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Sommario del 30/08/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: fermare crimini contro migranti, offendono umanità

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Un appello all’umanità contro le continue stragi di migranti: così Papa Francesco, all’Angelus di oggi in piazza San Pietro, ha ricordato un dramma che si consuma ogni giorno sotto gli occhi di tutti. Le parole di Papa Francesco nel servizio di Roberta Barbi: 

“Purtroppo anche nei giorni scorsi numerosi migranti hanno perso la vita nei loro terribili viaggi. Per tutti questi fratelli e sorelle, prego e invito a pregare”.

Papa Francesco è tornato oggi a parlare del dramma dei migranti, unendosi in preghiera al cardinale Schönborn, presente in piazza, e a tutta la Chiesa d’Austria, che piange e ricorda le 71 vittime, tra cui 4 bambini, trovate in un camion sull’autostrada Budapest-Vienna giovedì scorso.

“Affidiamo ciascuna di esse alla misericordia di Dio; e a Lui chiediamo di aiutarci a cooperare con efficacia per impedire questi crimini, che offendono l’intera famiglia umana. Preghiamo in silenzio per tutti i migranti che soffrono e per quelli che hanno perso la vita”.

La polizia ungherese ha fatto sapere oggi di aver arrestato un uomo sospettato di essere coinvolto nel dramma del tir austriaco e in generale nel traffico di esseri umani, mentre proprio Budapest ha annunciato aver ultimato con due giorni d’anticipo sulle previsioni, il muro anti-migranti lungo i 175 km di confine con la Serbia, dove ieri sera le forze dell’ordine hanno fermato due autobus con a bordo 96 migranti in possesso di documenti falsi. Un atteggiamento, quello di alcuni Paesi dell’Est europeo, definito “scandaloso” dal ministro degli Esteri francese Fabius, che assieme ai colleghi britannico e tedesco chiede con urgenza alla presidenza dell’Unione una riunione per far fronte all’attuale crisi. A Dresda, in Germania, intanto, migliaia di persone hanno manifestato pacificamente ieri esprimendo solidarietà con i rifugiati e dissenso contro le politiche di asilo del Paese. Si sta chiarendo anche la dinamica dei fatti che ieri hanno portato alla morte di un giovane che si trovava a bordo di uno yacht sul Mar Egeo in cui alcuni trafficanti avevano nascosto 70 persone: ci sarebbe stato uno scontro a fuoco tra gli scafisti, Frontex e la Guardia di frontiera greca davanti all’isola di Simi, nel Dodecaneso di cui il ragazzo sarebbe rimasto vittima. Anche in Italia continuano gli sbarchi: ben due in 24 ore a Taranto per un totale di quasi 800 persone soccorse. Ieri sera, infine, una violenza rissa per futili motivi scoppiata nel centro d’accoglienza di Giugliano, Napoli, che ospita 400 migranti, ha causato due feriti gravi, mentre altre due persone si trovano in stato d’arresto.

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Papa: comunità internazionale faccia qualcosa contro persecuzioni anticristiane

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All’Angelus il Papa ha ricordato che ieri, ad Harissa, in Libano, è stato proclamato Beato il vescovo siro-cattolico Flaviano Michele Melki, martire, 100 anni fa, durante le persecuzioni avvenute sotto l’Impero Ottomano. Il servizio di Sergio Centofanti

E’ stato un evento di grande consolazione per i tanti cristiani che oggi sono umiliati e oppressi: è quanto ha detto il patriarca della Chiesa siro-cattolica Ignace Youssif III Younan, che in Libano ha presieduto la Beatificazione di mons. Melki, martirizzato il 29 agosto 1915. Il Papa lo ricorda all’Angelus:

“Nel contesto di una tremenda persecuzione contro i cristiani, egli fu difensore instancabile dei diritti del suo popolo, esortando tutti a rimanere saldi nella fede”.

Mons. Melki fu ucciso in odio alla fede durante “la micidiale persecuzione turca che provocò lo sterminio degli armeni e il massacro delle altre minoranze cristiane”, ha affermato il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato, presente al rito. Al vescovo fu proposto di convertirsi all’islam se voleva avere salva la vita. Ma rifiutò e fu barbaramente trucidato e il suo corpo gettato nel fiume Tigri. Papa Francesco sottolinea che le violenze anti-cristiane oggi sono tutt’altro che finite:

“Anche oggi, cari fratelli e sorelle, in Medio Oriente e in altre parti del mondo, i cristiani sono perseguitati. La beatificazione di questo Vescovo martire infonda in loro consolazione, coraggio e speranza”.

E conclude con un appello:

“Ci sono più martiri di quelli che c’erano nei primi secoli. Ma questo sia anche di stimolo ai legislatori e ai governanti perché ovunque sia assicurata la libertà religiosa; e alla comunità internazionale chiedo di fare qualcosa perché si ponga fine alle violenze e ai soprusi”.

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Il Papa all'Angelus: cambiare il cuore per non essere contro-testimonianza

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“Esiste il pericolo di considerarci a posto o, peggio, migliori degli altri per il solo fatto di osservare delle regole, delle usanze, anche se non amiamo il prossimo, siamo duri di cuore, siamo superbi, e orgogliosi”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco, nella sua catechesi all'Angelus, commentando il Vangelo che presenta la disputa tra Gesù e alcuni farisei e scribi sul valore della “tradizione degli antichi”. Il servizio di Fausta Speranza: 

I “precetti di uomini” non sono il «comandamento di Dio»: Francesco invita alla distinzione rifacendosi al profeta Isaia, che raccomandava: gli uni non devono mai prendere il posto dell’altro, ma soprattutto ricordando le parole di Gesù: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. Alcuni farisei e scribi applicavano le norme in modo assai scrupoloso e le presentavano come espressione di autentica religiosità ma Gesù insegna loro che c’è altro. E spiega:

“L’osservanza letterale dei precetti è qualcosa di sterile se non cambia il cuore e non si traduce in atteggiamenti concreti: aprirsi all’incontro con Dio e alla sua Parola, nella preghiera, ricercare la giustizia e la pace, soccorrere i poveri, i deboli, gli oppressi”.

A braccio, con grande concretezza, Papa Francesco guarda alla vita nelle comunità ecclesiali e afferma:

“Tutti sappiamo, nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, nei nostri quartieri, quanto male fanno alla Chiesa e danno scandalo quelle persone che si dicono 'molto cattoliche' e vanno spesso in chiesa ma dopo, nella loro vita quotidiana, trascurano la famiglia, parlano male degli altri e così via. Questo è quello che Gesù condanna, perché questa è una contro-testimonianza cristiana!”.

“In Cristo c’è la verità – dice Francesco - e la sua sapienza ci libera dai pregiudizi”. “Non sono le cose esteriori che ci fanno santi o non santi, ma è il cuore che esprime le nostre intenzioni, le nostre scelte e il desiderio di fare tutto per amore di Dio”. Papa Francesco non ha dubbi: “Senza un cuore purificato, non si possono avere mani veramente pulite e labbra che pronunciano parole sincere di amore, di misericordia, di perdono”. E sottolinea:

“Gli atteggiamenti esteriori sono la conseguenza di quanto abbiamo deciso nel cuore, ma non il contrario. Con l’atteggiamento esteriore, se il cuore non cambia, non siamo veri cristiani”.

