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Sommario del 28/08/2015

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Migranti. Viva preoccupazione del Papa: Dio ci aiuti ad essere generosi

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Papa Francesco segue con viva preoccupazione il dramma che sta colpendo migliaia di persone in fuga dalle loro terre. Si tratta di un esodo biblico che vede intere famiglie, ridotte alla miseria, rischiare la vita in cerca di un futuro lontano da guerre, fame e violenze di ogni tipo. In un tweet, il Papa invita ad aprire i cuori a chi soffre: “Signore - è la sua preghiera - aiutaci a essere più generosi e sempre più vicini alle famiglie povere”. Intanto, al largo della Libia l’affondamento di due barconi ha provocato almeno 200 morti, mentre altre decine di migranti hanno perso la vita per asfissia in un tir in Austria. Il servizio di Elvira Ragosta:

Sono circa 200 i cadaveri di migranti individuati dalla Guardia Costiera libica davanti alle coste di Zuawra vittime del doppio naufragio di ieri: secondo la testimonianza di un attivista di Medici senza Frontiere in 40 erano intrappolati nella stiva di un barcone arenato, le altre galleggiavano sul mare, mentre i 200 sopravvissuti sono stati accompagnati in un centro di detenzione libico. Intanto, a Palermo continuano le indagini della Procura sulla morte di 52 migranti morti per asfissia nel sottocoperta di un’imbarcazione, con a bordo oltre 400 persone, tratta in salvo dalla nave svedese Poseidon. 10 i  presunti scafisti fermati, dovranno rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di omicidio. E mentre nel canale di Sicilia navi italiane ed europee continuano a salvare vite umane, il computo, orribile, delle vittime prosegue anche sulla rotta balcanica dell’immigrazione. Sono probabilmente morti per soffocamento i 71 migranti ritrovati nella stiva di un tir abbandonato su un’autostrada austriaca. Probabilmente erano siriani e tra loro c’erano anche 8 donne e 4 bambini. Per una testimonianza sulla situazione lungo la rotta balcanica, ascoltiamo Nello Scavo, inviato di Avvenire tra la Macedonia e Pristina: 

R. – I controlli di polizia si fanno sempre più fitti e i profughi che arrivano dalla Turchia e poi successivamente attraverso Grecia e Bulgaria hanno tre giorni di tempo per lasciare la Macedonia e tentare poi la via dell’Europa. Sono arrivate oltre 100 mila persone negli ultimi mesi, solo negli ultimi due giorni 4.000; incontrano grandi difficoltà ad accedere in Ungheria a causa del muro di filo spinato fatto installare dal governo Orban, ma questo non li fermerà: stanno cercando piuttosto vie alternative per raggiungere comunque e a qualsiasi rischio l’Europa.

D. – Ecco, per questo tu sei a Pristina; ora stai seguendo una delle rotte alternative: puoi raccontarci cosa hai scoperto?

R. – Inevitabilmente, la presenza dei profughi ha rimesso in moto il “business” dei trafficanti di esseri umani che in queste aree è stato sempre piuttosto florido. La mafia kosovara, in accordo con serbi e macedoni, sta organizzando delle vie alternative per aggirare proprio il muro ungherese, consentendo l’accesso dalla Romania oppure dai Balcani, quindi attraverso la Slovenia e la Croazia, per raggiungere l’Austria, l’Italia o altri Paesi. I rischi sono molto alti, come abbiamo visto, con i morti nel camion rivenuti ieri, ma naturalmente si alzerà anche il prezzo: la traversata via terra costava 300-400 euro la settimana scorsa, adesso ne costa mille a persona. Dunque, la situazione è molto complicata e molto difficile; nonostante questo, però, si trovano anche belle storie di solidarietà. Profughi e migranti patiscono molta sofferenza, per la lunga traversata ma anche per il trattamento subito dalla polizia macedone che non è esattamente di larghe vedute sull’accoglienza ai profughi. Si fa il possibile perché si allontanino prestissimo dal Paese e in molti casi ci sono state anche percosse, torture, anche vere sevizie. In compenso, però, lungo la rotta si trovano alcuni villaggi, in particolare Veles, vicino Skopje, dove alcuni abitanti – in particolare una donna – hanno attrezzato un sistema di accoglienza informale e autonomo che ha permesso di dare assistenza a più di 50 mila persone in questi due anni, nel totale silenzio, senza l’aiuto delle autorità. Ed è straordinario vedere come la volontà di singole persone a volte può superare gli ostacoli che i governi non vogliono affrontare.

