricordando che, “prima di consegnare lo spirito al Padre”, Gesù disse: “E’ compiuto!". Ciò, ha aggiunto il Pontefice, “significa che l’opera della salvezza è compiuta”: “Gesù, col suo Sacrificio, ha trasformato la più grande iniquità nel più grande amore”.

Anche oggi veri martiri che con Gesù offrono la loro vita per la fede
Nel tempo, ha proseguito Francesco, “ci sono uomini e donne che con la testimonianza della loro esistenza riflettono un raggio di questo amore perfetto, pieno, incontaminato”, come ad esempio don Andrea Santoro, sacerdote della diocesi di Roma e missionario in Turchia, assassinato nel 2006 a Trebisonda. Le sue parole: “si diventa capaci di salvezza solo offrendo la propria carne”, ha ricordato il Santo Padre, oggi “ci sostengano nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù”:

“Questo esempio di un uomo dei nostri tempi e tanti altri ci sostengano nell’offrire la nostra vita come dono d’amore ai fratelli, ad imitazione di Gesù. E anche oggi ci sono tanti uomini e donne, veri martiri che offrono la loro vita con Gesù per confessare la fede, soltanto per quel motivo. E’ un servizio, servizio della testimonianza cristiana fino al sangue, servizio che ci ha fatto Cristo: ci ha redento fino alla fine”.

Maria tiene accesa la fiamma della fede
Alla fine della nostra vita, con i nostri peccati ma anche il nostro amore per il prossimo - ha riflettuto il Papa - potremo dire al Padre: “ho fatto tutto quello che ho potuto fare”, per ripetere le parole di Gesù: “E’ compiuto”. Nel Sabato Santo, ha proseguito, la Chiesa contempla il “riposo” di Cristo nella tomba “dopo il vittorioso combattimento della croce” e si identifica con Maria:

“Tutta la sua fede è raccolta in Lei, la prima e perfetta discepola, la prima e perfetta credente. Nell’oscurità che avvolge il creato, Ella rimane sola a tenere accesa la fiamma della fede, sperando contro ogni speranza nella Risurrezione di Gesù”.

In attesa della luce del Risorto
Nella Veglia Pasquale, attendiamo “pieni di speranza” il ritorno di Cristo, “quando la Pasqua avrà la sua piena manifestazione”, con “la luce del Risorto”. Qualcosa – ha fatto notare Francesco – “incomincia nel buio più profondo”:

“Noi sappiamo che la notte è più notte e ha più buio poco prima che incominci la giornata. Ma proprio in quel buio è Cristo che vince e che accende il fuoco dell’amore. La pietra del dolore è ribaltata lasciando spazio alla speranza”.

Sentinelle del mattino
Con Gesù che vince la morte - e noi con lui - si apre dunque “un presente pieno di futuro”:

“La nostra vita non finisce davanti alla pietra di un Sepolcro, la nostra vita va oltre con la speranza al Cristo che è risorto proprio da quel Sepolcro. Come cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino, che sanno scorgere i segni del Risorto, come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana”.

Congedandosi a fine udienza, tra i fedeli di lingua italiana il Papa ha salutato gli universitari riuniti a Roma per l’incontro Internazionale UNIV, gli studenti dell’Istituto San Vincenzo de’ Paoli di Reggio Emilia, che ricordano i 150 anni di attività, i partecipanti alla Marcia Internazionale Montefortiana di Verona, i membri dell’Unione Camere Penali Italiane e i vari gruppi parrocchiali.

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Francesco ricorda Giovanni Paolo II a 10 anni dalla morte

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Papa Francesco al termine dell’udienza generale ha ricordato che domani cade il decimo anniversario della morte di San Giovanni Paolo II. Ce ne parla Sergio Centofanti

Dieci anni fa, il 2 aprile 2005, alla vigilia della Domenica della Divina Misericordia a lui tanto cara, Giovanni Paolo II tornava alla casa del Padre. Papa Francesco ha ricordato questo anniversario, tra gli applausi dei presenti, salutando i pellegrini giunti dalla Polonia:

“Lo ricordiamo come grande Testimone di Cristo sofferente, morto e risorto, e gli chiediamo di intercedere per noi, per le famiglie, per la Chiesa, affinché la luce della risurrezione risplenda su tutte le ombre della nostra vita e ci riempia di gioia e di pace”.

Rivolgendo poi il suo pensiero ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, così li ha esortati ricordando Papa Wojtyla:

“Il suo esempio e la sua testimonianza sono sempre vivi tra noi. Cari giovani, imparate ad affrontare la vita con il suo ardore e il suo entusiasmo; cari ammalati, portate con gioia la croce della sofferenza come egli ci ha insegnato; e voi, cari sposi novelli, mettete sempre Dio al centro, perché la vostra storia coniugale abbia più amore e più felicità”.

Ma per un ricordo di Giovanni Paolo II ascoltiamo le voci di alcuni fedeli raccolte in Piazza San Pietro da Elvira Ragosta: 

R. - Io ho un ricordo speciale perché nel momento in cui ha iniziato a stare molto male, a perdere la voce, era così anche mia madre, e lui ha saputo dare la forza agli ammalati e mia madre ha avuto una santa forza che gli ha trasmesso San Giovanni Paolo II.

R. - Io l’ho visto per tre volte.

D. – Cosa ricorda in particolare?

R. – L’umanità e l’amore per la gente.

R. - Noi abbiamo un bel ricordo perché ci siamo sposati e sono nati i nostri figli durante il suo Pontificato. Lo abbiamo incontrato ad Assisi. E il Papa che ci ha dato un impulso ad andare avanti con coraggio.

R. – Io ricordo la particolare forza che ha avuto fino all’ultimo momento per darla a noi e se io oggi sono qua, una parte di forza l’ho presa da lui. Io ogni anno sono qui proprio per lui. Ha lasciato un esempio molto bello. Vedendo i suoi sacrifici allora mi sento che io piccola donna mi devo sacrificare per gli altri.

R. – Ricordo la Giornata della gioventù nelle Filippine dove si radunarono circa 4 milioni di persone. Fu una giornata molto bella. E poi ricordo il suo “Non abbiate paura, prendete il largo, non vi spaventate”. L’altro ricordo è: “Se sbaglio, mi corriggerete!”

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Card. Sandri: Papa Wojtyla, un inno alla vita anche nella sofferenza

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Fu il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ad annunciare 10 anni fa alle migliaia di fedeli radunati in Piazza San Pietro la morte di Papa Wojtyla:

"Cari fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla Casa del Padre. Preghiamo per lui".