E dunque il richiamo al “primato dell’interiorità, cioè – spiega – del cuore”:

“La frontiera tra bene e male non passa fuori di noi ma piuttosto dentro di noi: possiamo domandarci dov’è il mio cuore? Gesù diceva: “Il tuo tesoro è dov’è il cuore”. Qual è il mio tesoro? E’ Gesù, è la sua dottrina? E' il cuore buono o il tesoro è un’altra cosa?”.

Papa Francesco ricorda altre parole di Gesù: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”. Dunque, la preghiera a Maria di “donarci un cuore puro, libero da ogni ipocrisia”.

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In attesa del Papa, a Cuba colletta della misericordia

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A poco più di due settimane dalla visita di Papa Francesco a Cuba, in programma dal 19 al 22 settembre, la Chiesa locale promuove per oggi, 30 agosto, una colletta nazionale della misericordia. L’evento si ispira al motto del viaggio pontificio, ovvero “Missionario della misericordia”. Il servizio di Isabella Piro: 

Alimenti, vestiario, giocattoli, denaro: sono questi i contributi che i fedeli cubani possono donare per la colletta nazionale della misericordia. L’iniziativa, promossa dalla Conferenza episcopale locale, si tiene in tutte le parrocchie, le comunità e le case missionarie dell’isola ed il suo ricavato verrà devoluto alla persone più bisognose. “Nei giorni che precedono la visita del Papa – scrive in una nota mons. Dionisio García Ibañez, presidente dei vescovi cubani – è bello chiedere al Signore di avere sentimenti di misericordia”.

Visita del Papa, un evento di salvezza
Di qui, l’invito del presule a compiere piccoli gesti quotidiani di misericordia, come “visitare i malati, condividere ciò che abbiamo, perdonare e chiedere perdono, consolare gli afflitti, amare di più e meglio il nostro prossimo”. Il tutto, conclude il presule, con l’auspicio che la visita di Papa Francesco a Cuba “costituisca un evento di salvezza”.

In costruzione il palco per la Messa del Papa ad Holguín
Intanto, fervono i preparativi e sull’isola si lavora alla costruzione del palco dal quale Papa Francesco presiederà la Santa Messa ad Holguín, in Piazza della Rivoluzione: si tratta di una struttura molto semplice, il cui disegno richiama le onde del mare che circondano Cuba. Sul davanti, campeggerà il profilo della Vergine della Carità del Cobre, una piccola statua di 60 cm tratta in salvo dalle acque della Bahía de Nipe nel 1612, da tre umili pescatori. Sul palco sarà presente anche il Crocifisso della Chiesa parrocchiale di San Jeronimo de Las Tunas, nella Cuba orientale: a grandezza naturale, il Cristo misura 145 per 170 cm e poggia su una croce in legno di cedro che supera i due metri. Sarà la prima volta, in 74 anni, che questo Crocifisso lascerà la Chiesa parrocchiale di appartenenza per essere esposto all’aperto.

L’Avana, prima tappa del Pontefice sull’isola
Da ricordare che il Pontefice partirà alla volta de L’Avana la mattina del 19 settembre; il giorno seguente presiederà la Santa Messa in Piazza della Rivoluzione, quindi incontrerà le istituzioni locali. Nel pomeriggio, è prevista la celebrazione dei Vespri con sacerdoti, religiosi e seminaristi nella Cattedrale della città e poi l’incontro con i giovani. Lunedì 21 settembre, Papa Francesco volerà ad Holguín dove presiederà la Santa Messa, mentre nel pomeriggio si sposterà a Santiago: qui, incontrerà i vescovi e poi, in serata, pregherà nel Santuario della Vergine della Carità del Cobre.

Da Cuba agli Stati Uniti
Nello stesso luogo, il 22 settembre Papa Francesco presiederà la Santa Messa, seguita da un incontro con le famiglie nella Cattedrale dell’Assunzione e da una benedizione alla città. Infine, il Pontefice partirà alla volta degli Stati Uniti, dove si recherà a Washington, New York e Philadelphia, per l’Incontro mondiale delle famiglie. Il viaggio apostolico internazionale, il decimo di Papa Bergoglio, si concluderà il 28 settembre.

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Oggi in Primo Piano



Protesta a Cremisan. Pizzaballa: muro israeliano è inaccettabile

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Manifestazione di protesta questa domenica, nella Valle di Cremisan, vicino Betlemme, contro la ripresa dei lavori del Muro di separazione tra Israele e i Territori palestinesi. L’area accoglie la parrocchia di Beit Jala, i terreni di tante famiglie palestinesi, in gran parte cristiane, un monastero, un convento e una scuola elementare. La Corte suprema israeliana ha recentemente autorizzato i lavori con un provvedimento che ribalta una precedente sentenza. Maria Caterina Bombarda ha intervistato il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa

R. – La manifestazione vuole esprimere il dissenso, in generale,  per la costruzione del Muro che tutti riteniamo inaccettabile, e poi, in particolare, per quella zona che divide la terra dai contadini che la abitano; ed è una zona abitata prevalentemente da contadini cristiani. Nonostante la Corte suprema, avesse, poco tempo fa, fermato i lavori,  una revisione poi della stessa sentenza ha dato il via a questi ultimi, i quali sono iniziati immediatamente. È una situazione di grande ambiguità legale, che influisce in maniera molto pesante sulla vita di tante famiglie.

D. – La costruzione del Muro è una minaccia soprattutto per le 58 famiglie cristiane che vivono nella zona: cosa si fa per sostenerle?

R. – Fin quando il Muro non era stato costruito, si poteva fare riferimento al lavoro ordinario. Adesso, invece, si dovrà pensare a nuove forme di sostegno per queste famiglie, ma non sappiamo ancora quali.

D. – Recentemente il Patriarcato latino di Gerusalemme ha condannato l’operazione israeliana definendola “un insulto alla pace”. Ci sono state delle ricadute positive dopo questa dichiarazione?

R. – Sì, ci sono state tante espressioni di solidarietà. Penso alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ma anche a tante altre: da organizzazioni non governative e movimenti di diverso genere. Però, ciò non risolve il problema. Noi dobbiamo cercare di fermare, se è possibile, questi lavori, anche se penso che ormai sia tardi.

D. – La questione del Muro ha sollevato un’ondata di malumori anche a livello internazionale. Può rappresentare uno stimolo positivo il fatto che se ne parli?

R. – Assolutamente sì. È importante continuare a parlarne, perché, purtroppo, ci si abitua, dopo un po’ le notizie diventano vecchie e non se ne parla più. Invece è importante che questa situazione sia resa nota a sempre più persone attraverso i mezzi di comunicazione.

D. – Come stanno vivendo la situazione i cristiani che si trovano in questi territori ?

R. – Con grande apprensione certamente; però, questi episodi di violenza creano un senso di incertezza. È per questo, anche, che è stato importante il fatto che il presidente dello Stato di Israele abbia voluto incontrare il patriarca Twal proprio nel luogo dell’ultimo grave attentato a Tabgha (dove nel giugno scorso il Santuario della Moltiplicazione dei pani ha subìto un incendio doloso, ndr), per incoraggiare soprattutto il dialogo e l’incontro tra i religiosi delle diverse fedi. Il presidente, oltre a condannare questi episodi di violenza contro i cristiani, ha anche assicurato che Israele farà di tutto per impedire che la violenza interreligiosa si diffonda dappertutto nel Paese.