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Dramma immigrazione, Perego: priorità è salvare le persone

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Centinaia di vittime tra i migranti in poche ore: tanti viaggi della speranza, via mare e via terra, conclusi drammaticamente. Cosa può fare l'Europa? Ci risponde mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei. L'intervista è di Elvira Ragosta: 

R. - È un dramma che rileva come le migrazioni forzate, le persone in fuga continuano il loro cammino. Quindi diventa ancora fondamentale che il salvataggio delle persone via terra e via mare sia una priorità. Il numero di morti, cresciuto rispetto allo scorso anno già di oltre il 50 percento, sta a dire che anche l’azione europea che ha sostituito Mare Nostrum - e che non ha tenuto presente questa nuova tragedia che sta avvenendo via terra - va ripensata. Va ripensata e rafforzata. Un secondo elemento importante è che occorre combattere un traffico che non è soltanto via mare, ma è anche via terra e che sta vedendo le diverse mafie dei Paesi europei impegnarsi effettivamente per sfruttare questo nuovo canale di guadagno, già alto precedentemente. Una terza riflessione riguardo queste morti è che queste vittime portano con loro i segni di violenza, di maltrattamenti, di stenti. Occorre quindi non solo pensare al salvataggio, ma accompagnare queste persone; queste morti ci dicono come la necessità di canali umanitari sia ancora un’urgenza fondamentale.

D. - Al vertice balcanico di Vienna, la cancelliera tedesca Merkel ha esortato ad una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e la Commissione ha un piano per visitare i Paesi interessati da questi flussi di migranti e di profughi. Come ripensare la risposta europea? Quale dovrebbe essere nell’immediato il provvedimento più efficace per rispondere a questa enorme emergenza umanitaria?

R. - Credo che il primo aspetto importante sia puntare sulla libera circolazione dei richiedenti asilo, dei rifugiati dopo il loro riconoscimento. Senza questo, il rischio è che ancora una volta salgano dei muri come sta avvenendo, che ci sia una chiusura, che vada a rischio sostanzialmente anche Schengen e quindi non solo il diritto d’asilo, ma anche quello alla migrazione economica all’interno della stessa Europa. Credo che sia molto importante, prima di tutto, lavorare sul superamento di Dublino per la libera circolazione. La cancelliera Merkel e la Germania hanno già dato un chiaro segnale in questo senso prendendosi tutti i siriani e non rimandandone, per esempio, 45mila verso l’Italia, da dove erano passati lo scorso anno. È un segnale molto forte che dice come la libera circolazione dovrebbe impegnare tutti gli Stati europei verso un piano di accoglienza strutturato che sia effettivamente capace, secondo i numeri che sono già stati annunciati, di raddoppiare le accoglienze all’interno del nostro Paese europeo. Questo però richiede la crescita di una cultura dei diritti, della solidarietà all’interno dell’Europa e il superamento di paure che purtroppo invece stanno vincendo ancora su una ragionevolezza di diritto.

D. - Secondo lei, l’Europa, gli europei, sono pronti a questo cambio di rotta?

R. - Credo che sia molto importante sia sul piano della cultura che dell’informazione dare il peso di queste accoglienze. Parliamo di un milione di persone all’interno di un Paese - quale è l’Europa - di circa 500 milioni di persone. Sappiamo che vicino ai luoghi delle tragedie della guerra come la Siria, Paesi limitrofi come il Libano, la Giordania, la Turchia stanno accogliendo due milioni, un milione di persone. Quindi è chiaro che l’Europa deve dare un segnale importante da questo punto di vista anche a fronte di questi Paesi che stanno subendo il peso più grande di questa accoglienza. Dall’altra parte però è importante che ogni Paese strutturi l’accoglienza; questa azione richiede degli investimenti che l’Europa stessa ha messo a disposizione di alcuni Paesi come l’Italia, la Grecia, la stessa Ungheria, l’Inghilterra, la Francia e la Germania e soprattutto il coinvolgimento non solo della politica ma della società civile in questa grande azione di solidarietà che è anche una prova importante dell’Europa dei diritti. È chiaro che queste morti poi, questa accoglienza che l’Europa deve fare, non porta a dimenticare la necessaria azione sul piano diplomatico internazionale perché ritorni la pace e la sicurezza in questi Paesi da cui provengono queste persone in modo tale che queste possano avere il diritto di tornare nella propria terra.

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Nomina amministratore apostolico di Papeete, Tahiti, Polinesia Francese

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Papa Francesco ha nominato amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Papeete, in  Tahiti, Polinesia Francese, padre Jean-Pierre Cottanceau, della Congregazione dei Sacri Cuori.

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Benedizione del Papa era per la persona non per la teoria del gender

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La benedizione del Papa era per la persona, non per la teoria del gender, su cui la dottrina della Chiesa non è minimamente cambiata: così la Sala Stampa vaticana sulla lettera inviata dalla Segreteria di Stato a Francesca Pardi. Il servizio di Sergio Centofanti

Molte testate hanno titolato: il Papa benedice i libri sul gender. Si trattava di una risposta della Segreteria di Stato ad una lettera al Santo Padre di Francesca Pardi, “dai toni educati e rispettosi”, ha riferito il vice-direttore della Sala Stampa, padre Ciro  Benedettini. La Pardi è autrice di un libro per l’infanzia che parla ai bimbi di vari tipi di famiglia, eterosessuali e omosessuali.