Il cardinale Sandri per molti anni è stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II fino ai suoi ultimi istanti di vita. Alessandro Notarnicola ha raccolto la sua testimonianza:

Un pastore vicino alla gente
"Ho dovuto accompagnarlo nei suoi ultimi anni quando la sua salute cominciava ad essere sempre più debole, in particolare dopo l'ultima visita che il Santo Padre fece a Lourdes. Custodisco un ricordo molto vivo di Papa Giovanni Paolo II. Dobbiamo ricordare la sua grande personalità dal punto di vista intellettuale, dottrinale e pastorale, ovviamente. E tutto questo nel contesto di una visione del mondo che è riuscito a trasformare, perché non l'ha fatto direttamente, ma per realizzare questo cambiamento ha esortato i fedeli e le famiglie ad aderire all'insegnamento di Gesù Cristo, all'amore cioè, alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà (…) Penso che questi aspetti di Giovanni Paolo II oggi la Chiesa li abbia ritrovati nella persona di Papa Francesco. Mi riferisco in particolare alla vicinanza al popolo espressa da Giovanni Paolo II con gesti sorprendenti, ma soprattutto attraverso lo sguardo. Uno sguardo che ha giocato e ha raggiunto anche i cuori dei credenti e di coloro che per tempo sono rimasti ai margini della fede”.

Il coraggio di Papa Wojtyla
“Dieci anni dopo la sua morte penso che la personalità di Giovanni Paolo II possa essere rivissuta e ricreata in molti ricordi straordinari, ad esempio i viaggi internazionali. Molti popoli e nazioni ricordano infatti Giovanni Paolo II con immenso affetto e gratitudine. Il suo ricordo è vivo, vivo e cresce ogni giorno che passa (…) Papa Giovanni Paolo II ha vissuto tutto quello che pensava, tutto quello che diceva, tutto quello che ha insegnato nella sua vita. Mi ricordo l'intero periodo in cui ho lavorato per la Segreteria di Stato e il momento stesso dell'elezione al Soglio Pontificio di Karol Wojtyla. Allora il cardinale Agostino Casaroli disse che il Conclave eleggendo Wojtyla aveva dimostrato ‘grande coraggio’; coraggio che il nuovo Papa poi ha mostrato nella sua prima omelia pronunciata in Piazza San Pietro chiamando il mondo ad aprire le porte a Cristo. Tre anni dopo questo coraggio fu macchiato drammaticamente del sangue dell'attentato in Piazza San Pietro (…) Il dolore e la sofferenza del corpo le sapeva ‘affrontare’ con grande nobiltà, con coraggio, e soprattutto con una marcata personalità. Lui ci ha mostrato che il dolore era ed è la salvezza del mondo, esso ricorda la salvezza in Cristo stesso”.

La sua testimonianza: un inno alla vita
“Il patrimonio di Giovanni Paolo II è un inno alla vita stessa, la vita del Papa. Questa è sicuramente la testimonianza che ci lascia. Egli ci ha mostrato la dignità della vita, un cristiano che crede in Cristo, può raggiungere altezze sublimi, anche nei limiti che ciascuno di noi possiede. E' una testimonianza che San Giovanni Paolo II è stato in grado di trasmettere anche quando il suo corpo non gli consentiva più l'agilità dei gesti più ordinari, si pensi per esempio al suo ultimo Angelus, la Domenica di Pasqua, quando non riuscì a dire ciò che avrebbe voluto comunicare ai fedeli e al mondo intero. In quel momento abbiamo visto che Dio opera in noi, e lui, Giovanni Paolo II, ha testimoniato questa verità con la sua vita. Molte cose si potrebbero ricordare di lui che è stato fondamentale - ad esempio - per la caduta del comunismo. Possiamo inoltre ricordare i tanti viaggi apostolici o i grandi raduni, come le Giornate Mondiali della Gioventù, o ancora documenti di grandi rilevanza e le grandi iniziative ecclesiali, ma alla fine ciò che viene fuori innanzi tutto è la sua vita, una vita vera, una vita che è sempre rimasta coerente con la sua fede in Dio".

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Iraq: il card. Filoni tra i profughi nel Calvario iracheno

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Prosegue la missione dell'inviato del Papa in Iraq il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Dopo aver visitato Baghdad ed Erbil, oggi il porporato si sposta in alcuni villaggi del nord per portare la benedizione e l'aiuto concreto di Papa Francesco ad una popolazione stremata dalla violenza jihadista e da anni di guerra. Ascoltiamo il card. Filoni al microfono di Paolo Ondarza

R. – Ho avuto modo di incontrare sia il presidente del Parlamento sia le prime autorità del Kurdistan e tutti mi hanno assicurato che i cristiani sono in cima anche alle loro attenzioni e che si augurano che la loro presenza qui non venga meno. Questo mi pare anche molto bello da un punto di vista politico: che nessuno si senta un estraneo e che se anche in questo momento soffrono di più, però, per loro c’è la speranza che anche con l’aiuto delle autorità stesse, pian piano, un giorno, la vita possa essere ricostruita. Io direi anche un’altra cosa. Ho parlato anche con alcune autorità, ho detto che il Papa Francesco ha lanciato questo Anno della misericordia e anche i fratelli musulmani dovrebbero imparare a vivere un anno sabbatico della misericordia, soprattutto perché anche loro credono in un Dio clemente e misericordioso. Dunque, se anche insieme ai cristiani, i musulmani celebrano la misericordia, si può ricostruire quella fratellanza, quella vicinanza, anche fondando tutto sul mistero di Dio, perché la pace e la riconciliazione e la misericordia se non hanno come base Dio, ovviamente, non sono né misericordia né pace. Speriamo che questo messaggio possa pian piano farsi strada.

D.  – Lei si trova in Iraq per portare l’aiuto concreto e la benedizione del Papa. Che cosa ha visto da quando è arrivato?

R. – Io ho già incontrato alcuni piccoli gruppi di rifugiati prima ad Amman e poi questa mattina anche a Baghdad. Adesso sono qui ad Erbil e domani mattina parto per il giro visitando alcuni villaggi del nord. La situazione, da un punto di vista generale, rispetto al mese di agosto, naturalmente, è molto migliorata perché le famiglie hanno trovato un alloggio, una sistemazione, magari anche due famiglie in una stessa casa, e da questo punto di vista certamente è migliorata. Non ci sono famiglie per strada o per altri posti dove è inconveniente stare. Però, la situazione continua  ad essere difficile e delicata.

D. – C’è ancora speranza tra la popolazione? Si sente la vicinanza della comunità internazionale?

R.  – Mi hanno detto oggi che tutto quello che si è potuto fare per i rifugiati, cristiani e non cristiani, si è potuto fare grazie al grande aiuto che è venuto da parte di tutta la Chiesa cattolica, in particolare. Sono molte le organizzazioni internazionali, europee e americane, che si sono mosse e stanno dando consistenza a questo prolungarsi della situazione di crisi. Dal punto di vista psicologico, la paura è un po’ che non potendosi risolvere ancora queste situazioni da un punto di vista del ritorno nei propri villaggi, riprendere la propria vita, questo genera un po’ di apprensione, perché più passa il tempo e più la gente ha la percezione che forse non c’è futuro per loro. Quindi si tratta un po’ di incoraggiarli in questa pazienza e in questa vicinanza anche perché i problemi sono estremamente delicati e gravi.

D. – Sentono questa vicinanza della Chiesa rappresentata dalla sua persona in queste ore?

R. – La mia presenza ha proprio questo valore. Ma devo dire che non è soltanto la mia presenza, sono parecchi anche ecclesiastici che vengono, alcuni sono già venuti, altri verranno dopo. La mia presenza durante la Settimana santa, ovviamente, ha un significato di tipo spirituale: valorizzare la sofferenza di queste persone con il mistero della sofferenza di Cristo. Però, questa solidarietà c’è, questa vicinanza c’è. La questione, come ho detto prima, è quanto durerà questa situazione di crisi.