D. – L’espansione della barriera di cemento armato è stata giustificata da Israele per motivi di sicurezza…

R. – Certamente sì. Israele ha deciso di separarsi unilateralmente dai palestinesi e ciò rientra in questa prospettiva.

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Iraq, gli sfollati del Kurdistan: testimonianza da Erbil

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In Iraq, mentre continuano a imperversare le violenze, la situazione di migliaia di sfollati, cacciati dalle loro città dai jihadisti dello Stato Islamico, si fa sempre più pesante, nonostante gli aiuti. Nel Kurdistan iracheno, tanti sono i rifugiati cristiani che hanno perso tutto e che non riescono a vedere più un futuro. Della situazione  Luca Collodi ha parlato con Giacomo Fiordi, responsabile della Fondazione Avsi nella città di Erbil: 

R. – Erbil è la città nella quale è garantita una sicurezza. Per cui, molti profughi sono scappati lì perché riescono a vivere in pace, nonostante si trovino in una situazione in cui hanno perso tutto... E grazie a questa sicurezza, anche per noi operatori è possibile poter lavorare ed operare.

D. – Cos’è il sedicente Stato Islamico secondo la vostra esperienza, stando sul campo?

R. – Parlando un po’ con i profughi, che con queste persone dell’Is hanno avuto a che fare - sono stati cacciati proprio dai miliziani dell'Is - mi è stato detto che molte di queste persone combattono per ideologia, ma una parte invece lo fa solo per soldi. Molti dei luoghi dai quali i profughi sono stati cacciati sono luoghi di cui queste persone si impossessano e sui quali lucrano.

D. – A Erbil molti profughi sono cristiani…

R. – Sì, a Erbil c’è una grossa componente di profughi cristiani, scappati lì anche perché in questa città esiste da sempre un quartiere totalmente cristiano, chiamato “Ainkawa”. I cristiani hanno quindi avuto la possibilità di andare lì perché potevano essere accolti.

D. – L’esodo dei cristiani si è fermato in questi ultimi mesi o continua?

R. – C’è stato un piccolo rallentamento del numero dei profughi negli ultimi due-tre mesi. Invece, secondo le stime dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, nei prossimi mesi ci sarà probabilmente una nuova ondata di profughi, in quanto il governo di Baghdad lancerà un’offensiva contro l’Is nel Sud del Paese.

D. – In particolare vi state dedicando ai bambini…

R. – Sì, noi riteniamo che l’educazione sia sicuramente uno dei fattori rilevanti del nostro lavoro. Per cui, quando è nato questo incontro con le suore domenicane irachene, abbiamo avuto la possibilità di lavorare proprio sull’educazione con l’apertura di un asilo nella zona limitrofa alla città di Erbil, dove si trovano circa 130 bambini. Ma la cosa molto importante è il fatto di poter dare ai bambini uno spazio protetto dove poter tornare a studiare, giocare, fare “i bambini” insomma! Purtroppo, le famiglie dei profughi si trovano tutte senza lavoro … Ovviamente, aprendo l’asilo non si riesce ad aiutare e a trovare lavoro ai genitori, se non per le ottime insegnanti che abbiamo assunto per il nostro asilo: anche loro sono mamme profughe e per il lavoro che svolgono ricevono uno stipendio grazie al quale riescono ad andare avanti.

D. – La situazione sociale e politica in Iraq qual è?

R. – Attualmente si può dire che tutta la zona nel Nord-Ovest dell’Iraq, al confine con la Siria, è in mano ai terroristi dell’Is. Poi nel Nord e nel Nord-Est esiste la regione autonoma del Kurdistan in cui è garantita la sicurezza. E poi c’è il Sud - la parte di Baghdad e di Bassora - che è in mano al governo iracheno; però anche nel Sud l’Is ha conquistato le città di Ramadi e Fallujah, molto vicine a Baghdad. Esistono quindi queste tre entità in Iraq, ragione per cui si può dire che il Paese si sta dividendo in tre Stati.

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Lula si ricandida in Brasile: Paese in crisi politica e economica

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In Brasile l'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, in carica dal 2003 al 2010, annuncia di essere pronto a ricandidarsi alle prossime elezioni presidenziali, in programma nel 2018, "se necessario per non far vincere l'opposizione".  Lula, ancora popolare sia a livello nazionale che all'estero, interviene in piena crisi economica e politica. Il gigante sudamericano, fino a poco tempo candidato a diventare la quinta potenza mondiale, è precipitato di nuovo nella recessione.  La figura dell’attuale presidente, Dilma Rousseff, che a gennaio ha iniziato il suo secondo mandato di 4 anni, risulta logorata dai contrasti tra i partiti della coalizione,  fortemente contestata dalla popolazione, accusata di finanziamenti illeciti. La sua popolarità neo sondaggi è scesa dal 60% al 9%. Ad agosto ci sono state nuove diverse imponenti manifestazioni di piazza, dopo le proteste di un anno fa in occasione dei Mondiali di calcio. Per capire cosa stia avvenendo nel Paese, Fausta Speranza ha parlato con Paolo Magri, direttore dell’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale: 

R. – E’ un Paese che da oltre un anno sta assistendo a manifestazioni di piazza che non si vedevano da decenni, dall’epoca della fine della dittatura. Proteste diverse: inizialmente, erano contro i mondiali di calcio, visti come un momento di spreco e di corruzione; poi, lo scorso autunno, sono diventate proteste politiche perché si votava per le presidenziali e l’opposizione le ha cavalcate fortemente; ora sono proteste generalizzate che chiedono alla presidente Dilma Rousseff di lasciare il Paese: chiedono l’impeachment della presidentessa. Ed è significativo che l’ultimo momento di grande protesta, nei giorni scorsi, coincidesse con l’anniversario dell’impeachment del presidente Collor: quindi, aveva un valore simbolico molto forte.

D. – Ecco, una situazione politica che però ha connotati di carattere economico …

R. – Inizialmente no, perché inizialmente – un anno fa – il Paese economicamente andava ancora bene, la disoccupazione era contenuta, il tasso di cambio era positivo … Ma negli ultimi mesi queste proteste, che hanno matrici diverse, si sono innestate su una crisi economica che è comparsa. Il Paese è in recessione: non era in recessione da vent’anni – mi sembra essere la recessione più forte, se fossero confermati i dati – la disoccupazione inizia a crescere e la valuta, che era stata l’orgoglio, anzi, preoccupava i brasiliani perché si era troppo rivalutata negli anni passati, ha perso dall’inizio dell’anno oltre il 35%. Quindi la situazione adesso, anche economicamente, lancia segnali preoccupanti e il governo non sembra in grado di fronteggiarla. Dovrebbe fare riforme ma è sempre più debole e quindi non riesce a fare manovre incisive e qui la crisi politica e la crisi economica si autoalimentano con una sorta di circolo vizioso.