La lettera vaticana, “con uno stile semplice e pastorale” - si precisa - voleva essere “una risposta privata e quindi non destinata alla pubblicazione (cosa che  purtroppo è avvenuta)”. “In nessun modo la lettera della Segreteria di Stato” - sottolinea padre Benedettini - intendeva “avallare comportamenti e insegnamenti non consoni al Vangelo”, anzi auspicava “una sempre più proficua attività al servizio delle giovani generazioni e della diffusione degli autentici valori umani e cristiani”. “La benedizione del  Papa nella chiusa della lettera è alla persona e non a eventuali insegnamenti non in linea con la dottrina della Chiesa sulla teoria del gender, che non è minimamente cambiata, come più volte ha ribadito anche recentemente il Santo Padre. Quindi - conclude padre Benedettini - è del tutto fuori luogo una strumentalizzazione del  contenuto della lettera”.

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Morto l'ex nunzio Wesołowski sotto processo per abusi

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È stato trovato morto nelle prime ore di questa mattina, nella sua abitazione in Vaticano, l’ex nunzio polacco nella Repubblica Dominicana, Józef Wesołowski, accusato di atti di pedofilia e detenzione di materiale pedopornografico, reati per i quali era rinviato a giudizio presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis

Sarà l’autopsia a chiarire i motivi della morte di Józef Wesołowski, trovato senza vita davanti alla tv accesa verso le 5 del mattino da un religioso francescano del Collegio dei Penitenzieri, dove l’ex nunzio risiedeva col divieto di uscire dal Vaticano. Alla scoperta del decesso – informa una  nota della Sala Stampa della Santa Sede – "è subito intervenuta l’autorità vaticana per i primi accertamenti”, secondo i quali “la morte è dovuta a cause naturali”. L’autopsia, ordinata dal promotore di Giustizia vaticano, “sarà effettuata oggi stesso” e i risultati “comunicati appena possibile”. “Il Santo Padre – conclude la nota –  è stato doverosamente informato di tutto”.

Papa Francesco: affrontare caso senza ritardi e necessario rigore
Era stato proprio Papa Francesco a volere espressamente che la vicenda che aveva visto coinvolto l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana fosse affrontata “senza ritardi” e “con il giusto e necessario rigore”, come aveva ricordato il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, all’indomani degli arresti domiciliari in Vaticano, imposti a Wesołowski il 23 settembre dello scorso anno. In precedenza, era già intervenuta la Congregazione per la Dottrina della Fede, che al termine di un processo amministrativo penale canonico aveva condannato in prima istanza l’ex nunzio alla dimissione dallo stato clericale.

La vicenda
I fatti erano venuti alla luce nel settembre 2013, quando le autorità dominicane avevano avviato a carico dell’ex nunzio polacco un’inchiesta penale per reati di abuso su minore, avvenuti durante i cinque anni di servizio prestati in qualità di rappresentante della Santa Sede nello Stato caraibico. Oltre a questi reati, il Tribunale vaticano ne aveva contestati altri analoghi, commessi successivamente durante il soggiorno a Roma di Wesołowski, dall’agosto 2013 sino al momento del suo arresto. L’ultimo atto era avvenuto l’11 luglio scorso, giorno della prima udienza del processo penale a carico dell’ex nunzio, udienza sospesa e rinviata a data da destinarsi a causa di un improvviso malore che aveva costretto l’imputato a un ricovero ospedaliero.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Senza fraternità non c'è ecologia: nell'intervista di Nicola Gori l'arcivescovo Rodriguez Carballo parla dell'ispirazione francescana della "Laudato si'".

La lezione dell'altro Julian: Silvia Gusmano recensisce l'ultimo libro di R.J. Palacio.

Accogliente perchè imperfetto: nell'articolo di Sergio Massironi la testimonianza di un educatore in un oratorio lombardo. 

Poliziotto anzi poeta: Giulia Galeotti sul commissario Carlo De Vincenzi nato dalla grande penna di Augusto De Angelis.

Un articolo di Rossella Fabiani dal titolo "Un silenzio più forte degli applausi": sbarca a Roma il progetto "With you Armenia".

Gabriele Nicolò sul codice Sinaitico che trasloca (provvisoramente) al British Museum.

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Oggi in Primo Piano



Tensione tra Colombia e Venezuela, richiamati gli ambasciatori

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Colombia e Venezuela hanno richiamato i loro rispettivi ambasciatori dopo giorni di tensioni crescenti tra i due Paesi. La crisi diplomatica era scoppiata una settimana fa, dopo una sparatoria al confine in cui erano rimasti feriti tre soldati e un civile venezuelani, attribuita da Caracas a "forze paramilitari colombiane". Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha chiuso quindi il confine e ha dichiarato lo stato di emergenza nelle aree di frontiera. È seguito poi il dramma di oltre mille colombiani espulsi e di altri seimila che hanno lasciato il Paese. Il presidente colombiano, Santos, hachiesto una riunione dell’Unasur (Unione dei Paesi sudamericani) per discutere la situazione. Per un commento, Marco Guerra ha intervistato Alfredo Somoza, esperto di America Latina e presidente dell’Istituto per la cooperazione economica internazionale: 