D. – Che cosa vuol dire vivere la Settimana santa per la popolazione irachena in questo momento così drammatico?

R.  – Io ho detto già a vari gruppi che ho incontrato che il mistero della loro sofferenza è prezioso agli occhi di Dio perché viene unito a quella di Cristo di questa Settimana santa, quindi di non pensare che anche questa loro sofferenza sia inutile e che non valga niente. Anche se la loro condizione in questo momento apparentemente non dà speranza però davanti agli occhi di Dio questo vale ed è prezioso. E’ un incoraggiamento di tipo spirituale accanto a quello di tipo materiale che noi offriamo. E questo un po’ sia perché educhiamo la nostra gente a capire anche il valore stesso della sofferenza sia anche perché in una situazione di questo genere la loro condizione è molto simile a quella di Cristo e come tale sentono un conforto spirituale e morale.

D. – Come proseguirà adesso la sua permanenza in Iraq?

R. – Adesso andrò a visitare i villaggi del nord, incontrerò i vescovi anche del nord. Ho già incontrato quelli di Baghdad e ovviamente tutti questi villaggi che potrò visitare e essere presente sia cristiani che non cristiani. Quindi visiterò alcuni villaggi yazidi e di altre minoranze che incontrerò lungo il mio cammino.

D. – Quale messaggio si sente di lanciare all’Iraq e a chi ascolta in Italia e altrove in Occidente?

R. – Io credo che il messaggio non può essere molto diverso da quello che il Santo Padre ha già lanciato la Domenica delle Palme. Io penso che celebrare la Pasqua in spirito di unione con questi fratelli è molto bello. E dico anche questo perché io ho spiegato che questa mia presenza porta anche la solidarietà della diocesi di Roma, delle famiglie di Roma che mi hanno permesso di portare qui con me 6 mila colombe, che noi distribuiremo e già stiamo distribuendo nei villaggi dove andiamo, come simbolo della pace ma anche come dono attorno al quale la famiglia si riunisce in questo ideale ponte che si stabilisce tra le famiglie di qua, dell’Iraq, del Kurdistan, dei rifugiati, e le famiglie anche di Roma. Anche questo mi pare molto bello per valorizzare la Pasqua anche in Italia, in Europa e in altre parti del mondo.

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Cardinale Parolin: l’economia sia a servizio della dignità dell’uomo

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"L'invito del Papa al senso di responsabilità nel mondo della finanza e dell'economia vale anche per i fenomeni della  corruzione ed è rivolto anche agli uomini politici, per i fenomeni che interessano anche l'Italia". E' quanto affermato  dal cardinale Pietro  Parolin, segretario di Stato vaticano, interpellato sul ddl anticorruzione in Italia, al termine dell’incontro “Moneta e impero”, che si è svolto ieri pomeriggio a Roma, promosso da Limes e dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Sul tema del convegno ascoltiamo il suo commento raccolto da Marina Tomarro

R. - Anche l’attività economica deve essere messa al servizio della dignità umana e della crescita dell’uomo. E quindi avere un’attenzione particolare per l’uomo e soprattutto per l’uomo più debole e più vulnerabile, per i poveri. Quindi un’economia a servizio, non un’economia che domina, un’economia che si impone, ma un’economia che diventa veramente uno strumento di crescita personale e comunitaria.

D. – Per evitare questa economia dell’esclusione cosa si potrebbe fare di più?

R. - Le istituzioni dovrebbero avere un approccio etico all’economia, non un approccio meramente economico o finanziario dove prevalgono i criteri del profitto, ma un approccio etico con cui veramente la finanza e l’economia siano messe a disposizione della gente. E naturalmente anche il Papa chiede anche ai poveri di avere un impegno attivo in questo senso e di collaborare perché l’economia possa diventare un’economia a misura d’uomo.

A margine dell’incontro, il cardinale Parolin ha parlato della sua prossima partecipazione al “Vertice delle Americhe”, che si terrà nella città di Panama i prossimi 10 e 11 aprile e che vedrà per la prima volta la partecipazione della delegazione cubana. ”Questa è un occasione - ha spiegato il porporato - per gettare le basi di una futura collaborazione proficua”. Il segretario di Stato ha affrontato anche lo spinoso problema degli immigrati dei Paesi sudamericani, che tentano di passare la frontiera degli Stati Uniti attraverso il Messico. “Sono stato in Messico lo scorso anno – ha detto - per partecipare al seminario sulle migrazioni, e penso che sia stato un momento molto importante, perché tutti i Paesi partecipanti sono stati d’accordo sullo stabilire una collaborazione tra di loro per dare risposte a questo problema. Io credo che quello delle migrazioni sarà uno dei punti sui quali si focalizzeranno i lavori del summit di Panama”.

Al convegno era presente anche il presidente del Senato Pietro Grasso che ha sottolineato come la prima sfida da affrontare sia quella di un ritorno all’economia reale e poi di riaffermare il ruolo pubblico rispetto alle imprese che soddisfano bisogni sociali primari. "I conflitti economici e finanziari - ha spiegato il presidente del Senato - sono tanto più pericolosi in quanto combattuti con capitali creati non dall'economia reale, ma dalla smaterializzazione del lavoro e della produzione. Capitali che vengono trasferiti nell'empireo anonimo e oscuro della finanza sovranazionale, dove non ci sono persone, nomi, volti, ma banche centrali, fondi sovrani che compiendo solo operazioni virtuali e improduttive generano insicurezza ed incertezza nei mercati".

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Giubileo: cardinale Pell, nostro obiettivo è evitare scandali

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Papa Francesco lo ha più volte ribadito: per la Chiesa, l’attenzione per i poveri è prioritaria. In tale prospettiva, la centralità della trasparenza nell’amministrazione dei beni ecclesiastici è essenziale. È il filo conduttore del libro “Corresponsabilità e trasparenza nell’amministrazione dei beni della Chiesa”, a cura di Francesco Lozupone ed edito da Aracne, presentato presso la nostra emittente. Oltre all’autore, sono intervenuti il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, e mons. Marcello Semeraro, segretario del Consiglio dei Cardinali. Il servizio di Giada Aquilino

La trasparenza non è soltanto un obbligo per chi amministra i beni della Chiesa ma può trasformarsi in una risorsa, perché una gestione chiara costituisce una testimonianza cristiana autentica, in grado di suscitare ulteriore generosità. Questo il senso della raccolta di contributi curata da Francesco Lozupone. Immediato lo spunto nato dalla riflessione sul progetto di riforma della Curia Romana, a cui lavora il Consiglio dei Cardinali istituito da Papa Francesco. Se le riunioni sono già state fissate fino a dicembre, ha confermato mons. Semeraro, comunque “si comincia a vedere l'approdo” di tale riforma. Si pensa intanto al prossimo Giubileo della Misericordia. Il cardinale George Pell:

“Per il futuro, tutto il lavoro dei comitati per il Giubileo avverrà sotto le nuove procedure. Nel preventivo, spiegheremo i costi di tutti i diversi centri. Per la prima volta nella storia del Vaticano, almeno due-tre-quattro volte all'anno noi controlleremo i costi con i preventivi. Speriamo ovunque di evitare gli scandali e certamente anche per un evento così questa sarà la nostra ambizione”.