D. – Nella crisi, ci sono sicuramente fattori legati alla congiuntura internazionale ma ci sono anche squilibri interni, a livello di società, che determinano questa fase…

R. – Il crollo dei prezzi delle materie prime e la minore domanda cinese hanno inciso su un Paese che è un grande esportatore di tutto. Ci sono anche fattori interni, che sono la difficoltà nel tenere sotto controllo l’inflazione, l’esplosione della spesa pubblica – la spesa pubblica, nell’ultimo anno e mezzo, mondiali prima, elezioni poi, è stata sotto controllo – e ci sono delle riforme mancanti. E’ un mercato ancora molto chiuso, con tendenze protezionistiche e quindi tutti questi tre aspetti – quello esterno, quello interno di spesa pubblica e quello delle riforme mancate – rendono più difficile il recupero di questa crisi.

D. – Che dire delle dinamiche che può innescare la ricandidatura dell’ex presidente Lula per il 2018? Sappiamo che c’è una forte opposizione …

R. – Quando un presidente in carica, del partito che ha governato il Paese per 12 anni, ha meno del 10 per cento nei sondaggi – e questa è la situazione di Dilma Rousseff in questo momento – è chiaro che il partito corre ai ripari, risuscitando l’icona di successo dei 10 anni passati: Lula. Lula finora è riuscito nell’operazione complessa di sostenere Dilma Rousseff, di sostenere questo governo ma nello stesso tempo tenersi lontano dalle accuse di corruzione, nonostante molti suoi personaggi di fiducia – a cominciare dal suo ministro della Casa civile, José Dirceu – siano stati incriminati per scandali frequenti e anche recenti. Quindi Lula ha, sulla carta, una possibilità di tornare in scena. Sarà un’operazione difficile perché ormai la sfiducia è nell’insieme del partito e nell’insieme del sistema di potere che ha governato il Paese. Forse neanche Lula riuscirà a mantenere il governo al Partito dei lavoratori.

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Lampedusa. Aperto il primo ambulatorio materno-infantile

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Lampedusa per la prima volta può contare su un ambulatorio materno-infantile con pediatri e ginecologi. Una vera conquista per l’isola. Infatti, in precedenza, le donne in gravidanza erano costrette a lasciare Lampedusa per recarsi in Sicilia almeno un mese prima del parto, con inevitabili costi e disagi. Alessandro Filippelli ha intervistato Giusi Nicolini, sindaco dell’isola: 

R. – Io credo che oggi questo presidio dia maggiore serenità, oltre che un servizio fondamentale per il diritto alla salute. La messa in sicurezza di donne e bambini, soprattutto delle donne in età fertile: prima erano costrette a prendere l’aereo, andare in Sicilia per qualunque necessità, e magari rischiavano la vita per una gravidanza, per problemi che, insomma, vivendo sulla terraferma si affrontano con maggiore serenità. Quindi, una grande conquista, davvero.

D. – Da oggi, quali sono le agevolazioni per le donne presenti sull’isola, date dall’attivazione di questo importante servizio?

R. – Intanto, la possibilità di avere un punto di riferimento costante per qualsiasi bisogno: dall’attività di consultorio a quella per monitorare la gravidanza grazie anche ad ecografie e controlli regolari, senza sottoporsi a viaggi che comportano non solo spese economiche, ma anche disagi. Adesso anche i bambini che stanno male di notte, non sono solo affidati alle cure della guardia medica. 

D. – E’ possibile affermare che l’apertura dell’ambulatorio rappresenti un nuovo modo di affrontare il nodo della salute delle popolazioni isolane?

R. – Mi auguro e spero che questi esempi che si stanno realizzando a Lampedusa possano servire anche per altre realtà; per chi come noi sa che cos’è l’insularità, sa che cosa significa la lontananza dalla terraferma. Credo che molti altri nel nostro Paese si trovino come noi: nelle altre isole, ma anche nelle zone montane. La salute va portata sempre di più a casa dei cittadini, anche per dare veramente senso ai diritti scritti nella Carta Costituzionale e che altrimenti vengono negati.

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Pellegrinaggio a Arad: cammino in terra di confine

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E’ iniziato il 29 agosto e si concluderà il 3 settembre il pellegrinaggio "La Via di Arad, un cammino in una terra di confine", progetto promosso da Radio Romania, con la collaborazione di Radio Vaticana e Radio Rai, e il patrocinio dell’ambasciata d'Italia in Romania e della comunità radiotelevisiva italofona. Quattro giornalisti e due rappresentanti del Ministero  degli Affari Esteri, i pellegrini in cammino in Romania, sulla Via di Arad, al confine con l'Ungheria. Tra loro, per la Radio Vaticana, Monia Parente

E’ iniziato il 29 agosto e si concluderà il 3 settembre il pellegrinaggio "La Via di Arad, un cammino in una terra di confine", progetto promosso da Radio Romania, con la collaborazione di Radio Vaticana e Radio Rai, e il patrocinio dell’ambasciata d'Italia in Romania e della comunità radiotelevisiva italofona. Quattro giornalisti e due rappresentanti del Ministero  degli Affari Esteri, i pellegrini in cammino in Romania, sulla Via di Arad, al confine con l'Ungheria. Tra loro, per la Radio Vaticana, Monia Parente:

Un cammino storico-culturale tra le città di Timisoara e Arad, nella parte occidentale della Romania. Quella che stiamo attraversando a piedi è una terra di confine abitata da numerose etnie alle quali, negli ultimi 25 anni, si è aggiunta una importante comunità imprenditoriale italiana, la più numerosa del Paese; sono oltre 5.000 gli italiani che risiedono in questa regione ai quali si aggiungono i circa 600 studenti di Medicina presso l’Università di Arad.

Una regione ricca di luoghi di culto ortodossi, cattolici e di altre confessioni, oltre che di imponenti fortezze e di incantevoli siti archeologici. “La visita rientra nel progetto dedicato alla multiculturalità e all’ecumenismo”, spiega Juliana Anghel, di Radio Romania, ideatrice del cammino di Arad.

Iniziato ieri dal monastero ortodosso di Feredeu nel comune di Siria, il nostro pellegrinaggio ci ha condotti, attraverso la “Via del vino”, alla Basilica di Maria-Radna a Lipova, dove abbiamo potuto ammirare l’imponente complesso conventuale, recentemente restaurato e inaugurato, lo scorso 2 agosto, alla presenza dell’inviato speciale di Papa Francesco, il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo emerito di Colonia. Prossima tappa del nostro viaggio, la chiesa cattolica bulgara a Vinga, altro esempio della ricchezza culturale e religiosa che caratterizza l’intera Romania, crocevia tra Europa Centrale e Orientale, definita da San Giovanni Paolo II, nel suo storico viaggio nel maggio 1999, “giardino di Maria”.