R. – Quel confine, lungo circa 2.000 chilometri, è uno dei confini “caldi” dell’America Latina. “Caldo” perché, storicamente, sia la Colombia che il Venezuela sono stati i Paesi con il maggior numero di conflitti e tensioni reciproche nella Regione. Alla frontiera si sono un po’ materializzate tutta una serie di problematiche: insieme alle Farc, attraverso quel confine, transita anche tanta droga… Quindi, sono questi i problemi tipici di quella frontiera e che, a momenti alterni, hanno creato picchi di tensione. Questa però non è una novità: nel senso che non è successo niente di particolare, a parte quello scontro di una settimana fa, ma tanti altri purtroppo se ne verificano a quella frontiera e qualcuno si ferisce, soprattutto nell’ambito della lotta al contrabbando. Ora, questa tensione, che arriva ai massimi livelli – quelli dello Stato, con il richiamo degli ambasciatori – ci sta sicuramente raccontando qualcos’altro. Da un lato, la Colombia ha mantenuto una linea intransigente rispetto al governo venezuelano e alla sua condotta politica ed economica: sia l’attuale presidente Santos che il suo predecessore non sono amici del Venezuela e non sono mai stati amici di Chavez. Ma forse, la difficoltà più grande la troviamo in Venezuela, un Paese che ha grandi problemi economici, con un’inflazione che si aggira intorno al 40-50%. È un Paese nel quale mancano da tempo beni di prima necessità, soprattutto del settore alimentare, che sta vivendo un periodo di instabilità politica molto forte e che quindi potrebbe avere un vantaggio a creare un conflitto esterno, così da deviare l’attenzione.

D. – Infatti, alcuni sostengono che in realtà si tratti di una crisi innescata dal Venezuela per distrarre il popolo in vista delle prossime elezioni che si avvicinano…

R. – Sì, a fine anno ci saranno le elezioni legislative in Venezuela: un appuntamento importante perché è il primo appuntamento elettorale dopo la vittoria alle presidenziali di Nicolas Maduro, il successore di Chavez. Ma è indubbio che in questi due anni Maduro abbia perso consensi, soprattutto a causa della incapacità dimostrata nella gestione economica. Il Venezuela ha un grave deficit, in questo momento, di direzione della propria economia, nell’intento di riuscire a trovare una soluzione per risolvere il problema concreto del Paese, che, come tutti i Paesi petroliferi, soffre le conseguenze del calo del prezzo del petrolio: questo è passato dagli 60-80-90 dollari al barile ai 40. Quindi, il Venezuela deve fare i conti con degli introiti praticamente dimezzati rispetto alla sua eredità petrolifera. Questi problemi, sommati al fatto che Nicolas Maduro non era sicuramente all’altezza di Chavez, si ripercuoteranno di certo alle prossime elezioni. Adesso, è stato dichiarato lo stato di emergenza in Venezuela e secondo alcuni osservatori si potrebbe rischiare una sospensione e una proroga di queste elezioni a causa di questi conflitti di frontiera con la Colombia. Se ciò dovesse mai succedere, il motivo non sarebbe la tensione con la Colombia, ma si dovrebbe leggere come una manovra di politica interna venezuelana.

D. – E' stato decretato lo stato di emergenza nelle aree di confine da parte del Venezuela. E quindi c’è la tragedia dei colombiani che sono stati ricacciati oltre frontiera….

R. – Sì, la situazione dei colombiani, che sono stati praticamente deportati, è drammatica e al tempo stesso grottesca. Perché, tra i vari motivi forniti dal governo venezuelano per chiudere la frontiera, c’è quello di un afflusso incontrollato di immigrati colombiani in Venezuela – cosa che non è vera – e non lo è statisticamente. Il saldo migratorio, al contrario, è addirittura negativo per quanto riguarda la Colombia. Quindi, questi colombiani che abitano le zone di confine dal lato venezuelano – in alcuni casi ho potuto verificare – si tratta di persone che da 10-20-30 anni avevano ormai costruito famiglie con venezuelani, erano quindi famiglie miste. Di queste persone, quasi un migliaio è stato espulso nel giro di ventiquattro ore. Hanno avuto solo il tempo di raccogliere qualche oggetto e documento, per poi essere deportati dall’altra parte del fiume. Questo modo di controllare, o di tentare di controllare, i flussi migratori in America Latina era sconosciuto. È un tema sul quale il governo colombiano ha aperto un’inchiesta, anche per vedere come sono stati trattati i loro cittadini.

D. – Il governo colombiano ha chiesto anche di convocare una riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione dei Paesi sudamericani. Questa crisi può avere ripercussioni regionali?

R. – A questi livelli sì. I colombiani hanno infatti richiesto l’intervento dell’Unasur, la comunità di Paesi latinoamericani che era stata creata tre anni fa. Questo momento di tensione tra due Paesi latinoamericani è quanto di meno ci si poteva aspettare. L’America Latina in questo momento sta in qualche modo festeggiando la fine della Guerra Fredda con l’apertura dell’ambasciata statunitense a Cuba. Non c’era sicuramente bisogno di un nuovo conflitto e, men che meno, di tentare di scaricare dei problemi che sono di politica interna creando tensione con i Paesi vicini.