D’altra parte, ha sottolineato mons. Marcello Semeraro, gli aspetti economici e finanziari sono stati tra i primi ad essere affrontati nelle riunioni dei cardinali. La sollecitazione - ha proseguito il vescovo di Albano - è venuta dagli incoraggiamenti di Papa Francesco per una Chiesa povera, figlia degli insegnamenti conciliari:

“Papa Francesco è figlio del Concilio Vaticano II. Lo ha ripetuto e lo ripete spesso: quindi non può non essere a conoscenza della tematica della Chiesa dei poveri sorta in quel momento di celebrazione del Concilio Vaticano II. E poi c'è il secondo 'bagno' di povertà, che Francesco ha fatto da arcivescovo di Buenos Aires, nella grande esperienza di Aparecida, laddove si mette in evidenza quello che è il vero significato della scelta preferenziale dei poveri, intesa come una forma speciale di primato della carità per aiutare chi è nel bisogno”.

Il lavoro di rinnovamento in corso, ha aggiunto il cardinale Pell, affonda poi le proprie radici nel pontificato di Benedetto XVI:

“Papa Benedetto ha cercato sul serio di migliorare questa situazione: con mons. Viganò, con Gotti Tedeschi, con Von Freyeberg lui voleva migliorare la situazione. Non si deve pensare che Papa Benedetto non abbia fatto niente e invece noi possiamo fare tutto. Noi facciamo qualcosa sui fondamenti che sono stati preparati al tempo di Papa Benedetto”.

Rispondendo ai giornalisti, il porporato ha confermato che con la nomina del cardinale Giuseppe Versaldi all'Educazione Cattolica “finisce” di fatto la Prefettura degli Affari Economici, della quale è stato a capo. Quindi, a proposito della presentazione dei bilanci finanziari da parte della Segreteria per l’Economia, il prefetto ha riferito:

“Speriamo che saranno pronti per il Consiglio per l'Economia in maggio e la pubblicazione dopo. Riguarderà tutte le entità del Vaticano. Questa è la nostra speranza. Ci saranno i bilanci del 2014 e il preventivo per quest'anno: infatti il lavoro per i preventivi va avanti abbastanza bene”.

Il curatore del libro, Francesco Lozupone, ha infine delineato nuove prospettive per il futuro della Chiesa:

“L'attività amministrativa è da considerarsi un'attività pastorale. Cioè un'attività pastorale che non abbia basi amministrative chiare e solide rischia di disperdersi. Quindi la separazione che c'è sempre stata all'interno degli uffici della Chiesa, sia delle Chiese particolari sia della Chiesa universale, così netta, senza comunicazione, tra specialisti dell'amministrazione e specialisti dell'evangelizzazione e della missione deve cercare di ridursi”.

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Santa Sede-Italia, Convenzione fiscale: nuovo passo verso trasparenza

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Stamani, presso la Segreteria di Stato, è stata sottoscritta la Convenzione tra la Santa Sede e il Governo della Repubblica Italiana in materia fiscale. Hanno firmato per la Santa Sede, mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e, per l’Italia, Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze, provvisto dei pieni poteri.

“Le riforme introdotte a partire dal 2010 e la creazione presso la Santa Sede di Istituzioni con specifiche competenze in materia economica e finanziaria – riferisce la Sala Stampa vaticana - consentono oggi la piena cooperazione amministrativa anche ai fini fiscali. Nel quadro della speciale rilevanza dei rapporti bilaterali, l’Italia è il primo Paese con cui la Santa Sede sottoscrive un accordo che disciplina lo scambio di informazioni. In linea con il processo in atto verso l’affermazione a livello globale della trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie, la Convenzione recepisce il più aggiornato standard internazionale in materia di scambio di informazioni (articolo 26 del Modello OCSE) per disciplinare la cooperazione tra le autorità competenti delle due Parti contraenti. Lo scambio di informazioni riguarderà i periodi d’imposta a partire dal 1° gennaio 2009”.

“La Convenzione, a partire dalla data di entrata in vigore, consentirà il pieno adempimento, con modalità semplificate, degli obblighi fiscali relativi alle attività finanziarie detenute presso enti che svolgono attività finanziaria nella Santa Sede da alcune persone fisiche e giuridiche fiscalmente residenti in Italia. Gli stessi soggetti potranno accedere ad una procedura di regolarizzazione delle stesse attività, con i medesimi effetti stabiliti dalla legge n. 186/2014”.

“La Convenzione attua, inoltre, quanto previsto dal Trattato del Laterano relativamente all’esenzione dalle imposte per gli immobili della Santa Sede indicati nello stesso Trattato. Infine, è integrato nella Convenzione lo Scambio di note del luglio 2007 tra il Ministero degli Affari Esteri e la Segreteria di Stato, che prevede la notifica per via diplomatica degli atti tributari ad enti della Santa Sede”.

Si tratta di “un significativo passo della Santa Sede verso l’obiettivo della massima trasparenza nel campo delle relazioni finanziarie”, afferma mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. L’intesa – osserva il presule - comporta “una semplificazione nel pagamento delle imposte sulle rendite prodotte dalle attività finanziarie in Vaticano. In questo modo, si potrà da un lato agevolare le attività di riscossione delle autorità fiscali italiane e dall'altro offrire un importante servizio a tutte quelle persone, sia fisiche che giuridiche, residenti in Italia ma che per motivi di natura ecclesiale detengono attività finanziarie nel territorio vaticano".

L’accordo, per il ministro italiano dell’economia Pier Carlo Padoan "è un passo avanti importante".

“La Convenzione – ha affermato il vicedirettore della Sala Stampa vaticana, padre Ciro Benedettini - ha due obiettivi: trasparenza e sana collaborazione con l’Italia. L'accordo sullo scambio di informazioni adotta i parametri più accreditati in materia di scambio di informazioni ai fini fiscali (parametri Ocse) nella loro versione più aggiornata. La disciplina della Convenzione a proposito degli Istituti Religiosi prevede il pagamento delle imposte sulle rendite finanziarie a partire dal 2014. La Convenzione tutela i dipendenti e i pensionati della Santa Sede e dello Stato Città del Vaticano, come previsto e confermato dall'art. 17 del Trattato del Laterano”.

Padre Benedettini ha osservato quindi che la Convenzione “riguarda solo le imposte sulle rendite finanziarie. Tutte le altre imposte sono soggette alle regole generali”. Inoltre, non si tratta di “un accordo firmato nell'ambito della voluntary disclosure, ma è un accordo dai contenuti necessariamente particolari, perché il Vaticano non è un Paese di black list”. Il negoziato – ha precisato - ha avuto un decorso molto rapido grazie anche alla professionale collaborazione dei tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze”.

Il testo della Convenzione è disponibile dal 2 aprile sul sito della Segreteria di Stato.