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P. Charlie dalle baraccopoli: misericordia, connessione del cuore

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Padre Carlos Olivera è un giovane sacerdote argentino di 37 anni, amico di Papa Francesco. Vive nelle baraccopoli di Buenos Aires - dove tutti lo chiamano padre Charlie e gestisce un centro di recupero per ragazzi in difficoltà, il Focolare di Cristo. In questi giorni ha partecipato al Meeting di Rimini dove ha parlato dell’impegno della Chiesa tra gli ultimi. Luca Collodi gli ha chiesto cosa possa fare la comunità ecclesiale contro la marginalità: 

R. – Nosotros ententendemos que la Iglesia…
Noi pensiamo che la Chiesa, per il fatto di essere diffusa ovunque, abbia la possibilità di fare comunità. Non deve limitarsi ad aiutare con il superfluo dall’alto, semplicemente distribuendo denaro, ma deve fare comunità. E questo già lo fa. La verità è che noi troviamo che queste comunità, che si formano nella marginalità, sono una benedizione di Dio e anche una responsabilità della Chiesa.

D. – Il Focolare di Cristo - dove tu lavori - è stato inaugurato dall’allora cardinale Bergoglio: oggi riesce a fare comunità?

R. – Sì. El problema que nosotros encontramos…
Sì. Il problema che noi incontriamo sono ragazzi e ragazze, uomini e donne devastati dall’esclusione sociale, che si trovano in una situazione di solitudine assoluta. Attraverso l’amicizia, la compagnia, vanno a far parte dei nostri centri e chiediamo loro che aiutino e altri che stanno male. In questo modo tutti facciamo parte della risposta, tutti. Anche chi sembra nelle condizioni peggiori può aiutare un’altra persona. Questa per noi è stata una scoperta bellissima ed è quello che cerchiamo di incentivare in posti diversi.

D. – Voi, dove operate, rappresentate un’autorità religiosa o talvolta vi sostituite anche allo Stato?

R. – La Iglesia està en la villa…
La Chiesa è presente nella baraccopoli da quando è stata fondata. I sacerdoti vengono qui da più di 40 anni. Questa storia, unita alla religiosità popolare della gente, fa sì che la Chiesa nella baraccopoli abbia un posto centrale: tutta la vita passa per la Chiesa.

D. – Nel tuo essere prete è difficile separare la parte spirituale dalla parte politica?

R. – Si entendemos “politica” por politica partidaria…
Se si intende “politica” come politica di partito, noi non facciamo politica di partito. Noi facciamo in modo che ci si prenda cura l’uno dell’altro, promuoviamo la solidarietà, l’ospitalità, tutte cose che hanno a che fare con la nostra fede cristiana: la pazienza, il perdono, tutto ciò che crea una comunità. Non facciamo politica di partito in nessun modo. Tuttavia la costituzione di una comunità incide pure sul bene comune: stiamo tutti meglio. Questa è anche politica, perché influisce sul modo in cui tutti viviamo. Poi, senza trascurare la fede che ha il nostro popolo e che è molto grande, ci facciamo carico di una dimensione profetica, cercando di trasformare le strutture statali della società civile.

D. – E’ possibile dialogare con la criminalità?

R. – Nosotros entendemos que todos…
Noi pensiamo che “in tutti scorra il sangue”. Per questo mi piace molto quello che ci ha detto l’allora cardinale Bergoglio, quando era nostro vescovo e quando ha inaugurato il Focolare di Cristo: “Riceviamo la vita come viene”. Nel nostro Focolare di Cristo arriva gente che ha fatto molto male, arrivano killer, gente che ha procurato molte ferite, e in questo luogo noi cerchiamo di fare in modo che si sentano amati, accolti e che possano anche incontrare Dio e pregarlo. Noi non stiamo con la criminalità, però non lasciamo da parte chi ha sbagliato strada.

D. – Nella tua esperienza di prete che cos’è la misericordia?

R. – La conexión del corazon. El dolor de otra persona…   
La connessione del cuore. Il dolore dell’altra persona, la sua sofferenza, non è estraneo alla mia vita. E’ comprendere che siamo fratelli, che c’è una solidarietà tra di noi molto profonda, che siamo fatti della stessa carne, che siamo fratelli e che il problema che sta attraversando l’altro è anche un mio problema.

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Nella Chiesa e nel mondo



In Libano nuova manifestazione del movimento ‘You stink’

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"Rivoluzione" è stata la parola più scandita, ieri, in piazza dei Martiri a Beirut, Libano, dalle migliaia di persone che sono tornate a protestare non più solo contro la crisi dei rifiuti, ma anche contro la corruzione e la paralisi del sistema politico su base confessionale. I manifestanti, che hanno risposto all'appello del movimento 'You stink' ('puzzate') per un nuovo raduno dopo quelli dello scorso fine settimana, hanno marciato dalla sede del ministero dell'Interno fino alla grande piazza, nel centro della città, dove sono rimasti per ore sventolando bandiere nazionali e intonando canzoni patriottiche e popolari, tra i quali l'inno nazionale e vecchi motivi delle cantanti Feyruz e Majida al Rumi. Il loro numero, tuttavia, non appariva superiore a quello dei 20-25 mila delle proteste della settimana scorsa, e quindi notevolmente inferiore a quelle "centinaia di migliaia" che alcuni media libanesi avevano pronosticato.

Imponente lo schieramento delle forze dell’ordine
Alla fine della manifestazione, alcune centinaia di dimostranti si sono diretti al palazzo del Gran Serraglio, sede del Primo ministro, distante circa mezzo chilometro, e qui hanno sostato gridando slogan e lanciando petardi e vari oggetti al di là della doppia barriera di filo spinato posto a protezione dell’edificio. Per prevenire incidenti simili a quelli della volta scorsa, in cui secondo le cifre ufficiali erano rimasti feriti 146 poliziotti e 61 dimostranti, l'esercito e la polizia avevano allestito un imponente schieramento di sicurezza intorno alla piazza, ma non all'interno. La manifestazione è stata tuttavia sorvegliata con piccoli droni che hanno continuato a sorvolare la folla, senza provocare reazioni particolari, se non qualche ovazione di giubilo. Anche il movimento 'You Stink' si è organizzato per tenere sotto controllo la situazione, dispiegando 500 volontari incaricati di calmare, eventualmente, gli animi e identificabili per le casacche gialle che indossavano.

La protesta contro il sistema politico del Paese
"Contro il feudalesimo, contro il confessionalismo, contro la corruzione, rivoluzione", è stato lo slogan più scandito dai dimostranti, insieme a quello di "Non vogliamo ladri, ma uno Stato civile", mentre sui cartelli tra la folla se ne leggevano molti altri, tra i quali: "Se non ci lasciate sognare non vi lasceremo dormire". La protesta di 'You stink', nata come movimento trasversale contro l'invasione di immondizie nelle strade dopo la chiusura della discarica di Naameh, si è estesa per prendere di mira l'intero sistema politico libanese, caratterizzato da una divisione delle cariche a ogni livello in base all'appartenenza religiosa e negli ultimi tempi praticamente paralizzato dalla contrapposizione tra lo schieramento a guida sciita, alleato della Siria e dell'Iran, e quello a guida sunnita, vicino all'Arabia Saudita, al punto tale che dal maggio del 2014 il Paese è senza un presidente della Repubblica che dovrebbe essere eletto dal Parlamento. Lo stesso Parlamento, inoltre, che scadeva nel 2013, ha deciso di rimanere in carica per un altro intero mandato di quattro anni senza elezioni. "Vogliamo votare", hanno infatti più volte gridato i manifestanti. Tra le richieste del movimento 'You Stink', ribadite alla fine della manifestazione, vi sono anche le dimissioni del ministro dell'Ambiente, Mohammad al Mashnuq, e una presa di responsabilità del ministro dell'Interno Nuhad al Mashnuq per gli incidenti della scorsa settimana. Se non vi saranno risposte entro 72 ore, il movimento ha fatto sapere che convocherà una nuova manifestazione per martedì.