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S&V: bene Strasburgo, gli embrioni sono soggetti non oggetti

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La sperimentazione sugli embrioni non può essere fatta perché l’embrione è un soggetto, non un oggetto. Così Paola Ricci Sindoni, presidente dell’associazione Pro-life Scienza e Vita, commenta la decisione di ieri della Corte di Strasburgo. Il caso è quello di una donna che avendo perso il marito ha deciso di donare per la sperimentazione gli embrioni congelati ottenuti con la fecondazione artificiale, fatto questo vietato dalla legge italiana. La donna è ricorsa ai giudici europei invocando la violazione di un suo diritto personale. Sulla decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo, Massimiliano Menichetti ha intervistato la stessa Ricci Sindoni: 

R. – Prima di tutto, è utile precisare che la sentenza della Corte europea non esprime giudizi di valore, cioè non entra in merito allo statuto della persona, quale è l’embrione. E l’embrione è un cardine di tutta la Legge 40 che nell’Art. 13 vieta la ricerca. Là i giudici europei lavorano più su questioni di tipo procedurali, ma certamente questa sentenza è un segnale importante che mi auguro possa segnare anche un punto di svolta nei pronunciamenti sia di Strasburgo, sia della Consulta.

D. – Alla Consulta italiana rimane un margine di discrezionalità, quindi le cose potrebbero essere decise in maniera diversa…

R. – L’auspicio è che finalmente non solo la Corte di Strasburgo, ma anche gli organi che devono ora pronunciarsi sulla legittimità o meno di un tale divieto rispetto alla nostra Carta costituzionale, abbiano un motivo di riflessione in più, sappiano decidere – come si dice – "in scienza e coscienza e non si finisca in quella deriva nichilista che invece hanno il compito di distruggere.

D. – Alcuni parlano di una debolezza della sentenza della Corte di Strasburgo, perché i giudici sono stati sollecitati sull’Art. 8 della Convenzione europea che parla di tutela della vita privata dei singoli e non del diritto del bambino. Come a dire: “E' una mia scelta poter disporre dell’embrione”…

R. – La donna ha pensato di consultare la Corte di Strasburgo perché si è sentita lesa nei suoi diritti dal momento che supponeva che quegli embrioni fossero di sua proprietà e che quindi poteva gestirli secondo le sue intenzioni e quindi anche darli alla ricerca… Ora, ciò che va letto tra le righe della sentenza è che non si è padroni degli embrioni. Quindi, non viene violato il diritto umano della signora a poter gestire autonomamente gli embrioni. La sentenza arriva fino a qui, ma si potrebbe andare avanti e dire il perché, ovvero perché l’embrione non è proprietà della donna.

D. – Perché è un soggetto…

R. – Perché è un soggetto! Perché non è qualcosa, ma è qualcuno. La sentenza arriva fino a un certo punto perché non può andare avanti, però si può tranquillamente proseguire nel ragionamento in coerenza con la forma e la struttura della sentenza.

D. – La vita, dal suo concepimento fino al termine naturale è un "continuum" che non si interrompe mai. Perché c’è così grande difficoltà a vedere l’uomo nelle prime fasi del suo concepimento?

R. – Perché si sono imposti dei modelli culturali, sorretti da alcuni bioeticisti che hanno avuto largo spazio nell’opinione pubblica, nei mass media – penso a Peter Singer, a Engelhardt – secondo cui si può parlare di persona o di autonomia di un soggetto solo quando questo è capace di operare delle scelte, essere ragionevole, capace di esprimersi. Secondo Engelhardt così come non è persona l’embrione, non è persona neanche il malato di Alzheimer che non risponde subito agli stimoli, così come anche tutta la grande fascia dei malati mentali. Questo perché l’ideale è quello della persona capace e cosciente che fa le sue scelte. Quindi, non solo la vita nelle sue prime fasi, ma anche tutto ciò che mostra una fragilità esistenziale può arrivare a non essere vita, non persona, e così si afferma anche il principio dell’eutanasia.

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Bruno Forte: con i Valdesi dialogo e purificazione della memoria

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L’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, è intervenuto con un suo saluto al Sinodo Valdese, in corso a Torre Pellice. Al microfono di Antonella Palermo si confrontano le voci di Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, e del presidente della Commissione Cei per l'Ecumenismo e il Dialogo, che esprime anzitutto una valutazione sulle voci contrastanti dei giorni scorsi, sorte dopo la diffusione della lettera dei Valdesi in risposta alla richiesta di perdono del Papa:

R. – Leggendo attentamente la lettera mi sembra che essa abbia un tono estremamente sereno. La Chiesa è una comunità unitaria nel tempo e dunque, quando il Papa chiede perdono per le colpe del passato, certamente non significa che queste colpe siano state commesse dai cattolici, oggi, ma significa che la Chiesa cattolica, oggi, vuole purificare la sua memoria perché non avvenga mai più quello che in passato è successo, perché si prenda coscienza della profonda ferita e anche della profonda offesa a Dio che quelle colpe hanno significato.