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Gallagher: doveroso ricordare i cristiani perseguitati anche oggi

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“Il martire è solo colui che versa il suo sangue per amore di Dio, non che lo fa versare; che è vittima e non fa vittime. Chi si uccide per uccidere in nome di Dio compie un’aberrazione”. Dura condanna del terrorismo da parte del segretario per i Rapporti per gli Stati, mons. Paul Gallagher, che ha celebrato ieri una preghiera in memoria dei “nuovi martiri cristiani”. Un’occasione di riflessione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, alla presenza di esponenti di tutte le confessioni cristiane. Il servizio di Michele Raviart

Le vittime del terrorismo e dell’intolleranza religiosa sono sorelle e fratelli di tutte le confessioni cristiane, in quello che Papa Francesco ha chiamato “ecumenismo del sangue". Martiri come il 17enne Milad, ucciso in Siria durante l’aggressione ai villaggi sul fiume Kabhur o come il padre gesuita Frans Van der Lugt, assassinato a Homs, nella chiesa dove dava rifugio a cristiani e musulmani. E poi le vittime dello Stato Islamico in Iraq, i 21 copti decapitati in Libia e, in Pakistan, i 15 cristiani uccisi  due settimane fa a Lahore durante la Messa. Mons. Paul Gallaher, segretario per i Rapporti con gli Stati:

"Il filo comune di tutti i martiri è questo grande amore per Cristo, questa fede nei valori superiori, nella verità del Vangelo, della fede cristiana. Ogni martire fa la sua scelta: continua sul cammino di Cristo. E questa scelta ha le sue conseguenze; purtroppo come sappiamo bene vivere con integrità la fede cristiana porta sempre inevitabilmente al sacrificio. Noi vogliamo solamente essere ispirati da queste virtù".

Nel nome di mons. Oscar Romero, ucciso in Salvador durante la celebrazione eucaristica e prossimo alla Beatificazione, sono stati ricordati i martiri delle Americhe, tra cui cinque sacerdoti uccisi nei quartieri pericolosi del Messico. E poi l’Africa con i cristiani obiettivo dei terroristi di Boko Haram in Nigeria o vittime delle manifestazioni in Niger dopo la strage di Charlie Hebdo. Gallagher ha poi ricordato mons. Micheal Courtney, suo predecessore come nunzio apostolico in Burundi e ucciso nel 2003 mentre cercava di portare la riconciliazione nella regione dei grandi laghi:

"Noi sappiamo molto bene che, anche oggi, in molte parti del mondo purtroppo ci sono cristiani perseguitati. L’importante è ricordare - per noi che viviamo nell’Occidente comodo, tranquillo e pacifico - che dall’altra parte del mondo ci sono persone che soffrono per la fede, per il nome di Cristo. È doveroso commemorarli; noi crediamo che ora condividono la sorte di Cristo nella resurrezione".

“Anche i musulmani sono vittime dell’odio blasfemo, come testimoniano gli attentati alle moschee sciite in Yemen”, ha detto ancora Gallagher. Tutte le minoranze sono in pericolo davanti al fondamentalismo:

"C’è una rinnovata sensibilità nella comunità internazionale, non solo verso i cristiani perseguitati, ma verso di tutte le minoranze. È un tema di un’umanità sofferente, che incide anche sull’ordine del mondo e sulla pace. È per questo che è un tema molto attuale, nel quale ci sono non solo dibattiti ma anche iniziative portate avanti dalla comunità internazionale per promuovere e sensibilizzare tutta l’opinione pubblica affinché anche il semplice cittadino possa fare pressione sui governanti per fare in modo che siano sempre più sensibili verso questo tema".

Per l’Italia sono stati ricordati don Giuseppe Diana, padre Pino Puglisi e quanti sono stati assassinati in questi ultimi anni dalla mafia e dalla camorra.

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Accordo di collaborazione Radio Vaticana-Radio Republik Indonesia

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E’ stato siglato oggi presso la Sala Rossini della Radio Vaticana il Memorandum d’Intesa tra l’emittente pontificia e la radio del servizio pubblico indonesiano. Firmatari dell’accordo il presidente e direttore generale di Radio Republik Indonesia (RRI), Rosarita Niken Widiastuti e il direttore generale della Radio Vaticana padre Federico Lombardi. La firma del memorandum è avvenuta alla presenza dell’ambasciatore presso la Santa Sede della Repubblica di Indonesia, Budiarman Bahar e del direttore dei Programmi della Radio Vaticana, padre Andrzej Koprowski. Il Memorandum prevede una stretta collaborazione diretta tra le due emittenti del servizio pubblico in occasione di eventi religiosi particolarmente rilevanti per la vita della Chiesa universale.

Un servizio importante per la comunità cristiana e cattolica in Indonesia
L’accordo che è stato definito storico da entrambe le parti nell’ottica di uno sviluppo fruttuoso di tutte le forme di dialogo sia interculturali che interreligiose. L’ambasciatore indonesiano presso la Santa Sede ha espresso la propria soddisfazione per un accordo che garantisce un servizio importante per la comunità cristiana e cattolica del Paese asiatico. Il ruolo del servizio pubblico in Indonesia – ha voluto sottolineare – deve tenere conto di tutte le componenti e di tutti i gruppi presenti della società indonesiana. Un pensiero pienamente condiviso dal direttore generale della RRI, Niken Widiastuti che ha sottolineato come anche l’ambito culturale e artistico, al pari di quello religioso, siano importanti ai fini dell’approfondimento della reciproca conoscenza. 

L'esperienza della Messa di Natale
La collaborazione tra la Radio Vaticana e la Radio Republik Indonesia si era già manifestata con risultati fruttuosi in occasione della Santa Messa di Natale del 2014 presieduta da Papa Francesco nella Basilica Vaticana. Per la prima volta infatti i cattolici dell’Indonesia hanno potuto seguire in diretta l’intera celebrazione.

A Radio Indonesia i principali riti del Triduo pasquale
Questa collaborazione si ripeterà adesso per la Settimana Santa del 2015 con la trasmissione in diretta da parte della RRI della Via Crucis di Venerdì, della Veglia Pasquale di Sabato e della Messa e Benedizione Urbi et Orbi della Domenica di Pasqua. (A cura di Stefano Leszczynski)

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La pietra ribaltata: all'udienza generale il Papa parla delle celebrazioni del Triduo pasquale.

Sigillo e documento: sabato 11 aprile sarà resa pubblica la Bolla dell'anno santo.

Per un'economia della dignità: il cardinale segretario di Stato su politica e finanza.

Trasparenza e piena cooperazione: firmata di Convenzione tra Santa Sede e Governo della Repubblica italiana in materia fiscale. Un articolo di Giuseppe Dalla Torre dal titolo "Collaborazione nella distinzione".

Lucetta Scaraffia sul sogno di Claudia: Elena Bono racconta la moglie di Pilato.

La quarta ghinea: Giulia Galeotti sui vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste italiane e il commento di Rosalba Manes al Vangelo di Matteo.

Su donne ed ecologia l'inserto mensile "donne chiesa mondo".