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Renzi al Corriere della Sera: Italia finalmente in movimento

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Crescita, tasse e riforma del Senato, ma anche le unioni civili, l’immigrazione e la possibilità di un intervento militare in Libia e Siria: sono questi gli argomenti toccati dal presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, in un’intervista apparsa stamattina sul Corriere della Sera. Il presidente non nasconde il suo ottimismo confortato –a suo dire – dai dati economici: “Si respira un clima di ripartenza”, ha dichiarato.

La crescita economica
Dopo anni di segno negativo, finalmente l’Italia è tornata a crescere, ma il suo governo non si accontenterà di dati che iniziano con “zero virgola”. Così Matteo Renzi intervistato dal Corriere della Sera sul tema della crescita economica in Italia: “Cresciamo all’incirca come Francia e Germania, poco, ma finalmente come loro”, ha detto. “Gli indici di fiducia e i consumi tornano a crescere – ha aggiunto – il turismo tira, soprattutto al sud”.

La riforma del Senato
Alla domanda se il governo rischi o meno una crisi sulla riforma del Senato che andrà votata in autunno, il presidente del Consiglio risponde un secco no: Avremmo i numeri per una forzatura – afferma – ma preferiremmo trovare un accordo”. 

Il taglio delle tasse
Il taglio delle tasse è un altro tema delicato toccato da Renzi durante l’intervista al quotidiano di via Solferino. “Il governo abbasserà le tasse, come promesso, utilizzando la flessibilità del patto di stabilità finalmente ottenuta in ambito europeo”, ha annunciato, passando in rassegna tutti i risultati ottenuti finora: dagli 80 euro a chi ne guadagna meno di 1500 alle misure sul lavoro, dal taglio dell’Irap agli sgravi fiscali contributivi per i neoassunti. A questi si aggiungeranno il taglio di Imu e Tasi nel 2016, dell’Ires per le aziende l’anno successivo e, infine, dell’Irpef nel 2018. Non saranno toccate, invece, le pensioni più alte e neppure la sanità, che sarà soggetta riduzioni di sprechi pubblici.

Le unioni civili
“Le unioni civili si faranno”: è categorico sull’argomento il presidente del Consiglio Renzi, che conta di trovare un accordo per l’approvazione della legge in materia, al quale si affiancherà un piano sulla famiglia da inserire nella legge di stabilità, che comprenda anche questioni problematiche come gli asili nido, gli interventi in favore dei bambini poveri e delle famiglie numerose.

Immigrazione e politica estera
Il richiamo a un diritto d’asilo che diventi finalmente europeo, con un vero superamento di Dublino: questo è ciò che auspica il presidente del Consiglio Renzi in tema d’immigrazione. Il metodo per attuarlo sarà recarsi nei Paesi di partenza per evitare i viaggi della morte, valutando in loco le richieste di asilo politico. Quanto alla possibilità di un intervento militare in Libia o in Siria, Renzi si è limitato a dire che a breve ci sarà un vertice convocato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama a margine dell’assemblea annuale delle Nazioni Unite. (R.B.)

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Giappone in piazza contro la riforma delle forze armate

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Migliaia di persone sono scese in piazza oggi a Tokyo per protestare contro la nuova legge nipponica sulle forze armate – fortemente voluta dal premier Shinzo Abe – già approvata a metà luglio dalla Camera Bassa e a breve in discussione alla Camera Alta.

La Costituzione pacifista
Se questo provvedimento dovesse passare, per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale il Paese potrà intervenire militarmente all’estero, ipotesi finora vietata dalla Costituzione. La manifestazione è stata indetta dalle organizzazioni pacifiste studentesche sotto al palazzo dove ha sede il Parlamento. Il premier giapponese difende il suo provvedimento affermando che “per il Giappone tutelarsi è una necessità”. (R.B.)

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Egitto-Etiopia: le Chiese al lavoro per la salvaguardia del Nilo

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Il Patriarca copto ortodosso Tawadros II si recherà in Etiopia nel mese di settembre, dove prenderà parte alle celebrazioni in occasione della festa della Santa Croce insieme ad Abuna Mathias I, Patriarca della Chiesa ortodossa d'Etiopia. In un comunicato diffuso dal Patriarcato copto, ripreso dall’agenzia Fides, si afferma che la visita permetterà di continuare la “mediazione ecclesiale” con cui i Primati delle due Chiese sorelle cercano di sciogliere le tensioni tra Egitto ed Etiopia sulla questione della Diga della Grande Rinascita, l'imponente opera idraulica sul Nilo iniziata dall'Etiopia e in passato contestata dall'Egitto.

Tra gli oggetti della visita il contenzioso sulla Diga della Grande Rinascita
La questione della diga era stata affrontata anche durante la visita di Abuna Mathias in Egitto, avvenuta lo scorso gennaio. Gli egiziani temono che il progetto etiope della grande diga possa avere impatto negativo sul volume delle acque del Nilo finora a disposizione dell'economia e dei bisogni primari della popolazione. La popolazione egiziana vive concentrata nel 4% della superficie territoriale del Paese, nelle terre che si trovano in prossimità del corso del fiume. Tutta la vita della nazione dipende sotto varie forme dal Nilo.

All’attenzione Patriarcato copto la salvaguardia ecologica del Nilo
Il Patriarca Tawadros punta a favorire anche la maturazione di una nuova sensibilità ecclesiale rispetto ai rischi connessi con lo sfruttamento non pianificato e disordinato delle risorse idriche nazionali. A tale riguardo, è stato annunciato che alcuni sacerdoti seguiranno dei corsi di formazione presso gli enti pubblici che gestiscono i sistemi di irrigazione alimentati dal Nilo, per poter contribuire in seguito a sensibilizzare la popolazione, anche attraverso le omelie e le catechesi, sulla necessità vitale di salvaguardare dal punto di vista ecologico la grande arteria fluviale. (L.Z.)

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Italia: diocesi di Milano apre Ufficio per accoglienza fedeli separati

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Aprirà i battenti martedì 8 settembre l’Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, istituito dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, per accompagnare le persone il cui matrimonio è andato in crisi. A guidare l’Ufficio – informa una nota della diocesi ambrosiana - sarà don Diego Pirovano, 42 anni, sacerdote, giudice presso il Tribunale ecclesiastico regionale lombardo, cui rimarrà comunque in forza.

Quattro obiettivi: riconciliare, aiutare, accompagnare, verificare
Quattro, in particolare, gli obiettivi dell’Ufficio: “Tentare un cammino di riconciliazione, inviando la coppia che è già separata o in procinto di divenirlo, ai Consultori familiari, presenti in ogni zona della Diocesi. Aiutare i fedeli a comprendere la propria collocazione all’interno della Chiesa e a vivere cristianamente la nuova condizione.  Accompagnare verso un’eventuale introduzione alla domanda per lo scioglimento del vincolo. Introdurre la domanda per la verifica della nullità matrimoniale”.      