D. – Pastore Bernardini, il valore storico del gesto concreto di dialogo che fece Francesco, visitando il vostro Tempio valdese, non è stato messo a rischio, vero?

R. – Noi abbiamo risposto “sì” alla richiesta di perdono di Papa Francesco, ma più in generale alla sua offerta di voltar pagina e incominciare un cammino nuovo, insieme, con un documento, una lettera articolata e riflessiva, perché quello che è accaduto non poteva consentire una risposta frettolosa e banale. Io credo che Papa Francesco lo avesse perfettamente presente, quando ha deciso di incontrarci con un discorso molto impegnativo. Questo è un modo tipico dei cristiani di incontrarsi e parlare tra di loro: con grande autenticità, con grande fraternità.

D. – Il tema dei migranti ha occupato molto le vostre riflessioni di questi giorni di Sinodo…

R. – Accogliere persone – perché prima di tutto sono persone che fuggono da situazioni drammatiche di guerra, di morte – per i cristiani non è qualcosa di opzionale, dare un aiuto: è impegnativo, perché è il Vangelo che ci impone di accogliere.  In questa opera troviamo naturale trovarci negli stessi luoghi in cui si trova, per esempio, la Caritas, nella stessa parrocchia in cui si trovano anche enti di associazioni cattoliche…

D. – Ieri sera, l’approvazione da parte del vostro Sinodo del rito per le coppie omosessuali. Quali sono le ragioni che vi hanno portato a questo?

R. – Dal punto di vista simbolico, ma anche della comprensione teologica che si ha di questa situazione, è indubbiamente un passaggio importante. Ci pare che il messaggio universale di amore di Gesù Cristo ponga anche una nuova comprensione di questa situazione, di questa realtà, purché naturalmente sia vissuta – questo, per quanto riguarda la benedizione di queste coppie – in un discepolato cristiano, in un ambito di fede che comprenda anche le persone omosessuali.

D. – Mons. Bruno Forte…

R. – Riprenderei con semplicità quello che è stato anche il contributo che il Sinodo ha dato su questa questione, e cioè, da una parte, non c’è dubbio che le persone omosessuali vadano rispettate nella loro dignità di persone. Su questo siamo in piena intesa anche con i nostri fratelli e sorelle valdesi. Ma questo non significa, per noi, la possibilità di equiparare una unione omosessuale a quella che è la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta alla procreazione. Ma questo non ci impedirà di continuare a camminare con loro, a dialogare con loro, ad amare e rispettare ogni persona comprese, naturalmente, le persone che fanno questa scelta.

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Expo, padiglione Caritas: "Dividere per moltiplicare"

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"Dividere per moltiplicare. Spezzare il pane" è il tema del padiglione della Caritas, presente all'Expo di Milano, nel quale s’invita a riflettere sulla condivisione delle risorse e la necessità di una politica solidale per contrastare le drammatiche sperequazioni tra ricchi e poveri nel mondo. Dall'Expo di Milano, il servizio di Luca Pellegrini

A una Esposizione Universale che ha come tema il cibo e le risorse alimentari, Caritas non poteva eludere la sfida di dotarsi di un proprio padiglione per sensibilizzare la coscienza dei visitatori attraverso un percorso particolare che tende a rimettere al centro l'essere umano. Una riflessione opportuna, dunque, sul diritto all'alimentazione, negato ancora in troppe aree del pianeta, sulla condivisione delle risorse, dei saperi e delle competenze come risposta al problema del cibo e del nutrimento per tutti i popoli. La visita si svolge in cinque tappe: l'emozione, la visione, la conoscenza, la partecipazione, la condivisione. E termina con un’originale mostra fotografica, "Italian Film Food Stories", organizzata dalla Fondazione Ente dello Spettacolo: 24 immagini di film indimenticabili che raccontano i cambiamenti che hanno caratterizzato la società italiana nell'ultimo secolo. Sergio Malacrida è il responsabile del padiglione e ci guida alla sua visita.

“Il Padiglione Caritas si chiama 'Dividere per moltiplicare'. Questa, che non è una contraddizione, l’abbiamo voluta spiegare attraverso alcune sollecitazioni: sicuramente un’opera d’arte di Wolf Vostell, 'Energia', che ci è stata prestata dal Museo della Spagna di Malpartida. Quest’opera del 1973 ci dice che c’è un mondo sazio, rappresentato da una Cadillac lunghissima – a quell’epoca il suo controvalore era quello di un appartamento! – e da dei filoni di pane che l’avvolgono e fanno un po’ da correttivo. Quindi, questo mondo affamato che vuole gridare forte il ritorno ai valori essenziali: la giustizia, la solidarietà, il bisogno di pace… All’interno della macchina ci sono delle armi: chi vuole accumulare ricchezza è disposto anche alla violenza. Quest’opera, sicuramente di grande impatto, è al centro dell’Edicola, della nostra piccola casa, e colpisce subito il visitatore, che si chiede quale sia la possibile soluzione a queste sperequazioni”.