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Oggi in Primo Piano



Nigeria: Muhammadu Buhari è il nuovo presidente

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“Una vittoria veramente storica”. Così il neo eletto presidente della Nigeria l’ex generale golpista Muhammadu Buhari, 72 anni, musulmano dell’All Progressives Congress (Apc), ha definito il successo sul rivale Goodluck Jonathan, con un margine di oltre 2 milioni di voti. È la prima volta, infatti che nella storia nigeriana, l’opposizione subentra democraticamente al governo in carica. Dai vescovi del Paese africano l’appello al rispetto dei risultati e alla tutela della pace che chiedono anche Europa e Stati Uniti. Il servizio di Gabriella Ceraso

"Il nostro Paese è riuscito a realizzare uno scrutinio libero e onesto e si avvia ad una transizione pacifica". Nelle sue prime dichiarazioni il neo eletto Buhari saluta il passo democratico compiuto dalla Nigeria, esorta il popolo alla non violenza e ringrazia il suo rivale Goodluck Jonathan,  che paga così il mancato successo nel contrasto a Boko Haram e nella lotta alla corruzione. Sfide che ora aspettano lo stesso Buhari come sottolinea il cardinale John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja:

R. – You may ask what are the main priorities…
Se mi si chiede quali siano le più importanti priorità che la Nigeria vede davanti a sé, o che io vedo perlomeno: innanzitutto restaurare la stabilità, la sicurezza su tutto il territorio nigeriano. Questo significa non solo occuparsi di Boko Haram nel Nord-Est, ma anche di affrontare con decisione quegli elementi fuorilegge e pericolosi che rendono la vita dei nigeriani insicura. Secondo, naturalmente, la corruzione e il buon governo. Non c’è dubbio, infatti, che questo stia distruggendo la nostra nazione. Abbiamo una storia tremenda di corruzione e di corruzione ai più alti livelli. Grandi somme di denaro, infatti, vengono rubate, del tipo di cui non sentite mai parlare in America o in Europa. E infine, non meno importante, la questione della coesione nazionale: sia a livello di etnia - di diversità etnica - che di religione. Queste sono le questioni che dobbiamo affrontare e anche molto seriamente. 

Ma Buhari è anche il generale che guidò la giunta militare negli anni 80, un ex golpista, in passato sostenitore dell’applicazione della sharia la legge islamica negli Stati del nord del Paese. Oggi dice di voler " guarire le ferite del Paese e lavorare per il futuro". Su questa discussa figura politica abbiamo chiesto il parere del prof. Angelo Turco docente di Geopolitica delle Relazioni internazionali alla Iulm di Milano:

R. – Buhari è un personaggio del passato, che si è formato soprattutto attraverso una militanza golpista, che è cominciata quando lui era un giovanissimo ufficiale di 26 anni - oggi ne ha 72 – che è proseguita nel tempo; ha cambiato molte casacche e molto bandiere; ha vinto queste elezioni senza un programma e dunque deve assolutamente dimostrare tutto quello che sa fare, compresa l’idea che ha tentato di accreditare di essere un buon democratico.

D. – Spettro di una dittatura militare in agguato?

R. – Per ora no; non desta paura. Si tratta di vedere se farà passi avanti sulla via della democrazia e qui una cartina di tornasole importante sarà l’esecuzione del suo programma di lotta alla corruzione, senza dimenticare – anche in questo caso - che è accusato di aver sottratto alle casse dello Stato qualcosa come due miliardi e mezzo di dollari durante il suo brevissimo mandato.

D. – Segnali positivi, che ci potrebbero far ben pensare nei primi giorni di questo Presidente, quali potrebbero essere?

R. - Mettere in piedi una effettiva macchina della sicurezza nigeriana, che negli anni sembra completamente evanescente, e cominciare a fare ciò che Jonathan non ha fatto, a fare cioè politica con le coalizioni armate, che ad oggi sono quelle che stanno combattendo Boko Haram, presentate da Paesi come il Ciad, il Niger e il Camerun. Riguardo alla corruzione, dovremmo tenere d’occhio quello che succede nella legislazione relativa all’economia degli idrocarburi; e la seconda filiera da tenere d’occhio ha a che fare con la legislazione di Borsa: alcune indicazioni normative, quindi non soltanto dichiarazioni in questa direzione, sarebbero altamente indicative della piega che prenderà la presidenza Buhari.

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La Palestina entra a far parte della Corte Penale Internazionale

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La Palestina, riconosciuta lo scorso anno come stato membro dell’Assemblea generale dell’Onu, è entrata ufficialmente oggi a far parte di diritto dei 123 Paesi che aderiscono alla Corte Penale Internazionale dell’Aja. Questo le consentirà di chiedere al Tribunale l’apertura di un’indagine su presunti crimini di guerra israeliani attuati contro i palestinesi e sulle attività di costruzione e di ampliamento degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Israele ha definito la mossa del presidente palestinese Mahmoud Abbas come unilaterale. Cecilia Seppia ha raccolto il commento del prof. Franco Rizzi, segretario generale di Unimed (Unione delle università del Mediterraneo): 

R. – E’ una notizia positiva perché si inserisce in un lungo percorso che la Palestina sta portando avanti per il riconoscimento dello “Stato della Palestina”. Bisogna dire che questa adesione viene dopo che era stata rifiutata la mossa palestinese che chiedeva all’Onu una risoluzione per il riconoscimento e la creazione di un vero e proprio Stato indipendente. Quindi questa mossa insieme all’altra, che è quella dell’adesione all’Unesco, sono elementi fortemente rappresentativi di questa esigenza.

D. – Con l’adesione al Tribunale Internazionale, la Palestina potrà cominciare fin da subito a presentare la documentazione relativa a possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi nei territori palestinesi e attribuiti alle forze israeliane. Tra questi ci sono l’ultima guerra a Gaza come pure l’espansione degli insediamenti ebraici… Pare ci sia già un dossier pronto sul tavolo dell’Aja…

R. - Questa azione da parte della Palestina nei confronti dei crimini commessi sul proprio territorio, secondo me, ha una valenza soprattutto di immagine: l’immagine di Israele che si presenta, e in parte lo è, come una democrazia e con tribunali che fanno attenzione al rispetto del diritto su tutti i fronti. Ma qualora fossero riconosciuti questi crimini, presentati in questo dossier, e commessi da parte di Israele nei confronti della Palestina, certamente l’immagine di Israele sarebbe molto deteriorata.

D. – Attualmente in che fase ci troviamo, nei negoziati  fra israeliani e palestinesi?

R. - Si è completamente fermato tutto il processo e l’elezione di Netanyahu certamente non favorisce questo tipo di ripresa. Ricordiamoci che Netanyahu prima delle elezioni aveva parlato della sua indisponibilità di concedere la creazione di uno Stato palestinese. Dopo si è un po’ rimangiato la parola, ma è certo che tutto il processo da Oslo in poi è stato un processo che ha determinato uno scadimento dei rapporti tra Israele e Palestina; l’Europa non sta facendo molto, l’America è divisa al suo interno, e Abbas si trova a dover portare avanti un lavoro veramente molto difficile.