Famiglia, dono della grazia
“Questo nuovo organismo - spiega mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della diocesi di Milano - vuole offrire un aiuto pastorale e paterno a tutti coloro che si trovano in una  condizione di unione familiare problematica, sostenendo, al contempo, la loro vocazione cristiana da vivere anche in un momento di difficoltà, nella prospettiva che ci sta indicando il Sinodo sulla famiglia che vede proprio nella famiglia un dono offertoci dalla grazia e una presenza che ci permette di vivere i rapporti di ogni giorno alla luce del Vangelo”. 

Tre sedi: Milano, Lecco e Varese
L’Ufficio riceverà su appuntamento in tre sedi differenti. In particolare, a Milano, in Arcivescovado, in piazza Fontana 2 (il lunedì, mercoledì e venerdì); a Lecco, presso la basilica di San Nicolò, (il martedì), a Varese, presso la basilica di San Vittore (il giovedì). Per prenotare i colloqui occorrerà telefonare alla segretaria dell’Ufficio al numero 02 8556279 dalle 9.00 alle 12.30 da lunedì a venerdì. Per contattare l’Ufficio a disposizione anche un l’indirizzo mail, accoglienzaseparati@diocesi.milano.it. La sede milanese dell’Ufficio, inoltre, è aperta al pubblico senza appuntamento il lunedì pomeriggio dalle 14.00 alle 16.30. (I.P.)

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Appello vescovi Pakistan: proteggere i bambini da abusi sessuali

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“Abuso e lo sfruttamento sessuale sui bambini sono diffusi in tutto il Pakistan. Secondo una stima pubblica, oltre 3.500 casi di molestie su minori sono stati segnalati nel 2014, il 67% avvenuti nelle zone rurali. È urgente che il governo agisca in modo rigoroso contro i responsabili”: è quanto afferma un comunicato della Commissione Giustizia e pace (Ncjp) dei vescovi del Pakistan, ripreso dall’agenzia  Fides. La Commissione ha inviato un memorandum al governo con richieste per la tutela dei minori.

Scoperta una banda criminale in azione da dieci anni contro i minori
Il tema è tornato di attualità in Pakistan dopo lo scandalo emerso nei giorni scorsi: a Kasur, in Punjab, la polizia ha scoperto una banda criminale coinvolta da dieci anni in abusi estremi sui minori e nello smercio di pornografia infantile. Secondo i risultati delle indagini, circa 400 video sono stati realizzati con 280 vittime identificabili dai 6 a 14 anni. Le famiglie delle vittime erano ricattate dalla banda, che aveva corrotto anche la polizia locale. Secondo alcune speculazioni, anche alcuni politici locali sono coinvolti in questo traffico.

Aiutare le vittime ad affrontare i traumi subiti
I vescovi condanno gli abusi e scrivono alle autorità: “I rappresentanti politici di tutti i partiti dovrebbero condannare tali fatti e non usarli per conseguire un vantaggio politico. Urge fornire assistenza e tutela in primis alle vittime degli abusi, per affrontare i traumi subiti”. La Commissione chiede che “ufficiali di polizia locale, leader politici e altri funzionari del governo siano dimessi e siano adottate azioni rigorose nei loro confronti”.

I bambini sono il futuro della nostra nazione
Agendo sul campo dell’educazione, continuano i presuli, il governo dovrebbe istituire “una Commissione giudiziaria per sviluppare norme specifiche sulla questione degli abusi sui minori e della pornografia infantile”, perché “i bambini sono il futuro della nostra nazione” e per proteggerli “il governo deve tener fede ai propri impegni sociali, morali e internazionali verso i diritti dei minori, operando per la tutela e la sicurezza dell’infanzia in tutto il Pakistan”. (L.Z.)

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Argentina: dedicata alla famiglia l’Expo del libro cattolico

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“Buoni libri per crescere in famiglia”: questo il tema della 27.ma edizione dell’Expo del libro cattolico, in programma a Buenos Aires, in Argentina, dal 31 agosto al 13 settembre. L’evento, che si pone nel cammino di preparazione al prossimo Sinodo generale ordinario sulla famiglia, in programma in Vaticano ad ottobre, verrà inaugurato da una Santa Messa presieduta dall’arcivescovo di La Plata, mons. Héctor Aguer, presidente onorario dell’Expo.

Focus su cristiani perseguitati in Medio Oriente
Ricco ed articolato il calendario di appuntamenti della mostra: si va dalla conferenza del 1.mo settembre, sul tema “Seguire Cristo: la perseveranza dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e la libertà dei figli di Dio”, alla riflessione sull’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, in programma il 3 settembre; dalla commemorazione del 70.mo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, che si terrà il 4 settembre, alla conferenza sul tema “Reinterpretazione del matrimonio e della famiglia. L’ideologia del genere”, in programma il 9 settembre. Infine, il 10 settembre si parlerà del Giubileo della Misericordia guardando alla figura di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Prendere coscienza del carattere sacro ed inviolabile della famiglia
Attenzione speciale verrà riservata anche ai giovani, attraverso apposite visite guidate, affinché possano apprendere il gusto della lettura. L’Expo del libro cattolico si concluderà il 13 settembre, con una Santa Messa presieduta da mons. Antonio Juan Baseotto, ordinario militare emerito dell’Argentina. Le intenzioni di preghiera della celebrazione saranno incentrate sul prossimo Sinodo, affinché l’Assise possa aiutare “tutti a prendere coscienza del carattere sacro ed inviolabile della famiglia, della sua bellezza nel progetto di Dio”. (I.P.)

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Vescovi maltesi invitano i giovani alla Giornata di preghiera per il Creato

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“Essere buoni cristiani e cittadini responsabili sono due facce della stessa medaglia: se amate Gesù, amate l’ambiente”. Scrive così mons. Mario Grech, vescovo di Gozo e presidente della Conferenza episcopale maltese, in una lettera indirizzata ai giovani. La missiva del presule vuole essere un invito ad aderire numerosi alla Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, indetta da Papa Francesco per il prossimo 1.mo settembre.

Vergognoso sprecare il cibo
Nella sua lettera, scritta con uno stile diretto e colloquiale, adatto ai ragazzi, mons. Grech offre suggerimenti pratici ai più giovani, affinché apprendano sin da subito l’importanza di tutelare l’ambiente. Ad esempio, il presule ricorda di chiudere l’acqua mentre ci si lava i denti; incoraggia l’uso della bicicletta al posto dell’automobile; esorta i ragazzi a passeggiare nel verde, invece di trascorrere troppo tempo davanti al computer. Un paragrafo a parte, poi, viene dedicato al problema  dello spreco del cibo: “È davvero vergognoso – scrive il vescovo di Gozo – buttare via il cibo sapendo che tante persone, nel resto del mondo, muoiono di fame”.