A fianco di questa originale installazione, una diversa provocazione: ecco un alto cumulo di monetine:

“Su questo tema, abbiamo fatto anche un’installazione, rappresentata da una torre di monetine. In questa stanza è rappresentata la ricchezza dell’intera umanità, ma nella torre ci sono il 50% delle monetine: il 50% che però è posseduto solo dall’1% del mondo. Quindi, si capisce bene l’iniqua distribuzione delle ricchezza, anche perché a terra ci sono solamente gli spiccioli, che purtroppo sono a disposizione dell’80% dell’umanità. Ma vogliamo dare anche una risposta a questa provocazione attraverso dei quadri, che dicono come la condivisione di un piatto generi una famiglia – quindi lo stare insieme a tavola, lo spezzare del pane naturalmente evangelico – come condividere delle idee faccia nascere un progetto, come la divisione di due cellule faccia nascere la vita umana. Dall’esplosione del Big Ben nasce l’universo, dalla condivisione delle risorse – anche delle poche risorse di chi è del Sud del mondo – è possibile trovare una occasione di sviluppo. Quindi, una visita breve, in 10 minuti che però centra, a nostro modo di vedere, il tema proposto da Expo. Caritas si propone un po’ come coscienza critica, ma vuole dare anche un segno di speranza e di impegno possibile per tutti”.

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Mons. Petrocchi: Perdonanza e Giubileo eventi di misericordia

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Si rinnova all’Aquila il rito solenne della Perdonanza Celestiniana, l’indulgenza plenaria perpetua che Papa Celestino V concesse ai fedeli di tutto il mondo il giorno della sua elezione al Soglio pontificio. Questa sera, ad aprire la Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, il momento più importante della Perdonanza, sarà il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero. Perdonanza e Giubileo – scrive l’arcivescovo metropolita dell’Aquila, mons. Giuseppe Petrocchi – sono “eventi di misericordia”. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

La celebrazione della Perdonanza precede quest’anno, di pochi mesi, l’apertura del Giubileo della Misericordia. “Entrambi gli eventi ecclesiali – sottolinea mons. Giuseppe Petrocchi – sono centrati sull’esperienza evangelica del perdono”. Siamo inviatati da Celestino V e da Papa Francesco – aggiunge il presule – a riscoprire “il Volto benevolo del Padre”.

La misericordia è un potente filtro spirituale
Il nostro “organismo spirituale” è esposto ad attacchi: “Tossine culturali e stili comportamentali sbagliati” tendono ad inquinarlo e a farlo deperire, ma “l’esercizio quotidiano della misericordia – sottolinea mons. Petrocchi – costituisce un potente filtro spirituale che disinnesca le reazioni malate della nostra psiche”. Sono molto pericolose, per la nostra igiene morale e mentale emozioni negative come “la rabbia e il rancore”.

Solo il bene ci fa crescere
Perdonare – scrive il presule – è vantaggioso, anzitutto per chi perdona. “Il peccato provoca divisioni e malessere. Solo il bene, che risponde al progetto di Dio, ci fa crescere”. “Il perdono – conclude l’arcivescovo dell’Aquila ricordando le parole di Papa Francesco – è lo strumento posto nelle nostre fragili mani per raggiungere la serenità del cuore. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta sono condizioni necessarie per vivere felici”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Missionarie Scalabriniane: nei migranti c'è Cristo sofferente

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Le migrazioni e la responsabilità di quante hanno il compito di essere leader nella congregazione scalabriniana femminile: questo il tema principale dell'incontro delle Suore missionarie Scalabriniane che sono riunite a Porto Alegre, in Brasile, fino al 31 agosto. Le partecipanti – racconta l’agenzia Fides – vengono da Albania, Italia, Stati Uniti d'America, Messico, Ecuador, Filippine e Brasile e compongono il governo generale e i governi provinciali della Congregazione, oltre alla Commissione internazionale della comunicazione e alla Commissione per la stesura di un progetto missionario.

Migrazioni, tema complesso
“Questo incontro – spiega suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale – ha come fine quello di rafforzare l'unità e la comunione tra i vari team di governo e che abbiano come mandato l'animazione della vita consacrata in funzione della missione, affrontando il tema delle migrazioni, alquanto complesso e che richiede risposte nuove”. La consigliera generale per la comunicazione, suor Elizabeth Pedernal, che coordina il tavolo di lavoro sui media sottolinea: “Come suore Scalabriniane il mondo digitale è fondamentale in vista dell'evangelizzazione, perché ci facilità la vicinanza con le comunità in missione nei 27 Paesi dove siamo presenti”.

Nei migranti Cristo sofferente
“La migrazione ora nel mondo è vista come una preoccupazione e una sfida, come Scalabriniane siamo chiamate a rispondere a Dio tra i migranti, e a trovare Gesù nelle realtà che urlano aiuto ogni giorno alle nostre orecchie”, dice suor Albertina Pauletti, consigliera generale dell'apostolato.