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Amnesty: nel mondo più condanne a morte, ma meno esecuzioni

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Oltre un terzo di condanne a morte in più nel 2014, anno che però rispetto al precedente ha segnato meno esecuzioni. Lo scrive Amnesty International nel suo rapporto annuale, mostrando forte preoccupazioni per l’alto numero di verdetti pronunciati in Egitto e Nigeria. Francesca Sabatinelli: 

Sono i verdetti collettivi inflitti dai tribunali in Egitto e Nigeria la causa dell’aumento delle condanne alla pena di morte nel mondo. In questi due Paesi, in totale, le sentenze sono state oltre mille, mentre nel mondo sono state 2.466, il 28% in più rispetto al 2013, e questo – spiega Amnesty – nel  tentativo “futile di contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna”, in nome quindi della sicurezza dello Stato, precisa l’organizzazione, che da sempre combatte contro quella che definisce la falsa teoria della deterrenza. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

"E’ un segnale molto grave. L’esperienza dell’India, che ha ripristinato la pena capitale di recente, a seguito di una ondata di casi orribili di stupro, dimostra quanto la pena di morte non serva veramente a nulla, giacché in quel Paese purtroppo gli stupri non sono affatto diminuiti. Il Pakistan, dopo l’attentato orribile dei talebani contro una scuola a Peshawar, ha sospeso la moratoria con sette esecuzioni a dicembre e, addirittura, una sessantina nei primi tre mesi di quest’anno. La Giordania ha avuto un periodo di crisi legato anche alla vicenda del pilota preso in ostaggio e ha attraversato un anno di ritorno della criminalità. In tutti questi casi, però, è stato dimostrato che la pena di morte non serve e, se possibile, in situazioni di instabilità e tensione rende quell’instabilità e quella tensione ancora più forti. Nell’Egitto di questo ultimo anno sono riprese le esecuzioni e ci sono state soprattutto 509 condanne nei confronti di presunti esponenti o reali esponenti della fratellanza musulmana, tutti condannati per terrorismo, in processi nei quali spesso le responsabilità individuali non sono state chiarite".

607 le esecuzioni, che fanno scendere del 22% quelle dell’anno precedente, oggi i Paesi che applicano la pena di morte sono 22, come nel 2013, ossia il 10% del totale della comunità internazionale. I numeri forniti  da Amnesty, così come anche gli altri anni, non comprendono la Cina, che da sola conta più esecuzioni che tutti gli altri luoghi nel mondo, Paese  dove ogni anno sarebbero migliaia le persone messe a morte, ma dove l’effettivo numero è da sempre segreto di Stato:

"Quello che sappiamo è che le esecuzioni sono migliaia ogni anno. Nel 2014 abbiamo anche registrato dei processi terminati con condanne a morte in pubblico, dei processi per reati di terrorismo, soprattutto nello Xinjiang. Quello è un altro caso in cui l’instabilità e anche la violenza politica vengono represse a colpi di condanne a morte con risultati del tutto deficitari per la sicurezza del Paese".

Oltre alla Cina, i paesi capolista sono  l’Iran (289), l’Arabia Saudita (almeno 90), l’Iraq (circa 61), e gli Stati Uniti (35). In molti Paesi condanne a morte sono state eseguite per reati non legati a fatti di sangue, ma di tipo economico, legati alla droga, così come, denuncia ancora Amnesty, “per atti che non dovrebbero essere neanche considerati reati, come l’adulterio, la blasfemia, la stregoneria”. La “pena di morte è inammissibile”, aveva ripetuto solo pochi giorni fa Papa Francesco, “per quanto possa essere grave un delitto commesso da un condannato”. Rappresenta inoltre il fallimento di uno Stato “perché obbliga ad uccidere in nome della giustizia” che, essendo umana, tra l’altro può essere “imperfetta” o “può sbagliare”:

"Se in questi anni il numero dei Paesi che alle Nazioni Unite hanno espresso voto favorevole per la moratoria sulle esecuzioni è aumentato, se è arrivato a 140 il numero dei Paesi che in un modo o nell’altro hanno rinunciato alla pena di morte, questo lo si deve anche alle parole del Santo Padre e dei suoi predecessori. Certo sono ispirazioni importanti per il movimento abolizionista. Poi, c’è il lavoro delle organizzazioni per i diritti umani, ci sono scelte sagge fatte dai governi, anche a volte in contrasto con la volontà popolare, ammesso che poi i sondaggi la esprimano veramente".   

La pena di morte, lentamente e fortunatamente, sta perdendo terreno, conclude Amnesty,  che per il 2015 vede già il superamento della soglia dei cento Paesi del tutto abolizionisti, che oggi sono 99: saranno infatti il Suriname e il Madagascar nei prossimi mesi a far superare questo traguardo.

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Stagione 2015-2016 di Santa Cecilia con il Giubileo della Misericordia

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E’ stata presentata ieri mattina dal neo-sovrintendente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Michele Dall’Ongaro la prossima stagione della Fondazione, che oltre ai molti concerti di musica sinfonica e da camera prevede una serie di appuntamenti di alto livello con la musica sacra, appositamente organizzati per accompagnare la celebrazione del Giubileo della Misericordia. Il servizio di Luca Pellegrini

Perché la musica fiorisca e sia ovunque un bene comune e condiviso: è questo l’auspicio che ha segnato la presentazione della stagione 2015-16 dell’Accademia di Santa Cecilia che si inaugurerà il prossimo 3 ottobre nel nome di Beethoven, grande protagonista del programma e che tornerà nel 2016 per aprire con il Fidelio. Il maestro Pappano si riserverà di dirigere tutte le Sinfonie. Per lui la musica di Beethoven è tornare a un lavoro essenziale, è la colonna di qualunque orchestra, come spiega ai nostri microfoni:

“Esattamente. La musica di Beethoven pone tutti i problemi della gestione musicale, della gerarchia musicale e dell’ascolto interno dell’orchestra. Noi non siamo mai lontani da Beethoven, però una concentrazione su Beethoven per me è stata essenziale, anche per il mio sviluppo personale, francamente”.

In modo singolare la stagione prevede, affiancate alle opere più famose dei grandi compositori romantici e classici, quelle di musicisti contemporanei appositamente commissionate dall’Accademia. Michele Dall’Ongaro, neo-presidente della Fondazione, ne spiega le ragioni:

“Non c’è bisogno di affastellare di opere nuove a casaccio. Un progetto, ad esempio, di Beethoven e dei suoi contemporanei, fare un testo di Mandela con Luca Francesconi, e a confronto con Beethoven, che musica Schiller, sono due punti di vista di due compositori sul tema della libertà e dell’universalità della musica, questa è una sfida che ci appassiona”.

Lei ha presentato la stagione pensando alla musica come dialogo, accoglienza e pensiero...

“La musica può essere tante cose. Però, poi, arriva il momento in cui la musica deve svelare il suo potere magico e farlo respirare intorno a sé. Noi vogliamo creare queste occasioni: l’occasione non soltanto di ascoltare bella musica, ma di mettere in relazione le cose dovute all’intreccio di questi pensieri, all’incontro di questi autori. Quindi il concerto non può essere una scatola vuota da riempire, ma deve essere un progetto, una invenzione. E’ un organismo vivente”.