Incrementare raccolta differenziata dei rifiuti
Di qui, l’appello a quei giovani che, a scuola, buttano via la merenda preparata a casa per comprarne un’altra alla mensa: “Prima di tutto si tratta di una grave mancanza di rispetto nei confronti dei vostri genitori – spiega mons. Grech – ed in secondo luogo si tratta di un furto ai danni di coloro che difficilmente hanno qualcosa con cui  saziare la fame”. Quindi, il vescovo maltese si sofferma sull’importanza della raccolta differenziata dei rifiuti, incoraggiando i giovani ad essere da esempio per tutti e ricordando che “quando si buttano i rifiuti a terra, si manca di rispetto verso se stessi e verso la comunità”.

Cura dell’ambiente include cura del prossimo
Un altro punto saliente della lettera pastorale riguarda il contrasto alla “cultura dello scarto”, nel senso materiale del termine: “Ogni cosa che sia in buone condizioni e funzioni ancora – spiega il presule – dovrebbe essere usata, anche se non è più di moda”. Ma non solo: mons. Grech ribadisce che “un ambiente pulito e sano non conta nulla se non si hanno, allo stesso tempo, amore ed attenzione per gli altri”, in particolare “per i bisognosi”. “Nel mondo c’è abbondanza per tutti – scrive il vescovo – ma il problema è che quest’abbondanza non è ben distribuita”. Per questo, il presule incoraggia i giovani a fare qualche piccola rinuncia, così da mettere da parte qualcosa per chi ha bisogno d’aiuto.

La carità inizia a casa
“La carità inizia a casa – sottolinea ancora il presidente dei vescovi maltesi – Nel mondo, bisogna imparare a vivere tutti insieme, come una grande famiglia: chi ama l’ambiente, ama la vita, in particolare la vita umana, soprattutto i malati, gli anziani, i nascituri”. La lettera pastorale di mons. Grech si conclude con la “Preghiera per la nostra terra” posta in calce all’Enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune” scritta da Papa Francesco. (A cura di Isabella Piro)

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Tensioni Venezuela – Colombia. Card. Urosa: rispettare dignità umana

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Resta alta la tensione tra Colombia e Venezuela a causa della crisi diplomatica scoppiata una settimana fa quando, in una sparatoria al confine tra i due Paesi, sono rimasti feriti tre soldati e un civile venezuelani. Caracas ha attribuito l’episodio a "forze paramilitari colombiane", decidendo poi di dichiarare lo stato di emergenza e di chiudere le frontiere, fino a quando non sarà stroncata, nel Paese confinante, la vendita di prodotti venezuelani di contrabbando. Di qui, il dramma di oltre mille colombiani espulsi e di altri seimila costretti a lasciare il Venezuela. Dalla Chiesa, intanto, arriva un appello a rispettare i diritti umani e ad evitare un’escalation di violenza: casi “riprovevoli” di “eccessi e abusi nei confronti di cittadini colombiani - afferma l’arcivescovo di Caracas, card. Jorge Liberato Urosa Savino - vanno fermati immediatamente”.

Prevalgano calma e prudenza. Si lavori per la pace
Il porporato invoca, quindi, “il rispetto della dignità di tutte queste persone”, un obbligo “dal punto di vista cristiano ed anche giuridico, del governo”. “Se è vero che vi sono al confine molti focolai di violenza – aggiunge il card. Urosa - è bene che vengano presi i criminali, ma non ci si deve scagliare contro i comuni cittadini”. Quanto allo stato di emergenza, il porporato lo ritiene una misura “sproporzionata”: “le garanzie non possono essere sospese per semplici operazioni di polizia”, spiega, auspicando quanto prima “un ritorno alla normalità”. Quindi, l’arcivescovo di Caracas esorta Venezuela e Colombia “al dialogo ed all’incontro”, affinché i problemi si risolvano “con intelligenza e con misure che non danneggino i cittadini” e prevalgano “ponderazione, calma e prudenza”, perché “c’è bisogno di pace e tutti devono lavorare per essa”.

Il dramma delle famiglie costrette a separarsi
Dal suo canto, anche il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Diego Padrón, ha espresso la preoccupazione della Chiesa locale per le tensioni in corso ed ha esortato il governo di Caracas a trovare una soluzione pacifica, promuovendo il dialogo con la Colombia. Sulla stessa linea anche il vescovo colombiano di Cucuta, mons. Víctor  Ochoa Cadavid, che ha esortato le comunità e le autorità locali ad essere solidali con i colombiani espulsi, il cui numero potrebbe aumentare: oltre 1550, infatti, quelli che hanno chiesto aiuto alla diocesi di Cucuta, in cerca di una sistemazione. Ma il problema più grave, sottolinea mons. Ochoa, riguarda le famiglie composte da genitori colombiani e figli venezuelani, perché in molti casi sono state separate. Per questo, la Croce Rossa e il Servizio dei gesuiti per i rifugiati del Venezuela (Jrs) stanno lavorando per agevolare i ricongiungimento familiari. (I.P. – A.T.)

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Spagna. Fraternità operaia di Azione Cattolica: promuovere lavoro degno

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“Continuare a vivere in comunione con i lavoratori più precari ed esclusi del mondo operaio e del lavoro” condividendone le sofferenze per “costruire insieme una nuova società dove il lavoro sia degno e dove vivere come una vera comunità”. Con questo impegno si è conclusa nei giorni scorsi a Segovia, in Spagna, la 13.ma assemblea generale della Fraternità operaia di Azione cattolica (Hoac) dedicata al tema “Costruendo la Chiesa nelle periferie del mondo operaio. Giustizia, lavoro degno e solidarietà”. Ai lavori hanno partecipato un migliaio di persone. Tra i partecipanti anche il presidente della Conferenza episcopale spagnola (Cee) e arcivescovo di Valladolid, cardinale Ricardo Blázquez Pérez; il responsabile dell’Azione cattolica spagnola, mons. Carlos Manuel Escribano Subías, il responsabile della pastorale operaia, mons. Antonio Ángel Algora Hernando.

Contro la precarizzazione delle condizioni di lavoro
Negli ultimi anni, si legge nella nota finale dell’assemblea ripresa dall’agenzia Sir, “abbiamo visto come l’ingiustizia e la disuguaglianza siano andate crescendo e abbiamo visto che le conseguenze sono sofferenza e disumanizzazione; perdita di diritti sociali e lavorativi delle persone, delle famiglie e dei popoli; precarizzazione delle condizioni di lavoro e della vita dei lavoratori; scarto di vite umane e negazione della dignità della persona a partire dalla logica del capitale che fa male, ferisce e uccide; tagli ai diritti pubblici”, insieme all’accorata rivendicazione delle persone e dei gruppi “che stanno maggiormente soffrendo”.

Istituzioni siano al servizio delle necessità delle persone
Queste, secondo l’Hoac, “sono le periferie del mondo operaio alle quali, ora più che mai, ci sentiamo inviati”. In particolare, la Fraternità si prefigge di “accompagnare la vita delle persone e collaborare con loro affinché ci siano le condizioni per vivere in maniera piena e collaborare per un cambio di mentalità”. Ciò può avvenire – afferma in conclusione il comunicato finale - anche attraverso una riforma delle istituzioni, affinché esse “siano molto più al servizio delle necessità delle persone, soprattutto di quelle più povere” e aiutino così “a costruire esperienze alternative” di lavoro per creare un nuovo futuro. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 242

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.