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Twal: famiglie palestinesi minacciate dal muro di Cremisan

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Il presidente israeliano, Reuven Rivlin, ha incontrato ieri mattina il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, al Santuario di Tabgha, nel giugno scorso danneggiato da un incendio doloso. Ne da notizia il portale del patriarcato che definisce la visita del presidente Rivlin un forte segno di solidarietà con la comunità cristiana di Tabgha, ancora scossa dagli atti vandalici perpetrati nel luogo che ricorda la Moltiplicazione dei pani. Rivlin ha condannato con forza l’attacco che ha avuto di mira il secondo sito cristiano, in due anni, sottolineando che il gesto non riflette in alcun modo il sentimento degli ebrei verso i cristiani. Dell’incendio sono sospettati tre uomini, attualmente in stato di arresto, appartenenti a un gruppo scissionista estremista responsabile di diversi atti di aggressione anticristiani e contro i civili palestinesi negli ultimi anni.

Le comunità cristiane preoccupate per la recrudescenza di atti vandalici
Il patriarca Twal, rivolgendosi al presidente, ha espresso la preoccupazione delle comunità cristiane della Terra Santa di fronte all’aumento dell’estremismo religioso e alla recrudescenza di atti vandalici contro i cristiani e ha rimarcato che dovere delle autorità israeliane è quello di garantire la sicurezza di chiese e luoghi sacri. Rivlin ha affermato dal canto suo che “Israele è un Paese democratico, che garantisce la libertà di culto per tutti”, anche alle comunità cristiane d ha aggiunto che dell’argomento ha parlato con Papa Francesco durante la sua visita in Vaticano nel settembre dello scorso anno.

Il patriarca Twal ha presentato al presidente Rivlin anche il caso Cremisan
Il patriarca non ha mancato di sollevare al presidente Rivlin il caso Cremisan e ha sottolineato quanto stiano soffrendo le famiglie cristiane palestinesi le cui terre e proprietà sono minacciate dalla costruzione del Muro di separazione autorizzata dalla Corte suprema. Infine, il patriarca ha espresso l’auspicio che il presidente possa incontrare i vescovi europei della Ccee, convocata in seduta plenaria in Terra Santa nel mese di settembre. (T.C.)

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Ciad. Onu: a migliaia in fuga dalle violenze di Boko Haram

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L’Onu denuncia le violenze di Boko Haram in Ciad, che stanno causano uno spostamento di massa di persone in cerca di scampo. “Le comunità hanno assistito a atrocità e violenze indicibili: intere famiglie sono sradicate e devono far fronte a una situazione umanitaria estremamente precaria”, ha affermato Toby Lanzer, responsabile delle Nazioni Unite per le operazioni umanitarie nel Sahel, che – riferisce la Misna – ha chiesto una mobilitazione di risorse a favore del’area del bacino del lago Ciad.

Decine di migliaia in fuga
Nelle scorse settimane, ricordano le stesse Nazioni Unite, circa 41 mila persone hanno dovuto lasciare le isole del lago per rifugiarsi in località dell’entroterra, più protette. L’area infatti è stata a più riprese attaccata da miliziani appartenenti al gruppo nigeriano Boko Haram: l’insicurezza ha anche compromesso i lavori agricoli, nel periodo della semina, aggravando le possibili conseguenze umanitarie.

Rischio di crisi umanitaria
“Senza sostegno finanziario aggiuntivo – ha dunque spiegato Lanzer – la situazione umanitaria in Ciad rischia di degradarsi seriamente”. Di 572 milioni necessari a provvedere alle necessità più urgenti, secondo dati delle Nazioni Unite, oggi solo il 35% è a disposizione.

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Filippine. Petizione Chiesa su cambiamenti climatici

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Chiese, associazioni, e fedeli cattolici in tutte le Filippine celebreranno la Giornata mondiale di preghiera per la salvaguardia del creato il primo settembre, unendosi alla preghiera annunciata da Papa Francesco. Come riferisce Fides, a Manila l'occasione coinciderà con l'apertura della “Stagione della creazione” e vedrà il cardinale Luis Antonio Tagle presiedere una santa Messa nella Cattedrale di Manila.

La Stagione della Creazione
Promossa a partire dal 2013, la “Stagione della creazione” è un periodo di sei settimane in cui si susseguono iniziative, celebrazioni, attività di sensibilizzazione, mostre, sul tema del rispetto dell’ambiente in parrocchie, scuole, associazioni cattoliche. Quest’anno, il punto di partenza della riflessione e delle diverse attività sarà l’Enciclica “Laudato si’”.

Campagna sui mutamenti del clima
La Chiesa filippina si sta anche impegnando in una raccolta di firme per sostenere la campagna globale sui cambiamenti climatici: la petizione, che chiede di mantenere l’aumento della temperatura globale sotto la soglia critica di 1,5 gradi centigradi, sarà consegnata ai leader mondiali che si riuniscono a Parigi a fine novembre. Il documento chiede anche un più ampio aiuto alle popolazioni povere del pianeta che affrontano gli effetti dei cambiamenti climatici. Lanciata nelle Filippine a luglio scorso, la campagna è stata promossa e avviata dal “Global Catholic Climate Movement”, che riunisce oltre cento organizzazioni cattoliche impegnate in tutto il mondo per la “giustizia climatica”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 240

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.