Tutti i concerti di musica sacra della stagione, sia al Parco della Musica che quelli che saranno organizzati in alcune chiese di Roma, sono dedicati al Giubileo della Misericordia: di Verdi il Requiem diretto da Honeck e le Laudi, La Creazione di Haydn e il Requiem di Fauré diretto da Pappano, la Nona di Bruckner e il Te Deum diretti da Chung e la Sinfonia di Salmi di Stravinsky, oltre a numerosi capolavori di Mozart e di Bach. Un’attenzione alla celebrazione dell’Anno Santo le cui ragioni sono spiegate da Dall’Ongaro:

“Non si può dimenticare la testimonianza di altissima spiritualità che la musica sacra ha consegnato alla memoria dei secoli e che tuttora tramanda attraverso l’esempio dei nuovi maestri. Questo ha un enorme vantaggio. Quindi per noi testimoniare ed essere presenti nell’Anno del Giubileo, nell’Anno Santo, vuol dire ricordare il potere della musica e il potere che ha sulla mente umana e sull’elevazione dello spirito”.

Un’ultima domanda al maestro Pappano: che cosa è per lei misericordia?

“Misericordia l’ho avuta nel Magnificat di Bach. Questa musica spiega tutto! Io non sono capace a farlo, ma Bach è veramente capace di spiegare la misericordia”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: Idlib in mani jihadiste. Sequestrato sacerdote ortodosso

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La città di Idlib è caduta nelle mani delle milizie jiahdiste anti-Assad da sabato scorso, e si diffondono le prime notizie di violenze e discriminazioni a danno degli abitanti cristiani della città. Secondo diverse fonti fonti locali consultate dall'agenzia Fides, i miliziani islamisti hanno sequestrato il sacerdote greco ortodosso Ibrahim Farah, di 57 anni, che guidava la parrocchia greco-ortodossa dedicata alla Vergine Maria e aveva deciso di rimanere al suo posto e di non lasciare la città davanti all'offensiva delle diverse formazioni ribelli anti-governative che hanno partecipato alla presa della città.

Il sacerdote rischia di comparire davanti ad una Corte islamica
Secondo alcune versioni circolanti sui social media, il sacerdote sarebbe in attesa di comparire davanti a una delle Corti islamiche istituite dai jihadisti nei territori caduti sotto il loro controllo. Oltre a lui sarebbero stati prelevati anche altri cristiani laici della parrocchia. Il sequestro viene attribuito da più parti al Fronte al-Nusra, formazione vicina a al-Qaida e attiva nel conflitto siriano, che in passato si è anche scontrata militarmente con i jihadisti del sedicente Stato islamico (Is).

I cristiani hanno abbandonato le proprie case
​Nella città di Idlib i cristiani prima della guerra civile erano più di mille, concentrati in alcune aree del centro. La maggior parte di loro ha lasciato le proprie case davanti all'offensiva dei gruppi ribelli, trasferendosi nei centri vicini di Mhardeh, Ariha e Banyas. Idlib, nel nor-ovest siriano, situata in posizione strategica a 25 chilometri dal confine turco, è il secondo capoluogo di provincia a cadere nelle mani dei jihadisti dopo Raqqa, nelle mani dello Stato Islamico dal 2013. La controffensiva dell'esercito siriano su Idlib si affida per ora a bombardamenti e lanci di razzi. (G.V.)

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Niger: chiese bruciate a gennaio, per Pasqua saranno protette

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“A Yantala, a Saint'Augustin, bruciata il 17 gennaio, a Saint Paul di Haro Banda, distrutta il 17 gennaio, a Saint Gabriel di Garbado, ridotta in cenere il 17 gennaio e a Sainte Thérèse di Bani Fandou, carbonizzata il 17 gennaio, ci sarà la polizia armata in uniforme” dice all’agenzia Fides padre Mauro Armanino, della Società delle Missioni Africane (Sma), dal Niger dove a gennaio buona parte delle strutture ecclesiastiche vennero distrutte dalla folla con il pretesto di alcune vignette giudicate “blasfeme” pubblicata dal periodico francese Charlie Habdo.

Timori per un ritorno della violenza
“I fedeli si sentiranno protetti per un giorno, all'interno del cortile. Il resto della giornata passerà tranquillo e forse anche il giorno dopo, riconosciuto come giorno festivo in Niger. Poi la settimana tornerà quella di sempre e portare una croce, un vestito sospetto o un nome occidentale sarà oggetto di derisione e discriminazione. La Repubblica sarà ancora sconfitta con buona pace della maggioranza democratica” conclude padre Mauro. (L.M.)

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Egitto: posa prima pietra della chiesa dedicata ai “Martiri di Libia”

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Si è tenuta oggi, nel villaggio di al Awar, nei pressi di Samalot, la posa della prima pietra della chiesa dedicata ai “Martiri di Libia”, i 21 egiziani copti trucidati in territorio libico dai jihadisti lo scorso gennaio. Lo riferiscono fonti locali consultate dall'agenzia Fides. Il villaggio si trova a 25 chilometri da Minya, nella provincia da cui proveniva la maggior parte delle vittime della barbarie jihadista. All'iniziativa hanno preso parte anche esponenti delle comunità islamiche locali.

Superate le proteste di gruppi islamisti locali
Il governatore di Minya aveva tenuto una riunione del comitato di conciliazione con rappresentanti anziani e autorevoli dei clan familiari cristiani e musulmani della zona. All'incontro avevano partecipato anche alti rappresentanti dell'esercito e delle forze di sicurezza. Gli incontri di conciliazione e l'intervento di autorità giudiziarie e militari sono serviti anche a superare le proteste e le resistenze che gruppi islamisti locali avevano messo in atto nel tentativo di bloccare il progetto di costruzione della chiesa, sponsorizzato dal governo. (G.V.)

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India: emergenza alluvioni in Kashmir

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Continua ad aumentare il bilancio dei morti e dispersi delle alluvioni che lo scorso fine settimana hanno colpito la regione himalayana del Kashmir, nel nord dell’India. Lo riferiscono i media locali. Diversi corpi sono stati trovati sotto una frana che ha travolto un villaggio del distretto di Budgam, il più colpito dal maltempo. Si teme - riporta l'agenzia Fides - che ci possano essere altre persone intrappolate nel fango e nei detriti che hanno sommerso decine di abitazioni. Intanto continuano le operazioni di evacuazione gestite da squadre della Forza nazionale di risposta dei disastri (Ndrf) inviate da Nuova Dehli. 

Stato di emergenza: allagato l'80% della regione
​Nella zona non piove più da oltre 24 ore, ma il livello del fiume Jhelum ha superato i limiti di guardia e in alcune parti potrebbe straripare. Le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza e chiesto a coloro che vivono nei pressi del fiume di lasciare le loro abitazioni e trasferirsi in luoghi più sicuri. L’allarme arriva dopo le alluvioni del mese di settembre, che hanno allagato l’80% della regione, causando la morte di più di 250 persone, centinaia di migliaia di evacuati e migliaia di senzatetto in quella che è stata descritta come la peggiore inondazione registrata nella regione negli ultimi 50 anni. (A.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 91

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.